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MAUS, Art Spiegelman, Dispense di Letteratura Angloamericana

Vengono descritti i motivi del trauma di Art Spiegelman: il fratello fantasma e l'assenza della madre.

Tipologia: Dispense

2019/2020
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Caricato il 19/08/2020

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Anteprima parziale del testo

Scarica MAUS, Art Spiegelman e più Dispense in PDF di Letteratura Angloamericana solo su Docsity! ART SPIEGELMAN “Maus” = è un romanzo a fumetti, ambientato durante la seconda guerra mondiale e incentrato sull'Olocausto. È la storia di Vladek Spiegelman, un ebreo sopravvissuto all’epoca nazista in Europa, e di suo figlio: un disegnatore di fumetti che è alla ricerca di un rapporto con suo padre intersecato alla storia. La storia è divisa in due parti: - Mio padre sanguina storia – composta da 6 capitoli pubblicati per la prima volta nel 1986, mostra il rapido inasprimento delle condizioni di vita degli ebrei polacchi negli anni immediatamente precedenti lo scoppio della guerra: la storia inizia con l’incontro di Artie a casa del padre con quest’ultimo. Esso dopo il suicido della moglie vive con Mala; ma non vanno d’accordo perché secondo i principi di Vladek lei vuole spendere tutti i soldi. Il figlio parla al padre dell’idea di disegnare la sua storia e così il vecchio cominciò a raccontargliela. Vladek prima di incontrare Anja, futura sua sposa, madre di Richieu, primo figlio e morto durante la guerra, e di Artie morta suicida, frequentava una ragazza di nome Lucia. Quando essa venne a sapere che si era fidanzato con Anja fece di tutto per distruggere il loro rapporto. Anja faceva parte di una famiglia molto numerosa e ricca e suo padre aveva molte fabbriche e aiutò Vladek ad averne una tutta sua. Dopo il matrimonio nel 1937 ebbero un figlio ma Anja ebbe un esaurimento nervoso e cosi i due coniugi, lasciarono in affidamento la loro prole ai nonni e partirono insieme per una clinica dove la donna si sarebbe potuta rimettere. Al ritorno Anja era guarita ma Vladek dovette andare sotto le armi. La situazione quando tornò vide che stava precipitando e dopo pochi mesi avevano perso tutte le fabbriche e con i primi ordini cominciò a dividersi la famiglia con la perdita dei nonni di Anja. I due coniugi per molto tempo stettero assieme fino a Mauschwitz. - E qui sono cominciati i miei guai – composta da 5 capitoli pubblicati per la prima volta nel 1991, dà invece un chiaro spaccato della vita dei deportati all'interno del campo di concentramento negli anni della guerra. Dunque vi è sempre la presenza della storia nazista ma compare in prevalenza il rapporto padre figlio: si parla della fine del rapporto tra Mala e Vladek, il quale cerca aiuto e una specie di conforto nel figlio della moglie facendoli recare da lui durante le vacanze estive, con la scusa di aver avuto un attacco di cuore. Il padre nel frattempo continua a raccontare la sua storia il trasferimento ad Auschwitz, i modi di sopravvivere, scappando alle selezioni, il modo per procurarsi il cibo e tenersi pulito e di tenere i contatti con Anja. Il romanzo si conclude con la descrizione del viaggio di ritorno, che fu lungo, faticoso e quasi mortale, perché Vladek contratte il tifo, e infine la ricerca di Anja e il felice ricongiungimento dei due amanti. La storia invece del padre contemporanea, si chiude con il ritorno di Mala con lui e la malattia che lo porterà alla morte nel 1982. Rapporto tra i personaggi e aspetto traumatico. Notiamo la necessità dell'autore di inserire sé stesso in una famiglia dalla quale era assente durante il percorso di fondazione ed il trauma subito. Possiamo guardare alla struttura metanarrativa: dialogo che si svolge tra padre e figlio che consente una relazione in cui Art Spiegelman crea un'identità per sé assieme all'esperienza dei suoi genitori durante l’Olocausto. Anja, la madre, è generalmente vista attraverso gli occhi di Vladek, con la notevole eccezione del "Prigioniero sul pianeta inferno", che raffigura il momento del suicidio. La madre di cui possiede la conoscenza si rivela più difficile da rappresentare rispetto al fratello maggiore che non ha mai incontrato. La presenza di Anja nella narrazione è frammentaria e doppia. Il racconto di tali storie personali diventa particolarmente problematico e dirompente per i figli di individui traumatizzati: spettri-memoriali dei morti che continuano a influenzare i vivi. Le relazioni che Art ha con sé, la madre e il fratello morto portano tutti segni di traumi, segni che mostrano come lacune e assenze criptate da eventi estremi possano entrare nella generazione successiva. Nel suo trattamento dell'Olocausto, Spiegelman lotta per definire un'identità all'interno del proprio albero genealogico mentre al contempo interviene sulla rappresentazione visiva dell'Olocausto. Più specificamente, usa il romanzo grafico e ne furono dimostrati i vantaggi: Shoshanna Felman ha studiato gli effetti della visione di testimonianze dell’Olocausto sui suoi stessi studenti. Questi hanno provato un profondo shock, hanno mostrato schemi di discorso iperbolici (silenzio, balbuzie) e hanno sentito un netto disorientamento a seguito del guardare le testimonianze, il che suggerisce che il pubblico di tali testimonianze traumatiche può integrare i traumi, in maniera più lieve ovviamente. Lavorando dall'affermazione di Dori Laub secondo cui la narrazione degli eventi può aiutare a gestire il trauma, gli studenti di Felman hanno tentato di ridurre i loro sentimenti di shock scrivendo le proprie testimonianze sull'esperienza del testimone. La capacità del trauma di essere inflitto in modo “secondario” è anche l'argomento del progetto di Marianne Hirsch: esplora gli effetti degli eventi traumatici su coloro che sono nati dopo o che hanno evitato un particolare trauma vissuto da un parente o da un membro del gruppo vicino. Usa il termine post-memoria per descrivere la relazione dei figli dei sopravvissuti con gli eventi narrati nelle memorie dei loro genitori. Questi eventi vengono colti solo indirettamente dalla seconda generazione. Per esempio, i bambini possono essere a conoscenza delle storie poiché raccontate dai genitori stessi o da parenti. In alternativa, questa seconda generazione può essere consapevole delle esperienze dei propri genitori poiché quelle esperienze hanno plasmato le loro stesse vite. A causa di questa mediazione, la post-memoria della seconda generazione può infliggere diversi problemi. Le stesse memorie della seconda generazione passano in secondo piano o esistono all'ombra dei ricordi traumatici a cui hanno solo un accesso limitato e altamente carico. Il successo di Maus, come narrativa ibridata e come terapia per Spiegelman, dipende in gran parte dalla sua capacità di rivendicare l'Olocausto senza pretendere di averlo sperimentato. Il suo personaggio, viene integrato nella famiglia Spiegelman come stimato cronista, e introduce anche elementi del suo trauma: suicidio di Anja. I traumi dell’olocausto sull’autore. Maus mantiene circa due livelli di tempo narrativo: - una narrativa in tempo di guerra tra la fine degli anni ‘30 / primi anni ’40; la storia delle esperienze di Vladek prima, durante e subito dopo la Seconda Guerra Mondiale - una ricostruzione di fine anni ‘70 / primi anni ‘80, la storia delle interviste di Spiegelman con suo padre. Ci sono alcuni casi in cui l'autore si discosta da questa doppia cronologia e questi casi sono degni di nota: - l'evento iniziale ha luogo prima che Spiegelman inizi la storia delle interviste. È importante sottolineare che le prime immagini che vediamo a Maus rappresentano eventi che si svolgono a Rego Park nel 1958. Mentre gioca con gli amici, Artie, l’avatar del vignettista, si rompe il suo pattino e viene prontamente abbandonato da altri due ragazzi che corrono verso un parco. Mentre Artie torna a casa in lacrime, suo padre chiede perché stesse piangendo. Dopo aver saputo dell'incidente, Vladek risponde a suo figlio, "I tuoi amici? ...chiudili insieme in una stanza senza cibo per una settimana…poi potrai capire cos’è un amico”. La prefazione inserisce il lettore nella narrazione con la prospettiva di Artie come bambino di dieci anni, una prospettiva che non mostrerà più. - "Prigioniero sul pianeta inferno", il fumetto che raffigura il suicidio di Anja che riproduce nel volume 1. Diventa sempre più evidente che Artie è un personaggio significativo in questa narrativa dell'Olocausto; è impossibile avere Maus senza Art e viceversa senza Vladek. Maus è impegnato a interrogare sul significato del passato per il presente, l'esperienza di Vladek come prigioniero di guerra in Polonia nel 1939, per esempio, influenzerebbe molto più tardi il testo che Art avrebbe letto nel suo Bar Mitzvah. (Catturato dai tedeschi, Vladek viene mandato a lavorare nei campi di prigionia dove le condizioni sono, per non dire altro, meno che salutari, e doppiamente per i prigionieri ebrei. Durante il suo internamento, ha un sogno in cui suo nonno lo informa che sarà liberato il giorno in cui il passo di Parshas Truma deve essere letto dalla Torah. in cui è vestito in modo piuttosto cortese con una divisa da campo pulita ad Anja come prova della sua sopravvivenza. Dunque alla foto viene attribuito un significato diverso. L'immagine è presa come testimonianza della vita e della presenza materiale. La foto di Anja è posizionata come un memoriale, come promemoria di ciò che non esiste più. L'insufficienza della foto per ricordare la madre è rafforzata dal fatto che nella narrazione mancano i suoi diari, così come manca una nota suicida per spiegare la sua azione. Probabilmente Spiegelman sceglie di non ricreare sua madre al di fuori della narrativa di Vladek, con l'eccezione di “Prigioniero sul Pianeta Inferno”, perché la sua memoria di lei è disabilitata dal trauma del suo suicidio. Dunque analizziamo Anja attraverso la sua identità di madre dell'artista, ma restiamo incapaci di vederla liberata dalla lente del genere (alcuni critici ritengono che queste foto femminili servivano o per rafforzare il genere o per ignorarlo completamente nel contesto della storia). Che appaia come un topo o una foto, la sua identità è sempre una funzione della sua relazione con gli uomini di Spiegelman. Sia Vladek che Art non sono in grado di presentarla al di fuori della struttura dei ruoli di genere: abbiamo visto Anja solo come un effetto della memoria di Vladek, in cui è dipinta come debole, fragile e ingenua, ma anche come eloquente e affascinante. Non sentiamo esempi della sua capacità di sopravvivenza o di resistenza psicologica, né un resoconto in prima persona della sua fragilità. Vista attraverso gli occhi amorevoli di Vladek, è la sua carica, vagamente indifesa, pericolosamente debole, e ha costantemente bisogno della sua cura e protezione. In "Prisoner on the Hell Planet", lo stile dell'immagine cambia. Sebbene l'intero fumetto usi una prospettiva deliberatamente distorta e proporzioni eccessive, la qualità espressionista delle immagini diventa ancora più esagerata nei due fotogrammi in cui Art viene rimproverato durante il funerale. Questa deliberata esagerazione di prospettiva e dimensioni dell'oggetto si verifica in un altro punto, nel momento in cui il medico informa Art del suicidio di sua madre. È interessante notare che la narrativa di Spiegelman si interrompe dopo che ha lasciato il funerale, a casa. Menziona brevemente le visite degli amici di Vladek (che crede lo ritengano colpevole per la morte di Anja), ma non è in grado di porre fine formalmente alla sua narrazione. Storia e memoria. Le foto che appaiono in Maus svolgono una funzione decisamente importante, danno spessore al significato della memoria personale in un contesto di eventi storici su larga scala. Le tre foto sono distintive non per ciò che rivelano, ma per ciò che nascondono. Mentre le pile di cadaveri registrati dai fotografi durante la liberazione per documentare l'atrocità della Shoah conferiscono l'anonimato ai loro soggetti, le foto di Anja, Richieu e Vladek sono contestualizzate per enfatizzare la tragedia delle loro morti come individui. Queste foto sono significative per il lettore perché Spiegelman ha trasmesso in parte i magazzini della vita individuale, senza i quali le foto avrebbero significato poco o niente per lo spettatore. Il fatto che dobbiamo conoscere le storie della famiglia di Art per vedere e comprendere il significato della loro inclusione in Maus evidenzia la mancanza di informazioni simili nella fotografia post-liberazione dell'Olocausto, ovvero quella non personale. Le nostre letture di quelle immagini sono anche inquadrate dal testo che accompagnano, ma raramente scopriamo dettagli sulle persone che compaiono nelle foto. Anche in questo caso, Spiegelman fa una distinzione sottile e importante sui diversi tipi di fotografia: la foto personale è molto più difficile da interpretare perché lo spettatore esterno deve fare affidamento sulle conoscenze interne (in questo caso, della famiglia) per poter attribuire un significato alla foto. Nell'ascoltare gli archivi della vita di zie, zii, cugini e nipoti (scena in cui Vladek fa vedere scatola con vecchie foto ad Art), ci viene ricordata l'importanza della memoria personale rispetto alla documentazione fotografica commerciale e il fatto che le storie dei corpi viventi e delle loro famiglie ci danno qualcosa che le foto delle fosse comuni non possono. Ci ricordano che lo storico e il personale sono intrecciati e che sebbene possano essere isolati, questi due tipi di conoscenza servono entrambi ad arricchire, sostenere e sfidare la nostra comprensione del passato vissuto e la nostra relazione con esso.
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