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Medicazioni avanzate e biofilm, Dispense di Infermieristica

Dispende dettagliate di infermieristica inerenti alle medicazioni avanzate e biofilm, comprendono: introduzione (definizioni, linee guida...), modalità e materiali per la detersione della ferita, classificazione del tipo di tessuto presente, TIME, trattamento e biofilm, tipologie di medicazione e protezione della cute perilesionale.

Tipologia: Dispense

2019/2020

In vendita dal 01/12/2020

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Scarica Medicazioni avanzate e biofilm e più Dispense in PDF di Infermieristica solo su Docsity! Medicazioni avanzate e biofilm Indice 1. INTRODUZIONE ..................................................................................................................................... 1 2. DETERSIONE DELLA FERITA ............................................................................................................. 3 3. CLASSIFICAZIONE DEL TIPO DI TESSUTO PRESENTE ................................................................. 4 4. I-TIME ....................................................................................................................................................... 7 5. TRATTAMENTO E BIOFILM ................................................................................................................ 9 6. TIPOLOGIE DI MEDICAZIONE .......................................................................................................... 11 7. PROTEZIONE DELLA CUTE PERILESIONALE ............................................................................... 16 1. INTRODUZIONE FENOMENO ALTO SAGNALE-BASSO RUMORE: titolo ridondante, ma il contenuto non è chiaramente inerente a ciò che è scritto nel titolo. Il PROCESSO DELL’EVIDENCE BASED PRACTICE: 1) Formulazione di un quesito clinico; 2) Convertire il quesito in una formulazione 3) Andare a trovare le risposte nella letteratura 4) Effettuare una valutazione critica della letteratura 5) Applicazione pratica delle applicazioni ottenute dalla letteratura 6) Rivalutare Dove cercare? La letteratura primaria è disponibile in una serie di banche dati e si intende quella che viene redatta direttamente dal ricercatore (PUBMED, CINAHL…) Poi abbiamo la letteratura secondaria, nella quale la ricerca che porta alla stesura di documenti non si basa su sperimentazioni ma viene fatta utilizzando studi di letteratura primaria (le evidenze che ne derivano hanno un livello più alto) COCHRANE, GUIDELINE. Come discriminare le informazioni importanti per le scelte da fare sui pazienti rispetto a quella che è definita “letteratura terziaria”? (documenti, opinion based, eminence based, senza nessun dato oggettivo, ma solo empirico) COSA DICE LA NORMA? 8 marzo 2017, n.24; fornisce indicazione specifica LINEE GUIDA: raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni di esperti, con lo scopo di aiutare i clinici e i pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche. Vengono fornite da società scientifiche ed istituti nazionali o agenzie sanitarie regionali. Pelle è l’organo più grande del corpo umano. Questa ha funzione di termoregolazione, protezione dagli insulti meccanici e dai microbi. In questi processi deve sempre essere salvaguardata, per prevenire lesione della cute stessa. Le ferite che si possono generare possono essere di vario tipo e sono suddivise in: - Ferite acute (lesioni traumatiche, ustioni, ferite chirurgiche); - Ferite croniche (lesioni da pressione, lesioni neoplastiche, lesioni vascolari arteriose, piede diabetico, lesioni vascolari venose, lesioni autoimmuni). In un processo di trattamento sbagliato del paziente, le ferite acute potrebbero trasformarsi, mutare, in ferite croniche. FERITA CRONICA: ferita che non ripara con il processo naturale entro 6 settimane dalla sua formazione. La probabilità che il paziente trovi il trattamento giusto, fornito dal professionista giusto, e con gli strumenti giusti è abbastanza rara. È quindi indispensabile che i professionisti, prima di passare alla selezione di qualsiasi tipo di trattamento, conoscano in maniera approfondita, quelle che sono le medicazioni che stanno scegliendo e che conoscano bene quelli che sono i principi di riparazione per arrivare ad una scelta appropriata. FERITE DI DIFFICILE GUARIGIONE: una lesione cutanea, viene definita di difficile guarigione (ferita difficile), quando, nonostante i migliori sforzi, e un approccio appropriato, la sua riparazione è prolungata o mai raggiunta. Ciò spesso provoca un aumento dello stress psicologico e dell’ansia per tutti i soggetti coinvolti e crea un onere finanziario considerevole per i sistemi sanitari già in difficoltà. Per un processo corretto, è quindi necessario un inquadramento e valutazione infermieristica del soggetto portatore di lesioni cutanee: la presa in carico di un paziente portatore di lesione cutanea, soprattutto se di difficile guarigione, non può prescindere in primis da una valutazione globale del paziente e degli obiettivi da raggiungere. WOUND CARE PALLIATIVO: il professionista deve fare un inquadramento corretto anche per capire se il paziente ha delle probabilità o meno di guarugione. Poiché investire risorse esagerate per una lesione della quale già sappiamo che non avrà possibilità di guarigione è sbagliato (es. pazienti neoplastici terminali con fungate in wounds e lesioni neoplastiche). L’inquadramento deve considerare tutti i fattori relativi al paziente, al letto della ferita, per arrivare ad una scelta corretta. FATTORI RELATIVI AL PAZIENTE: la ricerca ha dimostrato che patologie e fattori fisici quali il diabete mellito, l’obesità, la malnutrizione, l’età avanzata, la perfusione ridotta, la vasculopatia periferica, le neoplasie, le insufficienze d’organo, le neoplasie, la sepsi, la restrizione della mobilità e le allergie possono influenzare il processo di guarigione. - Le patologie e i trattamenti che producono un effetto diretto sul sistema immunitario generano un maggior impatto sulla guarigione delle ferite e generalmente aumentano la complessità della ferita. - Il processo infiammatorio costituisce una parte integrante delle ferite acute e l’alterazione di tale processo, genera una cronicizzazione delle ferite stesse. - Gli stati di immunodeficienza, le terapie immunosoppressive come corticosteroidi, aziatropina, metotrexate o la presenza di patologie come il diabete, agiscono direttamente sui processi infiammatori influenzando la guarigione e aumentando il rischio di infezione e sepsi della ferita. - Le evidenze hanno dimostrato che anche i fattori psicosociali come ad esempio l’isolamento sociale, lo stato economico, il sesso, il vissuto di dolore etc.… influiscono sul processo di guarigione. L’inquadramento di questi aspetti è essenziale al fine di indirizzare specifici interventi (es. attivando psicologi e assistenti sociali) al fine di garantire un approccio appropriato ed efficace a questa tipologia di problemi. Metodo molto semplice che porta a suddividere in cinque step quelle che possono essere le tipologie di tessuto presenti sul letto della ferita. NERO= escara (assenza di essudato, nessun tipo di umidità) GIALLO= necrosi molle (slough) (molto essudato) ROSSO= tessuto di granulazione (moderato essudato) ROSA= tessuto di riepitelizzazione (assenza di essudato, o minima) VERDE= infezione (molto essudato) Ogni colore ha un suo obiettivo terapeutico. ROSA La presenza di essudato è molto bassa. Le lesioni rosa sono lesioni riepitelizzanti che hanno raggiunto la fase finale della guarigione. In questa fase, è possibile osservare aree di riepitelizzazione di color rosa traslucido al di sopra del tessuto di granulazione, costituite da cellule epiteliali migranti dai bordi dell’ulcera che avanzano in modo concentrico fino a unirsi (partono dai margini ed arrivano al centro). Il neoepitelio, nelle lesioni a spessore parziale, si sviluppa anche sottoforma di isole all’interno della superficie della lesione originate dai follicoli piliferi. L’epitelizzazione viene bloccata dalla presenza di materiale estraneo, essiccamento, traumi, temperatura, alterazioni del pH e infezione. L’elemento chiave per supportare efficacemente la riepitelizzazione è di proteggere il neotessuto, mantenendo l’epitelio in formazione attraverso l’applicazione di medicazioni sostituite troppo frequentemente oche aderiscano al letto della lesione danneggiando i neotessuti al momento della loro rimozione. OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO: mantenere ambiente umido; promuovere la riepitelizzazione e proteggere il neotessuto. ROSSA La lesione “rossa” è ricoperta di tessuto di color rosa intenso/rosso. Il colore indica la presenza di tessuto di granulazione. Presenza di media essudazione. Il tessuto, per essere classificato “rosso sano”, deve avere un aspetto umido, a bottoncini; essendo molto vascolarizzato assume un colore rosso vivo o rosa profondo, stando ad indicare che la cicatrizzazione sta progredendo normalmente (se rosso cupo o rosso vivace non normale, situazione di sviluppo di infezione, dovuto all’aumento della carica batterica). La produzione di tessuto di granulazione continua finché il fondo dell’ulcera non raggiunge il livello dei margini cutanei: a questo punto inizia la fase successiva di epitelizzazione. Il tessuto di granulazione “non sano” appare invece pallido oppure innaturalmente rosso, o molto acceso e vivace o rosso cupo al limite del cianotico, assumendo un aspetto carnoso (simile ad una bistecca) e sanguinando con molta facilità, come conseguenza di un’aberrante angiogenesi dovuta ad un aumento della carica batterica. A volte le lesioni ipergranuleggiano (il tessuto di granulazione si sviluppa oltre misura, superando come altezza quella della cute perilesionale), impedendo alle cellule epiteliali di migrare per ricoprire le lesioni. OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO: mantenere un ambiente umido; promuovere la granulazione e la riepitelizzazione; gestire l’essudato e proteggere il neo-tessuto. GIALLA La lesione gialla è ricoperta di tessuto il cui colore può andare dal biancastro al giallo o verdognolo, che indica la presenza di slough. Le diverse colorazioni corrispondono anche a diversi “contenuti” di carica batterica. Un colore giallo più pallido e chiaro può indicare la presenza di fibrina. Quando si arriva al verde, si passa dallo slough all’infezione. C’è presenta di molto essudato e tessuto devitalizzato. Il tessuto devitalizzato può presentarsi anche sotto forma di slough, un materiale che aderisce al letto della lesione in filamenti o ammassi ispessiti o che è mucillaginoso. La tenacia con cui aderisce al letto della lesione dipende dalla quantità di umidità; via via che il tessuto si disidrata, tende a compattarsi e quindi a aderire più saldamente al fondo dell’ulcera. Nella lesione gialla, il letto dell’ulcera appare di color giallo, beige o biancastro a seconda della variabilità della combinazione dei componenti dello slough, un mix di tessuti devitalizzati, materiale cellulare di sfaldamento, essudato, leucociti e batteri. Se è presente una gran quantità di globuli bianchi, lo slough tende ad assumere un aspetto cremoso, di color giallo. Un fondo giallastro compatto e consistente indica la presenza di strutture sottocutanee quali fascia, tessuto adiposo o anche di una base di fibrina, un tessuto dalla struttura stabile che si differenzia dallo slough, che deve essere rimosso mediante sbrigliamento perché costituisce un terreno di coltura per i germi e ostacola il normale processo di guarigione. OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO: sbrigliare i tessuti necrotici; gestire l’essudato e controllare la carica batterica. È PRESENTE UN TESSUTO NON VITALE NERA La lesione nera è ricoperta di tessuto color nero, marrone o marroncino. Il colore indica la presenza di tessuto non vitale a vari livelli di disidratazione. Questo tessuto viene anche indicato con il termine “escara”. È tessuto NON VITALE. Quando un’area di tessuto è deprivata di un adeguato apporto di ossigeno o nutrienti diviene non vitale. Il tessuto devitalizzato ha la tendenza a disidratarsi e, via via che perde umidità, forma uno strato ispessito, per lo più duro, coriaceo, di color marrone o nero, che aderisce saldamente al letto della lesione o ai margini dell’ulcera. Il tessuto, disidratandosi si contrae, mettendo in tensione i tessuti circostanti e causando dolore. Questo tessuto necrotico, chiamato “escara”, è segno di distruzione tissutale a tutto spessore (quindi non ci permette di valutare in maniera corretta lo spessore e la profondità della ferita). La presenza di tessuto necrotico prolunga la fase infiammatoria, impedisce la migrazione delle cellule epiteliali e ostacola la valutazione della profondità e l’estensione della lesione. Pertanto, nelle lesioni con aspettative di guarigione è essenziale che il tessuto necrotico venga rimosso. Poiché la disidratazione inibisce lo sbrigliamento autolitico ad opera di macrofagi ed enzimi proteolitici endogeni che agiscono nell’interfaccia fra tessuto sano e tessuto necrotico, ne consegue che la medicazione deve invertire il processo di disidratazione in modo da alleviare il dolore e promuovere lo sbrigliamento autolitico. OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO: idratare l’escara e rimozione dei tessuti necrotici. Ma ci sono alcune situazioni in cui la rimozione del tessuto necrotico è assolutamente controindicata: quindi, fanno eccezione le ulcere dell’arto inferiore con compromissione della circolazione e le escare secche e stabili del tallone (es. gangrene derivate da arteriopatia). Né rimosse né umidificate. Ma perché? Perché, l’applicazione di una lesione umida può comportare lo sviluppo di un’infezione su un tessuto che non è vitale perché non arriva sangue, non c’è nessuna perfusione in questo tessuto (per la gangrena derivata da arteriopatia). Per le lesioni necrotiche del tallone, non devono essere rimosse perché l’escara è adesa al tallone ed il periostio del tallone è poco vascolarizzato e quindi la rimozione del tessuto necrotico non si può fare, perché non essendo vascolarizzato non è possibile una guarigione ed il paziente resta inabile per sempre. In questo caso si applica un’applicazione antisettica e preservare il tessuto dall’infezione. VERDE La lesione verde indica la presenza di colonizzazione critica/infezione. Fortemente correlato alla presenza di pseudomonas e la presenza di essudato è molto alta. L’infezione rappresenta la complicanza peggiore nel processo di guarigione. OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO: ridurre la carica batterica; sbrigliare i tessuti necrotici e gestire l’essudato. LESIONE MISTA Sul letto della ferita è presente sia il tessuto di granulazione, il tessuto epiteliale, lo slough ed il tessuto necrotico. OBIETTIVO: trattare sempre per primo il tessuto peggiore, quindi, in questo caso, rimuovere il tessuto necrotico, proteggendo il tessuto di granulazione e il tessuto epiteliale 4. I-TIME È indispensabile rimuovere tutti gli ostacoli alla riparazione: - Infezione (evenienza peggiore nel TIME); - Tessuto necrotico: nero e giallo (quindi escara e slough) - In una lesione con tessuto misto, è basilare in primis rimuovere queste tipologie di evenienze (per garantire poi un processo di riparazione veloce) L’infezione è preceduta da una serie di step, che vanno dalla presenza di biofilm fino alla colonizzazione critica e lo sviluppo dell’infezione stessa. Per prevenire l’infezione è necessario prevenire la formazione di biofilm stesso. Il BIOFILM è un agglomerato di batteri adesi alla superficie della ferita, incapsulati in una matrice extracellulare autoprodotta (costituita da polisaccaridi, DNA libero di origine batterica e dell’organismo ospite, proteine) e sono tolleranti agli agenti antimicrobici (antibiotici ed antimicotici). E quindi, essendo tolleranti agli agenti antimicrobici, e quindi una corretta applicazione degli stessi permette la rimozione dei biofilm. I biofilm sono onnipresenti in natura e gli studi più datati riguardano la loro presenza nelle acque, tubature e conduttore. La prevalenza di biofilm nelle lesioni cutanee croniche è constatata anche negli studi secondari. In conclusione, si può dire che i biofilm sono onnipresenti nelle ferite croniche umane non-healing. È importante che i professionisti distinguano la differenza dei fenotipi dei biofilm dalle loro controparti planctoniche (possibile solo con il microscopio elettronico) in particolare la sfida da affrontare riguarda l’eradicazione e la rimozione del biofilm da una ferita. COME SI FORMA IL BIOFILM? - (STADIO 1) I biofilm sono costituiti da batteri o funghi, i quali sono comunemente presenti nelle ferite come flora residente (flora plantonica- fase 1) e solitaria. Nel primo stadio questi microrganismi tendono ad aderire alla superficie delle ferite stesse, ovviamente quando trovano un terreno fertile - (STADIO 2) man mano che i batteri si moltiplicano, si attaccano più saldamente alla ferita, si differenziano, cambiano modello di espressione genica per promuovere la propria sopravvivenza. Questo generalmente è il risultato di un tipo di comunicazione batterica conosciuta come “quorum sensing” (fase di adesione alla superficie): la comunicazione tra i batteri e la loro adesione più salda al letto della ferita, comincia a generare dei problemi sulla ferita stessa. Una volta che il tampone identifica la presenza di infezione, è indispensabile eseguire un’adeguata antisepsi (sostanza battericida applicata sui tessuti). L’ANTISEPSI E GLI ANTISETTICI • Gli antisettici agiscono in funzione della loro concentrazione e del tempo di applicazione. • Evitare l’applicazione di paste, unguenti e pomate sulle ferite in quanto agiscono come medicazione occlusiva ed impediscono lo scambio gassoso ritardando la guarigione. • Alcuni antisettici (e gli antibiotici) non oltrepassano il cosiddetto biofilm batterico. • Applicare dopo aver deterso con un movimento centrifugo dall’interno verso l’esterno con tamponi sterili imbevuti di antisettico e lasciar agire lo stesso fino a quando si è asciugato. ANTISETTICI PIÙ RACCOMANDATI DALLE LINEE GUIDA: - Iodopovidone soluzione acquosa (da 5 a 10%): attività ad ampio spettro, sebbene ridotta dalla presenza di pus o essudato. Effetti sistemici di tossicità (tossicità tiroidea) se usato per periodi prolungati o su lesioni di ampie dimensioni. Anche diluito distrugge il 10% delle cellule in fase di riepitelizzazione; - Clorexidina gluconato soluzione acquosa 0.05%: attivo contro Gram+ e Gram-. La sua azione prolungata nel tempo è vantaggiosa nell’antisepsi cutanea. Maggiormente raccomandata dalle linee guida. - Clorossidante elettrolitico 0,05%: è inattivato da sangue, pus e inattiva gli enzimi proteolitici, sulfadiazina d’argento. - Perossido di Idrogeno (acqua ossigenata): (per ferite traumatiche, per tirare fuori residui che sono all’interno della ferita. Quindi da utilizzare nell’ambito delle lesioni acute) agente sbrigliante per effetto dell’effervescenza. Antisepsi: l’acqua ossigenata al 3% applicata sui tessuti viventi viene decomposta rapidamente dalle catalasi e perossidasi presenti, provocando una rapida scomparsa dell’attività biocida. È difficile, perciò, definire il potere antisettico dell’acqua ossigenata che è da considerarsi un prodotto ad azione blanda, dotato comunque della proprietà di rendere l’ambiente inadatto alla crescita di batteri anaerobi obbligati (es. Clostridium tetani). ANTISETTICI DA EVITARE - Acido acetico (da 0,5% a 5%): studi in vitro ne suggeriscono la citotossicità. Due studi non controllati ne suggeriscono l’efficacia per le lesioni con presenza di pseudomonas a.; può provocare dolore in corrispondenza della ferita. - Mercuriali & antisettici colorati: negli USA la FDA li ha ritirati dal commercio in quanto possono essere mutageni. Se questi vengono applicati, questi non permettono più una corretta valutazione delle ferite perché non si capisce più il colore del tessuto che corrisponde alla sede in cui è stato applicato l’antisettico. L’utilizzo di antisettici deve essere fatto solo per presenza di infezione, non come prevenzione dell’infezione stessa. Perché l’utilizzo di antisettici quando non è presente la lesione può comportare formazione di resistenze batteriche. Dopo che l’antisettico ha svolto la sua azione, toglierlo tramite soluzione fisiologica. Tutte le linee guida raccomandano di trattare l’infezione mediante: - ANTIBIOTICI SISTEMICI: in presenza di batteriemia, sepsi, cellulite in fase di avanzamento od osteomielite, la gestione medica dovrebbe includere la somministrazione di antibiotici per via sistemica. Per questa ragione, gli antibiotici topici non dovrebbero essere utilizzati, soprattutto per il rischio di induzione di sensibilizzazione e resistenza batterica (es. gentamicina) 6. TIPOLOGIE DI MEDICAZIONE Fino agli anni ’60, si riteneva che l’ambiente migliore in cui una lesione potesse guarire fosse quello secco, in virtù del fatto che contrastasse in modo più efficace i fenomeni di colonizzazione batterica. In realtà è stato dimostrato che i batteri sono in grado di penetrare fino a 64 strati di garza. Per una corretta scelta della medicazione, l’obiettivo è quello di creare un processo fisiologico di guarigione ottimale e questo processo si realizza quando nel microcosmo tra l’interfaccia della medicazione ed il letto della ferita si realizza una forma di barriera (quindi la ferita è protetta). GUARIGIONE IN AMBIENTE UMIDO Di fatto, la disidratazione dei tessuti interferisce negativamente nella vitalità cellulare rallentando i processi di cicatrizzazione. Nel 1962 G. Winter ha dimostrato che il processo di riepitelizzazione è di 2 volte più rapido se le ferite sono mantenute umide piuttosto che esposte all’aria. La riepitelizzazione, in qualunque ferita, avviene per migrazione delle cellule epiteliali dalla periferia verso il centro. Ciò che cambia è che la modalità di migrazione tra ambiente asciutto e ambiente umido. MEDICAZIONI AVANZATE: medicazioni innovative che blocca l’essiccamento della lesione Le medicazioni in ambiente umido (MOIST WOUND HEALING) ha però dei limiti. Devono essere usate con cautela o non usate per niente in alcuni casi: - Sanguinamento post-escarectomia di una lesione da pressione nelle 24 ore successive; - Lesioni neoplastiche cutanee (ad esclusione dell’ambito di palliazione) - poiché la crescita che si favorirebbe sarebbe quella tumorale; - Lesioni ischemiche; - Gangrena umida in arteriopatia obilaterale; - Escara secca del tallone; - Reazioni allergiche ai componenti delle singole medicazioni. Nella medicazione, non è importante cosa ci si mette sopra ma ciò che c’è sotto, quindi è indispensabile definire gli obiettivi del trattamento. La MEDICAZIONE è un materiale che viene posto a diretto contatto con una lesione (MEDICAZIONE PRIMARIA) che può necessitare di un supporto di fissaggio o di interazione con la stessa (MEDICAZIONE SECONDARIA). CARATTERISTICHE DELLA MEDICAZIONE IDEALE - Mantenere l’ambiente umido costante a contatto con la lesione; - Consentire lo scambio gassoso di ossigeno, anidride carbonica e vapore acqueo con l’ambiente; - Garantire l’isolamento termico; - Essere sicura (si riferisce al fatto che la medicazione non deve disperdere pezzi di fibre all’interno della lesione stessa), non contenere elementi tossici, essere anallergica, sterile; - Avere un elevato potere assorbente (essudato, microrganismi, componenti tossici, cellule morte…); - Effetto-barriera impedendo l’ingresso di microrganismi esogeni che aggraverebbero le lesioni rendendole infette; - Non aderire alla cute lesa; - Garantire protezione meccanica (proteggere la lesione da possibili traumi); - Essere comoda e non dolorosa; - Conformarsi alle superfici irregolari (la medicazione ideale è conformabile e flessibile per adattarsi a qualsiasi contorno anatomico); - Essere di semplice e sicuro utilizzo; - Necessitare intervalli di cambio sufficientemente ampi; - Permettere il monitoraggio del processo riparativo senza rimuovere la medicazione (medicazioni trasparenti o a matrice leggibile) SCELTA DELLA MEDICAZIONE: “non esiste una singola medicazione adatta a tutti i tipi di ferite, né tanto meno a tutte le fasi della ferita stessa”. Una guarigione di una qualsiasi lesione costituisce un evento dinamico: in altre parole, una singola lesione presenterà necessità diverse lungo il proprio percorso di guarigione. MEDICAZIONE AVANZATA: materiale di copertura che abbia caratteristiche di biocompatibilità, qualità che si identifica nella salvaguardia del processo di riparazione dei tessuti lesionati e nella evocazione di una risposta specifica da parte degli stessi. I progressi tecnologici hanno esteso la gamma e la complessità dei prodotti da medicazione rendendo una classificazione espressiva sempre più difficile. In sintesi, i materiali di copertura potrebbero essere suddivisi in quattro categorie di base: • MEDICAZIONI PASSIVE: medicazioni che creano un microambiente contribuente alla guarigione della lesione controllando l’ambiente locale, ma che non modificano il loro stato fisico o interagiscono con la fisiologia della lesione stessa. Sono incluse alcune medicazioni usate per controllate l’essudato, ma anche per prevenire la contaminazione dall’esterno o per controllare gli odori (es. schiume, idrogel). • MEDICAZIONI ATTIVE: prodotti che mirano ad influenzare direttamente la fisiologia o la biochimica del processo di guarigione della lesione. Prodotti che contengono componenti fisiologicamente attivi che agiscono ad un livello biochimico entro il letto della lesione, influenzando la crescita delle cellule o correggendo deficit chimici (es. fattori di crescita, collagene e acido ialuronico). • MEDICAZIONI INTERATTIVE: medicazioni che cambiano il loro stato fisico a contatto con l’essudato della lesione. Questi prodotti comunemente “gelificano”, ossia interagiscono con l’essudato formando una sorta di gel che ricoprire la superficie della lesione il quale crea un ambiente in grado di promuovere la guarigione (es. idrocolloidi, alginati e prodotti contenenti fibre di carbossimetilcellulosa). • MEDICAZIONI BIOATTIVE: sono medicazioni composte da materiali biologici. Questi biomateriali sono in genere componenti della matrice extracellulare come ad esempio il collagene e l’acido ialuronico. Rappresentano l’evoluzione del concetto di medicazioni avanzate (es. fattori di crescita, sostituti cutanei, plasma rigenerato…). Bisogna scegliere la medicazione giusta attraverso i principi del TIME, i quali ci dicono di bilanciare e mantenere l’umidità sul letto della ferita. - Nel tessuto molto secco, bisogna applicare medicazioni che idratano; - In un tessuto con elevata umidità, elevato essudato, bisogna applicare una medicazione che va ad assorbire l’eccesso di essudato oppure effettuare un trattamento per l’infezione o per il debriedement dei tessuti necrotici. ALGINATI Funzione di assorbimento. Medicazioni primarie non occlusive, a base di Sali dell’acido alginico. Sono disponibili sottoforma di compresse piane o di tamponi fibrosi. Hanno una grande capacità assorbente; alcuni sono in grado di assorbire fino a 20 volte il loro peso. Tale capacità varia da prodotto a prodotto; consultare la monografia dei singoli prodotti. Sono sistemi interattivi (gelificano). Quando l’alginato entra in contatto con l’essudato della lesione, attraverso un processo di scambio di ioni Ca-Na, reagisce formando un gel stabile che mantiene il letto della lesione umido, ne prende la forma e impedisce l’adesione della medicazione alla ferita. A seconda del tipo di componente (geenralmente le alghe) varia la % dei due monomeri che compongono la macromolecola: - Gli alginati ricchi di acido D-Mannuronico gelificano più rapidamente a contatto con l’essudato formando un gel soffice e flessibile; - Gli alginati ricchi di acido L-Guluronico gelificano più lentamente ma formano gel più compatti: questo componente è fondamentale per il mantenimento dell’integrità della medicazione (es. lesioni cavitarie). INDICATI PER: - Assorbimento di essudato; - Tutte le lesioni molto essudanti (anche cavitarie con tratti sottominati); - Ferite infette. CONTROINDICATI PER: - Presenza di escara secca; - Lesioni poco essudanti. IDROFIBRA Funzione di assorbimento. Gold standard nelle medicazioni con funzione di assorbimento. Medicazione primaria composta da fibre idrocolloidali non tessute (CMC sodica al 100%), disponibili sottoforma di compresse piane o tamponi. Possono essere addizionate con Argento. A contatto con l’essudato, le fibre idrocolloidi gelificano rapidamente creando un microambiente umido (la medicazione non si imbriglia con il fondo della ferita). La medicazione è dotata di alta capacità assorbente. Necessita di medicazione secondaria. Sono atraumatiche, flessibili e conformabili ai vari tipi di lesione. Le fibre mantengono la loro integrità allo stato di gel, facilitando la rimozione integrale (non disperdono elementi sul fondo della ferita). INDICATE PER: - Tutte le tipologie di ferite con essudato alto, anche cavitarie. CONTROINDICATE PER: - Allergia ai componenti; - Lesioni poco essudanti. MEDICAZIONI ANTIMICROBICHE In questa categoria rientrano le medicazioni: - All’argento (metallico, ionico, katadinico, nanocristallino…); - Con antisettici; - Al miele; - A captazione batterica; - … La maggior parte delle linee guida raccomanda le medicazioni all’argento, che però devono essere utilizzate solo in presenza di infezione. Le medicazioni antimicrobiche non devono essere utilizzate in casi di lesioni non infette, perché è facile portare ad una resistenza batterica e, una volta che si sviluppa davvero l’infezione, quelle medicazioni antimicrobiche che abbiamo già usato prima non saranno efficaci. CONTROINDICATE PER: - In assenza di segni di infezione localizzata, diffusa o sistemica; - Nelle ferite chirurgiche pulite a basso rischio di infezione; - Nei casi in cui la guarigione delle ferite croniche risponda alle previsioni fatte in base alle comorbilità e all’età; - Nelle ferite trattate mediante sbrigliamento enzimatico; - Nei casi controindicati dal produttore; - Per esempio, alcuni produttori raccomandano di non utilizzare le medicazioni all’argento durante la risonanza magnetica (RMN) o vicino o su zone del corpo sottoposte a radioterapia. 7. PROTEZIONE DELLA CUTE PERILESIONALE Indispensabile capire quali sono i criteri per garantire la corretta gestione della cute perilesionale. La gestione della cute perilesionale deve essere fortemente correlata alla tipologia di lesione stessa, anche perché è dai bordi della cute che si sviluppa la crescita del tessuto (tessuto neoformato) quindi è assolutamente necessario mantenere in salute la cute perilesionale. A seconda della tipologia di ferita, posso trovarmi di fronte a: - Cute perilesionale secca o desquamata, ed in questo caso è necessario applicare un prodotto di barriera che ripristini l’umidità; - Cute perilesionale ben idratata, in questo caso bisogna salvaguardare la giusta dose di umidità; - Cute perilesionale con macerazione (moderata o fortissima). • La guarigione della ferita non permette mai di recuperare la forza tensile del tessuto fino al 100% (nei giovani si riesce a recuperarne fino all’80%). • Pertanto, la cute danneggiata e la cute perilesionale devono sempre essere protette dalle forze di pressione e di taglio. Assicurarsi che questa protezione rientri nei processi di pianificazione dell’assistenza. • L’essudato della ferita contiene enzimi proteolitici che danneggiano la cute circostante. L’uso corretto e appropriato dei prodotti finalizzati alla gestione dell’essudato eviterà la potenziale diffusione dei fluidi sulla cute perilesionale. • In commercio sono presenti prodotti sotto forma di spray o creme, i quali possono anche essere utilizzati per proteggere la cute perilesionale. • Le principali evidenza raccomandano l’uso di prodotti a base di ossido di zinco (raccomandate per lesione di cute perilesionale quando è presente una forte essudazione. Ma i professionisti devono conoscere le corrette tecniche di rimozione di questi prodotti poiché, siccome sono prodotti impermeabile all’acqua, la loro rimozione tramite lavaggio non è possibile. Per rimuoverle correttamente, è indispensabile utilizzare una soluzione oleosa- anche il semplice olio di oliva va bene, poiché permette una rimozione atraumatica dal letto della ferita) e dimethicone. • Prevenire l’attrito, la frizione e la pressione sia su ferita che su cute circostante. • Nei pazienti che presentano una lesione vascolare venosa guarita, prima di utilizzare calzature elastiche, la cute deve essere idratata (per evitare che l’essiccamento porti la formazione di una nuova lesione). • Per i pazienti con piede diabetico, utilizzare calzature appropriate; • Rispettare le raccomandazioni ed indicazioni del produttore rispetto a termini di scelta, utilizzo, tempi di cambio e rimozione della medicazione (se la rimozione viene fatta più frequentemente del necessario, può causare traumatismi della pelle); • La cute perilesionale si protegge anche con un appropriato metodo di rimozione delle medicazioni; COME MEDICARE? TECNICA STERILE? • Le lesioni non infette possono essere medicate con una tecnica pulita, anche perché l’utilizzo dell’acqua del rubinetto non garantisce una tecnica sterile; • La tecnica sterile va utilizzata nel momento in cui il paziente sviluppa un’infezione. - Controllare il dolore durante la rimozione della medicazione precedente e l’esecuzione della nuova medicazione; - Eseguire un’accurata detersione (prima di applicare la nuova medicazione); - Valutare accuratamente paziente e lesione per definire gli obiettivi di trattamento; - Leggere attentamente le istruzioni del produttore per evitare un utilizzo inappropriato della medicazione selezionata; - Riempire tutte le cavità per essere sicuri che la ferita sia chiusa e non vi siano rimasti spazi vuoti (perché comporterebbe uno sviluppo di batteri negli spazi vuoti, e quindi rischio di infezione) COME E PERCHÉ ASSOCIARE LE DIVERSE TIPOLOGIE DI MEDICAZIONI Utilizzare più di una medicazione è una prassi decisamente frequente nel trattamento locale delle lesioni cutanee. Tuttavia, non sempre sono note o si considerano le conseguenze, l’effetto o i costi della combinazione tra diversi prodotti, basata per lo più sull’esperienza empirica e sulla conoscenza e disponibilità dei vari prodotti. Le categorie dei prodotti non possono essere associate in modo azzardato; il clinico (o l’infermiere) deve accertarsi della sicurezza della combinazione dei prodotti e di non recar danno al paziente. Quando si associano più medicazioni, occorre considerare la finalità, i principi ed i meccanismi d’azione delle singole medicazioni che devono essere compatibili tra loro. IODOPOVIDONE+ARGENTO= PRODUZIONE DI SALI ISTOLESIVI ENZIMI PROTEOLITICI+FULFADIAZINA DI ARGENTO= PRODUZIONE DI COMPOSTI ISTOLESIVI L’associazione fra medicazioni può essere impropria con applicazione di medicazioni con funzioni opposte (come ad esempio idrogel+ idrofibra -o alginato-, una medicazione idratante e una assorbente) oppure medicazioni con la stessa funzione (come ad esempio una medicazione a bassa aderenza+ alginato -o idrofibra- il quale, gelificando, presenta caratteristiche di non aderenza). Ancora, l’inappropriatezza può essere ricondotta all’abbinamento di medicazioni che sfruttano principi e meccanismi d’azione incompatibili (es. garza idroformica+ medicazione occlusiva in lesione infetta). Ancora una volta si sottolinea che l’impiego di una combinazione inappropriata di prodotti non solo rischia di diventare un’azione potenzialmente inefficace e dispendiosa in termini umani, di tempo e risorse, ma mette anche l’infermiere nella posizione di dover rispondere del proprio operato.
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