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Le Morti dei Papi: Medicina e Politica nel Cinquecento, Appunti di Storia Moderna

Storia della MedicinaStoria dell'ItaliaStoria della ChiesaStoria del pensiero medico

Questo libro curato da Benedetta Borello esplora l'interesse della corte romana verso la salute del Papa, motivato dalla figura istituzionale e dalla preoccupazione cristiana. due relazioni mediche sui decessi di Pio V e Gregorio XII, che illuminano la valenza politica della salute del Papa e la relazione tra anima e corpo. Marengo e Mercati, due medici di fama, descrivono le malattie e le circostanze delle morti, le autopsie e i funerali, e giustificano le loro azioni al capezzale del pontefice. Il documento illustra l'esigenza di difendere il loro operato e la controversia tra i medici, il digiuno e la sua influenza sulle relazioni medico-pontificio, e la prima norma al Concilio Lateranense riguardante la priorità della salute dell'anima.

Cosa imparerai

  • Quali ruoli avevano i medici nella corte romana e quali controversie si generavano tra di loro?
  • Quali motivi spingevano la corte romana a curare la salute del Papa?
  • Quali provvedimenti furono presi per privilegiare la salute dell'anima a quella del corpo?

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 09/12/2018

francesca_triozzi
francesca_triozzi 🇮🇹

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Scarica Le Morti dei Papi: Medicina e Politica nel Cinquecento e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! LIBRO: PUBBLICI E PUBBLICI DI ANTICO REGIME a cura di Benedetta Borello MEDICI E PUBBLICO AL CAPEZZALE DEI PAPI 1. Mille occhi sul corpo del pontefice Nel libro “Il corpo del Papa”, Paravicini Bagliani rileva che all’interno della corte romana sin dal XII secolo c’è un forte interesse per la salute del Papa e principalmente per due motivi: -la figura istituzionale del papa, la cui salute deve essere curata dai migliori medici -l’attenzione della cristianità per cui la cagionevole salute del papa può essere un elemento di disturbo per la Chiesa. Dunque, lo storico, tenendo in considerazione la duplice figura del papa (spirituale e temporale), ha messo in luce il ruolo della sua salute. In età moderna i riti riguardanti la persona del Papa ne hanno messo in luce la valenza politica e simbolica, la sua dimensione corporea, le cure quotidiane, sono ancora parzialmente escluse dalla riflessione. D’altra parte esse devono essere considerate in quanto nel corso del Cinquecento vi sono delle fonti come gli avvisi di Roma, le relazioni diplomatiche, che testimoniano la forte valenza politica della salute del Papa e delle conseguenti voci che giravano nella corte e anche nella città come osserva Villard. Antonio Menniti Ippolito ha sottolineato che <<sfogliando le vite dei papi, si ha spesso l’impressione di leggere bollettini medici e di trovarsi dinanzi a “patografie” più che a biografie; anche le relazioni degli ambasciatori riportano notizie sulla salute del papa. Ci sono certamente delle ragioni per questa attenzione: -la concezione della relazione tra anima e corpo per cui le disfunzioni dell’equilibrio umorale venivano considerate come causa dell’agire umano, come ci dice il medico pontificio Agostino Ricchi nell’ “Historia aegrotationis Pauli Quarti Pontifici Maximi” nei riguardi del pontefice Carafa -l’influenza che la salute del pontefice ha sulla scena internazionale: spesso era proprio in virtù di uno stato di salute che un pontefice usciva eletto dal conclave. Tutto ciò sottoponeva a notevoli pressioni gli archiatri pontifici, ai quali era affidata la cura dei pontefici; egli aveva un ruolo importante in quanto aveva contatti quotidiani con il pontefice ed a lui era affidata la sua salute e questo suo ruolo gli conferiva una dimensione popolare. Abbiamo due relazioni di due archiatri da analizzare: • “De Pii. V. Pont. Max morbo, quo obiit” redatta dal medico lombardo Giovan Francesco Marengo (1565), pubblicata nel Settecento nell’appendice dell’opera “De Archiatri Pontifici” di Gaetano Marini • “Relazione della morte di Papa Gregorio XII” di Michele Mercati (1541-1593), conservata nel tomo miscellaneo dell’Archivio Segreto Vaticano. MARENGO Il primo testo è in latino: viene ripercorsa l’historia medica del paziente, vengono fornite informazioni sulla malattia e sulle circostanze della morte, sull’autopsia e sul funerale. Marengo, era stato chiamato a Roma nel 1569 per l’aggravarsi delle condizioni del pontefice e la sua relazione con il Papa Ghislieri era precedente alla elezione dello stesso. L’incontro con Pio V avvenne negli anni 40 quando Ghislieri era priore nel convento di Alba e proprio in vista di tale frequentazione venne chiamato a Roma dove sostituì Agostino Baglioni che fu eletto vescovo; in qualità di medicus secretus seguì tutte le fasi della malattia del pontefice. MERCATI Il testo è in italiano con un’attenzione specifica per il dialogo tra l’autore e il paziente ed egli assunse questo ruolo dopo l’elezione del papa. Era un medico letterato di fama che aveva studiato medicina a Pisa con illustri maestri; i suoi rapporti con la corte pontificia risalgono al pontificato di Pio V che aveva usufruito delle sue cure e probabilmente gli affidò la carica di custode dell’Hortus Vaticanus. Durante il pontificato di Gregorio XIII fu raccomandato da Giacomo Boncompagni che lo volle tra i membri della familia di suo padre; ciò fu di vantaggio per una corte romana che beneficiava di un medico, di un naturalista e di un erudito. Tra i medici che varcarono il Palazzo Apostolico tra il 1534 e il 1585 ci sono personalità di fama quanto medici meno noti che, in quanto archiatri, entravano a far parte della Famiglia Pontificia, erano membri della Camera Segreta e rivestivano molte funzioni all’interno della corte. Essi insegnavano ai pontefici le norme quotidiane sanitarie e, in caso di malattia, gestivano tutto il personale sanitario e, alla loro morte, facevano l’autopsia e scrivevano delle relazioni da inviare a membri dell’entourage pontificio. E’ questo il caso di Marengo che invia la relazione sulla morte di Pio V, che reca la data 22 giugno 1572, al cardinale Giulio Antonio Santori; di quella di Mercati non abbiamo molte notizie, il fatto che fosse in italiano potrebbe delineare un carattere meno ufficiale; è, però, ipotizzabile che fosse indirizzato a Giacomo Boncompagni. Ciò che risulta molto è l’esigenza di difendere il loro operato; infatti nel Cinquecento vi sono esempi del fatto che al momento della morte del pontefice il medico fosse tra i primi indirizzati per sospetto avvelenamento ed inadempienza. Ma tali relazioni testimoniano anche il fatto che il medico si stagliava al di sopra dei rumori, ponendosi dal suo punto di vista privilegiato. L’elemento centrale delle narrazioni è costituito dalla descrizione delle morti di Pio V e Gregorio XII, del “mal di pietra” del primo e della “febbre diaforetica” del secondo. Attraverso ciò gli autori cercano di prevenire o rispondere ad insinuazioni sul loro operato; l’auto-giustificazione dell’autore si definisce tramite l’opposizione tra il medico che narra la vicenda e l’insieme degli altri operatori sanitari che sono descritti come una nebulosa collettività. Nel secondo Cinquecento, il numero dei medici era compreso tra i sei e diciotto, divisi tra medici di famiglia e medici secreti; la presenza di numerosi medici generava spesso controversie e il medico che si occupava della salute del pontefice doveva rispondere agli altri del suo operato. Egli faceva infatti parte del personale retribuito della Camera Apostolica e non era scontato che i medici venissero pagati a prescindere dal risultato raggiunto. Il momento più cruciale era certamente quello della morte del papa dove si giocavano la reputazione per la carriera da mantenere successivamente: nel caso di Marengo si trattava di negoziare le condizioni per rimanere nella città, in quello di Mercati di restarvi nella migliore posizione. 2. La giustificazione del medico Nelle due relazioni c’è, dunque, una volontà da parte dei medici di rivendicare le azioni compiute al capezzale del pontefice, giustificandole e rivendicandole. Marengo risponde ad accuse di cattiva diagnosi, essendo il caso di Pio V, abbastanza complesso. La sua situazione, infatti, divenne complessa per due principali motivi: -le contese tra i medici e l’intervento di Marengo di non poter più sottoporre il papa ad una operazione: ciò scatenò il malcontento delle persone vicine al papa e di alcuni medici -il pontefice stesso: egli infatti, essendo affetto da una grave malattia alle vie urinarie, avrebbe dovuto seguire una certa dieta ed assumere dei certi comportamenti salutari, cosa che, testimoniato dal “De Obitu” di Pio V, non fece. Infatti Marengo lo descrisse come un pessimo paziente ma il fatto di avere a che fare con una figura così importante non gli permise di spingere tale argomentazione all’estremo. Di fatti, però, rimane il fatto che il pontefice non seguiva i consigli del medico e continuava a curarsi con il latte di asina che, pensava, avesse effetti benefici. L’ostinazione con cui Pio V ricorreva a questo alimento, testimoniata dagli Avvisi e dalla anonima “Relatione dell’infermità”, segna un vuoto incolmabile tra il volere del medico, la rappresentazione che il malato si faceva della sua affezione e la condotta che egli scelse di seguire. Il caso di Gregorio XIII fu diverso e lo stesso Mercati lo descrisse come un paziente modello che rispettava pedissequamente i consigli del medico restando a letto e seguendo una specifica dieta. D’altro canto, però, le sue condizioni di salute peggiorarono, come quelle di Pio V, quando nel periodo quaresimale vollero comunque seguire il digiuno. Il fattore digiuno contribuì ad incrinare notevolmente i rapporti tra medico e pontefice: le motivazioni religiose che lo giustificano si adattano ad una concezione della medicina che lo considera come uno strumento di evacuazione degli umori dannosi e superflui; nella maggior parte dei “Regiminia Sanitatis” il digiuno è descritto come particolarmente dannoso. Dalla seconda metà del Cinquecento era accordato ai medici di concedere “fedi quaresimali”, con cui il medico esimeva il malato dall’osservazione del digiuno. Ciò, però, suscitò dei malcontenti tanto che durante la
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