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MEIOSI; MITOSI E MENDEL, Slide di Biologia

Meiosi, mitosi e Mendel tratti dal libro di 3o superiore.

Tipologia: Slide

2022/2023

Caricato il 23/02/2023

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srjx1234 🇮🇹

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Scarica MEIOSI; MITOSI E MENDEL e più Slide in PDF di Biologia solo su Docsity! Scienze Divisione cellulare • Secondo la teoria cellulare, le cellule hanno la capacità di riprodursi (generare altre cellule). Il processo grazie al quale una cellula si divide e dà origine a 2 cellule figlie IDENTICHE alla cellula madre è detto divisione cellulare (mitosi negli uomini). Affinché una cellula possa dividersi devono avvenire 4 eventi in successione (uno dopo l’altro): 1. in primis deve essere innescato (inviato) un segnale riproduttivo, ovvero un segnale che dà inizio alla divisione cellulare e può essere orientato sia verso l’interno sia verso l’esterno della cellula; 2. deve avvenire la duplicazione del materiale genetico, ovvero del DNA, in modo che le 2 nuove cellule possiedano ognuna un corredo genetico completo e identico; 3. la cellula deve distribuire in maniera equa il DNA duplicato fra le 2 cellule figlie con un processo detto segregazione; 4. devono essere sintetizzati (generati) enzimi e organuli per le nuove cellule, e si deve aggiungere nuovo materiale alla membrana plasmatica (e alla parete cellulare se presente), in modo che le 2 cellule si possano separare, attraverso un processo detto citodieresi. Per far sì che le 2 cellule generate dalla divisione cellulare siano perfettamente funzionanti, sia la duplicazione del DNA, che la segregazione (distribuzione del DNA) devono avvenire con estrema precisione. Ciclo cellulare • In un organismo pluricellulare (eucarioti), una cellula rimane efficiente e funzionante finché non si divide (riproduce) oppure muore. Il tempo che trascorre prima che una cellula si divida non è fisso, ma dipende dalla funzione che ha la cellula all’interno dell’organismo e al momento dello sviluppo. Il ciclo cellulare è l’insieme degli eventi che avvengono tra la formazione (nascita) di una cellula e la sua divisione in 2 cellule figlie, oppure la sua morte. Il ciclo cellulare può essere diviso in 2 stadi: l’interfase e la fase mitotica (o fase M). L’interfase è il tempo che trascorre tra una divisione (nascita) e l’altra ed è il periodo + lungo della vita della cellula. Durante l’interfase, la cellula svolge una grande attività metabolica e cresce. A sua volta, l’interfase si divide in 3 sottofasi: il periodo che va dalla fine di una mitosi (nascita della cellula) all’inizio della fase S è detto sottofase G1; la sottofase G1 è la fase + lunga del ciclo cellulare e durante questa fase la cellula sintetizza (genera) delle molecole e cresce; quando arriva il momento di dividersi, la cellula entra nella sottofase S (S sta per sintesi del DNA) durante la quale la cellula duplica il proprio DNA e continua a crescere; la sottofase G2 avviene dopo la fine della sottofase S e prima dell’inizio della fase mitotica del ciclo cellulare; nella sottofase G2 si iniziano a formare le strutture necessarie perché avvenga la mitosi. 2 • La fase mitotica (o fase M) è lo stadio in cui la cellula si divide (riproduce) e comprende 2 momenti principali: 1. la mitosi, in cui la membrana nucleare (membrana attorno al nucleo) scompare e il DNA (e quello duplicato) si sposta alle estremità opposte della cellula, dove si formano 2 nuovi nuclei attorno alle 2 molecole di DNA; 2. la citodieresi, in cui il citoplasma si divide in 2, e si formano 2 cellule differenti, che hanno una propria membrana plasmatica ed un proprio nucleo attorno alla molecola di DNA. Controllo del ciclo cellulare • In che modo la cellula decide quando deve entrare per esempio nella fase S o nella fase M (fase mitotica)? i segnali che controllano i passaggi da una fase all’altra del ciclo cellulare dipendono dall’attivazione di una classe di enzimi, detti chinasi ciclina-dipendente o Cdk. Le Cdk permettono il trasferimento (passaggio) di un gruppo fosfato dall’ATP (composto) ad una specifica proteina bersaglio (reazione chimica della fosforilazione). La fosforilazione modifica la carica elettrica della proteina bersaglio e cambia anche la sua forma e la sua funzione. Queste modifiche alle proteine bersaglio servono ad iniziare le diverse fasi del ciclo cellulare. Le proteine (enzimi) Cdk, per attivarsi, devono legarsi ad un altro tipo di proteina detto ciclina. Il complesso (legame) ciclina-Cdk agisce da proteina-chinasi (proteine che modificano altre proteine aggiungendo un gruppo fosfato, per fosforilazione) e permette il passaggio da una fase ad un’altra del ciclo cellulare, attraverso l’attivazione per fosforilazione di un’altra proteina (bersaglio) che regola il ciclo cellulare. Infine, la proteina ciclina si dissocia e la Cdk torna ad essere inattiva. 2 Il numero di cromosomi nelle cellule eucariotiche (degli organismi pluricellulari) è lo stesso in ogni specie; nell’uomo, per esempio una cellula somatica, quindi diploide, (es. della pelle o zigote) in fase G1 o G2 contiene 23 coppie di cromosomi (46 cromosomi). Quando una cellula sta per dividersi (nelle 2 cellule figlie) questa contiene il doppio delle coppie, ovvero 46 coppie (92 cromosomi, che verranno divisi in 23 coppie per nucleo). All’inizio della mitosi, ogni cromosoma è formato da 2 molecole di DNA identiche e compattate su loro stesse, dette cromatidi fratelli (cromatidio al singolare); i cromatidi fratelli sono uniti in uno spazio centrale detto centromero. La duplicazione e la spiralizzazione dei cromatidi (2 molecole identiche di DNA che formano un cromosoma) sono 2 eventi importanti per lo svolgimento della mitosi; infatti, solo in questo modo si possono separare e distribuire in maniera equa le molecole di DNA nei 2 nuclei che si stanno formando (si dà lo stesso numero di cromosomi ad ogni cellula figlia). Fasi della mitosi • Durante la mitosi, un nucleo dà origine a 2 nuclei figli geneticamente identici tra loro e al nucleo iniziale. La mitosi è una successione di eventi che possiamo dividere in fasi. Quando la cellula entra nella profase (1° fase) della mitosi, i cromosomi si spiralizzano (compattano) e ogni cromosoma risulta formato da 2 cromatidi fratelli, uniti nello spazio centrale detto centromero; nell’area del centromero si assemblano 2 strutture proteiche, una per ogni cromatidio fratello, dette cinetocori, importanti per il movimento dei cromosomi (figli). Affinché la segregazione (distribuzione) dei cromatidi avvenga in maniera corretta, durante la profase si forma il fuso mitotico, che guida i movimenti dei cromosomi. Il fuso mitotico è formato da microtubuli che hanno origine da 2 organuli detti centrosomi. Il centrosoma corrisponde a 2 centrioli disposti a 90 gradi l’uno rispetto all’altro. Durante la sottofase S (duplicazione del DNA) anche il centrosoma si duplica, e all’inizio della profase i 2 centrosomi si spostano alle estremità opposte della cellula. Lo spostamento dei centrosomi alle estremità opposte della cellula, stabilisce i poli verso i quali i cromosomi figli si muoveranno durante l’anafase. Le cellule delle piante e dei funghi (a differenza di quelle animali) non hanno centrosomi (2 centrioli a 90° l’uno rispetto all’altro), ma hanno 2 strutture dette centri organizzatori dei microtubuli, che hanno la stessa funzione dei centrosomi. 2 • Dopo la profase vediamo la prometafase, che è caratterizzata dalla scomparsa della membrana nucleare (attorno al nucleo in cui sono i cromosomi). I 2 cromatidi fratelli di ogni cromosoma si attaccano attraverso il cinetocore (struttura proteica) ai microtubuli del fuso. Alla fine della prometafase i cromatidi fratelli iniziano a spostarsi, ma sono ancora uniti nell’area del centromero. All’inizio della metafase, fase che segue la prometafase, il fuso mitotico si è completamente formato e i 2 centrosomi si trovano alle estremità della cellula. Durante la metafase i cromosomi si spostano al centro della cellula e i centromeri (punto in cui si uniscono i cromatidi) si allineano lungo il piano equatoriale formando la piastra metafasica (o piastra equatoriale). Durante la metafase, i cromosomi sono compatti e spiralizzati al massimo. Durante l’anafase, che segue la metafase, i centromeri di ogni cromosoma si staccano e i 2 cromatidi fratelli si separano, spostandosi verso le estremità opposte della cellula. Grazie alle proteine motrici (che fanno muovere) che utilizzano l’energia dell’ATP, i cinetocori (strutture proteiche) si spostano lungo i microtubuli, trascinando con sé i cromosomi figli (singoli cromatidi). Portati i cromatidi alle estremità della cellula, ogni cromatidio viene considerato come un cromosoma indipendente e viene detto cromosoma figlio. L’anafase finisce quando le 2 serie di cromosomi figli hanno raggiunto le estremità opposte della cellula. Riproduzione asessuata • Negli eucarioti (organismi pluricellulari), la divisione cellulare (mitosi) serve per la crescita dell’organismo (es. generare nuova pelle), per rinnovare (sostituire) le cellule invecchiate (vecchie) o danneggiate, e per la riproduzione dell’organismo. Gli eucarioti (solo organismi pluricellulari, perché i procarioti si riproducono per scissione binaria) possono infatti riprodursi in 2 modi: per via asessuata o per via sessuata. La riproduzione asessuata (o vegetativa) si basa sulla divisione mitotica del nucleo (mitosi), e quindi sulla divisione del nucleo della cellula madre in 2 nuclei figli identici tra di loro e al nucleo iniziale. La riproduzione asessuata avviene sia negli organismi unicellulari (come scissione binaria) che pluricellulari (come mitosi). In entrambi i casi, nella riproduzione asessuata (per mitosi) tutti i figli sono geneticamente identici al genitore. La riproduzione asessuata (mitosi) è un sistema efficace per moltiplicare rapidamente il numero di individui (in 1h o 2h). Riproduzione sessuata • A differenza della riproduzione asessuata (mitosi negli eucarioti), la riproduzione sessuata produce figli che NON sono geneticamente identici ai genitori. L’organismo figlio si sviluppa infatti da una cellula detta zigote, che viene prodotta con la fecondazione, cioè la fusione di 2 cellule «speciali», dette gameti. Sia la madre che il padre contribuiscono con un gamete alla formazione del nuovo individuo (che si sviluppa dallo zigote). Negli organismi che si riproducono per via sessuata ci sono cellule aploidi (23 cromosomi), ovvero i gameti, e cellule diploidi (46 cromosomi), ovvero le cellule somatiche; le cellule non specializzate per la riproduzione sono dette cellule somatiche (es. zigote e cellule della pelle) e sono diploidi, ovvero contengono una doppia serie di cromosomi, che si indica con 2n. Quindi è presente una copia di ogni cromosoma (X1X1, X2X2, X3X3 etc,..) (cromosomi del padre e della madre hanno stessi geni a due a due, ma in versioni diverse): il primo cromosoma proviene dal padre, il secondo cromosoma dalla madre. Es. le cellule somatiche dell’uomo possiedono 46 cromosomi, di cui 23 sono di origine materna e 23 di origine paterna. I 2 cromosomi che formano una coppia sono detti cromosomi omologhi. I membri di una coppia di cromosomi omologhi (es. X1mX1p) hanno dimensione e forma simili, e portano le stesse informazioni genetiche (contengono gli stessi geni). 2 • A differenza delle cellule somatiche (es. zigote), i gameti contengono una sola serie n di cromosomi (23), ovvero un cromosoma omologo di ogni coppia. Il numero di cromosomi tipico di un gamete si indica con «n» (23) e la cellula (del gamete) viene detta aploide. I gameti devono avere 23 cromosomi in modo tale che con la fecondazione si formi uno zigote con il corretto numero di cromosomi (46). Il processo che dimezza il numero di cromosomi presenti nei gameti è la meiosi, che avviene in cellule specifiche, all’interno degli organi riproduttivi, dette cellule germinali (46). La produzione dei gameti (o gametogenesi), che avviene attraverso la meiosi, è diversa nel maschio e nella femmina. Nel maschio, a partire da una cellula germinale diploide (46) si formano 4 spermatozoi aploidi (23), dotati di flagelli per il movimento. Anche nella femmina la meiosi produce, a partire dalla cellula germinale (46), 4 cellule aploidi, che però possiedono quantità diverse di citoplasma; la cellula + grande, che riceve la maggior quantità di citoplasma, è detta cellula uovo (gamete); poiché deve sopravvivere nelle prime fasi dopo la fecondazione, la cellula uovo presenta molti organuli e molecole ricche di energia. Le altre 3 cellule, che sono destinate a degenerare, sono + piccole, e sono dette corpuscoli polari. 2 • Durante la prometafase 1° (tra profase e metafase), che segue la profase 1°, la membrana nucleare e il nucleolo si dissolvono; contemporaneamente si forma un fuso mitotico formato da microtubuli che si attaccano ai cromosomi. Entrambi i cromatidi fratelli di ogni cromosoma si attaccano alla stessa parte del fuso mitotico, quindi l’intero cromosoma, formato da 2 cromatidi fratelli, si sposterà poi (nell’anafase 1°) verso una delle 2 estremità della cellula. Durante la metafase 1° tutti i cromosomi omologhi appaiati si dispongono lungo la piastra metafasica; fino a questo punto le coppie di cromosomi omologhi sono tenute insieme dai chiasmi. Durante l’anafase 1°, i 2 cromosomi omologhi si spostano uno verso un’estremità, e l’altro verso l’estremità opposta della cellula. I 2 nuclei figli nati dalla meiosi 1° contengono quindi ognuno una sola serie di cromosomi n (23). Ognuno di questi cromosomi è formato da 2 cromatidi fratelli e non da uno solo (come nella mitosi), per questo ha il doppio della cromatina rispetto ad un cromosoma che si trova alla fine della mitosi. In alcuni organismi, dopo l’anafase 1° è presente la telofase 1°, in cui si riforma la membrana nucleare (come nella mitosi), seguita da un’interfase detta intercinesi, simile all’interfase mitotica. In altri organismi, non avviene invece la telofase 1° e i cromosomi passano direttamente alla meiosi 2°. Eventi della meiosi 2° e confronto tra mitosi e meiosi • La meiosi 2° assomiglia alla mitosi per diversi aspetti: durante la profase 2° (fase iniziale) i cromosomi delle 2 cellule aploidi si condensano di nuovo; nella metafase 2°, in ognuno dei 2 nuclei prodotti dalla meiosi 1° i cromosomi si allineano lungo la piastra metafasica; nell’anafase 2°, i centromeri dei cromatidi fratelli si separano e i cromosomi figli (cromatidi) si spostano verso le estremità opposte delle 2 cellule; nella telofase 2° i cromosomi si despiralizzano riformando la fibra della cromatina (DNA meno spiralizzato) e si riforma la membrana nucleare. Alla fine della meiosi 2° le 2 cellule aploidi si dividono e danno origine a 4 cellule aploidi (23). • Facendo un confronto tra mitosi (riproduzione asessuata) e meiosi (riproduzione sessuata), i 2 modi in cui le cellule eucariotiche si dividono, vediamo che: sia nella meiosi che nella mitosi il DNA si duplica una volta: la mitosi comporta però solo una divisione del nucleo e produce 2 cellule diploidi (se la cellula madre è diploide); la meiosi invece comprende 2 divisioni del nucleo (meiosi 1° e 2°) e dà origine a 4 cellule aploidi (gameti). Nella mitosi i cromatidi fratelli di un determinato cromosoma sono identici; nella meiosi invece, se durante la profase 1° avviene il crossing over, i cromatidi fratelli di uno stesso cromosoma possono essere diversi. Nella meiosi 2°, i cromosomi che si dispongono lungo la piastra metafasica sono la metà (23 per cellula aploide) rispetto ai cromosomi che si dispongono sulla piastra metafasica durante la mitosi di una cellula diploide, in cui i cromosomi sono 46. 2 • Nella mitosi, partendo da una cellula diploide (46), quindi ogni cromosoma si comporta in maniera indipendente dal suo omologo (stessi geni), quindi non si appaiano e non avviene il processo detto sinapsi come nella meiosi 1°; inoltre, durante l’anafase della mitosi, sono i cromatidi fratelli ad essere trascinati ai poli opposti della cellula, e non i cromosomi omologhi come avviene nella meiosi 1°. Grazie alla duplicazione del DNA (nella sottofase S), ogni cellula figlia nella mitosi si trova così ad avere le 2 serie complete di cromosomi (una di origine paterna e una di origine materna). • Nella meiosi, quando si formano le sinapsi, i cromosomi di origine materna si appaiano ai loro omologhi (con gli stessi geni) paterni. Poi, durante l’anafase 1°, i cromosomi omologhi si separano: questo assicura che ogni nucleo figlio riceva un rappresentante di ogni coppia di cromosomi omologhi. Es. in una cellula umana, alla fine della meiosi 1° ogni nucleo figlio contiene solo 23 dei 46 cromosomi di partenza. In questo modo il numero dei cromosomi si dimezza passando da diploide ad aploide, assicurando allo stesso tempo ad ogni nucleo figlio una serie completa di cromosomi. 2 • Es. se il nucleo della cellula madre diploide di partenza contiene 2 coppie di cromosomi omologhi, un determinato nucleo figlio (cellula aploide) potrà ricevere il cromosoma 1 di origine paterna e il cromosoma 2 di origine materna, il cromosoma 2 paterno e il cromosoma 1 materno, il cromosoma 1 e il cromosoma 2 entrambi materni oppure il cromosoma 1 e il cromosoma 2 entrambi paterni (4 combinazioni possibili). Quale omologo va in una cellula figlia e quale nell’altra, dipende da come si dispongono le coppie di cromosomi omologhi nella metafase 1°, lungo la piastra metafasica. Questo fenomeno è detto assortimento indipendente. A causa dell’assortimento indipendente, all’aumentare del numero di cromosomi (coppie) aumentano le possibili combinazioni casuali che questi possono dare. Nell’uomo, dove le coppie di cromosomi nelle cellule diploidi sono 23 (per un tot di 46 cromosomi), si possono produrre 2alla23esima combinazioni differenti in ogni cellula aploide solo per l’assortimento indipendente. Se si considera anche il rimescolamento genetico dovuto al crossing over le combinazioni diventano infinite. La fecondazione coinvolge 2 gameti aploidi che si fondono per formare uno zigote (2alla23esima x 2alla23esima combinazioni possibili); per questo motivo, la fecondazione aumenta ulteriormente la variabilità genetica. Gregor Mendel e la genetica dell’Ottocento • La genetica è lo studio delle leggi e dei meccanismi grazie ai quali avviene la trasmissione dei caratteri (=caratteristiche) da una generazione all’altra (=di padre in figlio); la genetica nasce come una scienza sperimentale nella seconda metà dell’Ottocento (1850-1900). Negli anni precedenti, gli studi sull’ereditarietà non seguivano un metodo rigoroso e si basavano su princìpi per la maggior parte sbagliati. Inoltre, non era chiaro da quali leggi fosse regolata la trasmissione delle somiglianze fisiche tra genitori e figli. Grazie al lavoro di Mendel, queste domande iniziarono a trovare una risposta. Gregor Mendel era un monaco agostiniano con una buona formazione scientifica ed era in contatto con i + importanti biologi della sua epoca. Mendel fa i suoi esperimenti e sviluppa le sue teorie nella seconda metà dell’Ottocento (1850-1900), quando non si conoscevano i cromosomi e la struttura e la fisiologia della cellula (meiosi). In quel periodo, gli studi sull’ereditarietà avevano portato alla «TEORIA DELLA MESCOLANZA», che si basava su 2 presupposti, dei quali uno era corretto mentre l’altro era sbagliato: i 2 genitori danno un contributo uguale alle caratteristiche della prole (=figlio) (presupposto corretto); nella prole i caratteri ereditari (ricevuti dai genitori) si mescolano (presupposto non corretto). 2 • La maggior parte dei naturalisti (=coloro che studiano le scienze naturali) pensava che nelle cellule uovo e negli spermatozoi (gameti) fossero presenti dei caratteri ereditari che, dopo la fecondazione (=fusione di gameti), si andavano ad unire. Secondo la teoria della mescolanza, i caratteri ereditari, una volta fusi, non si sarebbero + potuti separare. Grazie a diversi esperimenti, Mendel riesce a confermare il presupposto della teoria della mescolanza per cui i genitori danno uno stesso contributo alle caratteristiche della prole e riesce a smentire il presupposto per cui i caratteri ereditari all’interno della prole si mescolano. 1° legge di Mendel, legge della dominanza • In primis Mendel decide di considerare l’ereditarietà di un solo carattere per volta in un grande numero di piante. Mendel per incrociare le piante di pisello odoroso utilizza determinati criteri: per ogni carattere (es. tipo di buccia del seme) Mendel sceglie piante di linea pura che hanno dei tratti opposti (es. buccia liscia e rugosa) e compie un’impollinazione incrociata: Mendel prende il polline da una pianta parentale e lo mette sullo stigma (organo femminile sopra ovario) dei fiori dell’altra pianta; ai fiori della pianta che riceve il polline Mendel toglie prima le antere (organi maschili), in modo che la pianta non potesse autoimpollinarsi. Le piante che forniscono o ricevono il polline attraverso l’impollinazione incrociata sono dette generazione parentale, indicata con P. I semi, e le nuove piante prodotte dalla generazione parentale, sono dette prima generazione filiale o F1. Gli individui della generazione filiale F1 vengono detti ibridi poiché figli di organismi che hanno uno o + caratteri diversi (caratteristica fisica osservabile). Mendel esamina poi le piante della generazione F1 per vedere quali caratteri presentano e scrive il numero di piante che possiede ogni tratto. I risultati che Mendel ottiene vengono riassunti nella 1° legge di Mendel, detta «legge della dominanza»: gli individui ibridi della generazione filiale F1 manifestano solo uno dei tratti presenti nella generazione parentale P. (non si mescolano i caratteri ereditari nella prole) 2 • Mendel ripete lo stesso esperimento per tutti e 7 i caratteri (caratteristiche fisiche osservabili) scelti. In primis preleva il polline da una pianta di una linea pura con semi rugosi e lo pone sullo stigma dei fiori di una linea pura a semi lisci. Mendel esegue anche «l’incrocio reciproco», ovvero compie l’operazione inversa (pone il polline di una pianta a semi lisci sullo stigma di una pianta a semi rugosi). L’incrocio tra questi 2 tipi di piante della generazione parentale P produceva in tutti i casi una generazione filiale F1 in cui tutte le piante avevano semi lisci; il tratto «seme rugoso» sembrava essere scomparso. Mendel conclude che il tratto «seme liscio» fosse dominante su quello «seme rugoso», che viene chiamato da Mendel «recessivo». In ognuna delle altre 6 coppie di caratteri, un tratto risulta sempre dominante sull’altro; il tratto recessivo è quello che, in un incrocio tra piante di linee pure, scompare dalla generazione filiale F1. Questi risultati mettono in discussione la teoria della mescolanza: la generazione F1 infatti, non mostra un rimescolamento dei 2 tratti dei genitori, ma mostra solamente uno dei 2 tratti della generazione parentale P. Queste prove supportano una «teoria ereditaria particellare», secondo la quale i caratteri ereditari hanno una natura distinta e non si mescolano. 2° legge di Mendel o legge della segregazione • Mendel, successivamente, coltiva le piante di pisello odoroso della generazione filiale F1 ed esegue una seconda serie di esperimenti. Le piante della generazione filiale F1 vengono fatte autoimpollinare e producono di conseguenza i semi di una nuova generazione detta seconda generazione filiale o F2. Come per i primi esperimenti, Mendel descrive e conta le caratteristiche di tutte le piante della seconda generazione F2. In tutti gli incroci eseguiti, Mendel nota 2 dati importanti: il tratto che non è stato manifestato nella generazione filiale F1 (tratto recessivo) ricompare nella generazione F2. Nella generazione filiale F2 il rapporto numerico tra i 2 tratti (dominante e recessivo) presenti nelle piante è sempre lo stesso per ognuno dei 7 caratteri presi in considerazione da Mendel, ovvero circa 3:1 ; ¾ della generazione F2 mostra il tratto dominante (es. seme liscio) e un ¼ delle piante mostra il tratto recessivo (es. seme rugoso). I risultati della generazione filiale F1 (100% tratto dominante) non cambiano se nella generazione parentale si inverte il genitore che fornisce il polline. Anche i dati raccolti dalla seconda serie di esperimenti confutano la teoria della mescolanza: i tratti (recessivi) che sono spariti nella prima generazione filiale F1 ricompaiono nella seconda generazione filiale F2 e quindi non sono scomparsi a causa del rimescolamento dei caratteri ereditari. Quadrato di Punnet • Gli alleli (=forme diverse di uno stesso gene) si rappresentano con una stessa lettera maiuscola se l’allele è dominante, minuscola se l’allele è recessivo. Per esempio l’allele per il seme liscio (tratto dominante) si indica con la lettera L maiuscola (allele dominante), mentre l’allele per il seme rugoso (tratto recessivo) si indica con la lettera l minuscola (allele recessivo). L’insieme degli alleli che determinano un carattere (=caratteristica fisica osservabile) è detto genotipo, mentre la caratteristica osservabile è detta fenotipo. Se i 2 alleli del genotipo sono uguali, l’individuo è omozigote. Es. una pianta di pisello con genotipo LL (maiuscola=tratto dominante) è omozigote dominante con fenotipo «seme liscio»; mentre una pianta con genotipo ll (minuscola=tratto recessivo) è omozigote recessiva con fenotipo «seme rugoso». Se i 2 alleli sono diversi, come nel fenotipo Ll, l’individuo è eterozigote e manifesta il tratto dominante perché L, allele dominante, domina su l, allele recessivo. In generale, un allele è recessivo se non si manifesta nel fenotipo (=caratteristica osservabile) dell’eterozigote. «Seme liscio» e «seme rugoso» sono 2 fenotipi che risultano da 3 possibili genotipi: il fenotipo «seme rugoso» (tratto recessivo) prodotto da ll; il fenotipo «seme liscio» (tratto dominante) prodotto da LL e Ll. Per prevedere i genotipi che risultano da un incrocio (tra le piante) si utilizza il quadrato di Punnet. Questo sistema consente di considerare tutte le possibili combinazioni gametiche nel calcolo delle frequenze genotipiche attese. 2 • La griglia del quadrato di Punnet riporta su un lato tutti i possibili genotipi del gamete maschile e lungo l’altro tutti i possibili genotipi del gamete femminile (sia i gameti maschili sia femminili sono cellule aploidi). Si completa la griglia mettendo in ogni quadrato il genotipo diploide (zigote è diploide) di ogni combinazione dei 2 gameti. Utilizzando il quadrato di Punnet è possibile osservare in che modo il modello mendeliano spiega i rapporti numerici tra i fenotipi nelle generazioni F1 e F2. Nella generazione parentale i 2 genitori sono entrambi omozigoti: il genitore puro con semi lisci (tratto dominante) ha genotipo LL, mentre il genitore con semi rugosi (tratto recessivo) ha genotipo ll. Il genitore LL produce gameti con il solo allele L, mentre il genitore ll produce gameti con il solo allele l. Poiché ogni individuo della prima generazione F1 eredita un allele L da un genitore e un allele l dall’altro, tutte le piante F1 hanno genotipo Ll (individui eterozigoti) e fenotipo dominante «seme liscio». Quindi metà dei gameti della generazione F1 ha l’allele L e l’altra metà l’allele l. Poiché le piante LL e le piante Ll producono entrambe semi lisci, mentre le piante ll producono semi rugosi, nella generazione F2 otteniamo 3 piante con semi lisci (1 individuo omozigote dominante e 2 eterozigoti con fenotipo dominante) e una sola pianta con semi rugosi (individuo omozigote recessivo). Abbiamo quindi un rapporto 3:1, che rimanda ai risultati raccolti da Mendel. Mendel ha elaborato la sua legge della segregazione (2° legge) senza conoscere cromosomi e meiosi, mentre oggi sappiamo che la separazione dei diversi alleli di un gene avviene durante la separazione dei cromosomi (in cromatidi ognuno contenente un allele) alla fine della meiosi 1°. Verifica del testcross di Mendel • Per dimostrare che la prima generazione filiale F1 che mostrava SOLO il tratto dominante (a seme liscio) potesse essere data 2 possibili genotipi (omozigote dominante LL e eterozigote Ll), Mendel fece un testcross. Il testcross è un incrocio di controllo che permette di capire se un individuo che ha fenotipo dominante è omozigote dominante LL o eterozigote Ll. L’individuo che Mendel analizza, indicato con L_ (si mette il trattino perché non si sa se il secondo allele sia dominante o recessivo) è incrociato con un omozigote recessivo ll. Le possibilità sono 2: se l’individuo è un omozigote dominante (LL), tutta la prole del testcross sarà data da individui eterozigoti Ll e mostrerà il tratto dominante (semi lisci); se l’individuo è un eterozigote (Ll), incrociandolo con un omozigote recessivo ll, metà della prole sarà eterozigote (Ll) e mostrerà il tratto dominante, l’altra metà sarà data da individui omozigoti recessivi (ll) e mostrerà il tratto recessivo. 3 • Gli incrodi diibridi (=incroci tra individui doppiamente eterozigoti) confermano il secondo modo in cui Mendel aveva pensato che i gameti potessero essere prodotti: nella seconda generazione F2 compaiono infatti 4 fenotipi diversi (=caratteristiche osservabili) in un rapporto 9:3:3:1. In una parte degli individui della seconda generazione F2 i tratti delle piante parentali si presentano in nuove combinazioni (liscio con verde e rugoso con giallo). Questi risultati portano Mendel a formulare la 3° legge di Mendel o legge dell’assortimento indipendente dei caratteri: durante la formazione dei gameti (con la meiosi), geni diversi si distribuiscono l’uno indipendentemente dall’altro nei gameti. In altre parole, considerando i 2 geni A e B, la separazione degli alleli del gene A è indipendente dalla separazione degli alleli del gene B. Ad oggi la 3° legge di Mendel non è però universalmente valida come la legge della segregazione (2° legge di Mendel); infatti la 3° legge si applica ai geni posizionati su cromosomi diversi, ma non sempre ai geni collocati su uno stesso cromosoma (non sempre gli alleli di 2 geni A e B che si trovano su uno stesso cromosoma si separano in maniera indipendente gli uni dagli altri). Per questo motivo, durante la meiosi, i cromosomi si riassortiscono l’uno indipendentemente dall’altro, e così fanno 2 geni solo se si trovano su coppie di cromosomi omologhi diverse. La genetica umana rispetta le leggi di Mendel • Mendel elabora le sue 3 leggi compiendo degli incroci programmati (impollinazione incrociata) e contando la prole. Risulta intuitivo pensare che queste procedure non si possono applicare agli esseri umani, che non si possono riprodurre in maniera programmata per poi contare la prole, quindi la genetica umana può contare solamente sulle genealogie. Poiché gli uomini producono una prole molto + scarsa rispetto alle piante di pisello, i rapporti numerici tra i fenotipi (=caratteristiche osservabili) della prole non sono precisi come quelli che Mendel osserva nelle piante. Per esempio, quando un uomo ed una donna eterozigoti (Aa) hanno dei figli, ogni figlio ha una probabilità del 25% (1/4) di essere omozigote recessivo (aa). Se una coppia di esseri umani avesse dozzine (serie da 12, e quindi moltissimi) figli, ¼ di questi sarebbe omozigote recessivo (aa), ma la prole di una coppia è troppo scarsa per mostrare la proporzione esatta di ¼. In una famiglia con 2 figli, per esempio, i figli potrebbero essere entrambi omozigoti recessivi aa oppure eterozigoti Aa o omozigoti dominanti AA. Malattie genetiche dovute ad alleli dominanti o recessivi • Spesso coloro che studiano la genetica umana vogliono sapere se un allele raro (=forma di un gene), che è responsabile di un fenotipo (=caratteristica osservabile) anomalo, è DOMINANTE o RECESSIVO. Un albero genealogico è un albero familiare che mostra la comparsa di un fenotipo (=caratteristica osservabile) in diverse generazioni di individui che sono tra di loro imparentati. All’interno di un albero genealogico che mostra la trasmissione ereditaria (=di generazione in generazione) di un allele DOMINANTE raro che causa una certa malattia possiamo vedere le seguenti caratteristiche: ogni figlio malato possiede un genitore malato; circa la metà di tutti i figli di un genitore malato sono malati; il fenotipo anomalo (=caratteristica osservabile) compare allo stesso modo sia nei maschi che nelle femmine. Nell’albero genealogico che mostra la trasmissione ereditaria di un allele RECESSIVO raro che causa una certa malattia vediamo invece le seguenti caratteristiche: i figli malati hanno solitamente 2 genitori sani (o portatori); nelle famiglie colpite da una malattia provocata da un allele RECESSIVO (es. albinismo), circa ¼ dei figli di genitori sani è malato; il fenotipo anomalo causato dalla malattia compare con la stessa frequenza nei maschi e nelle femmine. Poliallelia: geni con alleli multipli • In una specie, in seguito a delle mutazioni (=formazione di nuove copie di un gene) casuali, possono esistere + di 2 alleli di un certo gene (anche se ogni individuo diploide (es. zigote) contiene solamente 2 copie (alleli) di un gene, un allele è di origine materna (dal gamete materno) e l’altro allele è di origine paterna (dal gamete paterno)). La condizione per cui a causa di mutazioni un individuo possiede + di 2 alleli (=copie) di un gene (=sequenza di DNA) è detta poliallelia. Per esempio, il colore del manto dei conigli è determinato dal gene C del quale conosciamo 4 alleli (+ di 2 alleli del gene): C determina il colore grigio scuro; c alla chd produce il colore cincillà (grigio + chiaro); c alla h determina il fenotipo himalayano con il pigmento sulle estremità (colourpoint); c produce un animale albino. La gerarchia di dominanza di questi alleli è: C>c alla chd, c alla h>c. Quindi un coniglio che possiede l’allele C dominante (abbinato ad uno qualsiasi dei 4 alleli possibili) è sempre grigio scuro (allele dominante domina su quello recessivo), mentre un coniglio che è un individuo omozigote recessivo cc è albino. Le colorazioni intermedie del manto del coniglio sono invece il risultato di diverse combinazioni alleliche (delle copie di un gene). Dominanza incompleta • Nelle singole coppie di alleli che vengono studiate da Mendel, gli eterozigoti (Ll) mostrano una dominanza completa, ovvero manifestano sempre il fenotipo «seme liscio» (tratto dominante). Molti geni, però, hanno degli alleli che non sono né dominanti né recessivi l’uno rispetto all’altro (non c’è un allele che domina sull’altro) e gli eterozigoti presentano un fenotipo (=caratteristica osservabile) intermedio (tratto intermedio tra 2 tratti codificati dagli alleli). Per esempio, se incrociamo una linea pura di melanzane che produce frutti viola (PP) con una linea pura che produce frutti bianchi (pp), tutte le piante eterozigoti della prima generazione F1 produrranno frutti che hanno un colore intermedio tra il viola e il bianco (violetto chiaro). Questo risultato sembra in contrasto con le leggi di Mendel, perché sembra che i caratteri si mescolino perdendo la loro identità. Per spiegare il fenomeno in termini di genetica mendeliana è necessario far incrociare le piante F1 tra loro; le piante F2 risultanti producono frutti con un rapporto di 1 viola (PP): 2 violetto (Pp): 1 bianco (pp). Ovviamente i geni non si sono mescolati, e infatti nella generazione F2 gli alleli viola e bianco ricompaiono, rispettando i rapporti che sono previsti dalla 2° legge di Mendel. Quando gli eterozigoti mostrano un fenotipo intermedio, si dice che il gene che codifica un certo tratto segue la regola della dominanza incompleta; in altre parole, nessuno dei 2 alleli (né l’allele che codifica il colore viola né quello che codifica il colore bianco) è completamente dominante rispetto all’altro. Codominanza • Può succedere che i 2 alleli di un locus (=copie di un gene) codificano (determinano) 2 diversi fenotipi (=caratteristiche osservabili) che si manifestano entrambi negli eterozigoti; questo fenomeno è detto codominanza. Possiamo vedere un esempio di codominanza nel sistema AB0 dei gruppi sanguigni umani (che è anche un caso di poliallelia perché ci sono 3 alleli di uno stesso gene). I primi tentativi di trasfusione del sangue causavano spesso la morte del paziente. All’inizio del 1900, lo scienziato austriaco Karl Landsteiner prova a mescolare i globuli rossi di un individuo con il siero (parte liquida del sangue senza cellule e proteine di coagulazione) di un altro individuo e scopre che solamente alcune combinazioni sono compatibili; negli altri casi, i globuli rossi si agglutinano, ovvero formano delle piccole masse, che finiscono per danneggiare la circolazione. L’agglutinazione dei globuli rossi avviene a causa dell’attività del sistema immunitario che protegge il corpo dalle invasioni di organismi estranei. Ogni individuo produce alcune proteine presenti nel siero, dette anticorpi, che si legano agli antigeni, proteine che si trovano sulla superficie delle cellule; gli anticorpi reagiscono con gli antigeni se sono percepiti come elementi estranei.
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