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Memoriale - di Paolo Volponi, Sintesi del corso di Sociologia

Riassunto di "Memoriale" di Volponi, indicato per l'esame di Sociologia di Scienze della Formazione Primaria

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 02/04/2022

marco-giovannini-4
marco-giovannini-4 🇮🇹

4.5

(8)

18 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Memoriale - di Paolo Volponi e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! Memoriale Volponi Il romanzo tratta la storia di Albino Saluggia dal 1945, anno in cui torna dalla prigionia e viene assunto nella fabbrica di X, fino al 1956, anno in cui viene licenziato. Il protagonista della storia parlando in prima persona decide di non identificare la città della fabbrica, perché “non vuole con la pretesa di riconoscere una città o una fabbrica, si giunga ad attribuire soltanto a questa le cose narrate.” Albino Saluggia è paranoico e affetto da manie di persecuzione, infatti crede che tutti siano d’accordo ad organizzare una congiura contro di lui, crede inoltre che i medici della fabbrica falsifichino i suoi referti medici solo per licenziarlo e allontanarlo dalla fabbrica. CAPITOLO 1 Le prime tre parole del suo libro sono: i miei mali. Uno dei temi principali che ritornerà spesso in tutto il romanzo. I mali di Albino iniziarono dopo essere tornato dalla prigionia in Germania. In modo più specifico iniziarono poco prima di Natale, lui sperava che con l’arrivo dell’inverno e della neve avrebbe potuto iniziare una vita nuova, dimenticandosi di tutti i cattivi ricordi. Albino andò all’Ufficio di Collocamento ed essendo un soldato ferito, lo mandarono ad un colloquio all’industria X. Saluggia decise di andare cinque giorni prima a guardare la fabbrica e la descrive come grandissima e immobile che emetteva lo stesso suono, inoltre sperava di entrare per poterla guardare dentro ma la guardia lo bloccò. Saluggia tornò allora il giorno prefissato, ma prima decise di fermarsi in chiesa a confessarsi. Albino fu sottoposto ad una visita medica del dottor Tortora (personaggio importante perché Saluggia crede che falsifichi insieme al dottore Bompiero i documenti). Poi venne assunto dal signor Ducati. Saluggia era emozionato di questo lavoro, ma al tempo stesso aveva paura che la fabbrica assomigliasse all’esercito (pag.25-26 Saluggia parla di come veniva trattato nell’esercito). Insieme ad altri uomini Albino entrò nella fabbrica e venne colpito subito dal rumore che scaturiva da ogni parte, infatti si poteva avvertire solo in un secondo momento il brusio degli uomini. Inoltre, sottolineò il fatto che ogni persona lavorava per conto suo e non c’era lavoro di gruppo (fabbrica basata sul metodo Taylor-fordista). Saluggia fu assegnato al reparto delle fresatrici con a capo Grosset (descrizione pag.40- 41). Albino si accorse che nella fabbrica gli operai facevano sempre gli stessi discorsi, ma nessuno parlava mai della fatica e del lavoro, se non con il capo. Saluggia quindi si sentiva solo e incompreso, perché egli cercava qualcuno che fosse sincero, ma non trovava nessuno se non Pinna, anche se spesso quest’ultimo non capiva Albino. Nonostante il protagonista inizialmente vedeva il lavoro come un modo per iniziare una nuova vita, successivamente iniziò a vedere il lavoro come un nemico e come una competizione con gli operai, questo gli permise di avere piacere e soddisfazione dal lavoro. Però passati due mesi di lavoro Saluggia si rese conto che da questo lavoro non aveva né guadagnato né perso niente, ovvero che non era cambiato niente dentro o fuori lui. Verso la fine del mese gli operai furono avvertiti della trasformazione dell’officina, questo portò a dei malumori tra gli operai, ci furono dei trasferimenti, ma Saluggia e Pinna rimasero a lavorare con Grosset. Inoltre, anche la modalità di retribuzione fu modificata e si iniziò ad usare il cottimo comune per tutti (lavoratore remunerato in base al risultato ottenuto e non alla durata del lavoro). Questa decisione portò gli operai ad organizzare uno sciopero, che alla fine nonostante fosse stato accettato fu revocato. Saluggia comunque non vi avrebbe partecipato. CAPITOLO 2 Saluggia nella fabbrica cercava solo di fare il suo lavoro ed andare avanti, lavorava di malavoglia, inoltre tutto era appesantito dalla fatica e dal caldo in fabbrica. Grosset si accorse della difficoltà di Albino a lavorare, così lo mandò in infermeria. Lì venne visitato dal dottor Tortora il quale gli prescrisse una serie di lastre e gli ordinò una cura di pastiglie ed iniezioni. Quindici giorni dopo Saluggia tornò dal medico con i risultati delle lastre, quest’ultimo lo dichiarò malato grave e gli propose di lasciare il lavoro fin dopo le ferie per potersi riposare e curare. Albino, credendo che Tortora lo stesse ingannando decise di continuare a lavorare fino alle vacanze, anche perché il caldo stava diminuendo e Saluggia si sentiva meglio. Arrivarono le ferie e i primi giorni li passò a casa, poi decise di partire insieme a Pinna per un viaggio di quattro giorni a Genova e nella riviera. Durante le ferie non soffriva dei suoi mali, anche se pensava che con questa vacanza avesse sprecato tempo, lui voleva tornare presto a lavoro e dimostrare di essere in forze. Finite le ferie tornò a lavorare in fabbrica e iniziò a coltivare degli hobby come la lettura, infatti andava spesso nella biblioteca della fabbrica e il cinema. I primi di dicembre Saluggia fu chiamato da Tortora per una visita schermografica di controllo e nonostante fosse una visita a cui tutti gli operai vengono sottoposti, Albino credeva che il dottore lo avesse pianificato per ingannarlo. Gli fu diagnosticata la tubercolosi grave, aperta e contagiosa. Saluggia però si rifiutò di farsi visitare dal dottor Bompiero e scappò, perché credeva che i due medici volessero sostituirlo con qualcun altro. Perciò Saluggia decise di resiste e ignorare i suoi mali, credendo così di poterli vincere. La settimana successiva fu chiamato dall’infermeria dove gli dissero di presentarsi lì la mattina stessa, Albino si rifiutò, così i medici chiamarono Grosset e gli spiegarono la situazione. Intanto la malattia di Saluggia si aggravava, tanto che a causa dei forti dolori decise di rimanere a casa per un giorno, la mattina seguente tornò al lavoro e il suo capo cercò di convincerlo ad andare in infermeria, non riuscendoci decise di chiamare le guardie che lo portarono di forza in infermeria per farlo curare. Il dottor Tortora e il dottor Bompiero trovarono un posto per Saluggia in sanatorio. CAPITOLO 3 Saluggia entrò in sanatorio dove dovette rimanere per un po’ di tempo immobile nel letto a causa della gravità della malattia. Lì in quel momento ebbe il tempo per pensare, oltre che all’inganno del dottor Tortora anche al lago che era vicino a casa sua. Inoltre, quando fu cambiato e messo in una stanza da solo perché contagioso, il suo aspetto gli sembrava come quello di uno in sanatorio da molti anni. Tortora durante i primi giorni in sanatorio andò a trovarlo e lo rassicurò dicendogli che in autunno sarebbe uscito e che avrebbe riiniziato il lavoro in fabbrica. Questo tempo a Prima che lo assegnassero ad un nuovo reparto dovette aspettare qualche giorno. All’inizio nel nuovo reparto non si trovò male, tutto gli sembrò nuovo, il capo si faceva vedere poco. Nonostante tutto anche questo lavoro iniziò ad essere noioso e faticoso. Qualche mese dopo fu chiamato per una visita di controllo e venne mandato da Bompiero il quale gli fece fare delle lastre e lo obbligò a curarsi, però poteva curarsi rimanendo a casa e non andando al sanatorio. Secondo tutti la malattia era grave, ma potevano curarlo lasciandolo a casa. Un pomeriggio decise di andare a Torino e lì incontrò Palmarucci un uomo la cui moglie lavorava per il professor Fioravanti (colui che aveva inventato il siero X3 che cura cancro e tubercolosi). Saluggia decise di farsi visitare da questo dottore il quale accettò di curarlo con il siero, mentre la moglie di Palmarucci si sarebbe occupata di far ringiovanire il suo spirito. Fioravanti gli fece molte iniezioni, queste ogni volta gli facevano avere la testa “leggera” e senza pensieri. Inoltre, il professore gli chiese le lastre, così Saluggia andò dai medici della fabbrica che dopo molti tentennamenti gliele diedero, tanto che Albino era felice di aver rovinato almeno in parte i piani di Tortora e Bompiero. CAPTOLO 7 Saluggia mostrò a Fioravanti le lastre il quale gli disse di continuare anche le cure del dottor Bompiero per non subire rappresaglie. Nonostante i giorni della guarigione si avvicinavano Saluggia non era così sicuro di voler tornare al lavoro perché pensava che se uno si libera per un po’ da quel lavoro dopo ne vede tutti i lati negativi. Però voleva tornare al lavoro per dimostrare di essere vivo e in salute e per far capire che lui resisteva alle prepotenze e agli inganni dei medici. Il professor Fioravanti dichiarò Albino guarito e gli chiese di portargli i soldi del siero che gli aveva somministrato. Anche Bompieri all’ultima visita disse a Saluggia che dopo due settimane sarebbe potuto tornare in fabbrica, tanto che Albino contava i giorni e le ore che mancavano. Il giorno del rientro al lavoro si presentò all’ufficio del personale dove lo destinarono al montaggio. In quel reparto il lavoro era molto semplice e riuscì in poco tempo ad entrare nella media di produzione. Però in questo reparto vi erano soprattutto donne, tanto che questo lavoro gli sembrava indegno per un uomo e per le sue qualità. Anche questa volta le ferie le passò in montagna dove ogni giorno passeggiava da solo e pensava a sua madre con la speranza di riavere con lei un’intesa completa. Dopo le vacanze la fabbrica iniziò ad essere la cosa per lui più importante, tanto che la sua vita divenne quella del suo lavoro. iniziò poi ad osservare i suoi colleghi e capì che loro lavoravano e basta per avere solo un guadagno, mentre la loro vita era fuori dalla fabbrica. Saluggia inoltre continuava a cercare il modo di vivere meglio nella fabbrica per paura di essere nuovamente allontanato e di subire altre ingiustizie. Vicino alle vacanze natalizie venne a conoscenza che Grosset stava per morire. Infine, parlando con un suo vecchio collega capì che forse Tortora lo aveva preso di mira perché era sempre solo. CAPITOLO 8 Saluggia tornando dal lavoro si imbatté nell’incontro tra Giuliana (una donna che lavorava nella sua fabbrica e accanto alla quale si metteva ogni volta sul treno) e un uomo. Allora Albino decise di seguirli e li vide andare a nascondersi per avere un rapporto sessuale. Lui si mise ad ascoltarli tutto il tempo e quando se ne andò non si curò del fatto che la donna lo potesse vedere e lo potesse riconoscere. Giuliana lo riconobbe perché il giorno seguente la donna servì la zuppa a Saluggia. Lui credeva che il piatto fosse avvelenato, tanto che Albino aveva problemi di stomaco. Inizialmente decise di andare in infermeria, ma gli dissero di tornare il giorno dopo a farsi visitare da Tortora, allora decise di andare da Fioravanti, ma non trovò nessuno. Il giorno seguente Saluggia parlò a Tortora del presunto avvelenamento, quest’ultimo allora gli disse di stare a casa qualche giorno. Saluggia decise allora di andare al sindacato comunista per essere aiutato ad accusare i medici, ma gli dissero che il suo problema era individuale e loro non potevano fare nulla. Albino allora decise di andare al bar, lì una donna gli disse che Fioravanti e i Palmarucci li avevano fregati ed erano andati via, prendendo tutti i loro soldi e senza finire le cure. Il giorno seguente decise di tornare al lavoro e si mise a finire in poco tempo il lavoro richiesto per mezza giornata, così andò all’ufficio del personale e spiegò tutte le ingiustizie subite. Loro potevano aiutarlo ma per Saluggia non era abbastanza, perché lui voleva rivolgersi a qualcuno che avesse il potere di cambiare le cose. Decise allora di parlare con la Presidenza. Per fare questo decise di rivolgersi a Leone, che per tanti anni era stato il servitore personale di Ratto-Ferrua (il presidente). Leone decise di aiutarlo promettendogli che avrebbe parlato col presidente, un uomo molto onesto e disponibile. Qualche giorno dopo Leone ricevette nuovamente Saluggia e gli disse che il presidente aveva accettato di risolvere il caso parlando con l’assistente sociale, Tortora e guardando le lastre. Successivamente fu chiamato dall’assistente sociale che gli comunicò che la presidenza gli regalava centocinquanta mila lire e gli comunicava che presto altri medici lo avrebbero rivisitato. Quando quel giorno arrivò oltre al dottor Tortora e al professor Bompieri c’erano altri due dottori, quest’ultimi visitarono Albino e lo dichiararono malato grave di tubercolosi e doveva andare subito in un sanatorio. Andò in un sanatorio in Lombardia dove rimase per più di due anni, lì si dedicò alla scrittura di poesia e alla stesura del memoriale. CAPITOLO 9 Saluggia uscì dal sanatorio nel 1956. Dopo l’estate si ripresentò all’ufficio personale e con rassegnazione chiese di riprendere il lavoro. Dopo un mese di aspettativa lo misero a fare il piantone, cioè come diceva Saluggia stare fuori dalla fabbrica a guardare l’ombra sui muri. Facendo quel lavoro aveva imparato ad osservare la gente e ad attribuire a ciascuno un lavoro. un giorno trovò il foglio del sindacato FIOM della fabbrica (pag. 242-243), nel quale vi erano elencate tutte le ingiustizie all’interno della fabbrica. Saluggia subito pensò che ci fossero tante altre persone nelle sue stesse condizioni. Così quando lo sciopero iniziò invece di fare il suo lavoro cercando di fermare le persone decise di correre verso la mensa per avvisare che lo sciopero era iniziato. Saluggia a causa di questo comportamento venne portato all’ufficio del personale e lo sospesero dal lavoro avvisandolo che gli sarebbe arrivata una diffida scritta di licenziamento. Arrivato a casa capì che nessuno lo avrebbe mai aiutato. Analisi testo L'ispirazione a creare il personaggio di Albino Saluggia, gli venne durante il suo lavoro di capo dei Servizi Sociali alla Olivetti, quando lesse una lettera indirizzata ad Adriano Olivetti da parte di un operaio tubercolotico che se la prendeva con i medici che volevano allontanarlo dalla fabbrica, mentre lui asseriva di non essere ammalato. Si trattava di un evidente delirio persecutorio. Albino, nato ad Avignone in Francia, torna in Italia dopo la prigionia, quindi nel '45, dopo la Seconda guerra mondiale quando sono comparsi tutti i suoi "mali", di cui ritiene responsabili i vari personaggi negativi con cui ha interagito, che lo hanno sempre trattato male. In realtà il suo male è più antico, nasce durante l'infanzia dal legame con la madre, da lui amata/odiata (anche perché sospetta che ad Avignone se la intendesse con un operaio francese): il complesso edipico gli procura l'impossibilità di un rapporto concreto col sesso femminile. In Italia nutre grandi speranze. Diventa un operaio che vede nella fabbrica piemontese in cui lavora, inizialmente la sua "terra promessa". Ma egli è malato di tubercolosi: i medici aziendali che lo visitano lo ricoverano più di una volta in sanatorio, lui reagisce malamente, parlando con tutti (parroco e carabinieri compresi) di una persecuzione nei suoi confronti. Eppure, la fabbrica continua a proteggerlo, nel tempo in cui non lavora gli passa un sussidio. Il rapporto con gli altri operai è freddo e diffidente. Solo nel suo primo capo-reparto, Grosset, troverà un po' di comprensione, perché quest'ultimo è un altruista, un tantino debole in casa dove sopporta i palesi tradimenti della moglie, ma ben disposto verso gli operai, al punto che in una poesia che Albino scriverà in sanatorio, dopo la morte di quello per cancro, parlerà di lui come di un santo. Ma anche se Grosset gli ha consigliato di non fare della fabbrica l'unica ragione della sua vita e di non ritenersi un perseguitato, Albino non ha orecchi per queste parole, non riesce a conquistare quella leggerezza che sola potrebbe salvarlo e metterlo in contatto con il prossimo. Le sue "tare" sono anche ideologiche: il suo cattolicesimo è un miscuglio di repressione sessuale ed eccessiva fiducia nel clero, anche se verso la fine del suo "memoriale" (nell'ultimo ricovero in sanatorio scrive pure questo, oltre alle lettere ai presunti persecutori e, come si è detto, poesie) capisce che il potere dei padroni è alleato con i preti. C'è nella sua paranoia, insomma, un fondo di verità. Infatti, il corpo dirigente della fabbrica e persino i medici sono indulgenti (divenendo insopportabile per lui il lavoro di operaio, gliene danno uno di piantone presso i magazzini), fino a quando non partecipa a una protesta sindacale addirittura incitando i cuochi della mensa a scioperare. Allora viene licenziato. Un altro fondo di verità nella sua nevrosi è caratterizzato dalla impurità delle donne con cui ha a che fare. Esse lo deridono in sanatorio perché non accetta di fare l'amore come tutti gli altri, senza amore. Cerca un amore autentico e invece si imbatte immancabilmente in donne che sfruttano e tradiscono.
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