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Memoriale - Paolo Volponi, Appunti di Letteratura Italiana

Appunti del corso di Letteratura italiana contemporanea, anno 2021-2022

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 02/02/2022

maria-teresa-pata
maria-teresa-pata 🇮🇹

4.5

(40)

42 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Memoriale - Paolo Volponi e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! 21-01-22 MEMORIALE – VOLPONI Il rapporto tra letteratura e industria è centrale in Volponi e in questo primo romanzo con cui esordisce nel ’62. Data importante perché ci riconduce alla stagione del boom economico, superata fase ricostruzione post-bellica segnata dall’egemonia della letteratura del neorealismo (Fenoglio esempio di letteratura resistenziale). Subentrano altri modi di rappresentare la realtà con l’attenzione rivolta alla problematica dell’industria, si impongono altre realtà, vi è un’urgenza rappresentativa. Fino agli anni ’50 l’Italia era stato un paese ad economia agricola, negli anni ’60 vi è un’industrializzazione dell’Italia. Boom economico o tardo capitalismo domina. Il trapasso da una civiltà arcaica contadina a una industriale rappresenta il perno entro cui ruota il primo romanzo. Non per niente Albino è di origini contadine e durante la vicenda romanzesca lo vediamo impegnato in fabbrica, vi è un mutamento antropologico di cui parla proprio Pasolini, mette in evidenza le contraddizioni e aspetti negativi. Il sud rimane di prevalenza agricola, quindi trasformazione non totale. C’è un fenomeno di immigrazione nel cosiddetto triangolo industriale: Milano, Torino e Genova. C’è anche il fatto che questo mutamento economico si accompagna a dei mutamenti sociali, contemporaneamente all’industrializzazione si impone la civiltà dei consumi, si può parlare di società di massa che ha dei nuovi bisogni che le industrie soddisfano, ogni famiglia ha il suo elettrodomestico, macchina. C’è una corrispondenza tra produzione industriale e società dei consumi. Potrebbe emergere la concezione che tutto vada bene per gli italiani: non è così, la vita degli operai in fabbrica è tutt’altro che rosea. Gli scrittori che guardano alla fabbrica guardano gli aspetti negativi dell’operaio in fabbrica, in primis l’alienazione in termini marxisti, denunciarla e trovare vie d’uscita per conciliare logica del profitto capitalista con benessere degli operai e proprio per questo nel ’69 vi sono i primi scioperi operai in Italia. Due sono le cose da ricordare. Nasce in questo periodo una letteratura industriale che si propone il compito di porre al centro dell’attenzione questa nuova realtà con i suoi problemi. Si data l’inizio della letteratura industriale con Tre operai di Carlo Bernari del 1934; la fabbrica entra in questo romanzo ma è uno sfondo. Solo nei romanzi fine anni ’50 e inizi ’60 si può parlare di letteratura industriale vera e propria. Rappresentanti: Lucio Mastronardi di Vigevano ma i più importanti sono Volponi e Ottiero Ottieri che lavorano all’Olivetti, industria con sede principale ad Ivrea ma anche sedi secondarie come a Pozzuoli in Campania dove è ambientato Donnarumma all’assalto di Ottieri. Questi due scrittori si ispirano a un lavoro che entrambi svolgono all’Olivetti. Nasce un dibattito sulle riviste a riguardo dei problemi dell’industria su diverse testate soprattutto il Menabò diretta da Vittorini e Calvino che dedica dei volumi monografici a diversi problemi come il n.4 del ’61 che ospita il dibattito tra letteratura e industria (P.251). Vittorini dice che bisogna usare un linguaggio adeguato per guardare alla fabbrica, bisogna adeguare il linguaggio alla nuova realtà, interviene anche Fortini polemizzando con Vittorini. Emerge un interesse vivace. Adriano Olivetti: capitalista illuminato perché tenta di conciliare la logica del capitale e la qualità della vita degli operai che vorrebbe il più possibile innalzare contro le brutture dell’alienazione. Per realizzare questo progetto pensa anche alle richieste della forza lavoro e tiene conto di quella che è la sociologia industriale anglosassone, studi su vita della fabbrica che dimostrava come il fattore umano fosse importante, la serenità e il rapporto tra operai garantisca un più alto livello di produzione. Per ottimizzare questi rapporti e il fattore umano, Olivetti pensa di assumere nell’azienda intellettuali umanisti, il letterato aziendale. L’uomo di lettere può contare sulle competenze linguistiche e possa essere utilizzato nel settore della pubblicità o nel campo delle pubbliche relazioni. Volponi viene assunto come direttore dei servizi sociali che dovrebbero umanizzare il lavoro salariare, fornire biblioteche, spazi di dibattiti, luoghi di ricreazione per i figli. Olivetti è stata una figura importante nella vita di Volponi, è l’input iniziale, è Olivetti che lo assume occupando mansioni in linea con questo progetto tipico di un imprenditore illuminato. Il romanzo si ispira all’ambiente di Olivetti anche se l’industria in cui lavora Saluggia non viene mai nominata ma identificabile con Olivetti, anche la zona nel canavese, zona del Piemonte, ci indica questo tipo di soluzione. C’è una lettera che arriva sulla scrivania di Volponi e che gli dà l’input per scrivere questo romanzo, quella di un operaio paranoico, afflitto da manie di persecuzione e pensa che i medici della fabbrica, tra i servizi sociali vi è anche l’assistenza medica, (Prima pagina dispensa Memoriale): testimonianza che detta la luce sulla genesi del romanzo. È uno spunto perché non risolve affatto in una documentazione mimetica della sua esperienza in Olivetti perché altrimenti sarebbe rubricabile nell’ambito della letteratura neorealistica. Ci mostra le caratteristiche di Albino, nevrotico, paranoico in particolare che soffre di manie di persecuzione, i nemici sono i medici che gli diagnosticano la tubercolosi come all’autore di questa lettera, malattia fisica, quella psichica la paranoia. Come se credesse in una sorta di complotto dei medici cattivi contro di lui. Il diverso, il nevrotico, è riadattato dal sistema alle sue regole, costituisce qualcosa di ribelle che non fa funzionare il sistema. Questo aspetto negativo, quello positivo è che il nevrotico possiede una capacità di penetrazione conoscitiva del reale, in questo caso della fabbrica e dei problemi, preclusa all’operaio sano, si sfrutta la capacità euristica della persona affetta da malattia. In un’altra testimonianza Volponi parlava di nevrosi come lente di ingrandimento: la nevrosi diventa lente d’ingrandimento attraverso cui è possibile conoscere le storture della vita in fabbrica, la diversità del punto di vista permette di rappresentare la negatività del sistema e che si annida nel sistema. L’irrazionalità di Albino restituisce l’irrazionalità del sistema capitalistico. perseguitato e vittima di giustizia, lamenta dei soprusi che sono tipici della caserma, i commilitoni approfittano della loro fragilità. Ci viene il dubbio che questi siano già i sintomi della mania di persecuzione. In memoriale si conosce solo la voce di Albino e non si può capire se si tratta di un delirio o qualcosa realmente accaduto. Su questa ambiguità si gioca tutto il racconto. P.29: preoccupazione di Albino che trova nel campo di concentramento una scatoletta di carne e lui teme che possa essere vittima di un tranello, tentativo di avvelenamento, la divise tra tutti i deportati senza assaggiarla. Si insiste molto sul fatto che Albino non è passivo ma reagisce e questo lo fa anche nella fabbrica e ciò si manifesta con la ripetizione della parola RESISTERE. RAPPORTO DI ALBINO CON LA FABBRICA: qui una parabola, stessa di Volponi nella sua carriera di intellettuale e scrittore: come Volponi all’inizio dà fiducia che il mondo della fabbrica possa migliorare percorrendo le vie di un capitalismo umano, fase dell’ottimismo, poi questa speranza andrà delusa e poi con Le mosche del capitale Volponi sarà pessimista. Questa parabola di caduta delle speranze è la stessa di Albino. all’inizio fabbrica paragonata a Chiesa che custodisce con il suo aspetto maestoso il mistero, quindi inizialmente luogo positivo. Si illude che la vita in fabbrica dia una chance di vita nuova, che possa integrarsi tra i suoi colleghi e di poter trovare un posto nella fabbrica che non lo faccia sentire estraneo. illusioni destinate a cadere. Il fatto che la fabbrica inizialmente si presenta sotto una veste positiva emerge dal linguaggio utilizzato di Albino che adotta immagini del mondo della campagna, proiettate sulla realtà della fabbrica: P.47-48: lavora con la fresatrice con cui vengono trasformati i pezzi di metallo, colore pezzo che assume il colore del lago di Candia. Poco prima di essere ultimata la produzione, il pezzo assume il colore del lago, come se si naturalizzasse, assumesse sembianze rassicuranti, come se lui cercasse risonanze del suo mondo di origine nella fabbrica. P.50: si riprende il trattore che ara. Albino qui parla alla maniera dei poeti, usando il linguaggio metaforico della poesia. La macchina fresatrice assume le sembianze di un trattore che ara nel campo. In questo scontro di civiltà diverse, la civiltà contadina si offre un ultimo slancio di vita. Le cose precipitano, si rende conto che la fabbrica peggiora le sue condizioni e lo fa sentire sempre più solo, scopre il volto disumano della fabbrica. Subentra un altro tipo di metafora, la macchina diventa un’automobile che corre sull’autostrada: P.48: immagina di essere una macchina automobilistica, di star facendo una gara con gli altri operai contendenti, qui clima competitivo e fa capire che non c’è solo la rinuncia dell’immagine della natura ma anche i rapporti umani non sono più all’insegna della fratellanza come nel tempo antico preindustriale ma avvelenato dalla competizione, dalla necessità di produrre sempre più, logica del conflitto e inizia a scoprire come funziona la fabbrica, mondo umano in preda all’alienazione. È il linguaggio del nevrotico che lo porta a conoscere le cose, prima nella sua luce, poi nella vera essenza. La nevrosi è la lente d’ingrandimento ma si avvale del linguaggio della poesia, delle metafore del discorso poetico. Vi è una corrispondenza tra la logica che governa il delirio del nevrotico e quella che governa la logica della poesia. Il discorso della prosa è razionale, della poesia è pur sempre razionale ma utilizza una logica associativa che si affida più all’intuizione irrazionale che alla ragione di tipo piatto, denotativo. Il modo di approcciare la realtà industriale di Volponi non utilizza i modi della letteratura industriale tradizionale, la soluzione stilistica e linguistica è l’originalità di Memoriale e la conferma emerge con le poesie della parte conclusiva dell’opera, come se il delirio trovasse sbocco nella lirica. CAPITOLO FINALE E CONCLUSIONE: in questo capitolo finale vi è una riutilizzazione da parte dei dirigenti di Albino, un cambiamento di mansione, svolge il ruolo di piantone. È una sconfitta che si lascia misurare dal tipo di linguaggio metaforico P.237: la sua mansione è quella di guardare uno spigolo, massimo dell’alienazione. Vi è un gioco linguistico tipico della poesia, l’accostamento di parole che solo apparentemente derivano l’una dall’altra, accosta il piantone alla pianta e poi a paletto secco, quello che si è ridotto ad essere, oggetto inanimato. Questa riduzione fa ancora più male ad uno come Albino vissuto a contatto con la terra, segna la capitolazione di Albino ma anche sconfitta ragioni civiltà tradizionale. Partecipa allo sciopero. Doppio movimento, prima si isola in una missione terroristica in cui si diverte ad annientare gli altri operai che aveva sentito per tanto tempo nemici con le raffiche di mitra, poi durante lo sciopero partecipa attivamente e questo gli costa il licenziamento e la fine della sua esperienza di operaio, è la solitudine estrema  “Nessuno può arrivare in mio aiuto”. Si è interrotto il dialogo anche con la stessa natura, lo si capisce leggendo P.237. da una parte isolamento tra uomini, si era illuso di ristabilire contatto umano nella fabbrica per iniziare una vita sociale, ora si trova solo anche in famiglia, non comunica nemmeno con la madre che si è data all’alcool e giunge a una fase grave della malattia, muto anche lo spazio che lo circonda, in passato dialogava spesso con il lago, ora il lago è muto. Questa è una forma di chiusura entro i confini del proprio io anticipato dal dialogo con lo scarpone e il turbante indiano che riconosce nelle macchie di umidità del soffitto, saranno i suoi unici interlocutori, parti poetiche del suo delirio. Ultima immagine è apocalittica, P.247: in attesa della lettera di licenziamento, scena del segno di un disastro, di una distruzione di quel mondo naturale che non gli appartiene più, si sta disintegrando. Questa immagine devastatrice degli uccelli con il loro becco a forma di uccelli che dilanieranno le cose naturali, potrebbe essere una metafora della civiltà industriale che avanza e riduce gli spazi della natura. Il fatto che la denuncia di una possibile imminente apocalisse ci dice che Volponi ancora resiste, ancora è combattivo e richiama l’attenzione su un pericolo che incombe. Non è un Volponi che constata l’avvenuta catastrofe, cosa che fa nel romanzo successivo.
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