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Memoriale - Paolo Volponi, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Italiana

Biografia di P. Volponi e riassunto del libro

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2015/2016

Caricato il 08/12/2016

LydiaP
LydiaP 🇮🇹

4.4

(39)

12 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Memoriale - Paolo Volponi e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! MEMORIALE (1962) DI PAOLO VOLPONI Memoriale fu pubblicato nel 1962 dall’editore Garzanti, romanzi moderni, la sovraccoperta ha un’immagine di un edificio industriale caratterizzata da un gioco di ombre che vuole rendere delle sbarre, guardandola si pensa istintivamente a una prigione. Il punto di partenza di quasi tutti quelli che recensirono il libro Memoriale dopo la sua uscita fu l’entusiasmo. La recensione che conta di più fu quella di Pier Paolo Pasolini, grande amico di Volponi. La recensione di Pier Paolo Pasolini, intitolata “il mostro e la fabbrica” e uscita su “Paese sera” il 13 aprile 1962 (il libro fu pubblicato pochi giorni prima), è la seguente: “io penso che nessuna voce di romanziere in questi ultimi anni abbia trovato la propria fisionomia con tanta precisione, con tanta purezza con tanto potere di rivelazione” Pasolini dice che volponi ha trovato una voce precisa, una sua fisionomia particolare, fatta di purezza e potere di rivelazione, perché nel 1962 Volponi ha rivelato qualcosa. Un altro recensore del libro fu Italo Calvino, in l’illustrazione italiana, n.5, nel maggio del 1962, che scrisse: “da anni si continuava a dire che doveva saltar fuori il romanzo dell’operaio in fabbrica. Adesso c’è questo bellissimo libro di Paolo Volponi, Memoriale. Ma è assolutamente diverso da come ci si poteva aspettare” Per Italo Calvino il dato più rilevante è che c’era un orizzonte d’attesa, sia da parte del pubblico che da quella dei critici, che Volponi lo colma in un modo imprevedibile. Calvino e la casa editrice Einaudi avevano rifiutato la pubblicazione del libro per la sua irregolarità, per la sua diversità che però poi gli sarà lodata. Ferretti affermò che Calvino non fu attratto dal libro. Memoriale è una voce diversa, in attesa e rivelatrice, mirata alla realtà industriale. Quale era l’orizzonte d’attesa di cui parla Calvino? C’era una attesa mirata alla letteratura industriale e al romanzo operaio. Situazione che prevedeva l’intreccio tra fattori culturali, intellettuali, storici, sociali, e implica anche uno studio dei fatti biografici di Volponi, perché non è un letterato come tanti ma ebbe una vita particolare. Come tutti i libri che hanno un grande valore, una grande forza e il potere di far riflettere, questi libri dopo un po’ sfuggono a una trattazione tematica. Memoriale si può leggere da diversi punti di vista. Memoriale non è solo un romanzo di fabbrica e operaio, ma è molto di più. BIOGRAFIA PAOLO VOLPONI (1924-1994) Nasce a Orbino nel 1924. Difficile carriera scolastica a Orbino (città da cui se ne vorrà andare finiti gli studi) al liceo classico; si laurea in legge senza nessuna passione per quel tipo di studi; comincia a dare qualche poesia, ma non è ancora uno scrittore. Il 1949 (immediato dopo guerra) è un anno decisivo per Volponi, è l’anno in cui incontra Adriano Olivetti, vice presedente di una istituzione di tipo sociale che si preoccupava di dare soccorso ai senza tetto. Volponi incontra Olivetti grazie alle sue amicizie intellettuali che nel frattempo era riuscito a farsi, tra cui Pasolini e Fortini. Volponi viene inviato da Olivetti a Roma per coordinare le attività dei servizi sociali dell’istituzione, quindi un’attività di tipo sociale. Nel 1954 a Roma conosce Pier Paolo Pasolini che diventerà il suo più caro amico. Nel 1956 Olivetti porta Volponi a Ivrea, che era il suo regno in quanto sorgeva la sua fabbrica, e li affida la direzione dell’organizzazione dei servizi sociali della Olivetti, attività che durerà 20 anni. Nel 1966, quindi 10 anni dopo, Volponi diventa capo del personale dell’Olivetti. Nel 1971 viene fatto il suo nome per diventare amministratore delegato ma Bruno Visantini , che era un altro collaboratore della fabbrica, decide di affiancare a Volponi una persona con idee contrarie alle sue quindi volponi si sente tradito e si dimette. Nel 1972 dopo le sue dimissioni, Agnelli gli propone di diventare consulente del presidente e dell’amministratore delegato della FIAT su un tema preciso, quello del rapporto tra industria e città/ cittadinanza dal punto di vista urbanistico e sociale. Nel 1975 Volponi diventa segretario generale della fondazione Agnelli. Ma quasi subito si dimette perché decide di candidarsi in parlamento nelle file del partito comunista italiano (nelle elezioni amministrative), cosa mal vista dagli Agnelli, per questo Volponi lascia gli Agnelli per continua la sua strada politica. Nel 1983 viene eletto senatore come indipendente nelle liste del PC. Il 3/9/1989 suo figlio Roberto Volponi muore nel famoso incidente aereo di Cuba (aereo che è precipitato a causa del mal tempo). La vita di volponi cambiò molto. Continuò il suo impregno politico ma la sua salute peggiorò, fino alla sua morte d’infarto nel 1994 (2 anni prima aveva subito un’operazione al cuore). Nel 1991 Volponi non condivide la svolta del partito comunista che si affida a Rocchetto, volponi è tra i fondatori di rifondazione comunista. Volponi è un uomo impegnato in maniera diretta in maniera industriale, non come operaio ma come dirigente. Volponi è un uomo dell’industria quando scrive Memoriale. FATTI STORICI E TEMPI DI QUANDO VOLPONI SCRIVE “MEMORIALE” ADRIANO OLIVETTI (1901-1960) Il mondo industriale è molto particolare: al centro di esso si trova Adriano Olivetti. Adriano Olivetti nasce nel 1901 e muore durante un viaggio in treno nel 1960. Quindi Volponi scrive Memoriale quando Olivetti sta per morire e lo pubblica quando Olivetti è già morto. Nel 1926 Adriano Olivetti era entrato nella fabbrica del padre Camillo Olivetti come operaio (formazione molto particolare), che già nel 1911 fabbricava macchine da scrivere. Adriano Olivetti affiancherà poi il padre nella gestione dell’impresa. Nel 1932 Adriano Olivetti diventa direttore. Nel 1938 (a soli 37 anni) diventa presidente dell’Olivetti. La sua era una famiglia di ebrei, infatti sia Camillo che Adriano furono anti fascisti, definiti sovversivi. Durante gli anni fascisti il padre viene implicato in varie difese. Alla fine della guerra Olivetti sarà costretto a fuggire in Svizzera (dopo essere stato in carcere a Roma), dove scrive una delle sue opere più importanti. hanno un carattere monografico, quindi ognuno parla di un certo tema, e il tema del 4° numero era “industria e letteratura”, e quando un tema arriva su una importante rivista culturale vuol dire che i tempi sono maturi per una discussione ad ampio raggio di quel tema. L’indice del 4° numero si apre nella parte dal nome assonanze del libro Memoriale, saggio generale di Vittorini intitolato “industria e letteratura” e un pezzo di Ottieri e commento di Sereni e saggio finale. C’era quindi questa aspettativa del tema industriale. Al tempo c’erano altre riviste oltre al Menabò, c’era una rivista dal 1953 Civiltà delle macchine di Leonardo Sinisgalli (rivista aziendale di filmeccanica). Molti testi di questi anni sono nell’antologia di Lupo. ARTICOLO DI VITTORINI “INDUSTRIA E LETTERATURA” Importante per capire il commento di Calvino. Vittorini scrive a posteriori di questa discussione, riscontrando un fallimento. Egli si chiede come le novità del mondo industriale e del mondo contemporaneo innovano l’immaginazione degli scrittori. Secondo lui nessuno ha saputo cogliere la novità del mondo che sta cambiando (politico, sociale, economico…), egli riscontra un fallimento, dice che gli scrittori hanno saputo solo inserire degli squarci descrittivi che si rivelano meno attuali di altri tipi di letteratura soprattutto straniere e che non descrivono le fabbriche ma hanno un modo di narrare più vicino allo spirito contemporaneo derivato dal mondo industriale. Altri scrittori appunto non descrivono le fabbriche ma sono influenzati dalle fabbriche per riflesso dei loro effetti sulla condizione dell’uomo in generale. Sostiene che nei romanzi italiani in generale c’è una fetta di vita, una descrizione ma non una profonda innovazione, sostiene che quello che serve è un passo ulteriore. Chiede un passo ulteriore che non si limiti alla descrizione degli ambienti nuovi ma che interpreti la nuova condizione umana che quegli ambienti hanno suggerito. Conclude che nessun prodotto letterario comprende quell’istanza di innovamento profondo non solo superficiale. La letteratura ha cambiato argomento ma non ha cambiato il modo di vedere, che è quello che lui richiede. Altro problema sollevato da Ottieri, egli denunciava che la letteratura non può parlare delle industrie perché i letterati sono fuori da quel mondo perché se stanno fuori non sanno nulla perché non sanno cosa avviene dentro e se entrano non dicono in quanto vengono assorbiti dal mondo della fabbrica da non avere più la libertà e lo sguardo esterno per far si che scrivessero di quello. Vittorini risponde a questa difficoltà di Ottieri, che non è tanto questione di essere dentro o fuori per gli intellettuali ma è un problema di visione, un problema di cogliere un rapporto con la realtà e che il significato di quella realtà si coglie non descrivendolo ma vedendone gli effetti . Volponi è interno a quel mondo, non ha il problema di cui parla Ottieri, e decide di scrivere, l’esito però è da valutare, il romanzo è molto ambiguo e il messaggio è difficile da cogliere. MEMORIALE – CARATTERISTICHE “L’operaio Albino Saluggia va a lavorare in una fabbrica che è più grande della città stessa” Volponi scelse come personaggio un operaio perché anche lui è stato un operaio e perché prova simpatia per gli operai, appartenenza allo stesso mondo. Volponi gestisce all’epoca i servizi sociali della fabbrica dell’Olivetti, quindi si tratta di una simpatia precisa. Novità del personaggio: serviva l’operaio, doveva entrare nella letteratura, la letteratura aveva bisogno di rinnovamento, deve avvicinarsi alla fabbrica. Volponi sottolinea il problema come Vittorini: la fabbrica era solo uno sfondo, non ci si è occupati del problema umano, mentre bisognava parlare dei problemi sociali all’interno della fabbrica. Volponi aveva scritto prima del saggio di Vittorini ma dice che lui ha saputo risolvere il problema parlando del problema umano. Problema di cultura della classe operaia, perché attraverso la cultura e la lettera l’operaio come tutti deve acquisire una posizione di giudizio (questo fonda Memoriale) intento di descrivere una classe che ha bisogno di cultura e che abbia così lo sguardo per dare un giudizio sulla realtà. Saluggia è un infelice perché manca di cultura, giudica il mondo in cui si trova a vivere -> ambiguità Problema di oggi è quello di coniugare industria e cultura. La psicanalisi è contenuta nel libro. COME E’ NATO “MEMORIALE”? Memoriale è un libro ambiguo, in quanto Volponi dice che Albino Saluggia è un infelice perché manca di cultura. La scrittura di memoriale è databile tra il 1959 e il 1961, a cavallo quindi della morte di Adriano Olivetti, che fu un trauma personale per Volponi in quanto suo amico. Il nucleo iniziale del romanzo è legato al ruolo che aveva Volponi nell’Olivetti, in quanto questo si trova in una delle tante lettere che Volponi ricevette come capo dei servizi sociali. Il testo è il riassunto fatto da Volponi che ne parlò in un intervento nel 1977 “la letteratura in fabbrica negli anni 50” dove raccontò la genesi del suo libro: «Una volta in ufficio, nel mio ufficio di responsabile dei servizi sociali dell’azienda mi arrivò, assieme a tante lettere che arrivano, una lettera che mi colpì perché era molto dolorosa. Era proprio come un grido, un po’ insensato com’è un grido senza un fine e senza un principio. Era una lettera con una calligrafia di quelle elementari, da quinta elementare, su un foglio protocollo, dentro una busta gialla, di una facciata e tre righe dietro; insomma molto breve. In sostanza questo si rivolgeva al presidente dell’Olivetti, era un operaio dell’azienda di cui non mi ricordo nemmeno il nome, per dire che lui stava male, che però avrebbe continuato a lavorare volentieri nella fabbrica, ma che i medici di fabbrica non volevano che lui lavorasse perchè dicevano che era tubercoloso e doveva ricoverarsi» La cosa interessante è che nel romanzo viene raccontato lo stesso episodio della lettera: nel libro infatti Saluggia decide di scrivere al presidente dell’Olivetti (pag.117). Saluggia va dai carabinieri per denunciare i medici che avevano prescritto la sua malattia, ma loro lo vanno a comunicare al presidente dell’Olivetti. Nel romanzo entra, quindi, un elemento di verità: episodio realmente accaduto. Nella lettera di Albino Saluggia l’elemento da notare è la ripetizione della parola giustizia . Da un lato La presidenza garantisce giustizia e dall’altra l’operaio sostiene di essere detentore della giustizia e scrive per farsi giustizia. “Giustizia” è una parola importante che torna (pag.187) quando Saluggia si presenta ai sindacati, che non lo aiutano perché il suo è un caso individuale mentre i sindacati si occupano di casi collettivi – giustizia distributiva. Così risponde anche l’ufficio personale, quando Saluggia si presenta per avere giustizia. La lettera inviata da Saluggia ha un ruolo importante perché è il preludio della catastrofe finale, in quanto la lettera arriva alla presidenza che predispone il nuovo collegio di medici che decreta l’allontanamento al sanatorio, ma non quello di Candia uno più lontano dove rimarrà 2 anni, quindi rende impossibile a lavorare a Saluggia e gli impone di curarsi. La genesi del romanzo è quindi molto ambigua perché Volponi scrive impersonando il personaggio Saluggia, impersonando la persona che scrisse quella lettera a lui. Dal 1956 quando Adriano Olivetti entra nell’Olivetti questa non era più come prima, era infatti cominciata una riarticolazione della produzione che dipendeva dalla produzione di calcolatrici elettromeccaniche (diventò uno dei prodotti di punta della fabbrica) e vista la grande domanda di prodotto l’Olivetti decise il passaggio al cottimo collettivo (cioè più lavori più sei pagato, senza uno stipendio stabile) quello che si trova anche nel romanzo. Da li fu evidente che agli operai da quel momento in poi non era richiesta una dote attitudinale al lavoro ma piuttosto una integrità emozionale (che manca a Saluggia), infatti molti operaio furono ritenuti psichicamente inadatti e questo segnò per molti operai la prima esperienza di disagio industriale, soprattutto per le persone di provenienza contadina come Saluggia. Nel romanzo alcuni operai si opposero e i sindacati parlarono di come ridurre i cottimi fino alla fine quando si fu lo sciopero. Questa era una realtà che Volponi vedeva da vicino: operai che si trovavano a disagio per sostenere lo stress derivato dall’ansia di maggiore produzione. Questo malessere portò alla luce la relazione causale tra l’organizzazione del lavoro e le devianze sociali. Tutto questo disagio era visibile perché all’Olivetti vi erano i servizi sociali: la fabbrica era responsabile nei confronti dei singoli che finivano spesso dagli psicologi che lavoravano all’interno dell’azienda stessa, mentre nelle altre fabbriche gli operai che avevano questo disagio psichico venivano licenziati. Memoriale rappresenta un po’ il documento di queste tensioni, è anche ambiguo perché scritto da una persona che gestiva i servizi sociali e quindi si occupava di queste tensioni. Per questo un critico scrisse che per Volponi scrivere Memoriale rappresenta fare la verifica cognitiva dell’utopismo industriale dell’Olivetti, ovvero verificare fino a che punto quel sistema tiene quando il disagio aumenta, cioè quando la necessità produttiva è talmente grande da rendere più stressante il lavoro. TITOLO “MEMORIALE” E EPIGRAFE “Memoriale” è un testo che ha una forte componente introspettiva e anche autoanalitica, Volponi scrive in 1° persona e di sè e si analizzano i propri problemi, questa scrittura deriva dall’esperienza di Volponi, infatti egli viene a contatto con la psicoanalisi e anche con studi molto avanzati grazie ai libri nella biblioteca dell’Olivetti. Il libro prevedeva come titolo “la fabbrica dei dolori”, abbandonato poi per “memoriale”. L’elemento portato spesso all’attenzione dei critici è stata la retrospettività, in quanto scrive a fatti già avvenuti. MONDO INDUSTRIALE – MONDO NATURALE Sul rapporto ambiguo che si crea tra il mondo industriale e quello naturale è fondamentale la recensione di Pier Paolo Pasolini. Quest’ultimo creò una immagine per descrivere il punto di maggior forza che secondo lui era contenuto nel romanzo: la lingua, quella particolare lingua che usa Volponi che crea una sorta di atmosfera confidenziale tra lettore e personaggio. Pasolini ha coniato una immagine molto particolare: per lui Volponi è come un pittore che dipinge su due lastre di vetro che a un certo punto sovrappone creando così due pitture diverse, che sono: la lingua del nevrotico operaio e la lingua di Volponi, di un poeta. Pasolini sostiene che questa doppia lingua che fonde Volponi rappresenta la forza del libro ed è una apertura alla poesia per descrivere l’alienazione operaia, è il modo di descrivere l’alienazione operaia attraverso un linguaggio lirico e poetico. Conclude dicendo che la natura del libro è una natura di elegia, di poesia, che commemora la elegia come commemorazione. Ma poi procede nella recensione scrivendo che Albino Saluggia è idealmente combattuto tra due poli opposti, la fabbrica e il lago, che diventano due simboli. Pasolini aveva discusso per lettera con volponi il finale del libro. Pasolini prende il secondo finale e scrive che Albino è conteso tra due poli opposti, ma anche la campagna nel finale perde le sue caratteristiche e prende i caratteri della devastazione. Per contro Giancarlo Ferretti dice che non c’è affatto una scelta elegiaca della campagna incontaminata contro il mondo industriale, ma in generale per tutto il romanzo c’è semmai una sottointesa e ben consapevole aspirazione a una industria diversa. Chi ha ragione dei due? Forse entrambi, perché la frase di Pasolini sebbene mirata sul finale del libro quindi meno indicata, in quanto Volponi scrisse due finali del libro, è giusta sull’opposizione tra la campagna come elemento calmante e la fabbrica. Elemento importante: vecchio che Albino incontra sia all’inizio del libro, il primo giorno che va in fabbrica, che alla fine, quando gli consiglia di andare dai carabinieri e si fa partecipe dei suoi mali. L’ambiguità è resa più forte dalle dichiarazioni di Volponi. Volponi 1977: scrive che tutto fuori è naturale mentre nella fabbrica tutto è artificiale. Saluggia non riesce ad integrarsi perché gli mancano gli strumenti culturali. È presente nel libro una antropomorfizzazione delle cose, sia per il lago e sia per ciò che riguarda il mondo della fabbrica. Il punto di vista di Saluggia è alienato ma lucido, in quanto è Volponi che da voce a Saluggia. C’è una ambiguità di fondo nell’origine del libro. Il romanzo può essere letto anche in chiave psicoanalitica. Nel romanzo ci sono due punti dai quali si evince che non è cosi facile classificare Saluggia, molti critici dicono che è un contadino, ma non è un contadino, non ha mai lavorato, scrive a 36 anni ed è tornato dalla prigionia a 26, inoltre ha fatto la scuola dei salesiani, si dice quindi in due punti che lui non è un contadino e non ha neanche quella visione da contadino (pag.8). A pag.152 c’è il passaggio che esprime la visione complicata e ambigua tra la campagna e la vita di operaio. Saluggia finisce nelle mani di tre truffatori, che gli garantiscono un siero miracoloso per guarire la tubercolosi, che è evidentemente una sorta di droga, ma poi spariscono dalla circolazione e rivelano la loro natura di truffatore. Saluggia si trova a parlare con Palmarucci, che è colui che attira i clienti verso il signor Fioravanti e la signora Eufemia con cui parla della vita contadina, dell’opportunità di non entrare nel mondo industriale (anche Palmarucci ha origini contadine). Saluggia fa una sorta di riflessione nel dialogo con Palmarucci: giustizia e ingiustizia subite dal personaggio. Egli crea un’opposizione: da una parte un proprio lavoro gestito in autonomia d’accordo coi tempi della natura e dall’altra il lavoro della fabbrica a ore “un minuto dopo l’altro una schiena dopo l’altra” (alienazione). Opposizione di cui parlava Pasolini. Il discorso con Palmarucci procede nella mente di Saluggia e continua poi con sua madre, pag. 153. La madre rappresenta la colpevole del suo complesso d’edipo, odio e amore, che poi si trasforma in degrado e volenza (alla fine del romanzo la madre diventerà un’alcolizzata). Ma in questo caso la madre rappresenta la voce della ragione. La madre gli ricorda che non avrebbe avuto senso continuare a fare il contadino e glielo ricorda per una ragione, domandandogli “chi ti avrebbe curato e pagato?”. La fabbrica è quindi utile per i servizi sociali. La madre riconosce che il figlio malato e gli dice che se lui non fosse andato in fabbrica non si sarebbe curato, quindi la fabbrica gli ha permesso di essere curato. Lo stesso discorso torna nel dialogo finale con il suo primo capo di lavoro, Grosset, che è forse l’unico personaggio positivo del romanzo che infatti alla fine muore. pag. 170 gli dice “i contadini stanno peggio di te” quindi gli sancisce quella superiorità che già la madre gli aveva già detto. Soluzione tra le due contradizioni: Il rapporto è un po’ ambivalente, cioè non si tratta di un’opposizione semplice tra i due modelli produttivi, infatti il discorso di fare il contadino che sarebbe meglio scaturisce in un momento di falsità, in quanto è fatto da Palmarucci. Quello che si è avvicinato di più all’interpretazione che viene fuori dal romanzo è Calvino, che aveva rifiutato la pubblicazione del romanzo e poi scrisse una recensione positiva su esso, scrisse che non amava la scrittura di Volponi, sulla sua prosa lirica (qualcuno aveva già detto che memoriale non era un romanzo ma una sorta di poesia in prosa) dice che questi modi poetici tendono ad assimilare nel mondo naturale il mondo industriale, ma forse è meglio dire un’assimilazione al mondo naturale. Volponi arriva a una prosa d’invenzione tutta intessuta di immagini e modi lirici, che tende all’assimilazione del mondo meccanico e del mondo naturale. LA SIMILITUDINE La figura più importante del romanzo è la similitudine, gli esempi fondamentali sono a: • pag.40 (passo noto di cui hanno parlato molti critici): è uno dei primi giorni in cui Albino inizia a lavorare da solo alla fresa e segna l’inizio della sua alienazione, Volponi scrive un paragrafo di grande importanza: dentro il mondo meccanico entra la natura, albino ha degli occhi che per interpretare ciò che sta succedendo incorrono a immagini naturali, in questo caso al colore del lago di Candia. • Pag.51 (anche questo molto citato): è un brutto inverno che si sente anche fuori dalla fabbrica: presenza non di colore ma di una serie di suoni: i suoni della fabbrica vengono associati ai suoni dell’inverno, vento, neve, scricchiolio del ghiaccio. Saluggia gioca a prendere i rumori della fabbrica e associarli a rumori noti, passaggio interpretativo. Quindi il mondo della natura per Saluggia più che un mondo opposto alla fabbrica è un filtro, è una lente che si pone per lui come un tentativo di sopravvivenza e di comprensione della fabbrica attraverso similitudine alle immagini naturali. Alcuni critici tra cui Zinato hanno chiamato questo una sorta di trasfigurazione lirica: cioè la realtà della fabbrica viene trasfigurata nel linguaggio dell’ex contadino e nel linguaggio del poeta volponi, questa trasfigurazione non avviene casualmente, ma Volponi la rende esplicita dicendo nel romanzo che la caratteristica di Saluggia è quella di guardare dietro la faccia della realtà, questo gli permette di trasfigurarla interpretarla assimilarla la suo mondo e denunciarne i difetti, denunciare ciò che non va in quella realtà. IL PROTAGONISTA: ALBINO SALUGGIA Volponi ha scelto come protagonista Albino Saluggia, che è una persona nevrotica. Per Volponi il nevrotico è un ribelle, ha scelto un nevrotico in quanto egli deforma la realtà in modo da poterla guardare con profondità e perché il nevrotico è colui che essendo chiuso in un mondo tutto suo non ha ancora ceduto qualcosa alla fabbrica, non si integrato, ed è in grado di guardarla in modo completamente diverso. Volponi usa la nevrosi del personaggio per riuscire a guardare dietro la realtà, quel guardare dietro è la nevrosi che fa pensare a Saluggia di essere perseguitato ma allo stesso tempo riesce a guardare dietro la vera realtà della fabbrica sotto quell’apparenza di ordine, luminosità e perfetta protezione degli operai. Egli non è un semplice contadino, il suo è uno sguardo del nevrotico con cui riesce a cogliere delle realtà più profonde. Volponi dice che da un lato abbiamo l’alienazione degli operai dall’altro la visione della realtà di un nevrotico (i suoi mali non nascono a causa della fabbrica ma sono preesistenti). Volponi intervento del 1977: “la sua lingua (la lingua di albino), il suo modo di vedere le cose diventa una specie di lente d’ingrandimento che, sia pure distorcendo certi contorni, ci immette però in modo diretto e con una possibilità di vedere e capire piuttosto ampia nel mondo della fabbrica”, dice che quello sguardo di vedere la fabbrica ci permette di capire in modo piuttosto ampio. Infatti ferretti in un saggio dice che Volponi non è un ideologo del ritorno a una società preindustriale, ma riesce a scrivere una denuncia che rivela i difetti di quel mondo industriale e la sua denuncia è tanto più eversiva tanto più non si rifugia nel passato o nel mondo preindustriale e nel mondo della campagna e dell’agricoltura, ma è una denuncia dall’interno. Quale realtà vede e vive Saluggia? I mali di Saluggia preesistono, la fabbrica li sancisce, li rende definitivi, non li cura ma li rende più grandi. Un altro elemento di ambiguità del libro è quella verso i servizi sociali. Nel libro si parla molto di più servizi sociali che del lavoro. L’intervento della fabbrica è un allontanamento per Saluggia, è ciò che rende definitivo il suo essere esterno. Il punto di vista esterno degli altri personaggi rivela la follia di Albino (come la madre che gli dice che senza la fabbrica non si sarebbe curato). Come si arriva alla catastrofe finale che porta Albino ad essere licenziato e a essere rinchiuso per 2 anni? Problema del rapporto tra interno e esterno (cosa succede dentro e cosa dovrebbe succedere fuori dalla fabbrica). Il primo aspetto della fabbrica è colto dall’esterno che ripaga la curiosità con un profondo mistero (pag.11), subito c’è il primo paragone naturale: la fabbrica sembra un insetto ed è ferma come il lago di Candia. Altro elemento importante è che la fabbrica non ha recinti, priva di luoghi di passaggio tra esterno e interno. Dominano il mistero e l’immobilità dell’enorme edificio. Viene paragonato a una chiesa o un tribunale (a differenza della gran parte della narrativa industriale di quegli anni che ha un paradigma infernale, qui invece c’è piuttosto una considerazione sacrale dell’edificio). La fabbrica era tutta uguale: impressione di una omologia immediata; i rumori che sente da fuori sono personificati, antropomorfizzati. In questa pagina dice che la fabbrica non sa se è bella o brutta, c’è una forte ambiguità: Olivetti voleva una fabbrica bella - Educazione alla bellezza, importante che gli operai si muovessero in un luogo bello. Ma Volponi dice che non ci si deve chiedere se una fabbrica è bella o brutta. In questo momento Saluggia non è ancora assunto sta facendo un prima ricognizione del luogo. Quando albino entra volponi porta l’attenzione su due aspetti (Volponi era capo dei servizi sociali ma era anche un intellettuale quindi era abituato alla critica della realtà): 1. Rumore: (pag.32 dove gli viene attribuito il numero e entra in officina seguendo una guardia) passo importante perché fa capire quel rapporto tra esterno e interno, il rapporto tra la natura umana che viene ingoiata dalla fabbrica e muta la percezione. Il rumore è così predominante che fa esaltare i rumori umani, quel rumore Saluggia poco dopo assimilerà all’inverno, il rumore compare nella sua totalità non è più indistinto. Saluggia sta entrando in fabbrica e sente i vari rumori, connotati con un aggettivo a secondo delle macchine. Saluggia ci mette un po’ per sentire il rumore degli uomini. C’è un sottofondo di rumori meccanici che fa spiccare i rumori umani, si sentono rumori umani. C’è già un piccolo accenno all’alienazione perché le persone che incontra sono “centinaia di face sbigottite dal lavoro… si voltano tutte assieme”, percezione di uguaglianza, già da fuori diceva che la fabbrica Pag.101: Saluggia viene assegnato a un altro reparto con capo non più Grosset ma Manzino, personaggio anonimo e pitto a contrario di Grosset. Il diritto di stare a casa è affiancato al diritto di lavorare, chi lavora deve stare bene, chi non sta bene ha il diritto di stare a casa, ma per Saluggia il diritto di stare a casa diventa l’inizio della morte perché questo segna una situazione di attesa dell’inizio della guarigione e di iniziare a lavorare. Di fatto per Saluggia il diritto di stare a casa è l’inizio della morte, non in senso fisico ma interiore, che gli impedirà di trovare riscatto. Personaggio emblema dell’impiego sbagliato dei servizi sociali, la figura dell’approfittatore: Cimatti (inizio cap.6), che esprime un parere sul diritto dei servizi sociali, e lo esprime in maniera molto forte, Saluggia si trova questo nel reparto e la loro interazione ha un esito traumatico: lo prende a pugni, e lo curarono in infermeria. Cimatti è colui che decide di sfruttare a proprio vantaggio i servizi sociali approfittandosene, stando a casa, critica l’impostazione della fabbrica, mentre Saluggia vuole essere dentro la fabbrica Cimatti vuole stare a casa. Per Saluggia l’assenteismo è una opzione impraticabile, così come è impraticabile la rivendicazione sindacale. Pag. 110-112: è il momento in cui Saluggia torna a lavorare dopo il primo soggiorno in sanatorio e il suo rapporto con la fabbrica viene meno, il percorso cambia ancora mette l’accento sulla noia, la fabbrica inizia a piacergli meno, la fabbrica era prima la sua battaglia contro i mali, ora la macchina diventa un peso da portare, la macchina può funzionare per tutta la giornata senza il suo intervento e questo inizia a fargli male, i pezzi da fresare tutti insieme nella cassetta sembrano un plotone brillante. ALIENAZIONE Pag. 111 fine alla fine: il tempo della fabbrica ha aumentato quella sensazione di omogeneità di tutto uguale, c’è una considerazione del lavoro in fabbrica che spegne la giovinezza trasformandola in una routine, una perdita di individualità dei lavoratori, così Saluggia che ha fatto della fabbrica il suo campo di battaglia quelli che sembravano vantaggi a poco a poco diventano i suoi dolori. Saluggia inserisce una descrizione efficace dell’alienazione descrivendo il viso degli altri operai: pag. 112 gli sembra di riconoscere una smorfia sul volto degli operai, un pensiero che batte nelle loro teste con cui la fabbrica non entra in comunicazione, non aiuta ne a svanire ne a rafforzare, distacco tra lavoro e la loro mente, il lavoro non richiede l’accompagnamento del pensiero, dentro la fabbrica non sembrano uomini. Pag.121: La situazione che Saluggia nota è una situazione che si aggrava, ci annunciano i suoi dolori. Passo più lucido dell’intero romanzo, proiezione, le fabbriche annullano l’umanità, annullano il sentimento di esserci in questa terra, abbandonano il sentimento di essere uomini, il destino degli uomini viene dimenticato nella direzione provando orgoglio per la direzione (Saluggia matura amore per la fabbrica che gli fa pensare di avere un rapporto unico con essa) perde le caratteristiche dell’essere umano, alcuni uomini possono arrivare a pensare di essere diversi a avere conseguenze diverse, l’orgoglio per l’organizzazione lo fa sentire parte di essa e gli fa dimenticare i valori umani, i valori generali per lui sono: essere tutti insieme e liberi. Assimilazione dell’uomo alla fabbrica, perdita di vista del contesto generale, ricerca accanita del profitto. Conclusione problema dell’industria in generale, perché deve essere controllato deve essere un mezzo per stare su questa terra, mezzo per il benessere, non il fine o per uscirne. Libero -> prigionia di Saluggia nell’azienda. Pag.122: Saluggia vede come unica salvezza la caduta nella fabbrica, coloro che perdono i valori sono i più infelici, mentre sono più fortunati quelli che ci cadono perché falliscono, restano schiacciati ma almeno restano uomini. Questa pag. converge con una intervento di Volponi nel 1977: il problema della cultura non è industriale, l’industria non ha avuto regole di tipo sociale e politico, tutta l’industria deve essere controllata, rapporto stretto tra l’ideologia dell’autore e l’ideologia del personaggio. L’ideologia di Volponi addita il problema della cultura di capire l’industria, la disattenzione ha consentito di creare all’industria un vantaggio, l’industria si è sempre mossa da sola, non regolata. Fortini sceglie il disimpegno, perché l’impegno non funziona, sceglie così di aggravare la situazione descritta da Volponi. La soluzione al problema era regolare l’industria nel modo in cui era regolata l’Olivetti? Sin dall’inizio del lavoro in fabbrica di Saluggia si crea una sorta di opposizione tra lui e i compagni di lavoro, pag.164: Saluggia parla del suo rapporto diretto con la fabbrica, l’unico difetto che vede è che il suo rapporto con la fabbrica è unico singolo e muto, guarda i suoi compagni, la loro vita è di fuori e dentro tutti subiscono la fabbrica, Saluggia era l’unico a vedere nel lavoro tutta la sua vita. Pag.169: descrive il compagno di lavoro e la sua alienazione totale, non conosce più nessuno ne dentro ne fuori la fabbrica, solo Saluggia stesso non si accontenta di quella alienazione e la sua solitudine diventa un’opposizione. Il discorso si conclude col discorso con Grosset che morirà poco dopo. Pag.170 Grosset dice a Saluggia “la fabbrica è cattiva ma non si deve morire per questo” e gli dice che deve associarsi. Saluggia gli risponde che lui è solo, individualità solitaria che non trova comunicazione. Pag.171: Grosset rappresenta la controfigura di Volponi, colui che pur essendo socialista vuole essere dirigente della fabbrica, questa posizione di solitudine di Saluggia acquista nelle ultime pagine del romanzo anche una dimensione fisica. Pag. 204 descrizione impietosa del lavoro di piantone, sezione dell’inglobamento di Saluggia, siamo dopo la caduta definitiva, Saluggia ormai è proprietà della fabbrica, che continua a rovinarlo e a curarlo, secondo Saluggia la fabbrica è ciò che lui non vuole, la fabbrica lo estromette. CONCLUSIONE Calvino nella sua recensione disse che Volponi è in realtà un ribelle da quel welfare perché considera come ordine di cose che forma la fabbrica cattiva. Ciò che porta Saluggia alla rovina non è il lavoro ma il percorso nei servizi sociali. Nell’ultima parte del libro c’è una svolta: da aiuto allo sciopero, conclusione un po’ dubbia, alcuni critici hanno detto che non centrava molto, conclusione che porta sempre Saluggia al suo isolamento. Nelle pagine finali dove Saluggia partecipa allo sciopero ha una sorta di visione ad occhi aperti (anche Teodoro in 3 operai ha una visione alla fine del libro) pag. 207 assalto contro gli operai che volevano uscire in rivolta contro il comunismo. il manifestino non era costruttivo, con rivendicazioni sindacali precise, parla di unirsi nella lotta affinché il lavoro non diventi una schiavitù, si parla di condizioni di lavoro peggiorate, realizzati i dubbi di Volponi. Gli operai che uccide sono quelli che escono dalla fabbrica contro il comunismo e il manifestino – poco prima Saluggia si rifiutava di porsi a certi rituali, di partecipare all’imborghesimento degli operai, non voleva accettare quello, non avrebbe mai capito la convenienza della fabbrica, rifiuta di integrarsi in quell’ideologia industriale. Zinato sostiene che albino rifiuta di integrarsi. Giovanni Giudici, è un poeta, sostiene che non solo memoriale non è un romanzo industriale, e che il vero tema non è la fabbrica ma la solitudine. Volponi dice che memoriale cerca di capire i processi interni della realtà industriale. Quello che dice giudici è vero, la solitudine di un individuo è capace di guardare più in la. Questa solitudine di albino è un po’ la chiave dell’interpretazione del romanzo, l’ideologia olivettiana era fondata sul concetto di comunità. Il primo titolo del libro di volponi era la fabbrica di dolori – prima di lui Olivetti aveva pubblicato un libro intitolato “le fabbriche di bene” su edizioni di comunità e scrive: “ cos’è questa fabbrica comunitaria? È un luogo dove c’è giustizia e domina il progresso, dove si fa luce la bellezza, e l’amore, la carità e la tolleranza sono nomi e voci non prive di senso”
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