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MEMORIALE - Volponi, Sintesi del corso di Letteratura

 Riassunto libro "Memoriale" di Volponi. Letteratura di fabbrica.

Tipologia: Sintesi del corso

2009/2010

Caricato il 09/11/2010

giulia.ronchi.561
giulia.ronchi.561 🇮🇹

4.3

(9)

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica MEMORIALE - Volponi e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! «MEMORIALE» DI PAOLO VOLPONI di Giuseppe Gigliozzi Letteratura italiana Einaudi 1 In: Letteratura Italiana Einaudi. Le Opere Vol. IV.II, a cura di Alberto Asor Rosa, Einaudi, Torino 1996 Letteratura italiana Einaudi 2 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi In questi anni Volponi è pienamente consapevole di non possedere ancora un linguaggio sufficientemente plastico, ricco e in grado di sorreggere progetti d’am- pio respiro; per questo — incoraggiato da Carlo Bo («Professore, per favore, leg- gerebbe questi versi?»; e lui li ha letti e ha detto: «Mah, possiamo anche pubbli- carli [...]»)”, sollecitato da Attilio Bertolucci, aiutato da Franco Fortini, — cerca nella poesia la palestra in cui allenare la propria lingua. Sono versi in cui i modi stilistici post-ermetici tentano di sorreggere la ricerca del nuovo scrittore; poesie in cui l’autore trova con difficoltà (o forse non de- sidera) la distanza critica dalla materia narrata; sempre dietro la maschera si riesce a intravedere la sagoma del poeta, mentre l'ambientazione spesso rurale riverbera arretranti suggestioni pascoliane. Nascono così I/ ramzarro (1948) e L'antica mone- ta (1955) in cui la sempre crescente presa di coscienza della realtà e del proprio essere poeta e scrittore, confrontandosi con i limiti insiti in ogni processo di cre- scita, ci regala un linguaggio che subito ha fatto dire a Pasolini: L’Antica moneta di Volponi (Vallecchi) può dare l'impressione di una poesia semplice: come origine prima che come risultato [...]. Al contrario, a noi pare che, dietro l’arazzo a tinte pure aprospettico, si stenda una fitta tettonica culturale. Nella quale vanno di- stinti subito, intanto, due strati: due «tipi» [...] stilistici che per deduzione, secondo la direzione esterno-interno, ci immetteranno alla presenza di due «toni» diversi. [...] Il primo tipo è un tipo paratattico; per quanto il linguaggio poetico consenta tali defini- zioni [...]. In tutto questo si avverte chiaramente serpeggiare una tendenza classicista: talvolta addirittura parnassiana, talaltra addirittura «da traduzione», a spiare i momen- ti meno buoni della formazione letteraria del poeta: gli importi d’area quasimodiana, per intenderci. [...] La lingua volponiana trascolora così verso una falsa paratassi: già sbloccata e mandata alla deriva dell’empito musicale. [...] Questo pathos irrazionale, questo inebriarsi alla presenza o al ricordo dei fenomeni naturali nel loro rapporto con l'uomo semplice, questa estasi —non mistica, ma sensuale, benché castissima, e scaturita quasi da un «rimpianto morale» - producono il secondo «tipo», quello più propria- mente sintattico della poesia volponiana*. E qui il critico mette immediatamente in gioco quasi tutto l’armamentario che ci occorre per attraversare Mezzoriale. Natura, eros, Quasimodo e quella tal duplicità della lingua che ci tornerà buona poi. Queste le occasioni letterarie, alle quali si affiancano quelle che gli offre la vi- ta di tutti i giorni. L'ingresso in Olivetti segna la svolta della sua maturazione e in qualche modo marca la messa fra parentesi della poesia in attesa del romanzo. La fabbrica lo pone a confronto con una realtà dura e, spesso, indecifrabile, mentre i 7ID., Le ragioni della scrittura cit., p. 156. SP. P. PASOLINI, Vo/pont, in ID., Passione e ideologia (1948-58), Milano 1960, pp. 437-40. Letteratura italiana Einaudi 5 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi rapporti sempre più stretti con gli ambienti culturali (è il periodo di «menabò» e dell’amicizia con Pasolini) fanno scaturire quasi naturalmente il primo romanzo: «... il mio primo romanzo è un romanzo in qualche modo necessario, direi, come erano state necessarie le poesie, per capire un certo ambiente, una certa situazio- ne, per poter intervenire». La sua esperienza nell’industria, la frequentazione di lavoratori, la lettura dei loro documenti (e chissà che in qualche archivio della casa di Ivrea non venga an- cora custodito qualche memoriale d’un certo Albino Saluggia) scatena, sottoli- neata dal perplesso declinare di Adriano Olivetti, la sempre crescente percezione delle contraddizioni del mondo della fabbrica. S’insinua in Volponi un disagio tormentoso, s’apre un periodo in cui lo scrittore avverte la necessità di ripensare non solo il proprio rapporto con il mondo dell’industria, ma la concezione stessa che di questa realtà s'è fatta l’intellettuale Paolo Volponi. La mia vera università è stata la fabbrica; fin allora (1956) la mia scrittura, la mia poesia, fu novecentesca, postermetica, intimistica [...]. La fabbrica mi ha messo nella condizio- ne di capire altre cose, il significato dell'economia, ad esempio, dei rapporti di potere e di produzione [...]. La mia posizione, il mio linguaggio, i miei proponimenti di scritto- re sono condizionati dalla mia formazione, dalle mie personali insufficienze, dalla mia ridotta cultura, dai miei dubbi ideologici [....]!®. Memoriale pare, quindi, nascere da una forte vocazione letteraria che, però, si concretizza solo attraverso l’alambicco della fabbrica. Mentre la “letteratura” ob- bliga a dire (ma rischia di respingere verso modelli ideologicamente arretrati), la realtà — il mondo del lavoro — “fa capire di più” e dona spessore e temi alla narra- zione. Quella di Merzoriale si caratterizza fin da qui, fin dalle sue radici, come una scrittura doppia (al minimo), tanto che quello stesso impegno nella fabbrica, che viene indicato come motore primo del romanzo, viene percepito come ostacolo al lavoro letterario, per quel suo tentativo continuo di risucchiare Volponi nella row- tine quotidiana delle incombenze e degli obblighi d’ufficio: «Non ho la giornata libera e anche i miei fogli bianchi qualche volta sono timbrati da un marchio; per questo ogni volta che prendo la penna per i miei romanzi o per le mie poesie fac- cio una ribellione e una notevole fatica»!!. Scrivere della fabbrica è, quindi, al tempo stesso sintesi e ribellione, il rac- conto scaturisce dalla consapevolezza di una sofferenza reale, dalla conoscenza di °P. VOLPONI, Le ragioni della scrittura cit., p. 160. 19 ID., Incontro con Paolo Volponi, a cura di C. Toscani, in «Ragguaglio librario», XLI (1974), 7-8, p. 258. 1 Ibid, pp. 80-81. Letteratura italiana Einaudi — 6 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi persone vere, di una fabbrica vera che però per Volponi sono la spia di un disagio più vasto, di una condizione esistenziale, che vanno narrati senza schiacciarli nel- la secchezza della cronaca. Per questo «la “città industriale” non ha identità»!? perché non si deve pensare a una sola fabbrica e «attribuire soltanto a questa le cose narrate» (p. 5). Volponi ha quindi bisogno di raccontare: una strada gli veniva indicata, forse, da Ottiero Ottieri con i sui Terzpi stretti (uscito nei «Gettoni», 1957), Don- narumma all'assalto (1959), La linea gotica (1962), ma un’altra via — in quegli stes- si anni — gli era proibita dalla neoavanguardia e dallo sperimentalismo. Mezzoriale pare così nascere in stato d’assedio, stretto dalla polemica fra tradizione e neoa- vanguardia; agitato da una problematica che ha investito praticamente tutta la let- teratura italiana della fine degli anni Cinquanta e buona parte degli anni Sessanta, provocando, forse, quella presa di distanze che l’autore d’Urbino attua nei con- fronti di tutti quelli che potevano essere identificati come i suoi più immediati ri- ferimenti culturali: Ecco perché il mio romanzo è un po’ nuovo, non ripete le formule degli altri; perché non era un progetto letterario, non andava dietro a una scuola, veniva da me stesso, dal- le mie esperienze. Avevo trovato un sistema nuovo che è quello della lente d’in- grandimento del nevrotico, sofferente in fabbrica, con una lingua memorialistica un po” lirica, che gli viene praticamente dalla lettura di poco, dalle canzoni della chiesa, dal dialetto, dai bandi dello stato, dalle poche norme che ha letto, dai comandamenti [...]!?. Alla retroguardia delle forze assedianti troviamo il fallimento del recupero della tradizione naturalistica (e questo è un problema che coinvolge personaggi diversissimi tra loro come Bassani, Cassola, Testori, ma persino Pratolini)!4; un naufragio dovuto all’ineliminabile ambiguità di queste operazioni, una doppiezza che, con ogni probabilità, può essere fatta risalire alle matrici di certe esperienze realiste degli anni Trenta che con l’aria di dire la realtà raccontavano fiabe (Alva- ro) o aprivano consistenti spiragli lirici (Conversazioni in Sicilia). Comunque è da qui che inizia a costituirsi quell’ambiente mitico (l’infanzia, la campagna, il paese lontano) a cui torneranno molti autori del secondo Novecento e che ha avuto un 1 La frase è tratta dalla nota che precede il romanzo: ID., Mevoriale, Milano 1962, p. 5. Da questo momento in poi, le citazioni da Memoriale saranno riportate nel testo e in nota, con la sola indicazione della pagina tra parentesi. ‘ ID., Le ragioni della scrittura cit., p. 160. 4 Operazioni che hanno fatto alludere «alla rarefatta, crepuscolare arcadia piccolo-borghese e proletaria di Carlo Cassola (La ragazza di Bube, 1959) e alla raffinatezza falsamente altoborghese di Giorgio Bassani (I/ giardino dei Finzi Contini, 1962). cui aveva aperto la strada, con il kizsch dello pseudo-romanzo storico trascritto in chiave di eterna si- cilianità decadente, il Tomasi di Lampedusa del Gattopardo (1958) [...]» (A. ASOR ROSA, Dalla crisi del neorealismo alla letteratura industriale, alla Neoavanguardia e oltre, in Storia d'Italia, a cura di R Romano e C. Vivanti, IV/2. La cul tura, Torino 1975, p. 1975). Letteratura italiana Einaudi 7 3292 2406 2080 1836 1461 1461 1292 1196 1185 1021 1018 870 m DI 67 634 612 60 597 537 514 495 494 481 454 422 397 365 351 347 332 328 298 286 275 273 263 255 238 237 232 232 BI 225 223 220 213 203 203 199 189 186 182 182 di che io del della da anche ma fabbrica ° gli alla se me al perché mio tutti nel è ancora dei dopo sempre tutto aveva lavoro nella lo sua avevo erano dalla delle ogni 177 177 176 176 174 173 172 169 168 164 161 160 158 156 156 155 154 154 151 151 146 141 141 140 136 135 132 BI 131 130 128 126 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi altri casa dal senza quando ero suo così quel solo disse essere loro poi verso questo all miei due madre prima cosa ed sono tortora quella dell giorno sul d sulla e altro lei molto alle uno bene fare volta allora giorni reparto proprio lui sotto ad qualche tanto dove quasi altra ci questa 9 98 98 98 97 97 96 9 9 9 9 92 9 %0 %0 89 88 87 LLR vita stesso tempo tutte dentro grosser poco sentivo subito tra tutta fuori cose insieme lago letto mie già sembrava momento soltanto mani nei ho medici sera porta stato andare cui grande lavorare strada avrebbe fatto fosse modo posto dietro ha nemmeno dire parte suoi avrei fine ufficio contro dissi ormai niente quelle ai mali 70 70 69 69 69 68 68 68 PAPADILLERRRIDIDA 56 ora quello discorso intorno mai aria avevano pensavo altre pinna quelli su sue forse quei davanti faceva nessuno tre ne vedere meglio nell rumore stanza appena dai discorsi luce uomo bompiero fu mattina mentre manzino nelle parlare potevo fece pensieri poteva degli dottor fioravanti infermeria noi punto quale quell sanatorio sulle tanti candia dovuto 43 43 43 43 43 43 43 42 parole potuto chi dalle campagna però stava volte dall donne finestra gualatrone occhi paura testa ne signora notte professor tu vidi acqua avanti forte no pensare queste male mensa sarebbe sole si treno diceva medico molti vicino mano sopra stessa vedevo macchina quanto questi senso andai intanto m malattia nuovo oggi paese almeno Letteratura italiana Einaudi 10 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi 42 avere 42 sui 4l cominciò 41 qualcosa 40 detto 42 città 4l andavo 4l invece 4l spesso 40 hanno 42 fino 4l attimo 45 personale 40 dava 40 sentii 40 sicuro 2.1. Il tempo della «fabula». Memoriale dice d'essere un testo scritto all’inizio del 1956 dal protagonista; lecita, quindi, l'aspettativa d'un linguaggio mimetico e interamente calato nell’orizzonte culturale di Albino Saluggia. Allo stesso modo potrebbe diventare poco meno che obbligatorio, per chiunque decida d’avventurarsi tra le pagine di questo dia- rio, scoprire chi sia veramente Albino. Il protagonista del romanzo nasce il 12 marzo 1919 ad Avignone e comincia a scrivere il suo memoriale dopo aver già compiuto 36 anni. Ecco quindi che, se co- me si spera la matematica non è un’opinione, dovremmo ritrovarci tra la fine del 1955 e l’inizio del ’56. All'età di dodici-tredici anni (e quindi nel 1931-32) seguendo il padre che ve- deva nella nuova Italia fascista una nazione in crescita in cui poter vivere meglio la propria misera vita e che forse voleva sottrarre la moglie alle lusinghe d’un giova- ne muratore (il testo è molto reticente su questo punto), lascia la Francia per sta- bilirsi vicino Candia. Rimane così coinvolto nella seconda guerra mondiale, viene fatto prigioniero e internato in un campo di concentramento nazista. Finita la guerra, assiste sconcertato all’apparire dei suoi mali (1945) e nel 1946, usufruendo di una sorta di corsia preferenziale tracciata per i reduci, viene assunto nella grande fabbrica. Cominciano le visite mediche, accompagnate dai sospetti di persecuzione da parte dei medici, che sfociano, un anno dopo (1947), nell'annuncio ufficiale della sua malattia: tubercolosi. Iniziano le cure che inevitabilmente trascinano il prota- gonista al primo ricovero in sanatorio nel 1948. Nella casa di cura Albino vive ap- partato, non si interessa ai traffici sessuali che coinvolgono i malati di quella ma- lattia che ha una forte carica autopunitiva, e tenta di conquistarsi un ruolo e un passato mitico, inventando una falsa Russia che ha facilmente la meglio su quella reale d’un vecchio comunista alla quale si contrappone. Un anno dopo (1949) Albino torna a lavorare, non prima però che Saint Mar- tin — un luminare estraneo, e forse ostile, alla fabbrica — lo dichiari perfettamente guarito (16 maggio 1949). Avvenimento di cui il protagonista diligentemente si premura d’informare le autorità (carabinieri e polizia). Letteratura italiana Einaudi 11 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi È il periodo delle estati trascorse nei soggiorni in montagna organizzati dalla fabbrica per i malati. Il 1950 e il 1952 passano tra le cure prescrittegli dai medici, gli smarrimenti sulla riva del suo lago e la somministrazione del miracoloso filtro X 3 da parte di uno squinternato terzetto di truffatori. Albino s’affida all’intercessione di Leone — il cuoco galoppino della fabbrica — per portare a conoscenza del presidente dell’azienda la persecuzione di cui è vit- tima. Viene fatto visitare da una équipe di medici e naturalmente rispedito in sa- natorio. Siamo nel marzo del 1952. Il romanzo apre uno spiraglio alla ritmica poe- sia di Albino che rimane in sanatorio per più di due anni e comincia a scrivere il suo memoriale e le sue poesie. La cronologia ci porta, dunque, verso la fine del 1955, ma quando Albino torna a casa è il 6 maggio 1956. Il 1° settembre dello stesso anno riprende il lavoro, ma stavolta come pianto- ne, fuori della fabbrica, immobile scrutatore, separato dagli altri. Albino parte- cipa a uno sciopero e viene rispedito a casa in attesa di una inevitabile e prean- nunciata lettera di licenziamento. Questi i tempi della storia di Albino Saluggia, un personaggio il cui nome pa- re alludere alle tante albe viste per arrivare in tempo in fabbrica, a una purezza che condanna, al colore del lago e il suo cognome alla salute: fuggita sicuramente prima dell’alba!?. 2.2. Due fuochi. Questa storia viene disposta dall’autore in nove capitoli di cui basterà per ora di- re che il primo è sensibilmente più lungo degli altri. I nove capitoli sono, a loro volta, suddivisi in paragrafi che si distribuiscono diversamente all’interno delle unità più ampie. I più frammentati sono i capitoli I e V (sei paragrafi) seguiti dal IV e dal VII (cinque), dal II e dall’VITI (quattro), dal III e dal VI (due), per finire con il IX che ne ha uno solo (il che poi vuol dire che non ha divisioni in paragrafi e che la macchina considera coincidenti l’unità paragrafo con quella capitolo; si può vedere a questo proposito la tabella 2 che riporta sia la distribuzione che l'ampiezza in righe dei paragrafi). 19 Anche Aldo Rossi ha notato il gioco dei nomi in Memoriale: «Anche nei nomi dei personaggi, nei quali Volponi richiama certa atrapia biliare di Gadda nella direzione onomastica: Saluggia (da salus + uggia?), Coltotti, Pinna, Stef- fenino, Milione, Gualatrone, Tortora, Bompiero, Cimatti o Rimatti ‘poeta della merda”»: L. A. ROSSI, Prevesti sul «Memoriale» di Paolo Volponi, in «Paragone - Letteratura», nuova serie, XIII (1962), 150, p. III Tutto questo senza dimenticare che Saluggia è anche un paesino del Vercellese poco lontano dal lago di Candia (di questa suggestione sia- mo debitori ad Anna Maria Farcito della redazione Einaudi). Letteratura italiana Einaudi 12 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi quasi fosse possibile immaginare un preciso centro d'attrazione del memoriale — del /lash-back di primo livello — ed infatti nel capitolo VII troviamo la messa in scena del fantasma del romanzo, uno dei due fuochi della narrazione. Una rise en abîme ambientata sul lago, che possiamo considerare il centro dinamico del testo. go: Albino, sempre più smarrito, s‘avventura profondamente sulle rive del suo la- Cominciai a trovare molti canaletti dove le acque si purificavano tra le barbe delle radi- cie filtravano tra le terre granulose. [...] Ero così preso dalla magia che potevo pensare di essere travolto da una cascata di gocce e di fili d’erba o di cadere in una spelonca di ghiaccio. L'aria chiara, le acque pulite e i ghiacci mi davano anche una voglia spasmodi- ca di bere, di assorbire quegli elementi. A un tratto, vidi un guizzo rapido in un canale: avevo sorpreso un luccio grosso come un braccio d'uomo che aveva azzannato un altro pesce. Il luccio era fermo un attimo per finire la sua preda; lo vedevo quasi emergere dalla prima superficie. Il suo occhio era dritto nel mio ed era l’occhio di un assassino sorpreso, che non ritira il coltello. Prima di fuggire doveva inghiottire l’altra creatura, della quale in quell’attimo rimasero appena le scosse nell’acqua. Per un altro attimo il luccio rimase fermo, con il suo occhio nel mio, con la sua bocca dentata che respirava aperta per la fatica. La scena mi spaventò e quell’ambiente e quel cielo pallido e lontano, sul quale non si poteva leggere né scrivere niente, mi dichiararono ancora più solo e spaventato. Non c’era nulla da fare, anche per me; anch'io muovevo soltanto l’acqua, destinato alla fine. Intanto tutto procedeva come un sogno e la mia passeggiata era perduta. Davanti avevo un canale più grande che non potevo superare. Piegai verso la collina ma incontrai mol- te difficoltà per una vegetazione bassa, color viola, rigogliosa e pungente. Mi districai a fatica ma trovai di nuovo l’acqua, addirittura il lago. Capii che mi ero spinto in una spe- cie di penisoletta e riuscii a figurarmela come poteva essere, vista dalla mia finestra. Il paesaggio era nuovo e il lago fermo, bianco; così rimasi un momento a guardare, so- prapensiero. [...] Dal lago venne un altro rumore ed era quello di una chiatta che un uomo in piedi gui- dava lungo la riva. Procedeva piano guardando fisso davanti a sé; non aveva attrezzi, né pesca. Dietro la sua barca avanzava la sottile nebbia del freddo. Emisi un grido di ri- chiamo, improvviso e netto come un altro elemento naturale; era la paura di essere solo e di restarci per sempre. Solo come da ragazzo, come in un sogno, e mi sembrò nel mo- mento in cui gridai che tutta la mia vita sbagliata avesse sempre mirato a tale sorte. L'uomo della barca si avvicinò alla mia sponda e nascose la faccia per piegarsi a remare con maggior forza; approdò quindi come uno sconosciuto e, anche quando vidi il suo volto, tale rimase, contrariamente alla speranza insensata che proprio il suo mistero, in- sieme all’aiuto che stava porgendomi, aveva fatto nascere dentro di me. Non era nessuno di quelli che nella vita mi avevano aiutato o potevano farlo. Salii sulla sua barca in silenzio mentre l’uomo diceva soltanto le parole necessarie per aiutarmi nell’imbarco fra le cannicce e i vuoti del terreno sotto i ponti d’erba. In piedi Letteratura italiana Einaudi 15 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi dietro di lui guardavo le sue spalle e sentivo l’odore della sua giacca di lana, un odore paterno. Come aveva fatto a capire che volevo il suo aiuto soltanto dal mio grido? Ap- pariva tanto chiaro, anche a chi non guardava, che io ero solo e perduto! Egli era un uo- mo giusto e tagliò dritto il lago verso Candia; al suo posto un malvagio, Tortora, m’a- vrebbe lasciato nella palude. (pp. 249-50). La salvezza arriva scivolando sull’acqua. E la barca — lo strumento evangelico con cui si solca il lago per diffondere la buona novella — pare avere nel romanzo uno statuto tutto particolare. Appartiene all'infanzia, alla Pasqua in cui Albino andava in gita con i suoi, appartiene alla fantasticheria che fa magicamente scivo- lare il paese lontano da Albino, ma è anche la “bara” di vetro in cui Saluggia si sente imprigionato: In giro per il parco non c’era nessuno e dentro la fabbrica si vedeva Soltanto qualche lu- ce, nel grande acquario dei vetri che specchiava la morte di gennaio. Mi sentii più lon- tano che in prigionia; solo, come se tutti fossero partiti lasciandomi in quella barca di vetro. (p. 103). Poi può essere la salvezza (tab. 4)?0. L'episodio ci narra d’un salvataggio che non avverrà nel corpo reale del ro- manzo, un salvataggio disinteressato, celebrato come un rito, senza quasi usare parole: per non rompere un silenzio che sa di sacro. Un salvataggio che, nella sto- ria di Albino, non poteva compiersi visto che lo spazio della narrazione è go- vernato dalla logica della fabbrica, mentre la y2ise er abîme è riconsegnata alla magica pace- ai magici rumori— della natura?!, In questo spazio “diverso” il grido di Albino può rompere liturgicamente il silenzio per esorcizzare metaforicamente la progressiva privazione di parole a cui sembrano condannati il protagonista e il romanzo; un testo che pare proprio non riuscire a muoversi se, dopo 276 pagine, si ritrova a inciampare nella stessa frase, nella stessa cattiveria: «E così sotto di me tutti i tetti del paese, rossi e ordinati come se non albergassero la cattiveria uma- na»?? Perché mai questo libro — che, ricordiamo, è un diario — mostra di volersi 2 Merita una riflessione la particolare distribuzione del termine che appare ai due estremi del testo, nei capitoli Il € VII, quasi a marcare con la sua presenza due perni fissi attorno a cui svolgere la narrazione. 21 La campagna appare irrimediabilmente separata dalla fabbrica e se un animale — un essere della natura - s costa alla fabbrica suscita sorpresa: «Poi vedevo ogni tanto arrivare, sbilanciato dal vento, qualche passero che veniva a posarsi sui tetto della fabbrica. Questo mi era sempre sembrato incredibile; ma quel giorno era confortante [...}» (p. 275). 2 La frase si trova identica in due punti lontanissimi tra loro del testo: «E così sotto di me tutti i tetti del paese, rossi e ordinati come se non albergassero la cattiveria umana» (p. 32). «E così sotto di me tuttii tetti del paese, rossi e ordinati come se non albergassero la cattiveria umana» (p. 308). Letteratura italiana Einaudi 16 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi muovere in un tempo ciclico? perché Albino non può salvarsi? qual è la colpa pri- migenia che lo condanna alla privazione della comunicazione? Gli altri restavano di più e alla fine c'era sempre un giovane, con la giacca sulle spalle, che continuava a parlare con te. Tu mi dicevi d’andare a letto e io sentivo dentro di me che tu volevi rimanere con lui, che ti faceva parlare e ridere. Anche adesso questo ricordo mi turba e mi fa male. Il giovane muratore era molto sim- patico e io avevo paura di questo sentimento perché pensavo che doveva aver preso an- che te. Ero tentato di spiarvi; ma avevo paura che ciò che pensavo potesse essermi rive- lato dalla realtà. Ancora oggi ho paura e sono pentito di non aver guardato perché se vi avessi visto soltanto parlare oggi sarei tranquillo. (p. 126). La scena primaria del romanzo, l’altro fuoco del racconto, il cuore del /lash- back di secondo livello. Quella che probabilmente induce il padre a riportare la famiglia in Italia, che fonda l'impossibilità di rapporto interpersonale di Albino, che lo priva dell’amore, che lo riduce al silenzio”. Comunicare è andare verso l’altro, lanciare parole verso l’altro, come guar- dare è lanciare sguardi verso l’altro. Lui non ha osato guardare la scena della se- duzione. Non sa se seduzione ci sia stata e proietta su se stesso un peccato non suo, ha paura e cattolicamente si pente della sua unica colpa: non ha guardato e non può più essere tranquillo. Tabella 4. Occorrenze di barca, grid* e lingu* In quella che in informatica si chiama regular expression il punto e l'asterisco sono dei caratteri jolly 0 wild card che vengono utilizzati per mascherare le lettere. Così nell'espressione regolare grid.* presente in questo titolo il punto sta a significare: qualunque carattere; e l’asterisco vuoi dire: ripetuto per un numero indeterminato di volte. Perciò grid.* a a rappresentare qualunque parola che inizi con la sequenza di caratteri grid seguita da un numero indefinito di lettera, e quindi: grido, gridò, gridai, gridare, gridargli, ma anche gridolino, gridando, gridammo... Per gli esempi che seguono si dà indicazione del capitolo (in numeri romani), della pagina e della riga da cui sono tratti. barca (6 occorrenze) 11,76, 32: Pasqua. Ci traghettava una barca, che || verso l 11,82, 17: scivolando come una barca su quelle l ombre. 11, 103,1 lasciandomi in quella barca di vetro. Mi dispiaceva VII, 250, 6: | nè pesca. Dietro la sua barca avanzava la sottile VII, 250, 13: sorte. | L'uomo della barca si avvicinò alla mia VII, 250, 22: farlo. Salii sulla sua barca in silenzio mentre © Almeno un altro personaggio di Volponi deve confrontarsi con la scena di seduzione. Damîn del Lanciatore di giavellotto (Torino 1981) sembra mettere in scena quello che sarebbe accaduto se Albino si fosse girato: Damîn spia atto erotico che unisce la madre al gerarca fascista e da quel punto prende l’avvio la sua tragedia. Letteratura italiana Einaudi 17 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi dicare l'operaio nella realtà, proiettandolo invece nello spazio dell’alienazione —in senso psicoanalitico e in senso marxiano. Il quarto territorio è la città - che non è né campagna né fabbrica, che non possiede né la ciclicità della natura, né lo swing aberrante dell’industria — in cui Albino tenta di replicare il suo girovagare, ma che può essere vissuta solo in spazi “a statuto speciale”: il cinema, lo stadio, il bar. In cui ci si rinchiude per passare il tempo, a perdere tempo, avendo ormai perso il tempo. 3.2. La colpa, la magia e l’eversione. Albino per lavorare col giusto ritmo deve fantasticare immaginando d’essere un pilota d’auto da corsa, la fresatrice-pialla è il bolide dominato con perizia e teme- rarietà, il sogno è il tempo del suo lavoro. Il suo rapporto con la realtà non gli consente d’esplorarla e d’usarla come tutti gli altri, ma solo di sfiorarla colpito dalla sua ostile impermeabilità. Albino non è tipo, ma se per avventura decidesse d’uccidere il suo nemico, l’odiato Tortora, di sicuro andrebbe all'appuntamento con una pistola scarica. Come era già capitato ad altri personaggi d’inizio secolo, Saluggia si scontra con un medico che, però, non è uno psicoanalista e quindi gli cura i polmoni invece della testa e gli ordina lastre, iniezioni e pneumotorace. Per questo il memoriale Albino non può portarlo al medico, ma lo deve destinare più che alla sua, alla salvezza altrui. Albino Saluggia s’innesta a pieno titolo nella lunga catena di ieri che popola la letteratura novecentesca, nella schiera di personaggi periferici (di testa, di pro- venienza, di cultura) che scagliano la loro eccentricità, la loro incapacità d’agire in modo positivamente orientato contro i perfetti ingranaggi della società capitalista. Saluggia — da questo punto di vista come Zeno, come Michele, come Mattia — vi- ve la sfasatura d’un personaggio — che mima l'atteggiamento d’un intellettuale — che vive lacanianamente sbiftato rispetto alla realtà; privo d’un posto e d’un ruo- lo, d’una lingua per dire e fondare la propria comprensione del mondo. Non gli resta che l’atteggiamento proprio delle minoranze: il rito, l’incan- tesimo, il ricorso allo stregone. Lo scarpone e l’indiano, le due macchie sul muro che più di tutti lo amano, sono i talismani che lo accompagnano nel suo peri- coloso viaggio mitico. Albino-Cristo-magico? che assume su di sé le colpe degli altri. L'interpretazione magica della realtà non ne guida l’interpretazione e non ® Volponi stesso suggerisce l’accostamento a Cristo: «“Allora io sono condannato. Bastò uno fra dodici compagni a tradire”. Fui preso da una grande commozione e piansi, anch'io nel mio piccolo orto» (p. 280). Letteratura italiana Einaudi 20 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi sorregge i comportamenti del povero operaio. E dove non esistono procedimenti razionali e positivi per manipolare la realtà solo la formula magica può aiutare: stregoneria che non è un orpello aggiunto alla procedura, ma fa parte integrante della procedura. Là dove l’azione non agisce deve intervenire la parola. Con i ma- li bisogna parlare a lungo, fino a stancarli, fino a intimorirli: Volevo correre a casa, mettermi a letto e riposarmi e individuare uno ad uno i miei ma- li in modo da intimorirli per il giorno dopo. [...] «Miei mali», dissi, «voi siete il frutto della mia vita difficile. Voi vi accompagnate a me come degli sconosciuti durante un viaggio [...]». (pp.31-34). Là dove il rito fallisce si chiede l’intervento del mago. Che potrà anche essere l’imbroglione che l’inganna somministrandogli un siero fasullo o la maga che ten- ta d’intrigarlo nei suoi giochi erotici, ma questi potranno catturare Albino solo dopo che i maghi veri — quelli a cui la società ha dato la propria approvazione — abbiano mancato. Eufemia, Palmarucci e Fioravanti possono agire solo dopo che i carabinieri, le guardie di Pubblica Sicurezza e i preti abbiano fallito. Non poteva accadere diversamente. Albino è un personaggio che riconosce l’autorità e quando si trova in difficoltà non può far altro che rivolgersi a chi ri- tiene investito d’autorità e di potere. Teme un tradimento? va dai carabinieri; qualcuno vuol convincerlo a fare la spia? va dal parroco; un medico lo dichiara guarito? notifica l'avvenimento alle autorità. Riceverà da tutti le risposte delu- denti che lo spingeranno a stringersi sotto la magica coperta di Eufemia. Alla ri- cerca d’un rifugio che lo fa sentire, una volta di più, scacciato da chi può giudi- care. Scacciato per una sua misteriosa, atavica colpa. «[...] “quella” malattia è spesso legata all’equilibrio psicologico del soggetto; è un’autopunizione, cioè la volontà di distruggere se stesso o anche un’autodifesa [...l»> (p. 283), dice il medico riferendosi non alla paranoia, ma alla tubercolosi. Una colpa originale è la gozzaniana tabe di Albino che — cattolico praticante — vi- ve il suo peccato contrastandolo con un desiderio d’autopunizione. La malattia è l’autopunizione che dovrebbe guidarci alla salvezza: attraverso la penitenza e l’e- spiazione. Sottomessi all’autorità in attesa dell’assoluzione. La storia di Albino, invece, si chiude nella consapevolezza della sconfitta: «A quel punto ho capito che nessuno può arrivare in mio aiuto» (p. 308). Il gesto finale di Albino, la rivolta e la partecipazione allo sciopero, rappre- sentano davvero la maturazione ideologica, il gesto coinvolgente e comunitario in cui sembra credere Volponi o sono il tentativo estremo d'essere assolti, se non l'assoluzione stessa? Letteratura italiana Einaudi 21 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi Tabella 5. Distribuzione di mio padre e mia madre. Percentuali mio padre mia madre 0-10 8 17 10-20 1 7 20-30 4 17 30-40 1 14 40-50 0 4 50-60 0 28 60-70 0 26 70-80 0 10 80-90 0 5 80-100 0 14 Totale 14 142 30 DI Padre 3 — Madre 20 8 o E > 10 5 04 la, T T T T T 1 0-10 10-20 2030 30-40. 40-50 50-60 60-70 70-80 80-90 90-100 Come ci si può rendere conto d’essere irrimediabilmente soli proprio nel mo- mento in cui s’arriva alla maturazione d’una sia pur embrionale coscienza di clas- se? nel momento in cui ci si riconosce simili agli altri? L’assoluzione rimane, inve- ce, un dono personale, individuale, privato e separato. Le due possibili conclusioni sembrano appartenere a due cicli narrativi di- stinti: lo sciopero è uno sbocco che appartiene al mondo della fabbrica, mentre l'alienazione e i mali — e quindi la sconfitta, il privato — erano cominciati prima della fabbrica, forse nella prigionia, probabilmente prima ancora. La radice di questa separatezza sembra risiedere nella scena di seduzione a cui Albino non ha voluto assistere. La sua personalità si costruisce su quel tradi- mento da lui temuto al punto da sentirlo vero pur senza volerlo e poterlo provare. La madre non lo capisce — tranne che in alcuni momenti di immersione con la na- Letteratura italiana Einaudi 22 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi Si possono vedere le tabelle e i grafici che accompagnano questo lavoro, ma appare evidente che questi termini, che appaiono diciotto volte nella prima metà del libro, due volte nel quarto successivo e una sola volta nell’ultimo quarto (e quest’ultimo è il termine Francìa con l’accento grave sulla «i» e chiuso nelle pa- rentesi della lirica che riempie il capitolo VIII), scandiscono, con il loro declino, il ritmo della resa di Albino. La figura paterna subisce la stessa sorte della Francia, di Avignone e della speranza di guarigione. Né vale sospettare che sia l’andamento stesso della narra- zione a imporre questa distribuzione. Merzoriale è un testo intessuto di una tale quantità di flash-back — di dimensioni ed escursioni temporali diversissime tra lo- ro — che l'impossibilità di anche solo dire «mio padre» non può non, apparire si- gnificativa. L'opprimente ala materna che i grafici disegnano diventa il paradigma di tut- te le coppie oppositive che agiscono l’alienato Albino. Impossibile il rapporto con la donna: si fuggono tutti i tentativi di seduzione, si fugge il sesso fino a insinuare il sospetto d’una latente omosessualità?8, ma si spia una coppia che s’apparta e ci si fa quasi scoprire in modo che “loro” in qualche modo sappiaro. Impossibile il rapporto con gli altri, con la fabbrica. Nasce in questo modo uno schizofrenico nel cui linguaggio i significanti vei- colano significati imperscrutabili. In quanto alienato Albino diventa il luogo da cui possono parlare più voci. Pensieri e parole di Albino possono fondersi con quelli dell’autore e con quelli di un coro che nasce dalla coinvolgente ritmica flui- dità del racconto. Volponi si trova così tra le mani lo strumento giusto per utiliz- zare il carattere eversivo della follia??, per sondare i complicati rapporti che lega- no e oppongono il marxismo e il freudismo?°. Volponi — autore che “dice” sempre tutto esplicitamente — sceglie consape- vollnente un nevrotico: 3 Abbastanza turbate paiono certe osservazioni di Albino fin dal giorno della sua prima comunione: «Ero il solo ad avere i calzoni lunghi, fra tutti gli altri bambini con le gambe nude: le gambe rosa allineate sull'altare che erano il segno della loro purezza» (p. 41). » «L'“irrazionalità” del mondo di Albino, la sua ribellione solitaria in nome di tutta una serie di motivi istintivi, elementari, immediatamente umani - come appunto i suoi “mali”, i terrori di una difficile sopravvivenza, il rapporto diretto con la natura, il bisogno quasi fisico di “vera amicizia” ecc. diventa una efficacissima arma contro la “raziona- lità” del sistema” (G. C. FERRETTI, Volponi: La diversità come eversione, in ID., La letteratura del rifiuto e altri serit- ti, Milano 1969, p. 241). ® «Non so seil lettore concluderà, seguendo una didascalia di Volponi, per una predominanza dei fattori socioe- conomici nell'eziologia di questa paranoia di un contadino-operaio; è tuttavia certo che l’altra affermazione di Volpo- ni, secondo la quale la paranoia consente un’interpretazione della realtà superiore a quella di una mente equilibrata, sarebbe suonata delirante nella bocca di un marxista italiano di qualche anno fa» (M. DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana, Torino 1970, pp. 581-82) Letteratura italiana Einaudi 25 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi Perché ho scelto un nevrotico a protagonista del mio romanzo? Un nevrotico ha una capacità di interpretazione della realtà più dolente, ma più acuta [...] anche perché un nevrotico è 47 ribelle. In un uomo sano avrei trovato uno che ha già ceduto qualcosa al- la fabbrica?!. L'occhio di Albino diventa la lente deformante con cui scoprire ciò che la vi- sta della normalità non potrebbe cogliere?? e il memoriale è lo strumento con cui l’assurda diagnosi si manifesta. Il mondo narrato da Volponi è un mondo mag- matico di cui l’autore non riesce a rendere conto completamente e in una volta so- la; il mondo della fabbrica, di Albino, del lago e della campagna si costruisce di- namicamente sotto lo sguardo straniante del protagonista. Il testo che blocca l’af- fabulazione del narratore si propone come polo privilegiato della comunicazione, come l’unico luogo in cui possano esistere tali parole. Il 72erzoriale — col suo ba- gaglio di convenzioni letterarie, col suo appartenere a un genere — si propone co- me altro con cui la funzione narrante si confronta fondandosi??. 3.3. La comunione e la separatezza. Il problema psicologico, l’assoluta necessità di incontrarsi con l'Altro, con un al- tro, si innesta, e radica, caratterizzandole, nelle complesse dinamiche delle rela- zioni interpersonali che agitano il mondo reale e la fabbrica. Già sotto le armi — schiacciato dalla ferocia del sergente Vattino — aveva sperimentato la sua partico- lare condizione di escluso, una condizione alla quale tenta di sottrarsi -di nuovo — per mezzo del sacrificio, mettendo in scena una misera Comunione: To non rubavo cose da mangiare ma i miei compagni non me ne davano certo. Una vol- ta, di sera, uscendo da una visita, trovai di fronte alla porta dell’infermeria una scatolet- ta di carne. Non mi sembrava vera, raccogliendola tra il fango, e pensavo che fosse un altro orribile scherzo. Divisi la carne fra tutti i prigionieri ammalati, senza nemmeno as- saggiarne un poco. (p.38). ”! Da un dibattito pubblico del 1962 su Memoriale riportato da G. C. FERRETTI, Paolo Volponi cit, p. 29. ® «Ad esempio, capiscono di più su come vanno effettivamente le cose nel mondo e sull'immai è capace l'uomo d'oggi, perché “perdono la testa” anche i protagonisti dei romanzi di Volponi. Più in daranno molto da fare per perderla la testa; invece questi si trovano a fare i conti con un'incrinatura del cervel- lo, della quale intendono scoprire la causa 0 meglio le cause, visto che sono cin gli anni in cui la psicoanalisi pene- tra attraverso le maglie allentate dell'ideologia per dire la onaggi della quale precipitosamente si rivelava la determinante, ultimae prima, “istanza cconomica» (N. PEDULLA, La nicoluzione delle letteratura, Roma 1970 p. 30). «Il testo funziona da Altro e pur non essendo un vero e proprio analista, il testo è come uno schermo su cui lo scrittore proietta la propria realtà interiore [...] per Paolo Volponi lo scrivere diventa una forma di catarsi e di autote- rapia. L'autore scrive per scoprirsi nella propria scrittura e per liberarsi dalla sue paure, colpe, impulsi di aggressione, e di qualsiasi altra frustrazione, oggettivandole nei suoi personaggi-narratoti e nella sua opera» (R. Capozzi, Metaro- manzo e psicanalisi nella narrativa di Paolo Volponi, in «Canadian Journal of Italian Studies», n. 1 (1979), pp. 15-17). Letteratura italiana Einaudi 26 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi Gli altri, i compagni di prigionia, invece, non gli dànno certo da mangiare, te- si come sono in una privatissima lotta per la sopravvivenza, e ad Albino non resta che fare i conti con i suoi mali. La comunione il nostro pover’uomo riesce a tro- varla solo sulla riva del suo lago, immerso in una natura che riempie di senso tut- to ciò che avvolge nelle sue ombre. Il silenzio, le macchie d’umidità sui muri, i di- scorsi, altrimenti sempre vani, che rompono il silenzio che si tende tra lui e la ma- dre: Davo le risposte senza voltarmi; per non rompere l’incanto e per poter essere libero del- le mie espressioni, come lo si è quando si parla da soli con se stessi, in quella comunio- ne in cui uno può ridere delle cose più serie, o fare smorfie e gesti perchè insieme al- l'attimo e al pensiero delle cose che dice ci sono tanti altri attimi e pensieri della sua vi- ta, in una completezza perfetta. (p.79). La tragedia di Albino pare proprio essere quella d’andare a cercare questa cor pletezza perfetta là dove non è possibile trovarla, là dove forse è impossibile rea- lizzarla: nel mondo governato dalle leggi della società capitalistica, nello spazio dell’alienazione e della separatezza. To amo la campagna che dice prima, con strade e viottoli, che cosa si deve fare e che si fa vedere tutta, onestamente. Amo la campagna più ancora del mio stesso paese; ma non l’amo come un contadino perché il contadino ha, di fronte alla campagna, un for- micolare interessato e zappa e taglia ogni giorno come certi animali che rovinano il le- gno. Se la campagna fosse lasciata rigogliosa e sola oltre ad essere più bella darebbe an- che più frutti, da raccogliere con giudizio. Non vorrei, io, nemmeno possedere terra perché uno finisce per sentirla propria e vorrebbe poi custodirla e difenderla e tagliarla dal resto del paese e vorrebbe governare i mutamenti del tempo sui suoi alberi e campi e magari scacciare i corvi e gli altri animali. La terra è forte e non può essere dominata da nessuno e ripara da se stessa ai suoi mali. (p.14). La campagna è una, unica e forte. L’inetto Albino s’ostina a interpretare il monadico mondo in cui — sarà pur bene dircelo qualche volta — viviamo anche noi, con gli strumenti che gli vengono da una realtà che non è più viva, che non è più in grado di offrire chiavi di lettura in sintonia con ciò che appare il normale funzionamento della vita. Tentativo disperato di comunione/fusione con gli altri inevitabilmente vanificato da tradimenti (reali o immaginari) che lo escludono e lo autoescludono. Ad Albino è negato ogni legame effettivo, è proibita l'amicizia, non riesce nemmeno a trovare qualcuno con cui parlare veramente. Letteratura italiana Einaudi 27 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi Tabella 6. Distribuzione di silenz*e grid * Percentuali silenz® grid® 0-10 8 0 10-20 1 0 20-30 7 2 30-40 4 0 40-50 3 1 50-60 2 0 60-70 5 0 70-80 7 0 80-90 4 4 90-100 3 2 Toti “ 9 9 _ Siena 8 DI Gu 7 6 a 5 S 4 3 2 D Ot T T T T T T T T T 1 0-10 10-20 20-30 30-40 40-50 50-60 60-70 70-80 80-90 90-100 Percentuali di testo fonatorioappartiene agli altri e non ad Albino al quale invece riporta solo sen- sazioni fisiche come strumento del gusto; solo alla fine il protagonista, attraverso i corsi di lingue e la lingua dell’infanzia, sembra appropriarsi del linguaggio (cfr. la tab. 4). Allo stesso modo anche la donna che tenta di sedurlo nel sanatorio cela la sua identità con un gioco linguistico: «Scherzavo» disse la donna, «perché qui con me c’è una bella ragazza. Si chiama Vera; ‘ma non è vero». «Cosa non è vero?» «Il nome». «Perchè?» Letteratura italiana Einaudi 30 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi «E se tu sei un infermiere?» «No, io mi chiamo Albino». «To mi chiamo Falsa e quest'altra Vera», e le sentivo ridere. (p.113). Per sapere il vero nome di Vera, per scacciare l’inganno, per superare la bar- riera linguistica era necessario scavalcare la finestra, andare all’incontro amoroso, congiungersi, entrare in comunione con l’altro; Albino non può fare e non fa nul- la di tutto questo. Ed è, di nuovo, attraverso un gioco linguistico che l’ultima frase del romanzo ci fornisce, come è giusto, la definitiva chiave di lettura del testo: «A quel punto ho capito che nessuno può arrivare in mio aiuto» (p. 308). Anche la cugina di Francia non arriva mai e, attraverso la metafora morta chiusa nel verbo che ricorda un atavico toccare la riva, la lingua — la poesia — gio- ca l’ultimo tiro al narratore, riportandoci alla storia chiusa nella rise er abime del luccio assassino. In quello spazio magico, retto dalle leggi della comunione, la me- tafora poteva avverarsi, il disinteressato sconosciuto («Procedeva piano guardan- do fisso davanti a sé; non aveva attrezzi, né pesca») poteva arrivare, toccare la ri- va, e Albino poteva salvarsi. Qui nello spazio della separatezza —nello spazio go- vernato dalle leggi della scritturalità — il protagonista sarà costretto a constatare l’inutilità della speranza di salvataggio e a restare sospeso in attesa d’una lettera di licenziamento che non arriva — neanch’essa — nello spazio del testo, perché appar- tiene a uno spazio esterno al romanzo, non obbedisce neppure lei alle leggi della scrittura, ma a quelle della realtà, a quei memoriali “veri”, a quegli operai “veri” che Volponi aveva conosciuto, a cui Volponi pensava e da cui nasce Merzoriale. 4. Modelli e fonti. Pasolini, fin dalle poesie, era in grado di indicare una sorta di duplicità della lin- gua volponiana e anche in questo lavoro l’analisi delle tematiche e dei contenuti (cfr. la sezione 3) s'è mossa dalla suggestione d’una duplicità - Urbino/Ivrea — che sembrava marcare i confini più ampi dello spazio semantico di Merzoriale. Allo stesso modo anche l’organizzazione dei modelli e delle fonti che costruiscono il romanzo pare rispondere a una duplice ragione (e qui non si mira certo all’origi- nalità): la realtà e la letteratura. Letteratura italiana Einaudi 31 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi 4.1. Il vero. Memoriale deve molto al “vero storico”. L'esperienza “industriale” di Volponi ha indubbiamente avuto un ruolo molto importante nella genesi del romanzo for- nendo non solo, come abbiamo visto, tematiche, personaggi e spunti, ma persino la forma stessa del memoriale. Volponi, assunto da Adriano Olivetti, diviene presto funzionario impegnato nei servizi sociali dell’Unrra-Casas (Comitato amministrativo di soccorso ai senza tetto), un ruolo che lo porta a condurre «una serie di inchieste lungo il dorsale ap- penninico meridionale, dall’Abruzzo alla Calabria, fino alla Sicilia». Subito do- po si trasferisce a Ivrea dove diventa capo del personale. Questo suo lavoro quasi di assistentato sociale lo mette in contatto con la realtà che si agita intorno alla fabbrica e gli fa toccare con mano la duplicità del mondo governato dall'industria. Contemporaneamente il lavoro di grande re- sponsabilità che ricopre all’Olivetti gli mostra in che modo chi venga schiacciato da questa duplicità tenti di “parlare” alla fabbrica. L'industria ronza oliata da fogli di carta che trasmettono ordini di servizio, promozioni e licenziamenti; l'operaio è un numero di matricola, una cartella cli- nica, una lettera di protesta, un memoriale che tenta di parlare all’efficiente sor- dità dell’azienda. I documenti che parlano di operai autentici che Volponi legge per il suo lavoro quotidiano non sembrano fornire, quindi, solo le tematiche (l’ar- gomento), ma le forme stesse in cui questi materiali debbono disporsi: per appa- rire più vere e al tempo stesso più universali. Merzorzale diventerà un lungo grido inascoltato intessuto di carte, lettere, lastre, diagnosi, ricette, cartelle cliniche e, alla fine, poesie. Questa realtà non poteva arrivare sulla pagina direttamente senza scontare quell’insufficienza storica e quegli errori che alla fine degli anni Cinquanta il di- battito culturale — e il lavoro di «Officina»?aveva grande parte in questo — attri- buiva al neorealismo e Volponi non poteva certo contare in un ingenuo trasferi- mento sul piano letterario di contenuti reali e impegno politico e sociale. Le due colonne dell’ermetismo e del neorealismo disegnavano, opponendosi, »6E. SICILIANO, Paolo Volponi,in AA.VV, Letteratura italiana. I contemporanei, VI, Milano 1974, p. 1590. 37 Volponi stesso, in una conversazione critica con Ferdinando Camon ci dice: «Posso dire che l’esperienza di “Of- ficina”, anche se io l'ho trascorsa marginalmente — non facendo parte del gruppo che la dirigeva — ha significato mol- tissimo per me: è stata la mia scuola letteraria; all’interno di “Officina” ha contato particolarmente l’aiuto, la guida di asolini. [...] Pasolini mi ha dato una coscienza più precisa dei miei mezzi letterari, delle mie possibilità, dei problemi reali che avevo dentro e davanti, aiutandomi a uscire da tutte le suggestioni postermetiche o addirittura ermetiche, dalle influenze contraddittorie delle letture disordinate che avevo affrontato a Urbino, da solo, in un rapporto piutto- sto angoscioso con la mia stessa vita e anche con la letteratura» (E CAMON, Conversazione critica cit., pp. 12627). Letteratura italiana Einaudi 32 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi cultura cattolica, alla religione ebraica, ma subito queste fonti si trasformano nel- la tematica religiosa, nei poveri Cristi che abbiamo visto soffrire nel romanzo. Me- moriale ci fa pensare a Thomas Mann (o al Fortini di Agoria di Natale) per quel particolare rapporto che ha Albino col proprio corpo e questo subito s’incarna — intrecciandosi con le matrici religiose ed ebraiche — nel tema della malattia, della colpa, dell’ansia di autopunizione, nella speranza di espiazione e assoluzione. A questo punto se troviamo un personaggio che vive nel Canavese, che è ma- lato di tubercolosi, che ha un cattivo rapporto con i medici, che parla con i suoi mali, possiamo anche cominciare a sospettare un non involontario riferimento a quel Gozzano che parla col proprio cuore — per non farlo spaventare dall’intru- sione dei medici — allo stesso modo in cui Albino tenta di rassicurare e convince- re i propri mali e il proprio corpo. Il medico visita Albino e «Con una matita mi faceva segni lungo la spina dorsale e mi ordinava di curvarmi o di stare diritto» (p. 232) i medici tentano di curare Gozzano «E con la matita ridicola disegnano un circolo azzurro». La malattia è dunque vissuta da Albino come esilio sia da un punto di vista spaziale (è costretto a lunghi periodi di segregazione in sanatorio o nella sua stan- za — nel suo letto — sulle rive del lago), sia da un punto di vista psicologico e cul- turale (la malattia lo fa sentire “diverso” dagli altri, per lui la vita è 4/tr4 rispetto a quella “normale”). Anche per lui è in viaggio la signora vestita di nulla che anni prima aveva già attraversato le stesse strade del Canavese per andare a trovare Guido, anche su di lui le dita scrutatrici dei medici tracciano i segni blu che mar- cano il fuoco della malattia: così come avevano fatto sul torace di Gozzano. L'ironia gozzaniana poteva consentire al poeta il sorriso di fronte al goffo af- fannarsi dei medici. Albino — privo del linguaggio doppio dell’umorismo — vive l'impotenza della medicina come trama oscura organizzata, ordita contro di lui. La fabbrica fornisce a Volponi i materiali con cui costruire il proprio discor- so, così come l’Ottocento li forniva a Gozzano. Entrambi sentono di non poter utilizzare questi oggetti senza mediazioni e si rifugiano — grazie alla distanza of- ferta loro dalla malattia — in posizioni oblique (l’ironia, la pazzia). Da questo pun- to provano a parlare, ma nessuno starà a sentire Albino che tragicamente arriva alle stesse conclusioni di Ludwig Wittgenstein. «Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere» dice Wittgenstein nel chiudere il suo trattato; «Ma di ciò di cui non si può parlare si deve tacere» (p. 262) ribadirà Albino: dimenticando appe- na una virgola. * E FORTINI, Agonia di Natale, Torino 1948, Anche questa indicazione viene da A. RC * G. GOZZANO, Alle soglie, in ID., Poesie, Torino 1973, p. 111. # La frase era stata notata anche da A. ROSSI, Pretesti cit., p. 110. Pretesti cit. Letteratura italiana Einaudi 35 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi E nessuno può capire la sua lingua diversa, nessuno può togliere la scala do- po essersi arrampicato, nessuno lo ascolta, lui non può seguitare a parlare da solo, quindi dovrà tacere. 5. Valutazione critica e linguistico-stilistica. Una poesia di Volponi pubblicata all’inizio degli anni Cinquanta racconta: Mia sorella è l’innocente tortora che ogni autunno tradisce, fratello il pettirosso fedele nei lunghi inverni?”. E qui, ovviamente, la suggestione è tutta nella tortora, l’animale che dà il no- me al persecutore di Albino, al medico che ogni autunno — anche lui — ordisce un tradimento per il povero Albino che allora potrebbe essere — lui si — il pettirosso «fedele nei lunghi inverni». Fedele alla neve che lo rincuora e avvolge come una madre, all’aria secca e fredda che lo fa respirare!8. 5.1. Il segno d'una frattura. Maria Corti caratterizza in questo modo le opere della così detta “letteratura in- dustriale”: Nelle quattro opere citate di Volponi, Malerba e Villa l'intento di superare le forme tra- dizionali della narrativa porta a una innovazione più consistente sul piano delle forme del contenuto che su quello delle forme dell'espressione: cioè a livello di organizzazione tematica il nuovo si manifesta soprattutto in quanto la realtà è vista dalla specola di un personaggio nevrotico-visionario; i protagonisti dei libri citati, solitari che per lo più monologano, si presentano come le varianti di un solo personaggio che ha per caratte- rizzazione o costante o segno di unità la forza visionaria. Dalla specola di questa nevro- si visionaria la realtà esce deformata; il personaggio è il portatore vivente della defor- # P.VOLPONI, Cugina Volpe cit., p. 6. 8 Fedele, dunque, anche a se stesso, alla fabbrica, alla madre, alla campagna, alla sua infanzia: tutto in blocco. Pa- solini coglie bene la presenza di questo spazio monolitico nell'animo di Volponi esaminando L'antica moneta: «Qui L'assunzione del mondo, da parte del poeta, alla propria visione del mondo è compiuta. Di tale visione abbiamo detto sopra che è “poetizzante”, ma dobbiamo precisare: il mondo a cui Volponi adegua il “presente e vivo” è puramente “bello”, puramente “poetico”, in quanto si è fissato in lui sotto forma ideale durante le esperienze, ricchissime, addi- rittura pingui di sensazioni, dell’infanzia: scaricandosi e identificandosi nella tensione erotica infantile ancora pura e senza oggetto; e quindi fossilizzandosi cosi, in questa fusione sesso-campagna, eros-stagione» (P. P. PASOLINI, Vol poni cit., pp. 44041). Letteratura italiana Einaudi 36 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi mazione, il congegno deformante, è dunque il principio costruttivo dei romanzi stessi; in altre parole esso è una prospettiva in cui vedere diversamente il reale, è il mezzo scel- to dallo scrittore per attuare il processo artistico dello straniamento. Con questo mezzo sarà possibile allora intravedere un po’ di verità sul mondo, dato che, come dice Do- stoevskij, la verità è sempre inverosimile!?. La matrice linguistica che è possibile trovare alla base di questi testi vive quindi di una sorta di scissione del segno. La forma del contenuto non sembra più viaggiare strettamente legata alla forma dell’espressione. Tutte da verificare le ri- percussioni sulle sostanze (del contenuto e dell'espressione) che completano il se- gno di Hjelmslev. Una delle possibili spiegazioni di quest’ulteriore frattura può essere indivi- duata nella costruzione del testo su tre assi portanti: la città, la campagna, la let- teratura. I tre campi che costruiscono il racconto possiedono una loro forte coe- renza interna che comporta la compresenza in Merzoriale di tre “cantori”. Il primo è Albino Saluggia: e quindi il linguaggio del contadino sradicato, dell’operaio che affida le sue residue speranze al memoriale, il linguaggio della malattia; il secondo è il narratore, l’intellettuale: e dunque il linguaggio dell’in- tervento chiarificatore e programmatico che incarna il “progetto dell’autore”; buon ultimo, ma nucleare, il poeta: e cioè l’impasto lirico che caratterizza il rac- conto e che s’afferma prepotentemente verso la fine del romanzo — nella poesia, ma di cui è profondamente innervato in tutto il testo. Si può tornare al già ricor- dato esplicito riferimento al linguaggio e all’ostinazione con cui, di tutto un do- loroso colloquio con la madre, Albino non rammenti altro che la ferma volontà di scrivere una lettera all’anziana donna. Di fargli del male attraverso il linguaggio, di avvertirla che è ora di crearsi un altro linguaggio. Wittgenstein lo guida. Albino, s'è visto sopra, usa il romanzo, la sua scrittura come autoanalisi. Il diario serve al protagonista per scrutare dentro di sé e per gettare da quella pro- fondità uno sguardo verso l'esterno. Da quel suo profondo il personaggio intrec- cia un colloquio fatto d’ammiccamenti e di avvertimenti con il suo interlocutore, con il lettore, e solo la forma del memoriale poteva offrire a Volponi le strutture narrative adatte a mostrare con lucida evidenza le catastrofi interiori di Saluggia e della società. Ecco, dunque, venir chiaro il motivo della scelta di questa determi- nata organizzazione testuale. Memoriale è steso in prima persona: è Saluggia che parla dei suoi mali. Il presupposto lirico, positivo e negativo, che definisce Volponi, poteva generare una collusione di au- tore e personaggio. La cosa non è accaduta proprio perché Volponi ha spiato se stesso # M. CORTI, Il viaggio testuale. Le ideologie e le strutture semiotiche, Torino 1978, pp. 135-36. Letteratura italiana Einaudi 37 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi più significativo verso il basso è al VI (cfr. le figg. 4, 5 e 6). Come dire che dove la prima misurazione ci portava a individuare una concentrazione tematica tro- viamo — a stare alle regole del gioco — un lessico “meno ricco” e maggiormente ri- petitivo, mentre nei capitoli “diversi” la partecipazione allo sciopero e conclu- sione e in quello che abbiamo chiamato un “romanzo nel romanzo” il vocabolario diventa più ricco e variato. Ora, se è vero che le misurazioni stilometriche non devono mai essere prese alla lettera, non può non essere vero che se due indici puntano nella stessa dire- zione qualche sospetto può anche nascere. Un problema ulteriore viene sollevato dai confronto tra il rapporto foker/ty- pe dell’ultimo capitolo — che contiene il volantino in cui i sindacati incitano gli operai allo sciopero — e quello del primo capitolo (ma anche l'VIII e il VII), che ha un rapporto più alto e che narra le vicende più dolorose di Albino, che con- tiene la presentazione del personaggio, della fabbrica e mette in gioco i temi prin- cipali del racconto. Situazione che potrebbe indurci in tentazione fino a farci dire che il linguaggio di Volponi sia meno ricco e più semplice da leggere di quello di un volantino sindacale che incita allo sciopero. Situazione perlomeno imbaraz- zante??, Inevitabile e necessaria una verifica e una sorpresa. Se si estrapola dal corpo del capitolo IX il volantino del sindacato si trova con sconcerto che il testo di Vol- poni rimane con lo stesso coefficiente token/type 0 poco più (2,945 nel capitolo integrale e 2,958 in quello mutilato del volantino), mentre è il volantino a precipi- tare a un rapporto di 1,623 (notare che si tratta di un rapporto interno al volanti- no stesso; cfr. la fig. 7). Una varietà di termini che può essere spiegata dalla carat- teristica secchezza del volantino che in poco spazio deve dire tutto e per questo tende a non ripetersi, mentre la statistica sull’intero capitolo risente in misura mi- nima dell’amputazione. L'indice toke/type del capitolo IX è quello e non un altro. È, naturalmente, evidente che il numero delle parole esistenti — ma non se ne possono inventare altre? — è, per quanto grande, finito. Se quindi qualcuno fosse in grado di scrivere un testo infinito sarebbe inevitabilmente obbligato a ripetere le stesse parole (magari fino a formulare il magico nome di Dio). Non può essere, dunque, particolarmente significativo lo scarto di rapporto in sé, ma sicuramente è significativa la deviazione dalla media e lo scarto dalla deviazione media dalla media che riguarda l’intero romanzo e non un singolo capitolo (cfr. la tab. 7). ® Vero è che anche il volantino è stato scritto da Volponi. Un intellettuale che — nell'abbassare il linguaggio al li vello referenziale dello slogan — potrebbe aver complicato il testo. Letteratura italiana Einaudi 40 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi Figura 6. Rapporto medio tokens/types 5,000 4,500 <> 4,000 - 3,500 < Valori 3,000 2,500 2,000 1,500 1,000 0,500 0,000 + 7 7 7 T T T T 1 I I mn IV vV VI VI VII IX Capitoli Figura7. Media vokens/types con il volantino scorporato. I volumi da I a IX si riferiscono ai relativi capitoli, il X all’ulrimo ca- pitolo senza volantino, l'XI al solo volantino. 5,000 450 |] “» 4,000 - - = 3,500 < 3,000 2,500 x Valori 2,000 1,500 1,000 0,500 0,000 T T T T I I mM IV Vv VI VI VII IX x XI Capitoli Letteratura italiana Einaudi 41 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi Se, a questo punto, interpretiamo la traiettoria di Albino come un doloroso pellegrinaggio verso il fallimento (e questo è ben presente nel disegno di Volpo- ni), possiamo leggere Mezzoriale come un viaggio che parte dalla famiglia, attra- versa la città e la fabbrica e approda al naufragio del protagonista, ma forse anche di una struttura romanzesca che non riesce a contenere al suo interno le mille ten- sioni che animano Merzoriale. Tabella 7 Deviazione quadratica media e z-score Due altri indici che vengono presi qui in considerazione sono la deviazione quadratica media e lo z-score. Due misu- razioni che tendono a diminuire il più possibile eventuali perturbazioni dovute alla inevitabile disomogeneità dei testi comparati e che vengono così definiti: «Tale misura è la mediazione standard, che è la misura di variabilità che corri- sponde alla media come misura di tendenza centrale. È difatti basata sulla media, per questo misura la dispersione del- Je voci nei termini della loro deviazione dal valore medio. [...] Lo z-score è la deviazione del punteggio dello score grez- 200 valore per la media diviso per la deviazione standard. Perciò la formula è z= SM o (A. KENNY, The Computation of Style. An Introduction to Statistics for Student of Literature and Humanities, New York 1982, pp. 52-57; traduzione nostra). Capitoli Tokens Media di Deviazione 2-500re Tokens.— quadratica media I 19069 9092 4049 2464 I 9277 _ _ 0,046 mM 7885 _ _ -0,298 IV 8315 _ _ -0,192 Vv 6844 - - -0,555 VI 6003 _ _ -0,763 VII 10310 _ _ 0,301 VII 10355 _ _ 0,312 IX 3774 - - -1,313 Là dove il progetto del narratore ha il pieno controllo del testo (il I e VIII capitolo) il rigoroso progetto di Volponi stringe d’assedio la narrazione costrin- gendola tra le sponde d’un solco tracciato. Deve dire, e per dire le parole sono quelle e non altre. Quando la scrittura guida maggiormente se stessa — e può es- sere per la forza d’un nucleo narrativo vivo di per sé come nel capitolo VI o ma- gari per la violenza insita in ogni conclusione (ma vedremo subito che la questio- ne non è solo questa) — lo scrivere viaggia più esitante e libero: diverso. Le cifre ci segnalano e ci confermano una frattura già suggerita dalla presen- Letteratura italiana Einaudi 42 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi E un padre di questo crack potrebbe essere quell’Argirò alvariano che è un pastore al quale muoiono le bestie e che finisce per raccontare una fiaba. 6. Nota bibliografica. La prima edizione di Memoriale è apparsa, presso Garzanti, nel 1962 (Milano). Il successo che ha accompagnato il libro (Premio dei Librai di Milano nel ’62 e, l’anno successivo, premio della Selezione Marzotto) ha fatto sì che, in breve tem- po, fossero realizzate traduzioni in undici lingue diverse e in Italia venissero pub- blicate un gran numero di edizioni e di ristampe. Tra queste ricordiamo quella del 1971, sempre per Garzanti, nella collana «I bianchi». Questa edizione utilizza chiaramente gli stessi tipi della precedente tanto da conservarne lo stesso salto pagina, la stessa separazione delle parole per l’andata a capo, da continuare ad adoperare sempre e solo l’accento grave (per la lettera e, ma anche per tutte le vocali) e da mantenere persino i medesimi errori di stampa (in entrambe le edizioni si legge alle pagine 225: «Le cure al dispensario erano sempre più pensati» — dove persati sta ovviamente per pesanti e alle pagine 267: «mi dava ancora il tempo di | di svolgere...» dove la preposizione e di si ripete er- roneamente alla fine di una riga e all’inizio di quella seguente). Tra le altre segna- liamo semplicemente quelle di Einaudi del 1981 negli «Struzzi» e, da ultimo, quella nei tascabili Einaudi del 1991. Nell’organizzare questa nota bibliografica si è preferito suddividere i vari in- terventi critici in grosse aree tematiche. Questa partizione non deve, però, na- scondere che il frequente concentrarsi delle analisi su punti molto spesso affini potrebbe facilmente consentire la trasmigrazione di un intervento da un area al- l’altra o la contemporanea presenza in più sezioni. Le opere critiche di carattere generale. Il lavoro critico non è certo stato avaro nei confronti di Paolo Volponi, anche se, accanto a interventi di più ampio respi- ro, dobbiamo confrontarci con una quantità sterminata di recensioni e di articoli di giornale che hanno puntualmente accompagnato l’uscita delle diverse opere. G. C. FERRETTI, Vol/poni, Firenze 1972, pp. 2-83; E. SICILIANO, Paolo Volponi, in AA.VV., Letteratura italiana. I Contemporanei, VI, Milano 1974, pp. 1589-1601; E. BALDISE, Invito alla lettura di Volponi, Milano 1982, pp. 5-99, ed E. ZINATO, Paolo Volponi, in «Studi novecenteschi», IX (1992), 43-44, pp. 7-50, ci hanno fornito opere critiche che si preoccupano di restituirci la fisionomia Letteratura italiana Einaudi 45 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi complessiva di Volponi, ma ognuno di questi autori non si è poi sottratto all’ob- bligo di ritornare con lavori particolari su punti specifici dell’opera volponiana. Un’immagine d’insieme dell'autore ci viene fornita anche dalle non poche in- terviste, colloqui e interventi critici che Volponi stesso ha effettuato 0 concesso. Tra le tante vale qui la pena di ricordare quella che apre «Il castoro» curato da Ferretti (Vo/poni cit.), la notizia autobiografica apparsa nella pubblicazione del Premio Marzotto 1963-64 e ora raccolta nello stesso «Castoro», le interviste con- cesse a Toscani (P. VOLPONI, Incontro con Paolo Volponi, in «Ragguaglio libra- rio», XLI (1974), 7-8, pp. 258-61), e a E CAMON, Conversazione critica con Pao- lo Volponi, in ID., Il mestiere di scrittore, Milano 1973, pp. 123-43. Allo stesso modo — pur se con accenti diversi e pur se provocate dalla com- parsa della Macchina mondiale — possono essere considerate di “carattere gene- rale” le tre dichiarazioni per Volponi che Giancarlo Vigorelli, Pier Paolo Pasolini e Davide Lajolo affidano alle pagine dell’«Europa letteraria» (Tre dichiarazioni per Volponi, in «L'Europa letteraria», VI (1965), 35, pp. 90-96). La psicoanalisi. Capostipite delle interpretazioni di stampo psicoanalitico — e non poteva quasi essere altrimenti in Italia - è M. DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana, Torino 1970, pp. 581-82, interessato a Volponi soprattutto per l'utilizzazione “da sinistra” che l’autore di Urbino fa di uno psicopatico come Al- bino. David — possiamo dire — apre la via a tutta una serie di interpretazioni che colgono la funzione conoscitiva e il carattere eversivo della diversità di Albino, ma si può dire di molti dei personaggi volponiani. In questo ambito Rocco Capozzi ci propone un interessante accostamento tra il processo terapeutico (e soprattutto autoterapeutico) e il procedimento scritto- rio di Volponi. Il testo — assieme alla scelta di nevrotici come protagonisti — viene visto come uno schermo su cui l’autore proietta la propria realtà interiore per po- terla cogliere nella sua profonda deformazione (R. CAPOZZI, Metaromanzo e psicanalisi nella narrativa di Paolo Volponi, in «Canadian Journal of Italian Stu- dies», n. 1 (1979), pp. 14-33). D. COSTE, Conscience de la lettre et lettre de l’inconscient, in «Literature», n. 54 (1984), pp. 20-38, mette bene in evidenza il legame che esiste tra i personaggi di Volponi e quella schiera d’esseri che può popolare la letteratura solo dopo che le frequentazioni tra Freud e il marxismo si sono fatte più intense. L'analisi della particolare condizione del protagonista viene, invece, utilizzata da P. N. PEDRONI, The Quest for Self-Fulfillment in Paolo Volponi's Finction, in «Canadian Journal of Italian Studies», IX (1986), 33, pp. 156-72, per illuminare — Letteratura italiana Einaudi 46 «Memoriale» di Paolo Volponi - Giuseppe Gigliozzi notando come il testo sia interamente costituito da affermazioni del protagonista che non vengono né smentite, né minimamente messe in dubbio da nessuno — il particolare statuto della narrazione e per spostare il piano della valutazione da quello propriamente clinico a uno più specificatamente letterario. Per Maria Carla Papini il freudiano caso Schreber serve come cartina di tor- nasole su cui far reagire i complessi di Albino (M. C. PAPINI, Da Schreber a Edi- po: il personaggio di Volponi, in «Paradigma», n. 5 (1983), pp. 227-44). Il rapporto uomo-macchina simboleggia, qui, la scissione tra l’identità reale e quella sociale dell’individuo e la sperimentazione di un codice linguistico che esprima questa scissione e questo conflitto (come la particolare scelta tematica) pare essere il cor- rispettivo sul piano letterario ditale scissione fondamentale. La diversità e la nevrosi. G. C. FERRETTI, Volponi: la diversità come av- versione, in ID., La letteratura del rifiuto, Milano 1968, pp. 238-51, è stato tra i primi a cogliere le potenzialità eversive dell’essere “diverso” dei personaggi vol- poniani. Riferendosi a Merzoriale Ferretti punta la sua analisi sull’irrazionalità del mondo di Albino e sul motivo del «resistere». Lo stesso Volponi segnala più volte alla critica la pista della diversità dei suoi personaggi e ne indica le motivazioni profonde (cfr. P. VOLPONI, Incontro con Paolo Volponi cit.) in cui Volponi critico di se stesso ci indica, quindi, chiaramente la funzione narrativa dei suoi diversi che mettono a disposizione del testo con- temporaneamente la loro attitudine conoscitiva e la loro forza rappresentativa. Anche la critica straniera non ha mancato di cogliere la centralità di questo aspetto in Merzoriale: si veda c. MAURIAC, Pauvre Albino de Paolo Volponi, in «Le Figaro», 1° luglio 1964. Sulla stessa lunghezza d’onda si sintonizza Walter Pedullà che — come si è vi- sto nel corso di questo lavoro — coglie la funzione conoscitiva dell’esser matto dei personaggi di Volponi (W. PEDULLÀ, La rivoluzione della letteratura, Roma 1970, pp. 30-33). Pedullà è tornato spesso a parlare di Volponi; ricordiamo qui semplicemente l’articolo apparso sull’«Avanti!» del 27 aprile 1962; La letteratura del benessere, Napoli 1968 (poi Roma 1973), e Volponi è furioso, in ID., Miti, fin- zioni e buone maniere di fine millennio, Milano 1983, pp. 277-90. Memoriale e l'industria. Nell’accostarsi a quei temi che più evidentemente emergono da Merzoriale si rimane colpiti dalla cautela con cui tutti gli studiosi che si sono occupati di questo romanzo introducono la tematica industriale. Qua- si che l'evidenza e la violenza della formula «letteratura e industria» pur impo- nendosi naturalmente, altrettanto naturalmente abbia spinto i vari critici ad alza- re barriere contro una sorta di temuta omologazione. Letteratura italiana Einaudi 47
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