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metodi di ricerca e valutazione in psicologia dello sviluppo, Sbobinature di Storia E Metodi Della Psicologia

metodi di ricerca e valutazione in psicologia dello sviluppo

Tipologia: Sbobinature

2017/2018

Caricato il 16/09/2018

marcomattioni
marcomattioni 🇮🇹

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Scarica metodi di ricerca e valutazione in psicologia dello sviluppo e più Sbobinature in PDF di Storia E Metodi Della Psicologia solo su Docsity! 17/10/2017 Per studiare le trasformazioni nel tempo per quanto riguarda lo sviluppo individuale, o scegliamo i DISEGNI DI RICERCA LONGITUDINALI o DISEGNI DI RICERCA TRASVERSALI. I disegni di ricerca LONGITUDINALI e TRASVERSALI sono gli unici due disegni di ricerca che includono la variabile età come variabile indipendente intesa come necessaria per indagare le trasformazioni nel tempo legate all’individuo , al comportamento dell’individuo. DISEGNI LONGITUDINALI : prevedono che queste trasformazioni vengano indagate attraverso l’osservazione e registrazione delle modalità con cui una determinata abilità si manifesta nello stesso gruppo di partecipanti osservato in tempi ed età cronologiche diverse. Quindi abbiamo il passaggio del tempo che è in questo caso operazionalizzato con l’età (12, 18, 24 mesi) se il disegno è longitudinale significa sostanzialmente che noi abbiamo un unico gruppo di bambini che verrà osservato rispetto alla nostra variabile dipendente sia a 12, che a 18 che a 24 mesi. DISEGNO TRASVERSALE: lo stesso cambiamento, se si verifica, è indagato mettendo a confronto le prestazioni di gruppi di bambini diversi ke si differenziano x età cronologica: l’ operazionalizzazione del passaggio del tempo è la medesima, quindi 12, 18, 24 mesi, ma le possibili trasformazioni non vengono indagate osservando il gruppo 1 nei tre momenti di rilevazione , ma mettendo a confronto, rispetto alla nostra variabile indipendente i dati relativi ai 3 gruppi differenti di bambini che hanno le tre età identificate come momenti utili per indagare quel tipo di trasformazione. Vediamo le caratteristiche che appartengono ai due disegni di ricerca e che risposta forniscono per la loro struttura e questo ci permette di fare a monte la scelta. Abbiamo detto che: I DISEGNI LONGITUDINALI rilevano una determinata variabile dipendente negli stessi soggetti nel corso del tempo osservati in momenti diversi. Ovviamente, perchè sia tale, ci devono essere almeno 2 rilevazioni, ovvero due età cronologiche diverse. Il fine di questi disegni proprio perché si basano sull’osservazione degli stessi partecipanti nel corso del tempo è : verificare , descrivere il cambiamento che si verifica naturalmente in funzione dello sviluppo e di conseguenza non il cambiamento in funzione di determinate manipolazione, come il training che ci riporta al disegno “one group pre test e post test”, dove si studia il cambiamento, in quanto lo stesso gruppo di partecipanti è visto 2 volte, ma lo scopo di quel disegno è indagare no l’effetto della maturazione, ma l’effetto di qualcosa che abbiamo introdotto noi, ovvero l’effetto di una manipolazione e no l’effetto della variabile età.quelli sono studi di follow up, che non è la stessa cosa di parlare di studi longitudinali. Dunque non è sufficiente che ci siano più rilevazione degli stessi partecipanti per definire un disegno come longitudinale. Questo è solo se la variabile età è inferita come variabile indipendente perché noi siamo interessati a studiare le trasformazioni di quella competenza nel corso del tempo in quegli individui. A partire dal presupposto che lo studio longitudinale prevede delle MISURAZIONI nel tempo dei partecipanti, è importante l’intervallo temporale che intercorre tra una rilevazione e l’altra. Questo tempo deve essere apprezzabile, ovvero: 1. In funzione della fase dello sviluppo che considero: se sto, ad esempio, misurando una competenza nella prima infanzia , in età prescolare, scolare, adolescenza ecc.. questo rende apprezzabile intervalli di tempo tra una rilevazione e l’altra molto diversi tra loro. Perché? Perché sappiamo che nella prima infanzia ci sono le maggiori e più rapide trasformazioni, e quindi 1 mese di intervallo è apprezzabile, man mano che si procede le trasformazioni sono meno repentine e quindi lo stesso intervallo temporale di 1 mese diviene insignificante , motivo x cui nella prima infanzia troviamo intervalli temporali di mesi tra una rilevazione e l’altra mentre in età prescolare di 1 anno per esempio, perché quel lasso temporale è apprezzabile per studiare i cambiamneti che contraddistinguono quelle fasi di età. 2. Il cambiamento è continuo , quantitativo o discontinuo, qualitativo? Questo ha grande influenza nella scelta dell’intervallo temporale perché se presuppongo sulla base di dati in letteratura che l ‘abilità che indago sia caratterizzato da trasformazioni in quella fase di età di tipo quantitativo è come se ipotizzassi l’andamento di una curva lineare e se è tale allora la distanza tra le osservazioni può essere anche più ampia, xke so ke se aumenta quello è l’andamento , sia che lo verifica dopo 2 o dopo 3 settimane. Ma se l’andamento è discontinuo è necessario cogliere i momenti di discontinuità e dunque bisognerà fare osservazioni delle trasformazioni più ravvicinate nel tempo , perché altrimenti rischio di non riuscire a cogliere il momento in cui c’è quella trasformazione rappresentativa. Da qui è sicuro necessario progettare un disegno longitudinale quando: 1. Sono interessata ad avere una misura diretta del cambiamento, che può essere differente da individuo a individuo. Quindi voglio avere un indicatore che mi permette di individuare tanti treni di sviluppo quanti sono possibili negli individui, e quindi questo è l’unico disegno di ricerca che mi permette di studiare i cambiamenti legati all’età così come si verificano nei diversi individui, tenendo conto delle differenze individuali, dei possibili percorsi: se io ho 20 bambini che osservo nel tempo , per ciascuno avrò un andamento, che è la mia variabile dipendente, che può essere simile o diverso e ciò significa ke misuro direttamente come avvengono le trasformazioni in quella situazione in quel gruppo di partecipanti con quelle caratteristiche. Se questo è l’obiettivo , la scelto di questo tipo è necessaria. Confrontando disegni di ricerca ke aldilà della variabile età prevedono il confronto between e within: se sono interessata a studio della variabile indipendente sullo sviluppo psicologico, la variabile indipendente doveva misurare cose diverse. qui è la stessa cosa. Tutti gli studi che vogliono vedere i precursori di una competenza, che vogliono individuare la funzione evolutiva, implicano la rappresentazione di un disegno longitudinale. 2. Altro aspetto interessante , sia dal p.d.v. teorico che riguardano continuità e discontinuità ma con risvolti applicativi in funzione di eventuali interventi e verifiche nel corso del tempo ed è andare a verificare nel corso del tempo quanto quella specifica competenza e comportamento siano contraddistinti o meno dalla stabilità individuale, intesa come OMOTIPICA Ed ETEROTIPICA: la prima, OMOTIPICA, dice quanto un singolo b. si mantenga stabile nel tempo rispetto ad uno stesso comportamento o manisestazione di una certa abilità. Questo è importante soprattutto nello sviluppo atipico, x es b identificato precocemente come parlatore tardivo , x prevedere se svilupperà disturbo specifico del linguaggio può essere utile indagare in modo ravvicinato nel tempo,soprattutto nelle prime fasi di sviluppo, se questo bambino nelle ripetizioni successive della competenza linguistica si mantiene stabili rispetto x es alle norme evolutive. Infatti un bambino considerato come parlatore tardivo avrà, nel secondo anno di vita, prestazioni molto più basse rispetto al gruppo di riferimento della stessa età. Sapere se il suo percorso di sviluppo è contraddistinto stabilità omotipiche , quindi continuamente contiene questa bassa prestazione man mano che cresce, può darci indicazioni che si tratta di un percorso di sviluppo che può considerarsi atipico o se invece è stata una fase dello sviluppo in cui il bambino ha utilizzato determinate strategie e che hanno provocato un iniziale rallentamento, ma che si sono poi dimostrate efficaci per lo sviluppo di quella competenza. Quando siamo più concentrati sulle relazioni, il disegno longitudinale ci permette di verificare la stabilità ETEROTIPICA che ci contraddistingue rispetto compiti differenti: indicativo sulla possibile evoluzione del percorso di sviluppo in quanto si basa sull’analisi della relazione di due aspetti dello sviluppo. Quindi se prendiamo in considerazione la capacità simbolica del b. per rappresentarsi la realtà: i b nati pretermine pur nella loro diversità, in termini medi manifestano precocemente ritardi nella comunicazione preverbale e linguaggio. Ci si è chiesto: è una cosa solo del linguaggio o difficioltà nella rappresentazione più generale. Dunque si è analizzato il comportamento di gioco di questi b con oggetti a 12-18-24 mesi e si sono confrontati con gruppi di b nati a termine. Dai risultati emerge come i bambini nati pretermine, a 12 mesi avessero prestazioni linguistiche diverse, ovvero utilizzano molte più vocalizzazioni e vocalizzazioni più semplici, rispetto i b. nati a termine mostrando così il ritardo documentato in letteratura! Per quanto riguarda il gioco, manifestano spontaneamente comportamenti di gioco simbolico con percentuale significativamente più bassa rispetto i bambini nati a termine. Dunque c’è una relazione tra gioco e linguaggio. Per indagare la stabilità ETEROTIPICA mi chiedo se questa relazione rimarrà sempre così in tutti i bambini. Nel gruppo osservato, mentre la difficoltà nel linguaggio procede (e si notano sempre differenze con i b nati a termine) e si mantiene fino ai 24 mesi, i b tutto tranne che per l’età. Mentre prima c’era un problema di autovalutazione e dunque di validità interna, qui il problema riguarda l’equivalenza e quindi la validità esterna!. 18/10/2017 DISEGNI CORRELAZIONALI. (NON SPERIMENTALI). • Non vi sono variabili indipendenti, dunque nessuna manipolazione rispetto a determinati fattori ne di tipo diretto ne su base di selezione. • Non avendo inserito fattori sappiamo che ci troviamo di fronte ad almeno due variabili che sono trattate come dipendenti, ossia come già definito variabili di interesse che possono assumere qualsiasi valore e rispetto le quali questi valori vengono dal ricercatore semplicemente registrati e quindi non c’è alcun tipo di controllo. Naturalmente questo comporta la presenza di eventuali variabili confondenti che vanno controllate, le quali sono presenti in tutti i disegni di ricerca. Dunque quello che differenzia i disegni correlazionali da quelli longitudinali, trasversali, sperimentali, quasi sperimentali e pre-sperimentali è sempre e solo il fatto che non troviamo alcuna variabile trattata come variabile indipendente. Se l’obiettivo ultimo è indagare relazioni, nei correlazionali l’obiettivo è indagare quanto i valori , se sono di una variabile dipendente covariano se e quanto con i valori dell’altra variabile dipendente. Spesso proprio perché correlazionali, si tende a definirli sulla base del tipo di analisi applicata perché se l ‘obiettivo è vedere le possibili covariazioni delle variabili, la tecnica di analisi più immediata utilizzata nella maggior parte dei dati è quella di un’analisi statistica di tipo correlazionale, ma questa fa riferimento a una parte specifica al progetto di ricerca , ma possiamo usare altre tecniche statistiche. Importante metodologicamente definire questi disegni in funzioni delle variabili inserite e come trattate e non sul fatto che spesso questo disegno coincide con un’analisi di tipo correlazionale. • Proprio perché manca il controllo visto nei disegni sperimentali in riferimento alla manipolazione diretta delle variabili indipendenti, nel momento in cui queste mancano ci allontaniamo dalla condizione ideale, dal disegno sperimentale e sicuramente nel momento in cui individuiamo associazioni tra le nostre variabili indipendenti ( non dovrebbe essere variabili dipendenti anziche indipendenti???), queste associazioni non possono mai essere interpretate in termini di relazioni di causa-effetto. Questo perché il disegno di ricerca, per come è costruito non permette di sapere perché queste 2 variabili covariano in funzione del fatto che manca il controllo necessario per individuare le covariazioni esclusivamente in funzione del fatto che cambiano i valori prestabiliti in una variabile, perché questo non lo sappiamo. La relazione causa-effetto è determinata dal massimo controllo per cui il fatto che qualcosa cambia in modo prestabilito sono i valori della variabile indipendente; qui la variabile indipendente non c’è, per cui i valori non sono prestabiliti , ma registrati e quindi nel momento in cui c’è una relazione noi possiamo ipotizzare la natura di questa relazione , ma dal p.d.v. metodologico non possiamo tradurre questa interpretazione in una relazione di causa-effetto perché il disegno non ce lo permette. Questo perché? Se noi prendiamo l’esempio che indaga relazione tra visione filmati violenti e livello di aggressività nei b., ci ricordiamo che sottolineava quanto il controllo applicato sulla indipendente, sul controllo della manipolazione e sulla variabilità individuale, ci allontanava dalla possibilità di generalizzare , quindi mancava di validità esterne, a contesti altri… però quel controllo anche se non ci faceva generalizzare , era l’unico modo per stabilire la direzionalità della relazione e quindi la relazione di causa-effetto. Questa ricerca potrebbe essere condotta allontanandosi dalla applicazione di un disegno sperimentale e avvicinandosi ad un disegno di tipo correlazionale perché se noi non manipoliamo la visione di filmati violenti ma potremmo attraverso indagine stimare e ottenere info quantitativa x es sul tempo in ore dei bambini, su un gruppo di partecipanti, che trascorrono davanti la tv guardando programmi con contenuti violenti. Se procedo in questo modo ottengo valori rispetto questa variabile, che non sono prestabiliti ma sono naturali legati a ciascun partecipante, alla loro esperienza e a come gestiscono il tempo della visione di filmati violenti e anzi che strutturare una situazione controllata dove misuro un indicatore specifico , come premere o non premere un pulsante (come nel vecchio esempio) procedessi con l osservazione degli stessi bambini, degli stessi partecipanti in un contesto di interazione tra pari misurando, dopo aver definito cosa sono per me i comportamenti aggressivi che ha senso misurare in quel contesto, e ottenendo le misure e la quantificazione variabile di individui in individuo così come si manifesta spontaneamente il comportamento, io posso e trovo una relazione , per es all’aumentare del tempo aumenta la frequenza e intensità di comportamenti aggressivi , le interpretazioni che posso dare rispetto questa relazione sono 3: -Posso ipotizzare che il tempo di visione influenza il comportamento aggressivo spontaneo -posso inoltre ipotizzare che il b che per sua natura manifesta un comportamento aggressivo sia portato a passare più ore davanti a filmati maggiormente aggressivi. Ho la stessa possibilità di interpretazione in quanto non ho controllato una serie di fattori, non posso dire che al cambiare di una cosa ottengo un effetto , perché non sto controllando i valori. -potrebbe esserci un’altra variabile che io non ho tenuto in considerazione e che sia quella a causare sia la A sia la B. Dal punto di vista metodologico queste 3 interpretazioni della relazione sono equivalenti ed equiprobabili. Dopo che abbiamo una relazione, dobbiamo anche dare una spiegazione, dunque dire la sua direzionalità, ovvero qual è la causa e qual è l’effetto. Dunque questo si fa anche con i disegni correlazionali, la differenza è che comunque in alcuni casi la direzione della direzionalità è più semplice perché dipende dalla natura delle variabili che noi trattiamo come variabili indipendenti e la natura è il tipo di caratteristica che rappresenta. in altri casi le possibilità sono equiprobabili e ci sono altre variabili che potrebbero dare il via ad altri studi e ad altre ricerche. Nei casi semplici, ipotizziamo che la struttura corporea, più un b. è grosso, influisca sul livello di aggressività. Quindi visto che parlo di grandezza fisica da una parte e di cambiamento del comportamento nel corso del tempo ma che sicuramente non è connotato solo dal p.d.v maturativo genetico, è difficile interpretare questa relazione nei termini che il comportamento aggressivo è in relazione alla massa corporea. Quindi in questo caso la direzionalità è data dalla natura delle variabili. Stessa cosa xò non posso escludere che ci sia qualcosa che vada ad influenzare entrambi. La stessa cosa accade quando misuro un costrutto che noi sappiamo si manifesta in età precoce e si stabilizza e un qualcosa che invece fa la sua comparsa in un tempo successivo (studi sul legame di attacacmento e grado di accettazione tra pari in età scolare. Per la natura della variabile i disegni di questo tipo sono sempre correlazionali, se misuriamo nel secondo anno di vita il tipo di legame di attacacemnto e avremo b. sicuri, insicuri e poi aspettiamo il periodo scolare al fine di misurare il grado di cooperazione tra pari. Anche qui la natura delle variabili che fa riferimento al momento evolutivo in cui il legame si stabilisce e al momento evolutivo in cui il livello di accettazione tra pari, che non si può misurare a 2 anni, è chiaro che se c‘è relazione è più difficile che il grado di accettazione tra pari vada a influenzare qualcosa che si è formato e stabilito 3 anni, quale il legame di attaccamento. Dunque se c’è una relazione, possiamo stabilire che il legame di attaccamento con il caregiver possa stabilire una base che influenza anche il grado di accettazione tra compagni. Ci sono tanti casi in questa direzionalità possa essere interpretabile in modo semplice, ma non sempre si deve parlare di causa, perché ci potrebbero essere altre variabili che noi non abbiamo controllato, che possono variare con entrambe e quindi costituire una base comune che vada a influenzare e che sia la causa di entrambe le variabili le dipendenti. Per diminuire il grado di possibilità interpretativa rispetto a questo 3 caso, ovvero che ci sia qualcosa che covaria anche con le variabili dipendenti, noi abbiamo una tecnica statistica, paragonabile a ciò che noi abbiamo trattato in termini di controllo delle variabili confondenti che è la CORRELAZIONE PARZIALE, che vuol dire che se ho una associazione tra linguaggio e competenza sociale e queste 2 variabili correlano. Poi nel gruppo di partecipanti ci sono b di età diversa, per esempio di due età diverse e noi scopriamo anche che c’è una associazione tra l età ed entrambe le variabili di cui ci interessa studiare la relazione, noi non possiamo escludere che sia l’età, altro fattore intimamente connesso allo sviluppo, a giustificare quella associazione trovata tra linguaggio e competenza sociale e quindi è come dire che devo controllare questa età facendo in modo che la porzione di varianza, di variabilità che trovo quando 2 variabili covariano tra loro, non sia in realtà associata alla varianza e variabilità dell’età e quindi si utilizza questa correlazione semplice, solo che noi parzializziamo per un’altra variabile e il sistema ce la mantiene costante. Quindi se prima facciamo la relazione correlazione tra linguaggio e competenza sociale e diventa significativa dal p.d.v. statistico e poi rifacciamo la stessa correlazione ma diciamo al programma di tenere controllata l’età, ovvero di parzializzare l’età, e l’associazione rimane, allora noi possiamo escludere nella nostra interpretazione, che l’età ha in qualche modo in quella fase di sviluppo un ruolo determinante nel costituire le associazioni tra le nostre variabili di interesse, quindi è sostanzialmente una tecnica statistica che viene utilizzata soprattutto nei disegni correlazionali per diminuire le possibilità interpretative rispetto alla direzionalità o le possibili individuazioni di fattori causali. Il senso è sempre quello del controllo al di la della statistica in se. È come se avessimo l’età con dei valori variabili e a monte avessimo tenuto costante quel valore. Quindi invece di avere bambini di età di 6-7-8 anni, avessimo avuto b. solo di 6 anni o di 5 ecc.. e quindi non è importante, dobbiamo in qualche modo eliminarla in termini di influenza e quindi il metodo utilizzato è quello della correlazione parziale! misurare intensità frequenza ecc, ma qui l’intensità potrebbe portarci a comportamenti diversi. Se ci basassimo solo su frequenza, questa è un conteggio delle volte in cui a turno ogni b ha prodotto questi comportamenti del gruppo classe senza tenere conto del fatto che a volte alcuni comportamenti aggressivi potrebbero essere prodotti in risposta ad un altro comportamento aggressivo ? il significato è lo stesso??? NO. Questo mi fa vedere come utilizzando altre variabili operative si rafforza la conclusione. Diverse variabili operative che rappresentano un costrutto, possono meglio rappresentare quel costrutto rispetto a quanto lo faccia una sola variabile operativa perchè colgono tutte le sfaccettature di quel costrutto, tutte le differenze minime. Il fatto di soffermarsi su questi aspetti implica altra scelta: ciò ke misuro è un comportamento manifesto o è una operazionalizzazione del costrutto che fa riferimento a componenti interne, non direttamente osservabili? Questo vale per il comportamento aggressivo: io scelgo di misurare qualcosa che è direttamente osservabili, come comportamenti fisici di tipo “violento” o ppure scelgo indicatori che devono rappresentare si quel costrutto, ma non fanno riferimento a comportamenti direttamente osservabili, come x es modificazioni fisiologiche, alterazione del battito cardiaco, sudorazione ecc. questa scelta ha dei riflessi immediati anche su modalità, paradigmi, tecniche… è tutto collegato. Altra cosa su cui riflettere: ciò che sto misurando è l’oggetto specifico del nostro interesse? quel comportamento è la nostra variabile individuata o è un comportamento che mi dà info su un altro aspetto che voglio misurare? X es. gli studi sull’attaccamento, che si basano sulla SSP, non misurano l’attaccamento, ma bensì dei comportamenti e in funzione di questa misurazione io classifico il legame di attaccamento: questa è la differenza tra signal e sample: durante la SSP il pianto ha un significato di un certo tipo, diverso rispetto al caso in cui conduco uno studio sul pianto infantile per vedere le differenze di pianto. In quest’ultimo caso, il pianto che sto misurando è l’oggetto target!!! Importante è il target dovuto al rapporto tra variabile concettuale e variabile operativa che indica qualcosa che per noi sia quantificabile in qualche modo. Altro aspetto è, scelto il target, tecnica ecc… 24/10/2017 LA TECNICA OSSERVATIVA Per introdurre l’osservazione possiamo dire che ogni tecnica di misurazione del comportamento e dunque di valutazione dello stesso, si colloca in linea teorica, lunga un continuum ai cui estremi: Tecniche indirette-----------------------------------------------------------------------------------------Tecniche dirette Tecniche indirette: comprende strumenti, quali: -interviste -questionari -colloqui -test Accomunati dal fatto che le informazioni da ricavare sono fornite direttamente dal partecipante rispetto cui si vuole misurare un determinato comportamento o abilità poi eventualmente, soprattutto nella psicologia dello sviluppo, da adulti di riferimento del soggetto stesso, infatti il test è somministrato direttamente al b., quando possibile, e il fatto che noi stiamo raccogliendo è inferito da una prestazione che viene fornita dal soggetto stesso, e quindi tra quello che definisco oggetto di studio (fenomeno e variabile rispetto la quale abbiamo raccolto i dati e quindi procederemo con la misurazione) e il dato stesso c’è solo il partecipante a cui fa riferimento l’oggetto di studio e quindi il suo modo di rappresentarsi, di comportarsi, di percepire la realtà. Tecniche dirette: ovvero l’osservazione! Rappresentata dal fatto che tra chi osserva e il soggetto osservato e quindi il comportamento, l’abilità ecc. non ci sono alcuni mediatori e questo significa che i dati sono raccolti a partire da abilità percettive, osservative, attentive di colui che osserva. L’osservatore diventa lo strumento stesso di rilevazione di quel dato. L’Osservazione per definizione può essere una tecnica di misurazione del comportamento di tipo diretto e ha altri significati … proprio in riferimento al continuum, nel tempo, l’osservazione, come strumento di rilevazione e misurazione dei fenomeni, ha preso molto spazio nella psicologia dello sviluppo, in quanto è stata molto utilizzata, a causa dei limiti dei bambini piccoli, per diverse fasi dello sviluppo come x es la prima infanzia, età prescolare, diminuendo questa necessità in età scolare. Questo perché, ciò che caratterizza il b. sono una serie di comportamenti, competenze e abilità che sono tali da non poter essere misurati utilizzando strumenti alternativi all’osservazione diretta di quel comportamento. Attualmente l’osservazione viene applicata a diversi contesti: ricerca - in cui bisogna approfondire dei processi di sviluppo e non abbiamo strumenti alternativi per raccogliere dati rispetto ai processi stessi e ai fenomeni indagati, contesti educativi. - molto utilizzata per vedere possibili situazioni di disagio così da poter intervenire il più precocemente possibile ed è importante saper osservare anche per vedere nel corso del tempo l’efficacia di training di insegnamento ecc… servizi riabilitativi - importante come strumento per monitorare i progressi di un singolo individuo compiuti nei diversi domini oggetto di trattamento e descrivere il percorso che l’individuo sta compiendo in funzione dell’indagine. Ambito clinico - in fase iniziale di consultazione, per acquisire competenze rispetto le problematiche. Importante l’osservazione anche in fase di intervento clinico. Ambito formativo - indipendentemente dal contesto specifico in cui l’osservazione diviene strumento per raccogliere dati, spesso ci sono training all’osservazione proprio per formare determinate figure professioniste per comprendere qualsiasi aspetto del comportamento umano. Bisogna soddisfare 3 concetti: 1. Allenarsi all’osservazione significa pian piano rinunciare a preconcetti e pregiudizi che possono derivare da una serie di conoscenze che fino a quel momento sono state sviluppate e acquisite e che portano spesso a rilevare alcuni aspetti nella realtà anche quando questi aspetti potrebbero non avere significato in funzione della valenza di quello che è il nostro obiettivo. Rinunciare dunque a conoscenze precedenti che derivano da conoscenze precedenti riguardo quel fenomeno stesso. 2. Diventare più abili a sospendere il giudizio. Osservare è diverso da interpretare. 3. Inibire qualsiasi tipo di intervento sull’oggetto osservato, sul partecipante, sul gruppo di bambini e sul contesto in termini generale: dunque non intervenire in alcun modo perché qualsiasi intervento potrebbe allontanare il dato osservato e spontaneo da quello che si verifica nella realtà. A monte, è una forma mentis, ovvero una predisposizione che va comunque esercitata e porta ad osservare la realtà circostante così da poter mantenere la validità e l’attendibilità. È importante osservare la realtà così come è. Parlando di osservazione, si mischiano significati che possono fare riferimento a dimensioni diverse dell’osservazione in generale, perché quando noi parliamo di osservazione in termini più generali, facciamo riferimento a qualsiasi forma di registrazione finalizzata all’acquisizione di conoscenze così da aumentare le conoscenze riguardo un fenomeno specifico. In questo senso ovviamente il termine stesso di osservazione intesa come registrazione finalizzata all’acquisizione di conoscenze implica un elemento di ricerca! Chiunque faccia osservazione ha come obiettivo finale recuperare informazioni e questa è l’accezione del termine osservazione, diverso da vedere e guardare. --VEDERE: Fa riferimento solo all’atto percettivo in sé. Percepire attraverso il senso della vista. --GUARDARE: introduce un elemento legato a processi attentivi. Posso percepire qualcosa con la vista e poi decido di porre il mio focus su quell’elemento piuttosto che su un altro. C’è volontarietà, non presente nel vedere, dove posso percepire delle cose anche senza intenzionalità. --OSSERVAZIONE: Solo quando osservo aggiungo, rispetto ai processi precedenti, la volontà di rilevare qualcosa, cioè di cogliere, rispetto a questo fenomeno che ho visto, elementi che contraddistinguono quell’oggetto che stiamo osservando. Dunque l’osservazione deve mettere insieme tutti e questi 3 processi e di conseguenza non ci può essere osservazione se non c’è intenzionalità, quindi la volontà di rilevare un determinato aspetto piuttosto che qualcos’altro. Se non c’è consapevolezza non posso fare osservazione, in quanto non posso cogliere aspetti della realtà se non siamo consapevoli di coglierli allo stesso tempo e se non c’è finalità legato al processo di ricerca e acquisizione di conoscenze e dati. Questo è il senso più generale legato all’osservazione e che può essere applicato con modalità differenti e in ambiti differenti anche nella vita quotidiana. Parallelamente può essere intesa come uno dei metodi per studiare scientificamente un aspetto o un fenomeno dello sviluppo infantile. raccogliere informazioni più dettagliate ed essere precisi nei comportamenti, ma però i tempi di osservazione diventano molto lunghi, perché moltiplicato per tutti i b del gruppo. 2. Scan sempling: quell’ora la dedico e la suddivido per tutti i b del gruppo: x es. 5 minuti per ciascuno, ovvero una scansione veloce di tutti gli individui presenti. È chiaro che se 1 decide per questa strategia, le informazioni che ha, per es. riguardo il comportamento pro-sociale, non possono essere che limitate alla sola comparsa. Ma non si hanno informazioni dettagliate riguardo elementi coinvolti, tipo ecc , quindi sappiamo già a priori che non potremo avere delle misurazioni qualitative così articolate tanto è vero che a volte la frequenza può essere sufficiente per soddisfare i nostri obiettivi. Al di la di questa limitazione, siccome il tempo a disposizione è limitato, i comportamenti devono essere frequenti. 3. Campionamento basato sul comportamento: quando i comportamenti sono poco frequenti. Non più i b. sono oggetto, ma è il comportamento oggetto di rilevazione. Dunque osservo quel b. che mette in atto i comportamenti da osservare. Dunque il focus è il b. richiede però che abbiamo un controllo in qualsiasi momento su tutto il gruppo, perché dobbiamo accorgerci e spostare subito l’attenzione su quel bambino che mette in atto il comportamento di nostro interesse. • Scegliere l’ambiente: è difficile! A volte più semplice, quando ci dobbiamo adattare. La prima distinzione da fare è quella tra: ambiente e situazione che non è la stessa cosa. Quando parlo di contesto osservativo sottende una dimensione ambientale, come spazio fisico e temporale di conduzione dell’osservazione, ma dentro quell’ambiente si possono creare diverse situazioni, ovvero eventi psicologicamente rilevanti per il b. quindi questo significa che tra ambiente e situazione non c’è una situazione univoca perché in certi ambienti si possono creare situazioni diverse e una stessa situazione può realizzarsi anche in ambienti molto diversi!!! Però determinati ambienti è più probabile che si verifichino determinate situazioni. Da tenere presente, per pianificare a priori la scelta è che sicuro il comportamento del b. qualsiasi situazione andremo a osservare è molto più influenzato dalla situazione che noi creiamo piuttosto che nell’ambiente fisico spazio-temporale e quindi ci dà maggiori capacità di giostrarci il nostro ambiente, ma contemporaneamente dobbiamo anche cercare di costruire la situazione migliore alla manifestazione di quel comportamento. Altri autori definiscono diversi ambienti o contesti in base al grado di struttura che i diversi ambienti hanno di per se e parallelamente al grado di struttura che l’osservatore impone a questi ambienti. Quindi altro modo di categorizzare e definire la scelta del contesto osservativo. Se noi ragioniamo x dicotomie noi sentiamo sempre parlare di contesto naturale, classe, casa.. e artificiale, laboratorio. Però la classificazione non termina qui, l’osservatore può strutturare questi ambienti diversi con gradi diversi, quindi io posso lasciare le cose come stanno e quindi sulla base di queste dimensioni abbiamo queste possibilità: 1. Condurre le osservazioni in ambiente naturale, studi sul campo, non strutturato ( x es se sono nella stanza del b. faccio giocare il b. con i suoi giochi, non reco cambiamenti all’ambiente) o strutturato (posso portare io dei giochi all’interno della stanza del b. e così strutturo l’ambiente), caso in cui siamo intervenuti strutturando l’ambiente. 2. Laboratorio, sicuro artificiale, dove si possono controllare una serie di variabili, ma allo stesso modo possiamo trasformarlo in una stanza giochi, simile al contesto educativo o famigliare, eliminando così tutto il grado di strutturazione possibile. Questi sono gli elementi da tenere in considerazione per scegliere il contesto: • Se è o non è famigliare • Se deve essere o non essere strutturato Importante ipotizzare la comparsa dei comportamenti che dobbiamo rilevare nei singoli contesti. dunque la scelta del contesto è sempre guidata da un’unica legge: massimizzare la comparsa del comportamento che vogliamo studiare, perché se non compare non si può misurare. Questa è l’unica indicazione che abbiamo. Le altre scelte sono date dalla riflessione sulla comparsa del comportamento. Altra considerazione da fare: più legate all’obiettivo finale: dunque quali sono le ipotesi e le domande iniziali, perché generalmente se riusciamo a strutturare un pò il contesto, la comparsa del comportamento aumenta, e quindi generalmente quando l’obiettivo è di raccogliere dei dati osservativi su tanti b., a scopo di ricerca o con studi longitudinali dove dobbiamo mettere a confronto diverse osservazioni sullo stesso b., è chiaro che il controllo sulla strutturazione ci garantisce l’omogeneità e questa corrisponde quasi sempre a validità. È anche vero che se l’osservazione è legata a scopi diagnostici, di intervento, non ci interessa di rendere omogenee le rilevazioni, ma mi interessa raccogliere le informazioni su quel b. specifico e quindi non ha senso strutturare l’ambiente, perché ci interessano soprattutto le situazioni in cui è inserito il b. che potrebbero avere ripercussioni sulle modalità x es. di gioco del b. nei contesti. Guida la scelta. Non dobbiamo però sempre controllare, perché noi dobbiamo comunque fare osservazione, e se continuassimo a controllare ci allontaneremo dalla situazione sperimentale e non possiamo arrivarci. Dunque dobbiamo rendere omogenee le situazioni senza però alterare troppo il contesto più rappresentativo del b. La struttura significa anche scegliere un ambiente piuttosto che un altro, decidere se un b. può o non può uscire dalla classe. Somministrazione di gruppo. In laboratorio, possiamo controllare aspetti che influiscono sul comportamento, so che la validità è buona, perché le situazioni sono omogenee quindi non ci sono variabili interveniente. D’altro canto però qualcuno sostiene che l’osservazione per avere validità ecologica debba essere sempre condotta in ambiente naturale. Questo non è detto perchè quello che garantisce la validità ecologica, non è l’ambiente come lo abbiamo definito noi in termini fisici, ma è la situazione così come è vissuta dal b. , quindi x es la SSP che implica la osservazione e genera stress nel b. se faccio una simil SSP in lab sono sicura che avrà validità ecologica perché vero similmente la situazione psicologica del b è del breve abbandono, ma se rifaccio la SSP a casa del b. non diventa ecologica perché siamo a casa sua ma a casa sua quante volte la mamma può andarsene in altra stanza , e quindi l’impatto a livello di stress potrebbe non essere ecologicamente valida. Dunque la scelta tra laboratorio e casa non è dettata dalla scusa di mantenere la validità ecologica perché ci sono situazioni che riescono a essere maggiormente create in ambiente artificiale, non famigliare , piuttosto che nell’ambiente naturale , famigliare e questo va tenuto in considerazione nella scelta dell’ambiente. (le prove strutturate implicano l’osservazione, è indiretta, ma c’è). 25/10/2017 L’osservazione è sistematica: definire a priori l’oggetto dell’osservazione, stabilire l’ambiente, contesto, dicotomia tra ambiente naturale e laboratorio, sottolineando come in base agli obiettivi i contesti possono essere interscambiabili e se possibile intervenire con una strutturazione dell’ambiente stesso da parte dell’osservatore. In termini di pianificazione, vediamo gli aspetti che riguardano le procedure e si distinguono le osservazioni dal vivo, ovvero carta e matita da quelle audio-registrate. Le prime implicano due possibilità che si riflettono su 2 tecniche diverse per elaborare il dato: può essere fatto annotando tutti i comportamenti dell’individuo, focale o meno oppure procedere con la registrazione dei comportamenti con supporti cartacei che prevedono comportamenti che sono oggetto della osservazione. In quanto osservazione e rilevazione in questo caso coincidono e quindi ci sono brevi periodi in cui l’osservatore osserva il comportamento oggetto di studio e altri in cui non osserva ma trascrive quello che è stato osservato immediatamente prima: avrà riflesso sul tipo di quantificazione del comportamento stesso. Dunque osservo e contemporaneamente ho il dato. Le seconde attraverso audio e video registrazione del comportamento. In realtà c’è modalità intermedia che è la modalità di registrazione audio, utilizzata nel contesto gruppo, educativo, dv non si possono usare videocamere perchè magari non ne danno il consenso, non si scrive ciò che osserva ma o detta in un registratore e poi ascolta e trascrive: via di mezzo perchè Più semplice la rilevazione ma spesso audio-reg difficile se siamo interessati a descrizione dei comportamenti legati alla situazione e che non fanno riferimento al comportamento che vogliamo studiare. Utile compromesso quando non si può usare video registrazione che è più semplice della rilevazione carta e matita. Quando c e questa possibilità, ha molti vantaggi che si declinano nelle 2 fasi: osservazione nella prima fase, dove videoregistro la situazione osservativa e poi procedo ad analisi specifica e codifica del materiale registrato. Ripercussioni su risorse disponibili: se le nostre osservazioni devono essere diverse, se uno osserva l'altro partendo da materiale videoregistrato può procedere ad analisi e codifica del dato. Quando gli osservatori non sono particolarmente esperti importante fare uso di materiale videoregistrato per semplificare la classificazione del dato soprattutto quando dobbiamo procedere ad una quantificazione in cui non siamo particolarmente esperti. Può accadere anche che poiché la codifica richiede tempi lunghi per arrivare alla quantificazione, se sono troppo lunghi, nel corso del tempo di analisi, il criterio di classificazione di un comportamento può anche variare. X es. se applico classificazioni nuove: dunque la videoregistrazione tiene sotto controllo anche questo. Questo si riflette su validità e affidabilità del dato e anche sul controllo finale dell’affidabilità e delle rilevazioni. L’affidabilità è controllata attraverso confronto tra rilevazioni fatte da 2 osservatori indipendenti che hanno analizzato lo stesso materiale. Almeno 2 osservatori procedono alla rilevazione del dato. Lo stesso dato non temporaneamente classificato e analizzato da 2 diversi osservatori poi si confrontano i risultati. Svantaggi videoregistrazione: • legati all’ambiente in cui è utilizzata la videoregistrazione: perchè videoregistrare implica che ho sempre sotto controllo il contesto, i b., che in quel momento sono oggetto della nostra osservazione: se c’è un mutamento nella situazione, la nostra capacità di spostare l attenzione è più veloce che modificare l inquadratura, che è molto più lenta. Se siamo in laboratorio, questo è attrezzato in modo tale che c sono più telecamere, ma se la videoregistrazione è in contesto famigliare o ampio, dover gestire noi la telecamera può portare indirettamente a perdita di info, magari rilevanti, che si manifestano nel momento in cui dobbiamo rilevare l’ampiezza del campo. • Altro limite legato alla reattività degli individui osservati alla telecamera: questa non è problema nel momento in cui la rilevazione viene fatta in laboratorio, in quanto ci sono telecamere nascoste, mascherate; ma se utilizzate in contesti educativi, a meno che non siamo in situazioni particolari in cui i b. sono abituati a essere registrarti, forse introdurre telecamere generi un innalzamento del livello di reattività dei b. che potrebbero passare più tempo a interagire con osservatore che li registra e distogliere focus dal proprio comportamento. Ultimo aspetto: legato alla modalità: diverse tipologie di processi osservativi: senso xke andrebbe contro il significato dell’utilizzo della cl. Altro aspetto che ci fa decidere è legato al tipo di valutazione che possiamo fare con una checklist. Serve per vedere se nei b ci sono i comportamenti prototipici dello sviluppo motorio a quella età. Si usa in ambito applicativo x una valutazione o discriminazione tra sviluppo atipico o ritardo. 2. SCALE DI VALUTAZIONE: misurazione e valutazione di costrutti multifunzionali, come lo sviluppo sociale x es. in tutte le scale. Il compito dell’osservatore è dare giudizio globale sull’intensità del comportamento che è stato osservato. Dunque quanto c’è in termini di frequenza e intensità. Questi giudizi, singoli, sono riferiti a manifestazioni comportamentali significative di ciò che sto misurando, se devo dare un giudizio, devono essere scalabili. Da considerare che ciò che misuro e giudico, non è quello che voglio misurare, perchè ciò che misuro è la variabile psicologica sottostante. Per questo bisogna comprendere, conoscere il significato di ogni descrizione comportamentale di ciò che sto misurando. Diventa importante l’interpretazione: non più sufficiente un giudizio di frequenza, ma dobbiamo dare un significato a quel comportamento. Ha un significato particolare con il costrutto che devo interpretare. Vedi sulle slides la scala di valutazione del comportamento e della competenza sociale: Vediamo aspetti molto diversi ke sottendono xò sempre la stessa cosa: ovvero la competenza sociale!!! Deve essere mitigato il comportamento e può essere fatto attraverso l’interpretazione. Il tipo di giudizio può essere diverso: grafico, numerico, categoriale, ciò che le connota in assoluto è che la scala è strumento osservativo che permette la misurazione di variabili difficili da quantificare perché non sono riconducibili ad un unico comportamento, ma ci deve essere una valutazione multidimensionale. Inoltre anche la valutazione è semplice, ma non si prende nota di ogni comportamento, ma formulo subito il giudizio globale ed è semplice in termini di tempo e tecnica. Non si può ottenere una valutazione che non dipende dal contesto in cui svolgiamo l’osservazione. La scala vuole dare una misura depurata. dunque sempre prove diverse in contesti diversi. Ho valutazione in termini di quantificazione del costrutto. Posso rilevare differenze individuali. È un giudizio globale. Limita l’utilizzo in funzione degli obiettivi del dato. Ci chiede un numero, un giudizio e quindi può essere influenzata dalla soggettività. dal punto di vista della misurazione è necessario che le differenziazioni siano numerose. 26/10/2017 3. SCHEMI DI CODIFICA Griglie che permettono la quantificazione più complessa del comportamento osservato. Questo significa che possiamo ottenere molte più misure rispetto al punteggio globale delle scale di valutazione come la check list. È dunque una valutazione articolata e di conseguenza nella sua articolazione ci permette un livello di controllo molto elevato e più si controlla e più siamo certi del fatto che i dati siano dati attendibili, affidabili. Ci allontaniamo dalla soggettività per avvicinarci all’oggettività. Lo schema di codifica è formato da descrizioni comportamentali già stabilite prima, dunque ciò che deve essere osservato deve essere resa esplicita e questo ci permette di considerare alcuni aspetti della realtà, alcuni comportamenti dimenticandoci di tutto il resto che pur potremmo rilevare. La scelta di quali comportamenti osservare, quindi categorie che andranno a costituire il nostro sistema di codifica, segue sempre la stessa regola, ovvero la necessità di approfondire in maniera chiara qual è la relazione intercorrente tra la nostra variabile concettuale, che vogliamo rilevare, e la variabile osservata. Dunque bisogna operazionalizzare. Quello che noi possiamo direttamente osservare sono delle risposte, dei comportamenti su base motorio o su base vocale. Rilevo direttamente x es una stringa di suono o una sequenza di movimenti: questo è l’elemento di base. Quanto più ci discostiamo da questi elementi di base, tanto più stiamo definendo delle descrizioni comportamentali e delle categorie che si collocano a livelli di analisi differenti. Questo può essere la rappresentazione del continuum: da un estremo abbiamo codici fisici, risposte motorie e stringa di suoni, qualcosa legata a ciò che osservo direttamente nel movimento e nella produzione dell’individuo e naturalmente più ci discostiamo e più ci avviciniamo all’altro estremo che potrebbe essere rappresentato da quello che chiamiamo codici sociali, cioè le stesse risposte vocali e motorie che si verificano in un determinato modo in una determinata sequenzialità o co-occorenza a cui noi associamo un significato. Se una categoria di uno schema di codifica per i gesti comunicativi include il pointing, questo che io rilevo direttamente è una serie di singole risposte motorie e quindi questo tipo di categoria non è l’estremo codici fisici, perché sarebbe tutti i singoli movimenti che io devo fare per produrre un pointing, ma non sta nemmeno qua perché io non devo interpretare niente. Una prima differenziazione degli schemi di codifica riguarda proprio il livello di analisi delle nostre categorie. Quindi uno schema di codifica può essere costituito da categorie, descrizioni comportamentali più ampie che stanno verso i codici sociali o fisici? Gli schemi di codifica che si collocano a un livello di analisi più ampia , i codici sociali richiedono un grado di inferenza del significato, sicuramente non paragonabile a quando le categorie si avvicinano all’altro estremo . codici sociali implicano l’attribuzione di un significato che noi possiamo dare sulla base di convenzioni, regole, contenuti, conoscenze che derivano da processi di natura sociale, mentre se per es devo guardare dove va l’occhio, non ha nessun significato e quindi devo solo rilevare. Se invece devo dire che quel comportamento nel b. è di tipo pro sociale io do un significato, e quindi si basa su processi di natura sociale. Per es. indicare che fa riferimento al pointing è un esempio di categoria che sta verso i codici fisici e che queste vengono chiamate categorie molecolari o analitiche , quindi sono categorie dove spesso ciò che osservo ha immediatamente il significato associato alla denominazione di quella categoria, dove non si devono fare inferenze. Il pointing ha una corrispondenza univoca con una categoria che si chiama …. Più sono molecolari e più ho corrispondenza tra comportamento e categoria o descrizione comportamentale. Se parlo di gioco parallelo, categoria utilizzata quando si osserva e si analizza il comportamento di gioco per dare informazioni sullo sviluppo sociale, sulla competenza del comportamento sociale del b., questa è la definizione, in termini di lunghezza, le categorie molecolari hanno una definizione che è descrizione di quel comportamento, le definizioni delle categorie molari sono molto più ampie: il gioco parallelo è definito in questo modo: “il b. gioca da solo manifestando spontaneamente un comportamento simile a quello degli altri individui: se gioca con giocattoli, questi sono simili a quelli utilizzati dai b. di 5 anni …..” questa è la definizione di quella categoria li. Naturalmente nel gioco parallelo potranno rientrare risposte motorie e vocali molto diverse tra loro e ce ne saranno tante che, insieme assumendo quella conformazione in quel contesto, possono essere classificate come gioco parallelo ma in realtà la risposta motoria, il singolo comportamento, può essere lo stesso in tante categorie; è il significato che noi gli diamo che deve essere questo- la conseguenza è che le categorie macroanalitiche o molari hanno come immediata conseguenza una chiara discrepanza tra il loro significato che diamo alla categoria e la descrizione dei comportamenti che vi rientrano, perché non sono in grado di fare una precisa descrizione del comportamento, tanto è vero che in questo esempio, non ci sono delle definizioni comportamentali, quindi mentre nel pointing abbiamo corrispondenza diretta tra il nome della categoria “indicare” e quello che è il comportamento , qua comportamenti non ce ne sono e non ce ne possono essere, perché non c’è una corrispondenza univoca tra significato e descrizione, quindi importante è non focalizzarsi sulla tentativo di spiegare quella categoria cercando di elencare tutti i possibili comportamenti che potrebbero rientrare, perché questo è impossibile, ma bisogna sforzarsi di fornire una descrizione sufficientemente chiara e condivisibile cosi che osservatori diversi, una volta che leggono quella definizione e osservano un determinato comportamento, troviamo immediatamente la corrispondenza, quindi associare quel significato a ciò che osservano. Quindi si tratta di affinare la descrizione delle categorie al punto di arrivare all’univocità dell’interpretazione del comportamento. Da questo ne deriva il fatto che se uno schema di codifica presenta solo le denominazioni, termini associati alle diverse categorie, senza spiegazione, è uno schema di codifica che non va bene. Il primo aspetto su cui impareremo a classificare i sistemi di codifica è data dal livello di analisi delle categorie, dunque micro e macro. L’altra questione su cui i sistemi di codifica vanno classificati e dunque su cui bisogna fare delle scelte è legato a come decido di segmentare il flusso di eventi osservati: queste unità comportamentali che quindi sono un pezzo del flusso che osservo e che andranno a fare parte di una categoria piuttosto che di un’altra, possono essere il riflesso di una segmentazione di tutto ciò che noi osserviamo in unità diverse e successive una all’altra, oppure in unità diverse che si possono verificare simultaneamente. Quando osservo un’interazione m-b posso utilizzare uno schema che prevede che qualsiasi unità comportamentale io osservi, ha solo una categoria dove poter rientrare oppure quella singola unità può contemporaneamente rientrare in categorie diverse e quindi sono categorie co- occorenti. L’altra dimensione è relativa all’organizzazione interna delle categorie che possono essere micro o macro ma anche esclusive o co-occorenti. Tutto questo ha riflesso su ogni dato. Quindi x es se il mio schema di codifica serve x classificare e quantificare il comportamento di sguardo del b. e le mie categorie sono: sguardo alla madre, sguardo all’oggetto in una situazione di interazione triadico, sguardo altrove, queste categorie fanno riferimento alla classificazione dello sguardo del b. e sono co-occorenti o mutualmente esclusive? Esclusive! Quando ho il mio flusso comportamentale, e in questo caso il flusso comportamentale è relativo al b. poi se il b piange ride salta non è importante nonostante sia eventi che accadono, se guarda la mamma nello stesso momento, quell’unità comportamentale non può essere classificata come guarda l’oggetto- sono dunque categorie mutualmente esclusive perché le unità di analisi su base della quale viene segmentato il flusso comportamentale oggetto di indagine, sono distinte e successive , una dopo l’altra. Se però per classificare questa interazione, io non sono interessata solo allo guardo, non rilevo solo quello, ma anche suoni e vocalizzazioni prodotte, allora il flusso comportamentale verrà segmentato ogni volta che ci sarà un evento significativo per me in termini di sguardi e uno significativo in termini di vocalizzazione prodotta e in questo caso, poniamo che le categorie dello sguardo siano sempre queste e poniamo che tra i suoni ho due categorie: “grunt” e “vocalizzazioni”, e queste fanno parte del mio sistema di codifica degli aspetti comportamentali del b. , queste categorie nel loro complesso sono o no mutualmente esclusive? No, xkè il b. può guardare la mamma e vocalizzare, oppure guardare la mamma e basta, può guardare l’oggetto e produrre un “grunt” oppure produrre solo un “grunt” e guardare altrove… quindi se li metto insieme in un sistema unico, le categorie non sono più mutualmente esclusive, ma io ho un insieme di descrizioni comportamentali che corrispondono alle categorie degli schemi di codifica che mi permettono di segmentare il flusso comportamentale da misurare in unità si diverse, ma che possono presentarsi simultaneamente e che quindi sono co-occorenti. L’ultimo aspetto sulla base del quale i sistemi di codifica possono differenziarsi è anche il carattere di esaustività o meno: se schema di codifica è esaustivo, allora le categorie che lo costituiscono rendono possibile associare ad ogni unità di analisi un codice o classificazione. Non c’è un evento rispetto al quale noi non abbiamo un codice. Se così non è allora lo schema di codifica è caratterizzato da categorie non esaustive. Lo schema di codifica dello sguardo nell’ esempio è o no esaustivo? Ho sempre a disposizione una categoria qualsiasi sia l’unità di analisi in cui segmento il flusso del comportamento? Si, xkè io quello che devo segmentare è il comportamento di sguardo, quindi, a patto che il b. non si addormenti, ho sempre una categoria che mi dice dov’è il focus dello sguardo del b.: sulla mamma, sull’oggetto o sul resto del mondo. reciproco sull’oggetto che vorrà dire “in questo segmento interattivo, entrambi i b. focalizzano la stessa attenzione sull’oggetto che stanno manipolando” è diverso dal dire : “ c’è un evento che io posso classificare come monitoring: il processo è diverso e noi possiamo ottenere a seguito dell’applicazione dell’uno o dell’altro delle quantificazioni molto diverse: se applico le microanalitiche, per ognuna di esse avrò una quantificazione altrimenti avrò una quantificazione per il monitoring, infine, senza sapere se lo sguardo è reciproco, o sull’oggetto o sul partner ecc. avrò una quantificazione delle informazioni complementare e interaz Dobbiamo scegliere il livello di analisi in funzione della domanda che siamo posti all’inizio. Potrei utilizzare le macro. Ma se voglio info anche qualitative, analizzo a livello micro. Dunque l’omogeneità è all’interno dello schema. Se parto da microcategorie posso anche trasformarle in macro, ma non viceversa. Per la costruzione dello schema: la prima tappa: farsi una domanda specifica e saper individuare le unità di analisi che meglio corrispondono al costrutto che vogliamo misurare cosi da dare una risposta alla nostra domanda. Osservazione precedente allo schema: come fare una ricerca pilota: osservo il comportamento e l’osservazione deve permettere di rendermi conto quali sono x es i comportamenti ke in bambini di quell’età presentano. Importate individuare le unità di analisi. Una volta costruito lo schema, va messo alla prova perché potremmo renderci conto ke ci sn dimensioni rispetto le quali nn abbiamo previsto una categoria, ma potrebbero darci informazioni rilevanti. Lo schema di codifica va integrato. Inoltre la classificazione delle categorie è importante: potremmo nn sapere se far rientrare una certa unità in una categoria piuttosto ke un'altra. Inoltre un sistema di codifica nn deve cogliere tutti i comportamenti, quelli nn colti sono comportamenti particolari, ke potrebbero darmi info rispetto la mia domanda iniziale? Se si devo ripartire da capo. Quindi ciò ke prima nn avevo rilevato, potrebbe interessarmi ed essermi di aiuto Infine bisogna vedere se lo schema di codifica è affidabile, ovvero mi permette di raccogliere dati attendibili. Se lo schema è nuovo o lo modifico devo fare il controllo del’ attendibilità, xke se nn c’è attendibilità del dato non posso continuare. È come fare una ricerca pilota. Lo schema di codifica è una griglia che mi permette una quantificazione più articolata. Lo schema di codifica può essere applicato all’osservazione in modo diversi. Dunque parlando di schemi di cod., la strategia di rilevazione fa riferimento alla modalità con cui lo schema di codifica viene applicato al comportamento in corso, estraendo da esso valori numerici che possono essere usati per le analisi successive. Le strategie di applicazione di uno schema possono differire per: • Unità di codifica: applico schema di cod, ke si basa su unità di codifica ke sn eventi. Oppure posso applicare lo stesso schema di codifica, sapendo ke si tratta di intervallo di tempo. Ci saranno strategie di rilevazione x eventi e per intervalli temporali • Modalità di applicazione: indipendente dalla codifica procedo con codifica continua oppure intermittente. Se continua: ogni evento classificabile deve essere classificato. Ciascun intervallo deve avere un codice. Dunque questo influisce sulla quantificazione. Quella continua ricopre tutto, quella a intermittenza no, in quanto ci sn momenti ke abbiamo deciso di nn rilevare. Dunque le strategie derivano dall’incrocio tra i due. Dunque come faccio a scegliere quali usare? Dipende da molte cose. Criteri guida per la scelta: modalità di osservazioni. Ci sn diverse modalità: • video reg e osservazione dal vivo: cioè applico sistemi di codifica a materiale registrato, come se l’osservazione la abbiamo sempre e quindi posso applicare tutti i codici. • Se osservo dal vivo invece è tutto complicato, dv ci sn momenti dedicati all’osservazione e momenti in cui invece noi non osserviamo ma scriviamo, e questa è a intermittenza. Dunque fare rilevazioni a unità continua è difficile trovarle. Ci sn molte caratteristiche che si incrociano. più la situazione è complicata, più è probabile che il dato sia inattendibile. Dunque bisogna cercare di rendere semplice ciò ke è complicato. Più aumentano i soggetti e più diventa complicato fare osservazione. Lo schema di codifica comprende molte o poche categorie? Il luogo dove si svolge l’osservazione è ampio o stretto. Se siamo in laboratorio in 2 mq, possiamo farcela anke dal vivo, ma nel giardino cn altri coetanei è diverso, diventa più complicato. Dimensione relativa a tutte le articolazioni insieme. Le caratteristiche degli eventi che devono essere codificati: qualsiasi evento comportamentale Si differenzia su 2 dimensioni: eventi momentaneicaratterizzati da frequenza. La durata nn centra. Quello ke mi interessa e ke devo rilevare è la loro frequenza eventi durevoli caratterizzati da frequenza e durata. Vi sono 4 tipi di comportamento che possono essere oggetto di osservazione: • Momentaneo e frequente. • Momentaneo e infrequente • Durevole e frequente • Durevole e infrequente. La scelta della strategia sarà orientata a massimizzare la possibilità di rilevare le diverse tipologie di comportamento. 1. Questioni pratiche 2. Inerente la variabilità del comportamento, di comparsa e di frequenza e a volte anke di durata. Quando devo applicare uno schema con modalità intermittente la rilevazione non può essere precisa come quella continua, perchè ci sono momenti in cui si procede con rilevazione e classificazione del comportamento, contro momenti in cui non avviene. Per questo non è continua e non è precisa perchè potrebbero non rilevare quei momenti che possono essere importanti. Dunque sono meno preciso ma in certi casi necessarie. Modalità di codifica continua di eventi: applicabile a: eventi o intervalli Temporali. Vi sono due modalità: 1. La più semplice è la codifica continua di eventi senza informazioni temporali: è il comportamento che fa scattare la codifica e quindi applicazione di un codice. se procedo così e non ho informazioni temporali. Il compito dell’osservatore ha 2 passaggi: Osservare e rilevare la comparsa di quei comportamenti inclusi nello schema e se si presenta lo rilevo, altrimenti no. Rilevo in modo continuo gli eventi e dunque la comparsa. Quante volte compaiono e applico il codice appropriato quando necessario. Quando ho concluso l’osservazione posso derivare determinate misure: • Frequenza assoluta delle volte in cui il b ha guardato la mamma, l’oggetto o altrove. Ma ha significato attendibili con tempi osservativi diversi e se lo schema di codifica fa riferimento a un repertorio comportamentale, se gli eventi sono diversi. Se invece fossero tutti gli stessi allora potrei misurarli in termini di frequenza assoluta. Dunque devo sempre controllare questo aspetto. Se non ci sono troppe differenze posso, ma se la produttività è diversa no! • Frequenza proporzionale rispetto al tempo di osservazione. Osservo tanti b. o lo stesso tante volte. Quando stabilisco la durata del tempo di osservazione con i b. x determinati motivi, nn è detto ke ho x ciascun b. un tempo unico, ma possono essere variabili. Utilizzare la frequenza ass sarebbe sbagliato, quando i tempi di osservazione sono diversi. E duqnue avrà lo stesso significato. Stessa misura ke tiene conto delle possibili variabilità dei tempi. • Percentuale o proporzione di comparsa: rispetto alla totalità degli eventi osservati. Da calcolare quando applico schemi multi-categoriali con una serie di eventi classificati in modo diverso. Quando utilizzare questa strategia: • Con osservazione dal vivo. Soprattutto cn schema cn poche categorie. Il fatto di prendere atto solo della comparsa facilita. • Riflessione sulle caratteristiche degli eventi. Se sto rilevando i suoni preverbali sono generalmente momentanei. • Nei casi in cui gli eventi in realtà hanno una loro durata e anche abbastanza elevata, è difficile dire in realtà quando un comportamento inizia e finisce. Non si può identificare un momento preciso! Esercizio: interazione b-oggetto esplorazione visiva: il b. osserva l’oggetto senza toccarlo. Può essere un esempio esplorazione orale: il b. avvicina l’oggetto alla bocca al fine di esplorarlo. manipolazione passiva: il b. non ha contatto fisico con l’oggetto, tenere ma non guardare l’oggetto. C’è contatto con l’oggetto con applicazione di un unico schema di azione senza però essere accompagnato dallo sguardo manipolazione attiva: quando ha l’attenzione sull’oggetto, tenere e guardare l’oggetto. Tutta una serie di schemi di azione che possono essere accompagnati dalla vista. Questo schema ha più categorie micro o macro? Micro. Categorie sono mutualmente esclusive o no? Si , quindi x ogni eventi vi è un codice. È o no esaustivo? C’è un codice ke si può prevedere o no? Se ho un codice è esaustivo, se non ho un codice non lo è. Questo lo è. È l’unità comportamentale ke porta a rilevazione ed eventuale classificazione. Si osserva se il b guarda solo l’oggetto. Stessa cosa nel 3 comportamento. Si riflette sulle stime 3 caso: Unico comportamento che inizia e finisce all’interno dello stesso intervallo ma non lo copre tutto. Anche qui si tratta sempre dello stesso codice, quindi non cambia niente. 4 caso: Diverso quando all’intervallo si susseguono comportamenti con codici diversi. Ci chiediamo: ma se in un intervallo rilevo comportamenti classificabili con codici diversi, quali utilizzo x classificare quell’intervallo? • Se sono nelle condizioni di farlo, ovvero con materiale videoregistrato: classifico quell’intervallo sulla base di tutti i codici che abbiamo rilevato in quell’intervallo: per es GA GO GP … si può fare nelle condizioni giuste, ma ha ripercussioni nel calcolare le misure, perché : per calcolare la durata, uso l ampiezza dell’intervallo , ma se nel mio int compaiono 3 codici non è che quando vado a contare conto come se ne avesse 1, ma devo dividere l’intervallo per il numero di codici che ci sono. Questo per la durata. Per quanto riguarda la frequenza: dipende da come li segniamo. se vedi esempio su slide: 5 , 6 , 7 rappresenta l’ordine sequenziale di comparsa dei relativi eventi, allora seguo la regola dei codici consecutivi: il 7, se mantengo l’ordine , allora l’ultimo pezzo dell’intervallo 3 che ricompare poi nell’intervallo 4 è un unico intervallo. Se non sono sicuro che quello è l’ordine di comparsa, allora i due 7 sono due eventi distinti. Caso in cui nel momento in cui compaiono piu evnti , l’osservatore vuole rilevarli tutti. 5 caso: Alternativa: procedo a priori, sulla base degli intervalli temporali, che tipo di strategia voglio applicare tra le possibili strategie di campionatura temporale: questo vuol dire che non tutti i comportamenti che si verificano in un dato intervallo sono codificati, ma solo alcuni sulla base di criteri che devono essere stabiliti precedentemente alla rilevazione. Ovviamente se stabilisco a priori che ci saranno comportamenti codificabili che non rileverò, ma che sono codificabili e lo so già perché le strategie a rilevazione temporale si basano su questa scelta, io lo capisco che ovviamente questo tipo di strategia ci avvicina ad una strategie di rilevazione intermittente perchè pur essendo la codifica degli intervalli temporali continua, perché io classifico tutti gli intervalli temporali in cui ho suddivido la sessione osservativa, stabilisco a priori che alcuni possibili comportamenti se si verificano in concomitanza con altri non verranno presi in considerazione. Dunque non può essere continua perché tra un evento e un altro può non esserci qualcosa. Non c’è la continuità temporale di prima. A priori per rendere più semplice l’applicazione, decido criteri x classificare l’intervallo, ovvero li segno tutti. Nel flusso comportamentale reale non li rilevo e quindi non è intermittente. 3 strategie a campionatura temporale: metodo di rilevazione dell’attività dominante: intervallo in cui compaiono più comportamenti classificabili, viene classificato sulla base del comportamento ke all’interno dell’intervallo ha la durata più lunga ( in questo senso è dominante): se in 10 sec il b guarda oggetto x 6 sec e la mamma per 4 sec quell’intervallo si classifica con GO perché dura di più, quindi dominante in termini di durata. Utilizzata raramente perchè le strategie di campionatura temporale servono a rendere più semplice il compito di classificazione degli intervalli i metodi più utilizzati sono: metodo della frequenza modificata e metodo della campionatura istantanea Metodo di frequenza modificata: più utilizzato. Prevede ke all’intervallo di intervallo con più comportamenti Ognuno è associato all’intervallo la prima volta che si presenta per es. GO GP GO, dunque metto tutti i codici la prima volta che compaiono indipendentemente dalla loro frequenza, quindi sarà GO GP. Proprio perché le strategie a campionatura prevedono di non considerare certi comportamenti (per questo si dice sia a intermittenza) avrebbe senso calcolare delle misure? Quando a priori so che alcuni comportamenti non li ho considerati? NO!!! Non sarebbero misure attendibili, e quindi quando parliamo di strategia a campionatura temporale, indipendentemente da quella che si utilizza, non posso procedere con il calcolo delle misure che conosco. Posso tenere solo 1 punteggio. In questo caso, il punteggio è dato dal rapporto/ proporzione di intervalli in cui il comportamento si è verificato, numero di volte in cui è stato rilevato il codice sul totale degli intervalli a disposizione, che corrispondono alla durata dell’osservazione. Dunque numero di intervalli in cui si è classifica il codice diviso il numero totale di intervalli. Questo punteggio non equivale alle misure che si possono calcolare nella codifica continua, perché è intermittente!!!! Altrimenti avremo le solite stime della codifica continua x intervalli. Ho una misura che non può corrispondere nè a frequenza nè a durata perché so già che alcune occorenze di quel codice non sono date prese in considerazione xkè non richiesto, ma questo punteggio correla sia con la frequenza che con la durata effettive del comportamento. Quindi mi da un’informazione attendibile che riflette contemporaneamente aspetti di frequenza e di durata pur non corrispondendo a nessuna delle due. Quindi è l’espressione di una sorta di quantità generale espressa in produttività e durata, ma non equivale ne a durata ne a frequenza perché se uno stesso comportamento compare 2 volte nell int io lo segno 1 sola volta e quindi sovrastima la durata del comportamento xkè ho sempre gli intervalli come parametro, ma se calcolo la proporzione tra il numero di volte in cui ho rilevato il comportamento e il totale deli intervalli, questo punteggio, a patto che l’ampiezza degli intervalli sia stata scelta adeguatamente, rappresenta un ammontare di quel comportamento rispetto agli altri. CAMPIONATURA MOMENTANEA Altra strategia a Campionatura del comportamento. Diverso criterio per classificare gli intervalli: lo classifica sulla base del comportamento classificabile che si verifica nell’ultimo istante dell’intervallo temporale. In 15 secondi di intervallo dove vi sono più comportamenti si decide di classificare l’intervallo con l‘ultimo comportamento classificabile che si verifica. Diventa chiaro che ogni intervallo è classificato con un solo codice. Quindi come x l’altra, la scelta di selezionare solo alcuni comportamenti indipendentemente dal criterio che si usa, trasforma questa rilevazione in una rilevazione intermittente (perché certi comportamenti non li prendiamo in considerazione), anke in questo caso l’unica misura ke posso ricavare è il punteggio, proporzione tra il numero di frequenze associate a questa categoria sul totale degli intervalli (in questo caso il numero dei codici corrisponde a quello degli intervalli). Non si può confrontare con misure relative a durata, ma se l’ampiezza dell’intervallo è corretta ed è breve, visto che si prende in considerazione solo l’ultimo comportamento, questo punteggio è una stima corretta della proporzione di tempo in cui il comportamento si è verificato nella sessione osservativa. Perché questo sia vero si deve Riflettere su alcuni aspetti: basandosi sulla rilevazione di qualcosa che succede sull’ultimo istante, se i fenomeni sono poco frequenti e sono momentanei, la scelta stessa non mi permette di ottenere un punteggio attendibile al tempo speso. Quindi questa è una strategia semplice da applicare e porta a attendibilità quando gli eventi sono frequenti e hanno una certa durata temporale. Se ho a che fare con categorie molari che spesso sono l’esito di un’interpretazione necessaria perché si compongono di una sequenza comportamentale. Dunque il comportamento assume un significato in funzione della sequenza di tanti comportamenti, del contesto, della situazione ecc. quindi un qualcosa che essendo macro, nella realtà corrisponde non tanto ad un evento specifico ma ad una sequenza comportamentale. Se è vero questo, la C:M: mi dice di categorizzare il comportamento nell’ultimo secondo con categorie macro, dare uno sguardo all’ultimo istante del comportamento non mi permette di comprendere il significato del comportamento. Quell’aspetto su cui noi focalizziamo l’attenzione è scollegato dalla sequenza precedente che ci permette di dare significato all’evento comportamentale. Se le categorie sottendono eventi comportamentali che non rendono chiaro il significato del comportamento focalizzandosi solo sull’ultimo istante del comportamento, o quando ho comportamenti dove non riesco a cogliere l’inizio e la fine del comportamento allora questa strategia non ha senso applicarla nei casi in cui si hanno esigenze che fanno si che la presenza costante dell’osservatore potrebbe influenzare la rilevazione del comportamento. Quindi la presenza dell’osservatore potrebbe influire sul comportamento e dunque distorgere il comportamento, in quanto l’osservatore potrebbe dare fastidio, oppure potrebbe fare in modo che le persone non si sentano a loro agio e quindi non compiono bene quel determinato comportamento ecc. Quando esigenze ke dicono ke la presenza costante dell’osservatore potrebbe influenzare la rilevazione del comportamento. O xkè l’osservatore da fastidio ecc. queste strategie si usano in cliniche, ospedali, nelle rilevazioni neonatali dopo il parto. Quindi x cogliere aspetti particolari ha senso ke il tempo di osservazione sia suddiviso in tempi particolari e la presenza dell’osservatore si riduce a piccoli periodi e non a tutta la durata dell’osservazione. In alcuni casi la scelta della strategia dipende da difficoltà legate a tutto il processo osservativo. Strategie principali: misure a seguito dello schema di codifica e della strategia ke si utilizza: -misure derivate e temporali. La prime, si possono calcolare a partire da qualsiasi rilevazione purchè sia continua. Frequenza proporzionali al tempo di osservazione Le temporali possono essere di tipo continuo oppure per eventi senza informazioni temporali. LA PERCENTUALE DI ACCORDO. Procedimento per ottenere indici di accordo tra osservatori indipendenti nel caso in cui il sistema di codifica …… se il compito dell’osservatore diventa strumento per rilevare un dato comportamento, si procede con il calcolo della percentuale di accordo sulla comparsa e quindi verifico il rapporto dato dal rapporto degli ACCORDI / ACCORDI + DISACCORDI * 100. Quando, oltre alla rilevazione del comportamento, si deve procedere anche con la classificazione del comportamento in categorie è comunque possibile applicare agli eventi rilevati da entrambi il calcolo della percentuale di accordo sulla classificazione, ma questo indice è influenzato dal numero totale delle categorie che vanno a comporre lo schema di codifica. La percentuale di accordo sulla classificazione non permette di controllare gli indici di accordo da quella che è la proporzione di accordi dati dal caso, così nei casi di categorie non numerose si procede con il calcolo del k di Cohen. Ci permette di scorporare la proporzione di accordi osservata da quella che è ottenuta dal caso. In entrambi i casi, -Il passo iniziale è procedere con corretta identificazione di eventi da parte di entrambi gli osservatori. Bisogna essere certi che stiamo trattando gli stessi eventi. Se ci si basa solo su frequenza si possono ottenere percentuali di accordo elevate, ma che fanno riferimento a eventi diversi. La formula del k di Cohen è un rapporto in cui il numeratore è dato dalla differenza tra la proporzione di accordi osservata e la proporzione di accordi dovuti al caso / 1- proporzione di accordi dovuti al caso. -Costruzione di matrice di confusione: tabella a doppia entrata. Dopo identificazione eventi, rispetto gli eventi di entrambi si guarda se i due osservatori rilevano o non rilevano i medesimi comportamenti (Vedi esempio sulle slide). Tabella dei 2 osservatori: vedere gli eventi x verificare la loro frequenza derivati da entrambi da uqelli ke derivano dalle omissioni di uno degli osservatori. Identificazione semplice xke ho tempi di inizio e di fine x ciascun evento. Cercare di capire gli eventi rilevati da entrambi. 1 evento è rilevato da entrambi, anke il secondo. Il terzo INDICI NELLA RILEVAZIONE DELLA COMPARSA NELLA STRATEGIA DI RILEVAZIONE PER INTERVALLI TEMPORALI. Indici da calcolare rispetto all’accordo tra gli osservatori indipendenti a partire da schema di codifica con strategia di rilevazione x intervalli temporali. Si modificano gli indici x calcolare l’accordo qualora si voglia rilevare la comparsa o meno di un comportamento in un singolo intervallo. Prendo in considerazione gli indici ke nella rilevazione per eventi corrisponderebbero alla percentuale di accordo sulla comparsa. Procedura simile. Stiamo dunque vedendo se un comportamento si verifica o meno indipendentemente dalla classificazione del comportamento. Procedura simile: nella rilevazione per eventi abbiamo confrontato se i due osservatori avevano rilevao o meno un comportamento indipendentemente dalla classificazione, ora nella rilevazione per intervalli temporali l’identificazione nn è necessaria, ma confronto ogni singolo intervallo in riferimento ai due protocolli andando a conteggiare quante volte i 2 osservatori concordano o no nella rilevazione del comportamento in oggetto. Per produrre questi indici ho 4 indici possibili 1. S-I: importanti gli intervalli temporali in cui almeno uno dei 2 osservatori ha registrato la comparsa del comportamento in esame e l’indice viene calcolato dividendo il numero degli accordi per la piuttosto che ampio ecc quante sono le categorie ecc), più si riflette sull’attendibilità del dato, dunque più semplice è la situazione osservativa nel suo complesso maggiore è la credibilità/attendibilità del dato indipendentemente dalla frequenza del comportamento, il fatto ke un comportamento è frequente non incide sul grado di affidabilità. Mentre gli aspetti legati alla complessità e in particolare al numero di categorie incidono molto sull’affidabilità del dato. Solo gli aspetti basati sulla qualità influiscono. Altri aspetti: grado di conoscenza di un possibile controllo sulle rilevazioni: quando si mette alla prova l’attendibilità di osservatori indipendenti, soprattutto nella fase iniziale è preferibile che gli osservatori non devono essere a conoscenza di quando avverrà il controllo e soprattutto su quale rilevazioni verrà fatto, xkè tiene alto il livello di affidabilità. Altro aspetto riguarda la distorsione consensuale tra osservatori (accade nel momento in cui ci troviamo di fronte a rilevazioni molto ampie in cui sono presenti molti osservatori): la rilevazione richiede tempo e se decido di utilizzare questo strumento per avere dati su un gruppo di partecipanti molto ampio, è abbastanza impensabile che io possa fare affidamento solo su un osservatore ma ritengo di dover fare affidamento su più osservatori. Quando i partecipanti sono tanti il compito si distribuisce tra più osservatori. Ci sono almeno 2 osservatori indipendenti al fine di calcolare l’accordo. L’accordo trasversale è minore rispetto a quello dei due osservatori perché nel corso del lavoro si può creare un consenso rispetto ai periodi critici. A lungo andare questo accordo diventa consensuale che non deve x forza consentire attendibilità del dato; per questo bisogna eliminare i rapporti tra gli osservatori. IL COMPORTAMENTO DI GIOCO Soprattutto nella prima infanzia è un aspetto del repertorio comportamentale dei b. con grande rilievo, in quanto si connota come comportamento particolare e come situazione contesto specifico per valutare competenze e abilità nel b. Questa sua specificità è (il gioco con oggetti) determinata dal fatto che rappresenta una situazione di sperimentazione x il b ke non ha nessun confronto con altre situazione, quindi privilegiata xkè il comportamento di gioco/esplorazione è caratterizzato da aspetti ke non si trovano in nessun altro comportamento nei primi anni di vita, quali: 1. Motivazione intrinseca: aspetto importante perché il b. agisce sugli oggetti in modo ludico, perché desidera agire in modo attivo sul mondo esterno, quindi questo desiderio è una motivazione primaria, non ci sono scopi altri se non quello di agire, a differenze di altri comportamenti che fanno la loro comparsa molto precocemente ma ke hanno obiettivi o finalità alternativi come x esempio il desiderio di comunicare qualcosa, di entrare in contatto con la figura di riferimento ecc…. tutto questo nel gioco sparisce e quindi è un comportamento che se conservato nelle sue manifestazioni spontanee permette la valutazione di abilità presenti in quel momento nel b senza la preoccupazione di depurare queste abilità da finalità alternative che potrebbero incidere sulla manifestazione. Questo aspetto di motivazione intrinseca si lega al fatto ke nel gioco c’è priorità dei mezzi piuttosto ke del fine. Nel gioco il b non deve ottenere un risultato specifico. Libera il b da tutte le possibili frustrazioni, presenti nelle altre situazioni ke prevedono una risposta giusta/sbagliata. In questa situazione e con questo comportamento, il b. è coinvolto in modo attivo e si sente in potere di trasformare e dominare la realtà, che diventa Ciò che il b vuole. Questo aspetto garantito dal fatto che il comportamento di Gioco è un comportamento non letterale, in base a ciò ke fa ci sarà un certo significato. Non c e corrispondenza tra ciò ke fa e significato, e dunque non ci sn vincoli. Si può fare tutto. Per questo il gioco È rilevante in quanto permette al b. sperimentazioni ke gli permettono di acquisire conoscenze sulla realtà esterna che si andranno a riflettere sul linguaggio ecc e esercitare comportamenti ke poi si andranno a organizzare in sequenze comportamentali sempre più complesse. Nella costruzione di uno schema di codifica, Se ci riferiamo al comportamento di Gioco come un comportamento che ci fornisce una valutazione precoce dal punto di vista cognitivo, lasciando perdere l’analisi del comportamento di gioco in ambito clinico, possiamo individuare nel comportamento di gioco 2 abilità: una fa riferimento ai processi cognitivi di base e in particolar modo all’attenzione: all’interno del gioco c’è questa componente associata all’esplorazione del gioco da cui noi inferiamo una valutazione dei processi cognitivi di base, in particolare la capacità attentiva. D’altra parte una capacità simbolico-rappresentativo associata alla capacità linguistica successiva. Sulla base del fatto le due abilità sono sempre presenti nel gioco con oggetto, l’osservazione diretta di questo tipo di comportamento ci permette di tracciare le linee evolutive specifiche per le due componenti e dunque andare a indagare come evolve la capacità attentiva e rappresentativa, ma allo stesso momento, lavorare sul comportamento di gioco, ideando programmi specifici che si basano sul suggerimento riguardo le diverse modalità con cui gli oggetti possono essere trattati come percorso inverso ci permette di potenziare le abilità, capacità attentive simboliche e quindi diventa non solo un modo per misurare l’andamento nel tempo di queste abilità, ma fa migliorare e potenzia il funzionamento cognitivo precoce del b. che poi avrà dei riflessi in tutte le altre componenti cognitive che possiamo misurare in età successive. Ovviamente il ruolo centrale in termini di valutazione del gioco è nella prima infanzia. Quindi, gran parte degli strumenti che troviamo in letteratura sia in termini di schemi di codifica e scale di valutazione, questi strumenti sono pensati per indagare questo comportamento nei primi 2 anni e mezzo di vita e il motivo è che , mentre in età prescolare ci sono tante cose che ci fanno valutare le competenze del b., Nel momento in cui il comportamento di gioco diventa rilevante, è chiaro che gli scemi di codifica, come x le griglie di osservazioni, devono essere nella loro costruzione, limitate (come abbiamo visto con le check list, dove non ha senso mettere un numero elevato di item; oppure con le scale di valutazione che sono composte da sottoscale). Parlando di schemi di codifica, un loro difetto è di essere costituiti da un numero molto elevato di categorie; dunque quello a cui noi ci troviamo di fronte generalmente, se parliamo di scemi di codifica, sono schemi di codifica che si applicano a determinate fasi evolutive limitate alla prima infanzia piuttosto che alle fasi successive e questo accade perchè ormai diversi studi da anni 80 dimostrano come ci sia una sequenza di sviluppo nel comportamento di gioco con oggetti che è molto stabile, tanto è vero che si parla di progressione stadiale. Quando in psicologia dello sviluppo si parla di stadio ci si riferisce a qualcosa di universale, diverso da ciò che accade quando parliamo di fase. Dunque vi sono 4 momenti che rappresentano dei Salti qualitativi sistematici nei b. che sono rappresentati da: • Prima fase in cui il b. rispetto l’oggetto mette in atto delle attività di manipolazione ed esplorazione piuttosto indifferenziate. Dunque in un primo momento il b. sperimenta i propri schemi di azione indipendentemente dalle caratteristiche e dalla configurazione dell’oggetto. Mette alla prova le sue capacità esploratorie che poi piano piano si andranno a configurare al fine di produrre delle sequenze di azioni e degli schemi di azione adeguati a determinati tipi di oggetti e non ad altri xkè questo è l’esito dell’acquisizione di una serie di conoscenze e di informazione attraverso l’esplorazione sull’oggetto ke permette di discriminare la funzionalità dell’oggetto, e permettere al b. di capire quali attività sono più appropriate e permettono di individuare delle caratteristiche funzionali agli oggetti stessi. • Schemi di azione indirizzati solo ad un oggetto alla volta quindi il b. non riesce ancora ad integrare più elementi presenti nell’ambiente esterno che compaiono solo da un certo punto in poi dello sviluppo quando iniziano a fare comparsa le capacità combinatorie fino ad arrivare alla fase conclusiva in cui: • Lo stesso oggetto (che prima veniva manipolato in maniera differenziata, che poi il b. ha scoperto il nucleo funzionale di questo oggetto, poi ha provato a metterlo in combinazione con qualcos’altro presente nel contesto) ad un certo punto emerge l’attività simbolica con gli oggetti, che avrà tutta una sua progressione spesso in linea con altrettante abilità. In particolare rispetto a questa ultima fase, per quanto rigurda questa ultima fase che vede il salto qualitativo dal gioco pre-simbolico a quello simbolico, 3 sono i processi sottostanti al cambiamento: • Decentramento : il b., che nei primi tentativi di gioco di finzione rappresentava se stesso come ricevente, riesce ora a esternare gli stessi comportamenti verso gli altri, facendo loro assumere un ruolo. • Decontestualizzazione: legata a spunto lessicale: avviene o precede l’esplosione del vocabolario, dove comprende che un determinato elemento può assumere determinati significati che non sono quelli strettamente connessi all’oggetto. Dunque con il linguaggio il b. capisce che per ogni elemento della realtà esterna, noi abbiamo a disposizione una etichetta per nominarlo e questo spiega perché il lessico è alla base dell’esplosione del vocabolario. • Integrazione: capacità di integrare in maniera semanticamente connessa elementi diversi di finzione. Ha il suo corrispettivo x es nelle forme di transizione per poi arrivare alle prime unioni di parole. Capiscono il significato più ampio del gioco. Queste fasi hanno un ordine costante. Non vi sono età normali in cui ci aspettiamo di avere un certo tipo di gioco e no un altro, perchè c’è alta variabilità individuale. Inoltre anke le componenti più semplici coesistono sempre. Infatti autori suggeriscono di osservare manifestazioni avanzate e più semplici con modalità diverse La progressione è confermata in popolazioni con sviluppo atipico importanza delle componenti maturazionali. Senza questi troveremo salti di fasi, ordini inversi, percorsi diversi perché significa che degli elementi esterni non individuali, hanno un peso maggiore rispetto le componenti maturazionali ecc. tuttavia diversi studi mostrano come, nonostante queste componenti sono importanti, ci sono elementi che confluiscono nel contesto sociale vicino al b. ke sottendono la loro influenza in modo rilevante. Importante il comportamento materno e paterno. Il livello di gioco del b. è direttamente proporzionale alle sollecitazioni verbali e alle dimostrazioni della madre durante il comportamento ludico e inversamente proporzionale alla direttività (verbale: per es. prendilo, mettilo giù ecc.) materna. OSSERVAZIONE INDIRETTA Famiglie di strumenti a disposizione nell’ambito della psicologia dello sviluppo: -osservazione diretta -osservazione indiretta -prove strutturate Precedentemente abbiamo visto come lo strumento dell’osservazione diretta sia colui che osserva. Con osservazione indiretta ci riferiamo a questionari, interviste o scale di valutazione ecc. somministrate però a genitori o adulti di riferimento del b. è chiaro che stiamo raccogliendo dati che si basano sull’osservazione del comportamento del b., ma fatta da altri, dunque raccogliamo info sul b. tramite altri osservatori. C’è un mediatore tra chi deve utilizzare i dati e la fonte del dato stesso e dunque il b. non è la fonte. A partire dall’età prescolare è una scelta metodologica, osservatore preferisce oss. Indiretta piuttosto che una prova strutturata o una osservazione diretta, ma nelle prima fasi dello sviluppo, quella indiretta ha ruolo centrale, xkè nelle prime fasi raccogliere info attraverso adulti di riferimento del b., come genitori o educatrici, in questi casi il rischio è ottenere dati non del tutto rappresentativi della competenza ke vogliamo indagare. Questo è superato con l’osservazione indiretta, con adulti ke conoscono il b. e possono osservarlo in diversi contesti e giudicarloquindi eliminiamo il fattore situazione o contesto come variabile interveniente su ciò che andiamo ad osservazione. Altro aspetto li rende utilizzabili: funzione sottostante all’osservazione stessa. Se funzione di screening, sono interessata a identificare precocemente difficoltà o compor particolari, ho bisogno di strumenti ke mi raccolgano dati su larga scala in tempi brevi. Dunque l’utilizzo dell’osservazione diretta o indiretta dipende anche dall’obiettivo della nostra osservazione. Gli strumenti a disposizione, mostrano sempre una attendibilità generale delle risposte degli adulti se comparate con osservatori addestrati. Dunque dobbiamo tenere conto della validità concorrente. Oltre a ciò, l’osservazione indiretta fornisce dati che si contraddistinguono per avere valore predittivo: dunque le misure ottenuto in età precoce con strumenti di stabili nel corso del tempo e in situazioni diverse”. questo aspetto della stabilità è strettamente legato a fattori costituzionali ke contribuiscono alla manifestazione dei tratti temperamentali. Queste differenze individuali, necessarie x considerare una variabile come misurabile si manifestano prevalentemente nel contesto dell’interazione sociale anche se non solo in quello ma molte delle dimensioni e tratti temperamentali si basano sull’osservazione di situazioni specifiche. Il temperamento coinvolge 3 grandi dimensioni del comportamento 1. Emozioni 2. Attenzione 3. Attività motoria Vengono affrontate in modo diverso dagli studiosi e danno origine a teorie diverse: chi da più importantza alle emozioni, chi all’attività in generale ecc … Il modello fondamentale alla comprensione dello strumento è il modello di Thomas e Chess: temperamento come stile comportamentale, per tenere separati il livello della competenza da quello della motivazione, cioè spinta a mettere in atto determinati comportamenti anzi che altri. Se ci focalizziamo sul temperamento dobbiamo partire dall’assunto che a parità di competenza e motivazione, i b. possono in qualche modo differire nelle modalità con cui portano a termine un compito con cui manifestano quello stesso comportamento. Se questo è un assunto corretto allora è chiaro che, nei processi di misurazione e poi di valutazione, dovremmo sempre tenere separate le 3 dimensioni. Anche nelle valutazioni che hanno come nucleo centrale la valutazione della competenza, secondo questi autori, sottolineano l’importanza di considerare anche le dimensioni temperamentali così come la motivazione perché queste considerazioni possono aiutare nella interpretazione del livello di competenza manifestato dai diversi b. e nelle differenze individuate nei diversi b. appartenenti alla stessa fase evolutiva indipendentemente dal fatto che una differenza di competenza sottende un ritardo in quella specifica abilità xkè potrebbe essere l’esito di differenze sostanziali in altre dimensioni tra cui la dimensione temperamentale. Secondo quest’ottica, il temperamento non è una componente secondaria, e allora non posso inferire caratteristiche temperamentali partendo dalle altre dimensioni. Dunque queste dimensioni sono separate tra loro, ma interagiscono l’una con le altre e questo mi porta per esempio a dire che, a seconda della motivazione si osservano manifestazioni comportamentali diverse. Questo è importante in un’ottica di intervento o di interpretazione delle capacità del b. in funzione di tante variabili che concorrono e di conseguenza di come si possa di volta in volta intervenire su aspetti diversi al fine di migliorare o favorire lo sviluppo in termini di competenza. A partire da questi assunti gli autori: modello esplicativo del temperamento con ipotesi ben precise: se lo scopo è individuare una tecnica per misurare le differenze individuali e lavorarci sopra x favorire un adattamento adeguato del b. nel contesto, le ipotesi partono dal fatto ke il b è fin dall’inizio un essere sociale a pieno titolo, un umano a pieno titolo; nasce con un corredo biologico che lo abilita a entrare in relazione sociale con il caregiver e ad avviare un processo di apprendimento attivo. Inoltre fin dalla nascita i b differiscono rispetto ai prerequisiti che hanno di entrare in relazione con gli altri nel comportamento e nelle reazioni agli stimoli esterni un insieme importante di differenze individuali è costituito dal temperamento e quindi fanno riferimento proprio alle differenze temperamentali, le quali devono essere raggruppate in diverse categorie, e se le posso descrivere allora posso anche definirle e valutarle. Gli autori si soffermano sulla necessità di considerare queste differenze temperamentali individuali come una sorta di punto di partenza ke indirizza lo sviluppo successivo, no perché c’è una relazione diretta tra caratteristiche temperamentali ed esiti di sviluppo, ma xkè queste differenze temperamentali cosi precoci generano modalità di interazione precoci diverse ke portano nel tempo portano ad esiti di sviluppo diversi, se non a percorsi di sviluppo atipico. Quindi Hanno dato origine a lunga ricerca long di anni, con valutazioni del b. dai primi gg fino all’adolescenza. Gli autori hanno individuato 9 dimensioni temperamentali, tutte valutabili in termini quantitativi, misurabili su scala. Queste dimensioni diverse genereranno modelli interattivi diversi su cui poi procederà lo sviluppo. Queste dimensioni sono rappresentate da: 1. Livello di attività: anke i neonati sn molto diversi rispetto ad attività motoria e periodo di veglia attiva piuttosto ke altri stati fisiologici. 2. Ritmicità: legata si all’attività nelle prime fasi sviluppo, ma fa comunque più riferimento alla regolarità nelle funzioni biologiche. Quanto i b. dimostrano di essere regolari x es. nel ciclo sonno veglia, rispetto a b. non regolari. Questi sono tutti comportamenti direttamente osservabili e quantificabili su scala. 3. Approccio o ritirata: differenze rispetto alla prima risposta di fronte a nuova situazione, o oggetto nuovo. B molto orientato verso la novità vs contro b ke impiegano più tempo prima x es. di toccare un nuovo oggetto. 4. Adattabilità al cambiamento: ci sn b. ke possono dormire in qualsiasi contesto vs b ke devono dormire sempre nello stesso posto 5. Soglia sensoriale: intensità di qualsiasi forma di stimolazione ambientale necessaria per provocare una risposta. 6. Umore: si riferisce a comportamenti di stato positivo o negativo, ovvero b. ke piangono e quelli no ecc. 7. Intensità: b ke strillano quando piangono vs no 8. Distraibilità: fattore molto positivo in b. molto piccoli efficace xkè importante nel fare fronte allo stress. Infatti un b. molto stressato se è molto distraibile sarà semplice fare fronte al suo stress e riportarlo in un breve tempo ad uno stato positivo. Invece i b. che non si distraggono sono molto difficili e quindi sarà difficile gestire un comportamento non adeguato. 9. Persistenza: fa riferimento alle differenze individuali sottese nella capacità di mantenere una certa attività dalle più semplici alle più complesse nonostante ostacoli e problemi. Molto importante in età scolare. Queste sembrano rappresentare tutte le dimensioni temperamentali. Dalle analisi successive, gli autori stessi sostengono ke ci sono tra le 9 dimensioni, 5 dimensioni particolari (ritmicità, approccio, adattabilità, intensità, umore) che a seconda di come si polarizzano, quindi dei valori assunti, possono dare origine a 3 tipologie di temperamento: • Facile: caratterizzati dalla regolarità. polarizzato positivamente. Risposte positive di approccio a situazioni o persone nuove. Rapida adattabilità ai cambiamenti. Umore positivo e intensità delle risposte non elevato, Secondo gli autori il 40% dei b. osservati rientrano in questa categoria. • Difficile: 10% dei b. Polarizzazione opposta: irregolarità nelle funzioni biologiche, prevalenza di risposte di ritiro a persone nuove, lenti ad adattarsi, umore negativo, risposte positive e negative elevato. Ecc. • Lento a scaldarsi: 15% dei b. Caratteristiche simili a b con temperamento difficile, dunque si ritirano, non si adattano facilmente ai cambiamenti, ma hanno reazioni di intensità più lieve e sono più regolari. Hanno bisogno di più tempo per gestire queste dimensioni relative all’inibizione o approccio alla ritirata piuttosto che all’adattabilità. Non c’è il 100 % xkè se parto da dati relativi a dimensioni specifiche x poi raggruppare in fattori, è poco probabile ke si possa soddisfare un criterio x ogni dimensione. C è percentuale di b con temperamento difficile ke sono quelli in cui si manifestano la maggior parte delle ricerche in ambito dello sviluppo e clinico dove l’interesse è verificare che impatto abbiano queste caratteristiche sullo sviluppo successivoe nei diversi domini dello sviluppo. Questo modello xò non prevede ke le dimensioni polarizzate negativamente siano un fattore di rischio, quindi si conclude ke un b che in una determinata fase dello sviluppo, viene connotato come difficile dal punto di vista temperamentale, non necessariamente manifesterà successivamente difficoltà di sviluppo o difficoltà comportamentali, xkè il corso dello sviluppo dipende maggiormente dall’interazione tra le caratteristiche temperamentali e quelle dell’ambiente in cui il b viene a trovarsi. Dunque il nucleo centrale è rappresentato da questa stretta interazione tra dimensioni temperamentali e caratteristiche dell’ambiente, dove l’ambiente è inteso in senso lato come l’insieme delle situazioni ecc. Il costrutto centrale è di compatibilità, cioè è importante, parlando di temperamento, il grado di accordo tra caratteristiche temperamentali del b. e le richieste ambientali. Questo significa che, a parità di caratteristiche temperamentali, a seconda delle richieste ambientali, i b. possono avere percorsi di sviluppo diversi. Questo può avere una ripercussione su quelle che sono le linee di intervento. Questo perché queste possono vocalizzarsi su questa compatibilità, sulla goodness of fit, cioè siccome il temperamento è a base costituzionale, l’idea di lavorare su tratti temperamentali in termini di modifica dei tratti Temperamentali è assurda. Questo non significa che la manifestazione dei tratti temperamentali possa subire dei cambiamenti nel corso dello sviluppo: se uno è per natura iperattivo (in termini di temperamento e non di diagnosi), non è detto che nel corso dello sviluppo non possa controllare, ma il tratto non cambia, quindi sono le manifestazioni che nel corso dello sviluppo, al modellamento, all’apprendimento ecc possono modificarsi, ma non posso pensare di avere come obiettivo una modifica del tratto comportamentale. Quindi, soprattutto con b piccoli, in un’ottica di intervento precoce, ha senso molto lavorare sull’ambiente se il nucleo centrale, il portante in termini di preditticità dello sviluppo è la goodness of fit, il grado di compatibilità tra bambino e ambiente, è chiaro che a fronte di caratteristiche specifiche temperamentali del b. x favorire lo sviluppo non possiamo fare altro che modificare le aspettative, le richieste e le modalità di intervento negli ambienti in cui il b. si viene a trovare di volta in volta. L’individuazione di queste dimensioni dal p d v della misurazione, il temperamento è un costrutto che propone molte sfide in termini di misurazione, xkè le dimensioni e i tratti non si modificano nel tempo, ma quello ke possiamo osservare, come manifestazione di uno stesso tratto è ke tra 1 b di 1 anno e uno di 10 ci sn molte differenze. Se tengo come riferimento le 3 aree (emozioni, attività motoria, attenzione), nel tempo queste dimensioni sottendono modalità di espressione che sono molto diverse. Ciò ke cambia nello sv sono le situazioni specifiche ke elicitano determinati comportamenti che possono essere espressione del tratto temperamentale. Se non nego l’importanza delle componenti maturative so che hanno pesi diversi in momenti diversi e possono dare esiti diversi a seconda che si vadano a intrecciare con determinate situazioni piuttosto che altre, con determinati contesti piuttosto che altri ecc. non possiamo che pensare a un ambiente in cui l ‘individuo cresce e che diventa nel corso del tempo sempre più articolato. Anche le situazioni che elicitano certi comportamenti devono essere presi in considerazione nel momento in cui dobbiamo procedere con una misurazione e questo si riflette in un caso solo: nn posso sempre usare lo stesso strumento per misurare nel corso del tempo lo stesso costrutto, perché non possiamo assumere che i punteggi ad una certa età / in una fase di sviluppo abbiano lo stesso significato e quindi lo stesso punteggio in una fase successiva, xkè significa che cambiano i comportamenti e le stimolazioni e quindi quando voglio valutare il temperamento, bisogna trovare soluzione tra due necessità diametralmente opposte: modificare la forma di quantificazione in funzione della fase di sviluppo, ma dall’altra parte, più modifichiamo lo strumento e più e possibile che quantificazioni siano dovute al fatto che abbiamo modificato lo strumento e non dal fatto che ci sia qualche modifica nel costrutto che stiamo misurando. In tutte le dimensioni evolutive, bisogna sviluppare protocolli di osservazione diretta o indiretta costruiti sulla base della stessa definizione costrutto, sulla base dello stesso modello di riferimento, devono avere formulazioni diverse x ogni livello di età e devono essere analitici, xkè fanno riferimento a comp specifici e anke per le situazioni, le quali elicitano in maniera diversa i comportamenti, quindi devono essere dettagliati. Quindi nel caso del temp le osservazioni strutturate in lab sn inesistenti, xkè la strutturazione in lab riduce al minimo la variabilità nei contesti e nelle situazioni, quindi si riescono a misurare in laboratorio solo alcuni tratti temperamentali, a costruire delle situazioni da proporre in maniera standardizzata a tutti i b. controllando una serie di variabili, ma di certo non riferite a tutte le dimensioni, ma quelle piu facili da elicitare, di inibizione, di approccio, ma non tutte. Qualcuno usa l’osservazione diretta in ambiente familiare, più semplice dv le situazioni che si vengono a creare sono diverse, ma x misurare il temperamento in tutte le sue dimensioni è molto lungo perché devono racchiudere una serie di situazioni specifiche rappresentative di tutte le dimensioni: si può chiedere al caregiver di creare situazioni particolari, come per es. vedere cosa fa il b quando la mamma se ne va e il bambino rimane solo con l’estraneo. Quindi l osservazione diretta, piuttosto ke prove standardizzate di laboratorio è molto poco utilizzata. L’osservazione diretta è soprattutto utilizzata x valutare la validità convergente di strumenti di tipo indiretto. Il temperamento si misura meglio con la tecnica indiretta!!!!! DYADIC RELATIONSHIP Q-SET Esempio di strumento che utilizza la tecnica del Q-Sort Creato per andare a valutare le interazioni di diadi di b. considerando il funzionamento della diade come unità. Dunque utilizzato nell’ambito del dominio sociale, ci dà indicazione ke esulano dalla competenza sociale del singolo, in quanto valuta la diade nel suo complesso, indipendentemente dalle competenze del singolo. Nella versione originale 81 item, ridotti poi a 55, ke dalle statistiche sono gli item più adeguati ke costituiscono fattori precisi e ben definiti a partire dall’osservazione di coppie di b. durante gioco libero. Abbiamo indicazioni rispetto pianificazione dell’osservazione, necessaria poi per procedere alla valutazione. Questi 81 item erano suddivisi in 8 dimensioni: 1. Orientamento sociale positivo: item ke valutano i comportamenti pro-sociali , dimensione emotivo- affettiva che connota gli scambi sociali tra b. 2. Coesione: aspetti di vicinanza fisica e coordinazione di scambi tra b 3. Armonia: situazioni di scambio caratterizzate da conflitto. Gli item ci danno indicazione su come viene gestito e controllato il conflitto 4. Controllo: riguarda aspetti di aggressività nell’interazione, gestione, recupero di giochi usati negli scambi 5. Responsività: gli item valutano casi in cui i tentativi di stabilire un’interazione ottengano o meno risposta x indagare queste risposte 6. Apertura di sé: Quanto la coppia di b. sia vicina nel dialogare, inizi scambi ke si basano sul racconto di eventi di sé ecc. quanto rispondono alle domande che riguardano aspetti personali. 7. Tempo di gioco: item che valutano il grado di attivazione dei partner nel gioco. 8. Gioco coordinato: coordinarsi nel gioco. giochi cn un significato. i b. devono rispettare regole affinchè il gioco vada avanti. Così come il livello di attivazione delle attività di gioco stesso. Queste ultime due sono state accorpate e fanno riferimento ad un'unica sigla. Per utilizzarlo: è necessario osservare le diadi di b. nel corso di un’interazione di gioco. È inoltre necessario strutturare la situazione (per es. nella scelta del materiale) osservativa in modo da avere l’opportunità di osservare tutti i comportamenti descritti dagli item, rispetto ai quali verranno valutati simili o diversi. L’osservatore non deve intervenire, nessun intervento dell’adulto in generale, in quanto potrebbe interrompere il corso spontaneo dell’osservazione. Opportuno video registrare la sessione, nonostante non venga richiesta un’analisi microanalitica dei comportamenti, ma xkè potrebbero sfuggire comportamenti nn verbali ke aiutano nell’associazione di particolari significati a comportamenti ke hanno significati diversi nel non verbali. Questa sessione osservativa non deve essere inferiore ai 50 minuti. Opportuno procedere con più osservazioni x tenere sotto controllo fattori esterni che potrebbero influire sul momento o situazione specifica. PROCEDURA DI ORDINAMENTO: Questi item che costituiscono lo strumento devono essere distribuiti in 7 gruppi: da molto simi a molto diversi, con implicazioni specifiche a seconda del numero di cartoncini che devono andare a costituire ciascun gruppo. Rispetto la valutazione di discriminazione, ho informazioni più dettagliate per gli elementi descritti che sono molto simili e molto diversi. Per i centrali invece abbiamo meno informazioni. Il valore di correlazione indica il grado di concordanza ottimale. Le ricerche derivate, suggeriscono di utilizzare questo strumento e il suo corrispettivo criterio, x la valutazione della qualità delle diadi m-b. in b. in età di scuole dell’infanzia. (età prescolare: serve per valutare l’inizio delle abilità di interazione diadica). Il funzionamento della diade non dipende dall’abilità dei singoli.
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