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METODOLOGIA DELLA RICERCA ST-ARTISTICA , Savettieri, Appunti di Metodologia della ricerca

Appunti dettagliati e con immagini allegate - Corso 2019/2020

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Scarica METODOLOGIA DELLA RICERCA ST-ARTISTICA , Savettieri e più Appunti in PDF di Metodologia della ricerca solo su Docsity! Metodologia della ricerca storico-artistica Lezione 1 Prima di iniziare, analizziamo attentamente i due termini: -Metodologia - Con il termine metodologia, intendiamo il modo con il quale mi relaziono ad un determinato argomento, o meglio, il metodo attraverso cui posso studiare un oggetto artistico. La Metodologia, cambia di epoca in epoca, e di luogo in luogo. Saper riconoscere i metodi di ricerca ci rende liberi, perché l’opera d’arte è un qualcosa di complesso. Dai metodi scaturiscono esperienze e metodi diversi: • Tecnica • Stilistica Queste due cose per funzionare, e darci il metodo, devono interagire insieme. Spesso, chi visita un museo, è ossessionato dalla domanda: “Cosa Rappresenta? “ . Nell’interpretazione di un’opera d’arte ognuno mette il proprio aspetto personale, riflettendolo sull’oggetto artistico. -Ricerca- L’infinita conoscenza dei metodi, è una continua ricerca, perché mai riusciremo a capire al 100% quella che è l’opera d’arte, essendo un enigma molto difficile. Per rendere un’ipotesi su un’opera d’arte concreta e valida, devo basarmi su Pezze d’appoggio. La ricerca storica è fatta sull’opera d’arte stessa. Per capire al meglio un’opera d’arte bisogna collocarla all’interno del suo contesto storico. “L’opera d’arte è condizionata dalla storia” Nelle opere di stampo medievale, non esiste il senso dello spazio, manca la profondità. (cultura diversa, priorità diverse). La cultura dell’uomo medievale è condivisa dall’artista. L’opera d’arte staccata dal suo contesto storico da il via a malintesi e cattive interpretazioni dell’opera. Dobbiamo avere l’idea di comprendere un’opera d’arte al di fuori di quella che è la nostra epoca. Con gli anni ed il passare del tempo, il pubblico cambia, e un’opera che fino piaceva, nei secoli dopo può perdere di significato. Nella seconda metà del ‘700, gli artisti medievali cominciano ad essere considerati. L’originalità di un’artista, spesso, viene dal voler andare contro i canoni del proprio tempo, dall’irrazionalità di una società che ha quel tempo, produsse la prima guerra mondiale. Un elemento fondamentale che ritorna, quasi sempre, nell’arte, è il Classicismo. Per comprendere al meglio lo sviluppo dell’arte dal ‘400 all’ ‘800, bisogna pensare alla Gerarchia dei Generi Artistici (evitare di guardare la storia con pre/concetti) Quando un’opera, è staccata dal luogo in cui era stata collocata, per esempio una chiesa o un museo, essa perde di significato. Relatività storica del concetto d’arte - Il concetto di arte è un concetto relativo ad ogni epoca storica, seppure certi concetti si ripetano. Pittura di storia: pittura più importante e nobile perché rappresenta episodi di storia, realmente accaduti. Come si analizza un dipinto? Anne lupus Girodet, Scena di diluvio (1806) Negli anni in cui uscì quest'opera al Salon parigino, le persone che la guardavano rimanevano scandalizzate perché era un’immagine che non si vedeva spesso in quelli anni. Nel decennio dopo, Gericault con la zattera della medusa creò lo stesso scandalo. L'arte non è cioè che ti reca un’emozione, è un qualcosa di strettamente personale. L'opera d'arte rappresenta altro. Le nostre emozioni ci impediscono di capire che esiste una visione del mondo diversa dalla nostra. Ci sono artisti che ci toccano e non riesce a spiegare il perché, ma non significa che non abbiamo capito l'artista, significa che l'abbiamo capito a modo nostro. L'emozione fa parte del nostro essere, ma non coincide con la conoscenza certa di un’opera d'arte. Il salone parigino, comincia ad esporre le opere degli artisti accademici, all'inizio non ad esposizioni regolari, ma col tempo le esposizioni divennero quasi annuali. L’origine del linguaggio arriva dall’espressione dell’uomo primitivo. Linguaggio -> Forma di appropriazione del mondo. La distinzione dell'uomo dagli altri esseri viventi sta proprio nella capacità di usare il linguaggio, che è una cosa ben diversa dalla comunicazione. L'espressione linguistica è ben diversa dalla comunicazione. Rousseau si preoccupa del problema della comunicazione e dell'origine del linguaggio, formando tre ipotesi: 1. Il linguaggio in primo luogo è “musicale”, ovvero l’uomo primitivo emana dei suoni per descrivere qualcosa o per comunicare qualcosa con qualcuno. 2. Il primo linguaggio usato è quello gestuale. 3. Ipotesi Onomatopeica – La comunicazione è dovuta al voler copiare i suoni della natura. Per Rousseau, l’uomo primitivo usa un linguaggio sonoro e gestuale, e distingue ambe due, l’uno dall’altro.Il linguaggio gestuale serve per comunicare i propri bisogni, mentre quello sonoro esprime le emozioni ed i sentimenti. Le tre ipotesi di Rousseau vanno fatte interrogare insieme per funzionare.Sempre per Rousseau, la musica è l’origine dell’espressione e comunicazione umana, ed è l’apice delle arti. Il linguaggio dell’uomo primitivo, era di tipo medievale. Il Gesto, nell’antichità, non era solo come lo intendiamo noi, ma sappiamo che verso la fine del paleolitico, il gesto, poteva essere anche Danza. Le fonti ci dicono che l’uomo primitivo era molto più intelligente di quanto pensiamo; esso viveva con la consapevolezza di ciò che era in grado di fare. Gli antichi formavano danze, rivisitate con percussioni per dare ritmo. Essi volevano rendere nota la loro abilità nel creare gesti. (10 000 anni fa vediamo le prime figure che ballano) La danza quindi, era l’espressione dell’uomo primitivo. Carlo Ragghianti , nel ‘900, fu uno dei primi storici dell’arte ad inserire la Danza e lo spettacolo, all’interno della storia dell’arte. Esso fu uno dei primi , quando insegnava all’università di Pisa , ad unire le arti ed a farle considerare allo stesso modo. Dietro un uomo primitivo ci sta un uomo cosciente, che non improvvisa niente e premedita le azioni da compiere. (L’uomo ha bisogno di strutturare la sua esperienza sensibile) Cosa spinse l’uomo a creare delle immagini? “…il vasaio Butade Sicionio scoprì per primo l’arte di modellare i ritratti in argilla; ciò avveniva a Corinto ed egli dovette la sua invenzione a sua figlia, innamorata di un giovane. Poiché quest’ultimo doveva partire per l’estero, essa tratteggiò con una linea l’ombra del suo volto proiettata sul muro dal lume di una lanterna; su quelle linee il padre impresse l’argilla riproducendone il volto; fattolo seccare con il resto del suo vasellame lo mise a cuocere in forno”. (Naturalis Historia, XXXV, 15 e 151) Per molti l’origine dell’arte, proviene da questa leggenda, che narra di una fanciulla (senza nome fino al ‘700) che prima della partenza del suo amato, decise di disegnare il suo profilo guardandolo dall’ombra sul muro. Il padre, fa dei vasi , ispirandosi all’immagine che la figlia aveva disegnato sul muro. L’origine dell’immagine artistica quindi , proviene dal senso di vuoto , e quindi diventa come una compensazione. L’origine dell’arte, proviene dalla nascita del ritratto, soprattutto quello del proprio amato. Dalla leggenda di Dibutade emerge una funzione sostitutiva dell’arte. La paura dell’abbandono, è strettamente legata alla paura della perdita. IMMAGINE ARTISTICA -> RISANATORIA 16/10/19 Dalla statuaria antica, statica e nemmeno lontanamente simile alla realtà, si passa all’idea di Mimesi, o meglio la rappresentazione della realtà. Il fatto che ci sia una trasformazione nella cultura greca, non significa che sia superiore a civiltà più conservatrici rispetto ad altre. Herder Johann è uno dei primi storici dell’arte a stabilire che non possiamo dire che un’arte sia superiore ad un’altra.  La statua non era la rappresentazione di qualcosa,(come ci dice Vernant) ma era la presentificazione di un assente, o meglio, il doppio di un’ individuo che non esiste più. L’immagine del sostituto, è un’ essere appartenente all’altro mondo, un’ idolo. Verso il V secolo cominciamo ad avere un’esigenza di somiglianza delle statue con la realtà. La vicinanza con il “dato naturale” si fa sempre più forte. (Mimesis) Un’ipotesi valida per stabilire il motivo per cui si ha quest’esigenza di avvicinarsi alla realtà, è la somiglianza tra uomo e divinità. Nell’arte greca-romana, troviamo un rapporto tra vuoti e pieni. Scuola di Vienna, fine 800, un autore Riegl scrisse un libro “Industria artistica Tardo Romana” in cui spiega, che essa non si manifesta solo nella scultura ma anche nell’avorio. Il concetto di mimesi, non è un valore perenne dell’arte, durante la storia dell’arte ci sono fasi interne in cui l’individualità di una figura, non fa parte dell’esigenza espressiva dell’artista. Con il Rinascimento abbiamo un ritorno a certi valori della cultura classica, attenzione al dato naturale. La leggenda di Dibutade, viene ripetuta nel corso dei secoli, nei trattati si cita la leggenda come “autorità antica” ma non gli si d tutto questo valore. Joseph Wright of Derby, The Corinthian Maid (1782) Uno dei pittori più importanti del ‘700 inglese: Sullo sfondo a destra, vediamo la fornace ed i vasi, tutto questo perché il committente era un Vasaio. Il committente è Josiah Wedgwood. Solo gli studiosi di Iconografia antica noteranno che sulla scena di Dibutade, si sovrappone l’iconografia antica del “Sonno di Endimione”, la posizione dell’amante, è esattamente la stessa. Endimione ed il suo mito , lo troviamo spesso nella scultura funeraria perché la leggenda dice che:  Esso è un pastore di cu si innamora Diana, e durante il sonno, Diana (dea della luna) dal cielo scende e si congiunge con Endimione nel sonno. Così l’immagine di Endimione nell’arte antica, è un immagine funebre (Detto da Cicerone). In quest’opera Hypnos Thanatos e Eros si identificano tutti insieme. Il cane è raffigurato perché Endimiome era un pastore. La storia di Dibutade è una storia di Vita e Morte, l’immagine sostituisce un’ assente. La funzione dell’arte è quella di creare uno scudo protettivo dalla morte, dandoci l’illusione di poter sconfiggere la morte. Salon 1793 Une Dibutade moderne di Mme Guèret, Spesso le pittrici erano pittrici donne. Abbiamo un’opera (fatta dalla pittrice Jean Marie Chaudet) che ci conferma lo stretto legame tra la leggenda di Dibutade e la funzione funebre. Nonostante sia andato perduto nel 1915 (durante la prima guerra mondiale) è arrivato a noi grazie ad un incisione; Essa non rappresenta Dibutade che traccia il profilo del suo amante, è Dibutade che va a visitare il ritratto del suo amante. Il muro, sembra una stele funeraria, e Dibutade porta con lei dei fiori. Essa si consola andando a trovare al cimitero il suo amante. La sua funzione è quella di ricordare chi non c’è più, e di fissarlo in un momento fisso. Landon, scrive ogni anno resoconti sul Salon, ed esso dice che il temperamento di questa pittrice era amabile e grazioso. Dalla Gran Bretagna, torniamo alla Francia e capiamo perché ai proprietari di questi parchi viene in mente l’idea di associare la tomba ad un parco, ovvero da un Dipinto di Poussin “ Et in Arcadia Ego” cioè “Anch’io morto in Arcadia” Arcadia-Paradiso terrestre, Il dipinto ci fa vedere come questi pastori che vivono in arcadia, tranquilli e sereni in un contesto agreste, scoprono un sepolcro. Un ‘altro dipinto è quello di Guercino, anche lui con lo stesso titolo. L’idea dei parchi fuori dalle città, pieni di alberi e fiori, con le tombe, da dove viene ripresa? Deriva in maniera più diretta dai Parchi Inglesi, che lo riprendono da un dipinto di Poussin. 1796 Jacques Legouvè, lesse all’Istitut de France il poemetto Sèpolture. Nel 1800 Lucien Bonaparte e la sua citazione, fanno scoppiare un dibattito sulle tombe che diventerà un precedente fondamentale. La tomba e quello che essa significa, riscattano l’uomo dalla sparizione. Partono dalla Visione Meccanicista dei filosofi del ‘700, e viene superata. 23 OTTOBRE Artista disperato dinanzi alle rovine dell’antichità, collegato con Fussli. Accostando all’immagine di Dibutade, con un’altra immagine di donna, che piange disperata; Stiamo parlando dell’antichità, come ce la presenta Winckelmann che riscostruisce la storia degli antichi con una visione evoluzionistica, ed in essa vede un momento culminante. La novità di questo teorico, sta nel fatto che questa perfezione che si realizza nel V secolo in Grecia, non è casuale, ma è il frutto di precise condizioni: Climatiche (clima che influenza la produzione culturale di un popolo) Genetiche (parla del sangue del popolo greco, che fa si che quel popolo sia meglio degli altri) pratiche sociali (l’uomo greco fa sport, si allena, e si esercitano nelle attività ginniche per le olimpiadi) Questo fa si che l’artista abbia diversi modelli da cui ispirarsi per elaborare dei nudi. Condizioni Geo-storico politiche, che allontanano il bello ideale da noi. Storicizzazione del bello ideale. All’interno dei temi del neoclassicismo troviamo il Lutto e l’inattualità dell’arte antica. La Querelle des Anciens et des Modernes – Disputa che ci fa capire la distanza tra i modelli antichi e quelli moderni. Il rapporto con l’antichità diventa problematico. Winckelmann, elimina gli aneddoti all’interno della critica d’arte, a differenza di Vasari. Esso descrive solo le opere che ha visto. Senso di perdita fortemente sentito nell’epoca moderna, l’antichità ormai è perduta e non fa più parte della nostra epoca. Durante l’emanazione delle sue tesi, Winckelmann, ebbe un famoso oppositore, ovvero Giovanni Battista Piranesi, incisore. Johann Gottfried Herder è considerato il padre dello storicismo. Lo storicismo, è lo studio di ogni epoca, secondo il suo contesto, e non secondo criteri che vengono da contesti diversi. Canova, non avendo mai imitato in maniera letteraria l’antico, è moderno. Il monumento funebre di canova, fatto per Maria Cristina d’Austria. Al centro troviamo un vuoto, intorno a cui si sviluppa tutta la scena. Esso rappresenta l’umanità che inevitabilmente verso la morte. (Secondo Lessing, bisognava ragionare come gli antichi, e farsi consolare dall’arte), “Il Panegirico” a Antonio Canova di Pietro Giordani: Esso, parla dell’arte di Canova come “Salvatrice” (se tutto perisce, e nulla ha un senso, l’arte ci salva) Pietro Giordani, parla della natura come un’oggetto maligno, disinteressato dall’uomo e dalla natura. Nel medioevo qual è lo statuto dell’immagine? Dalla fine del mondo tardo antico fino all’800 Dio fece l’uomo a propria immagine e somiglianza, questo concetto è fondamentale per capire perché la chiesa ha sostenuto le immagini, quindi l‘arte figurativa. Essa è un’eredità della tradizione greco romana, in cui gli dei sono rappresentati come uomini, per evitare che le immagini sacre siano identificate come idoli. La chiesa specifica che esse sono solo raffigurazioni, ma non impersonano nessun dio Nel medioevo si sviluppa la produzione di immagini acherotipe, ovvero dipinti fatti secondo la tradizione da Dio, o da S. Luca, l’immagine agisce quindi sulla realtà. La cultura medievale non da valore ai fenomeni, ma ai concetti. L’individuo si riconosce in quanto membro della società. Quali sono i principi e le idee che stanno dietro all’arte medievale? Abbiamo una schematizzazione della figura umana, lo spazio non esiste come nemmeno la profondità. Questo punto marca l’indifferenza dell’artista sui problemi dell’arte spaziale. In quest’epoca trionfano le tecniche della luce. Elemento prevalente nel Mosaico. Nel nord Europa, questa caratteristica è tipica delle Vetrate, come quella della Cattedrale di Charters. L’Oreficeria è una delle tecniche guida dell’arte medievale. Il trionfo della Luce nell’arte Medievale: Panowsky, studia un Testo di Abate Suger di Saint Denis, che ci fa capire qual era il significato della luce nel medioevo. La luce materiale, è una metafora della luce spirituale che mi riconduce ad essa stessa. “Quando entro in chiesa, rimango incantato dai materiali preziosi che brillano, e mi fa dimenticare le preoccupazioni, e trasferisco ciò che è immateriale, in un qualcosa di materiale” La chiesa si trasforma in una dimensione non più terrena, ma diventa una via di fuga dalla vita quotidiana. Sulla porta bronzea di Saint Denis erano incisi dei versi. L’arte attraverso la luce deve trasportare il fedele verso la vera luce di Dio. L’ epoca di Giotto, è la fase in cui gli artisti cominciano ad interessarsi dello spazio. La schematizzazione della figura umana, lo troviamo spiegato all’interno di un documento di Villard de Honnecourt, ovvero, grossi fogli di pergamena con dei disegni che ci fanno vedere che qualunque figura naturale, dall’animale all’umano, sia disegnato tutto sulla base di schemi a priori, o meglio schemi geometrici. Non interessa la corrispondenza dell’immagine al dato naturale, ma deve avvicinarsi a degli schemi pre/ordinati. Schlosser, fu un grande storico dell’arte, nel suo “L’arte nel Medioevo” ci spiega alcune caratteristiche. L’artista rinascimentale guarda sempre il dato naturale, a differenza dell’artista medievale, che si disinteressa totalmente. Portraiture = Proporzione riportano l’edificio vicino alla proporzione della figura umana, ed è per questo che un Brunelleschi, non poteva che nascere in Italia. (eredita questa tradizione) Il vero erede di Giotto, è Masaccio. L’esigenza di razionalizzazione, e di organizzare lo spazio in modo misurabile, porta l’Italia ha sperimentare una nuova rappresentazione dello stato. I falsi coretti di Giotto sono costruiti Intuitivamente, mentre il risorgimento italiano crea una regola: La regola della Prospettiva, che fa da pezza d’appoggio per chi considera le arti visive come una scienza. (Donatello e Masaccio due artisti importanti) Corporazione dei Medici e degli Speziali – di cui facevano parte gli artisti medievale. Nel ‘400 abbiamo un fiorire dei trattati dell’arte, in cui si fa una sorta di storia dell’arte da Giotto ad i suoi contemporanei, o si riflette sull’arte. La prospettiva: Inventata da Brunelleschi, un architetto. Nella trinità di Masaccio, si racconta che lo schema prospettico sia stato costruito da Brunelleschi. La prospettiva permette di organizzare lo spazio in maniera organica, secondo la legge dell’inversa proporzionalità (Le grandezze diminuiscono all’aumentare delle distanze secondo un rapporto di proporzionalità) Secondo la prospettiva, tutto è organizzato secondo lo sguardo dello spettatore. Essa permette allo spettatore di nominare totalmente lo spazio. L’uomo torna ad essere misura di tutte le cose (l’uomo è il modulo di ogni cosa che si crea) Rappresentazione organica – Deriva da organismo, nell’organismo di un essere vivente tutto è collegato. L’opera d’arte chiamata organismo, è un opera in cui ogni elemento ha la sua ragion d’essere. Lorenzo Ghiberti, Sacrificio di Isacco Esso si fa da mediante tra il tardo Gotico e l’epoca rinascimentale. Vuole essere meno organico e punta a rappresentare la scena in modo dettagliato. Filippo Brunelleschi, Sacrificio di Isacco Brunelleschi era molto più sintetico e organico rispetto a Ghiberti, esso vuole mandare l’attenzione alla scena che sta rappresentando, senza dare troppo conto ai particolari. Esperimenti di Brunelleschi: Rappresenta su una tavola il Battistero di San Giovanni, esattamente come si vedeva da davanti. E non contento, fa un foro e usa uno specchio, guardando attraverso il foro vede il riflesso dell’immagine della tavoletta. Lo specchio è usato per vedere attraverso il buco la sua rappresentazione, e togliendo lo specchio vede la rappresentazione reale che aveva del Battistero. A seconda del punto di vista (abbassato o rialzato) avremo una visione diversa. Con il punto di Vista abbassato abbiamo una sorta di Monumentalità. Mentre con un punto di vista ribassato, abbiamo la così detta vista “a volo di uccello”. L’artista Fiammingo, che preme molto sui dettagli, prevale nella visione a volo di uccello. Ci furono tentativi di dare coerenza alla rappresentazione spaziale come Jean Fouquet, Lorenzetti, invece nell’Annunciazione, posiziona il punto di vista nel pavimento. La legge è una legge matematica ma anche retorica. La regola prospettica si traduce in un edificio architettonico, come un organizzazione modulare dello spazio, e con un uso delle proporzioni tale per cui, la statura umana diventa il perno. Questo supporta il fatto che le arti siano intellettuali, e non meccaniche. Tornando alla Trinità di Masaccio, un architetto potrebbe riscrivere lo spazio in cui si rappresenta la scena. Il padre che sorregge la croce del figlio è rappresentato in uno spazio assolutamente misurabile. Il punto di fuga coincide con la base dell’altare, se volessimo rappresentare la trinità scorciata sarebbe stato fatto dal basso verso l’altro. Ciò che è divino non sempre si può misurare. Interpretare l’arte Raffaello trova la giusta sintesi tra composizione e naturalezza. Ad inizio secolo c'è una tendenza classicista raffaellesca ma si tratta di una perfezione che sta quasi per trasformarsi in qualcosa di artificioso. Negli allievi, Pontormo e Rosso, questo si trasforma in anticlassicismo, un tipo di linguaggio che non risponde ai criteri classici (l'equilibrio, l'armonia). Alcuni artisti non si ritrovano pienamente in questi ideali e fanno emergere dalle proprie opere un senso di inquietudine che, negli anni ‘40, viene riassorbito. La crisi viene rielaborata in una forma di anticlassicismo che ha perso la sua forma più aggressiva. Pontormo rimane nella sua inquietudine fino alla fine tanto che i suoi affreschi, al giorno d'oggi perduti, della chiesa di San Lorenzo, vengono fortemente criticati da Vasari e ci spingono a fare ipotesi anche sulla sua persona; Pinelli parte dall'esame della vita di Pontormo di Vasari e nota la discrepanza tra i due, entrambi ritenuti manieristi. Rosso inizialmente si concentra su tematiche anticlassiche ma, dopo il suo soggiorno a Fontainebleau, rende il suo stile più adatto alla corte di Francesco I. I principi geometrici, come la prospettiva, crollano. Il modello di un riscatto liberale dell'arte è la poesia. “In pieno Cinquecento [...] il richiamo all'ut pictura poesis, nella teoria come nella prassi, costituisce per l'arte un blasone da esibire e, al tempo stesso, una costante indicazione di metodo.. Questo principio trova la massima espressione nelle Accademia, dove è ampiamente diffusa l'idea di una sorellanza tra la pittura e la poesia: il lato intellettuale delle arti visive viene continuamente giustificato attraverso il paragone con il linguaggio verbale, completamente diverso. La subordinazione del visino al verbale verrà ripresa 13 NOVEMBRE  Spettatore ed artista sono della stessa epoca  Spettatore ed artista sono di epoche diverse, ma lo spettatore fa uno sforzo di contestualizzazione e ricostruzione storica, per avvicinarsi ad una maggiore comprensione dell’opera. La variabile è: Il modo di vedere personale. L’artista in questo caso, può essere così originale da scavalcare la sua epoca, e non essere comunque compreso dai suoi contemporanei (per esempio Van Gogh). Lo spettatore, pur restando aderente al contesto storico, può proiettare su un artista aspirazioni e convinzioni personali. Andrea Mantenga e Antonello da Messina: artisti della stessa epoca, che condividono certe categorie culturali. Mantegna si forma a Padova, centro umanistico molto importante. Antonello da Messina si forma a Napoli, in un contesto diverso, esso non conosce il risorgimento italiano. Antonello, entra in contatto con la cultura prospettica, e mescola insieme la cultura fiamminga con quella italica. Abbiamo delle differenze importanti: - Mantegna: personaggio inserito nell’antichità, abbiamo addirittura un piede di pietra di una statua. Classico, ma meno ipertrofico. - Antonello da Messina: Il corpo, nelle sue proporzioni è classico, ma non ha quelle pretese di mettere in evidenza i muscoli. Gioca di più con la luce e le ombre, mettendo in secondo piano la figura ipertrofica. Entrambi condividono una serie di aspetti per cui possiamo dire che sono entrambi artisti del ‘400. Fare storia dell’arte significa proprio capire le congruenze e le incongruenze che stanno tra due artisti. Mantegna guarda la realtà con gli occhi di un appassionato dell’antichità. Mentre ad Antonello non interessa riprendere l’antico, e questo possiamo vederlo sia nel fatto che S. Sebastiano poggia su un tronco di legno, e nella colonna che esso rappresenta ai piedi del personaggio. À la recherche du temps perdu – Marcel Proust (Posterità e Idea di Classico) Ci sono tante riflessioni su cos’è l’arte. Il problema è: perché un’opera di un genio non è stata capita subito. Un’opera di genio può non essere capita dai contemporanei, ma anni dopo, si è creato un pubblico che detiene gli strumenti adatti per comprendere l’opera. La posterità dell’opera – è la percezione che hanno i posteri di un’opera precedente. L’opera dopo la morte della vista, continua ad avere una vita sua. Dinnanzi a Proust, ci stavano gli artisti Impressionisti. L’artista rispetto al pubblico, ed alla società in cui è immerso dalla seconda metà del ‘700, si afferma con un malessere. L’artista risponde a delle esigenze della società. Il senso d’inadeguatezza rispetto all’epoca in cui vive è chiamato Primitivismo. Alcuni si calano nella contemporaneità cercando di “adattarsi”, altri scappano. Gauguin, quando si rifà all’arte Bretone, da cui cerca di riprendere la sacralità che il mondo contemporaneo ha perduto. Questo rifiuto della modernità, si potrà tradurre nel rifiuto delle metropoli, e poi al rifiuto dell’Europa. Gauguin, quando andò a Tahiti, si ispirò ai basso rilievi egizi per dipingere “Il mercato” (1892): John Flaxman, è un incisore che crea appunto delle opere per testi letterari importanti. La sua idea era quella di privare la forma da tutto ciò che è empirico e transitorio. Ridurre le forme ad un puro contorno, è uno dei raggiungimenti più radicali del fenomeno neoclassico. Abbiamo il rifugio ad un’antichità, che mi porta a mettere in crisi addirittura la Mimesi. (Primo principio del Primitivismo) William Blake, si rifà alle sue incisioni, perché essendo tali le divulgarono in tutt’Europa. Nell’atelier di David, abbiamo una piccola rivoluzione: i suoi allievi lo accusano di non essere abbastanza Greco, arcaico e primitivo. Essi se ne vanno, si fanno crescere la barba, se ne vanno da Parigi. Essi sono i Barbut, primo gruppo di artisti Primitivisti. Le fonti sono discordanti, perché molte di queste sono contro di loro, considerandoli dei pazzi. Questi Barbut volevano rigenerare l’arte escludendo di guardare all’arte da Fidia in poi, alla ricerca di qualcosa di originale. I loro modelli erano: Omero, la bibbia, ed Ossyan. Una delle poche opere rimaste è La morte di Giacinto, di Jean Broc Essi sono dei Romantici, perché l’aspetto romantico è proprio quello di evidenziare le proprie differenze dagli altri. I nazzareni – Gruppo di artisti tedeschi che decidono, sotto l’influsso di Friedrich Schlegel, la ricerca di una spiritualità che non vedono nel mondo contemporaneo. Nessuno vorrà pretendere che la sua chioma si formi sul modello della radice .” Il contesto viene assimilato e trasformato nella visione dell'artista: non influisce in maniera deterministica, la libertà dell'artista sta nel plasmarlo mediante la propria visione. Frasi ironiche ed un po' paradossali di Duchamp “Sono gli spettatori che fanno i dipinti” - “L'opera d'arte è sempre basata si due poli del contemplatore e del creatore ”. Il pubblico, nel momento in cui vede un dipinto e gli da un'interpretazione, aggiunge qualcosa. Ogni interpretazione va a cogliere determinati aspetti e ne ignora altri. Hans George Gadamer “Il senso di un testo oltrepassa il suo autore”, nuovi occhi aggiungeranno nuovi elementi. Definizione universale dell'arte Per molti, l'arte si riduce ad una rappresentazione della natura. Whistler, Notturno in nero e oro, La caduta del Bengala, 1877: vuole sfaldare la realtà. L'artista, mediante titoli musicali, vuole avvertire il lettore che non ha intenzione di rappresentare la natura ma colori e forme. L'arte non deve insegnare nulla. Altra idea diffusa: l'arte rappresenta il bello ma cos'è il bello? Ovviamente, se guardiamo Canova sicuramente c'è l'idea di bellezza, ma se intendiamo il bello come armonia ci perdiamo una gran parte dell'arte (Girodet, l'espressionismo tedesco) Un'opera d'arte è tutto ciò che mi commuove? È possibile che l'arte sia legata ad un elemento così soggettivo? Effettivamente alcune opere hanno una forte carica patetica ma ci sono anche artisti che sembrano disinteressarsi completamente all'aspetto emotivo, ad esempio: Piero della Francesca, Madonna col bambino, che ci presenta il mondo da un punto di vista geometrico. Un aspetto molto attuale: per parlare d'arte bisogna avvicinarsi al mondo degli artisti. Konrad Fiedler si pone il problema dell'arte in una dimensione più concreta: – il contenuto intellettuale (soggetto) di un'opera non coincide con quello artistico (stile): la forma è il contenuto più importante dell'opera d'arte. Quello che distingue in artista da un altro non è il soggetto ma il modo in cui lo affronta e si rapporta ad esso. Il linguaggio dell'artista è il come, non il “cosa”; – Attività artistica (stile, ovvero la forma) come forma di conoscenza visiva e intuitiva (non concettuale) della realtà; Impadronirsi di una data materia visiva, conoscere le nozioni in maniera tale da riuscire a rielaborarle e collegarle, non significa limitarsi ad imparare a memoria. L'attività artistica, secondo Fiedler, rimane a livello intuitivo, anche se noi correggeremmo questa idea. Riprende “La critica della ragion pura”, dove Kant affronta l'estetica trascendentale, la teoria della prima forma di conoscenza, una conoscenza sensitiva che il filosofo rielabora, riportando la conoscenza al soggetto che ordina le sensazioni. I sensi sono solo un ricettacolo di sensazione ma la prima rielaborazione e riorganizzazione che porta al concetto di questi elementi è di tipo intuitivo. Fiedler trasferisce l'idea che la creazione artistica sia una forma attraverso cui l'artista prende possesso del mondo e lo riorganizza a suo modo. Quindi, come conoscenza, intendiamo il rifacimento della realtà, nella visione in cui è vista dall’artista. La conoscenza, è quindi creazione di una nuova realtà. Questo diventa una necessità per l’artista che si tiene oppresso dalle sue sensazioni visive, che non riesce a dominare, nonostante ne senta la necessità. Quindi ha bisogno di ricreare il mondo dal suo punto di vista. – Linguaggio come creazione di realtà: conoscere il mondo significa rifare il mondo, arrivare ad un livello di rielaborazione. In Fiedler quindi, si applica la definizione di arte, come forma di ricreazione del mondo. Nella sua idea, troviamo un importante principio: -Principio della necessità – Il valore dell’arte è pari a quello della scienza. La prossima citazione, servirà per capire meglio questo principio di necessità. CITAZIONE SLIDES “L’arte si solleva alla forma e alla figura da ciò che è informe e privo di figura” – Le sensazioni che noi abbiamo non hanno un senso, lo acquisiscono nel momento in cui diventano espressione. È la stessa cosa che dirà Benedetto Croce nella sua Prosa. L’artista quindi non si accontenta di vedere la realtà. Ha bisogno di dare una forma alle impressioni che gli vengono dalla realtà esterna. Arti meccaniche ed arti liberali – La liberalità dell’arte non viene rivendicata secondo al suo processo conoscitivo, prettamente visivo. Rivendica la spiritualità dell’attività artistica, sulla base che è come la scienza. L’attività artista ha un processo conoscitivo relativo alla visione. [L’arte è sempre realistica, perché si sforza di produrre ciò che per l’uomo è la realtà nel senso più alto, ed è sempre idealistica, perché la realtà che essa crea è un prodotto dello spirito] La storia dell’estetica, viaggia su un doppio binario: arte come imitazione della natura, l’arte è idealizzazione. Questi due concetti sussistono per secoli e ce li portiamo dall’attività classica. Il principio dell’idealizzazione, si spiega in questo modo: l’artista che dovette dipingere Elena di Troia, si fa portare cinque donne diverse, e da ognuna prende i tratti più belli, per creare qualcosa di idealizzato e non presente in natura. L’arte è sia idealistica che realistica, perché ciò che crea l’artista, è ciò che esso vede e quindi è la sua realtà. Non si ebbe mai un vero e proprio riscontro con testi scritti da artisti, alcune idee di Fiedler si ritrovano nel diario di Delacroix. In Delacroix, abbiamo una riflessione sui mezzi espressivi degli elementi pittorici, che si avvicina molto all’idea di Fiedler. Capacità di Fiedler di superare questa duplicità tra realismo e idealismo: Ripensando alla sua definizione di attività artistica, se l’arte è ricreazione del mondo, questo prodotto artistico è realistico, quella è la realtà, non la realtà che vediamo noi, ma la sua realtà. Allo stesso tempo, questa è idealistica, perché ricreare il mondo è un processo spirituale. L’oggetto che decide di riorganizzare è la visione della realtà dell’artista. Se noi capiamo il processo artistico dell’artista, possiamo apprezzare qualsiasi opera. Al tempo, l’originalità ed il distinguersi dagli altri non era importante (dopo il manierismo si comincia ad avere una visione diversa, quindi il distinguersi diventa importante) [Quando tracciamo il contorno di un’oggetto…] CITAZIONE SLIDE Nel momento in cui tracciamo un contorno, e per esempio facciamo un vaso, la rappresentazione dell’oggetto che rappresento, è diverso dalla realtà che vede il mio occhio. In una basilare attività disegnativa, produciamo un qualcosa, o meglio un’idealizzazione di qualcosa che vediamo. [Quando un oggetto qualsiasi, che appare alla percezione immediata dell’occhio o alla coscienza rappresentazionale, dia occasione anche soltanto a un semplice gesto che voglia indicare qualcosa di visibile, ora mette anche in movimento il meccanismo esterno del corpo umano; esso conduce così a un nuovo e ulteriore sviluppo ciò che finora era consistito soltanto in processi iinterni, utilizzando ai suoi scopi anche la capacità espressiva della natura umana. Si tratta sempre del medesimo processo, comincia con sensazioni e percezioni e si dispiega alla fine in moti espressivo.. Persino in un semplice gesto che non sopravviva un solo attimo all’istante del suo sorgere, persino nel più elementare tentativo di attività figurativa, non è che la mano faccia qualcosa che l’occhio avrebbe già realizzato: nasce piuttosto qualcosa di nuovo, e la mano raccoglie lo svolgimento ulteriore di ciò che fa l’occhio, e lo prosegue cominciando esattamente dal punto in cui l’occhio aveva raggiunto il limite della propria attività” Nel momento in cui vediamo il vaso e cominciamo a disegnarlo, passiamo da una dimensione mentale, ad una visiva. Essa necessità del gesto, la mano dirige. La teoria accademica, ci ha abituato ad un’arte meccanica, sia inferiore a quello che l’artista pensa. Fiedler ci dice che anche nell’immagine che abbiamo nella nostra testa, Non siamo noi a decidere che metodo utilizzare, è l’opera d’arte stessa che ci da il metodo. Nel 1910, Improvvisazione, Kandinsky – Il colore utilizzato ci trasmette delle emozioni. Essendo un’opera astratta, dobbiamo andare a vedere lo stile ed il metodo che utilizza. Iconografia della crocifissione, Antonello da Messina Il soggetto ci da informazioni sul contesto culturale in cui vive l’artista. Esso all’interno dell’opera, inserisce l’iconografia di Marzia. Erwin Panofsky – I percorsi delle forme, I testi e le Teorie Per lui, il contenuto dell’opera è il soggetto. È colui che mette a punto il metodo iconografico. Ci dice che per descrivere un’opera d’arte dobbiamo avere delle conoscenze pregresse. La crocifissione per noi, sono iconografie viste e riviste. Se però, prendiamo qualcuno che non si è mai confrontato con la cultura cristiana, guardando il dipinto non vedrà il Cristo Risorto, ma un uomo per aria. Il riconoscimento del soggetto, è legato alle categorie culturali di chi guarda l’opera. La resurrezione, è un soggetto facile, ma nella storia dell’arte ci sono spesso collegamenti non facilmente riconoscibili. Erwin ci dice che ci sono tre livelli di interpretazione di un opera d’arte:  Livello pre-iconografico – Non definisco il tipo di soggetto rappresentato nell’opera d’arte  Livello Iconografico - Riconoscimento del soggetto.  Iconologico – Si tenta di capire il significato profondo dell’opera. Prendendo come esempio la primavera di Botticelli, ha raffigurati molti soggetti mitologici, possiamo riconoscerli, ma non capire a fondo il motivo per il quale sono stati inseriti lì. Questo livello, pretende un approfondimento dell’aspetto culturale. Nelle opere del passato, spesso il soggetto era dovuto proprio dalla committenza, ed era più facile riconoscere i soggetti (Pittura di storia) Resurrezione di Piero della Francesca vs Altare di Issenheim - Grunewald Esso ritrae come un uomo in carne ed ossa, che poggia il piede sulla tomba. Nel quadro è centrale l’umanità del Cristo. Franz Marc, Mandrillo, 1913 – In questo caso, il soggetto, dipende dal nostro occhio e dalla frequenza con cui osserviamo opere di questo tipo. Iconografia della Crocifissione: La rappresentazione della Crocifissione si afferma in ritardo rispetto alle altre scene evangeliche, per la difficoltà di far entrare nella mentalità dell’epoca la legittimità della rappresentazione del figlio di Dio sottoposto ad un supplizio riservato ai criminali. La crocifissione, inizia ad essere rappresentata solo quattro secoli dopo la nascita di Cristo. (IV secolo d. C). Il primo disegno, risale al III secolo d. C, ma si tratta di un opera satirica. Nella fase delle persecuzioni, non viene rappresentata, abbiamo un riservo di quest’opera. Dopo la diffusione del cristianesimo, abbiamo le prime rappresentazioni della crocifissione, con una differenza tra occidente e oriente cristiano: Nell’occidente cristiano, prevale l’iconografia del Cristo trionfante. Mentre in Oriente, si diffonde la versione del Cristo sofferente. Nel XIII secolo, abbiamo l’iconografia del cristo sofferente che si diffonde in Occidente. Perché cambia? Perché in quel secolo, abbiamo un cambiamento dal punto di vista della visione della storia sacra. Se voglio esprimere l’umanità del cristo, non lo rappresento trionfante, ma sofferente, per far si che lo spettatore ci si possa riconoscere. Giunta Pisano: Lavora per l’ordine francescano, esso elimina le storie della passione, e si concentra sulla figura del Cristo, e sul suo corpo. Giotto: Non ha bisogno di aumentare la tensione del corpo, spostando il bacino (come ha fatto Giunta), ma vediamo come l’inclinazione delle ginocchia, e le mani, ci fanno capire che il cristo è morto. Le mani non sono più attaccate alla croce, ma penzolano. Non abbiamo più il Patos di Giunta e Cimabue, ma l’umanità di questo cristo morto. Nella pittura di Jan Van Eick, abbiamo la dilatazione dello spazio, che sembra andare verso il basso, ed abbiamo una grande attenzione dei dettagli, e degli aspetti della vita quotidiana. Crocifissione, Van Eick (1840) Crocifissione di Bucarest, Antonello da Messina (1465) Confrontando queste due opere, in entrambi i casi la crocifissione avviene a Gerusalemme, ma sullo sfondo in quello di Antonello, abbiamo una veduta reale di Messina, con uno scorcio della costa calabrese. Le figure: Van Eick, rappresenta i personaggi principali, e riempie la parte dietro con altre figure. Mentre in Antonello, abbiamo un senso di profondità, ed esso sceglie di rappresentare solo cinque figure, giocate su tre colori. L’uso di questi tre colori, ci da un modo diverso di vedere lo spazio. Nel suo dipinto, vediamo cavalieri ed un convento, tutti soggetti tipici del suo tempo, e della sua città. Il riferimento allo squarciamento di Marzia, ci fa capire che Antonello ha un gusto classico. La persona che si copre il volto, ci riporta ad un discorso di Cicerone, che diceva che quando il dolore è troppo, ed è inesprimibile, ci si copre il volto per distaccarsi da quella situazione. Antonello da Messina, riesce ad amare la vita in tutti i suoi aspetti come gli artisti fiamminghi, ed a estrapolarne dei dettagli importanti per l’iconografia dell’opera. Il modo in cui l’artista interpreta l’iconografia, è importante tanto quanto essa. Crocifissione di Grunewald (1512) – La sua rappresentazione della crocifissione, è considerata una delle più scandalose, perché vediamo la degradazione fisica del Cristo. Il dolore della vergine, è espresso metaforicamente con il suo colorito di pelle della faccia, che non riusciamo a distinguere dal vestito. L’opera, potrebbe essere considerata Moderna, ovvero l’abbietto, un filone dell’arte contemporanea. L’estetica dell’abbietto, è simile a quella del sublime. L’abbietto è La materia stessa, può essere una forma di ispirazione per l’artista. Vedere una macchia di acquerello, potrebbe suggerirgli nuovi usi di quella tecnica e di quel materiale. Cambiando materiali, e cambiando tecniche, cambia la forma. Se l’artista vuole un volume che riflette la luce in maniera repentina, non sceglierà sicuramente il Marmo, ma la tecnica della fusione, e quindi il Bronzo. La tecnica: La tecnica, è il tipo di lavorazione di questi materiali, o meglio, il metodo in cui il gesto dell’artista utilizza uno strumento che trasforma la materia. L’artista dipende dallo strumento, necessario per fare l’opera. Lo strumento, che è un oggetto, diventa strumento creativo nella mano dell’artista. La forma stessa dello strumento, delinea già la sua abilità. “Il tocco, è il momento in cui lo strumento risveglia la forma nella materia.” La tela bianca inerte, con il pennello passivamente tenuto dall’artista, con il tocco, diventa già linguaggio. Ogni artista, ha un suo proprio modo di poggiare il pennello sulla tela, gli specialisti arrivano a distinguere il tocco degli artisti (tocco – estremamente personale) M. Baxandall, riprese quest’idea, in un libro “Scultori in legno del rinascimento tedesco”, ovvero quella di Vocazione formale della materia, applicandola al contesto tedesco, ed alla produzione di sculture in legno di tiglio. Baxandall, applica al legno di tiglio, la chiromanzia, ovvero dice che guardando un pezzo di legno, ho già in mente cosa voglio creare. GERICAULT – LA ZATTERA DELLA MEDUSA L’opera, esposta al saloon del 1819, con il titolo “scena di un naufragio”, il pubblicò capì che non era una scena qualunque, ma era lo scandalo di cui si parlava ormai da tempo, quando la Fregata Medusa, si incaglio su degli scogli, per un errore del capitano. Episodio di cronaca, di 150 individui, ne vennero salvati solo 15, di cui cinque morirono a terra. Due personaggi all’interno della zattera, scrissero un reso conto. Gericault non si accontentò di leggere il reso conto, ma volle conoscere di persona. Medusa – Fregata Francese, o meglio, una zattera abbandonata in mezzo all’atlantico con i passeggeri a bordo. Gericault, inserisce il contenuto politico dell’opera, rendendola universale. Le opere di Gericault prima della zattera sono quasi tutte a soggetto militare, in cui non troviamo niente di glorioso, eroico, anzi, è rappresentato in una situazione di paura, e di pericolo. Trombettieri degli ussari a Cavallo o Ufficiale dei cavalleggieri della guardia imperiale alla carica (Due opere, in cui ritroviamo la rappresentazione del militare non padrone del proprio destino) Le rappresentazioni di scene militari, hanno un significato propagandistico (es. muoiono un sacco di persone nelle campagne di Napoleone, ma lo fanno per la gloria della Francia) Gericault guarda le debolezze dell’aspetto militare. Trombettiere degli ussari a cavallo (1814-1815) Alfred de Vigny, 1835 Commenta: Esso, appartiene ad una generazione cresciuta con un esaltazione delle gesta eroiche, e quando avranno l’età per prendere le armi, si renderanno conto che non è così, trovandosi nell’età della restaurazione. Ufficiale dei cavalleggieri della guardia imperiale alla carica (1812) Jules Michelet,1840 Commenta: Ci fa notare la dimensione funebre che caratterizza le figure dell’ambiente militare. Gericault, tentò invano la vita militare, e nel luglio 1814, entra nell’ordine dei moschettieri reali, e nel 1816 decide di partecipare al Grand Prix de Rome, in cui viene respinto, e decide di far da solo questo viaggio. Da una serie di testimonianze sappiamo che la visione della cappella sistina lo stupirà molto. Girovagando, si imbatte su un libricino che parla del naufragio della Zattera, scritto da due sopravvissuti. Uno un geografo, e l’altro un medico, che ritornato in Francia, scriverà una tesi sulle conseguenze che portava mentalmente e fisicamente un naufragio. Dopo aver letto questo libro, parla con Delacroix e cerca di contattare i sopravvissuti. La zattera della medusa, nasce per una spedizione da fare in Senegal, insieme ad altre due zattere. Nominato capo, Chaumareys, gli viene affidato il comando della medusa. Da alcune lettere scritte alla figlia, veniamo a scoprire che esso non naviga da 25 anni. Sappiamo che le due navi che erano con lui, scelgono un percorso diverso, mentre Chaumareys pensava di trovarsi davanti al Senegal, e quindi decise di tagliare in mare, non sapendo che la zona era molto pericolosa, per la presenza di Secche. Il 2 luglio (partenza il 17 giugno), la nave si incaglia e comincia ad andare a picco, e si decide di abbandonare la nave. In questi due giorni, viene costruita una zattera di 7/10 m di Larghezza, e 20m di Lunghezza. Chaumareys decise di utilizzare le zattere di salvataggio per lui ed il resto della ciurma, e gli altri li mettono sulla zattera. La zattera, all’inizio doveva essere trainata dalle scialuppe, ma è stato visto che probabilmente il peso era tale, che la vela messa sulla zattera non serviva a niente. Quando questo avviene, abbiamo il primo scoraggiamento di coloro che stanno sulla zattera. Dopo una notte di contrasti, la disperazione è tale che i fortunati che la notte aveva risparmiato, si buttarono sui cadaveri degli altri, tagliandoli e mangiandoli. Il cannibalismo, inizia anche per la paura di morire di fame, nonostante si possa sopravvivere dieci giorni senza mangiare. In questi casi chi sopravvive non è solo chi ha la forza fisica, ma chi ha la lucidità ,e la forza psicologica, di affrontare tutto questo e continuare a vivere. Molti sulla zattera, sono moribondi, e quelli “più sani” decidono di buttarli in mare, per togliere peso alla zattera, e perché avevano ancora una sola botte di vino, che avevano calcolato che per sei giorni sarebbe bastata. Ad un certo punto, avvistano una nave, e cominciano a sbracciare con dei drappi per farsi riconoscere. Savigny e Corread – Unici due superstiti; Grazie a loro riesce a rintracciare il falegname della zattera, e si fa fare un piccolo modellino, in cui lui poi collocherà dei piccoli modellini di uomini. Gericault, comincia a fare varie ipotesi di rappresentazione. Non arriva subito al momento di illusione e di speranza. Una delle prime possibilità fu la Scena di ammutinamento, che risente l’influenza di Michelangelo nel Giudizio universale. Un altro elemento che gli interessa molto sono gli atti di cannibalismo. Gli viene in mente di rappresentare la scena di salvataggio (molto aneddotica), in cui ci sono dei personaggi, ed una scialuppa che dovrebbe andare a salvare i pochi superstiti. Nel momento in cui comincia a pensare di rappresentare il momento di illusione, questa composizione va piano piano a ruotarsi, e la scialuppa va ad allontanarsi; Il momento non è più quello del salvataggio, ma quello di un paio di giorni prima, in cui abbiamo il momento di speranza che seguirà poi da una disperazione assoluta. Mentre crea i bozzetti dell’opera, si intestardisce e capisce che per capire al meglio un cadavere, vuole vedere il vero colore della morte. Comincia a fare una serie di studi, per capire la morte. ANEDDOTO Theodore Lebrun 1836: Esso dice che Gericault, va alla ricerca della morte, studiando ed osservando pezzi di cadaveri. L’aneddoto parla dell’incontro di Gericault con un superstite della zattera, che alla sua vista, gli dice “Oh amico mio, come sei bello” nonostante i bambini e la gente si allontanava da lui, perché sembrava un morto. L’aneddoto ci fa entrare nel personaggio dell’artista, e ci fa capire come le sue ricerche sono sempre orientate sulle cose che vuole esprimere. Gericault, comincia a fare una serie di ritratti, di persone umili. La sua attenzione, ricade su quella parte di umanità che non ha mai avuto il diritto di entrare nell’arte, se non in una chiave di schiavitù. Esso vuole dar dignità ad i suoi personaggi. Comincia a dipingere uomini di colore, primi modelli neri. Cos’è la morte, Cos’è un cadavere? Esso guarda tutto con uno sguardo clinico, guardare e studiare il corpo, per risalire alle lesioni riportare e alle malattie avute. Esso realizza delle vere e proprie nature morte con pezzi di cadaveri, quindi non c’è trascendenza, l’uomo morto, diventa oggetto. Testimonianza di Delacroix, 5 marzo 1856
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