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Brand Personality: Ogilvy e il 'uomo in camicia Hathaway' - Prof. Ghidotti, Appunti di Marketing

La campagna pubblicitaria di david ogilvy per la marca hathaway, che ha reso la camicia un prodotto iconico attraverso la creazione di un personaggio indelebile e attraente. Ogilvy ha sfruttato la storia della camicia per creare un'immagine memorabile e distintiva, che ha portato alla vendita di milioni di camicie in un solo giorno. Anche altre campagne pubblicitarie di ogilvy e di altri creatori di brand, come leo burnett e la sua mascotte del marlboro man.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 04/04/2024

delio-cota
delio-cota 🇮🇹

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Scarica Brand Personality: Ogilvy e il 'uomo in camicia Hathaway' - Prof. Ghidotti e più Appunti in PDF di Marketing solo su Docsity! LEZIONE 09/03/2022 1. Brand personality: Ogilvy e “The man in the Hathaway shirt” Immaginiamo di essere un reparto marketing e comunicazione: ci troviamo di fronte una camicia di livello medio che viene distribuita nei supermercati e che non vende tanto. L’azienda produttrice chiama un po’ di agenzie, in cerca di idee. Se avesse chiamato Reeves, lui avrebbe chiesto “quale caratteristica differenzia la vostra camicia dalle altre?”. Risposta: nessuna. Questo perché, all’inizio degli anni ’60, avviene il boom economico e tutti fanno le stesse cose (non c’è differenza tra i prodotti). David Ogilvy decide quindi di puntare su una STORIA che dia una personalità al prodotto, sapendo che le storie NON si raccontano solo a parole: come dice Ogilvy stesso, noi “assaggiamo delle immagini”, dove per immagine si intende ciò che costruiamo attorno a un brand (significati, dettagli, ecc.) e che rimanga in mente, per fare una differenza. La differenza non sta nella camicia, ma nel fascino della sua storia, che, se fatta bene, può colpire, incuriosire e sedurre le persone1. “Date alla gente un goccio di Old Crow, dicendo che è Old Crow. Poi dategli un altro goccio di Old Crow, dicendogli che è Jack Daniels. Chiedete quale preferiscono. Vi diranno che sono del tutto differenti. Loro stanno assaggiando immagini” “Non esistono sostanziali differenze tra le varie marche di whisky, di sigarette o di birra. Sono quasi tutte uguali. Lo stesso per i budini, i detersivi o la margarina. Però, chi riuscirà a costruire un’immagine più spiccata alla sua marca, avrà una maggiore quota di mercato” La maggior parte delle pubblicità che vediamo oggi sui giornali non arriva da nessuna parte, perché non ha nulla di memorabile. Altro problema: i testimonial (es. Cannavacciuolo), che spesso vengono riutilizzati in tantissime campagne diverse, e questo non favorisce il ricordo della campagna singola (tra l’altro il testimonial non dovrebbe essere semplicemente al centro di una foto senza fare di nulla di significativo col prodotto). La tecnica della split image implica inserire due o più foto (ad esempio un “prima” e un “dopo”), ed anche questo non favorisce il ricordo della campagna (favorisce la dispersione). Ipercomplicazione = quando un’idea è complicata, ne derivano troppi problemi (anche esecutivi, per esempio). Bisogna, inoltre, non esagerare, per non dare l’impressione di averla sparata troppo grossa. In generale, fare i confronti è laborioso, faticoso, non immediato, e i confronti poi danno sempre un po’ fastidio (perché si dice sempre una cosa che non è totalmente vera, es. con la camicia tu sei figo e chi invece porta la felpa non lo è). Prima di tutto, bisogna puntare sulla credibilità. Inserire un elemento inusuale nel racconto della camicia, invece, potrebbe essere un esempio di idea vincente. Un’idea è sempre su un crinale sottile fra l’essere geniale e stupida: se non si rischia non si è originali, ma se si rischia a volte si crea qualcosa di fin troppo buffo. Per risolvere il dilemma della camicia, Ogilvy ha creato un personaggio indelebilmente associato ad essa (senza usare un canonico testimonial): per farlo, comprò delle eyepatch 1 Piccola curiosità: Ogilvy e Reeves, così diversi come scuola di pensiero (uno sofisticato e l’altro martellante), erano in realtà parenti (per via di un matrimonio). (bende per occhi) a 50 centesimi nel ’51 da un negozio di articoli per fotografi, davanti al quale era passato per puro caso. La campagna di Ogilvy viene intitolata “The man in the Hathaway shirt”: il visual è ambientato in una sartoria, dove un uomo si fa fare un vestito su misura (quindi è facoltoso). È inoltre di mezza età, e ha indubbiamente stile (talmente tanto che può permettersi di andare in giro con una benda sull’occhio). Nella vita, quest’uomo potrebbe essere un banchiere, avvocato, assicuratore, agente finanziario, collezionista d’arte, uomo del Jet set sempre molto attento ai dettagli, ecc. La Hathaway esisteva da 116 anni, ma nessuno la conosceva: dopo la campagna, in una settimana gli stock di camicie del supermercato sono andati esauriti. Vediamo anche altre esecuzioni della stessa campagna, ad esempio in setting diversi: l’uomo ha un sacco di carisma e fascino. La campagna è sopravvissuta per 25 anni sempre SENZA dire nulla della camicia (è stato fatto un vero e proprio passo laterale, in questo caso anche piuttosto casuale). Ogilvy riuscì a dare una personalità anche ad altri prodotti, come la Rolls Royce. Ha inoltre introdotto i personaggi in generale: per esempio, ha dato a un suo amico viaggiatore una valigetta e un cappello, rendendolo “The man from Schweppes” (Commander Whitehead) → questo personaggio viaggiatore controlla che il gusto della Schweppes sia sempre lo stesso ovunque. Altro esempio di campagna sempre incentrata su un personaggio: “The man from Del Monte said “Yes!””. 3. La pubblicità e i suoi personaggi I personaggi della pubblicità possono essere testimonial (persone famose), mascotte o personaggi creati dalla pubblicità stessa (come l’uomo di Ogilvy, che è diventato un’icona). Le icone, di fatto, costruiscono il brand, mentre i testimonial vi si prestano e basta. Uno degli errori più gravi in pubblicità è operare un trattamento emotivo per un prodotto funzionale e operare un trattamento funzionale per un prodotto emotivo. Contrariamente a quanto si può pensare, la mascotte non è stata inventata a Madison Avenue: New York è un po’ una nazione a sé stante della East Coast, con uno stile di vita iper-europeo e in parte asiatico, non radicato nell’America vera (alcuni newyorkesi non hanno quasi mai visto un albero). 4. Burnett e la leggenda del Marlboro Man Leo Burnett, inventore delle mascotte, aveva invece la sua agenzia a Chicago, per cui il suo era un rapporto diverso con la natura rispetto a quello di chi abitava a New York. Burnett diceva che i prodotti hanno un’anima, un “inherent drama”, un “carattere profondo”: questa anima/storia va raccontata con uno stile genuino ed anche POPOLARE. In più, l’aspetto visivo è importantissimo. Gli americani amano i racconti semplici e forti, i personaggi, sono un po’ dei “bambinoni”: ecco perché Burnett ha creato le mascotte e una delle icone più memorabili che raccontano lo spirito americano, ossia il cowboy di Marlboro (Burnett è famoso per le mascotte e Ogilvy per i personaggi, ma in realtà il più grande personaggio della storia della pubblicità è proprio di Burnett) → negli anni ’50, le sigarette col filtro erano considerate “effemminate”: come proporle agli uomini? Proprio da questo dilemma nacque l’idea del cowboy. Perché? Perché Il cowboy è l’uomo delle praterie americane, è la quintessenza della natura, un uomo pratico senza scrupoli, che ama l’alcool, ecc. Il fumo viene rappresentato come un momento di sospensione e meditazione, è un rituale: se non fosse pericoloso, sarebbe riconosciuto come una cosa “molto umana”. Negli anni ’90 le pubblicità di sigarette sono state bandite: fino ad allora, però, questa campagna di Marlboro ha reso il brand leader di mercato. 5. Jolly Green Giant e Tony the Tiger: la nascita delle brand icons La prima brand icon (sempre di Burnett) fu Jolly Green Giant per i piselli: una specie di divinità dei boschi, un essere vegetale con una sciarpa rossa. Altra icona: Tony the Tiger dei Kellogs’. Un elemento sempre presente era la firma sonora: la risata per Jolly e il ruggito per Tony. Coltivare i consumatori già da bambini = far sì che le persone conservino il ricordo dell’infanzia e diventino così dei consumatori in futuro (tecnica Mc Donald’s). Altre icone: Omino bianco, Mr Muscolo, conigli di Duracell, ecc. Pregi:  Sono avatar/alias del prodotto  Sono simpatici, parlano al nostro lato infantile  Se ben costruiti diventano vere identità  Sono memorabili  Spesso hanno anche un jingle o tormentone sonoro  Sono declinabilissimi  Si possono usare in tutti i media in maniera crossmediale Difetti:  Ce ne sono già tanti  Infantilizzano il prodotto  Non si possono usare in certi settori, di solito molto maschili (es. automobili) Un’alternativa sono i simboli, come la zucca di Conto Arancio e la mela di Mentadenti. Esempi di advertising characters in Italia sono Capitan Findus, Pippo l’ippopotamo, Coccolino, Bunny, Carletto, il gorilla di Crodino, Cippi, Bibendum, ecc. 6. Celebrity endorsement: l’uso sapiente dei testimonial In America il testimonial viene chiamato celebrity endorsement, che significa semplicemente “prendere” una celebrità e associarla a un brand. Esempio: Nike “Frozen Moment” Uno dei casi più belli: Nike. Nato negli anni ’70, è esploso con le snickers: grazie al brand, queste scarpe da sport sono diventate delle scarpe quotidiane. La ragione del successo è il racconto di marca → un campo di basket per un afroamericano è la rivincita sul mondo, e la Nike ha interpretato questo senso di rivalsa attraverso la figura archetipica di Michael Jordan: il dio del basket è diventato dio della rivincita (e delle Nike). Just do it è proprio la sfida (challenge): io lo faccio, e lo faccio meglio di te. In generale, l’America è un posto che crea degli eroi (la mitopoiesi tipicamente americana). https://www.youtube.com/watch?v=Hzm4L7cYjsY Quando giocava Jordan, l’America intera si fermava sempre a guardare: questo è il senso dello spot (tra l’altro all’epoca non c’era ancora Just do it, ma il simbolino di Jordan che salta → la schiacciata è il gesto più simbolico, perché vuol dire aver annientato tutta la difesa). Esempio: Clooney, Martini e Nespresso Clooney, invece, ha suo stile completamente diverso, che si basa sulla seduzione anche un po’ autoironica (è il tipico metrosexual, colto, belloccio, festaiolo ma con moderazione, ecc.). La Martini ha colto proprio questo lato di lui con il famoso spot No Martini No Party (questa espressione è anche entrata nel linguaggio, facendo diventare il brand parte della cultura pop → esempio di earned media).
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