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Metodologie didattiche inclusive, Tesine universitarie di Didattica Pedagogica

Il testo si propone di analizzare la metodologia Flipped classroom (insegnamento capovolto), in realazione al tradizionale medodo di insegnamento. Oltre questo si individuano le principali metodologie e strategie didattiche inclusive.

Tipologia: Tesine universitarie

2020/2021

Caricato il 12/04/2023

brigitta-mazzarelli
brigitta-mazzarelli 🇮🇹

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Scarica Metodologie didattiche inclusive e più Tesine universitarie in PDF di Didattica Pedagogica solo su Docsity! UNIVERSITÀ ECAMPUS CORSO DI PERFEZIONAMENTO 1500 Ore 60 CFU NUOVA DIDATTICA PER LE LINGUE: LA METODOLOGIA CLIL “Flipped Classroom: una didattica al passo con i tempi” RELATORE CANDIDATA Dott. Paolo Nitti Brigitta Mazzarelli Matricola:009422932 Anno Accademico 2021/2022 2 5 INTRODUZIONE La Flipped Classroom è una metodologia didattica attiva che consiste nel modificare il metodo di insegnamento tradizionale. Comporta, infatti, che il docente prepari e fornisca in anticipo il materiale che gli allievi andranno a studiare, in modo che, durante la lezione in presenza, ci sia più tempo per fare esercizi e praticare i concetti appresi durante lo studio individuale e autonomo. Inoltre, in questo processo, giocano un ruolo fondamentale il feedback che il docente dà ai suoi studenti circa il loro livello di comprensione, così come i risultati di apprendimento e le osservazioni che gli studenti a loro volta forniscono al docente. Questo permette all’insegnante di adattare ogni percorso al relativo studente in base alle necessità. La metodologia della Flipped Classroom ha iniziato ad essere maggiormente conosciuta grazie all’esperienza di Bergmann e Sams (2012), ma le sue origini, sebbene non facili da individuare, risalgono a più di dieci anni prima e possono essere ricondotte allo sviluppo di tre modelli didattici: la Peer Instruction, la classe invertita e il capovolgimento dell’aula. I principali obiettivi della Flipped Classroom sono stimolare l’acquisizione di competenze oltre che di conoscenza e porre lo studente al centro del processo di apprendimento, aumentando il suo grado di partecipazione e rendendolo protagonista del processo educativo. Nonostante le ricerche sulla Flipped Classroom siano ormai numerose, si nota una mancanza di chiarezza e uniformità circa la definizione di questa metodologia. Per questo, il presente studio si è posto come obiettivo di considerare esperienze concrete di Flipped Classroom per arrivare a definire uno schema comune per la sua implementazione, identificando anche quali caratteristiche possono facilitare un docente a metterla in pratica. 6 1 CAPITOLO LA CLASSE CAPOVOLTA (Flipped Classroom) 1.1 La nascita e lo sviluppo della Flipped Classroom Dunque, potremmo iniziare col dire che il metodo di insegnamento non è mai cambiato dal 1300 ad oggi. Tuttavia, il mondo si è trasformato e con esso anche il mondo della scuola e soprattutto il metodo di insegnamento, ovvero, i concetti e i principi che stanno alla base di un’azione formativa e che pianificano in maniera articolata le variabili del processo di apprendimento. In un dipinto su pergamena, di Lorenzo de Voltolina datato nella seconda metà del XIV sec., viene raffigurata una lezione all’Università di Bologna che sembra non molto distante dall’immagine della lezione svolta oggi giorno. In quell’immagine viene rappresentato il professore dietro la scrivania che parla e i discenti che dai loro banchi seguono e segnano gli appunti. Dal dipinto potremmo anche scorgere, come l’attenzione degli studenti diminuisca allontanandosi dalla cattedra, proprio come avviene nella realtà di classe ancora oggi. Quello che dovrebbe colpirci di questa 7 immagine è come il metodo didattico non si sia evoluto nel corso degli anni; infatti, ancora oggi nella maggior parte degli istituti di ogni ordine e grado il professore sta in cattedra e parla. Un tempo il professore ripeteva il libro. Gli studenti lo trascrivevano a mano, così potevano averne una copia. Oggi, dopo l’invenzione della stampa, ogni studente ha il suo testo e questo cambia il ruolo del professore. Non dovendo più dettare il libro, egli può soffermarsi sulla spiegazione delle parti fondamentali, aggiungere dei concetti e approfondirli. Fatto sta che quasi settecento anni di storia non hanno cambiato le dinamiche in classe; per questo gli alunni di oggi sono sempre meno interessati alla lezione, perché fuori il mondo è cambiato, con questo anche gli studenti, ma la scuola non evolve insieme a loro. Dopo questa breve introduzione, per quanto concerne le origini e il primo esperimento della Flipped Classroom risalgono al ventunesimo secolo (2007- 2008), messo in pratica da due insegnanti statunitensi, ossia Jonathan Bergmann e Aaron Sams, entrambi insegnanti di chimica e scienza, nell’istituto scolastico del Colorado (USA), la Woodland Park High School. Quindi possiamo dimostrare come ancora una volta l’America si fa portavoce delle innovazioni tecnologiche. Loro esposero il loro approccio in un testo edito nel 2012, intitolato Flip Your Classroom: Reach Every Student in Every Class Every Day1. La parte iniziale del testo, è dedicata all’approfondimento delle particolari posizioni di alcuni studenti. Uno studente che nonostante l’impegno non riesce ad essere al passo con il docente e quindi a prendere appunti. Si analizza poi una studentessa, la quale è molto legata al suo percorso scolastico, ma a causa dei suoi impegni extrascolastici, non riesce a stare al passo con tutte le lezioni, ma il docente magari non ha tempo per ripeterle. Infine, un’altra studentessa, considerata un modello 1 J. Bergmann e A. Sams, Flip Your Classroom. Reach Every Student in Every Class Every Day, ISTE, 2012. 10 La fase di attivazione consiste nell’esporre l’argomento e attivare negli studenti la curiosità di approfondire l’argomento, a causa di una spiegazione superficiale. Questa presentazione può essere fatta attraverso video, testi o altre attività preparate dal professore o riadattate da quelle proposte in rete. L’importante di questa fase è quello di incuriosire gli allievi in modo tale da fargli proporre quesiti. Sostanzialmente questa fase non deve soddisfare in pieno l’argomento e gli studenti. La fase di produzione è quella che si sviluppa in aula. Dopo aver individuato l’argomento, è compito del professore proporre discussioni, ricerche, progetti, affinché lo studente possa risolvere nel miglior modo possibile le varie domande. La fase di elaborazione può svolgersi sia dentro sia fuori dall’aula e ha l’obbiettivo di chiarire e rendere espliciti gli apprendimenti. Anche qui si fa ricorso alla produzione di materiale appropriato da condividere online. In questo caso il ruolo dell’insegnante è quello di uno stimolo a concludere, generalizzare, formalizzare e astrarre quanto appreso. Le conoscenze che sono state ritenute fondamentali per un insegnante che voglia applicare il metodo della Flipped Classroom sono: 1. gestire la propria classe con delle piattaforme disponibili in rete (es. MOODLE). 2. creare contenuti didattici digitali; 3. esaminare, adeguare e riutilizzare risorse digitali; 4. realizzare unità educative con metodologia Flipped; 11 1.2 Il concetto di Flipped Classroom (FC) La Flipped Classroom (classe capovolta), consiste nel ribaltare la disposizione e l’area del processo di assimilazione. Quello che regolarmente si svilupperebbe in classe con le classiche lezioni frontali viene fatto nella propria abitazione con video e materiale multimediale, mentre l’approfondimento degli argomenti e gli esercizi che solitamente si svolgerebbero a casa si spostano in classe sotto la guida dell’insegnante e spesso attraverso la cooperazione con gli altri compagni. Pertanto, ad esempio, gli allievi a casa, in maniera autonoma studiano i concetti forniti dai docenti, i quali verranno poi in una fase successiva riproposti e discussi in aula. Dunque, si può notare come, nella Flipped Classroom, sono presenti due momenti del processo di apprendimento: uno al di fuori dall’aula e uno al suo interno. A volte, si è portati a considerare passiva o meno fondamentale la fase precedente alla lezione in classe. Tuttavia, questa prima fase è risultata essere fondamentale, dal momento che è stato dimostrato che vedere e rivedere il materiale online influisca sulla votazione finale. Inoltre, il fatto di ricevere i contenuti della lezione in aula in anticipo, è anche una maniera per ridurre e utilizzare meglio il tempo in classe e aumentare la comprensione degli alunni, dal momento che in quella fase il carico della mente è esiguo in relazione a quello che viene richiesto e svolto in maniera autonoma a casa. Inoltre, è possibile utilizzare questo tempo guadagnato per 12 l’apprendimento centrato sullo studente, ovvero spostare il focus dell’insegnamento dal docente al discente. 2 CAPITOLO L’APPRENDIMENTO NELLA CLASSE CAPOVOLTA 2.1 Prima inversione: la lezione a casa 15 migliore nel momento in cui un video è diviso in più spezzoni. Ovviamente non esiste alcuna legislazione scolastica che imponga la modalità di gestione dei contenuti in un contesto di Flipped Classroom. Un’efficace alternativa, come già detto, alla produzione propria di video da parte degli insegnanti è quella di sfruttare la molteplice quantità di contenuti accessibili in rete, grazie ad altri professori o esperti in materia, anche perché se un video è realizzato in maniera efficace da altre persone, non è fondamentale ricostituirlo. Ad ogni modo, il fatto di dover cercare video o altri contenuti che siano confacenti e, soprattutto, di qualità, può richiedere molto tempo, lo stesso che si occupa per crearlo da se. Sicuramente, la preparazione da parte dell’insegnante dei propri podcast è preferibile rispetto all’utilizzo di contenuti creati da terze persone, perché consentono di poter seguire il metodo personale e in tal modo non deconcentrare e disorientare gli alunni nel processo di apprendimento. L’utilizzo di contenuti al di fuori, invece, è consigliabile nel momento in cui abbiamo argomenti per cui si trovano video attraenti, ad esempio documentari o lezioni tecnico-pratiche. Tuttavia, entrambe le strade sono percorribili, ma certo è che il docente non può lasciare gli studenti nella scelta del materiale adeguato. La scelta da parte del docente, invece, di presentare in aula il solo manuale è possibile, ma non consigliabile sotto alcuni punti di vista. Difatti, il libro, almeno in teoria, richiede meno partecipazione e coinvolgimento rispetto ad una lezione virtuale (se ben strutturata) ed è impossibile controllare che gli studenti, “nativi digitali” quali sono, si affidino esclusivamente al libro di testo nell’apprendimento di un concetto nuovo. A riguardo, vi è un aspetto fortemente negativo circa l’utilizzo del solo libro di testo. Potrebbe, infatti, passare il messaggio che l’insegnante voglia scaricarsi del lavoro preparatorio delle lezioni e scaricare il lavoro totalmente allo studente. Tuttavia, soprattutto oggi giorno, sappiamo quanto i professori siano particolarmente attaccati su 16 questi quesiti, perciò è importante non dare entrata a pensieri di questo genere. Sostanzialmente, i compiti dei docenti nella prima inversione, nella fase preliminare allo studio degli studenti saranno: •individuare obiettivi ed argomenti; •creare materiale consono allo studio a casa; •stabilire tempi e modalità delle prove all’aula; •stimolare quesiti e chiarire le risposte alle domande; •verificare che gli allievi si attengano alla consegna delle prove; Lo studente in questa fase di spiegazione, si trova ad apprendere in maniera autonoma, con l’aiuto del materiale consegnato dal professore. L’assimilazione risulta così positiva. La tipologia di studio da adottare in un contesto Flipped Classroom dipendedall’ausilio proposto agli studenti. Non varia, rispetto al modello tradizionale, se è stato previsto il solo unico manuale, mentre viene cambiata se il docente propone video digitali. Per quel che riguarda il manuale si è discusso della difficoltà di questo approccio, perché potrebbe annoiare gli allievi che sono “nativi digitali”. Per ciò che concerne i video offrono quasi tutte le caratteristiche positive di una classica lezione frontale; in più hanno la caratteristica di essere dotati di multimedialità, contemplando l’attivazione di più canali sensoriali, permettendo cioè al discente di competenze multimediali. Mayer ideò inoltre il concetto di elaborazione attiva, che richiede una collaborazione attiva del discente che gli permette di condurlo all’apprendimento dei contenuti in maniera adeguata. Ulteriormente all’apporto positivo, le video lezioni offrono funzioni aggiuntive rispetto alle lezioni tradizionali. Queste funzioni sono legate alla consultazione 17 illimitata dei contenuti sottolineando che, per sua natura, consente operazioni di riascolto, avanzamento e sospensione, permettendo ad ogni studente di gestire i contenuti verso l’individualizzazione dell’apprendimento. Abbiamo spesso discusso di individualizzazione dell’apprendimento, ma è opportuno donare maggior spazio a questo concetto pedagogico, centrale nei dibattiti scolastici attuali, evidenziando inoltre come il modello Flipped Classroom favorisce la sua concretizzazione. L’individualizzazione didattica riguarda le procedure didattiche che mirano a far raggiungere a ciascun studente le competenze fondamentali comuni, attraverso una diversificazione dei percorsi di insegnamento. Da non mescolare con la personalizzazione che racchiude quelle strategie didattiche finalizzate a garantire ad ogni studente le proprie potenzialità intellettive e distinte per ogni studente, ma sempre attraverso una diversificazione degli itinerari di apprendimento. Le due strategie didattiche vanno considerate come complementari. È chiaro quanto la metodologia Flipped Classroom, promuova questa idea di individualizzazione nella considerazione dei tempi di assimilazione di ogni studente. Mentre la lezione frontale obbliga ad uniformare i ritmi dei discenti, nonostante le loro distinte caratteristiche, all’opposto, con il modello Flipped si apprende in maniera libera e autonoma secondo i propri ritmi, con lo scopo di raggiungere una meta comune2. 2 M. Baldacci, L’ individualizzazione. Basi psicopedagogiche e didattiche, Pitagora, 2000. 20 Il modello Flipped rappresenta, anche una profonda rivoluzione nell’ambito della valutazione, in particolar modo per la valutazione formativa. Quest’ultima è considerata come quella fase di valutazione presente durante il processo educativo, finalizzata a fornire un’informazione minuziosa su come gli studenti reagiscono al loro itinerario di apprendimento. In questo momento gli allievi vengono spesso valutati in maniera errata, perché i compiti in aula non riescono a distinguere tra competenze antecedenti e quelle acquisite e le interrogazioni raramente distinguono tra capacità espressive e capacità cognitive. L’improduttività dell’interrogazione è data dal fatto che non prende in analisi le competenze realmente acquisite dallo studente e per di più non distingue le capacità espressive e le capacità cognitive. Inoltre, di solito viene valutato un allievo per volta e però succede che la maggior parte degli studenti in classe, anziché ascoltare attentamente l’interrogazione del compagno, siano impegnati in altre faccende. Una cosa è certa, che la valutazione autentica, cioè quella valutazione che tiene conto delle distinzioni individuali e dei percorsi di apprendimento non può essere raggiunta tramite le interrogazioni o dei compiti svolti in classe saltuariamente. Dal momento che, il processo di assimilazione nell’aula capovolta ha luogo in contesti cooperativi, anche la valutazione deve tenere conto di ciò. Si può notare come la valutazione è protesa verso una rivoluzione rispetto al modello valutativo tradizionale, con un’attenzione verso lo studente. Gli strumenti che protendono verso una valutazione autentica sono le rubriche valutative, tabelle che descrivono le competenze degli studenti al termine di un percorso formativo. Bisogna considerare il fatto che le rubriche non sono similari alla griglia valutativa, poiché quest’ultima è solo uno strumento valutativo e non costituisce uno strumento formativo; quindi, che possa aiutare lo studente a migliorare e modificare gli errori commessi. Le rubriche sono uno strumento completo, cioè sia formativo che 21 valutativo insieme. Gli elementi che costituiscono una rubrica sono le dimensioni, scala di valore, indicatori, descrittori criteri e livelli. Le dimensioni sono i riferimenti per giudicare l’azione degli studenti e indicano la peculiarità di una certa prestazione. La scala indica il punteggio da assegnare. Gli indicatori forniscono esempi concreti di una prestazione. I descrittori indicano di che cosa i valutatori devono tener conto per giudicare il compito complesso. I criteri sono le condizioni che ciascuna competenza deve soddisfare per essere adeguata e raggiungere un valore. I livelli, infine, divisi in qualitativo e numerico. Con la rubrica si ha, per così dire, una “diagnosi personalizzata”5 che conduce alla valutazione quanto più oggettiva possibile, dal punto di vista cognitivo e dell’apprendimento dell’alunno. 5 S. Grassetto, Didattica attiva: Manuale pratico per la Flipped Classroom, ebook reader, 2017, pag.79. 22 2.4 Metodologie, strategie e strumenti didattici L’attività da svolgere durante il momento della seconda inversione, come già abbiamo detto, è affidato interamente alla decisione da parte dell’insegnante, il quale è libero di scegliere come affrontare il percorso didattico utilizzando metodi, strategie e strumenti didattici. Con il termine “metodologie didattiche”, si intendono tutte le procedure, rese mobili dall’insegnante in base alle situazioni formative e alle specifiche peculiarità degli alunni, per affrontare le unità didattiche. Con il termine “strategie didattiche”, intendiamo un insieme di azioni e risorse educative che sono impiegate, in modo organizzato per arrivare a far sviluppare una serie di competenze di apprendimento in base alle differenti caratteristiche degli studenti. Gli strumenti didattici, definiti anche risorse, sono dispositivi che il docente utilizza durante il percorso didattico. La scelta del metodo e degli strumenti dipende: • dagli obiettivi prestabiliti; • dai contenuti che si intendono proporre; 25 •Positiva interdipendenza, quando ogni membro del gruppo fa la propria parte per raggiungere il risultato sperato. In questo modo gli studenti si sentono responsabili dell’apprendimento personale e del loro gruppo. •Responsabilità individuale: ogni studente deve sentirsi responsabile del proprio apprendimento e metterlo in atto nelle verifiche. •Interazione faccia a faccia, ovvero è necessario che i membri del gruppo lavorino in modo interattivo, avendo delle rispondenze, verificando a vicenda le informazioni. In questo modo si ottiene anche un altro scopo, ovvero che tra loro si insegnano qualcosa. •Uso delle abilità giuste in collaborazione: gli studenti nel gruppo vengono incoraggiati e aiutati a sviluppare la fiducia nelle proprie capacità, la leadership, la comunicazione, il prendere decisioni ed il difenderle, la gestione dei conflitti nei rapporti interpersonali. •Valutazione del lavoro: i membri, valutano costantemente l’andamento del loro lavoro e individuano le modifiche necessarie per migliorare la produttività. Un professore nel momento in cui decide di sviluppare un’attività didattica laboratoriale e quindi collaborativa deve preliminarmente creare un piano che abbracci il tempo di un mese o un quadrimestre, suggerendo quali contenuti potrebbero essere affrontati dagli studenti in maniera cooperativa, quali in maniera individuale e quali in maniera competitiva. Oltre questo, deve conoscere gli interessi, le capacità di ciascun studente e conoscere la qualità dei rapporti intersoggettivi nel gruppo in aula e con quale maturità lo studente di relazione con la scuola, nei confronti dei docenti e delle materie. L’insegnante deve, inoltre, non posizionare gli studenti in gruppi e lasciarli al libero arbitrio, ma stabilire compiti ed obiettivi che gli studenti devono eseguire e raggiungere e prendere delle decisioni riguardo la strutturazione dell’aula, la formazione dei gruppi e il ruolo che 26 ogni studente deve ricoprire. Definire, inoltre, le modalità del processo di controllo (monitoring) e di revisione delle attività (processing) svolta in gruppo. Questi due processi avvengono in due momenti distinti. Il primo, quello di controllo, si sviluppa durante lo svolgimento dell’attività e viene condotto dall’insegnante con o senza l’aiuto di uno studente. Il secondo momento avviene al termine dell’attività, utilizza le osservazioni fatte dall’insegnante e dal gruppo stesso, e serve per capire cosa ha funzionato, cosa deve migliorare e a identificare eventuali percorsi di rinforzo delle competenze non ancora sviluppate in maniera adeguata. La Peer Education La Peer Education, (letteralmente educazione tra pari), rappresenta una strategia educativa che si basa su uno scambio di competenze e conoscenze tra individui di uguale età e status sociali. La metodologia della Peer Education implica, un po’ come per le Flipped Classroom, una focalizzazione nel percorso di assimilazione che non ricade sull’insegnate, bensì sullo studente. Si viene a formare una sorta di laboratorio sociale in cui sviluppare delle attività nuove, condivisione, confronto, dando in tal modo la 27 possibilità agli studenti di migliorare la propria autostima e le abilità relazionali e comunicative. Nasce nei primi anni ’90 alla Harvard University, grazie alle sperimentazioni del professor Eric Mazur per il suo corso di fisica. Il corso del professor Mazur consisteva in una prima fase preliminare nella quale gli allievi erano portati a leggere l’argomento prima di presentarlo in classe, laddove vi erano le domande da parte dell’insegnante verso gli alunni sulla base della loro preparazione preliminare. Gli allievi che davano una risposta errata dovevano discuterne con i loro compagni di banco e nella maggior parte dei casi già al secondo tentativo, riescono a dare la risposta giusta. Da alcuni studi su questa metodologia si è notato come questa abbia degli effetti positivi sia sugli insegnanti sia sugli alunni e lo scambio di contenuti permette di crescere dal punto di vista dell’apprendimento, ma anche dal punto di vista dell’autostima. Gli alunni che si confrontano con i loro compagni provano meno imbarazzo nel porre le domande rispetto al colloquio con un adulto. Dall’altro lato gli studenti che trasmettono i concetti hanno modo di ripetere gli argomenti e quindi prendono coscienza delle proprie capacità, dei propri mezzi e del proprio ruolo. Durante questa modalità però, l’insegnante è chiamato a svolgere un ruolo da esterno controllore, cioè è fondamentale che controlla gli studenti nel processo educativo, ma mantenendo sempre le dovute distanze nel caso di eventuali errori o perplessità. Questa metodologia viene applicata soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado con ragazzi adolescenti, perché considerata una strategia utile per attivare negli studenti il confronto, la socializzazione e l’inclusione. Possiamo infatti notare come nella fase di adolescenza, risulta importante il confronto con gli altri compagni. La Peer Education costituisce un vero e proprio collegamento fra dinamiche che permettono lo sviluppo dell’alunno, e la scuola più classica, fatta di programmi, 30 Lo storytelling, che si può tradurre con l’atto del narrare, di cui sentiamo sempre parlare legato all’ambito digitale, ha in realtà origini antichissime. Si tratta infatti di una forma di comunicazione prima orale poi in forma scritta che da millenni l’essere umano utilizza per tramandare storie, memorie, conoscenze e tradizioni. Declinato in ambito digitale si rivela un metodo di comunicazione efficace. Raccontare storie è il miglior modo per trasferire conoscenza, per persuadere i clienti a intraprendere una determinata azione. Attraverso il racconto è possibile generare la capacità di narrazione, interpretazione, capacità di veicolare dei messaggi importanti, magnetizzare l’ascoltatore favorendo lo scambio di esperienze e lo spirito critico. Strategie didattiche Per quanto riguarda le strategie didattiche8, intendiamo un insieme di operazioni, risorse selezionate e pianificate attentamente, che vengono adoperate all’interno di un contesto pedagogico per arrivare ad uno o più scopi. Esistono due grandi gruppi: strategie centrate sul formatore e sui contenuti da apprendere, ovvero si lascia all’alunno il compito di dare un significato ai temi che l’educatore ha cercato di trasmettere; strategie centrate sul discente e sull’apprendimento, chiamate anche learner centred, dove l’interesse del discente dovrebbe facilitare il procedimento di acquisizione. Qui di seguito le strategie messe in atto nelle scuole d’Italia: •lavori individuali; 8 L. D’Alonzo, Come fare per gestire la classe nella pratica didattica, Giunti, 2017. 31 •interventi individualizzati; •lavori di gruppo; •ricerche guidate; •attività progettuali; •esercizi differenziati; •partecipazione a concorsi; •attività laboratoriali in classe o all’esterno; •attività di recupero; •attività di consolidamento; •attività di sviluppo; •iniziative di sostegno; •visite e viaggi d’istruzione; •visite aziendali; •interventi di esperti su specifici argomenti; •partecipazione a cineforum, spettacoli, manifestazioni sportive; 32 Strumenti didattici In riferimento ai dispositivi che il formatore utilizza, essi svolgono il compito di fare da mediatori dell’apprendimento. Come avviene per i metodi, anche gli strumenti didattici devono essere minuziosamente analizzati tenendo in considerazione il soggetto beneficiario e l’ambito. In questo caso occorrerà analizzare: •età; •modalità di apprendimento; •caratteristiche personali; •abilità possedute; •numero degli alunni; •tipologia di scuola; •natura dell’attività da svolgere. La LIM (lavagna interattiva multimediale), non deve essere utilizzata con lo scopo di visionare un film. Gli strumenti devono sostenere la cooperazione e la familiarizzazione, non guidare ma permettere sempre l’interazione e devono sempre migliorare l’esperienza di apprendimento. Gli strumenti didattici vanno esaminati ed impiegati attentamente perché essi potrebbero anche giungere ad una conclusione avversa, in quanto troppo complicati da utilizzare. Succede, moltissime volte, che l’alunno si rifiuti ad utilizzare il 35 BIBLIOGRAFIA J. Bergmann e A. Sams, Flip Your Classroom. Reach Every Student in Every Class Every Day, ISTE, 2012. J. Bergmann, A. Sams, Flip your Classroom, Firenze, Giunti, 2016. M. Baldacci, L’individualizzazione, Pitagora, 2000. A. Berti, E. Bombi, Introduzione alla psicologia dello sviluppo, Il Mulino, 2005. G. Cecchinato, R. Papa, Flipped Classroom: un nuovo modo di insegnare e apprendere, UTET, 2016. M. Coinu, Le teorie dell’apprendimento. Dispense didattiche, Università Sapienza di Roma, Facoltà di Scienze della Comunicazione, 2007. S. Grassetto, Didattica attiva: Manuale pratico per la Flipped classroom, in esclusivo formato ebook reader, 2017. E. Mazur, Peer Instruction: A User’s Manual, Addison-Wesley, 1996. F. Tessaro, Metodologie e didattica dell’insegnamento secondario, Armando, Roma, 2002. M. Maglioni, F. Biscaro, La classe capovolta, Erikson, 2014. 36 SITOGRAFIA https://www.latteseditori.it/strategie-inclusive/metodologie-e-strategie-didattiche- inclusive#:~:text=Con%20il%20termine%20%E2%80%9Cstrategie%20didattiche,appr endimento%20in%20base%20alle%20differenti https://wauniversity.it/strategie-didattiche-inclusive/ https://www.ristorazioneconruggi.com/2018/07/metodologie-strategie-e-strumenti.html/ https://blog.deascuola.it/articoli/peer-education https://www.marcellomeinero.com/flipped-classroom/271-la-storia.html.
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