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Mettere in scena l'arte contemporanea - Francesco Poli e Francesco Bernardelli, Appunti di Storia Dell'arte

storia dei musei, dallo spazio dell'opera allo spazio intorno all'arte

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 25/01/2023

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Scarica Mettere in scena l'arte contemporanea - Francesco Poli e Francesco Bernardelli e più Appunti in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! 1 Mettere in scena l’arte contemporanea Dallo spazio dell’opera allo spazio intorno all’opera PARTE PRIMA Lo spazio dell’opera. Lo spazio come opera Il primo capitolo mette a fuoco gli aspetti cruciali nell’evoluzione e rivoluzione della problematica spaziale, dalle avanguardie storiche a oggi (a partire dal superamento dei limiti dati dalla cornice e dal piedistallo). Germano Celant: la collocazione in un contesto “sollecita un senso di reciprocità basato su una mutualità reale in cui l’arte crea uno spazio ambientale nella stessa misura in cui l’ambiente crea l’arte”. Ciò ha influenzato il modo in cui i luoghi espositivi dell’arte si sono trasformati, e ha fatto emergere i nuovi criteri di allestimento e di messa in scena. 1. Il coinvolgimento dello spazio reale. Installazioni e ambienti. 1.1 Il quadro e la cornice. Oltre la cornice La concezione che sorregge l’ipotesi di spazio ha conosciuto innumerevoli forme e attuazioni a seconda delle diverse epoche storiche e dei differenti contesti culturali. Continuando la rottura operata dalle avanguardie storiche nei confronti del plurisecolare uso della prospettiva lineare, gli artisti contemporanei hanno manifestato l’urgenza di creare inedite rappresentazioni dello spazio, ma anche di esplorare le caratteristiche fisiche, ovvero gli spazi in cui la nostra dimensione corporea agisce, così come le realtà sociali da esse generate. Una spinta a una libertà che ancora oggi è alla base di molta arte. Georges Seurat: primi sintomi dell’insofferenza della pittura per i limiti della cornice. La trama divisionista deborda dalla tela ricoprendo la cornice. Il coinvolgimento dello spazio della corniche come parte integrante della composizione si ritrova in lavori di molti artisti delle avanguardie: da Giacomo Balla, a Kandinsky, da Magritte a Fontana. Piet Mondrian è il primo pittore ad abolire (quasi) del tutto la cornice, perché le sue composizioni a griglie ortogonali non tollerano la cornice. Una sottile cornice molto sobria rimane, ma arretrata di mezzo centimetro rispetto alla tela. Per comprendere la concezione estetica della pittura a partire da ll’inizio del Novecento, citiamo le riflessioni di due filosofi, entrambi difensori dell’integrità assoluta e dell’essenziale funzione estetica di questo elemento. Per José Ortega y Gasset “un quadro senza cornice ha l’aria di un uomo svestito e nudo”. Per Georg Simmel: “ nel caso della prosecuzione del contenuto del quadro nella cornice, un traviamento per fortuna raro, che nega del tutto l’essere per sé dell’opera d’arte”. Dal secondo dopoguerra in poi il quadro tende sempre più a “mettersi a nudo” e a uscire nel mondo fino a liberarsi definitivamente dalla cornice nella misura in cui i pittori combattono la dimensione illusionistica ed enfatizzano le specifiche caratteristiche fisiche del medium. Ciò innesca una relazione più diretta e concreta con lo spazio reale, che in particolare nella pittura minimalista diventerò un elemento cruciale. 1. The Wild (1950, 240x4 cm) di Barrett Newman: un dipinto su tela che crea una straordinaria tensione estetica su tutta la parete dove è collocata. 2. Quanta, Lucio Fontana: una serie di opere con tagli, senza cornice, con varie configurazioni geometrizzanti, del 1950-1960. 3. Losanga n.II (1925), Piet Mondrian: tele quadrate appese con un’inclinazione di quarantacinque gradi che dava loro una forma romboidale. Una concezione di spazio neoplastico che era arrivata a modificare quindi anche il consueto orientamento della tela. (Si vede la sottile cornice). 1.2 Giù dal piedistallo Concettualmente il piedistallo ha nella scultura una funzione per molti versi analogia a quella della cornice in pittura. Già Auguste Rodin () nel 1899 aveva esposto al Salon una statua di Eva con i piedi direttamente posati a terra. Ma è Constantin Brancusi a mettere definitivamente in discussione la funzione convenzionale del piedistallo. Nei suoi lavori quest’ultimo diventa una parte organica dell’opera, senza più differenze di valore qualitativo. Le sue basi sono realizzate con elementi giustapposti in vari materiali, caratterizzati da forme semplici e geometrizzanti. Questa 2 “rivoluzione” deriva da un lato dalla necessità pratica di collegare fisicamente l’artefatto tridimensionale al suolo, dall’altro dalla coscienza dell’importanza estetica di una relazione più diretta fra l’opera e l’ambiente. I suoi lavori si definiscono attraverso l’interazione dialettica fra l’essenzialità sintonia con le caratteristiche delle opere esposte. (es: sala realizzata alla Internationale Kunstausstellung a Dresda nel 1926). Protagonista eccentrico del Dadaismo tedesco, Kurt Schwitters viene inizialmente influenzato dalla concezione costruttivista e neoplastica dello spazio ambientale, ma ribalta i principi geometrici di questo linguaggio. La sua operazione è caratterizzata da una tensione romantica finalizzata all’elaborazione di un mondo plastico. A partire dal 1932 la sua energia si focalizza su un progetto di “opera totale”, il Merzbau, un work in progress che per 13 anni cresce e si sviluppa fino a coinvolgere parte della sua casa-studio. Schwitters era considerato un artista degenerato da parte dei nazisti e si trasferisce in Norvegia e la sua casa viene bombardata nel 1943. Della Merzbau restano alcune foto, una descrizione dell’artista e qualche testimonianza. L’idea iniziale dell’artista era quella di evidenziare le relazioni tra i quadri appesi e le sculture sul pavimento. Per fare questo l’artista incomincia a collegare le varie opere con cordini, sostituiti poi da fili di ferro. Sulle direttrici di questi vengono elaborate strutture di legno unite e integrate con il gesso. Il nucleo centrale è formato da una specie di colonna con al vertice una testa di bambola e il fusto formato da scansioni volumetriche irregolari in cui sono inseriti e incollati oggetti trovati e reperti di ogni genere. La costruzione (chiamata Kathedrale des erotischen Elends) si dilata nello spazio come un labirinto caratterizzato da cavità e anfratti. 1.3 le prime istallazioni spaziali - Duchamp = spaziamento straniante e defunzionalizzante del readymade = ‘’pala sospesa’’ e ‘’attaccapanni da muro’’ che posato sul pavimento diventa una trappola per far inciampare oppure ‘’Door 11, rue Larrey’’ = porta incardinata fra due telai posizionati a novanta gradi chiudendo un’entrata lascia aperta l’altra e viceversa = rimessi al loro consueto posto questi manufatti ritornerebbero allo stato di oggetti comuni - Man Ray= “obstruction” installazione fatta di sessantatreè appendiabiti agganciati fra loro che formano una struttura ramificata e fluttuante, sospesa al soffitto - Vladmir Tatlin= “rilievi ad angolo” 1915 costruzioni astratte polimateriche sospese in uno spazio angolare grazie a sottili barre metalliche in tensione agganciate alle due pareti= prime installazioni ambientali strettamente interconnesse a una dimensione specifica del contesto architettonico 1.4 le prime opere- ambientali. Balla, El lissitzky, Schwitters Prime due opere concepite come veri e proprio ambienti possno essere: - “Ambiente Proun” del costruttivista di El Lissitzky - “Merzbau” del dadaista di Schwitterrs - primo fondamentale contributo dei futuristi in questa direzione - Umberto Boccioni= “manifesto tecnico della scultura futurista” ipotizza un’effettiva interazione con il contesto ambientale, anche se rimane centrale la forma scultorea si tratta però ancora di interventi legati a una dimensione di creatività decorativa anche se intesa come operazione di trasformazione dello spazio ambientale e degli arredi i cui risultati sono visibili nei progetti per alcuni locali pubblici a Roma= - Balla per il Bal Tic-Tac del 1912 - Depero per il Cabaret del diavolo del 1921-22 •Effettiva opera-ambiente senza finalità decorative, soltanto per la scenografia ‘’pura’’ che Balla 1917 con la musica di Feu D’artifice di Igor Stravinskij = appariranno solo delle forme sul palo, costruzioni di legno e stoffa • Tatlin = 1917 realizza decorazione nel Cafè Pittoresque in collaborazione con Rodcenko e Jakulov = invadono pareti e soffitto con forme spezzate triangolari, coniche e semicircolari in legno cartone e metallo • El Lissitzky teorizza il primo vero ambiente totale ‘’assoluto’’, indipendente = ‘’Ambiente Proun’’ uno spazio plastico astratto geometrico presentata all’esposizione internazionale d’Arte di Berlino del 1923 = stanza con sei superfici non è utilizzata come un contenitore ma diventa mezzo espressivo totale con una completa interazione plastica fra pittura, scultura,architettura e funzione espositiva così il visitatore entra letteralmente nell’opera d’arte 5 a metà tra un magazzino di roba vecchia e una discarica di rottami. Grazie allo spirito innovatore del direttore delle Stedeljk Museum di Amsterdam, nel museo viene messo in scena nel 1962 la prima esposizione muselae che si configura come un progetto ambientale organicamente articolato, elaborato dalla collaborazione di sei artisti: 7. Daniel Spoerri (una sala labirintica tutta buia) 8. Per Olof Ultvedt (uno stretto ambiente formato da una salita in legno) 9. Niki de Saint Phalle 10. Martial Raysse 11. Jean Tinguely a. una riempita unicamente di palloncini argentati a forma di cuscini pieni di elio che fluttuano nell’aria b. l’altra ha le pareti ricoperte da una particolare tappezzeria realizzata con l’immagine della testa di mucca che grazie ai colori acidi contrastanti finirà per creare un forte impatto visivo e ambientale, soprattutto nel contrasto con i vari quadri appesi alle pareti. 1.8 Performance e installazioni del gruppo Gutai. Gli enviroment di Kaprow Gutai = gruppo di avanguardia giapponese fondato nel 1954 da Jiro Yoschihara e Shozo Shimamoto anticipa gli sviluppi delle pratiche performative e delle installazioni effimere = influenza sugli happening e sulle azioni Fluxus realizzano i loro interventi davanti al pubblico in luoghi esterni o interni, utilizzano i materiali più disparati come fango, pietra,acqua INTENZIONE = tentare un dialogo fra i materiali usati e lo spirito dell’artista vogliono trasformare i materiali in qualcosa di nuovo Interventi più noti : • Kazuo Shiraga = interventi nel fango e pitture realizzate con i piedi oscillando fa una corda 1957 • Akira Kanayama = impronte lasciate su un percorso di 150 metri • Sadamasa Montonaga = sacchi di plastica riempiti di acqua colorata sospesi fra i rami e le lunghe tele tese fra i tronchi degli alberi • Murakami = sfondamento di una sequenza di pareti di carta con il proprio corpo (1956) Influenza Gutai, degli events di Cage, dell’assemblaggio neodadaista sono alla base degli HAPPENING E ENVIRONMENT elaborati da Kaprow insieme ad altri come Grooms, Whitman,Oldenburg, Dine e Rauschenberg = fusione azione artistica con la vita reale e con il contesto urbano = interventi a livelli ambientale, coinvolgimento del pubblico Kaprow = primo a definire le caratteristiche di questa forme creative gli happening sono uno sviluppo degli environment normali spettatori diventano partecipanti attivi ENVIRONMENT : non sono stati concepiti solo per integrare gli spettatori nel lavoro, dovevano anche immergersi il più possibile negli spazi reali e nei contesti sociali e cui erano collocati, dovevano uscire dal contesto troppo chiuso dell’arte (studia, gallerie,musei) per immegersi nella natura e nella vita urbana = si trasformano in HAPPENING • ‘’Beauty Parlor’’, 1957/58, Hansa Gallery di NY : • due ambienti riempiti di stoffa e fili multicolori pendenti dell’altro, lampadine accese, specchi rotti, ventilatore che diffondeva odori chimici e altoparlanti che emettevano suoni elettrici composti dall’artista • i visitatori attraversano gli spazi e si immergono in una caotica dimensione multisensoriale • ‘’Yard’’, 1961 : • Riempie di vecchi copertoni il cortile della Martha Jackson Gallery di NY • Costringe il pubblico e muoversi fra pile di pneumatici • ‘’Garage’’, 1960 : • Vero e proprio parcheggio sotterraneo stravolto da una installazione con reti metalliche • Nelle maglie erano impigliati giornali, lenzuola, frutti, rami e altri oggetti 1.9 Segal, Oldenburg, Warhol. Gli ambienti Pop Due artisti che hanno dato un contributo originale all’arte ambientale sono due scultori e sono legati alle esperienze degli happening e degli environment: 1. Segal : non realizza happening ma collabora con Kaprow condivide l’esigenza di un rapporto stretto rapporto fra arte e vita tanta di bloccare la dimensione dell’esistenza nell’opera d’arte 6 • 1961 : forma di scultura d’ambiente : • calchi dal vero di persone in atteggiamenti quotidiani nei più diversi contesti di vita • ricostruiti come dei set teatrali con oggetti presi dalla realtà • effetto è sia realistico che straniante = scena quotidiana sembra congelata 2. Oldenburg: abolisce la presenza umana nei suoi lavori, ma realizza oggetti quotidiani, del consumismo di massa • ‘’the street’’, 1960: • Ispirato alla Bowery = strada di NY piena di rifiuti e di relitti umani • Denuncia sociale = ambiente riempito di sacchi di cartapesta, dai colori violenti • Esposto alla Judson Gallery insieme a ‘’the house’’ di Dine = spazio pieno di stracci, spazzatura e cibi andati a male • ‘’the store’’, 1961: • Lo spazio espositivo è un negozio • Accumula molti oggetti realizzati in gesso colorato e alterati in sembianze e dimensioni = fetta di torta, gelato, scarpe da tennis, vestiti • Rapporto tra realtà della strada e provocatoria banalità di questi oggetti è spiazzante • ‘’ Bedroom Ensemble’’, più pop: • Presentato alla mostra ‘’four environments by New Realists’’, 1963 • Tipica stanza da letto di un motel arredato con mobili plastificati di cattivo gusto con angolature distorte Andy Warhol non ha mai realizzato veri e proprio ambienti: • Primi quadri pop nelle vetrina di un grande magazzino tra i manichini vestititi in vendita prima esposizione pubblica : 5 grandi tele sistemate come ‘’sfondo’’ per i manichini in vetrina presso la Bonwit Teller nel 1961 = sembra un semplice decoro ma riporta ironicamente nelle banalità del reale urbano • Stable Gallery, 1964 : scatoloni impilati dei prodotti Brillo che trasformano la galleria in una sorta di sovraffollato magazzino di supermercato • Galleria Leo Castelli, 1966 : due stanze separate = 1. Riempita con palloncini argentati a forma di cuscino che fluttuano in aria 2. Pareti ricoperte da una particolare tappezzeria con l’immagine di una testa di mucca • Moderna Museet, Stoccolma,1968 : ricopre di nuovo i muri del museo con l’immagine della testa di mucca : colori acidi e contrastanti, moltiplicazione seriale = crea un forte impatti visivo e ambientale 1.10 Installazioni e ambienti minimal I lavori degli scultori minimalisti americani sono per la maggior parte installazioni, la cui caratteristica principale è determinata nel rapporto tra strutture primarie geometriche e modulari e il contesto in cui sono collocate. Carl Andre utilizzava supporti di produzione comune e procedimenti di costruzione e combinazione elementari che chiunque era in grado di mettere in atto. L’intenzione era quella di creare le condizioni per una nuova esperienza estetica e di ridefinire il senso della scultura evidenziandone i suoi aspetti fondamentali. Dal 1968 inizia la produzione dei suoi lavori fondamentali, i Cuts, le sculture-pavimento realizzate usando lastre rettangolari in ferro e altri metalli. La scultura si caratterizza come floorness, luogo/spazio modularmente scandito. Inoltre il fatto che lo spettatore possa camminarvi sopra esalta una fruizione dell’arte in termini di diretta esperienza sensoriale. DI Robert Morris si può ricordare una sua mostra personale del 1964 7 alla Green Gallery di New York dove vengono collocate varie sculture con forme geometriche elementari in compensato dipinto di grigio. Ogni scultura è in uno specifico rapporto con le caratteristiche della sala. Dal 1963/64 Donald Judd inizia a realizzare le sue strutture geometriche elementari con materiali industriali. Si tratta di pezzi unici o sequenze modulari collocate sul suolo in orizzontale o in verticale sui muri. Judd a Marfa in Texas ha creato una propria fondazione con spazi architettonici destinati esclusivamente all’installazione permanente delle sue opere. (es: South Artillery Shed, un enorme capannone in cui sono collocate cento sculture in alluminio). Il lavoro di Dan Flavin dal 1963 si caratterizza per una scelta: la disposizione nello spazio di soli tubi fluorescenti di luci al neon di differenti colori. Quest’operazione da vita a installazioni site specific definite “situations” / “proposals”. Queste strutture producono sia luce che ombre colorate. In pochi anni, dal 1968 in avanti, l’artista sviluppa le sue sculture al neon in veri e propri ambienti di luce in grado di riempire vaste sale espositive. Tra i primi lavori di Richard Serra, costituiti da pesanti lastre d’acciaio combinate assieme in un equilibrio precario, sono da ricordare quelli a partire dal 1969 caratterizzati da una interconnessione di superfici metalliche con lo spazio espositivo. Queste installazioni creano una specifica dimensione ambientale. Uno sviluppo nell’area della ricerca minimalista è quello degli ambienti Light and Space. SI tratta dei lavori di alcuni artisti californiani: - Michel Asher: realizza opere che prendono la forma di interventi quasi invisibili all’interno degli ambienti delle istituzioni che li ospitano. SI tratta di interventi site specific che al termine dell’esposizione vengono cancellati. - Robert Irwin & James Turrell: nel 1969 (progetto Art & Technology) utilizzano i procedimenti delle ricerche della NASA per verificare le reazioni umane in situazioni di assenza di stimoli sensoriali esterni per creare un ambiente esperienziale completamente isolato che porta il visitatore a percepire in modo amplificato le proprie sensazioni interne. - James Turrell: autore anche di ambienti dove superfici luminose appaiono come pitture immateriali mentre in realtà si tratta di aperture nel muro retroilluminate - Maria Nordman: lavora sul rapporto tra spazi esterni e interni creando ambienti vuoti e bui con sottili fessure attraverso le quali si possono appena percepire suoni e luci provenienti da fuori. Bruce Nauman costruisce una serie di ambienti praticabili per rilevare gli aspetti fondamentali della relazione tra corpo e spazio in modo da evidenziare il comportamento del visitatore all’interno di una specifica situazione. È il caso di Green Light Corridor, dove la luce determina la forma percepibile dello spazio. Anche Dan Graham ha costruito piccoli ambienti con strumenti simili. Il più significativo è Present Continuon Past(s), una stanza bianca con una telecamera a circuito chiuso e un monitor collegato a questa che riprende le persone presenti. Queste immagini sono trasmesse con un breve ritardo, in questo modo in visitatore vede le sue stesse azioni in modo straniato. Sempre di Graham sono interessanti i suoi Pavillons. Nel caso di Two Adiacent Pavillons ciascuno dei due moduli uguali fra loro può essere visto e praticato sia dall’interno che dall’esterno. Sono diversi solo i soffitti: uno trasparente e uno di un materiale scuro che non lascia passare la luce. Daniel Buren tra gli artisti europei è quello che principalmente ha sviluppato il suo lavoro in diretta relazione con strutture architettoniche esistenti, focalizzando l’attenzione sulle loro funzioni sociali e culturali attraverso interventi in situ. La sua azione si manifesta attraverso bande colorate verticali, utilizzate in vari modi come segnali per focalizzare l’interesse su quello che l’artista vuole evidenziare. 1.11 Spazi concettuali Si parla di ambienti concettuali quando prevale una dimensione dematerializzata e gli stimoli sensoriali superano quelli fisici. Lawrence Weiner ad esempio si limita a intervenire in spazi vuoti con parole scritte sui muri in stampatello. L’ambiente viene percepito come un’estensione della dimensione mentale. Seth Siegelaub con altri artisti realizza esperienze più radicali: il gruppo propone una serie di mostre che si distinguono per le scelte all’avanguardia. Le prime esposizioni non avvengono però in galleria. 1. Nel 1968 viene realizzato un catalogo (Xerox Book) che recava solo il nome degli artisti invitati e voleva portare a un ripensamento del concetto di esposizione La durata del progetto era maggiore di quella di una normale esposizione e nel catalogo erano dedicate 25 pagine per ogni artista, questo perché si voleva rimettere in discussione il tempo da dedicare 10 • ‘’ Dissipare’’ 1968 = realizzata nel deserto del Nevada cinque enormi fosse rettangolari simili a trincee disposte in modo casuale e foderate all’interno con lastre d’acciaio • ‘’Double Negative’’ finito nel 1969-70 = due enormi tagli di forma rettangolare uno di fronte all’altro ai due lati di uno stretto canyon del Mormon Mesa in Nevada = sorta di strada interrotta dal vuoto della valle • Questo opere sembrano reperti di una civiltà sconosciuta = fanno riflettere sulla nostra • De Maria = • ‘’Mile Long Drawing’’ = linee parallele tracciate con del gesso sulla superficie del deserto intervento minimalisti che prevedeva anche la costruzione, in cemento, di due muri paralleli mai costruirti • ‘’The Lightning Field’’ 1977 = in un’arida piana del New Mexico 400 pali in acciaio inox appuntiti disposti in sequenze regolari su un’area rettangolare = rapporto cielo e terra e gli effetti di luce i fulmini duranti i temporali si scaricano a terra attirati dai pali che funzionano come parafulmini • ‘’ The Land Show’’ 1968 = si trova all’interno di una galleria a Monaco spazio espositivo è riempito di uno spesso strato di terra = rovesciamento fra interno ed esterno, fra spazio naturale e spazio culturale • Smithson = interconnessione fra territorio esterno e spazio della galleria attraverso ‘’site’’ e ‘’non site’’ = vengono realizzati a partire dal 1968 sono strutture di varie forme geometriche che contengono materiali grezzi come pietre,ghiaia,minerali, raccolti da lui nei luoghi che ha esplorato = trasferimento di un frammento di un sito in un contesto espositivo attenzione osservatore nel sito reale esterno documentato da foto, cartine e disegni • ‘’ Spiral Fetty’’ 1970 : grande banchina a forma di spirale lunga circa 400 m nel Great Salt Lake in Utan costruita accumulando più di 60000 tonnellate di terreno circostante (terra rocce cristalli di sale) = testimonianza della capacità di trasformazione del territorio attraverso la tecnologia moderna sembra anche un gigantesco monumento primitivo lui è interessato ai processi di trasformazione naturale,dalla fluidità e dal disordine della materia l’opera sembrava dovesse essere assorbita dalla matura ma in tempo più recenti è stata garantita la sia sopravvivenza • Long = realizza in gallerie e musei le sue installazioni di carattere minimale con pietre e legni prelevati dai luoghi naturali attraversati durante i suoi viaggi a piedi esperienze documentate da lavori fotografici che sono parte integrante nell’opera • Turrell = • ‘’Ronden Crater’’ : opera a cui lavora ancora oggi trasformazione di un vulcano ( da lui acquistato nel 1977) in un osservatorio del cielo = costruzione al suo interno di un ambiente con aperture circolari che danno verso l’esterno i lavori sono iniziati nel 1977 • Christo = impacchetta oggetti, ricopre i monumenti o gli edifici in contesti sia naturali che urbani : • Scogliera in Australia nel 1969 ricoperta • ‘’Running Fence’’ 1976 : durata limitata e caratteristiche diverse barriera lunga quasi 40 chilometri formata da un’alta tende di tessuto sintetico retta da 2050 pali in acciaio che si snodava nel pesaggio come una sorta di Muraglia cinese attraversa le colline di Sonoma e di Marin nella California del Nord • Collettivo avviato da Beuys = non rientra pienamente nella Land Art per le caratteristiche di scultura sociale • 1982 : accumulò davanti al Fridericianum settemila pietre di basato, ciascuna delle quali, una volta messa in vendita, avrebbe finanziato la piantumazione di una quercia lungo i viali della città ultima piantata nel 1987 dopo la sua morte ci vorranno decenni per creare un bosco = attraverso la meditazione dell’artista rigenerazione e presa di coscienza valorizzazione del rapporto fra uomo e ambiente azione dell’arte coincide con quella della natura 11 1.14 Giardini d’artista Giardino romantico con elementi allegorici e costruzioni simboliche si sviluppa: • Ian Hamilton Finlay = sviluppa i suoi temi intorno alla riflessione sulle relazioni fra natura e cultura = convivono del giardino tra botanica e installazione ambientale • ‘’Little Sparta’’ : insieme di variegate aree all’aperto ognuna con un proprio carattere e spirito individuale: 1. vasto giardino che riunisce elementi tipici della cura ornamentale della piante, della scultura, dove legno marco e metallo concorrono insieme alle piante e prati 2. CREAZIONE DI UNO SCENARIO UNICO complessa operazione fra installazione architettonica,arte ambientale e land art 3. il parco giardino ospita 270 opere = esempio di trasformazione di un’area desolata e povera di vegetazione • Jean Tinguely = • ‘’Cyclop’’ 1969/94 : opera collettiva con altri artisti in Francia emerge all’interno di un’autentica foresta: 1. 22 metri e mezzo d’altezza, 350 tonnellate di acciaio 2. testa mostruosa ricoperta di specchi 3. all’interno = universo labirintico di passaggi, punti e stanze dove i visitatori possono seguire un percorso fatto di opere, sculture e macchinari misteriosi 4. Ci lavorano per 25 anni 5. Fu finanziata dallo stesso artista e Niki de Saint Phalle 6. Nel 1987 per garantirne la conservazione fu venduta allo stato Francese 7. Rapporto con l’ambiente naturale circostante • Niki de Saint Phalle = • ‘’Giardino dei tarocchi’’, parco naturale a Garavicchio, in Toscana: 1. In collaborazione con altri artisti 2. Ci lavorarono per 20 anni 3. Ventidue figure delle carte degli arcani maggiori dei tarocchi = stravaganti e mostruose figure 4. Ben mimitizzato fra la flora 5. Il visitatore si trova immerso fra grandi opere, simboli e archetipi delle leggi e dei misteri della vita presenze scultoree, strutture percorribili, costruzioni monumentali e architettoniche con misteriosi ambienti e lavori di diversi artisti • Daniel Spoerri = • Giardino: 1. In Toscana 2. Iniziato nei primi anni 90 e aperto nel 1997 3. Formato da una serie di colonnette e zone arboree 4. 80 sculture e installazioni di Spoerri e altri artisti opera del 1998 di Spoerri = riproduce in bronzo in scala reale l’ambiente dove da giovane aveva vissuto • Giuliano di Celle: collezionista e pro proprietario della = Fattoria di Celle dove presenta ‘’Spazi d’arte’’: 1. 15 installazioni site-specific nove all’aperto e si all’interno della villa ideate da importanti artisti come Aycock , Oppenheim,Serra,Morris 2. Le attuali opere ne sono 76 3. L’idea di base prevede che ogni artista invitato scelga un spazio, all’aperto e dentro gli edifici sviluppa poi il proprio progetto in rapporto al luogo 12 4. Risultato : raccolta di opere inamovibili che non occupano uno spazio ma diventano parte integrante del paesaggi 5. Robert Morris : labirinto in marco serpentino e marmo di Trani, inserito in uno specifico sito scelto dall’artista = area boschiva lievemente in discesa architettura quadrangola caratterizzata dall’alternanza orizzontale delle fasce bianche e verdi dei due tipi di marmi stretta entrata dove il visitatore entra e inizia un lungo corridoio che obbliga a seguire un itinerario fatto da continui angoli acuti = percorso lungo 60 metri genera un senso di illusorietà e spaesamento dato dalla struttura labirintica e dalle ossessive presenze di fasce chiare e scure termina in un muro cieco che costringe lo spettatore a tornare indietro allontanandosi dalla struttura e passando per un’apposita pedana rialzata non subito visibile si scopre che la forma del labirinto non è di un quadrilatero ma di un triangolo equilatero dove l’entrata e il muro finale sono confinanti : solo la parte li divide • Tobias Rehberger = aree floreal-geometrico-panoramiche: • ‘’Within View of Seeing’’: installazione in situ del 1998 in Lussemburgo • ‘’Doing Nothing Garden ‘’ 2012: 1. Sintesi di temi ecologici e dimensione estetica 2. Surreali collinette dal profilo pronunciato ottenute con materiali biologici derivati dal ‘’compost’’ 3. Destinate ad usi ricreativi 4. Situazione apparentemente normale ma in realtà di più dense e problematiche implicazioni 15. Musei d’artista Ricerca artisti verso interessi profondi affrontata da Harald Szeemann = teorizzazione delle ‘’mitologie personali’’, 1972 dedica ai musei degli artisti • Duchamp = • ‘’boite-en-valise’’,1935-40 : museo portatile in miniatura contiene 69 riproduzioni di lavori dell’artista in scala ridotta e per ogni pezzo il relativo titolo e didascalia opera racchiusa in una pratica scatola-valigia in pelle con maniglia (prime sei copie poi altri negli anni 50/60) = lavoro che si presenta in un formato estremamente compatto, con tutte piccole repliche inserite in appositi pieghevoli che si aprono e richiudono • Broodthaers= • ‘’Muse d’art modern ‘’ : vasta installazione 1968 presenta presso la sua abitazione privata Bruxelless la prima versione che diventerà un complesso e articolato progetto espositivo in progress diverse manifestazioni, luoghi e contesti fino al 1972 • Cladders= fa il discorso di presentazione della :‘’Section XlX’’ : progetto che riproduce le tipiche modalità espositive, tassonomiche e di impostazione dell’installazione museale = entità fittizia non ha sede reale ne vera e propria collezione ma espone esempi e campioni a seconda delle esigenze l’artista presenta l’attività e i criteri operativi mettendo in campo oggetti, film e riproduzioni = dispositivi tipici delle istituzioni museali come segnali cartelli poster ed etichette finalizzati alla presentazione in pubblico aggiunge poi ‘’sezione finaziaria’’: 1. per riflettere sul contesto economico e sociale nel quale l’arte e l’apparato museale vivono e si realizzano 2. è presentata nel 1971 durante la fiera d’arte di Colonia 3. produce una seria di lingotti d’oro con lo stemma del prezzo che era il doppio di quello quotato nel mercato 4. Progetto rimasto incompiuto viene ultimato nel 1987 da Werner • Oldenburg = • ‘’Mouse Museum’’ , 1965-77 : spazio espositivo la cui pianta ricalca il profilo di Mickey Mouse contiene vetrine illuminate affollate da piccoli oggetti,souvenir,gadget e studi per sculture che circondano i visitatori hanno l’impressione di trovarsi in un acquario, tra il grottesco e l’onirico = gusto ironico pop • Distel = 15 installazioni che mettono in scena spettacolari processi generativi basati su meccanismi e modelli di riproduzione apparentemente assurdi. La scelta di utilizzare oggetti abbandonati mostra un interesse verso le potenzialità dei materiali comuni e si pone in contrasto con le dinamiche della società dello spreco. Sarah Sze è arrivata a trasfigurare la percezione di comuni oggetti quotidiani in un ricorso a oggetti di ogni forma e funzione. Nell’accumulo di oggetti minuscoli Sze crea vaste installazioni dal carattere architettonico, strutture complesse che sembrano obbedire a ignote regole fisiche che costituiscono un originale modello di universo in miniatura. (es: Portable Planetarium, 2010). 1.17 Architettura versus design Tardi anni 60 artisti minimalisti= idea rinnovata di oggetto, non più scultura né pittura • Donald Judd = ricerche sugli specific objec crea una serie di oggetti come tavoli sedie e scrivanie che si trovano a metà strada fra il design e l’opera d’arte = inedito incontro fra l’artista e alcuni produttori di materiali industriali con una spiccata inclinazione per il senso estetico = operazione concettuale risultati affascinanti • Primi lavori creati nel suo loft a NY poi a Marfa dove sono collocate • Burton = primi ani 70 performance poi realizza oggetti di carattere scultoreo ma anche funzionali come le sedie • 1980 : importanti commissioni per progetti di sculture-mobilia site-specific = interventi al National Oceanic o il design del Pearlstone Park di Baltimora progettazione di mobili e impianti scultorei in contesti ufficiali • Siah Armajani = attenzione per il dato costruttivo solidamente collegato a un luogo, a una data situazione, a una precisa funzione : • Lavori progettati fra il 1974/78 e realizzati nel corso degli anni dall’intervento più semplice (panca,capanna) fino alla realizzazione più vaste e impegnative (ponti,passaggi pedonali) = gusto per la geometria le strutture devono raggiungere il maggior numero di utenti con un gesto utile e pratico, bello e unico elementi chiave : 1) rispetto per la democrazie e la storia 2) fiducia nelle responsabilità individuali che ogni gesto e azione comporta = vuole costruire luoghi aperti, disponibili, utili e condivisi, luoghi di incontro pubblico a disposizione della comunità Anni 90 = forte interesse nel trasformare la mostra in un medium artistico autonomo Van Lieshout, Andrea Zittel e Pardo = rendono ancora più dinamica l’occasione espositiva, espandendone i parametri spaziali e temporali : la mostra diventa la traccia per un film, un romanzo o un pranzo collettivo, una performance UNA PIATTAFORMA DI INIZIATIVE E PROGETTI CHE RIMESCOLANO LE DISCIPLINE DELL’ARTCHITETTURA, DEL DESIGN, DEL TEATRO E DELLA MUSICA entra in rapporto con ogni momento della quotidianità • Van Lieshout = visione ironica lavoro di progettazione e realizzazione collettiva incrocio fra arte,architettura e design = pratica anti-design e invenzione di oggetti funzionali connessi ad attività quotidiane e primarie proposte di forme di vita autosufficienti attraverso le praticità e la funzionalità • Zittel = soluzioni abitative e di vita secondo parametri nuovi vestiti, arredi, realizzazioni architettoniche, sistemi di allevamento di animali, riciclaggio di sostanze e prodotti = progetti e attività che perseguono un’integrazione fra arte e vita sotto l’autoprogettazione • Interesse adattamento umano in contesti diversi: si trasferisce in un’area quasi deserta dove crea un Istituto dove l’artista si è stabilita nel 99 • Pardo = tutto il suo lavoro mette alla prova le forme funzionali tradizionali in rapporto alle idee di spazio pubblico e di servizio privato i suoi lavori si presentano sotto forma di lampade di vetro colorate , piani di tavoli colorati o sedie e poltrone dalle forme organiche 16 • Riprogettazione lobby d’ingresso e del bookshop della Dia Art Fondation NY : piastrellata secondo un motivo a scacchiera optical in toni ‘’caldi’’ e coloratissimi • Piattaforma in legno sul laghetto a Munster nel 1997 • Trasformazione del caffè ristorante del museo di Dussendorf • Realizzazione propria abitazione secondo criteri legati alla tradizione di certa edilizia residenziale: fa visitare la casa a chiunque fosse interessato 1.18 spazi d’accumulazione. Oggetti e ambienti • Boltansky = continuo dialogo con l’assenza : assenza di tracce materiali di tutte le persone inghiottite dalla storia TEMI: senso di anonimato, solitudine, finezza dell’individuo, copresenza vita e morte • vaste installazioni a muro, metà degli anni 80 in poi : lunghe teorie di immagini e di lumi l’artista ricompone visioni di una collettività muta, testimone di una sofferenza dell’esperienza umana = vuoto e solitudine vuole far sentire la verità • ‘’Personnes’’ 2010, Parigi: alta drammaticità ed essenzialità Immensa installazione dove 30 tonnellate di abiti usati e abbandonati sono alla mercè di una benna mordente che li solleva e li fa cadere periodicamente suono cupo e ossessivo di battiti cardiaci risuona sotto le arcate = TEMI: senso di anonimato, solitudine, finezza dell’individuo, copresenza vita e morte • Bijil = rielaborazione readymade elementi apparentemente casuali si accompagnano a scelte calcolate metà anni 70 interesse per incontri fortuiti di presenze che sembrano rianimarsi attraverso le corrispondenza fra oggetti senso di riassemblaggio riletto in modalità più sintetica prende corpo tramite il catalogo, l’elenco, l’indice dove classificazioni e riordini trasportano oggetti semplici in multiformi composizioni quando espone in uno spazio istituzionale le presenze mettono in scena un elementi di sorpresa o di disorientamento = porzioni di realtà che perdono la propria funzione originaria e lasciano emergere un senso di ironia confronto con le più tipiche situazioni dell’esistenza quotidiana TIPOLOGIE DIVERSE : • ‘’Transformation Installations’’ : illusione e realtà sono indistinguibili • ‘’Situation Installations’’ : interventi direttamente sul flusso della realtà • ‘’Compositions’’: veri e propri ‘’prelievi’’ dal reali trasposti sotto teca di vetro • ‘’sorry Works’’ : pochi oggetti quotidiani sono riassemblati in nuove piccole composizioni • ‘’cultural Tourism’’ : mettono in discussione i recenti e sempre più vasti fenomeni del turismo culturale • McCollum = anni 70/80, riflessione sul significato dell’oggetto ogni suo lavoro diventa un’investigazione, un’interrogazione ironica • ‘’Surrogate’’ = serie di piccoli calchi di quadri incorniciati dall’aspetto anonimo e generico, tutti con una parte centrale nera su sfondo bianco, con cornice ridipinta oppure con un completo assunto monocromo i pezzi si assomigliano ma non hanno la stessa dimensione sono appesi alle pareti in raggruppamenti = intercambiabilità della singole parti = aspetto spaesante, ribaltamento abitudini percettive : non forniscono punti di riferimento, non sembrano comunicare niente di immediate e giocano con un senso di saturazione dello spazio Anni 80 tendenza a creare ambienti carichi di implicazioni storiche, sociali, di storia di gusto e politiche = interesse di vari artisti come : • Barbara Bloom = tecniche provenienti da diverse discipline fotografia, design installazione ambientale rimando al gusto per il collezionismo e alla creazione e definizione dello stile inteso come meccanismo di distinzione sociale = opere con elementi e oggetti di varie culture spesso riuniti e ricomposti fragili e 17 significativi legami fra consumismo, informa zio, conoscenza e realtà materiale = analisi che riguardano i livelli d’illusione, fragilità e transitorietà = culture di riferimento della nostra società • ‘’collections of barbara bloom’’ : elementi di ordine, simmetria, ripetizione seriale assembra fotografie con oggetti e mobili = crea scene e situazioni dal potere suggestivo • Fred Wilson = fine anni 80, forte spirito critico di stampo politico interventi che nascono da uno studio e rilettura critica di caratteri originali presenti nella storia dell’arte = esotismo,colonialismo culturale e razzismo che ricompaiono al giorno d’oggi sovverte e ricostruisce i tradizionali metodi espositivi di oggetti d’arte nei contesti museali : etichette sui muri/tipi di illuminazioni/ accostamento di oggetti in modi inaspettati • Padiglione Stati Uniti, Biennale di Venezia 2003 : dedicato alla rilettura della presenza dei ‘’neri’’ nella storia culturale europea a partire da Otello, il moro di Venezia • Hirshhorn = vastissime e caotiche installazioni realizzati con precarietà di forme e mezzi nei suoi ambienti continuo bombardamento di suggestioni visive, verbali e fisiche arricchiti con testi teorici, riflessioni politiche e filosofiche stampati e appesi ovunque inondati da immagini = ambienti che si caratterizzano per una sovrabbondanza di oggetti, di spunti e idee installazioni create con materiali semplici e comuni come carte stagnola, legno, schotc = strutture che accumulano un grande insieme di riferimenti che gli spettatori sono invitati e seguire attraverso tortuosi e labirintici percorsi • Ultimo decennio = operazioni in spazi pubblici di periferie urbane = Parigi, Amsterdam,Kassell temi del potere,della giustizia,delle tragedie belliche = tentativo di colmare quel senso di isolamento che l’arte contemporanea genera • Rhoades = capacità di attivare energie, riempiendo ogni spazio espositivo con quantità di oggetti effimeri, accumuli e assemblaggi in legno cartone e oggetti diversi = sembrano una collisione fra un magazzino e il caos di un garage = diventa simbolo della rinascita, crea un’arte nuova • ‘’My brother/Bracusi ‘’ 1995 : omaggio a Van Eyck • ‘’ The Costner Complex’’, mostra del 2001 a Francoforte : catena di montaggio di produzione di sottolii, supervisionato dalle presenza soprannaturale di Kevin Constner visibile in tutti i suoi film trasmetti da televisori • Ciclo di installazioni/eventi/performance/spazi di incontro realizzati in più sedi = pratica in grado di trasformare quell’energia effimera di fiere ed eventi partecipativi in materia concreta per la sua opera scultorea Fine anni 90 2 artisti tedeschi = Bock e Meese esplosione flussi di energia, spettacolari e labirintiche installazioni totali = biennale di Berlino 98 • Bock = parodia delle scienze moderne, gusto eccentrico e imprevedibile caotiche installazioni, ricche di piani, paesaggi e anfratti nascosti, costruzioni e bizzarre performance = uso di deformazioni linguistiche, oggetti di scena,costumi stravaganti, scultura realizzate con materiali improbabili = insieme articolato e non sempre decifrabile richiamo ipnotico = costruisce mondi paralleli che trasmettono e irradiano energia fascinosa e grottesca • Meese = installazioni che assomigliano a una casa occupata da qualche bohemien allucinato = labirintici paesaggi, scale,salite,discese scandiscono lo spazio ricoperto da pittura e messaggi scritto crea costellazioni- mondi, pieni di fotografie, poster provenienti dal passato, oggetti scritte sui muro, accumulo di simboli, riferimenti e tracce della storia tedesca si intrecciano con le ossessioni dell’artista stesso = totale libertà dell’artista = trasformazione di ogni spazio messo in scena • Washburn = installazioni che mettono in scena processi generativi basati su meccanismo modelli di produzione utilizza oggetti abbandonati che vengono poi riparati e acquistano una nuova funzionalità = interesse verso materiali comuni in contrasto con la società dello spreco • 2007 = installazione realizzata con metodi di bricoleur che occupava un’intera sala del Guggenheim di Berlino : un tapis taoulant faceva circolare numerosi cassoni piani di terra trasportandoli in 20 Vedere opere in anteprima, nel luogo dove nascono = privilegio di pochi per curatori e critici è indispensabile conoscere approfonditamente la materia prima per elaborare dei giudizi, per operare la selezione e le scelte e per impostare i progetti di mostre e le strategie installative Spazio espositivo dello studio = vedere elementi che costituiscono la realtà creativa dell’artista connessioni più affascinanti e identità meno oggettiva anche per la lettura delle opere Per l’artista le visite nello studio sono momenti significativi = prima utile verifica dell’efficacia estetica del proprio lavori i visitatori possono servire per correzioni o rielaborazioni prima di decidere se sottoporsi o meno alla prova dell’esposizione pubblica Brian O’Doherty scrive che le opere fino a quando sono ancora nello studio sono suscettibili a cambiamenti, a revisioni = tutte le opere sono potenzialmente non finite ed esteticamente instabili il visitatore è il primo vero sguardo del pubblico Per gli artisti meno noti è importante far visitare il proprio studio a curatori e critici ma è anche importante visitare gli studi di artisti più importanti e validi = 1. Harold Rosenberg osservando l’azione pittorica di Pollok conia l’etichetta Action Painting per definire l’arte di alcuni espressionisti americani 2. 2. le foto realizzate da Hans Nanuth nello studio di Pollok sono considerate le immagini che hanno a uno sviluppo cruciale dell’arte attraverso la focalizzazione sul processo di creazione piuttosto che sull’opera finita = relazione fra lo spazio delle opere e quello dello studio rappresenta un valore aggiuntivo nella comprensione estetica della ricerca dell’artista 2.2 Lo studio come luogo d’esposizione Proporre nel proprio studio una mostra personale o una collettiva di artisti amici è un genere d’iniziativa che oggigiorno viene considerata negativamente. Questa pratica, molto diffusa fra artisti non affermati, può assumere una forma più efficace e ufficiale quando viene organizzata come evento collettivo allargato, per esempio con giornate di apertura di studi. In passato molti artisti hanno utilizzato per necessità il loro studi come spazi per mostrare le proprie opere. È il caso per esempio di Giorgio de Chirico che nel suo “squallido atelier di rue Campagne-Première” a Parigi nell’ottobre 1913 presenta una trentina di quadri metafisici. Molto più importanti sono però i casi in cui gli artisti d’avanguardia hanno usato i loro studi come spazi aperti anche per accogliere eventi artistici: il loft al 112 di Chambers Street, di Yoko Ono e la Factory di Warhol. Oltre a proporre i suoi lavori concettuali e le sue performance nel 1960-61 organizza insieme la La Monte Young una memorabile serie di concerti ed eventi Fluxus (“Chambers Street Loft Series”) La Factory di Andy Warhol, e in particolare la Silver Factory, prima sede dello studio al quinto piano di 231 East 47th Street a Manhattan dal 1964 al 1968, sarà il luogo più celebrato della scena artistica americana, teatro dello stile di vita più trasgressivo e della mondanità più trendy degli anni sessanta- ottanta. Il living space era allo stesso tempo atelier, studio fotografico e di produzione per film sperimentali, spazio d’esposizione e di performance e scenario di leggendari party e non c’è dubbio che sia stato per Warhol un fondamentale mezzo, anche propagandistico, perla costruzione della sua figura di superstar dell’arte. La Factory è stata una geniale fabbrica di produzione creativa, lo studio d’artista più frequentato e fotografato e per certi versi l’atelier aperto funzionava anche come spazio d’esposizione, di preview informale di opere già fatte o in fieri. Si può aggiungere inoltre che lo studio stesso era un’opera ambientale in sé. 2.3 Museificazione degli studi 21 Quando gli studi di artisti famosi, dopo la loro morte, non vengono smantellati e rimangono più o meno com’erano e quando in sostanza c’è quanto basta per mantenere almeno il ricordo dell’atmosfera originale di questi luoghi di creazione, molto spesso vengono trasformati in musei. Gli studi visitabili appartengono ad artisti dell’Ottocento e soprattutto del Novecento: Eugène Delacoix, Auguste Rodin, Claude Monet a Giverny, Giorgio Morandi in via FOndazza a Bologna. Particolarmente significative e criticamente problematiche sono invece le dislocazioni degli studi di artisti all’interno di musei d’arte moderna, che determinano uno sradicamento totale del luogo originario con un singolare effetto di straniamento. A questo proposito vale la pena prendere in considerazione le museificazioni degli atelier di Constantin Brancusi e di Francis Bacon, che hanno caratteristiche molto diverse fra loro. Constantin Brancusi muore nel 1957 e nel suo testamento lascia lo studio allo stato francese a condizione che rimanga esattamente com’è. L’artista aveva previsto la conservazione del luogo, ma l’atelier situato in impasse Ronsin a Parigi fu smantellato e il tutto fu trasferito prima nella vecchia sede del Musée national d’art moderne, e poi definitivamente nella ricostruzione dell’edificio dello studio realizzata da Renzo Piano nel 1997, accanto al Centre Pompidou. Per Brancusi la tensione interattiva fra materiali e spazio in ogni scultura, in particolar modo nel suo studio, era di fondamentale importanza, dato che per lui ogni sua opera era pensata anche come componente di un’unica grande “opera “ finale, totale e unitaria. Ed è proprio il fatto che questa morfologia sia stata salvaguardata con notevole cura filologica a rendere per molti versi quello dello studio di Brancusi un caso unico. Daniel Buren afferma che Brancusi con il suo lascito è il solo artista a essersi assunto il rischio, nel tentativo di preservare il rapporto autentico fra l’opera e il luogo di creazione, di mantenere ad vitam la sua produzione nel posto che l’ha vista nascere. Nel 1998 l’erede di Francis Bacon, John Edward, decide di donare alla Dublin City Gallery The Hugh Lane lo studio dove il pittore aveva lavorato dal 1961 fino alla morte nel 1992, che si trovava al 7 di Reece Mews, South Kensington, Londra. Dopo accurati rilievi tutto il contenuto dello studio è stato classificato e trasferito nel museo insieme a muri, porte, pavimento e soffitto. L’accuratissima ricostruzione è stata realizzata in una sala del museo dotata di una vetrata attraverso cui il pubblico, dal 2001, può vedere questo ambiente come un diorama. I reperti sono in tutto circa 7 mila e la scena si presenta come un caotico ammasso di roba sparsa alla rinfusa e stratificata. È uno studio dove non ci sono opere e il tutto appare come un triste insieme di reliquie imbalsamate, una feticizzante mortuaria delle tracce di un processo creativo tragicamente vitalista. Quello che non funziona in questa ricostruzione la pretesa di proporre questo ambiente come una realtà “autentica” solo perché gli elementi utilizzati sono quelli del vero studio e in effetti si tratta di una sofisticata falsificazione. Più corretta è stata la Fondation Alberto ed Annette Giacometti, la cui collezione comprende anche pezzi di muri strappati dal mitico atelier parigino di 42 rue Hippolyte Maindrom. La fondazione presta questi reperti come documenti, ma giustamente si rifiuta di ricostruire lo studio, cosa che sarebbe contraria alla volontà dell’artista. 2.4 La funzione dell’atelier Danien Buren nel 1971 scirve: - Lo studio è l’unico dove l’arte si realizza - “La sensazione che l’essenziale dell’opera andava perdendosi da qualche parte tra il suo luogo di produzione (atelier) e quello di consumazione (esposizione) mi ha spinto ben presto a pormi il problema e a riflettere su significato dello spazio dell’opera” - “Ho compreso più tardi che ciò che sicuramente si perdeva, che scompariva, era la realtà dell’opera, la sua “verità”, e cioè il suo rapporto con il suo luogo di creazione, l’atelier.” - “Tutte tracce visibili simultaneamente, che permettono una comprensione dell’opera in corso e che il museo cancella definitivamente nel suo desiderio di “installare” . Da parte sua Buren, per superare questo problema, ha deciso che tutto il suo lavoro doveva, una volta abolito l’atelier, svilupparsi sempre in situ. 2.5 Lo studio come opera in mostra Se da un lato Buren ha deciso di abolire lo studio, dall’altro alcuni artisti contemporanei sono arrivati a metterlo direttamente in scena riproponendolo come vera e propria installazione nello 22 spazio espositivo. Sull’argomento dei luoghi espositivi e delle mostre, soprattutto negli ultimi anni, sono stati pubblicati molti studi storici e critici anche notevoli, che hanno fatto crescere un interesse in cui sembra diventare prevalente l’attenzione per i “contesti” piuttosto che per i “testi”, per i “contenitori” piuttosto che per i “contenuti”. In effetti le condizioni ambientali di comparsa e di visione sono aspetti fondamentali che in vari modi agiscono sui processi di ricezioni e fruizione estetica delle opere. A determinare queste condizioni sono i criteri di scelta e le strategie di allestimento messi in atto, spesso al di la del controllo dell’artista, dagli addetti ai lavori come galleristi, critici e curatori di mostre. È importante valutare soprattutto in che misura le opere si siano nel tempo adeguate e conformate, confrontate e contrapposte, alle modalità espositive del sistema, e come la volontà degli artisti e l’evoluzione delle loro ricerche abbiano a loro volta condizionato e trasformato queste modalità, per affermare e difendere la propria autonomia e libertà d’invenzione. Di grande rilievo è anche la questione, strettamente legata alla gestione degli spazi espositivi, della relazione fra artisti e curatori di mostre, e cioè del valore e del significato che le opere acquisiscono come elementi di un progetto espositivo, criticamente elaborato. PARTE SECONDA: LO SPAZIO DELL’ESPOSIZIONE, GLI SPAZI DELLE MOSTRE Rapporto fra dimensione spaziale delle opere artistiche sviluppi fino ad oggi = spazi esterni in cui i lavori sono presentati,installati,mostrati,messi in scena = cioè quelli deputati, privati e pubblici alle esposizioni e alle mostre Luoghi espositivi e delle mostre molti studi storici e critici = attenzione per i contesti piuttosto che per i contenuti Condizioni ambientali e di visione : aspetti fondamentali che agiscono sui processi di ricezione e fruizione estetica delle opere da parte degli osservatori e del pubblico incidono sulla loro stessa identità ufficiale, oggettiva, di prodotti culturali Ciò che le determina sono i criteri di scelta e le strategia messi in atto = • grande varietà delle modalità di collocazione delle opere nelle residenze private da parte dei collezionisti • inserimento degli artefatti nei circuiti di valorizzazione, promozione e vendita = le gallerie • di strutture commerciali = aste e fiere • istituzioni culturali = musei • manifestazioni espositive = tipo le biennali = prodotti sono dal punto di vista socioculturale e socioeconomico il risultato dell’autore ma anche di tutti gli altri operatori specializzati le opere nel tempo si sono adeguate e conformate alle modalità espositive del sistema e la volontà degli artisti e l’evoluzione delle loro ricerche hanno a loro volta condizionato e trasformato queste modalità per affermare e difendere la propria autonomia e libertà d’invenzione Nel tempo cambiamenti e innovazioni delle varie tipologie di spazi espositivi dagli inizi del secolo scorso ad oggi : • gallerie private • esposizioni pubbliche = salon • grandi manifestazioni = biennale • luoghi alternativi = ex fabbriche, chiese • fiere d’arte gestione di questi spazi, relazione fra artisti e curatori di mostre valore e significato che le opere acquistano come elementi di un progetto espositivo che a sua volta si propone come un’operazione con valenze culturali creative in particolare quando il curatore è lo stesso creatore 3.LE GALLERIE D’ARTE 3.1 Le prime gallerie d’avanguardia. Spazi e allestimenti 25 quanto riguarda l’irresistibile capacità di intercettazione e assimilazione di ogni forma d’arte, anche la più radicale, da parte delle gallerie dice: “l’arte, che sia Site-specific, effimera, non commericlae, fuori dal museo…non ha resistito all’appetito assimilatore della galleria”. 3.3 Gli sviluppi degli spazi delle gallerie tipologia classica delle gallerie = adatta a mostrare quadri e sculture si trasforma e poi si amplia per diventare uno spazio aperto e disponibile alle diverse invenzioni elaborate degli artisti Processo di cambiamento innescato da proposte espositive come ad esempio: • ambienti spaziale di fontana al naviglio di milano 1949 • mostre ‘’ le vide’’ e ‘’le plein’’ di Klein e di Aman de Iris Clert a Parigi nel 1958, 1960 • Galerie Iris Clert = attività d’avanguardi • Anche altre due iniziative della gallerista molto importanti : • Biennale di Venezia 1964 = la galleria si trasferisce su un battello ‘’bilennale fluttuante’’ • ‘’le poids lourd culturel’’ 2972= galleria mobile un camion Berliet si trasforma in uno spazio espositivo che gira per tutte le strade di Francia = è la gallerista stessa a diventare una sorta di installazione ambientale ambulante Questa idea verrà ripresa da: • Gallerista Fabio Sargetini = • ‘’L’attivo in viaggio: navigazione del Tevere ‘’ 1976: trasferisce la sua galleria su un barcone per navigare sul Tevere con a bordo gli artisti che lavorano con lui • Tirivanija e Rawanchaikul = artisti thailandesi = • Nel 1997 installano dei lavori artistici su un triciclo mototaxi facendolo circolare per Vienna • Allan Kaprow = • Yard 1961 = messo in scena nel cortine della Martha Jackson Gallery : caotico ammasso di vecchi pneumatici a disposizione del pubblico dopo la sua morte questa opera è stata riproposta nel 2009 nel luogo originale grazie al performer William Pope in occasione dell’inaugurazione della sede della galleria Hauser&Wirth = si trovava allo stesso posto delle mitica galleria defunta = a distanza di mezzo secolo gli schemi espositivi della galleria d’avanguardia e l’eliminazione e normalizzazione postmodernista di questa spinte si trova ancora nella logica delle attuali grande galleria già all’epoca gli interventi artistici in contesti urbani o naturali esterni hanno sempre mantenuto come epicentro lo spazio espositivo e operativo delle gallerie Vale anche per la Land Art : • Smithson = • Dwan Galley : fondamentale per il finanziamento dei suoi interventi e altrettanto importante per quello che riguarda la trasformazione in art works degli earth works attraverso la presentazione nell’asettico e raffinato spazio di NY (dal 1968) delle installazioni con mucchi di pietre, salgemma o ghiaia (non-site) insieme alla documentazione (foto, mappe ecc) dei suoi progetti in territori esterni (site) Quindi esperienze artistiche spazialmente dislocate al pari di quelle minimaliste, processuali, concettuali e dei performer di quel periodo sono elaborate attraverso modalità installative e interventi adatti alle specifiche caratteristiche del White Cube da un lato il nuovo modello delle gallerie degli anni 60/70 (contenitori bianchi di essenzialità archiettonica) si è progressivamente imposto per andare incontro alle nuove esigenze spaziali dall’altro sono diventate un 26 tipico e sofisticato modello a cui gli artisti devono in qualche modo adeguarsi e dai cui sono condizionati anche quando cercano di uscire dagli schemi di omologazione del sistema dell’arte • 1969 Sargentini scrive : la Dwan rappresenta l’esempio tipico di galleria americana = invisibile dalla strada, dentro un grattacielo, sistemate in grossi appartamenti : bianche, asettiche, tecnologiche con due o tre segretarie, molto efficaci ma lo spazio è predefiniti , precostruito le opere degli artisti sono come in vetrina • In quegli anni era uno dei principali animatori e organizzatori della scena artistica d’avanguardia italiana e internazionale a Roma • 1960 = sposta la sua galleria ‘’L’attico di piazza di Spagna’’ in un grande garage in via Beccaria per sviluppare un’attività multidisciplinare con mostre,rassegne di film e festival di danza e di teatro ‘’ la galleria deve essere un laboratorio dove si bucano i muri, si dorme , deve essere modificabile,deve diventare nostro e non possedere caratteristiche condizionate’’ idea di galleria come laboratorio aperto e dinamico per caricare di energia vitale lo spazio = elemento essenziale del loro lavoro gallerie classiche troppo limitate e rigidamente condizionati per la realizzazione di molti dei loro progetti Le mostre da un lato offrivano agli artisti la massima libertà di azione e invenzione dall’altro con le sue caratteristiche ha stimolato delle specifiche scelte installative: • Kounellis : nella prima mostra nelle nuova sede dell’attico nel 1969 posizione dodici cavalli vivi al posto della automobili e il garage era stato trasformato in una scuderia • Mario Merz : nella seconda mostra insieme ad altri lavori come gli igloo trasforma anche la sua automobile Simca con cui era arrivato da Torino in una installazione • Eliseo Mattiacci = fa entrare in azione un rullo compressore per schiacciare della terra sul pavimento del garage • La galleria Garage chiude nel 1976 con uno spettacolare allagamento ideato dal gallerista stesso in omaggio a Pino Pascali Sargentini fin dal 1972 aveva aperto un’altra sede in via del Paradiso = appartamento in un palazzo storico rientra così nel format espositivo canonico • Leo –Castelli = galleria a NY • Nel 1968 organizza ‘’9 at leo castelli warehouse’’ : mostra di arte processuale e poverista in un magazzino in cui gli artisti potevano realizzare con libertà ed energia le loro installazioni = impossibile negli ambienti della galleria • Esposizione di Robert Morris : caotica installazione ambientale in cui ogni giorno i materiali cambiavano collocazione = questa sede rimane aperta fino al 1970 Castelli sposta la sua galleria in spazi più grandi a SOHO: centro della sua attività fino al 1999 con mostre pop, minimaliste, concettuali e processuali ma anche rassegne di film e video arte, performance , concerti, esposizioni di fotografi e profetti architettonici Molto interventi artistici realizzati in luoghi esterni e alternativi aspetto di grande rilievo per gli sviluppi di rottura e apertura creative delle nuove ricerche MA è sempre la galleria nella sua forma moderna a svolgere la funzione di spazio estetico normativo tende a creare le condizioni più efficaci di produzione creativa attraverso un processo di selezione, rarefazione e messa in forma che enfatizza l’aura di affascinante unicità del prodotto opera d’arte CRITICHE: • Judd 1984= arte da 30 anni si espone in gallerie con muri bianchi e nudi l’arte è vista in un contesto commerciale e non come dovrebbe essere vista • Buren = ambienti banalizzati e per lo stesso motivo viene banalizzato anche il lavoro dal proprio artista al fine di renderlo a esse conforme • O’Doherty = inventore del termine white cube è emblema dell’estreniamento dell’artista dalla società che può accedere però alla galleria è uno spazio ghettizzato , un insieme di condizioni, un atteggiamento, un 27 luogo senza identità , un concentrato della mente, forse un errore ha conservato la possibilità dell’arte ma l’ha resa difficile che sia site-specific, non commerciabile, fuori dal museo, l’arte non ha resistito all’appetito della galleria 3.4 La galleria. Da contenitore a “contenuto” dell’operazione artistica Non stupisce che in un clima di ricerca con forti connotazioni concettuali come quello degli anni sessanta-settanta lo spazio della galleria sia diventato esso stesso il tema di interventi incentrati sulla riflessione critica delle condizioni reali del contesto di esistenza dell’arte. Daniel Buren nel 1968 realizza una mostra alla Galleria Apollinaire di Milano che consiste esclusivamente nelle sue strisce verticali incollate sulla porta chiusa della galleria vuora occludendone così l’ingresso. Robert Barry da novembre 1972 a giugno 1973 fa Invitation Piece: si tratta di una serie di cartoncini d’invito, in cui l’invito di un gallerista rimanda all’esposizione in un’altra galleria in una città diversa, con un percorso circolare che ritorna poi alla galleria di partenza. A partire dagli anni novanta vari artisti che lavorano sullo spiazzamento ambientale giocano anche sull’identità degli spazi delle gallerie e sulla loro capacità di estetizzare qualsiasi cosa venga esposta, compresi altri ambienti di vita quotidiana. Es: la coppia danese-norvegese Elmgreen & Dragset realizza una mostra mettendo in comunicazione la galleria milanese di Massimo De Carlo con un normale appartamento attiguo. (How are you today? 2002) È l’identità privilegiata e separata dello spazio della galleria a legittimare una loro lettura artistica. Maurizio Cattelan ha realizzato un intervento concettuale di plagio perfetto, realizzando in una galleria a Berlino una mostra esattamente uguale a quella di una galleria vicina (di Carsten Höller). Ben nota è anche una paradossale mostra da De Carlo dove l’opera esposta è il gallerista stesso attaccato al muro con larghe bande di nastro adesivo (A Perfect Day, 1999). Vale la pena ricordare un altro progetto con caratteristiche particolari, realizzato anche da Cattelan in collaborazione con i curatori Massimiliano Gioni e Ali Subotnik. Si tratta dell’apertura della galleria Wrong Gallery sulla West 20th Street di NY nel 2001: una vera e propria “galleria” che però era soltanto una porta vetrata sempre chiusa con soli 50 cm di profondità. La galleria è stata sfrattata dopo qualche anno ma è stata “ospitata” dalla tate Modern di Londra che l’ha chiusa in una scatola, all’interno del museo, trasformandola di fatto in un’opera d’arte. In definitiva, si può ribadire che gli artisti che, in qualsiasi maniera, vogliono sfidare e destabilizzare la galleria arrivano spesso al risultato opposto, e cioè a quello di un rafforzamento ideologico del suo status. Non si sbaglia di molto Rem Koolhaas quando scrive che le “gallerie d’arte si spostano in massa nelle zone di “bordo”, poi convertono lo spazio grezzo in cubi bianchi. 4. Spazi espositivi pubblici per mostre temporanee 4.1 Il modello delle Kunsthalle e dei Kunstverein Con il termine Kunsthalle si definisce un edificio con uno spazio architettonico appositamente concepito per esposizioni d’arte temporanee, una tipologia che si è sviluppata a partire dalla fine dell’Ottocento. Un tipo di istituzione senza collezioni permanenti, a differenza dei musei. Il supporto finanziario proviene da enti locali, con il contributo anche di fondazioni bancarie,a associazioni di amici dell’arte e sponsor privati. La loro storia è strettamente connessa con l’emergere della società borghese, più moderna e dinamica, nel quale l’archetipo di tutta la vita associativa è la setta. Nel nord della germania modelli di riferimento sono state le storiche istituzioni culturali artistiche delle città di Amburgo e Brema, che a loro modo rappresentano un po’ delle eccezioni, data la presenza di notevoli collezioni di opere storiche e contemporanee. La Kunsthalle di Brema, nata nel 1849 e ampliata nel 1902, conosce ulteriori trasformazioni ed espansioni fino alla più recente e significativa del 2011. In tempi recenti, Above – Between – Below di James Turrell, una grande installazione luminosa site-specific è stata realizzata in integrazione con lo spazio architettonico. Forte di collezioni che vanno dagli olandesi del Seicento e dai romantici tedeschi ai moderni novecenteschi per arrivare alle star attuali come Gerhard Richter e 30 d’arte esposte datano dal 1960 in avanti e ogni galleria, ogni spazio espositivo è stato ridisegnato specificamente per la tipologia di lavori che ospita (es: Andy Warhol, Dan Flavin, Vladimir Tatlin) In Europa, in Svizzera, è altrettanto importante ricordare la Hallen für Neue Kunst, gli spazi per la nuova arte realizzato a partire dal 1982-83 dall’artista e collezionista Urs Raussmüller. L’artista crea una sede espositiva permanente per tutta una serie di lavori su laga scala e di forte impatto di artisti statunitensi ed europei. Dal 1984 diventa protagonista di quella che è una delle prime e più impressionanti riconversioni di un antico complesso industriale in cemento armato, risalente al secondo decennio del XX secolo. L’edificio viene ristrutturato come un vero e proprio ambiente per l’arte con caratteristiche del tutto originali: quella che era una storica azienda tessile si trasforma in un contesto espositivo permanente di ben 5500 metri quadi, articolato su quattro piani : al cuore del percorso, a scandire un possibile rapporto fra l’osservatore e l’opera che si fa installazione monumentale, Das Kapital Raum (1970-77) di Joseph Beuys. Fino alla sua chiusura temporanea nel 2014, questa istituzione, importante opera architettonica che si rapporta dialetticamente con l’arte ospitata, è stata il modello per tutte le varie istituzioni più recenti. 4.5 In Italia. Esempi di spazi per mostre temporanee Tra le storiche istituzioni italiane per mostre temporanee bisogna ricordare da un ato quelle con funzioni analoghe ai Kunstverein germanici come la Società promotrice delle Belle Arti di Torino o la Società per la Belle Arti ed Esposizione permanente di Milano; e dall’altro il monumentale Palazzo delle Esposizioni di Roma, teatro di grande mostre ufficiali. Si possono invece citare come buoni esempi di spazi espositivi temporanei due istituzioni di Milano, una pubblica e l’altra privata: lo storico PAC e il più recente Hangar Bicocca, un gigantesco ex capannone industriale. Il PAC (Padiglione Arte Contemporanea) è uno spazio progettato dall’architetto razionalista Ignazio Gardella e inaugurato nel 1954 come sede delle collezioni del XX secolo; dal 1979 è destinato solo alle mostre temporanee, con una specifica programmazione. Per lungo tempo è stato l’unica vera sede espositiva milanese pubblica. Più interessante è la Fondazione Hangar Bicocca (Pirelli), che nasce nel 2004 ed è il risultato di una radicale riconversione di un ex stabilimento industriale della Breda in uno spazio di quindicimila metri quadri dedicato all’arte contemporanea. Dal 2012 l’Hangar organizza attività espositive incentrate sulle ricerche artistiche internazionali più avanzate e sperimentali. Dal 2013 il direttore artistico è Vicente Todolì, già direttore della Tate Modern di Londra. L’Hangar mostra quanto un solido passato industriale possa fornire una valida piattaforma materiale per un tipo di programmazione innovativa e di sostanziale sperimentazione. Le mostre presentate hanno avuto un successo crescente, dalle impressionanti architetture aeree e gonfiabili di Tomás Saraceno alle installazioni ambientali di Dieter Roth. In questi grandissimi spazi gli artisti difficilmente si limitano esporre opere già realizzate: nella maggioranza dei casi sono stimolati a creare complesse installazioni in stretta connessione con le caratteristiche specifiche del luogo. Il caso più significativo e spettacolare resta comunque la prima gigantesca installazione realizzata da Anselm Kiefer in occasione dell’inaugurazione dell’Hangar nel 2004. Si tratta dei Sette palazzi celesti, torri alte tra i 14 e i 18 metri, realizzate con grossi moduli in cemento armato derivati da calchi di container: fantasmi tragici della Seconda guerra mondiale e significati legati alle memorie del contesto industriale. Un’opera che è diventata permanente. 4.6 Incontri internazionali d’Arte di Roma L’associazione culturale fondata nel 1970 dalla collezionista e mecenate Graziella Lonardi Buontempo ha sempre lavorato al servizio di una preziosa opera di aggiornamento e diffusione di informazioni ed esperienze artistiche, prestando particolare attenzione alla scena internazionale e rappresentando un caso esemplare dell’affiancamento della libera iniziativa privata alle attività degli enti pubblici. Nel 1973 l’associazione organizza quella che ancora oggi è ricordata come la più grande e complessa rassegna di arte contemporanea tenutasi a Roma: “Contemporanea” a cura di Achille Bonito Oliva. Bonito Oliva aveva individuato negli ambienti del nuovo parcheggio di Villa Borghese il luogo misterioso e sorprendente dove invitate i maggiori protagonisti delle 31 nuovissime ricerche artistiche internazionali di quegli anni, organizzati in un percorso di grandi impatto visivo ed esperienziali. Gli spazi venivano scanditi da sezioni dedicate alle arti visive, alle nuove ricerche di poesia visiva e concreta, fino alle nuove ricerche emergenti nell’ambito della fotografia e del cinema d’avanguardia, per arrivare all’”informazione alternativa” in un senso pienamente politico e calato del flusso dell’attualità. (Christo impacchettò 200 metri di Mura Aureliane). Fra le numerose iniziative successive degli Incontri internazionali va citata la collaborazione con il Museo Capodimonte di Napoli, messa in atto attraverso dodici esposizioni curate da Bruno Corà, il cui fine era creare vitali interazioni fra artisti e opere di epoche diverse e lontane. Alcuni tra i principali protagonisti dell’arte contemporanea (tra cui Kounellis, Kosuth, Mattiacci, Mario Merz, Pistoletto) esposero lavori appositamente realizzati che sono poi entrati nella collezione permanente del museo. 4.7 Le fondazioni per l’arte contemporanea delle aziende del lusso e della moda La Fondation Cartier pour l’art contemporain (nata nel 1984) è stata la prima tra quelle costituite dai grandi imprenditori del lusso e della moda. Essa può essere considerata un modello di riferimento anche per ciò che riguarda la formazione di una collezione strettamente contemporanea, per l’attività espositiva sempre di punta e di vitale apertura internazionale. Iniziative culturali del genere vengono retoricamente definite “mecenatesche” ma in realtà sono anche una ben studiata operazione di immagine che contribuisce ad aumentare il fascino del brand con un notevole valore aggiunto di carattere estetico. La definizione ironica coniata nel 1968 la Lawrence Alloway di “acquario per pesci rossi”, nel corso degli anni ha trovato, perso, e poi di nuovo ritrovato la sua ragione d’essere. La prima Esposizione internazionale l’Arte della città di Venezia si inaugura il 30 luglio 1895 in quello che oggi è il padiglione centrale dei Giardini, denominato prima Pro Arte e poi successivamente Italia. Dalla prima costruzione il padiglione Italia procede per ingrandimenti e rifacimenti che portano nel 1909 alle dimensioni ancora oggi mantenute di una sessantina di sale. Fino al 1905 la Biennale viene presentata solo in questo spazio espositivo, dove gli artisti di ogni paese esponevano insieme. Le modalità di esposizione sono modellate secondo le consuetudini dei grandi salon parigini: i quadri venivano disposti sulle pareti in file sovrapposte e alternati fra le sale secondo i differenti paesi e le aree regionali di provenienza. Ritmo e composizione erano dettati dai generi e dall’importanza degli artisti invitai. La mostra si impone fin da subito come la sintesi più efficace delle tendenze internazionali del tempo, priva di quella rigidità tipicamente museale. Lo statuto dell’ente prende ispirazione dalla Secessione di Monaco di Baviera. Oltre agli artisti italiani e stranieri invitati, altri cinquanta artisti italiani vengono selezionati da una giuria di accettazione. La Biennale decolla grazie al grande successo del pubblico che nelle edizioni fino al 1914 si mantiene al di sopra dei 200 mila visitatori. Sul modello dei salon parigini, i criteri di selezione rimangono chiusi alle novità e incentrati sull’arte accademica più ufficiale, assai rare le figure divergenti (solo nel 1910 viene presentata una retrospettiva di Klimt). Più che promuovere le ricerche, la tendenza era quella di privilegiare i valori consolidati. Contro tale direzione piuttosto accademica si sviluppano in aperta opposizione fin dal 1908 le reazioni dei giovani artisti italiani (Boccioni, Felice Casorati, Arturo Martini) che espongono a Ca’ Pesaro, dove si era trasferita nel 1902 la Galleria internazionale d’arte moderna nata nel 1897 in mostre organizzate dal direttore Nino Barbantini. In questa fase, dal 1907 in avanti, ampliano l’orizzonte geografico e culturale delle proprie proposte, la Biennale si sviluppa con la costruzione dei padiglioni stranieri stabili, strumento di allargamento e confronto del ruolo di rappresentanza e promozione internazionale dell’arte attraverso un diretto impegno nazionale. Ogni paese è invitato a costruire il suo padiglione a proprie spese, rimanendone proprietario e provvedendone alla manutenzione. Sette maestosi padiglioni sono realizzati tra il 1909 e il 1914: Belgio, Gran Bretagna, Germania, Ungheria, Francia, Svezia e infine la Russia. Tra le due guerre ne vengono costruiti altri 11. E successivamente si arriva fino a ventinove padiglioni ospitati entro la cornice dei Giardini. La conduzione e direzione dei padiglioni è snodo fondamentale nella storia delle mostre nazionali intese come entità autosufficienti e tale pratica ha come scopo quello di esprimere un vitale confronto e un’armoniosa 32 integrazione dei vari aspetti dell’universo artistico internazionale. Riaprendo nel 1920 dopo sei anni di pausa, la Biennale ospita importanti retrospettive monografiche come il padiglione francese che, dal 1928 in avanti, espone Gauguin, Monet.. Il padiglione Italia intanto si caratterizza come il palcoscenico internazionale dell’arte italiana, da Valori Plastici al gruppo di Novecento. Durante gli anni del regime la Biennale si trasforma in ente autonomo di stato. Il nuovo presidente Giuseppe Volpi di Misurata nel volgere di pochi anni amplia le attività della Biennale, promuovendo iniziative innovative come i convegni di poesia e di arte contemporanea e lanciando i festival internazionali della musica, del teatro, con spettacoli all’aperto e poi l’Esposizione internazionale d’Arte cinematografica (1932). La Biennale diventa un marchio noto e celebrato. 5. GLI SPAZI DELLE GRANDI ESPOSIZIONI PERIODICHE, LA BIENNALE DI VENEZIA, ALTRE BIENNALI, DOCUMENTA DI KASSEL Biennale = grande evento espositivo internazionale a cadenza regolare ambiziosa tipologia di esposizione cosmopolita e conseguentemente rivolta a una platea di visitatori più vasta sorsero con rinnovare e spettacolari caratteristiche a partire dal 1851 con grandi eventi internazionali di Londra Parigi, poi in Inghilterra,Irlanda,Stati Uniti, Francia, Germania e Italia Secolo di sviluppo tecnologico, industriale ed economico-coloniale = esposizione internazionale di Venezia = occasione per presentare e rappresentare significative opere di artisti in un contesto teso a diventare il crocevia attento e partecipe delle tendenze, delle correnti e dei mutamenti artistici grande apertura internazionale e spettacolarizzazione dell’evento in sé = richiama attenzione anche sull’identità stessa della città ospitante trasforma e rigenera le sorti e i destini del proprio contesto sociografico 5.1 LA BIENNALE DI VENEZIA GLI ESORDI Biennale di Venenzia = esposizione internazionale d’arte crescita e emancipazione che dell’idea di creare un grande appuntamento cosmopolita • Definizione coniata nel 1968 da Lawrence Alloway ‘’acquario per pesci rossi’’ • Esposizione nasce con precise caratteristiche = vasto pubblico visita e soggiorna Venezia • Dopo secondo dopoguerra = Venezia piattaforma privilegiata dove è possibile incontrare e avere la testimonianza della vastità delle più recenti ricerche artistiche in atto • 1968/72 = serie di prassi e consuetudini arrivano al collasso necessità di ripensare e ricostruire un ente aperto alle spinte che provenivano dalla società progressista = anni della Biennale ‘’riformata’’ fra il 1974-97 molti e inediti esperimenti non rinnovano le forme e il tempo e il senso e le finalità ultime dell’impegno di un’iniziativa di simile portata • Anni 80 = nuove aperture globalizzanti dal decennio successivo in poi = direzione sempre più internazionale, aperta al nuovo e attenta ai diversi e più variegati significati che l’arte contemporanea porta con sé in un’ottica di contatto e incrocio fra molteplici culture e sistemi di riferimento pluridisciplinari 1. La prima esposizione internazione d’arte della città di Venezia si inaugura il 30 luglio 1895 = in quello che oggi è padiglione centrale dei giardini : ‘’pro arte’’ e successivamente ‘’italia’’ = • Dalla prima costruzione (grande salone centrale più nove sale adiacenti) padiglione Italia si è sempre ingrandito e modificato fino al 1909 oggi mantiene le stesse dimensioni /sessantina di sale) • Fino al 1905 la Biennale = presentata solo in questo spazio espositivo dove gli artisti esponevano insieme • modalità di esposizione = modellate secondo le consuetudini dei grandi salon Parigini : quadri appesi al muro in file sovrapposte e alternati fra le sale secondo i differenti paesi e le aree regionali di provenienza = ritmo e composizione dettati dall’importanza degli artisti invitati • sale tappezzate da interni eleganti, con velluti e panneggi 35 coraggiose e di forte originalità. Sono utilizzate inoltre aree inconsuete come La Giudecca o Dorsoduro. Tra i vari casi, si può ricordare anche quelli particolarmente interessanti dal punto di vista di una riflessione critica e politica sui limiti della democrazia, dei nazionalismi. Nel 2003 Santiago Sierra chiude provocatoriamente il padiglione della Spagna e tutti quelli che non presentano un documento d’identità spagnolo. Ma anche alcuni recenti esempi quali Roman Ondák che, nel 2009, trasforma il padiglione ceco in un malinconico spazio vuoto pieno di erbacce, quasi a sottolineare il vuoto culturale e politico del proprio paese. 5.3 Biennale e globalizzazione Biennale del 1993= • Direttore Bonito Oliva anche curatore • Megaevento espositivo nei diversi spazi storici della città • Complessa e articolata esplorazione delle esperienze artistiche internazionali a livello globale (anche l’arte di punta cinese) • Progetto elaborato con la collaborazione di commissioni operative, 65 curatori fra le varie sezioni • Mostre,interventi,installazioni,documentazioni video ed eventi = ospitalità di artisti di altri paesi: 1. Austria invita l’Americana Freser e lo Svizzero Muller 2. Ungheria presenta Kosuth 3. Germania presenta Paik nelle quattro sale laterali del proprio padiglione grande spazio centrale = Haacke ‘’Geermani’’ : installazione ambientale tute lastre marmoree del pavimento staccate e il pubblico che camminandoci sopra produce un rumore che rimanda alle rovine della tragedia nazista riferimento politico esplicito : foto che mostra Hitler in visita nel 1934 al padiglione veneziano Biennale del 1995= • ‘’ dapertutto’’ = curata da Szeemann • Utilizzati tutti gli spazi disponibili dell’Arsenale e delle Corderie • Percorso di grande fluidità e consequenzialità ricco di sorprese e concatenazioni imprevedibili • Pubblico cresce Biennale 2003= • Direttore Bonami progetto espositivo attraverso dieci sezioni affidate al noti curatori internazionali impostazioni critiche e punti di vista differenti = danno conto della complessa e frastagliata articolazione culturale e geografia ormai globale delle tendenze e delle situazioni artistiche. • Percorso termina con ‘’stazione Utopia’’ = anarchia installativa e fluida ricchezza di confronti e relazioni fra le più diverse esperienze di ricerca progetto che girerà l’Europa con diverse tappe e progress Edizioni successive: • 1993,99,2003 = tendenza a una certa museaalizzazione in alcune scelte espositive • 2005,2001,2013 = • Sviluppa contatti sempre più continuativi con paesi lontani e situazioni su scala globale • Nuove nazioni partecipanti aumentano • Opportunità per lanciare nomi nuovi e particolari progetti • Sviluppi significativi e innovativi dell’attività espositiva dei padiglioni nazionali • Ultimi decenni molti paesi dimostrano disponibilità di rinnovare modalità di lavoro • Modello ‘’progetto d’artista’’= 36 • Risultati di straordinaria qualità e forza di impatto: 1. 1976 : Long padiglione Gran Bretagna = installazione di pietre che si snoda dentro tutte le sale 2. Beuys : Germania = pezzi di rotaie, totemico palo-scultura e tracce di rovine belliche sui muri 3. 1993 :Kabokov padiglione Russo = vecchi oggetti,arredi e immagini simbolo della tragica fine dell’era sovietica • Riflessioni critiche e politiche sulla democrazia, dei nazionalismo, sui drammi dell’emigrazione e sui problemi dell’economia globale: 1. Sierra 2003, padiglione spagnolo = non fa entrare le persone che non presentano la carta d’identità spagnola 2. 2003 padiglione olandese ‘’we are the world ‘’ = interventi di 5 artisti di varie nazionalità attivi in Olanda 3. Ondak 2009 padiglione ceco = malinconico spazio vuoto pieno di erbacce = vuoto culturale e politico del proprio paese 4. Elmgreen & Dragset 2009 = riflessione sui limiti di autorità e ospitalità 5.4 Altre biennali Di pari passo con lo sviluppo economico mondiale, anche il sistema dell’arte internazionale ha visto negli ultimi lustri una rapidissima crescita delle proprie strutture, sia quelle commerciali come gallerie e fiere, sia quelle culturali come i musei e in particolare le grandi manifestazioni espositive periodiche sul modello della Biennale. Si sviluppa un interesse verso tendenze e artisti che scelgono pratiche più virtuose e consapevoli, che hanno un’eco nei più vasti contesti sociali, oltre che in quelli artistici. Bisogna innanzitutto parlare dell’antesignana biennale di San Paolo del Brasile che nasce nel 1951 sul modello di quella veneziana grazie al sostegno dell’imprenditore Francisco Matarazzo Sobrinho che nel 1948 aveva fondato anche il museo d’arte moderna di San Paolo. Se la prima edizione del 1951 aveva ospitato 23 paesi privilegiando le tendenze astratto-geometriche, già la seconda del 1953 indica un allargamento di orizzonti, con ben 33 paesi invitati a partecipare. La manifestazione è organizzata nel parco Ibirapuera, in due padiglioni progettati da Oscar Niemeyer e ci sono sale dedicate al Cubismo, al Futurismo, a Kokoshka, a Mondrian, a Walter Gropius, a Klee, a Morandi.. L’edizione del 1961 resta memorabile perché caratterizzata da un’apertura a inediti interessi storici, metastorici e museologici, grazie alla presenza, tra i vari generi, di esempi di arte religiosa provenienti dalle missioni in Paraguay, di arte bizantina jogoslava e di arte aborigena australiana. Ma di li a poco le cose cambiano in quanto tra il 65 e la 73 la biennale risente delle conseguenze del colpo di stato militare e della crescente repressione politica del paese. Una frangia di artisti inoltre manifesta contro la giunta militare durante la decima biennale (1969) presso il Musée d’art moderne de la Ville a Parigi, quando artisti e intellettuali firmano e diffondono sui quotidiani internazionali il manifesto No alla biennale. Da li nascerà un boicottaggio che per tutto un decennio allontanerà la biennale di San Paolo dal flusso di contatti e relazioni internazionali. Dal 1966 in avanti l’esposizione comincia a essere organizzata attorno a dei nuclei tematici e negli anni ottanta una nuova energia sembra attraversare nuovamente la grande manifestazione. Grandi temi come per esempio “Roptura com o suporte” (1994) e “Antropofagia” (1998) caratterizzano la storia più recente della biennale paulista che, pur fra inevitabili alti e bassi, nell’ultimo quindicennio ha conosciuto un rinnovato slancio attraverso i contributi critici e teorici di nuovi direttori e curatori che hanno saputo mettere in pratica percorsi più sperimentali e trasversali. È spostandosi verso oriente che, nel corso degli anni novanta, emergono i segni forti e distintivi di un cambio di paradigma. Fondata nel 1973 la Biennale di Sydney è una tra le prime istituzioni culturali internazionali a riconoscere e celebrare la diversità etnica dell’Australia. È la prima manifestazione a esporre arte indigena in un contesto artistico, nonché a prima a offrire uno 37 sguardo contemporaneo sull’Asia e sulle nazioni vicine. Nel 1990, con la nomina di René Block l’ottava edizione della biennale di Sydney compie un altro importante passo sul readymade duchampiano: a partire dal ruolo di Duchamp, Man Ray e Picabia, esso viene riletto e ricontestualizzato dagli artisti più giovani. Parallelamente, programmi di performance, spettacoli musicali, conferenze e workshop animano la metropoli di Sydney. A figura di René Block è anch’essa cruciale: invitato alla biennale di Istanbul, ne dirige una cruciale edizione nel 1995, favorendo un inedito quanto proficuo clima di scambio e aggiornamento culturale. Questa biennale vuole lavorare attorno a un rapporto fra gli artisti coinvolti con le loro proposte e il pubblico. 5.5. Documenta di Kassel Pur mantenendo alcune fra le caratteristiche che la accomunano ad altre grandi mostre di arte contemporanea (cadenza temporale, aspirazione ad essere un evento mediatico), nel corso degli anni documenta, la celebre esposizione dapprima quadriennale, poi quinquennale, organizzata a Kassel dal 1955, ha incarnato sempre di più il ruolo di punto di riferimento per testare lo “stato delle cose” nell’ambito delle arti visive internazionali. Kassel è un luogo dove le tracce della Seconda Guerra mondiale hanno lasciato segni quasi indelebili. Documenta nasce nel 1955 con un’intenzione riparatrice, immaginata e curata da Arnold Bode, figura infaticabile di pittore e architetto, insegnante alla Kunstacademie di Kassel. Pensata in relazione a particolari spazi e ambienti effimeri, suggestivi nell’installazione, essa raggiunge subito un ottimo successo di pubblico, emancipandosi dal contesto iniziale in cui era nata ovvero una mostra dell’esposizione federale di piante e giardini. Dalla seconda edizione (1959) in poi, oltre alla presenza sempre centrale del Fridericianum, si aggiungono l’Orangerie e successivamente spazi più tipicamente museali quali il catello di Bellevue, la Alte Galerie e la Neue Galerie. Al centro di documenta è l’arte non figurativa, scelta che dimostra la volontà di “recuperare” qualla cultura artistica a suo tempo definita dal nazismo “degenerata”. Questa strategia culturale, in piena Guerra fredda, poneva la linea di documenta in aperta opposizione ai modelli di Realismo Socialista predominanti nella Germania dell’est e negli altri paesi dell’Europa orientale. La prima di documenta nel 1955 non poteva non contemplare un primo sguardo internazionale, seppur introdotto da generiche premesse che si concentravano nella didascalica apertura d’esposizione: nella prima sala, infatti, erano presentate una serie di riproduzioni fotografiche ingrandite su pannelli che mostravano immagini di scultura arcaica, “primitiva” ed “esotica”. La nuova tradizione dell’arte moderna era così formulata attraverso una continuità di scelte e di forme espressive che, dai tempi più arcaici a quelli moderni, ricollegava opere votive al lavoro (di Brancusi o Picasso), secondo la predominante visione di una ricerca di un gusto verso quello choc originato dalla scoperta dell’esotico e del primordiale. Nel particolare contesto di Kassel tali scelte avevano una connotazione di ulteriore importanza, volte com’erano contro le vestigia di un classicismo e figurativismo che erano stati adottati e snaturati dall’algido spirito estetico delle direttive nazionalsocialiste. Il ruolo e la selezione operata da Arnold Bode si manifestano con gran successo in una visione e articolazione piuttosto accademica dell’idea di esposizione, insistendo su una serie di pitture, sculture e opere grafiche intese secondo precise sfere disciplinari. De documenta risultò innovativa fu grazie alla selezione operata fra i pittori e gli scultori contemporanei che, oltrepassando le premesse “riparatorie”, rivelò un carattere inteso a manifestare e dunque a “documentare” la r icchezza e complessità di tendenze allora emergenti. Dalla terza edizione del 1964 incominciò a rafforzarsi la presenza statunitense, che arrivò a generare già nel 68 una vera e propria tensione, quasi una forma di insoddisfazione e rivalità tra artisti, per tutta una serie di motivi legate a decisioni logistiche che sembravano riservare maggior “spazio” agli americani rispetto agli artisti europei. Non è un caso che, già all’indomani della forte notorietà acquisita dopo la rivoluzionaria mostra “When Attitudes Become Form”, proprio un curatore ai problemi della democrazia non realizzata fino alle trasformazioni transurbane e sociali delle megalopoli africane all’interno e al di la dei modelli di tardocapitalismo. Tutti i materiali critici commissionati sono poi pubblicati come atti di convegni. L’orientamento transdisciplinare e l’approccio critico multiforme trasformano la consueta logica 40 6. SPAZI ALTERNATIVI E INDIPENDENTI ALTERNATIVE ART DI NY Spazi indipendenti : scarsa documentazione di molte esperienze artistiche di carattere effimero e occasionale casi in cui è necessario incrociare i materiali documentari e le differenti fonti Julie Ault = in un volume del 2002 prova a sintetizzare ed elencare le caratteristiche di quelle istituzioni difinite = alternative compito necessario per una prima ricognizione di tale contesto per lei ‘’alternativo’’ = esigenze di artisti si essere contro ciò che è stabile, contro l’istituzionale e dunque sperimentale, fondati e gestiti dagli artisti stessi Sviluppi anni 60 = radicalità nasce dalla complessa relazione fra tutto ciò che si muove in contesti ‘’ marginali’’ e le tendenze ‘’dominanti’’ e che si colloca fra il mondo dell’arte e una dimensione sociopolitica più ampia la documentazione dei fatti e delle presenze deve basarsi su interviste,ricordi,testimonianze, memorie, documentari = preziosi per raccogliere esempi della ricca produzione degli anni 60/70 6.1 SOHO 1960-1970 Una particolare figura d’artista, scrittore e compositore come Richard Kos telanetz ha provato a raccontare l’atmosfera sperimentale di SOHO, l’ex quartiere industriale a sud di Houston Street, New York, semiabbandonato e pieno di vecchi magazzini e manifatture che fra i tardi anni sessanta e i primi anni settanta era stato riscoperto e trasformato grazie all’insediamento di una vera e propria “colonia” di artisti attirati dagli affitti bassi dei loft e di luoghi disponibili alla realizzazione di nuove strategie espositive e installative. Ovviamente il parallelo modificarsi dei regolamenti urbani aveva permesso a tutto questo vasto universo di artisti di potersi insediare e sviluppare attività in ambienti che ancora recavano ben forte il proprio carattere di spazi industriali. L’energia profusa, le modalità di lavoro (attitudine do it yourself), una scala di interventi assai diversa dagli approcci da galleria o museo rivelano una serie di “attori”, una popolazione nuova con curiosità, capacità ed esigenze assai differenti da quanto d’era visto fino a pochi anni prima. In parallelo s i manifesta anche un pubblico rinnovato, che segue e sostiene nuove ricerche, un nuovo teatro, nuove e multiformi attività (es. spazio The Kitchen) La ricerca degli anni settanta si indirizza quindi verso scenari creativi in un contesto propriamente urbano. Una qual certa permeabilità fra “interno” ed “esterno” si fa strada proprio in quella stagione: dagli interventi di sovversione delle tradizionali categorie architettoniche di Gordon Matta-Clark, fino alle coreografie “espanse” di Trisha Brown, e strade, i tetti, gli spazi vuoti assumono significati e potenzialità mai viste prima. Sono anni molto ricchi di attività, concentrati all’incirca in una decade. Gli anni ottanta porteranno altre istanze e modalità di lavoro. Se SOHO in qualche maniera rappresenta la “culla” per tutto un insieme di organizzazioni artist-oriented, autorganizzate e strutturate secondo alcune priorità di service organizations, il processo attivato si espanderà comunque su più vasta scala con esisti molto diversificati. Questi nuovi spazi vanno manifestandosi e affermandosi già nella New York degli anni sessanta soprattutto come concrete alternative al sistema dei musei e delle gallerie commerciali. I primi spazi alternativi newyorkesi si presentano come organizzazioni grado di offrire servizi, spazi per studi, nuova tecnologia (videotape) e una qual certa visibilità. Il modello organizzativo era basato su strutture collettive piuttosto informali, progressivamente snellite da un punto di vista pratico-gestionale. Lucy Lippard: “metodi collettivi impiegati dagli artisti per contrastare e controbilanciare le pratiche elitarie ed esclusive create dai musei di arte dedicati a tutti coloro che stavano sviluppando nuove pratiche di lavoro artistico. A partire da questo importante lavoro di ricognizione nasceranno le esposizioni, la prima delle quali intitolata “Memory”, si tiene presso la galleria non-profit C- Space, in Leonard Streer, nel maggio del 1977. Nell’estate dello stesso anno lo spazio espositivo e gli uffici sono spostati presso la New School for Social Research, sulla 14th Street. Per alcuni anni sarà quella la sede fino al trasferimento nel 1983 all’Astor Building, nel cuore di SOHO, al 583 della Broadway, luogo che diventerà l’epicentro di importanti mostre e iniziative in grado di definire il clima culturale e la temperie polemica degli anni ottanta a New York. Ricordare il lavoro di Brian Wallis (critico, teorico e curatore). Vaste collettive come 41 “Art and Ideology” (1984) ridefiniscono il ruolo e il tipo d’impegno di un’istituzione nell’intensa fase di discussione relativa al dibattito sul postmoderno e dulla nuova critical theory. Dan Cameron (metà anni novanta) da un’ulteriore spinta all’allargamento. Lisa Phillips (dal 99) porta il new Museum a rivedere i propri piani di attività e già nel 2002 viene annunciata l’intenzione di costruire un nuovo spazio su misura che possa diventare una sede pensata per tutta una più vasta e articolata tipologia di nuove attività, eventi mostre e progetti educativi. La location prescelta è sulla Bowey, strada dalla lunga storia e specchio di una sostanziale trasformazione urbana. 7. Gli spazi delle fiere Le fiere dell’arte rappresentano i trionfo esplicito della dimensione commerciale. La nascita delle fiere nel 1967 in Germania e il loro crescente sviluppo in vari paesi europei e poi progressivamente in tutto il mondo, è un segno spettacolare del travolgente aumento della dinamicità espansiva del mercato. Questi eventi sono diventati appuntamenti fissi in cui tutto il mondo dell’arte si incontra. In effetti le fiere, che durano pochi giorni, sono frequentate da moltissime persone, numeri decisamente lontani dalle abituali presenze nelle gallerie. Ci sono mercanti che fanno più affari durante questi eventi che nel corso della loro attività normale durante l’anno. Purtroppo, per la loro stessa natura, le fiere tendono a mortificare inesorabilmente ogni possibilità di seria fruizione estetica delle opere. Per tentare di dare una dimensione culturale a questo disordinato panorama di merci artistiche, i galleristi sono spesso invitati a presentare mostre personali collettive dotate di un minimo di coerenza. Inoltre, tra gli eventi collaterali, ci possono essere mostre organizzate all’interno all’esterno ideate da curatori; padiglioni dedicati di anno in anno a questo o quel paese, presentazioni di collezioni o premi. Ma, in definitiva, tutto ciò non riesce a far dimenticare il fatto che gli oggetti d’arte (quadri, sculture, disegni, foto) sono esposti come qualsiasi altra mercanzia, in un contesto spesso caotico e rumoroso formato da centinaia di stand attaccati gli uni agli altri, con spazi più o meno ristretti e pareti precarie in cartongesso. Il visitatore sprovveduto si ritrova a vagare in un enorme labirinto, bombardato da migliaia di proposte artistiche, senza vere coordinate di riferimento. I più competenti conoscono l’attività delle gallerie più rinomate e i nomi degli artisti più noti, ma anche per loro si tratta di un tour de force al limite della sopportazione mentale e fisica. Esattamente il contrario delle condizioni auspicabili per una corretta presentazione dei lavori degli artisti, tutti giustamente così attenti ai problemi d’installazione nello spazio. Inoltre, a causa della concentrazione in pochi giorni, manca anche il tempo per vedere tutto con calma. In ogni caso, i collezionisti vengono presi dal particolare clima di euforia che si crea in questo contesto e vengono coinvolti nel gioco frenetico dei confronti dei prezzi, della ricerca della novità, della valutazione delle tendenze emergenti e dei trend di mercato degli artisti più importanti. Per i collezionisti più corteggiati, i top collectors, c’è il privilegio delle previews, che dovrebbero consentire una visita più agevole e meditata. Il problema più delicato e controverso delle fiere è quello della definizione degli standarsi di qualità delle gallerie da invitare, compito operato da un apposito comitato di addetti ai lavori. Nelle fiere esiste una gerarchia ben definita che va da quelle più importanti di livello internazionale a quelle minori di ambito nazionale. Il comitato organizzatore della fiera più potente e prestigiosa, quella di Basilea, formato da un gruppo ristretto di influenti mercanti internazionali, è quello che ha adottato i criteri selettivi più rigorosi. Essendo la fiera più ambita, il numero di richieste di partecipazione è molto ampio. Per un gallerista ambizioso partecipare a questa fiera rappresenta un indubbio titolo di merito, anche perché ciò significa una concreta possibilità di entrare a far parte del circuito di mercato di serie A. Nell’edizione del giugno 2016 i partecipanti di Art Basel sono stati 286, da 33 paesi, per un totale di circa 4000 artisti esposti. 6.2 IL PS1 Nancy Foote = 1976 recensione dove descrive come la creazione di installazioni e progetti site-specifc richiedessero spazi poveri, miseri e apparentemente inadeguati (richiamo all’arte povera) articolo sulla prima importante mostra del ps1 in luoghi recuperati e riutilizzati per l’occasione = la giornalista nota come interventi site-specif e installativi fossero quasi gestuali, non vendibili e con caratteristiche anche pericolose 42 PS1: • Nasce in un contesto simile • Viene anticipato dal 1971 dell’attività dello IAUR diretto da Alanna Heiss = organizza mostre e promuove progetti in spazi e luoghi sottoutilizzati e abbandonati di NY: • Prima mostra 1971 ‘’Brooklyn Bridge Event’’ = serie di performance installazioni presentati sui moli sotto il ponte di Brooklun contemporaneamente programma di festeggiamento per il ponte in occasione dell’80° anniversario di costruzione tra gli artisti troviamo Lew,Glass o il gruppo tatrale di Mines • Intuizione che consente il coinvolgimento della comunità artistica negli ambienti urbani, le aree abbandonate e fuori uso possono diventare spazi pieni di nuove potenzialità • Nuova visione dello sviluppo successivo di molte altre operazioni e innumerevoli progetti di rigenerazione di contesti urbani degradati in vari paesi • 1972 lo IUAR : suo primo spazio due piani in un magazzino dove Heiss presenta delle mostre : la prima dedicata a Nonas • Novembre 1972 la clock tower e altre aree adiacenti in Lawer Manhattan viene acquisita dall’associazione per ospitare studi d’artista e uno spazio espositivo • Da Aprile all’anno successivo = mostra di Shapiro ‘’the clocktower’’ comincia il suo programma espositivo di mostre collettive • 1975 possibilità di utilizzare l’edificio di una scuola a Long Island City = immobile ridotto a deposito che rischiava di essere venduto e demolito dopo un contratto di locazione con la città di NY (durata di 20 anni) giugno 1976 prima esposizione : la mostra ‘’rooms’’ = 78 artisti all’interno e all’esterno del fabbricato realizzano e installano opere in aule, corridoi, bagni, garage in ogni spazio disponibile 1976 = pubblicazione catalogo mostra con documentazioni dei lavori presentati base del progetto invito rivolto agli artisti di reimmaginare e trasformare i particolari spazi della costruzione = quando è stata chiusa la mostra la maggior parte dell’edificio venne affittato agli artisti inizio discussione pubblica sulle modalità di riconversione • 1976 ‘a month of Sundays’’ = appuntamanti, incontri, discussioni e performance negli studi degli artisti • Fino agli anni 90 dimensione che caratterizzerà l’attività del ps1 • Anni a seguire il ps1 incarna un’idea di moderno centro aperto e attivo su più fronti come spazio per studi,mostre,concerti sperimentali , performance in dialogo con artisti da tutto il mondo • Esposizione ‘’west/east : first generation environmental sculptures’’ settembre 1980 marzo 1982 con interventi site-specific di Irwin, Turrell e altri dedicati a ricerche ambientali su luce e percezione ancora oggi Meeting di Turrel si trova nella sua suggestiva locantion • 1994 il ps1 chiude gli spazi a Long Island per ristrutturazione e viene riaprirà alla fine nel 1997 dopo essere stato assorbito dal MOMA nel 2000 integrazione definitiva nel sistema ufficiale dell’arte 6.3 IL NEW MUSEUM ‘’ museo del cielo’’ definizione Marcia Tucker = nuova istituzione dedicata alle ricerche artistiche emergenti intenzione curatrice che inizia a lavorare a NY su un’idea innovativa di spazio espositivo metà anni 70 senso di contemporaneità criterio fondamentale : IL NEW MUSEUM : Prima sede del museo due spazi nell’area di TRIBECA (Lower Manhattan): • Compresso industriale riconvertito che ospita anche il progetto gestito dagli artisti dell’Artist Space (nato 1972) e di Printed Matter (1976) • Nasce ufficialmente nel 1977 Tucker apre un ufficio con 4 collaboratori volontari : mappatura degli artisti visitati nel loro studio che permise una documentazione formata da schedari dedicati a coloro che stavano sviluppano nuove pratiche di lavoro artistico • Nascono poi esposizioni la prima ‘’memory’’ presso la galleria non-profit C-space nel 1977 • Estate 1977 = spazio espositivo e uffici si spostano presso la New School for Social Research • Poi di nuovo importante trasferimento nel 1983 palazzo storico nel cuore di soho = epicentro di mostre ed iniziative in grado di definire il clima culturale degli anni 80 a NY : artisti e artiste orientate verso ricerche più sperimentali o politiche 45 • 1995 = introdotta sezione Art Video Forum occasione per avvicinare curiosi e collezionisti al nuovo mezzo di espressivo in rapida espansione • 1996 = sezione Young Galleries riconvertita e denominata Statements : 23 mostre monografiche di giovani artisti emergenti mette in evidenza modalità più aperte e multidisciplinari di progetti pronti per lo scenario mondiale dell’arte sezione più internazionale con progetti inediti in prima mondiale • 1999 = film, manifestazione dedicata a film d’artista e film su artisti nella sala dello Stadtkino Basel • 2004 = ‘’Art Basel Conversations’’ : incontri e discussioni in piccoli gruppi, figure professionali del settore, punto di vista innovativo sui molteplici aspetti dell’esporre, del curatore e del collezionare arte nello scenario globale dell’arte contemporanea personalità invitare ad esempio collezionisti,direttori,architetti,critici,artisti ecc • 2000 = sezione Unlimited indicare tendenze emergenti una delle più note piattaforme espositive per superare la tipica dimensione ‘’fieristica’’ della mostra e allargare gli interventi su grande scala : ogni medium è avvicendato in uno specifico spazio di grandi dimensioni della Messe Basel curatore della sezione è scelto esternamente che ha come unico vincolo la selezione di artisti rappresentati dalle gallerie presenti nella fiera maggiore • 2005 = nuova sezione Kabinett permette a galleristi espositori (circa 25/30) di creare speciali focus di approfondimento e riscoperta di artisti meno noti collegandoli ad un’area tematica della fiera vera e propria • 2009 = per i 40 anni di storia evento inedito a metà fra performance, teatro,concerto e mostra basato sull’idea di un’esposizione che si snodi nel tempo più che nello spazio : ‘’il tempo del postino’’ : 20 artisti • 2014 = iniziativa incentrata sul dialogo fra arti performative e spazi espositivi presentata con il titolo di ‘’14 Rooms’’ • Art Basel frequentatori e estimatori possono fare scambi e transazioni commerciali di qualità, incrocio di spunti,stimoli e curiosità intellettuali mantenendo le proposte internazionali più innovative • 2010 = nuova sezione ‘’ Parcours’’ mira ad espandersi in città e nelle aree limitrofe avventurandosi nel campo dei lavoratori di arte pubblica e site-specific e delle performance create per particolari contesti ambientali urbani 2013 = installazioni strutturali-architettoniche di Kawamata nella piazza antistante alla fiera invasa e occupata da giovani attivisti che hanno rivendicato la loro presenza sul territorio in opposizione a certe dinamiche di trasformazione finanziaria presentate come ‘’arte’’ pubblica • Fiera di successo che è in grado di produrre non solo buoni incazzi ma è diventata il motore efficace per contribuire allo sviluppo del network che costituisce la realtà del sistema internazione dell’arte contemporanea • Nell’ultimo decenio ha potenziato la sfera d’azione su 3 continenti : Svizzera,Floria 2002 ,Hong Kong 2013 = 300 000 visitatori, più di 500 gallerie attive su scala globale • Grande successo anche dato dal coinvolgimento di molti potenti aziende,banche e fondazioni che aiutano a sostenere e sviluppare nuovi premi,progetti culturali e produzioni PARTE TERZA Gli spazi museali Rispetto alle altre strutture e forme espositive, quelle dei musei si distinguono per caratteristiche e finalità culturali considerate più “alte” e “nobili”. Il museo di arte contemporanea è un’istituzione che mantiene ancora un’aura speciale legata all’identità tradizionale, anche se le sue funzioni e i suoi spazi si sono trasformati e sviluppati. Il suo ruolo è sempre di più uno spazio dinamico per mostre temporanee, una piattaforma espositiva per nuove proposte e progetti curatoriali sulle tendenze attuali. Gli spazi museali, al di la della loro maggiore o minore qualità dal punto di vista delle caratteristiche espositive, mantengono un valore aggiunto di tipo simbolico, direttamente proporzionale al prestigio del museo. Ad esempio, una stessa opera viene percepita con una diversa attitudine mentale se collocata in una galleria o in una sala di museo in esposizioni temporanee e più ancora nel percorso delle collezioni permanenti. Nonostante la grande accelerazione dinamica e le innovazioni architettoniche anche spettacolari, si può dire che la dimensione ideologico- culturale di questi musei rimane ancora, per certi aspetti di fondo, tenacemente ancorata ai modelli istituzionali precedenti. Riguardo agli spazi d’esposizione, il modello che si impone progressivamente, a partire dai primi musei d’arte moderna degli anni venti-trenta fino a oggi, è 46 quello caratterizzato dalla creazione di ambienti il più possibile “purificati” da tutti gli element i che possono disturbare e “inquinare” la contemplazione delle opere. Si tratta in sostanza della concezione sintetizzata della fortunata definizione di white cube. La sua importanza simbolica, che è fondamentale nei vecchi edifici e rimane notevole nelle architetture razionaliste , arriva ad assumere spesso un peso preponderante a partire dalla svolta postmoderna degli anni ottanta, con il proliferare delle “grandi cattedrali” progettati dalle archistar. 8. I musei d’arte contemporanea 8.1 Musei d’arte moderna e contemporanea. La prima generazione in Germania e Olanda Nella sua prima fase di sviluppo all’inizio del Novecento, l’attività espositiva dell’arte d’avanguardia è sostenuta di fatto solo dalle associazioni degli artisti innovatori, dalla nascente re te di gallerie di punta, dai salon indipendenti e dalle iniziative di appassionati collezioni. I musei sono assenti. A Parigi il Musée du Luxemburg a cui erano destinate le opere comprate dallo stato ai salon ufficiali era sotto lo stretto controllo dell’accademia ed era quindi un baluardo dell’arte tradizionale. La storia della progressiva legittimazione museale dell’arte d’avanguardie non parte dalla Francia, ma da altri paesi europei come la Germania, l’Olanda, la Russia e la Polonia. In Germania, all’inizio degli anni 30, molti musei hanno anche sale dedicate all’arte contemporanea, con molte opere che i nazisti considerano “arte degenerata”. La Nationalgalerie di Berlino, sotto a direzione di Ludwig Justi costituisce un’importante collezione che dall’impressionismo alle avanguardie. Nel 1919 il Kronprinzepalais diventa la sede autonoma del dipartimenti d’arte moderna, con una sezione dedicata agli artisti viventi. Si tratta del primo vero museo d’arte moderna e contemporanea, modello per quelli successivi. Anche Alfred H. Barr Jr lo visita nel 1927, due anni prima della nascita del Moma, di cui sarà direttore per 40 anni. Colpito dalla censura nazista vede sottrarsi 437 opere, molte delle quali saranno esposte nella famigerata mostra “Entartete Kunst” del 37. Il palazzo viene distrutto dai bombardamenti e solo nel 68 si inaugura la nuova sede del museo per l’arte moderna e contemporanea, la Neue Nationalgalerie progettata da Mies van der Rohe: un edificio razionalista che si presenta come un grande padiglione rettangolare di un solo piano, con il tetto in acciaio e le pareti esterne in vetro. Tra i musei tedeschi in altre città, aperti fin dagli esordi dell’arte moderna, un esempio significativo è il Museum Folkwang di Essen, fondato dall’industriale Karl Ernst Osthaus con anche una collezione di artisti impressionisti e postimpressionisti. Purtroppo durante il nazismo 1400 opere furono distrutte o disperse. Il museo bombardato viene ricostruito nel 60 e ampliato nel 2010 su progetto di David Chipperfield. In Olanda sono da ricordare, oltre allo Stedelijk Museum di Amsterdam, anche il Gemeentemuseum dell’Aia e il Kröller-Müller Museum di Otterlo, capolavoro architettonico di Henry van de Velde del 1938. Lo Stedelijk Museum, già nei primi decenni del secolo scorso espone importanti opere cubiste, espressioniste, astratte e costruttiviste. Nel 1911-12 organizza una mostra di Cézanne, Picasso e Braque, e negli anni venti un’esposizione delle avanguardie russe. L’edificio in stile neorinascimentale olandese, aperto nel 1895, raccoglie collezioni di varia natura in qualità di sede del museo civico. Oggi il museo, che ha subito nel tempo numerose trasformazioni, ha una delle più importanti e complete collezioni a livello internazionale dal Postimpressionismo alle avanguardie storiche, dalle ricerche degli anni cinquanta-sessanta alle ultime tendenze. Figura fondamentale per il processo di modernizzazione del museo è Willem Sandberg, nominato curatore nel 1938 e poi direttore dal 1945 al 1963. Nel 38 Sandberg fa dipingere di bianco tutti i muri e nel 54 realizza un nuovo padiglione con pareti vetrate per esposizioni temporanee. Grande innovatore del ruolo di direttore, Sandberg apre gli spazi del museo alle sperimentazioni più radicali, dalla mostra internazionale del gruppo CoBRA a Dylaby (1962), la prima grande esposizione museale con spettacolari installazioni ambientali realizzate da artisti neodadaisti. Dal punto di vista architettonico ed espositivo, il Gemeentemuseum e il Kröller- Müller Museum sono modelli esemplari della nuova concezione progettuale moderna e razionalista del museo. Il Gemeentemuseum dell’Aia è una costruzione di rigorso impianto geometrizzante completamente basato sul modulo standard di undici centimetri e 47 suoi suoi multipli. Comprende varie sezioni, tra cui quella degli strumenti musicali, della grafica, delle arti decorative e della moda e della collezione d’arte dal XIX secolo all’arte moderna (possiede il più importante nucleo di dipinti di Mondrian). Il Kröller-Müller Museum fu voluto da Helene Kröller-Müller per accogliere in una museum house la donazione allo stato della sua magnifica collezione messa insieme tra il 1907 e il 1922. Il progetto di Henry van de Velde viene realizzato finalmente nel 1938. Il museo contiene tele di Mondrian, Braque, Picasso e in particolare il più consistente gruppo di tele di van Gogh dopo il museo di Amsterdam. Le sale dell’edificio, con essenziali spazi funzionali, muri bianchi e luce naturale, sono un perfetto paradigma dell’estetica museale funzionalista. L’ideale di un armonico equilibrio fra arte, architettura e natura trova il completamento con l’apertura, nel 1961 del parco di sculture con opere di Rodin, Giacometti, Oldenburg, Christo e Serra. Nel 1927, durante un viaggio di studio in Europa, aveva visitato vari musei, tra cui la Nationalgalerie di Berlino e il Museum Folkwand di Essen. Il museo viene articolato in vari dipartimenti: pittura e scultura, disegni e grafica, libri illustrati, film, fotografia, e architettura e design. Anche se nei primi sei anni vengono spesi solo mille dollari per gli acquisti, i fondi per le acquisizioni diventato poi così consistenti da permettere la realizzazione di una delle più importanti collezioni museali mondiali d’arte dagli inizi del XX secolo. È soprattutto a partire dal dopoguerra che il MoMA contribuisce in modo determinante alla valorizzazione e all’affermazione internazionale dell’arte americana, anche in qualità di responsabile del padiglione degli Stati Uniti alla Biennale di Venezia. In quanto direttore del MOMA, Barr diventa uno dei più potenti personaggi della scena artistica di New York, e una mostra o anche un acquisto da parte dell’istituzione è un attestato di fondamentale importanza per gli artisti. (Barr fin dall’inizio svolse anche un ruolo cruciale come consulente o consigliere per gli acquisti dei principali collezionisti privati). La prima sede del MOMa è un semplice appartamento di sei sale al dodicesimo piano dell’Heckscher Building nel centro di Manhattan e nel 1939 il museo trova la prima sede permanente nell’edificio International Style progettato da Philip Goodwin e Edward Durell Stone sulla 53° Street. Nel 1951-53 il museo aumenta i propri spazi con una parte annessa al vecchio edificio. Dopo l’acquisizione di vari altri edifici, dal 2001 al 2004 il museo viene completamente ristrutturato su progetto di Yoshio Taniguchi e nasce il New Museum of Modern Art. Nel 2000 viene definita l’affiliazione con il PS1, che dieci anni dopo prende il nome di MoMA PS1 e con questa operazione il museo ingloba sotto la sua ala anche l’attività meno istituzionale, più sperimentale. Attualmente il museo, dopo 85 anni di vita, è arrivato ad avere circa due milioni e mezzo di visitatori l’anno. All’inizio, negli anni trenta, il museo assomigliava più a un appartamento borghese, con divani e tavoli bassi, e l’allestimento delle opere rifletteva il gusto e la visione delle collezioni in spazi privati. All’epoca le pareti non erano bianche, ma ricoperte di tessuto beige, e le cornici erano diverse fra loro e troppo pesanti. È solo negli ultimi anni che questo criterio museografico è stato messo in discussione attraverso nuove strategie di presentazione più dinamiche. Un’altra signora facoltosa e intraprendente è all’origine del Whitney Museum of American Art. Si tratta di Gertrude Vanderbilt Whitney, scultrice tradizionale e collezionista (già sostenitrice dell’Armory Show), che decide di fondare un museo come struttura stabile per promuovere e valorizzare le ricerche degli artisti americani della nuova generazione. Nel 1914 apre il Whitney Studio nel Greenwich Village, dove incomincia a presentare mostre di giovani artisti e a mettere insieme una collezione che nel 1929 arriva a circa 600 opere. Dopo il rifiuto della sua collezione da parte del Metropolitan Museum, Whitney decide di fondare il suo museo nel 1930 con un’impostazione innovatrice, strettamente contemporanea. La prima sede inaugura nel 31 nel Village, nel 54 si sposta nella 57° Street e ne 66 nel nuovo edificio funzionalista in cemento armato progettato da Marcel Breuer (75° street). Dal 1932 viene organizzata la biennale del Whitney, rassegna dedicata all’arte americana, dove gli artisti invitati devono presentare opere inedite realizzate negli ultimi due anni. Questa biennale è ancora la più vitale per la veifica delle nuove tendenze e degli artisti emergenti a livello nazionale e internazionale. Acquisendo a ogni edizione nuove opere, inoltre, il museo ha accresciuto nel tempo la sua raccolta, con grande tempestività e il Whitney ha oggi un patrimonio di oltre 20 mila opere di 3 mila artisti, con una collezione che 50 • 2000 = affiliazione con il PS1 10 anni dopo prendi il nome di MOMA PS1 : il museo ingloba anche l’attività meno istituzionale, più sperimentale aperta alle ricerche emergenti degli spazi espostivi pubblici dell’area metropolitana • Attualmente due milioni e mezzo di visitatori, evoluzione collezioni, degli spazi e dei programmi espositivi • all’inizio anni 30 assomigliava ad un appartamento borghese, con divani e tavoli bassi, con pareti non bianche ma ricoperte di tessuto beige e cornici diverse fra loro e troppo pesanti dopo la prima sede e il riallestimento delle collezioni negli anni 60 ad opera di Robin il modello di allestimento modernista si impone definitivamente: cornici semplici e dorate, quadri alla stalla altezza, distanziati da muri bianchi in sequenze di sale cronologiche • ultimi anni = nuove strategie di presentazione più dinamiche 2) Whitney Museum of American Art= • Whitney = collezionista e scultrice che fondò il museo come struttura per promuovere e valorizzare le ricerche degli artisti americani della nuova generazione • 1914 = apre il Whitney Studio presenta mostre di giovani artisti e mette insieme una collezione che nel 1929 arriva a 600 opere • Dopo rifiuro della sua collezione al Metropolitan Museum decide di fondare il suo museo nel 1930 = impostazione innovatrice e contemporanea • Prima sede= si inaugura nel 1931 a Village • 1954 = si sposta nella 57 Street • 1966 = nuovo edificio in cemento armato progettato da Breuer • Dal 1932 = organizza la biennale di Whitney : artisti presentano opere inedite realizzate negli ultimi due anni = molto significativa per la verifica delle nuove tendenze e degli artisti a livello nazionale e internazionale • Ad ogni edizione opere nuove cresce la sua raccolta nel tempo grazie alla continuità degli acquisti e a numerose donazioni collezione di oltre 20 000 opere di tremila artista = documenta le principali tendenze e i maggiori artisti statunitensi • Limiti spazi espositivi e programmazione mostre temporanee decide di presentare a rotazione solo parti della sua collezione • Primo museo a de localizzare la sua attività in sedi esterne • 2004 = nuova sede: progetto di Renzo Piano: • si inaugura nel 2015 ed è situato a Manhattan nell’ex distretto industriale di Meatpacking il parco ricostruito su una vecchia linea ferroviaria sopraelevata : architettura esterna in cemento, ferro e vetro, forme geometriche asimmetriche caratteristiche dell’industria dei fabbricati circostanti • entrata che sforma l’area esterna dell’edificio in un largo spazio pubblico coperto sotto la l’High Line • ambienti aperti ed omogenei : ci sono 9 piani con gallerie ampie e illuminate da grandi vetrate e da Led • pavimento è in legno e le pareti sono bianche e molte volte mobili • un piano ospita un teatro e due sono per le collezioni permanenti, all’ultimo piano c’è una galleria per esposizioni speciali • Merito di Piano = attenzione verso la funzionalità degli spazi espostivi interni creando condizioni ottimali per la presentazione di ogni genere di opera d’arte, da quadri e sculture fino alle pià complesse installazioni ambientali 8.5 Il protagonismo dello spazio museale. Il caso del Guggenheim Museum di Frank Lloyd Wright Molti hanno detto, non a torto, che la principale opera d’arte del Guggenheim Museum di New York è il museo stesso. Nel caso del Guggenheim protagonista è innanzitutto il contenitore, che viene fotografato come fosse un’immensa scultura monumentale. Il museo nasce nel 1939 a partire dalla Solomon R. Guggenheim Foundation istituita due anni prima, con la denominazione di 51 Museum of Non Objective Painting, che nel 1952 diventa il Solomon R. Guggenheim Museu, Dopo aver preso in considerazione diverse collocazioni a Manhattan e nel Bronx, viene scelta un’area sulla Fifth Avenue che si affaccia sul verde e sul laghetto del Central Park. Dopo 12 anni il museo si inaugura il 12 ottobre 1959, poco dopo la morte dell’architetto e 10 anni dopo quella del fondatore. Con una costruzione plastica spaziale ispirata a forme organiche, in particolare alla struttura spiralica della conchiglia del nautilus, Wright rivoluziona radicalmente la normale articolazione delle sale espositive elaborando un percorso fluido con un andamento circolare. La rompa continua in lieve pendenza ascendente fino alla cima, da cui è possibile affacciarsi sul vuoto della rotonda e vedere simultaneamente anche gli altri livelli. La piccola fontana a forma di mandorla che si trova alla base potrebbe essere interpretata simbolicamente anche come una sorta di occhio. Quello di Wright è il prototipo del museo la cui “espressività” architettonica è tale da creare, un effetto di sovradeterminazione ambientale che condiziona la collocazione e la visione di qualsiasi cosa venga esposta, tanto da suscitare l’impressione che siano le opere d’arte “al servizio” dello spazio espositivo e non viceversa. Wright diceva che la sua intenzione era quella “di fare in modo che l’edificio e la pittura dessero vita a una ininterrotta e bela sinfonia che non era mai esistita prima nel mondo dell’arte”. È chiaro che questa concezione “sinfonica”, con l’architetto come direttore d’orchestra non poteva essere troppo gradita a molti artisti, in particolare dagli anni sessanta in poi. (Arte Povera, Minimal Art, es Donald Judd) In ogni caso, soprattutto quando i musei sono importanti, questo genere di obiezioni vengono superate anche dagli artisti più cr itici che si adeguano cercando di trasformare gli aspetti per loro negativi in stimoli per inedite soluzioni installative site-specific tese a far interagire in modo “vincente” la propria visione estetica e spaziale con quella dell’architetto. Il Guggenheim di New York è stato ed è tuttora lo spazio museale più stimolante anche come “laboratorio” catalizzatore di interventi site-specific di portata ambientale. La mostra che segna l’avvio dello sviluppo di questo genere di approccio è la “Guggenheim International Exhibition” del 1971, in cui un gruppo di artisti di punta è invitato a ideare dei lavori in relazione diretta con l’edificio. Dan Flavin realizza una delle sue installazioni di tubi fluorescenti sulle balaustre Daniel Buren con Peniture Sculpture scegna una svolta decisiva nel rapporto fra spazio dell’opera e spazio del museo. Piazza un enorme stendardo con semplici strisce verticali nel vuoto della rotonda, rimosso per l’opposizione degli altri artisti che lo consideravano troppo invasivo. L’intervento diventa il caso emblematico di una strategia artistica incentrata sull’investigazione critica della natura dell’arte in relazione ai sistemi che la supportano e la condizionano. Per quanto rimosso, lo stendardo del 1971 di Buren apre la strada a una lunga sequenza di installazioni e mostre di altri artisti con caratteristiche sempre più marcatamente ambientali e spattacolari. Negli anni ottanta e novanta si va dai LED con scritte mobili di Jenny Holzer, alla motocicletta di Mario Merz collocata sul bordo della balaustra. lasciando emerge riferimenti stilistici a costruzioni quali il Colosseo, il Pantheon, l’Altes Museum di Berlino, ma anche il Guggenheim di Wright. Notevole contrasto nasce poi dalla presenza della struttura modulare esterna in acciaio industriale verde, dai corrimano in acciaio rosa e blu e dalla pavimentazione verde elettrico. Adiacente alla vecchia Staatsgalerie, a cui è connesso tramite un “ponte”, il nuovo progetto gioca sull’integrazione topografica. Del 1987 è la Clore Gallery della tate di Londra, sempre ad opera di Stirling, che ospita oggi la Turner Collection, caratterizzata da una facciata liscia con una singolare entrata di taglio triangolare e da muri esterni in mattone con scansioni quadrate. Altrettanto interessante è il Museum fūr Moderne Kunst di Francoforte (MMK). Viene costruito nel 1987 su progetto di Hans Hollein e venne inaugurato nel 91. Il progetto scaturisce da due premesse: - L’architetto ha preso in considerazione il particolare contesto urbano e le condizioni specifiche del sito prescelto - Si è concentrato sul programma culturale del museo, teso a proporre le più recenti tendenze artistiche a un pubblico allargato, in modo che le collezioni d’arte fossero valorizzate nel contesto specifico del nuovo museo. La forma triangolare della costruzione anticipa ai visitatori, fin dall’ingresso nel grande atrio, l’intera esperienza museale e inoltre l’articolata serie di sale e piani cui si accede è l’aspetto più caratterizzante del percorso espositivo: l’abbondanza delle sale, l’utilizzo delle scale e della luce contraddistinguono le 52 originalissime forme del museo, lasciando scoprire mano a mano la continua interazione fra arte e architettura. Il risultato è un’intelligente e sorprendente incastro e sovrapposizione di volumi interni che raggiungono i 4 mila metri quadri. Un caso del tuto particolare, all’incrocio fra il restauro e la radicale rifunzionalizzazione di un edificio monumentale, è quello del Castello di Rivoli, vicino a Torino. Si tratta della trasformazione di una delle regge dei Savoia, di origine medievale, in un museo di arte contemporanea operata dall’architetto Andrea Bruno con interventi innovativi. Le strutture monche dell’atrio e le rampe dello scalone sono conservate nella loro autenticità, cosi come la parete che chiude il corpo interrotto del Castello, dove compaiono gli attacchi di volte e archi mai costruiti. Sottolineando la differenza tra le antiche e le nuove strutture, sono scelti materiali e tecniche attuali: l’architetto realizza infatti una serie di vere e proprie “installazioni architettoniche” che ridistribuiscono i percorsi, segnalano all’esterno la ristrutturazione e forniscono particolari servizi al museo. Tali scelte, con la loro forza, sottolineano le cesure temporali che separano la realtà attuale dal cantiere antico. Il museo viene aperto nel 1984, e il suo primo direttore Rudi Fuchs, lo inaugura con una grande esposizione “Ouverture”. In questa occasione, come poi sempre nelle successive, il catalogo viene pubblicato con la docuementazione fotografica delle opere delle sale per mostrare l’importanza fondamentale del dialogo e del confronto fra le peculiari caratteristiche degli ambienti storici e quelle degli interventi strettamente contemporanei. Spostandoci negli Stati Uniti, la fase postmoderna offre non pochi spunti di analisi e riflessione riguardo alle realizzazioni di alcuni fra i più importanti nomi della nuova architettura emersa dopo gli anni sessanta. Posto nei pressi del campus universitario dell’Ohio State University, a Columbus, il Wexner Xerter for the Arts per molti anni è rimasto uno dei casi più esemplari del nuovo clima che alcuni architetti hanno saputo imprimere alla tradizione di architetture museali dai primi anni ottanta. L’apertura ufficiale avviene nel 1989, anche se il progetto era stato affidato già nel 1983 a Peter Eisenman. Il centro viene concepito come un “laboratorio di ricerca” per tutte le arti, con un ruolo primario nel sostegno e nelle commissioni di opere nuove e originali, e con una forte vocazione internazionale, attraverso la prassi delle residenze d’artista. Dal 1992 il centro istituisce il Wexner Prize, da attribuire ogni anno a un artista. Il Wexner Center non è propriamente definibile un museo, ma i particolari caratteri dell’edificio che lo ospita sono degni di nota: il progetto di Eisenman sottolinea un’idea “decostruttiva” in grado di esprimere una serie di parametri di ordine formale di notevole autonomia concettuale, attraverso un vocabolario fortemente originale e con valenze autoreferenziali. Rifiutando l’impostazione di una singola e ordinata costruzione, questo progetto riesce a rimettere in discussione le tipiche e tradizionali categorie di interno ed esterno, nonché di frontalità e simmetria (a prima vista il museo assomiglia a un insieme di elementi). Di un altro importante esponente dei New York Five, Richard Meier, è necessario ricordare almeno 3 progetti museali che, nella loro successione cronologica, hanno ben dimostrato la possibilità di sviluppare in modo innovativo un’idea di spazio regolato e razionale in rapporto al problema dell’esposizione di opere d’arte: 1. High Museum of Art di Atlanta (Georgia): inaugurato nel 1983,i bianchissimo museo di Atlanta ha come caratteristica un monumentale atrio luminoso che trae ispirazione dalla cavea a spirale del Guggenheim, porponendosi come una sua variazione critica. Le gallerie si articolano in spazi intimi e di larga scala per venire incontro alle diverse necessità della collezione. Insomma, un museo che appare come la quintessenza della filosofia del white cube. 2. Museum Angewandte Kunst di Francoforte, inaugurato nel 1985 sulle rive del Reno, è una bianca ed elegante costruzione che ospita le vaste collezioni di arti applicate e design. Il principio generatore è stato il rapporto tra finestre e volumetria dell’antica villa tuttora centro del complesso, affidando poi a lunghi camminamenti, illuminati lateralmente dalla luce naturale, una funzione di raccordo e dialogo con l’ambiente circostante. Il tutto caratterizzato dal bianco dominante. 3. MACBA (Mudeu d’art contemporani de Barcelona) di Barcellona: il progetto del MACBA, situato nel cuore di Barcellona viene avviato nel 1987 ed è ultimato solo nel 1995. La bianca costruzione rettangolare presenta su di un lato una facciata costituita da un’ampia e spettacolare vetrata che da sulla piazza antistante e che diffonde una chiara illuminazione naturale all’interno. Anche in questo senso si può comprendere la ben nota affermazione di Meier “Il museo 55 • rotonda all’aperto al centro si riallaccia all’Alte Museum di Berlino • massicce colonne, ampi timpani,architravi si rifà ai monumenti romani • contrasto struttura in acciaio industriale verde,corrimano in acciaio rosa e blu e pavimentazione verde elettrico • è andiancete alla vecchia Staatsgalerie connesso tramite un ponte sorta di terrazzamento dell’ambiente e del paesaggio circostante = crea una passeggiata pubblica fra le due istituzioni Tate di Londra= • 1987 = Clore Gallery : • A opera di Stirling • Ospita la Tuner Collection = 300 dipinti e 20 000 tra acquarelli,disegni e schizzi • Facciata liscia • Entrata di taglio triangolare • Muri in mattone con scansioni quadrate • Interno: nove sale • Luce proveniente dagli alti lucernai • Pavimentazioni in legno chiaro Museum fur Moderne Kunst di Francoforte (MMK) • 1983 architetto Hollein vince concorso pubblico ma museo viene costruito nel 1987 • Inaugurato nel 1991 • Hollein 1) prende in considerazione il contesto urbano e le condizioni specifiche del sito prescelto : luogo fra residui dell’antico centro e trasformazioni successive = traffico urbano 2) prende in considerazione le recenti tendenze artistiche a un pubblico allargato collezioni d’arte devono essere valorizzate nel contesto del museo • Forma triangolare punta triangolo = accesso principale di fronte all’antico centro cittadino • Atrio centrale illuminato dall’alto • Serie di sale e piani = aspetto caratterizzante del percorso : rapporti che legano ogni sala alla successiva, il senso delle proporzioni variabili, l’abbondanza di sale, l’utilizzo delle scale e della luce = continua relazione fra arte e architettura • Incastro e sovrapposizione di volumi interni che raggiungono i 4 000 metri quadri • Collezione = pezzi anni 70 ad oggi • Primo direttore Ammann = raffinata raccolta di autori internazionali già noti e in fase di affermazione • Ammann offre agli artisti intere sale, con libertà e responsabilità di concepire la messa in scena dei loro lavori e delle loro installazioni • 2006 = importante fondo collezionistico = opere legate al postminimalismo e all’arte concettuale Catello di Rivoli= • Vicino Torino • Trasformazione di una delle regge dei Savoia in un museo di arte contemporanea • Architetto Andrea Bruno • Castello di origine medievale trasformato in residenza di corte fra il 1716 e il 1734 progetto barocco rimasto incompiuto •Danneggiato del tempo rinasce nel 1978 con il restauro per destinarlo all’arte contemporanea • Criteri di Bruno = inedito uso di materiali nuovi,essenziali,dosati e controllati idea di incompiutezza • Strutture dall’atrio e le rampe dello scalone finiscono nel vuoto conservate nella loro autenticità, attacchi di volte e archi mai costruiti = differenza fra le antiche e nuove strutture scelta materiali e tecniche attuali = ‘’installazioni architettoniche’’ che ridistribuiscono i percorsi, segnalano all’esterno la ristrutturazione e forniscono particolari servizi al museo • Scelte che sottolineano le censure temporali che separano la realtà attuale dal cantiere antico • Museo aperto nel 1948 • Primo direttore Fuchs grande esposizione di un collezione permanente invitando solo artisti viventi protagonisti delle tendenze internazionali (opere concepite per quelle stanze) dagli anni 60 in poi catalogo 56 pubblicato con la documentazione fotografica delle opere = importanza dialogo e confronto fra caratteristiche degli ambienti storici e degli interventi contemporanei Wexner Center for the Arts • Apertura 1989 • Progetto affidato nel 1983 a Eisenman con la collaborazione di Trott e Olin • Centro concepito come ‘’laboratorio di ricerca’’ per tutte le arti = opere nuove e originali,vocazione internazionale, arti visive,mediali e performative • 1992 istituisce il Wexner Prize da attribuire ogni anno ad un artista • Non è propriamente un museo caratteristiche dell’edificio sono degne di nota • Idea ‘’decostruttiva’’ parametri di ordine formale di autonomia concettuale, vocabolario originale • Rifiuto singola costruzione rimessa in discussione le tipiche e tradizionali categorie • Fabbricati appaiono come parti non connesse fra loro • A prima vista assomiglia a un insieme di elementi difficilmente leggibile come un tutto unitario : torri di mattoni incomplete e divise in due, parti minimaliste in alluminio e vetro, strutture modulari in acciaio dipinto di bianco simili a impalcature minimali Meier tra progetti museali che hanno la possibilità di sviluppare un’idea di spazio regolato e razionale in rapporto al problema dell’esposizione dell’opera d’arte = 1) High Museum of art di Atlanta 2) Museum Angewandte Kunst di Francoforte 3) MACBA di Barcellona 1. High Museum of art di Atlanta = • Bianchissimo museo • Atrio monumentale e luminoso • Sistema di rampe connette lo spazio centrale con quello per le opere d’arte • Separazione dispositivi di circolazione e ambienti espositivi = apertura di grandi finestre con vista sulla città • Gallerie = spazi intimi e di larga scala per le diverse necessità della collezione 2. Museum Angewandte Kunst di Francoforte = • Inaugurato nel 1985 • Bianca e elegante costruzione che ospita collezioni di arti applicate e design • Progetto parte dallo studio della Villa Metzler costruita nel 1804 e sede dal 1967 del Museum Fur Kunsthandwerk • Idea di contesto che include elementi geografici e riferimenti storici e tipologici = istituzione pubblica dei caratteri urbani • Rapporto tra finestre e volumetrie dell’antica villa centro del complesso illuminati lateralmente dalla luce naturale = dialogo con l’ambienti circostante, tra il giardino e la villa • Interno del museo = bianco domina, atmosfera da interno domestico percezione si attraversare una serie di sale via via più piccole man mano che si procede nel percorso della visita 3. MACBA di Barcellona = • Nel cuori di Barcellona • Avviato nel 1987 e ultimano nel 1995 • Bianca costruzione rettangolare da un lato facciata costituita da vetrata che dà sulla piazza antistante e che diffonde una chiara illuminazione naturale all’interno Tardi anni ottanta: Frank O. Gehry = scelte estetiche, costruttive e concettuali spunti di riflessione sul rinnovamento delle possibilità e dei metodi operativi dell’architettura 57 • Composizione architettonica con un approccio scultoreo affino al collage : dimensione ambientale si concretizza in oggetti che instaurano fra loro relazioni volumetriche, costruttive • Creazione organismo complessi che filtrano e reinterpretano spunti legati alle problematiche delle arti plastiche contemporanee • Utilizzo sofware informatici crea a partire dagli anni 90 architettura composita, da forma esuberanti, liberate da vincoli secolari con l’attenzione a materiali sempre diversi • Utilizzo materiali come cartone,lamiera ondulata e griglie industriali • Nuove possibilità offerte dai programmi informatici esempio per antonomasia del museo d’arte contemporanea: • Guggenheim Museum di Bilbao : • Rilancia l’immagine di un’intera città • Architettura con riferimenti al futurismo • Forme non sono più chiuse ma si protendono all’esterno attraverso la sovrapposizione e la fusione dei volumi del corpo architettonico • Area di progetto = punto nevralgico della città, una zona caotica e in dismissione che si configura come una nuova idea di paesaggio • Contenuti artistici passano al secondo piano = ‘’effetto Guggenheim di Bilbao ‘’ 8.8 Le nuove strategie di allestimenti e di dinamizzazione delle collezioni museali Superamento delle modalità espositive tradizionali collegato agli interventi di ampliamento e trasformazione spaziale dei musei esistenti 3 istituzioni importanti : 1) MOMA 2) Tate Modern 3) Centre Pompidou 1. Musem of Modern Art di NY= • Primo museo ad attuare il riallestimento delle proprie collezioni • Serie di esposizioni: risistemazione delle opere storiche con criteri diversi rispetto a quelli canonici • Triplice ciclo di mostre che si aprono nel 1999 e si susseguono fino al 2001 all’interno del progetto MOMA2000 : • Primo ciclo : ‘’morenstarts’’ = opere datate fra il 1880 e il 1920 = rapporto con lavori di epoche successive e organizzate attorno a tre temi : persone,luoghi,cose interrelazione per affinità e contrasti, semplice accostamento per affinità nuove prospettive riarticolano il processo di sviluppo della prima stagione dell’arte moderna in una modalità comunicativa concreta andare oltre le tradizionali ripartizioni fra dipertimenti curatori ali • Secondo ciclo : ‘’MarkingChoices’’= arte del 1920 al 1960 molteplici sezioni con un’alternanza fra aree tematizzate e piccoli omaggi monografici • Terzo ciclo : ‘’Open Ends’’ = arte dal 1960 al 2000 • Dopo i lavori di ampliamento riapertura nel 2004 nuove proposte di allestimento riguardano l’architettura e il design, il corpus dei disegni, le raccolte di pitture e scultura, la fotografia, le stampe e i multipli e il rinnovamento del giardino di sculture • Aumento di proposte espositive meno classicamente ‘’museali’’ e di forte richiamo 2. Tate Modern di Londra = • Processo di ampliamento e di diversificazione delle attività espositive • Attesa realizzazione di una nuova grande struttura annessa • Aperte nel 2012 grandi sale rotonde sotterranee dell’ex centrale elettrica che ospita il museo = le Tanks animate da un ciclo di eventi performativi programma sperimentale • Il museo possiede 300 installazioni di più o meno vaste dimensioni • Nuove direzioni geografiche sud america, estremo oriente, india e alcuni paesi africani = panorama che caratterizza l’attuale sviluppo globale dell’arte • Da qualche anno il museo a acquistato opere dell’importante gallerista d’Offay seguendo le specifiche disposizioni del gallerista è stato messo in piedi un network di 18 organizzazioni- partner
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