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mezzi di impugnazione luiso, Appunti di Diritto Processuale Civile

riassunto mezzi di impugnazione luiso

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 11/07/2017

riccardolisi92
riccardolisi92 🇮🇹

4.3

(33)

47 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica mezzi di impugnazione luiso e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Vediamo ora i singoli mezzi di impugnazione. A. APPELLO L’art. 359 c.p.c. stabilisce che “ove non diversamente stabilito, si applicano le regole relative al processo di primo grado”. Di regola sono appellabili: • tutte le sentenze di primo grado ex art. 339 c.p.c. • le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità con valore non superiore a 1100 € • ordinanze quando il giudice, sbagliando forma, pronuncia ordinanza anziché sentenza Vi sono però sentenze in unico grado che sono inappellabili: • Sentenze in tema di opposizione agli atti esecutivi ex art 618 c.p.c. (impugnabili in Cassazione) • Sentenze in materia di lavoro per controversie di valore non superiore a 25,82 € • Quando le parti concordano di omettere l’appello e adire direttamente la Corte di Cassazione • Quanto le parti hanno consensualmente incaricato il giudice di primo grado di dirimere la controversia secondo equità • Provvedimenti emessi in forma di sentenza anziché di ordinanza. L’appello è un mezzo di gravame (permette il riesame totale della controversia) e ha effetto devolutivo (il giudice d’appello viene reinvestito del potere di decidere su ciò che ha già deciso il giudice di primo grado), anche se solo parziale in quanto oggetto dell’appello e questione che il giudice d’appello deve affrontare sono determinate dalle parti. L’appello si propone all’ufficio giudiziario, nel cui ambito territoriale si trova l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha pronunciato la sentenza di primo grado: se la sentenza è del gdp l’appello si propone al tribunale nel cui ambito territoriale si trova l’ufficio del gdp; se la sentenza è emessa dal tribunale, l’appello si propone alla corte d’appello nel cui distretto si trova il tribunale. A tale regola troviamo però l’eccezione del foro erariale: ex art. 25 c.p.c. quando è in causa lo Stato, difeso dall’avvocatura dello Stato, tutte le controversie si concentrano presso il tribunale dove ha sede l’avvocatura di Stato. L’appello proposto a giudice incompetente non comporta inammissibilità, ma dichiarazione di incompetenza del giudice e possibilità di riassunzione del giudizio di appello dinanzi a giudice competente. L’atto di appello si propone con citazione con i termini di comparazione previsti da art. 163 bis c.p.c. (90 gg se luogo di notificazione in Italia, 150 gg se all’estero). L’atto difensivo è la comparsa di risposta come nel giudizio di primo grado. Ex art. 342 c.p.c. la citazione deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti (informazioni sul processo di primo grado) e motivi dell’impugnazione, che possono essere distinti in due settori: • Ragioni dell’impugnazione: argomenti che valgono a convincere il giudice d’appello della fondatezza dell’impugnazione. Non devono necessariamente essere contenuti nell’atto d’appello, ma possono essere esposti al giudice in un momento successivo, precisamente nella comparsa conclusionale di appello, luogo in cui si espongono le ragioni di fatto e di diritto, in virtù delle quali ciascuna parte ritiene che il giudice debba darle ragione. • Individuazione di ciò che viene devoluto in appello: oggetto dell’appello e questioni che l’appellante propone, quindi dipendenti dalla volontà dell’appellante. E’ molto importante in quanto individua ciò di cui il giudice d’appello viene investito. Con l’atto d’appello l’appellante deve riproporre al giudice tutte le questioni affrontate e decise in modo a lui sfavorevole in primo grado. Simmetrica è la posizione dell’appellato, il quale deve investire il giudice di tutte le questioni su cui ha avuto torto, e quelle proposte dall’appellante che il giudice non ha esaminato. Art. 346 c.p.c. prevede che “le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate”. Anche le istanze istruttorie alcune volte devono essere riproposte. Se la richiesta di ammissione dei mezzi di prova è rigettata dal g.i. sia in sede decisoria sia in sentenza, l’istanza deve essere riproposta al giudice d’appello, o con l’atto d’appello o con la comparsa di risposta. Per quanto riguarda le questioni rilevabili d’ufficio, quando il giudice le abbia decise non sono più rilevabili d’ufficio, e se non sono riproposte al giudice d’appello su di esse si forma il giudicato. Le domande rigettate non possono essere riproposte ex art. 346 ma devono essere oggetto di appello incidentale => la dicitura dell’art. 346 con riferimento alle domande non accolte deve essere limitata alle domande assorbite. Precedentemente l’art. 346 non si applicava al contumace in appello, in quanto non compiendo alcuna attività, non vi era alcun comportamento da cui si potesse ricavare la volontà di rinunciare a domande o eccezioni non accolte. Oggi invece si applica anche al contumace. L’appello incidentale riguarda le domande esaminate e rigettate, quindi in linea generale per avere appello incidentale devono essere state proposte più domande, su cui il giudice ha deciso in maniera favorevole all’attore per alcune e in maniera favorevole al convenuto per altre. Quando uno dei due soggetti prende l’iniziativa di impugnare l’altro può a sua volta prendere l’iniziativa di impugnare in via incidentale => come regola generale con l’appello incidentale si fa valere la soccombenza su un soggetto diverso da quello dell’appello principale. Quindi: • Non vi è bisogno di appello incidentale per le questioni pregiudiziali di rito in quando non sono oggetto di domanda • Non vi è bisogno di appello incidentale per le questioni pregiudiziali di merito, se ed in quanto esse siano rimaste effettivamente tali e non si siano sviluppate in domande. Vi è però una eccezione a tale regola generale: secondo la giurisprudenza è necessaria l’impugnazione incidentale e non la semplice riproposizione per le sentenze non definitive. L’appello incidentale va proposto con la comparsa di risposta, che deve essere depositata in cancelleria del giudice d’appello almeno 20 gg prima dell’udienza di comparizione. L’appello incidentale può essere: • Tempestivo: quando nel momento in cui l’appellato deposita la comparsa di risposta, sono ancora aperti i termini per proporre appello principale • Tardivo: quando nel momento in cui l’appellato deposita la comparsa di risposta, egli non ha più il potere di impugnare per via principale perché ha fatto acquiescenza o perché sono decorsi i termini per appellare • Inammissibile: quando il convenuto deposita la comparsa di risposta meno di 20 gg prima dell’udienza di comparizione. La proposizione dell’appello incidentale mediante il deposito della comparsa, nel quale esso è inserito, è ovviamente sufficiente quando la parte o le parti, nei cui confronti esso è proposto sono costituite. Se esse sono contumaci, la comparsa va notificata alle stesse, costituendo l’appello incidentale l’equivalente funzionale della domanda riconvenzionale in primo grado. Nei confronti di chi è parte, oltre alla notifica della comparsa contenente l’appello incidentale, occorrerà unirvi anche una qualche vocatio in ius, con la quale lo si avverte della pendenza del processo, gli si indica la data dell’udienza e lo si invita a costituirsi. Laddove ritenga di non dover assumere prove, il giudice deve esaminare varie questioni nel seguente ordine: • Questioni relative alla decidibilità dell’impugnazione, ovvero del rito: corretta proposizione dell’appello, sussistenza di tutti i requisiti (inammissibilità, improcedibilità, estinzione) • Questioni di rito ancora rilevabili d’ufficio, non rilevate in primo grado, e quelle non rilevabili d’ufficio, che siano state tempestivamente rilevate e riproposte con gli atti introduttivi dell’appello. Inoltre questioni di nullità formali. • Questioni di rito rilevabili d’ufficio, decise in primo grado e riproposte dalle parti • Merito della controversia: il giudice d’appello ha tutti i poteri del giudice di primo grado, e opera una nuova valutazione di tutto il materiale istruttorio raccolto La sentenza del giudice d’appello è sostitutiva a tutti gli effetti di quella di primo grado, anche se la conferma in tutto e per tutto. ✓ Tipologia delle sentenze d’appello: • Sentenza non definitiva con contestuale rimessione in istruttoria per l’assunzione di mezzi di prova. Non è immediatamente impugnabile, ma potrà essere impugnata in Cassazione, senza necessità di riserva, quando sarà emessa la sentenza definitiva. • Sentenza che conferma sentenza non definitiva di primo grado: è definitiva del processo d’appello, ma, riguardo alla controversia, è identica alla sentenza non definitiva che era stata emessa in primo grado • Sentenza che riforma sentenza non definitiva di primo grado: è definitiva per processo d’appello, ma è definitiva anche per la controversia => effetto espansivo esterno. ✓ L’appello può essere finalizzato anche a rimediare l’eventuale invalidità della sentenza impugnata => • Non è rilevante la decisione del giudice, ma solo se vi sia o meno un illecito processuale • I limiti posti dall’art. 345 c.p.c. su domande ed eccezioni nuove, non trovano applicazione, in quanto si riferiscono ad un giudizio di gravame, mentre rispetto alla questione di rito il processo d’appello è un giudizio di primo grado. Il processo d’appello serve da mezzo di controllo e di recupero dei vizi sanabili verificatasi in primo grado. Verificata la nullità della sentenza di primo grado, il giudice d’appello: • Se il vizio che ha prodotto nullità si è verificato in fase decisoria, pronuncia nuova sentenza sostitutiva di quella viziata • Nelle ipotesi previste dagli art. 353-354 c.p.c. annulla la sentenza di primo grado con rinvio al giudice che l’ha emessa. Sono sei ipotesi: ■ Il giudice di primo grado ha dichiarato la carenza di giurisdizione, mentre il giudice d’appello ritiene che la giurisdizione sussiste ■ Il giudice d’appello rileva la nullità della notificazione della citazione introduttiva di primo grado ■ Il giudice d’appello rileva la non integrazione del contraddittorio in presenza di litisconsorzio necessario ■ Il giudice d’appello dichiara erronea l’estromissione di una parte ■ Il giudice d’appello dichiara l’inesistenza della sentenza di primo grado ■ Il giudice d’appello dichiara che l’estinzione, pronunciata dal giudice di primo grado, in realtà non si è verificata. B. RICORSO PER CASSAZIONE La Corte di Cassazione è attualmente un ufficio giudiziario unico: è l’organo unificante di tutte le varie strutture giurisdizionali, esclusa la giurisdizione sulla costituzionalità delle leggi che appartiene alla Corte Costituzionale, e la giurisdizione comunitaria che appartiene alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Funzioni: • risolvere i conflitti tra i vari giudici speciali; • nomofilachia, ovvero funzione di unificare e coordinare l’interpretazione ed applicazione delle norme, al fine di garantire un’omogenea evoluzione della giurisprudenza. Provvedimenti impugnabili in Cassazione: • sentenze emesse in grado d’appello o in unico grado (art. 360 c.p.c) • sentenze appellabili dal tribunale quando le parti siano d’accordo per omettere l’appello (art. 360 c.p.c.) => ricorso per saltum, possibile solo per violazione o falsa applicazione di norme di diritto • sentenze e provvedimenti che incidono su diritti soggettivi e siano idonei al giudicato, emesse da giudici ordinari o speciali in grado d’appello o in unico grado che sono denunziabili per violazione di legge • ricorso contro le decisioni dei giudici speciali (art. 362 c.p.c.) • conflitti di giurisdizione (art. 362 c.p.c.) • conflitti di attribuzione tra PA e giudici ordinari o speciali (art. 132 Cost.) Motivi di ricorso in Cassazione, tassativamente elencati dall’art. 360 c.p.c.: 1. motivi attinenti alla giurisdizione 2. per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza (ovvero quando il provvedimento non sia impugnabile con regolamento di competenza necessario) 3. per violazione o falsa applicazione delle norme di diritto (norme sostanziali, ma anche norme processuali quando oggetto della controversia sono regole di condotta processuali di un altro processo). Intendiamo per: • violazione, quell’errore in cui incorre l’interprete quando individua o dà un certo significato ad una disposizione normativa, cioè è un errore nell’individuazione o nell’interpretazione • falsa applicazione, quell’errore in cui incorre l’interprete allorchè, individuata esattamente la portata precettiva della norma, la applica ad una fattispecie che non è quella dalla norma descritta • norme di diritto: • fonti dell’ordinamento statale di cui è organo giurisdizionale la Corte di Cassazione (norme costituzionali, norme primarie quindi decreti leggi e decreti legislativi, leggi regionali, regolamenti fonti di diritto, consuetudine, gli usi) • la riforma del 2006 ha esteso il ricorso di Cassazione per tali motivi anche ai contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro • norme comunitarie • diritto straniero 4. per nullità della sentenza o del procedimento, ovvero tutti i motivi di nullità dell’attività processuale anteriore alla sentenza rispetto ai quali non sia intervenuta sanatoria, ed i motivi di nullità propria della sentenza. Non c’è omogeneità tra l’intervento laddove sia in gioco l’ingiustizia della sentenza e l’invalidità della stessa, e ciò è evidente in due direzioni: 1. distinguiamo tra: Una volta depositato nella cancelleria della Corte il ricorso notificato, il processo di cassazione arriva al suo termine senza bisogno di atti di impulso processuale. (=> non si ha estinzione per inattività delle parti, in quanto non vi è attività). Chi si vede notificato il ricorso (entro 60 gg dalla notifica della sentenza, o entro 6 mesi dalla pubblicazione) può presentare “controricorso” ex art. 370 c.p.c., che deve essere sottoscritto da avvocato cassazioni sta munito di mandato speciale: esso viene notificato alla controparte e poi depositato nella cancelleria della Cassazione. Deve esservi contenuta l’eventuale impugnazione incidentale: la parte che presenta controricorso, se vuole impugnare a sua volta la sentenza, per motivi naturalmente diversi da quelli indicati dal ricorrente, può proporre ricorso incidentale, col medesimo atto contenente il controricorso. Particolare tipo di concorso incidentale è quello condizionato dall’accoglimento del ricorso principale: tale ricorso è presentato dalla parte vittoriosa che abbia interesse a sottoporre alla Corte questioni pregiudiziali o preliminari sfavorevolmente risole nelle fasi di merito, e poiché tale ricorso è proposto dal non soccombente, esso è esaminato solo se accolto il ricorso principale. Con il ricorso, oggetto della cognizione e della decisione della Corte diventa la presenza del vizio denunciato, salvo le questioni rilevabili d’ufficio che non siano state oggetto di decisione nelle fasi precedenti del processo => • le questioni assorbite non sono mai deducibili in Cassazione, in quanto per definizione una questione assorbita è una questione non decisa, tranne nel caso in cui vi sia stato un errore nell’assorbimento • la riproposizione delle questioni, senza bisogno dell’impugnazione incidentale, è possibile soltanto dove vi sia il potere d’ufficio della Corte. Quindi la riproposizione è possibile quando la parte resistente espone le proprie ragioni relativamente a questioni di cui la Corte si deve occupare in virtù del ricorso principale o d’ufficio, o anche quando l’accertamento del vizio lamentato non comporta automaticamente la cassazione della pronuncia, ma investe la Corte dell’ulteriore potere di ricercare d’ufficio la corretta applicazione della norma, che è stata male applicata nella senza impugnata. Ogni questione decisa dal giudice, diversa da quelle di cui la corte si deve occupare in virtù del ricorso principale, deve essere fatta valere con l’impugnazione incidentale: ciascuna parte deve proporre ricorso per tutte le questioni che la sentenza impugnata ha risolto in modo a lei sfavorevole. Vediamo ora le possibili novità di fronte alla Corte di Cassazione. Dobbiamo distinguere tra: • profili di merito: in sede di Cassazione non è mai possibile l’allegazione di ulteriori fatti rilevanti ai fini della decisione di merito. Sia i fatti storici che servono per la decisione di merito, sia i fatti sopravvenuti, possono essere allegati, come ultimo momento utile, all’udienza di precisazione delle conclusioni: abbiamo quindi una divaricazione tra la realtà legale e la realtà effettiva, in quanto il referente temporale di efficacia della sentenza della cassazione, per quanto riguarda i fatti, è fissato dall’udienza di precisazione delle conclusioni del processo, da cui è scaturita la sentenza impugnata in Cassazione: tutto quello che viene dopo non è spendibile in cassazione. Invece, laddove la Cassazione accoglie il ricorso con rinvio per la fase rescissoria, allora quei fatti, sopravvenuti alla precisazione delle conclusioni d’appello, devono essere dedotti in sede di rinvio, perché, quando il giudice di rinvio emette la pronuncia di merito, il referente temporale rilevante diviene l’udienza di precisazione delle conclusioni di fronte a lui. Diverso è il discorso delle norme di diritto: le nuove norme di diritto che intervengono durante lo svolgimento del processo di Cassazione, devono essere poste dalla Cassazione a fondamento della sua decisione. Il referente temporale è la pubblicazione della sentenza • profili di rito: possono essere introdotte le stesse novità che possono essere introdotte in appello, in quando in Cassazione, come in appello, può essere sollevata per la prima volta una questione di rito rilevabile in ogni stato e grado del processo, che non sia stata rilevata o decisa nelle precedenti fasi. Tuttavia la questione può essere ritenuta fondata, solo se i fatti che ne costituiscono la fattispecie sono già acquisiti al processo, in quando non è possibile in assoluto svolgere attività istruttoria relativa a prove costituende e precostituite (tranne i casi limitati previsti dall’art. 372: comunicazione degli atti al PM, assegnazione della causa, in caso di udienza di discussione). Un altro gruppo di questioni di rito rilevanti sono quelle relative alla corretta instaurazione del processo di Cassazione: la Cassazione dovrà quindi chiedersi se il ricorso è ammissibile, se è procedibile, se non vi è stata rinuncia. L’art. 372 pone un limite normativo alla produzione di documenti nuovi: non è ammissibile in Cassazione la produzione di documenti, tranne quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso. Ecco spiegata la differenza tra questioni di merito e di rito: mentre in relazione alle questioni di merito non si può neppure allegare il fatto rilevante, per la questione di rito ciò è possibile, ma solo se i fatti su cui si fonda sono già acquisiti agli atti della causa, e solo per le due questioni previste dall’art. 372 (nullità della sentenza impugnata, ammissibilità del ricorso e controricorso). Vi è un’eccezione: la Corte di Cassazione ammette la produzione di alcuni documenti nuovi, che non sono rilevanti per il rito, ma hanno un’incidenza sul merito. Si tratta dei documenti da cui si ricava la cessazione della materia del contendere, che si ha quando, dopo la precisazione delle conclusioni della fase in cui è stata emessa la sentenza impugnata, siano avvenuti dei fatti che abbiano superato la sentenza stessa, in quanto forniscono essi stessi, alla situazione controversa, una disciplina completa autonoma e prevalente rispetto alla sentenza impugnata (il fenomeno riguarda soprattutto transazioni, accordi, atti negoziali in genere che le parti abbiano posto in essere dopo la precisazione delle conclusioni della precedente fase e con cui si sia disciplinata la situazione controversa. Esaminiamo ora il processo di Cassazione. Una volta avvenuto il deposito del ricorso, anche se le parti rimangono inattive, la Cassazione giunge ugualmente alla sentenza. Quindi non è possibile un’estinzione per inattività, ma è possibile quella per rinuncia agli atti, disciplinata dagli artt. 390-391 c.p.c.: la rinuncia deve essere accettata dalla controparte se questa ha impugnato in via incidentale, anche tardivamente, altrimenti basta la rinuncia del ricorrente; accertata l’esistenza della rinuncia e l’eventuale accettazione delle parti, la Corte pronuncia con ordinanza e sentenza; se deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, allora dichiara l’estinzione con la sentenza che decide degli altri ricorsi, se invece vi è rinuncia totale all’unico o a tutti i ricorsi, pronuncia ordinanza; il processo di cassazione si estingue e passa in giudicato formale la sentenza impugnata. Al processo di Cassazione non si applicano gli istituti della sospensione e dell’interruzione. La Corte di Cassazione decide secondo tre schemi diversi: ✓ schema semplificato (art. 375 c.p.c.) si ha quando: • decide un regolamento di competenza o giurisdizione • dichiara l’inammissibilità del ricorso • ordina l’integrazione del contraddittorio o dispone la notificazione dell’impugnazione nelle cause scindibili • dichiara l’estinzione del processo, salvo che si tratti di rinuncia (in questo caso provvede il presidente con decreto ✓ schema ordinario è seguito per la pronuncia a sezioni semplici. Il procedimento inizia con l’avviso agli avvocati delle parti della fissazione dell’udienza, i quali possono depositare memorie entro i 5 gg antecedenti. Il giorno della discussione, il relatore della causa espone lo svolgimento del processo, il contenuto della sentenza impugnata ed i motivi di ricorso; successivamente gli avvocati del ricorrente e del resistente espongono le loro ragioni; si hanno poi le conclusioni del PM, che dà il suo parere obbiettivo sulle questioni sollevate. ✓ schema complesso è seguito per la pronuncia a Sezioni Unite. Il procedimento si differenza dallo schema ordinario solo per questo: la decisione non è presa da 4 consiglieri di Cassazione più un presidente, ma da otto consiglieri più un presidente. La pronuncia a Sezioni Unite si ha in tre ipotesi: • quando si decidono questioni di giurisdizione comunque pervenute alla Corte (in via di regolamento preventivo, in via di ricorso ordinario, in via di conflitto). Se una questione di giurisdizione è già stata oggetto di pronuncia delle Sez. Un., i successivi ricorsi possono essere assegnati alle sezioni semplici, tranne che si tratti di ricorsi contro sentenze del Consiglio di Stato o della Corte dei Conti, per cui si ha sempre pronuncia in Sezioni Unite • quando si tratta di decidere ricorsi che pongono questioni che sono state decise in modo difforme dalle sezioni semplici, oppure quando si tratta di una questione di diritto di massima importanza (es. interpretazione legge) • ipotesi in cui su una questione di diritto si sia già avuta una decisione delle Sezioni Unite (introdotta da Riforma 2006) Le sentenze soggette a ricorso in cassazione, come tutte le sentenze di condanne, sono esecutive, ma è possibile ottenere la sospensione dell’esecutività delle sentenze impugnate in Cassazione ex art. 373 c.p.c., che stabilisce i presupposti per avere sospensione: • avvenuta proposizione del ricorso per Cassazione • dall’esecuzione possa derivare grave ed irreparabile danno, per cui il danno è: • grave, quando il beneficio di chi ottiene l’esecuzione è sproporzionato rispetto al pregiudizio di chi subisce l’esecuzione o adempie • irreparabile, quando l’esecuzione della sentenza conduce a distruzione fisica o giuridica del bene, ed in generale quando si ha sproporzione tra il vantaggio che avrebbe la parte vittoriosa con l’esecuzione forzata ed il pregiudizio che avrebbe la parte soccombente. La sospensione deve essere richiesta al giudice che ha emesso la sentenza impugnata. L’ordine di esame delle questioni è uguale a quello dell’appello: la Corte per prima cosa valuta la decidibilità nel merito del ricorso, e quindi esamina ammissibilità e procedibilità; successivamente, se l’impugnazione è ritenuta decidibile nel merito, la Corte deve affrontare i profili relativi ai presupposti processuali generali dell’intero processo; infine esamina le questioni di merito proposte con il ricorso principale o incidentale. Ove la Corte ritenga di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, deve attivare il contraddittorio con le parti e il PM, pronunciando un’ordinanza con cui segnala loro la questione, ed assegna un termine per il deposito in cancelleria di osservazioni scritte sulla medesima questione. I provvedimenti che la Corte può emanare sono: ✓ ordinanze, nelle ipotesi dell’art. 375 c.p.c., pronunciate in camera di consiglio: • inammissibilità del ricorso principale e incidentale sede di rinvio i vizi processuali antecedenti alla pronuncia della Corte di Cassazione; dall’altro, ove la Corte colga un vizio del processo che impedisce la pronuncia di merito, cassa senza rinvio => il giudizio di rinvio è destinato quasi certamente a chiudersi con l’emanazione di una pronuncia di merito. Si ha un’unica eccezione: quando la Corte abbia disposto l’assunzione di prove sulla fattispecie di un presupposto processuale, secondo l’esito dell’istruttoria, il processo può chiudersi in rito per difetto di un presupposto processuale generale. Data l’originaria posizione della Corte, si riteneva che il giudizio di rinvio fosse un nuovo processo d’appello, oggi invece il giudizio di rinvio è strutturato come una fase rescissoria in senso proprio (fase in cui si fa quel tanto che è necessario per giungere ad una pronuncia di merito), quindi come una prosecuzione del processo di Cassazione. L’art 394 c.p.c. dispone che “le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che la necessità delle nuove conclusioni sorga dalla sentenza di cassazione”: nel giudizio di rinvio non sono quindi ammesse nuove allegazioni di fatti e nuove richieste istruttorie; non si ripercorre in toto la fase processuale che ha portato all’emanazione della sentenza cassata, ma si rifà il processo dal punto in cui è caduta la censura della Cassazione, e vengono quindi sostituite l’attività viziata e quelle successive. Vediamo, sulla base delle ragioni dell’annullamento, qual è la parte di processo che viene rifatta in sede di rinvio: ✓ se la Cassazione ha annullato per motivi attinenti alla giurisdizione o alla competenza, il vizio del processo sussiste fin dall’atto introduttivo del processo di primo grado, e quindi tutto il processo è viziato e andrà rifatto dagli atti introduttivi di primo grado ✓ se la Cassazione è avvenuta per art. 360 n.4 c.p.c. (nullità della sentenza o del procedimento), vuol dire che la Cassazione ha colto, nell’iter processuale, un vizio che può collocarsi o nella fase introduttiva di primo grado (es. mancata integrazione del contraddittorio) o in un atto successivo o nella sentenza. Sappiamo che quando abbiamo un vizio di nullità di un atto, gli atti successivi sono anch’essi nulli, quelli anteriori no. A questo punto bisogna vedere dove si colloca il vizio del processo: • se si colloca nell’atto introduttivo del processo di primo grado, occorre rifare tutto il processo, e quindi avremo una cassazione con rinvio al giudice di primo grado • se il vizio è nell’atto introduttivo d’appello, va rinnovato il processo d’appello, dall’atto introduttivo in poi • se il vizio è nato nel procedimento di formazione dell’atto-sentenza, occorre rinnovare la sentenza come atto: il giudizio di rinvio passa immediatamente alla fase decisoria e il giudice di rinvio emette una nuova decisione immune dal vizio proprio della sentenza cassata ✓ se la cassazione è avvenuta per vizio di motivazione (art. 360 n.5 c.p.c.) vuol dire che la Corte ha colto un errore nella ricostruzione dei fatti storici. ✓ Se la cassazione è avvenuta per l’art. 360 n.3 c.p.c. (violazione o falsa applicazione delle norme di diritto) il vizio si colloca nella fase della decisione di interpretazione ed applicazione delle norme sostanziali ai fatti storici ricostruiti, e nella fase di individuazione degli effetti giuridici che promanano dall’applicazione delle norme alla fattispecie. Poiché in sede di rinvio si rinnova il processo dall’atto viziato in poi, le parti hanno in sede di rinvio tutti i poteri che hanno normalmente in un processo che si trovi nello stadio in cui si è verificato il vizio: ✓ se cassazione avviene per motivi di giurisdizione e competenza le parti possono compiere ogni attività ✓ se cassazione avviene per nullità del procedimento le parti possono compiere ogni attività; se la nullità si verifica nell’atto introduttivo d’appello, le parti hanno i poteri della fase introduttiva dell’appello; se nullità si è verificata per la mancata assunzione di una prova in appello, le parti hanno i poteri propri della fase istruttoria d’appello; se è viziato l’atto-sentenza in quanto tale, le parti non possono introdotte novità di domande, allegazione ed attività istruttoria in sede di rinvio ✓ se la cassazione avviene per errore di motivazione il giudice di rinvio deve rimotivare in fatto senza cadere nell’errore individuato dalla Corte, oppure può giungere alla stessa ricostruzione dei fatti a cui era giunto il giudice della sentenza cassata, ma con una motivazione diversa esente da vizi. Le parti non possono allegare nuovi fatti e chiedere nuove prove, perché il vizio si è verificato nella fase di deliberazione della sentenza ✓ se la cassazione avviene per violazione o falsa applicazione ex art. 360 n.3 c.p.c., il giudice di rinvio è vincolato all’esatta applicazione ed interpretazione delle norme e le parti non possono allegare nuovi fatti e chiedere nuove prove perché il vizio si è verificato in fase di deliberazione della sentenza Alla regola per cui ci si deve ricollocare nel punto in cui si è verificato il vizio colto dalla Cassazione, stabilendo i poteri delle parti, ci sono 4 eccezioni: • art. 394 III comma c.p.c.: nel giudizio di rinvio può deferirsi il giuramento decisorio. Quindi la ricostruzione dei fatti storici deve essere compiuta ex novo sulla base delle risultanze del giuramento decisorio. Se, in virtù del giuramento decisorio, i fatti non sono più quelli di prima, allora le norme da applicare non saranno più quelle individuate dalla Cassazione, ma dovranno essere individuate ex novo, sulla base della diversa questio facti • le nuove conclusioni, allegazioni, o richieste istruttorie possono discendere dalla diversa impostazione in diritto della controversia, che dà la Corte di Cassazione, e che rende rilevanti fatti diversi da quelli precedentemente allegati: è quindi possibile allegare e provare tali fatti in sede di rinvio. • Può darsi che tra il momento in cui si preclude l’acquisizione in giudizio di novità in tema di fatti e norme applicabili, ed il momento in cui il giudice di rinvio pronuncia, si siano verificati fatti nuovi, o si siano avute modifiche del legislatore: quindi in sede di rinvio possono essere allegati tutti i fatti sopravvenuti all’udienza di precisazione delle conclusioni della fase in cui è stata emessa la sentenza cassata, e devono essere applicata le norme sopravvenute alla pubblicazione della sentenza della Corte, senza che quest’ultima costituisca un ostacolo alla discussione di tale novità. • Le questioni assorbite non sono deducibili in Cassazione, perché su di esse non si è pronunciato il giudice della sentenza impugnata: possono essere riproposte in sede di rinvio tutte le questioni assorbite dal giudice d’appello, ivi comprese le relative istanze istruttorie. Vediamo i profili processuali del rinvio. Ex art. 392 c.p.c., la causa si riassume nel termine perentorio di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza di cassazione o dalla sua notificazione. In sede di rinvio vi è litisconsorzio necessario processuale tra tutte le parti del processo di Cassazione: chi è stato parte del processo di Cassazione è necessariamente parte anche del processo di rinvio, in quanto questo è prosecuzione del primo. Se la riassunzione non avviene entro il termine previsto, o si avvera successivamente ad essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, l’intero processo si estingue. Ex art. 393 c.p.c. la sentenza della Cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda: quindi il principio di diritto che la Corte ha enucleato sopravvive anche all’estinzione del processo di rinvio. Nel nuovo processo, il principio di diritto ha un’efficacia preclusiva peculiare: • è soggetto a venire meno in virtù di sopravvenienze in diritto • ciò che rende vincolante il principio di diritto in sede di diritto è l’intangibilità dell’accertamento dei fatti storici, così come effettuato dalla sentenza cassata. Ex art. 398 c.p.c. la cassazione della sentenza, che costituisce titolo dell’attribuzione patrimoniale, fa nascere nella parte, prima soccombente poi vittoriosa, la possibilità di ottenere la restituzione di quello che è stato dato in adempimento a quanto prescritto dalla sentenza cassata. Il giudice del rinvio deve disporre la restituzione a prescindere dall’esito del giudizio di rinvio: quando la domanda di restituzione è matura per la decisione, deve pronunciare su di essa. C. REVOCAZIONE E’ un mezzo di impugnazione proponibile per i motivi indicati dall’art. 395 c.p.c.: 1) “se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra”. Per dolo generalmente si intende il raggiro idoneo a paralizzare la difesa della controparte. Per aversi dolo revocatorio occorre un qualcosa in più rispetto alla normale attività processuale (es. collusione con il legale di controparte) 2) “se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza”. E’ esclusa la prestazione di falso giuramento. E’ ammissibile la concorrenza anche quando è falsa la consulenza. La prova deve essere riconosciuta o dichiarata falsa: il riconoscimento deve provenire non da chi ha formato o richiesto la prova, ma dalla parte vittoriosa. La dichiarazione di falsità avviene con sentenza passata in giudicato e soggettivamente opponibile alla parte contro cui si chiede la revocazione, e preesistente alla domanda di revocazione 3) “se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario”. Per documento decisivo si intende documento su fatti decisivi tali che, se presi in considerazione dal giudice, questi avrebbe deciso diversamente la controversia. La parte non può utilizzare la revocazione quando, essendo a conoscenza dell’esistenza del documento, non ne ha chiesto l’esibizione, ovvero quando, avendola ottenuta, la controparte l’ha rifiutata. La revocazione non è mai possibile quando il documento si trovava presso un depositario pubblico, perché chiunque poteva farsene rilasciare una copia. I documenti devono preesistenti, e devono avere ad oggetto fatti già allegati nella precedente fase processuale: i fatti sopravvenuti danno luogo non a revocazione, ma a riproposizione della domanda 4) “se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è D. OPPOSIZIONE DI TERZO E’ il mezzo di impugnazione utilizzato dai terzi, quindi non parti del processo. E’ disciplinato dall’art. 404, che distingue tra opposizione ordinaria (primo comma) e revocatoria (secondo comma). ▲ Opposizione Ordinaria è strumento a difesa dei soggetti non vincolati dal giudicato altrui. La nozione di parte rilevante per l’opposizione di terzo è quella di parte processuale => sono terzi coloro cui sono imputati gli effetti degli atti compiuti, e tra questi gli effetti delle sentenze di rito, ivi compresa la condanna alle spese. Il terzo per far valere l’opposizione non può limitarsi ad eccepire la nullità della pregressa fase processuale, né far valere un interesse non protetto giuridicamente, ma deve far valere un proprio diritto che deve sussistere nei confronti di ambedue le parti originarie. Uno dei requisiti richiesti è che la sentenza non abbia effetti vincolanti, diretti o riflessi, nei confronti dell’opponente: il diritto del terzo deve quindi essere autonomo, ma che sia anche incompatibile con quello riconosciuto nella pronuncia che si oppone (diritti incompatibili = quando ciascuno di essi nega potenzialmente l’esistenza o il contenuto dell’altro). L’opposizione di terzo si fonda sull’incompatibilità giuridica delle situazioni sostanziali, e non sull’impossibilità pratica di soddisfare i due diritti in conflitto. Per quanto riguarda il pregiudizio che il terzo deve subire dalla sentenza per potervisi opporre, è quello riguardante al cd danno da esecuzione, intendendosi per tale non l’esecuzione forzata in senso stretto, ma l’attuazione inter partes della situazione sostanziale accertata nella sentenza, quindi l’esecutività estrinseca all’accertamento. Il pregiudizio presuppone una pronuncia, anche non formalmente di condanna, che riconosca dovuto da parte del soccombente un certo comportamento, e una incompatibilità tra il comportamento imposto dalla pronuncia e quello che il soccombente ed eventualmente il terzo devono tenere nei confronti dell’opponente. L’opposizione di terzo ha la finalità di impedire tale pregiudizio, eliminando il provvedimento e sostituendolo con altro che accerti la prevalenza del diritto di terzo. A ciò consegue che, ove l’obbligato abbia tenuto per intero il comportamento impostogli, il pregiudizio ormai si è attuato e l’opposizione non ha più senso: al terzo resterà eventualmente la possibilità di agire in via ordinaria nei confronti della parte vittoriosa o in risarcimento dei danni. L’opposizione di terzo è facoltativa: il terzo può raggiungere lo stesso risultato anche con altri mezzi di impugnazione, in particolare con un’autonoma domanda in via ordinaria. Parte della dottrina ritiene che l’opposizione di terzo sia utilizzabile dai litisconsorti necessari pretermessi, ovvero quei soggetti che erano parti necessarie nella precedente fase processuale e non sono stati chiamati a parteciparvi. Un altro soggetto che è legittimato all’opposizione di terzo, è il falsamente rappresentato. Per quanto riguarda gli effetti di accoglimento dell’opposizione di terzo, ove l’opposizione sia proposta dal litisconsorte necessario pretermesso che abbia avanzato una domanda di merito, il giudice riscontrato il vizio del contraddittorio, deve solo annullare la sentenza impugnata, e se è sentenza d’appello, rimettere al giudice di primo grado; se invece l’opposizione è proposta ad un giudice di primo grado, questi può o previamente annullare la decisione e successivamente emettere sentenza sostitutiva, oppure con unica decisione annullare ed emettere pronuncia sostitutiva. Se invece l’opposizione è proposta dal titolare del diritto autonomo, incompatibile e prevalente, la sentenza travolta dall’opposizione mantiene effetti tra le parti originarie non con riferimento al diritto fatto valere dall’attore, ma con riferimento a diritti da esso dipendenti. Nell’ipotesi in cui il giudice ritenga fondata l’opposizione del terzo titolare di un diritto autonomo incompatibile e prevalente, la decisione di merito è emessa dallo stesso giudice dell’opposizione, anche in grado d’appello, senza rimessione al giudice di primo grado. La pronuncia ha effetti sostitutivi. ▲ Opposizione di terzo Revocatoria è strumento a difesa dei terzi cui è opponibile il giudicato altrui. E’ quindi lo strumento necessario per chi vuole sottrarsi all’efficacia della sentenza altrui, allegando la sussistenza del dolo o della collusione. Non tutti i terzi vincolati al provvedimento altrui sono legittimati a proporre opposizione: devono escludersi coloro che hanno a loro disposizione i mezzi di impugnazione propri delle parti. L’accoglimento dell’opposizione di terzo revocatoria è subordinata alla prova, da fornirsi dall’opponente, che la sentenza impugnata è affetta da dolo o collusione ai suoi danni: • Collusione è la condotta processuale, concordata tra le parti, al fine di far emettere dal giudice un provvedimento che faccia apparire una realtà sostanziale che invece le parti in accordo ritengono non esistente tra loro (opposizione = azione di simulazione per atti di diritto sostanziale) • Dolo è la condotta processuale, che può essere anche solo del soccombente, con la quale si vuole effettivamente l’alterazione fraudolenta, con il mezzo processuale, della realtà sostanziale a danno del terzo (opposizione = azione revocatoria per atti di diritto sostanziale) Una volta dimostrati dolo e collusione e loro incidenza sul contenuto della sentenza l’opponente non deve dimostrare altro: la dimostrazione dell’ingiustizia della sentenza spetta a chi ne ha interesse secondo il normale onere probatorio. La sentenza affetta da dolo e collusione deve pregiudicare il terzo. Il pregiudizio che nasce è ovviamente diverso per i creditori e gli aventi causa: • Creditori: il pregiudizio consiste nell’eventus damni dell’azione revocatoria e nel pregiudizio che arreca ai creditori l’atto simulato, quindi nella concreta diminuzione delle possibilità di soddisfarsi sul patrimonio del debitore • Aventi causa: il pregiudizio è diretto ed incondizionato, e consiste nell’efficacia riflessa della sentenza che impedisce loro di sostenere che la realtà sostanziale è diversa da quella accertata dal giudice. Per quanto riguarda gli effetti dell’accoglimento dell’opposizione revocatoria: • quando la pronuncia afferma un obbligo del debitore è sufficiente che gli effetti vengano eliminato perché l’opponente riceva tutela (spetterà semmai alla parte già vittoriosa affermare che il proprio diritto esiste a prescindere dal dolo o dalla collusione, e domandarne l’accertamento tramite processo non viziato) => effetti solo sostitutivi • quando la sentenza opposta nega l’esistenza di un elemento attivo del patrimonio del debitore, il terzo, ottenuta l’eliminazione della pronuncia, dovrà chiedere che si accerti e dovrà dimostrare che quell’elemento attivo appartiene veramente al patrimonio del debitore, e quindi può essere oggetto di espropriazione => effetti sostitutivi e rescissori Inoltre l’eventuale decisione in ordine alla situazione sostanziale già fatta valere nel processo che ha portato alla sentenza opposta e annullata non può avere effetti in primis tra i titolari della situazione stessa, in quanto la nuova decisione consegue alla domanda di uno di costoro o dell’opponente, il quale ha senz’altro legittimazione straordinaria a far valere in giudizio il diritto del suo debitore o dante causa. Provvedimenti impugnabili per revocazione (art. 404 c.p.c.): • sentenze, che devono essere passate in giudicato o cmq essere esecutive • ordinanza di convalida di sfratto per finta locazione e per morosità (Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo art 404 nella parte in cui non la prevedeva) • statuto dei lavoratori • decreto ingiuntivo divenuto esecutivo (con opposizione di terzo revocatoria) • lodo arbitrale • nel 2006 rende possibile l’opposizione di terzo avverso le sentenze della Corte di Cassazione che decidono nel merito: i relativi ricorsi si propongono alla Corte stessa che può pronunciare nel merito dell’opposizione, quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, altrimenti, dichiarata ammissibile l’opposizione di terzo, rimette la causa al giudice che ha emesso la sentenza opposta. L’opposizione di terzo ordinaria non è sottoposta ad alcun termine; l’opposizione di terzo revocatoria deve essere proposta entro 30 gg da quando è stato scoperto il dolo o la collusione. Competente per l’opposizione è lo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza che si impugna. L’opposizione si propone con citazione (art. 405 II comma), ma, ove la sentenza sia stata pronunciata secondo rito speciale, l’opposizione deve essere proposta con ricorso. Il processo si svolge secondo le regole previste per il processo innanzi al giudice competente.
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