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Mezzi di prova e mezzi di ricerca della prova, Sintesi del corso di Diritto Processuale Penale

Riassunto completamente sostitutivo del libro Tonini edizione 2020. Gli argomenti trattati e riassunti dettagliatamente riguardano i mezzi di prova e i mezzi di ricerca della prova.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 24/04/2021

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Scarica Mezzi di prova e mezzi di ricerca della prova e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! Capitolo III: PRINCIPI GENERALI SULLA PROVA 1. Sistema processuale e norme sulla prova La materia della prova è diversa a seconda che si tratti del sistema inquisitorio oppure del sistema accusatorio. Nel sistema inquisitorio l’autorità raccoglie in sé i poteri di ricerca, ammissione, assunzione e valutazione della prova. Perciò più si conferisce potere all'autorità inquirente e più si potrà accertare la verità. Non c’era la necessità di regolamentare la materia della prova, perché la regolamentazione si tradurrebbe in un limite all' accertamento della verità. Nel sistema accusatorio esiste invece il principio dialettico. Si ritiene che la verità si possa meglio accertare se le funzioni processuali sono ripartite tra soggetti che hanno interessi contrapposti. Al giudice imparziale spetta solo decidere sulla base di prove ricercate dall accusa e dalla difesa. La scelta del giudice dipende dal contraddittorio tra soggetti spinti da interessi contrapposti. A questo punto i poteri di ricerca, ammissione, assunzione e valutazione della prova non possono essere attribuiti ad un unico soggetto, ma devono essere divisi e ripartiti tra il giudice, l’accusa e la difesa in modo che nessuno di essi possa abusarne. Il codice del 1988 ha accolto seppur con temperamenti, la scelta del sistema accusatorio. 2. il ragionamento del giudice: la sentenza. Il giudice in primo luogo accerta se l’imputato ha commesso il fatto che gli è stato addebitato nell imputazione, in secondo luogo interpreta la norma incriminatrice al fine di ricavarne quale è il fatto tipico punibile, infine valuta se il fatto storico che ha accertato è conforme al fatto tipico previsto dalla legge. L’accertamento del fatto storico. All’inizio del processo il fatto addebitato all’ imputato non è certo. L’accusa ne afferma l’esistenza; la difesa in tutto o in parte la nega. Il giudice deve risolvere il conflitto usando lo strumento della ragione. Perché l’accertamento del fatto sia razionale deve basarsi su prove, ovvero quel ragionamento che da un fatto noto ricava l’esistenza del fatto storico da provare e le modalità con le quali si è verificato, deve poi basarsi su un criterio oggettivo ovvero l’accertamento non deve fondarsi sulla conoscenza privata del giudice né su una mera ipotesi. Deve inoltre essere logico cioè fondato sui principi che regolano la conoscenza, e su prove tra loro non contradditorie. Soltanto attraverso la motivazione sarà possibile controllare l’ operato del giudice. L’accertamento effettuato dal giudice può consistere in un giudizio sull esistenza di un fatto storico così come esso è stato descritto nell imputazione, oppure in una valutazione che esclude che il fatto storico si sia verificato nel modo ipotizzato dall accusa. Sempre con riguardo all' accertamento questo deve anche consistere nell’individuazione della norma penale incriminatrice. Infatti l’accertamento è di tipo giuridico e non di fatto. Il giudice interpreta la legge penale e ricava da essa il fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice. Il ragionamento svolto dal giudice è di tipo giuridico per due motivi. In primo luogo perché ha per oggetto le disposizioni di legge, in secondo luogo perché usa il metodo dell’interpretazione per chiarire il significato esatto della legge e per ricostruire il fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice, in modo da attribuire alle parole usate dal legislatore il significato più corretto in riferimento alla soluzione del caso concreto. Infine per quanto riguarda l’accertamento si parla anche del giudizio di conformità. Dal punto di vista formale la decisione pronunciata dal giudice si presenta come una sentenza. Essa è composta da una motivazione e da un dispositivo. Nella motivazione il giudice in base alle prove che sono state acquisite nel corso del processo ricostruisce il fatto storico commesso dall’ imputato. Quindi interpreta la legge e individua il fatto tipico previsto dalla norma penale incriminatrice, infine valuta se il fatto storico rientra nel fatto tipico. Nel dispositivo il giudice trae le conseguenze dal giudizio di conformità, se il fatto storico commesso dall’ imputato è conforme al fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice, il giudice condanna, se il fatto storico non è conforme al fatto tipico, il giudice assolve. 3. il ragionamento inferenziale: prove e indizio a. il significato del termine prova: Quando parliamo del termine prova ci riferiamo a diverse interpretazioni:  Fonte di prova: sono fonti di prova le persone, le cose ed i luoghi dai quali si può trarre un elemento di prova. Articolo 65 comma 1, il reato come qualsiasi fatto umano lascia tracce sia nella memoria delle persone che lo hanno percepito, sia nelle cose presenti nei luoghi nel quale si è verificato.  Mezzo di prova. E lo strumento col quale si acquisisce al processo un elemento che serve per la decisione, ad esempio la testimonianza.  Elemento di prova: l informazione che si ricava dalla fonte di prova quando ancora non è stata valutata dal giudice, articolo 65.1. Il giudice valuta la credibilità della fonte e l’ attendibilità dell elemento ottenuto ricavandone un risultato probatorio, articolo 192 comma due. Pertanto il risultato probatorio è l’elemento di prova valutato in base ai criteri della credibilità e della attendibilità. Attraverso i risultati delle prove il giudice ricostruisce il fatto storico di reato, la cosiddetta conclusione probatoria, articolo 530. Un fatto si può ritenere accertato quando l’ipotesi formulata corrisponde alla ricostruzione del fatto effettuata mediante prove. b. Il ragionamento inferenziale. Il fatto storico di reato è avvenuto nel passato. È un fatto non ripetibile. Questo fatto può essere ricostruito attraverso le tracce che lascia nel mondo reale e nella memoria degli uomini, Grazie al giudice, che si avvale delle prove. la prova può essere definita come un ragionamento che da fatto reso noto al giudice si ricava l'esistenza di un fatto che è avvenuto in passato. Per questo il ragionamento probatorio viene definito inferenziale, poiché da un fatto di oggi si ricava l’esistenza di un fatto passato. È oggetto di prova in primo luogo il fatto descritto nell imputazione, ovvero il fatto storico addebitato all’ imputato. Sono fatti da provare quelli che permettono di quantificare la sanzione penale e quelli dai quali dipende l’applicazione di norme processuali, articolo 187 comma due. in caso di costituzione di parte civile inoltre sono oggetto di prova i fatti inerenti alla responsabilità civile derivante da reato, Ad esempio la quantificazione del danno. c. La prova rappresentativa. Si distingue tra prova rappresentativa e indizio. con il termine prova rappresentativa si fa riferimento a quel ragionamento che dal fatto noto ricava per rappresentazione l’esistenza del fatto da provare. ad esempio tizio riferisce di aver visto Caio sparare. il fatto noto è la dichiarazione di tizio che narra quanto visto. il fatto storico è ricavabile in via diretta dalla dichiarazione perché è rappresentato dalle parole pronunciate dal testimone, naturalmente il giudice deve valutare l’affidabilità della fonte e l’ attendibilità della rappresentazione. Questa valutazione è operata attraverso lo strumento dell’ esame incrociato, domande contestazioni. Frutto di queste è il risultato probatorio. Il giudice infatti accertato il grado di credibilità della fonte e il grado di attendibilità della rappresentazione valuta quanto della rappresentazione fornita è accettabile razionalmente, di questo deve dare atto nella motivazione ai sensi dell’articolo 192 comma uno. La decisione. al termine del processo, valutati tutti i risultati derivanti dagli elementi di prova acquisiti, il giudice nella motivazione ricostruisce il fatto storico, indicando in base a quali criteri ritiene attendibili le prove a sostegno della decisione, e per quali ragioni ritiene non attendibili le prove contrarie, articolo 546 comma uno. L’ammissione del mezzo di prove deve essere chiesta Al giudice dalle parti, articolo 190, e se hanno l’onere di introdurre il singolo mezzo di prova e lo adempiono chiedendo l’esame di un testimone ad esempio oppure l’acquisizione di un documento. Il giudice ammette la prova in base a quattro criteri, articolo 190 comma 1. lo prove deve essere pertinente, e cioè essa deve dimostrare l’esistenza del fatto storico enunciato nell imputazione o di uno dei fatti indicati dall articolo 187, ad esempio la credibilità di un testimone punto la prova non deve essere vietata dalla legge come ad esempio c’è citare il divieto di perizia criminologica previsto dall’ articolo 220. Inoltre la prova non deve tendere ad acquisire il medesimo risultato conoscitivo che si aspetta da una pluralità di mezzi di prova. Alle parti è comunque sufficiente dimostrare la probabile rilevanza. Il provvedimento di ammissione punto il giudice è vincolato anche in un aspetto di carattere procedimentale. Egli deve provvedere sulla richiesta di ammissione senza ritardo con ordinanza, articolo 190 comma uno, ciò significa che gli deve motivare l’eventuale rigetto della richiesta. Il diritto alla prova contraria. Il codice prevede espressamente il diritto alla prova contraria. Ove siano stati ammessi i mezzi di prova richiesti dall accusa, l’imputato ha diritto all’ ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico, articolo 495.2. Il medesimo diritto spetta anche al PM in ordine alle prove a carico dell’ imputato. La dimostrazione contraria può essere data anche con un mezzo di prova differente, ad esempio per opporsi ad una dichiarazione di un testimone si potrebbe utilizzare un documento. Tuttavia è importante ricordare che la prova contraria ha per oggetto gli stessi fatti che costituiscono oggetto della prova principale. La garanzia costituzionale. 111.3 cost. Afferma che l'imputato ha diritto ad ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore. Limiti al diritto alla ammissione della prova. Il diritto ad ottenere l’ammissione della prova di tipo dichiarativo è stato limitato per impedire il fenomeno chiamato usura delle fonti di prova, e cioè di evitare che il dichiarante, vada incontro inutilmente a rischi di intimidazione o di sicurezza per la sua persona, articolo 190 bis: 1. Quando l’ imputazione ha ad oggetto i delitti di associazione mafiosa o assimilati, articolo 51 comma tre bis. 2. Quando l’ imputazione a oggetto alcuni reati in materia di violenza sessuale e di pedofilia, se l’esame riguarda un testimone minore degli anni 18 3. In ogni caso in cui l’esame testimoniale richiesto riguarda una persona offesa in condizione di particolare vulnerabilità La limitazione comporta che se la persona, che è una parte vuole sentire in dibattimento, ha già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio l’esame è ammesso soltanto in due casi: se riguarda fatti o circostanze diverse da quelle oggetto delle precedenti dichiarazioni, oppure se il giudice o una delle parti lo ritenga necessario sulla base di specifiche esigenze. I poteri di iniziativa probatoria del giudice. Nella fase della ammissione della prova il giudice ha soltanto il potere di decidere se ammettere o meno il mezzo di prova chiesto da una delle parti. Egli infatti non può introdurre un mezzo di prova senza una richiesta di parte, articolo 190 comma uno. Secondo l’articolo 190 comma due è la legge a stabilire i casi eccezionali in cui le prove sono ammesse d’ufficio. Ad esempio quando la prova è assolutamente necessaria, articolo 507. questa eccezione serve ad evitare che attraverso una accertamento abbandonato al gioco delle parti sia reso disponibile un diritto inviolabile. C. L’assunzione della prova. L’assunzione della prova avviene se si tratta di dichiarazioni rese in dibattimento con il metodo dell’esame incrociato. Rientra nel diritto alla prova la partecipazione delle parti all’assunzione del mezzo di prova attraverso la Formulazione diretta delle domande al dichiarante. Al comma tre dell’articolo 11 della costituzione si riconosce solo all’ imputato nel diritto di interrogare o di far interrogare davanti al giudice le persone che rendono dichiarazioni a suo carico. Questo principio enuncia l'obbligo dell' accusatore di rispondere secondo verità. L’esame incrociato. Questo è uno strumento che permette di valutare se il dichiarante risponde secondo verità. Qua la parte nel controesame può porre domande suggerimento per saggiare l’ attendibilità della dichiarazione. Questo compito non è affidato direttamente al giudice in quanto potrebbe influenzare psicologicamente le risposte della controparte attraverso delle domande mirate punto per questo motivo il codice attribuisce al presidente il potere di porre domande solo dopo che le parti hanno concluso l’esame incrociato, articolo 506.2. Successivamente alle domande poste dal giudice, le parti possono riprendere l’esame. La tutela della libertà morale del dichiarante. Secondo l’articolo 188 non possono essere utilizzati neanche col consenso della persona interessata metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione. È il caso dell utilizzo dell ipnosi o di altre tecniche che riducono la consapevolezza e la coscienza del dichiarante. la acquisizione della prova. Con il termine acquisizione intendiamo da un lato la missione della prova precostituita, ovvero formata fuori dal procedimento o prima del dibattimento, dall’altro è utilizzato per ricomprendere la missione e l’assunzione della prova non precostituita, come la dichiarazione. D. La valutazione della prova. Le parti hanno il diritto di offrire al giudice la propria valutazione degli elementi di prova. Egli possono argomentare sulla base dei risultati che sono stati acquisiti. Ciò avviene nel dibattimento nel momento della discussione finale in cui le parti illustrano le proprie conclusioni, art. 523.3. Sto diritto corrisponde il dovere del giudice di dare una valutazione logica dell’ elemento di prova raccolto, 192.1. Tale obbligo deriva dall’ articolo 111.6 Della carta fondamentale. Inoltre il giudice per rendere effettivo il diritto delle parti alla valutazione della prova Deve motivare ed indicare le prove poste a base della decisione. Il libero convincimento. Con la prodotto espressione si vuole significare che il giudice è libero di convincersi che nello stesso tempo obbligato a motivare razionalmente la sua decisione. Il libero convincimento deve consistere in una valutazione razionale delle prove e in una ricostruzione del fatto conforme ai canoni della logica e aderente con sé processuali. Il tutto deve trovare riscontro nella motivazione della sentenza, art. 546.1. La non configurabilità della prova legale. Mentre nel processo civile abbiamo la prova legale dove la legge si sostituisce al libero convincimento del giudice nella valutazione di un elemento di prova, ad esempio la confessione, Nel processo penale la confessione è sempre liberamente valutabile dal giudice, che può ritenerla non attendibile. E. La formulazione della migliore ipotesi ed il tentativo di smentita. Una volta che si è verificato un fatto di reato, l’investigatore ha la necessità di formulare un’ipotesi ricostruttiva su come si è svolta la vicenda. Si tenta di identificare le possibili cause di ciascun accadimento facente parte del fatto reato. In questa fase le leggi scientifiche e le massime di esperienza vengono utilizzate a ritroso. Tuttavia questo utilizzo a ritroso della legge scientifica non dà certezze assolute, perciò l’investigatore sceglie inizialmente una ricostruzione basandosi sul suo bagaglio di conoscenze. Tentativo di smentita. Formulata un’ipotesi che ricostruisce lo svolgimento dei fatti, l’investigatore va a verificare se questa trova effettivamente conferma nella realtà. Arriva scientista. È diffusa la convinzione secondo la quale per accertare la realtà di un imputato, sia sufficiente utilizzare le novità tecnologiche e attraverso queste giungere a conclusioni non dubitabili. Tuttavia anche nella migliore delle ipotesi in cui il ragionamento a ritroso abbia funzionato, questo permette soltanto di collegare un evento ad una presumibile causa, ma non può accertare l’esistenza di tutti i fatti che si vogliono provare. Ad esempio se la scienza dice che quella impronta appartiene a tizio, questo ci autorizza a ritenere che tizio ha toccato quell oggetto, non che tizio abbia commesso il furto in quel l'appartamento. L’ultima inferenza. Abbiamo visto l’ultima inferenza è sempre legata all’applicazione di una massima di esperienza, è necessario evitare che la scienza si tramuti in un scorciatoia o in un deus ex machina. 5. La presunzione di innocenza. Principio nella costituzione e nella convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’art. 27.2 cost. Afferma che l’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva. La regola di trattamento vuole che l’imputato non sia assimilato al colpevole sino al momento della condanna definitiva, e cioè impone il divieto di anticipare la pena, mentre consente l’applicazione di misure cautelari nei suoi confronti. la regola probatoria vuole che l’imputato sia presunto innocente, e cioè tende ad ottenere l’effetto che è enunciato dall’ articolo 2.728.1 del codice civile, secondo cui le presunzioni legali dispensano da qualunque prova coloro a favore dei quali esse sono stabilite. Pertanto l’onere della prova ricade sulla parte che sostiene la reità dell’ imputato. La regola probatoria è precisata anche dall’art. 6.2 della convenzione europea dei diritti dell’uomo secondo cui ogni persona accusata di un reato è presunta innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. la Corte costituzionale con la sentenza n. 348 e 349 del 2007 sostiene quest’ultima tesi della convenzione europea. Pertanto l’onere della prova ricade su quella parte che sostiene la reità dell’ imputato, che nel procedimento penale Spetta al pubblico ministero. L’onere della prova può essere inteso come onere sostanziale ed onere formale. In senso sostanziale impone alla parte di convincere il giudice dell esistenza del fatto affermato, in senso formale impone alla parte di chiedere al giudice l’ammissione della prova che reputa utile per adempire l’onere sostanziale. a. L’onere sostanziale della prova. L’art. 2.697.1 del codice civile afferma che chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Provare significa convincere il giudice della esistenza di un fatto storico affermato da una parte. L’onere della prova costituisce una regola probatoria, nel senso che individua la parte sulla quale ricadono le conseguenze del non aver convinto il giudice dell esistenza del fatto affermato. Se colui che accusa ha provato la reità dell’ imputato, l’onere della prova può considerarsi soddisfatto. a questo punto incombe sull imputato l’onere della prova contraria. Alla difesa spetta di provare la mancanza di credibilità delle fonti, o l’ inattendibilità delle prove d’accusa. L’imputato può anche dimostrare la penale il potere di risolvere ogni questione da cui dipende la decisione, sia sull esistenza del reato, sia sull applicazione di una norma processuale. Tuttavia occorre fare una importante distinzione. a. Quando la questione pregiudiziale ha per oggetto una controversia sullo stato di famiglia e di cittadinanza, il giudice penale è vincolato ai limiti di prova stabiliti dalle leggi civili. b. Quando la questione è pregiudiziale a un qualsiasi altro oggetto, il giudice penale non è vincolato ai limiti di prova posti dalla relativa materia, bensì applica soltanto le regole probatorie del processo penale. Ciò è giustificato dal fatto che il processo penale tende ad ottenere risultati il più possibile aderenti alla verità e non è vincolato ad esigenze di certezza dei rapporti giuridici sottostanti. Pertanto non può sopportare quei limiti ai poteri di valutazione della prova che nel processo civile sono dovuti a tali esigenze. 10. Il giudice, lo storico e lo scienziato. DICE SOLO CAZZATE SEMMAI GUARDARE SUL LIBRO PER APPROFONDIRE. 11. Continuazione CAZZATE 12. Aspetto applicativo: la prova del rapporto di causalità . In base all’art. 40.1 del codice penale, nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione. Perciò il giudice deve accertare l’esistenza del rapporto di causalità tra condotta ed evento. Si applica perciò la teoria del condicio sine qua non. Una condotta è causa di un evento se eliminando mentalmente quella condotta viene meno anche quell evento. L’insufficienza esplicativa della teoria della condicio sine qua non. I problemi di questa teoria sorgono dal fatto che essa è un procedimento logico e per funzionare richiede che si conosca la legge scientifica in base alla quale una determinata condotta provoca un determinato evento. In passato ci sono stati i casi nei quali i giudici hanno applicato il procedimento di eliminazione mentale senza impiegare le leggi scientifiche, ma colmando con il loro intuizionismo soggettivo la lacuna conoscitiva relativa al rapporto tra condotta ed evento. La sussunzione sotto leggi scientifiche di copertura. Il procedimento di sussunzione sotto leggi scientifiche di copertura, detto anche modello nomologico deduttivo, tendeva a ricavare la validità astratta della legge scientifica l’esistenza di un rapporto di causalità nel caso concreto. La giurisprudenza si è soffermata a lungo sulla questione della percentuale di validità statistica dalla quale si desume il nesso di causalità tra fatto e evento provocato. Un primo orientamento aveva affermato che il rapporto di causalità doveva essere ritenuto esistente se c’erano serie ed apprezzabili probabilità che l’evento fosse conseguenza dell’azione. un secondo orientamento aveva affermato che il nesso causale esisteva solo se la legge scientifica, che esprimeva il rapporto tra condotta ed evento, aveva un coefficiente percentuale vicino al 100%. La rivoluzione operata dalla sentenza franzese. La sentenza Franzese è partita dal rilievo che nel processo penale è possibile condannare solo se l’esistenza del fatto e la responsabilità dell’autore risultano approvate oltre ogni ragionevole dubbio. Poiché il rapporto di causalità è un elemento oggettivo del reato, occorre che anche in relazione alla sussistenza di tale nesso sia eliminato ogni dubbio ragionevole. Ciò significa che in merito all'esistenza del rapporto di causalità nel processo penale è sempre necessario un giudizio di alta probabilità logica. Il giudice deve ritenere provato oltre ogni ragionevole dubbio che nel singolo caso concreto sottoposto alla sua attenzione esiste un rapporto di causalità tra condotta ed evento. Occorre un giudizio effettuato in concreto. Il modello causale bifasico. Le sezioni unite con la sentenza sopra citata hanno prospettato che vi sono due fasi nell’accertamento della causalità. Nella prima fase si ricerca in astratto la legge scientifica applicabile al caso. Occorre analizzare tutte le possibili leggi applicabili. è necessario operare un tentativo di smentita sulla validità in generale della legge, Cosiddetta giustificazione esterna. Identificata la legge che spiega il fenomeno, Occorre fare un tentativo di smentita sulla validità della legge in concreto, mediante prove, ed accertarsi che non abbiano operato fattori causali alternativi. in sintesi la seconda fase è una applicazione concreta della legge individuata nella prima fase. il giudizio di alta probabilità logica. Il giudice deve ritenere provato oltre ogni ragionevole dubbio che nel singolo caso concreto, sottoposto alla sua attenzione, esiste un rapporto di causalità tra condotta ed evento. Ciò comporta che il giudice non utilizzi la probabilità statistica ma una probabilità logica. La rivoluzione operata dalla sentenza franzese è data dal fatto che il giudice può ritenere inesistente il nesso causale nonostante che la legge scientifica applicabile esprima una probabilità vicina alla certezza. Al contrario il giudice può ritenere esistente un rapporto di causalità fondato su di una forte probabilità logica anche qualora venga in gioco una legge scientifica a bassa probabilità. In tali casi la prova può essere raggiunta anche con l’ausilio di massime di esperienza. CAPITOLO IV: I MEZZI DI PROVA 1. Mezzi di prova tipici e atipici. Con l’espressione mezzo di prova si vuole indicare quello strumento processuale che permette di acquisire un elemento di prova. Ci sono mezzi di prova tipici ovvero regolamentati dalla legge, come la testimonianza, l’esame delle parti, i confronti, le ricognizioni, gli esperimenti giudiziali eccetera. le modalità di assunzione di questi mezzi Permettono al giudice e alle parti di valutare nel modo migliore la credibilità della fonte e l’attendibilità dell’ elemento di prova. Ci sono poi i mezzi di prova atipici ammessi dal giudice solo se idonee ad assicurare l'accertamento dei fatti senza pregiudicare la libertà morale della persona. Il concetto di prova atipica. La atipicità consiste nell utilizzare componenti non tipiche all'interno di un mezzo tipico. Ad esempio si può citare il caso in cui la ricognizione di una persona o di una cosa è effettuata mediante un cane addestrato anziché tramite un individuo. I requisiti della prova atipica. In base all’art. 189 la prova atipica può essere ammessa se presenta due requisiti. In primo luogo deve essere idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti, quindi essere capace in concreto di fornire elementi attendibili e permettere una valutazione sulla credibilità della fonte di prova. In secondo luogo il mezzo di prova atipico deve assicurare la libertà morale della persona fonte di prova. Principio di legalità della prova. Il sistema appena descritto è basato sul principio di legalità della prova, in base al quale quest’ultima costituisce uno strumento di conoscenza disciplinato dalla legge. Nonostante infatti l’esistenza di una valvola di sicurezza rappresentata dalla prova atipica, il legislatore prevede che questa sia sottoposta a precisi requisiti stabiliti dall’art. 189. È corretto dunque affermare che la disciplina della prova atipica è conforme al principio di legalità. La giurisprudenza ormai è ferma sull’ idea che dal sistema è ricavabile il principio di non sostituibilità, che vieta l' aggiramento di quelle forme probatorie che sono poste a garanzia dei diritti dell' imputato o dell’ attendibilità dell accertamento. Questo per evitare che la prova atipica si trasformi in uno strumento per aggirare i requisiti delle prove tipiche. 2. La testimonianza. a. Considerazioni preliminari. Il codice distingue la testimonianza dall’ esame delle parti. Il testimone ha l’obbligo penalmente sanzionato di presentarsi al giudice e di dire la verità, articoli 198cpp e 372 CP. Al contrario l’imputato quando si offre all’esame incrociato ai sensi dell art. 208, non ha l’obbligo di presentarsi né di rispondere alle domande né di dire la verità. la distinzione trova una conferma nella normativa sull’ incompatibilità a testimoniare. Infatti in base all’articolo 197 la qualità di imputato è di regola incompatibile con la qualità di testimone, salvo eccezioni. La qualità di testimone. La qualità di testimone può essere assunta dalla persona che abbia conoscenza dei fatti oggetto di prova ma che al tempo stesso non riveste una delle qualifiche alle quali il codice riconduce l’ incompatibilità a testimoniare, come per esempio l’imputato, o l’imputato in un procedimento connesso o collegato ovvero un responsabile civile, Art 197. La persona delineata come testimone diventa tale solo se è richiesto dalle parti, e in casi eccezionali d’ufficio, ed è chiamata a deporre davanti ad un giudice nel procedimento penale. Gli obblighi del testimone. Il testimone ha in primo luogo l’obbligo di presentarsi al giudice, art. 198, se non si presenta senza un legittimo impedimento, il giudice può ordinare il suo accompagnamento coattivo a mezzo della polizia giudiziaria e può condannarlo al pagamento di una somma di denaro Da 51 € fino a 516 euro, art 133. In secondo luogo il testimone ha l’obbligo di attenersi alle prescrizioni date dal giudice per le esigenze processuali, art. 198. Infine il testimone ha l’obbligo di rispondere secondo verità alle domande che li sono Rivolte. Infatti se tace, afferma il falso, o nega il vero egli commette il delitto di falsa testimonianza, art 372 CP. La libertà morale della persona nell’assunzione della prova dichiarativa. Un generale divieto probatorio che concerne le modalità di assunzione della prova dichiarativa, è previsto dall’art. 188 cpp: non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare o di valutare i fatti. Il divieto probatorio in esame opera oggettivamente, ciò significa che un eventuale consenso dell’ interessato non rende lecito l’uso di metodi o tecniche vietati dagli articoli 64.2 e 188 cpp. Approfondimento. la persona come fonte di prova dichiarativa. Principi costituzionali del diritto di difesa e della presunzione di innocenza. l'imputato si trova in una situazione soggettiva in cui ha pieno diritto di non collaborare nella ricerca della verità. l’imputato deve essere moralmente libero di scegliere se rendere la dichiarazione, con facoltà di determinarne il contenuto. In poche parole non ha obbligo di dire la verità. con riferimento a tutti gli altri individui coinvolti nel processo invece, che potrebbero essere testimoni, sorge l'obbligo di rispondere secondo verità, altrimenti si è puniti dalla legge. Resta fermo il principio secondo il quale il testimone deve essere moralmente libero di autodeterminarsi in relazione al contenuto ed alle modalità delle dichiarazioni, art. 188. La persona come fonte di prove reale. Se una persona riveste interesse probatorio non per ciò che dice, ma per ciò che è, (ad esempio per le ferite che ha subito o per le caratteristiche del volto) , vengono in rilievo atti di indagini e mezzi di prova diversi dalle dichiarazioni. si parla di identificazioni, ricognizioni, ispezioni, perquisizioni sequestri eccetera, effettuate attraverso metodi diversi dalla dichiarazione (non serve dire di aver subito una violenza, se già In via generale, sì riconosce a qualsiasi persona la capacità di testimoniare. Si possono infatti assumere come testimoni sia l’ infermo di mente, sia il minore di 14 anni. In questi casi il giudice dovrà verificare la credibilità del dichiarante e l’ attendibilità delle dichiarazioni. Art 196.2. Al generale obbligo di testimoniare si pongono, come eccezioni, le situazioni di incompatibilità previste nell’art. 197. Incompatibilità sorge quando una persona, pur essendo capace di deporre, non è legittimata a svolgere la funzione di testimone nel processo a causa della posizione assunta in tale procedimento o a causa dell'attività che vi esercita. La ratio della incompatibilità. Con queste situazioni di incompatibilità si vuole da una parte escludere che alcune persone abbiano un obbligo, penalmente sanzionato, di dire il vero, siano costrette a testimoniare. infatti tali soggetti non possono testimoniare, bensì possono dare il loro contributo conoscitivo senza un obbligo penale di dire la verità (esame delle parti); dall’altra si vuole escludere che possano comunque deporre quei soggetti che hanno svolto nel medesimo procedimento le funzioni di giudice, PM o loro ausiliario, o altre funzioni ritenute incompatibili con quella di testimone. Art 197, lettera a:non possono essere assunti come testimoni, bensì sono sentiti con l’esame ai sensi dell art. 210, gli imputati concorrenti nel medesimo reato. l' incompatibilità opera a prescindere dal fatto che i rispettivi procedimenti siano riuniti o separati e cessa per il singolo imputato con l’ irrevocabilità della sentenza che lo riguarda. Infatti i soggetti menzionati possono essere chiamati a rendere testimonianza quando nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento , di condanna o di patteggiamento. Art. 197, lettera B. Di regola non possono essere assunti come testimoni, bensì sono sentiti con l’esame ai sensi dell art. 210: 1. Gli imputati in procedimenti legati da una connessione debole , e cioè nel caso in cui i reati per cui si procede sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri. 2. Gli imputati in procedimenti collegati ai sensi dell’art. 371.2. A questa regola ci sono però delle eccezioni. In primo luogo, i soggetti menzionati possono deporre come testimoni quando nei loro confronti è stata emessa sentenza irrevocabile di proscioglimento , di condanna o di patteggiamento. la seconda eccezione Attinente al principio del giusto processo. Gli imputati menzionati diventano compatibili con la qualifica di questi testimoni se nel corso dell’ interrogatorio hanno reso dichiarazioni su fatti altrui, e cioè concernenti la responsabilità di altri imputati collegati o connessi teologicamente. In questo caso la compatibilità infatti è parziale perché si limita ai fatti altrui, oggetto delle precedenti dichiarazioni. Art. 197, lettera c. Non possono essere assunte come testimoni le persone che, nel medesimo processo, sono presenti nella veste di responsabile civile e di civilmente obbligato per la pena pecuniaria. Esse possono rendere dichiarazioni in qualità di parti, art. 208, E quindi senza l’obbligo penalmente sanzionato di dire il vero. Art. 197, lettera d.= non possono essere assunti come testimoni coloro che nel medesimo procedimento, svolgono o hanno svolto la funzione di giudice, PM o loro ausiliario. Sono altresì incompatibili il difensore che abbia svolto attività di investigazione difensiva e coloro che hanno formato la documentazione dell intervista, o che hanno redatto la relazione che recepisce le dichiarazioni scritte ai sensi dell art. 391 ter. Il difensore qua è incompatibile a testimoniare soltanto in relazione all’attività investigativa che ha svolto, per il resto, è compatibile come testimone. e. Le domande autoincriminanti. Il privilegio contro l’autoincriminazione. Secondo la regola generale del codice di procedura penale, il testimone ha l’obbligo di rispondere secondo verità. tuttavia può accadere che siano formulate domande che potrebbero indurre il testimone ad auto incolparsi di qualche reato. In tale ipotesi il testimone si troverebbe o obbligato a rispondere secondo verità, incriminando se stesso, oppure a dire il falso per non ammettere la propria responsabilità. in quest’ultimo caso si rischia la incriminazione per falsa testimonianza. Una situazione del genere non sarebbe compatibile con la costituzione. Art. 2 e 24.2 cost. Il privilegio contro l’autoincriminazione. L’ esenzione dall’ obbligo di deporre è prevista dalla legge in considerazione della presenza di un interesse privato ritenuto meritevole di tutela dall ordinamento. Il destinatario del divieto. Lart. 198.2 stabilisce un divieto probatorio che ha come destinatario il giudice. A fronte di una domanda potenzialmente auto incriminante, si possono verificare varie ipotesi. 1. Il testimone rifiuta di rispondere opponendo che la domanda è auto incriminante. In questo caso egli deve dare opportuna giustificazione, con il limite che non può essere obbligato a precisare troppi dettagli, pena la vanificazione del privilegio stesso. il giudice valuta la giustificazione e se la ritiene infondata può rinnovare al testimone l’avvertimento che ha l’obbligo di dire la verità, art. 207.1. Se invece la giustificazione è fondata, il giudice ha un divieto probatorio, Art. 198.2, Forza del quale egli non può costringere il testimone a parlare, pena l’inutilizzabilità della risposta. 2. Il testimone risponde. Nel caso in cui il testimone renda una dichiarazione dalla quale emergono indizi di reità a suo carico per un reato pregresso, in base all’art. 63, l’autorità procedente deve per prima cosa interrompere l’esame, poi avvertire il soggetto che a suo carico potranno essere svolte indagini, ed infine invitarlo a nominare un difensore. Quanto al valore probatorio delle precedenti dichiarazioni, vi è una inutilizzabilità soggettivamente relativa. Infatti esse non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese. ciò in base alla norma che tutela il privilegio contro l'autoincriminazione. Dichiarazioni rese da un testimone che avrebbe dovuto essere sentito come indagato o imputato. Nel caso in cui una persona doveva essere ascoltata dall’inizio in qualità di indagato o di imputato, e non di testimone, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate in modo assoluto. Ciò significa che non potranno essere utilizzate né contro la persona che le ha rese, né contro altre persone. f. Testimone prossimo congiunto dell’ imputato. I prossimi congiunti dell’ imputato non possono essere obbligati a testimoniare, devono essere quindi avvisati della facoltà di astenersi dal deporre. Con questa disposizione si vogliono tutelare i sentimenti familiari e anteporli all’ interesse della giustizia all’ accertamento dei fatti. Infatti secondo l’art. 384.1 del codice penale non è punito chi ha commesso falsa testimonianza per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà e nel l’onore. In questo modo l’ordinamento vuole prevenire il conflitto psichico tra il dovere di verità e il dovere morale di non danneggiare il prossimo congiunto. Tuttavia nel caso in cui il prossimo congiunto regolarmente avvisato della facoltà di non rispondere, decida di deporre come testimone, egli non può più rifiutarsi di rispondere alle singole domande secondo verità. in questo caso inoltre se si rifiuta di rispondere o depone il falso, egli commette il reato di falsa testimonianza. La perdita della facoltà di astenersi dal deporre. I prossimi congiunti non possono astenersi, e quindi sono obbligati a deporre, quando hanno presentato denuncia querela o istanza, oppure essi o un loro prossimo congiunto, sono offesi dal reato, art. 199.1. g. La violazione degli obblighi del testimone Il testimone prima di deporre deve essere informato dei suoi obblighi di dire la verità delle conseguenze delle false dichiarazioni o reticenza. Solo il giudice può rivolgere al testimone l’ ammonimento a rispettare l’obbligo di dire il vero, art. 207. Le parti non possono ammonire il testimone, mentre possono sollecitare il giudice ad esercitare tale potere. Se il testimone persiste nel rifiuto Di dire la verità, il giudice dispone l’immediata trasmissione degli atti al pubblico ministero perché proceda a norma di legge, art. 207.1. Il pubblico ministero a questo punto inizia le indagini preliminari per accertare se sussiste la falsa testimonianza nella forma della reticenza, art. 372 Del codice penale. Inoltre potrà chiedere al giudice una misura cautelare, ove ne sussistano i presupposti. h. Il segreto professionale. Alcuni testimoni con determinate qualifiche hanno il potere dovere di non rispondere a determinate domande quando la risposta comporti la violazione dell’obbligo del segreto professionale. Tale possibilità è riconosciuta solo ai professionisti indicati espressamente dall’art. 200 cpp (professionisti qualificati). La tutela penale del segreto professionale. per segreto si intende una notizia che non deve essere portata alla altrui conoscenza e che, non è già di per sé notoria. Di solito si tratta di un fatto della vita privata che il singolo ha interesse a mantenere riservato. Inoltre questo potere dovere di rifiutarti di rispondere riguarda solo fatti segreti appresi nell’esercizio della loro professione. Perciò se questi professionisti qualificati apprendono un fatto in qualità di comuni cittadini, e cioè indipendentemente dall incarico professionale che hanno, restano vincolati all'obbligo di deporre secondo verità. Tuttavia i professionisti comuni, ovvero quelli non elencati nell’art. 200 cpp, hanno sempre l’obbligo di deporre secondo verità. I professionisti che hanno l’obbligo giuridico di riferire il fatto all’autorità giudiziaria. L’art. 200 pone un ulteriore limite. È necessario che il professionista qualificato non abbia comunque un obbligo giuridico di riferire quel fatto all’autorità giudiziaria. Questo obbligo vale per tutti quei professionisti che siano dipendenti pubblici o che, da privati siano pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. In quanto tali, essi hanno l’obbligo di denuncia dei reati procedibili d’ufficio dei quali vengono a conoscenza nell’esercizio o a causa della loro funzione, Art. 361 e 362 CP. Questo obbligo vale in particolar modo per il medico professionista privato che ha prestato la propria assistenza alla persona offesa di un delitto procedibile d’ufficio. Categorie di professionisti qualificati. Innanzitutto sono compresi in queste categorie i sacerdoti che apprendono il segreto della confessione. Possono opporre il segreto professionale inoltre gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici EI notai. Allo stesso modo possono farlo i medici EI chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria. Infine possono astenersi gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi in base all'articolo 200 comma uno lett. D. Il segreto professionale dei giornalisti. Il segreto professionale per i giornalisti ha alcuni limiti. Può essere mantenuto relativamente ai nomi delle persone dalle quali è stata appresa una notizia di carattere fiduciario nell esercizio della professione. Possono porre inoltre questo segreto solo i giornalisti Legislatore impone che sia fatto un riscontro delle dichiarazioni rese dall’ imputato connesso o collegato. Con ciò si intende che si debba fare un controllo di attendibilità delle sue dichiarazioni. Articolo 192.3. La ratio di questo articolo sta nel fatto che l'imputato è la persona che di regola all’ interesse più forte in relazione all’ esito del procedimento penale. Perciò bisogna evitare che le dichiarazioni di un soggetto possono alleggerire o svantaggiare la posizione degli altri soggetti imputati. Per riscontro tuttavia non si intende che il giudice nel caso in cui trovi e riscontro positivo debba ritenere il fatto vero. Ma una volta che il riscontro abbia avuto un esito positivo, il giudice dovrà verificare se la dichiarazione può essere utile a ricostruire il fatto storico in un determinato modo. Gli altri elementi di prova. Il codice impone di valutare gli altri elementi di prova, ma non occorre che essi siano tali da permettere di provare da soli il fatto affermato dal dichiarante, è sufficiente che gli altri elementi di prova siano tali da permettere di affermare l’attendibilità del dichiarante su quel determinato. Riscontro estrinseco. Il codice precisa che il riscontro deve avere ad oggetto altri elementi di prova, se ne ricava che gli elementi devono essere esterni rispetto alla dichiarazione stessa. può trattarsi di una dichiarazione di altre persone, testimoni o imputati, e in tal caso si parla di riscontri incrociati. Il riscontro intrinseco. La giurisprudenza ha detto che oltre al riscontro estrinseco, debba essere fatto il cosiddetto riscontro intrinseco. Sul libro non dice nulla a riguardo g. La testimonianza assistita Nella testimonianza assistita, l’imputato è sentito con l’assistenza obbligatoria del proprio difensore di fiducia o d’ufficio, in ragione del collegamento tra il reato, che gli è addebitato, e quello che è oggetto del procedimento nel quale è chiamato a deporre. Gli imputati collegati o connessi teleologicamente possono deporre come testimoni assistiti se hanno reso dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, art. 64.3. Norme comuni a tutti i testimoni assistiti. Ai testimoni assistiti si applicano le norme sulla testimonianza, ai sensi dell art. 197. pertanto i testimoni assistiti hanno l’obbligo di presentarsi al giudice, art. 198.1. Tutti i testimoni assistiti devono essere appunto assistiti da un difensore. Le loro dichiarazioni non possono essere utilizzate contro di essi. Inoltre le dichiarazioni dei testimoni assistiti sono utilizzabili solo in presenza di riscontri che ne confermino l’ attendibilità. Questo e dovuto al loro carattere poco affidabile visto il legame che intercorre tra il procedimento a loro carico e quello nel quale sono chiamati a rendere dichiarazioni. Inoltre nei confronti del testimone assistito non si applicano le norme dell’art. 63, a tutela delle dichiarazioni auto indizianti. Perciò se egli rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi a proprio carico, l’ autorita procedente non deve interrompere l’esame, né dare avvertimenti, né invitarlo a nominare un difensore. 3) In testimoni assistiti prima della sentenza irrevocabile, art. 197 bis. 2. Per quanto riguarda l’imputato collegato o connesso teleologicamente, nel momento in cui scatta l’obbligo di deporre come testimone, deve essere avvisato che assumerà l'ufficio di testimone rendendo dichiarazioni sul fatti altrui, art. 64.3. Per fatto altrui si intende un fatto che concerne la responsabilità di altri per un reato connesso o collegato. Una volta avvertito, l’imputato collegato o connesso teleologicamente deve appunto aver reso dichiarazioni su un fatto altrui. Non è necessario che il dichiarante nel momento in cui parlava, fosse consapevole delle conseguenze accusatorie, derivanti dalla propria dichiarazione. Lo speciale privilegio contro l’auto incriminazione. Il testimone assistito con procedimento pendente gode del comune privilegio contro l’auto incriminazione con riferimento a reati diversi da quelli che sono oggetto del procedimento a suo carico, art. 198.2. Inoltre il testimone può non rispondere sui fatti che concernono la propria responsabilità in ordine al reato per cui si procede o si è proceduto nei suoi confronti. L’unico caso in cui l’ escussione del testimone assistito può inerire alla propria responsabilità e l’ipotesi nella quale le precedenti dichiarazioni vertano su fatti inscindibili. Ed è proprio in relazione a tale ipotesi che è riconosciuto il diritto di non rispondere sul fatto proprio. Perciò conseguentemente ne risulta che è inevitabile non rispondere anche sul fatto altrui. Tuttavia se il testimone assistito decide di rispondere, egli ha l’obbligo di dire la verità. 4. La testimonianza assistita dell’ imputato giudicato, art. 197 bis. Il secondo tipo di testimonianza assistita è quella che viene resa dall’ imputato connesso o collegato dopo che la sentenza che lo riguarda, è diventata irrevocabile, sia essa una sentenza di proscioglimento, di condanna o di patteggiamento. L’imputato giudicato può essere sempre chiamato come testimone anche se non ha mai reso dichiarazioni su fatti altrui, o non ha mai ricevuto l’avviso previsto dall’art. 64.3, come abbiamo visto poco sopra. Infatti in questo caso il testimone ha l’obbligo di rispondere secondo verità. La posizione processuale dell’ imputato connesso collegato, dopo che la sentenza che lo riguarda è diventata irrevocabile, dipende dalla sentenza medesima. a. L’imputato connesso o collegato dopo che è stato condannato o dopo che è stata applicata la pena su richiesta, il cosiddetto patteggiamento. Questi possono essere sempre chiamati come testimoni assistiti in procedimento collegato o connesso, anche se non hanno mai reso dichiarazioni su fatti altrui o non hanno ricevuto l’avviso previsto dall’art. 64. Questi sono sentiti come testimoni assistiti con l’obbligo di dire la verità. In loro favore opera la garanzia stabilita dall art. 197-vis comma 5 in base alla quale non sono utilizzabili le dichiarazioni rese contro la persona che le ha rese, nel procedimento a suo carico, nell eventuale procedimento di revisione della sentenza di condanna o in un qualunque processo civile o amministrativo. Essi godono del privilegio contro l’auto incriminazione ai sensi dell’art. 198.2 su fatti diversi da quelli giudicati. Un altro privilegio è quello in base al quale il testimone assistito non è obbligato a deporre su fatti per i quali è stata pronunciata in giudizio sentenza di condanna nei suoi confronti, se nel procedimento aveva negato la propria responsabilità o non aveva reso alcuna dichiarazione, Art. 197 comma 4. Questo privilegio tuttavia non riguarda le persone nei cui confronti è stata pronunciata una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, patteggiamento. b. Anche gli imputati prosciolti in modo irrevocabile con formule diverse dall assoluzione (perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto) possono essere sempre chiamati come testimoni assistiti in un procedimento collegato o connesso, Anche se non hanno mai reso dichiarazioni su fatti altrui o non hanno ricevuto l’avviso previsto dall’art. 64.3. Tali dichiarazioni non godono di alcun privilegio contro l’auto incriminazione sul fatto proprio coperto dalla sentenza irrevocabile. Sotto questo aspetto si ritiene che l’interesse difensivo si sia affievolito, poiché è operante l’efficacia preclusiva del ne bis in idem, art. 649. Godono tuttavia del privilegio contro l’auto incriminazione in relazione a fatti diversi da quelli cui si è proceduto al loro carico, art. 198.2. c. La Corte costituzionale ha affermato che gli imputati connessi o collegati che siano stati assolti con sentenza irrevocabile per non aver commesso il fatto, o perché il fatto non sussiste, devono essere trattati in modo simile a testimone comune. La loro estraneità rispetto al fatto è ancora più consolidata dal principio del ne bis in idem. Di conseguenza tali soggetti devono essere esaminati senza l’assistenza di un difensore e senza che sia indispensabile acquisire un riscontro esterno. La caduta di questi privilegi è dovuta alla situazione di assoluta indifferenza conseguente alla sentenza di assoluzione irrevocabile. Resta ferma la disciplina della inutilizzabilità contra se della dichiarazione. Quanto al privilegio contro l’auto incriminazione, in base alla disciplina dell art. 197 bis, tale dichiarante è obbligato a rispondere secondo verità sul fatto proprio coperto dalla sentenza irrevocabile. ,egli gode del normale privilegio contro l’auto incriminazione in relazione a fatti diversi da quello per cui si e proceduto a suo carico art. 198.2. h. La deposizione degli indagati o imputati connessi in caso di archiviazione o di non luogo a procedere La situazione conseguente alla sentenza di non luogo a procedere. L’art. 197 non menziona la sentenza di non luogo a procedere tra i provvedimenti che determinano la cessazione dell’ incompatibilità a testimoniare. Ne consegue che gli imputati connessi per concorso nel medesimo reato che siano stati oggetto di sentenza di non luogo a procedere, sono radicalmente incompatibili con la qualifica di testimone e sono esaminati ai sensi dell art. 210.1. Viceversa, gli imputati collegati o connessi teleologicamente che siano stati oggetto di non luogo a procedere, sono compatibili come testimoni nei limiti dell’art. 64.3. Di conseguenza essi sono sentiti come testimoni assistiti se hanno reso dichiarazioni sul fatto altrui precedute da irrituale avvertimento. In caso contrario essi sono esaminati ai sensi dell’art. 210 comma 6. La situazione conseguente al provvedimento di archiviazione. Nei confronti dell’ indagato, che sia stato oggetto di un provvedimento di archiviazione, che sia ascoltato in un procedimento connesso o collegato rispetto a quello archiviato, vale quanto appena esposto per l’imputato che sia stato prosciolto con sentenza di non luogo a procedere a seguito dell’udienza preliminare. Tuttavia secondo le sezioni unite della Cassazione la persona nei cui confronti sia stata disposta archiviazione, ha perso la qualifica di indagato. per questo motivo tale persona sfugge all’ ambito applicativo dell’ incompatibilità a testimoniare ex art. 197. I. Considerazioni sulla Disciplina della testimonianza assistita. Alcuni ritengono che la testimonianza assistita sia volontaria per due motivi: in primo luogo perché sono dati all’ indagato gli avvisi che ha la facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, e che se renderà dichiarazioni su fatti altrui, assumerà l’ufficio di testimone. E in secondo luogo perché il testimone in questione gode comunque del privilegio contro l’auto incriminazione. Tuttavia anche il comune testimone gode del privilegio contro l’auto incriminazione. E ciò può portare a pensare che tutte le testimonianze sono quindi volontarie Perché ogni testimone gode del privilegio contro l’auto incriminazione. Tuttavia la sola esistenza del privilegio non fa diventare volontari alla testimonianza assistita. l. Il collaboratore e il testimone di giustizia. Il collaboratore di giustizia : è colui che, avendo commesso delitti, con le sue dichiarazioni ha dato un contributo notevole per le indagini per i processi che abbiano ad oggetto delitti di mafia e di terrorismo. Alla persone è riconosciuta una misura di protezione se si trovano in gravi e attuali pericoli a causa della collaborazione. È riconosciuto al collaboratore il diritto ad ottenere benefici sia in relazione alle misure cautelari sia a quelle definitive. Di regola la perizia è disposta a richiesta di parte, ma può essere disposta anche d’ufficio nel dibattimento,. 224.1. Grazie alle indagini la perizia può essere svolta nella forma dell’incidente probatorio. È disposta dal giudice per le indagini preliminari nell ipotesi previste dall’art. 392, Ovvero quando la persona, le cose o i luoghi da esaminare sono soggetti a modificazione non evitabile o quando si prevede che la perizia durerà più di 60 giorni. Per quanto riguarda la scelta del perito, sono previste incapacità ed incompatibilità del perito, art 222, simili a quelle previste per il giudice. si vuole infatti garantire una situazione di terzietà e impregiudicate vista la delicata situazione. L’esito di questo mezzo di prova e la relazione peritale. La relazione è di regola orale, ma può essere in forma scritta se autorizzata dal giudice. Dopo che viene presentata la relazione scritta, il perito può essere sottoposto all’esame incrociato su richiesta di parte, art. 501. In tal modo viene recuperato il contraddittorio sulla prova scientifica. d. Il consulente tecnico di parte all’interno della perizia Quando è stata disposta perizia, le parti hanno la facoltà di nominare i propri consulenti tecnici. Art. 225.1. Al consulente tecnico si applicano le cause di incapacità e di incompatibilità che sono previste per il perito, art. 225.3. In particolare non può essere nominato consulente tecnico colui che è chiamato a prestare l’ufficio di testimone. La funzione del consulente è quella di svolgere indagini, acquisire dati e valutarli. Come per i periti, anche per i consulenti tecnici vige il divieto di accertamenti sul carattere e sulla personalità dell’ imputato, art. 220.2. Tuttavia una differenza sostanziale tra perito e tecnico è il fatto che il perito assume l’obbligo penalmente sanzionato di far conoscere la verità, art. 226, questo obbligo non è previsto per il consulente tecnico. e. Il consulente tecnico di parte fuori dai casi di perizia Mediante la nomina di un consulente tecnico fuori della perizia, l’art. 233, ciascuna parte ha il diritto di tentare di convincere il giudice applicando la legge scientifica che ritiene più corretta. Viene meno la necessità di nominare prima un perito. Il consulente di parte propone valutazioni tecniche, che si traducono in memorie scritte, art. 233.1, e che possono essere oggetto di deposizione orale nell’esame incrociato previsto dall’art. 501. Il consulente nominato da una parte privata può svolgere investigazioni difensive per ricercare ed individuare elementi di prova e può conferire con le persone che possono dare informazioni, art. 391 bis, nonche può esaminare, previa autorizzazione, il materiale che l’autorità giudiziaria ha posto sotto sequestro, art. 233.1 bis. f. La valutazione della perizia e della consulenza tecnica di parte. Il momento della valutazione della perizia e della consulenza presenta due principali rischi, da un lato il rischio che il giudice si rimetta completamente al parere dello scienziato, dall’altra il rischio che egli si arroghi il diritto all’ultima parola, assumendo il ruolo di scienziato dilettante. Questi pericoli si neutralizzano calando la prova scientifica in una valutazione subordinata ai controlli che si applicano alle altre prove. Perciò si applica il modello della motivazione legale e razionale. Ciò significa che il giudice nella motivazione della sentenza deve esporre perché ritiene attendibile la prova sulla quale fonda la sua decisione e perché ritiene non attendibile le prove contrarie. Il giudice nella valutazione deve necessariamente verificare se il risultato della prova scientifica appare coerente con le altre prove raccolte nel procedimento. I prelievi e gli accertamenti coattivi. La legge numero 85 ha adempiuto alle prescrizioni della Corte costituzionale, sentenza n. 238 del 1996, che imponeva di rispettare le riserve di legge e di giurisdizione, stabilite dall’art. 13 comma due cost., per tutti i casi nei quali si debba procedere a limitazioni della libertà personale. Innanzitutto l’art. 224 bis, comma 1 afferma che gli accertamenti coercitivi sono ammessi solo se si procede per un delitto doloso o preterintenzionale, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, oppure per i delitti colposi di omicidio stradale e lesioni personali stradali. In secondo luogo l’art. 224 bis, comma uno reca un requisito di tipo probatorio. Occorre che la perizia risulti assolutamente indispensabile per la prova dei fatti. Infine la norma Vede che l’esecuzione coattiva concerne gli atti idonei ad incidere sulla libertà personale, quale il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persone viventi ai fini della determinazione del profilo del DNA. 6. La prova documentale  La definizione di documento Rappresentazione di un fatto incorporato su di una base materiale. Il concetto di documento ricomprende 4 elementi: 1. Il fatto rappresentato 2. La rappresentazione 3. L’incorporazione 4. La base materiale A. Il fatto rappresentato Questo ricomprende tutto ciò che può essere oggetto di prova: accadimento naturalistico, (es fuga di gas) oppure atto umano (es una dichiarazione). B. Rappresentazione È la ricostruzione equivalente del fatto, che permette di rendere il fatto stesso riconoscibili, quando non è più presente. Le modalità di rappresentazione sono varie: parole, immagini, suoni. C. L’incorporamento È l’operazione mediante la quale la rappresentazione è fissata su di una base materiale. D. La base materiale È sufficiente l’idoneità a conservare la rappresentazione al fine di riprodurlo quando occorre. Può essere una base tradizionale (carta, nastro) o moderna (supporto informatico). E. Documento e documentazione Art. 234.1 : perché vi sia un documento è sufficiente uno scritto o altro oggetto comunque idoneo a rappresentare un fatto, una persona, o una cosa. Viceversa, se il fatto rappresentato è un atto del procedimento penale, si usa il termine “documentazione”. Quest’ultima infatti è la rappresentazione di un atto del procedimento penale che è incorporata su di una base materiale e che è formata da un soggetto del procedimento (giudice, pm, polizia giudiziaria…). Ne è un esempio il verbale di un interrogatorio. c. Il valore probatori del documento. Con la se tenza del 17 marzo 1992 n. 142, la C. Cost. ha precisato che l’art 234 non distingue tra rappresentazione di fatti e rappresentazione di dichiarazione; pertanto il documento contenente una dichiarazione può costituire prova del fatto rappresentato nella medesima e può essere ammesso ai sensi dell’art 190. d. Il documento anonimo Nel primo approccio, definiamo anonima quella rappresentazione della quale non è identificabile l’autore. Se è ignoto l'autore del documento risulta impossibile valutarne la credibilità e l' attendibilità, perciò nel caso di una dichiarazione anonima vige l’inutilizzabilità del documento, art. 240.1. Non è invece regolamentato il documento anonimo che contenga una rappresentazione diversa dalla dichiarazione. Tuttavia poiché le ipotesi di inutilizzabilità di elementi di prova devono essere previste espressamente dalla legge possiamo concludere che i documenti anonimi non dichiarativi possono essere utilizzati. Tuttavia una volta accertato l’autore della dichiarazione, essa non è più anonima e, pertanto, diventa utilizzabile, Poiché è possibile per il giudice verificarne la credibilità e l’ attendibilità. Il codice prevede due eccezioni al divieto di utilizzare il documento contenente dichiarazioni anonime. In base all’art. 240 sono utilizzabili le dichiarazioni che costituiscono corpo delle reato e quelle che comunque provengono dall’ imputato. La prima eccezione è un applicazione dell’art. 235, che impone che il corpo del reato sia sempre acquisito al procedimento. La seconda eccezione permette di utilizzare quelle dichiarazioni anonime che provengono comunque dall’ imputato (presentate da lui), art. 240.1. e. La disciplina di determinati documenti L’art. 234 comma tre, vieta l’acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo. Ai fini del giudizio sulla personalità dell’ imputato e della persona offesa dal reato i documenti utilizzabili sono tassativamente indicati dall’art. 236, comma 1: si tratta dei certificati del casellario giudiziale, della documentazione presente presso gli uffici del servizio sociale e della magistratura di sorveglianza, delle sentenze irrevocabili del giudice italiano e delle sentenze straniere riconosciute. Il codice inoltre pone l’obbligo di acquisire i documenti che costituiscono corpo del reato qualunque sia la persona che li abbia formati o li detenga, art. 235. Sono foto del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato stesso. f. L’uso di atti di altri procedimenti L’articolo 238 permette alle parti di ottenere, a determinate condizioni, che siano acquisite ed utilizzate in dibattimento le prove che sono state raccolte in un altro procedimento penale o civile. Si distingue in questo senso tra atti non ripetibili e atti ripetibili. I verbali degli atti non ripetibili sono utilizzabili in due ipotesi: se si tratta di impossibilità di ripetizione originaria, se si tratta di non ripetibilità sopravvenuta, purché essa sia dovuta a circostanze non prevedibili nel momento in cui l’atto è stato compiuto. Per quanto riguarda gli atti ripetibili c’è un’ulteriore distinzione tra i verbali di dichiarazioni e quelli di prove non dichiarative. Le prove dichiarative:  I verbali delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini sono utilizzabili in due ipotesi, art. 238.42. In primo luogo sono utilizzabili se l’imputato del procedimento vi consente, in secondo luogo in mancanza di consenso dell’ imputato, le dichiarazioni sono utilizzabili se la persona viene esaminata nel procedimento. consegnata copia del decreto di sequestro. Il sequestro è mantenuto fino a quando sussistono le esigenze probatorie. Il limite massimo e la sentenza irrevocabile. Nelle fasi dell’udienza preliminare e del dibattimento: Nel corso delle indagini preliminari. In questa fase la polizia giudiziaria interviene solo in situazione di urgenza. Essa deve mantenere le tracce del reato fino all’ intervento del pubblico ministero, art. 354.1. Se vi è pericolo nel ritardo ed il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente la polizia giudiziaria effettua il sequestro. L’ indagato ha la facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia. La persona interessata può presentare al PM La richiesta motivata di restituzione della cosa sequestrata. Egli provvede con decreto motivato la restituzione della cosa se ritiene che non sussistono più esigenze probatorie. Per quanto riguarda il sequestro di documenti coperti dal segreto professionale o di ufficio la persona chiamata a depositare la cosa ricercata, può opporre un rifiuto solo dichiarando per iscritto l’esigenza di un segreto inerente alla propria professione o al proprio ufficio. Sequestro di corrispondenza. È possibile procedere al sequestro di lettere o altri oggetti di corrispondenza inoltrati per via telematica se l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che quella corrispondenza costituisca corpo del reato. Quanto all’oggetto fisico, l indagato ha diritto a richiedere la restituzione della copia nel caso manchino i presupposti del trattenimento da parte dell’autorità giudiziaria. 5. Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni. È intercettazione quella captazione, ottenuta mediante strumenti tecnici di registrazione, del contenuto di una conversazione o di una comunicazione segreta in corso tra due o più persone. a. I principi costituzionali sulle intercettazioni Art. 15 cost. “ La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.” Emerge innanzitutto una riserva di giurisdizione, poiché l’intercettazione può essere autorizzata solo con un provvedimento del giudice. Inoltre vi è una riserva di legge rinforzata poiché devono essere stabilite garanzie nel momento in cui la norma preveda limitazioni alla libertà e segretezza della corrispondenza. 1) Comunicazione o conversazione segreta. Innanzitutto perché ci sia intercettazione, è necessario che i soggetti intercettati comunichino con l’intenzione di escludere estraneo dal contenuto della comunicazione, per tenere quest’ultima segreta. 2) Strumento di captazione. Il soggetto che intercetta deve usare strumenti tecnici di registrazione idonei a captare il contenuto della comunicazione (non è intercettazione per esempio ascoltare di persona una comunicazione, origliando). 3) Terzietà e clandestinità. Il soggetto che capta deve essere estraneo alla comunicazione e deve operare in modo clandestino (altrimenti sarebbe documento, e non intercettazione). L’intercettazione può essere effettuata solo dal PM su autorizzazione del GIP (ARTT 266-271). Anche nella intercettazione quindi c’è la riserva di giurisdizione. Divieti di intercettazione: nei confronti dei soggetti per i quali è necessaria una autorizzazione specifica (es, intercettazione parlamentare richiede l’autorizzazione della camera di appartenenza), oppure soggetti coperti da segreto professionale. Ove il divieto siamo violati, l’intercettazione è inutilizzabile (art 271). Il decreto legge 30 dicembre 2019, n. 161, conv. nella legge 28 febbraio 2020, n. 7. IMPORTANTE (non è spiegata sul libro). b. I requisiti per disporre le intercettazioni b.1. I requisiti concernenti i procedimenti per i reati comuni I reati intercettabili. Esatta dei reati previsti dall’art. 266.1. da un lato abbiamo i delitti dolosi o preterintenzionali puniti con una pena superiore nel massimo a 5 anni, dall'altro abbiamo Reati meno gravi, per i quali tuttavia l’intercettazione si rivela uno strumento di indagine particolarmente utile. Parliamo per esempio della minaccia, l’ abusiva attività finanziaria, o la molestia. l'intercettazione inoltre è a messa per i reati commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche telematiche. I requisiti probatori i gravi indizi di reato. Perché l’intercettazione possa essere disposta occorre che dagli atti di indagine risultino gravi indizi di reato, art. 267.1. Non è tuttavia richiesto il requisito di gravi indizi di colpevolezza, come per le misure cautelari, ciò significa che non è richiesta la prova della attribuibilità del reato ad una determinata persona. Anzi possiamo affermare che l’individuazione del responsabile molto spesso può costituire lo scopo stesso per il quale è disposta intercettazione. Nella valutazione dei gravi indizi di reato si applica l’art. 203.3 significa che gli indizi si basano su dichiarazioni confidenziali di informatori della polizia, queste dichiarazioni possono essere utilizzate solo quando gli informatori sono stati esaminati come testimoni. Diversamente le loro dichiarazioni non possono essere utilizzate. Sotto il profilo probatorio l'intercettazione deve essere assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. La durata dell intercettazione non può superare i 15 giorni, ma può essere prorogato dal giudice. L’intercettazione nel domicilio privato EA messa solo se c'è fondato motivo di ritenere che nel domicilio medesimo si stia svolgendo l'attività criminosa. b. 2. I requisiti concernenti i procedimenti per i reati di criminalità organizzata o equiparati La legge prevede requisiti attenuati per l’intercettazione in presenza di delitti particolarmente gravi, come la criminalità organizzata, la minaccia tramite telefono, il terrorismo, i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. b. 3. L’autorizzazione d giudice Il procedimento esecutivoordinario.in base all’art. 267 il pubblico ministero deve chiedere al giudice per le indagini preliminari l’autorizzazione a disporre le intercettazioni. Gli deve inoltre trasmettere gli atti dai quali si ricava l’esistenza dei presupposti per l’intercettazione. Il procedimento esecutivo di urgenza. Nei casi di urgenza, ma in presenza di tutti i presupposte, l’intercettazione è disposta dal PM virgola che deve comunicare il relativo decreto motivato al giudice non oltre 24 ore decorrenti dal proprio provvedimento punto il giudice a sua volta entro 48 ore deve convalidare Il provvedimento. Il decreto esecutivo. Dopo che il giudice ha autorizzato le intercettazioni il pubblico ministero emana un decreto con cui regola modalità e durata delle operazioni, art. 267.3. Utenze Intercettabili. Sono intercettabili le utenze riferibili agli indagati, testimoni, persone e strane ai fatti quando queste possono essere destinatarie di comunicazioni provenienti da indagini o da testimoni. c. La vecchia normativa sulle intercettazioni c. 1. La redazione dei verbali sommari tale normativa è applicabile ai procedimenti iscritti fino al 31 agosto 2020. Innanzitutto le comunicazioni intercettate sono registrate, e trascritte in un verbale. Tali intercettazioni sono utilizzabili già durante le indagini preliminari. A questo punto il PM pro però un primo controllo, successivamente trasmette gli atti al giudice per le indagini preliminari che deciderà l’acquisizione delle intercettazioni. Quanto al deposito delle intercettazioni, terminate le operazioni, il pubblico ministero attiva i preliminari all' udienza di stralcio virgola che consistono nel deposito delle intercettazioni che la pubblica accusa ha ritenuto rilevanti. Del deposito è dato immediato avviso ai difensori delle parti private. c2. L’udienza di stralcio Il pubblico ministero e le parti private hanno l’onere di chiedere al giudice per le indagini preliminari l’acquisizione delle intercettazioni, cioè coerente con il sistema accusatorio, nel quale la prova è ammessa a richiesta di parte. Successivamente il giudice dispone la trascrizione integrale delle registrazioni che ha ammesso. Questo punto i difensori possono estrarre copia delle trascrizioni effettuate. Queste ultime poi devono essere inserite nel fascicolo per il dibattimento. IL RESTO APPUNTI ASIA Le prove: Confessione ed intercettazione e sorveglianza elettronica (csi effect) Confessione: non è presente nel libro. È un tipo di prova considerata come regina delle prove, poiché si può considerare chiuso il momento dell’accertamento. Tuttavia non è più così, oggi non viene disciplinata in modo esplicito dal codice di procedura penale. Non vi sono delle regole specifiche di raccolta della confessione, al contrario di quanto invece previsto per perquisizione ad esempio. In procedura civile invece la confessione è una delle prove considerate prove legali, modello di valutazione della prova, contrapposto alla libera discrezionalità del giudice. Nel processo penale non i è l’automatismo tra confessione e condanna. Nella creazione degli errori giudiziari ha un ruolo fondamentale. I rimedi a questo: 1. presenza del difensore, consapevole. 2. video registrazione degli interrogatori, evita le violenze o prova di come è andato l’interrogatorio. 3. Tecniche interviste cognitive, spesso usate ai testimoni. o PEACE create per cercare di evitare gli effetti di tecniche negative. 4. Articolo 192, secondo cui le dichiarazioni possono essere utilizzate come prove, se vi solo elementi di riscontro. Le intercettazioni: al centro del dibattito dove porre limiti alle capacità degli inquirenti nella vita privata delle persone coinvolte nel reato o no. I principi e valori coinvolti in intercettazioni : è un quadro assimilabile a perquisizioni ed ispezioni. Nelle intercettazioni vi è l’art 15 della costituzione, il quale tutela la riservatezza delle comunicazioni, è il valore fondamentale di riferimento e prevede una tutela rafforzata, e cioè un riserva di legge e riserva di giurisdizione. Significa quella di legge la previsione specifica di determinate tecniche. Quella di giurisdizione es sottrarre questo strumento di indagine alle autorità giudiziarie. Quello 15 fa necessità d’intervento all’autorità giudiziaria. In caso di perquisizioni, vi è il riferiremo all’art 13 e 14, tutela lb. Pers. e domicilio. A seguito dei contesti il termine autori giudiziaria viene interpretata a seconda dei contesti, (registrazione) talvolta si fa riferimento alla figura del giudice, questo è il caso delle intercettazioni. E quindi necessaria l’autorizzazione del giudice non solo del PM. Diversi sono i valori messi a repentaglio con le intercettazione, il diritto alla privacy/ riservatezza, espresso anche nella cedo all’articolo 8, art 7 e 8 carta dir. fond. Eu. In Italia il diritto alla privacy a livello costituzionale, l’articolo 15 cost non ne fa riferimento, perché fa riferimento solo alle comunicazioni, quindi non a tutta la sfera della privacy. C’è chi fa derivare la privacy all’articolo 2 della costituzione, questa soluzione sul piano di vista dei principi è positiva. Sul Iano di vista processuale, non si dice nulla verso la doppia riserva di giurisdizione. Non impone quindi la limitazione dell’autorizzazione da parte del giudice. Spunti importanti invece dalle corti sovranazionali, esempio, che dei vincoli più elevati derivano dalla carta dei diritti fondamentali o dalla convenzione edu. Pone dei problemi concreti, esempio l’intercettazione ha una tutela molto elevata, ma l’utilizzo di tecniche intercettati di dati, esempio navigazione internet o utenze telefoniche, ha una tutela più bassa. Meccanismo difficile da scardinare, motivo per cui si potrebbe teoricamente, non ancora applicata, si fa riferimento alla giurisprudenza sovranazionale. Articolo 182 codice della privacy, riguarda i meta dati. I meta dati possono violare molto di più i principi costituzionali. Articolo 1 costituzione tedesca, che protegge la dignità umana, la corte tedesca ha estratto un nuovo dritto costituzionale che è la tutela della sfera digitale dell’individuo. In italia l’art 15 si riferisce alle conversazione, e una corte indica una conversazione la comunicazione tra due utenti, ma l’interazoen con la macchina non conversazione. —> limite intercettazioni. Inv ia interpretativa si è cercato di intervenire cercando di dare un’interpretazione ampia dell’art 14, da cui si possa estrapolare la definizione di domicilio virtuale. Quindi lo spazio virtuale in cui si esprime la propria responsabilità. Non risolve però tutti i problemi, perché, se all’inizio veniva applicata letteralmente, quindi la captation dei dati del computer solo se il pc era nel domicilio, se invece era in ufficio non ricadeva all’interno della protezione. Critica superata, però i limiti permangono, specie per determinati tipi di devcice. Ad esempio i dati del cellulare non sono riconosciuti appartenenti al domicilio, ama farli ricadere nell’articolo 13. Così come persuasibile lo zaino, tanto sarà il cellulare. Si tratta di un approccio, che cerca di tappare i buchi, assimilando il dato digitale a delle categorie già molto sviluppate in giurisprudenza. Ci sono quindi autori che sottolineano, come fatto in germania ad esempio, di affrontare di petto il problema, creando un nuova tutela che vado oltre alle sole comunicazione, per un fondamento teorico per tracciare dati non comunicativi. Altro punto critico è che questa tocca anche i diritti di riservatezza dei terzi, e non solo dell’indagato. Viene infatti quasi sempre il diritto di qualcuno non indagato. Anche per questo vi è una tutela rafforzata, esempio dati condivisi non conversazione si ritorna al punto di prima. La tutela rafforzata è giustificata infatti da questo, la disciplina di queste intercettazioni, non sono definite nel nostro ordinamento in codice esplicita. Il significato è stato elaborato dalla dottrina, e cioè un’attività di un terzo di comunicazioni riservate nel momento in cui si svolgono. Si tratta di un’attività di un terzo, ma se uno dei due registra quella non è una intercettazione. Casi pratici, ex se uno dei partecipanti sa che un terzo sta intercettando, è comunque una intercettazione. Nel codice non diciamo quali tipo di conversazioni sono intercettazioni. Ogni forma, in accordo con Art 189, prove atipiche. Se la registrazione è pubblica non è intercettazione, ma a bassa voce, al telefono, in una chat, stanza chiusa, sono intercettazioni private. Serve uno strumento per superare la soglia di segretezza, necessaria una tecnica una conversazione che altrimenti non lo sarebbe . Esempio casi problematici: elemento di terzietà, importante che siano intercettazioni dall’agente sotto copertura attrezzato per il suono. (Non è intercettazione o attività di indagine regolamentata, fa si che questo caso ricada nell’articolo 189, le sezioni unite però nell’89 sottolinea che non è corretto questo punto, e quindi, che la legittimità della prova atipica e controbilanciarla ai diritti dell’indagato si propenda per l’inutilizz abilità delle informazioni prese inc orso di queste indagini. Saranno di supporto per ie indagini ma non come prova a giudizio.) Intercettazioni, ascolti di conversazioni future, non passate, punto importante i presupposti di un’intercettazione? Distingue il codice tra tre regimi, uno ordinario, i cui presupposti sono di tre tipi: La prima è la presenza di gravi indizio di reato, cioè la sussistenza del reato, e quindi non solo il telefono dell’indagato ma anche l’utenza di persone terze, che si presume possano rivelare informazioni su cui sussistono gravi indizi. La legge non predetermina i soggetti. Si parla di indizia gravi di reato, e non colpevolezza. seconda condizione, è che si possano intercettare solo reati gravi, per cui è prevista una pena di reclusione e superiori Enel massimo a cinque anni. Contenuto nell’elenco chiuso del codice all’articolo , applicato con il 416 bis, nel 2020 riformato. —> punto critico fondamentale, i presupposti della legge cercano di delimitare la discrezionalità del pm. Chi è che determina l’imputazione è il pubblico ministero in via esclusiva. Come si fa a verificare che l’imputazione sia coerente con i fatti? E quindi fato per permettere mezzi di indagine riservati a pene più importanti? Il pm chiede di utilizzare l’intercettazione, e sarà i giudice sulle indagini preliminare che effusa il controllo della congruenza della richiesta e dei fatti. Nonostante siano indagini preliminari, momento di indagine, l imputazione è fluida, poco bene definita, è frequente infatti, che il pm possa aver utilizzato un imputazione particolarmente grave che consente di utilizzare mezzi di indagine gravi, differentemente non ammissibile. (Unico indagine per cattedra diritto tributario, anche in quel caso, il capo d’imputazione più alto di quanto prevista, così da poter utilizzare l’intercettazione. Terzo presupposto, è che l’intercettazione non sia l’indagine iniziale, vietata quindi come primo atto, ma sia una extrema ratio, e cioè indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. —> caso contrario si ridurrebbe in nullità delle prove raccolte così facendo. Fishing expedition: una spedizione di pesca, termine per la captazione dei dati, idea dietro anche al terzo presupposto del terzo presupposto, critico per il rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Altro limite è che le intercettazioni hanno una durata, massima di 15 giorni, possibile provocazione fino alla fine delle indagini preliminare stesse. Presupposti attenuati, che siano sufficienti, necessità per il proseguimento e limite di 40 più 20 gg. <— concessione discrezionale del giudice magari per reati complessi, per cui il limite di 15 sia insufficiente. Le intercettazioni preventive: uno strumento d’intelligence, finalizzato all’acquisizione di notizie di reato, non prove. Non servono per proseguire le indagini, ma utili a trovare elementi per iniziare le indagini. Discrezionalità ampia ai PM, appunto per cui, i risultati, non possono assolutamente utilizzate nel processo come prove. II PRESUPPOSTI RAFFORZATI: solitamente per comunicazioni, nell’idea classica. Ma sono possibili anche tra presenti, (ambientali, ma la corte di cassazione nel caso virassi, importante è tra presenti.) cioè in questo caso il Device non è nel telefono per intercettare, ma collocato in un luogo e vengono intercettate le conversazioni avvenute in quel luogo. Finché sia al di fuori del domicilio, valgono le stesse condiizioni per intercettazioni tematiche. Ma se il luogo è il domicilio, si deve tenere in considerazione quanto tutelato dall’articolo 14 cost, doppia protezione, privacy e domicilio (14). Circa flagranza di reato. Prova documentale (altre prove sul libro) parte generale e prova digitale. La prova documentale, intende in vi molto generale, art 234 cpp, parla di scritti e documenti che rappresentano individui o conversazioni per immagine audio ecc ecc con qualsiasi mezzo.<—vedi articolo, definizione aperta. Fondamentale è che abbia un contenuto di fatti, individui e\o conversazioni, che siano significativi al processo. Importante è distinguere documenti ed atti: è documento ciò costituito fuori dal procedimento, non documento, quindi atto è invece ciò costituito ,dalla polizia difensore o pm, cioè da persone coinvolte nello sviluppo del procedimento. Per riprodurre i documenti in processo bisogna richiedere l’ammissione al giudice, di fatto vengono quasi sempre ammessi, tranne se viziati, cioè irrilevanti. . Per gli atti, invece, è importante il principio del contraddittorio e separazione delle fasi, quindi il regime che riguarda l’articolo 421cpp, solo nei casi eccezionali i fascicoli passano nel fascicolo del dibattimento. (documentazione= verbalizzazione) Documenti a regime particolare: - documenti proveniente dall’imputato -> Hanno un regime di favore,l’acquisizone di questi può avvenire di ufficio, si intende che siano formate dall’imputato (ex una lettere dell’imputato) oppure documenti prodotti da lui, cioè documenti che l’imputato vuole produrre\depositare nel fascicolo procedimentale. - Documenti all’estero-> Per questi documenti serve il consenso del legittimo titolare per essere portati nel processo. I documenti digitali, però spesso provengono da stati esteri (domicilio del services) il quale detiene il documento. In mancanze di risposta dal provider è possibile fare ricorso a strumenti di cooperazione internazionale ex rogatorie, nuovo strumento eurpean order, un modo per prove processuali. - documento anonimo ->l’ordinamento ha unattegiamnetno molto restrittivo su questa categoria, riferimenti normativi articolo 194\3 e 195\7 divieto di utilizzo in processo di « voci di corridoi » come prove. In coerenza con il caso in cui la fonte rimane anonima, 203. Ma cosa si intende per anonimo riferito al documento? Documento anonimo, secondo l’interpretazione prevalente, è un documento che non solo non è firmato ma di cui non si riesce a ricostruire la provenienza. Sul documento anonimo si applica la teoria del codice, fondata a sua volta sulla teoria di Carnelutti del secolo scorso, che distingue le scritture dai filmati. Le Scritture sono descrizioni scritte di avvenimenti (di cui è importante la provenienza ) se manca la provenienza non costituisce prova. Quelli considerati come filmati, sono documenti diretti, rappresentazioni oggettive. Non vi quindi bisogno di sapere da dove provengono. . poca giurisprudenza adatta alle innovazioni tecnologiche, che possono falsare i documenti così definiti oggettivi. L’art 239 cerca di introdurre un bilanciamento, fare una verifica sull’affidabilità di questo documento non vi è l’obbligo di acquisizione diretta. Tutta la disciplina ovviamente, se è corpo di reato, non viene applicata. - I documenti narrativi, ex diari, valutazioni soggettive? Troviamo discordanza in dottrina, tra chi le equipara ad altre prove, e che non le ritiene ammissibili poiché personali. Per alcuni ammissibili se la fonte diretta non sia più disponibile, e per altri che rispetti le eccezioni del contraddittorio. Disciplina 195? - Per quanto riguarda la Prova documentale che deriva da altri procedimenti? l’ art. 238. È questo un caso in cui le due categorie di prove si mischia, cioè la prova formata in altri procedimenti è un atto, però che una volta che cambia procedimento diventa un documento. Procedimento x è un atto trasferito in altro processo diventa documento, ma poiché non è precostituita, ma formata in altro processo, vi sono delle condizioni di utilizzo: In particolare la prova è utilizzabile, come prova documentale, solo se formata in contraddittorio. Si cerca così di limitare il pregiudizio per l’imputato, quindi solo gli atti formati come incidenti probatorio o in dibattimento, possono diventare prova documentale in altro processo. Altra garanzia all’imputato è che se si tratta di una prova dichiarativa, è possibile che diventa prova in altro procedimento, solo se nell’altro processo il difensore dell’imputato era presente (anche se imputazione diversa). Nel processo civile, i limite diventano più astringenti, per cui, è possibile il passaggio da procedimento all’atro solo se il processo civile si è concluso in modo definitivo, e se è una prova dichiarativa è utilizzato solo se l’assistenza civile fa stato nei suoi confronti. Questi limiti valgono solo quando la prova deve essere utilizzata contro l’imputato, quindi in bonam partem i limiti non sussistono. Prova irripetibile: era prova di cui si chiede acquisizione è divenuta prova irripetibile, può essere acquisita anche senza rispetto del contraddittorio, infatti il contraddittorio è limitato proprio da questa irripetibilità. Questa dovuta a fatti e circostanze imprevedibili, ex morte dichiarante? Può transitare liberamente, ma se fosse malato, noto anche al PM, si potrebbe obiettare che le circostanze non fossero imprevedibili, e quindi avrebbero dovuto fare un incidente probatorio. Unico utilizzo di prove formate in altri processi è quello delle contestazione, istituto particolare, che si svolge durante il dibattimento, per cui serve il consenso dell’imputato. Richiesta di ammissione da anticipare insieme alle liste dei testimoni. Quanto il procedimento è all’estero? Si applica articolo 78 disposizioni attuative cpp. Se formate su richiesta italiana si applicano le regole per le rogatorie\OEI ed articolo 431.1 cpp. Si può usare una sentenza come prova? Sì se riguardano l’imputato o la persona offesa per dare un giudizio sulla personalità dell’imputato o dell’offeso. art.236 cpp. Anche nei casi in cui il casellare giudiziale serva per verificarne l’affidibilità, ad esempio se querelato di calunnia. Le sente italiane IRREVOCABILI possono diventare prova per i fatti accertati al loro interno. Si uniscono due criteri : uno della pertinenza dell’articolo 18 (fatti processuali), e in più anche quello 192 comma 3 , obbligo di elementi di riscontro che confermano quanto detto dalla sentenza (regola di corroboration introdotta perché c’è molta credulità ad usare una sentenza come prova. Dato che la sentenza è una rielaborazione delle prove a sua volta.) CAPITOLO V: SEZ. I – I PRINCIPI CHE REGOLANO IL DIBATTIMENTO 1. Le disposizioni generali sul dibattimento 2. La pubblicità delle udienze a. Il concetto di pubblicità Parliamo di pubblicità immediata quando soggetti estranei al processo sono presenti in aula ed assistono direttamente all’ udienza. Mentre parliamo di pubblicità mediata quando questa viene attuata attraverso la pubblicazione degli atti del dibattimento tramite la stampa o altro mezzo di diffusione. b. La pubblicità immediata. La pubblicità immediata è assicurata dallo svolgimento dell'udienza aperta al pubblico, a pena di nullità. Tuttavia vi sono alcune eccezioni in cui il giudice dispone che si proceda a porte chiuse Con divieto di pubblicazione degli atti. Si tratta delle ipotesi in cui la pubblicità può nuocere al buon costume, e quando la diffusione di notizie concerne informazioni da mantenere segrete nell interesse dello Stato. ci sono poi eccezioni un cui il giudice dispone l’obbligo di procedere a porte chiuse senza divieto di pubblicazione degli atti. Questa eccezione concerne i casi un cui la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, (es. quando vi sono manifestazioni del pubblico che turbano il regolare svolgimento delle udienze) , oppure quando bisogna salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputato. Il regime giuridico previsto per i delitti di violenza sessuale e assimilati. Di regola i procedimenti in questo ambito vengono svolti a porte aperte. Tuttavia quando la persona offesa è adulta può chiedere che si svolga il processo a porte chiuse, mentre quando la persona offesa è minorenne si procede sempre a porte chiuse. c. Le riprese televisive nel dibattimento Per quanto riguarda le riprese televisive del dibattimento il codice prevede quattro divieti: a) buon costume, b) notizie segrete nell’interesse dello stato, c) riservatezza su fatti che non costituiscono oggetto dell’imputazione, d) esami di minorenni a porte chiuse. Salvo queste quattro eccezioni, c’è una ampia discrezionalità del giudice per quanto riguarda le riprese televisive. Occorre però ricordare che se una delle parti non consente, di regola il giudice non può autorizzare la ripresa o la trasmissione. Inoltre se i soggetti non vi consentono, il giudice non può autorizzare la ripresa delle sole immagini di parti, testimoni, periti, consulenti tecnici, e ogni altro soggetto che deve essere presente. Anche la legge talvolta può vietare la ripresa delle immagini, ad esempio quando riprendono un minorenne. 3. Il principio del contraddittorio Vedi PARTE II 4. I principi di Oralità L’ oralità è la regola per proporre dichiarazioni durante il processo. 5. Il principio di immediatezza Il principio di immediatezza comporta un rapporto privo di intermediazione tra l’acquisizione delle prove e la decisione dibattimentale. Questo principio può essere scisso in due corollari: da un lato deve esserci identità fisica tra il giudice che decide ed il giudice di fronte al quale si svolge il dibattimento; dall’altro, la decisione deve essere basata sulle prove che sono state legittimamente acquisite in tale fase. Il principio di identità è sancito dall’art. 525.2, ed ha lo scopo di permettere al giudice di valutare mediante l’esame incrociato la credibilità e l’ attendibilità di ogni dichiarante, garantendo il diritto alla prova. Partecipazione dell’imputato al dibattimento (vedi paragrafo 2 capitolo 3 Udienza preliminare). 12. I provvedimenti del giudice in relazione alla costituzione delle parti 1) La valutazione della regolarità della notifica All’inizio dell’udienza dibattimentale il giudice deve controllare se vi è stata regolare costituzione delle parti, art. 420. Il giudice, se accerta la nullità di un avviso o di una notificazione, deve fissare la data della nuova udienza e deve ordinare la rinnovazione della vacatio in iudicium. 2) L’assenza del difensore in assenza del difensore dell’ imputato il giudice designa un sostituto che sia immediatamente reperibile, Salvo caso di assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, in questo caso infatti il giudice fissa con ordinanza la data della nuova udienza. 3) Il legittimo impedimento dell’ imputato. In caso di assenza dell’ imputato il giudice deve verificare che ci sia il legittimo impedimento e se questo provoca un’ assoluta impossibilità di comparire in udienza. Solo in presenza di questi due requisiti il giudice deve disporre il rinvio ad una nuova udienza. Diversamente il giudice procede in assenza dell’ imputato. 4) L’imputato “considerato presente” Ai sensi dell’art 420 bis comma tre, l’imputato che, dopo essersi presentato, si è allontanato dall udienza o che, presentandosi ad una udienza, non compare ad una successiva, è considerato presente ed è rappresentato dal difensore. 5) Rinunciato ad assistere Se l’imputato ha rinunciato ad assistere all’udienza volontariamente, il giudice procede in sua assenza. 6) L’imputato dichiarato “assente” È dichiarato assente l’imputato quando non ha legittimo impedimento a comparire o quando l’ impedimento non provoca un’ assoluta impossibilità di comparire in udienza. In presenza di determinati fatti il giudice può ritenere l’imputato à conoscenza dell’udienza : a) Se l’imputato ha dichiarato o eletto il domicilio b) Se l’imputato è stato arrestato, o sottoposto a misura cautelare c) Se l’imputato ha nominato un difensore di fiducia d) Se l’imputato ha ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza. 7) La sospensione del processo nei confronti dell’imputato irreperibile Può succedere che nei confronti dell’ imputato non comparso, che sia stato destinatario di una notifica formalmente valida, risulti impossibile far operare i meccanismi presuntivi di conoscenza dell’udienza. Il giudice in questi casi, se non risulta con certezza che l’imputato è a conoscenza del procedimento, deve rinviare l’udienza e disporre che l’avviso sia notificato all’ imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria. Se la notifica personale ha successo e l’imputato non compare il giudice dichiara di procedersi in assenza. Ma se la notifica non risulta possibile, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo. Se risulta prospettabile un proscioglimento dell’ imputato, le esigenze di giustizia e di tutela della presunzione di innocenza impongono di pervenire a sentenza anche nei confronti dell’ imputato irreperibile. 13. Gli accertamenti successivi alle ordinanze di procedersi in assenza e di sospensione del processo Durante il procedimento possono verificarsi situazioni per cui il giudice deve revocare l’ordinanza di procedersi in assenza (art 420 bis). La mera comparizione tardiva. Nel caso in cui l’imputato compare tardivamente senza giustificato motivo, si revoca l’ordinanza di procedersi in assenza e si prosegue nel modo ordinario. La comparizione tardiva con prova della mancata conoscenza. In caso di assenza per forza maggiore o caso fortuito con assoluta impossibilità a comparire, il giudice deve inviare l’udienza dibattimentale e l’imputato ha sia il diritto di formulare quelle richieste di prova che si collocano prima dell’istruzione dibattimentale, sia il diritto à chiedere la rinnovazione delle prove già assunte. L accertamento della mancata conoscenza del procedimento. Quando il giudice accerta l’esistenza delle condizioni per dichiarare la sospensione del processo, revoca l’ordinanza di procedersi in assenza. 7-bis) la revoca dell’ordinanza di sospensione del processo Il giudice, passato un anno dalla sospensione del processo, deve disporre nuove ricerche dell’imputato. Se la notifica ha avuto esito positivo o si accerta la conoscenza da parte dell’imputato del procedimento, la sospensione viene revocata. A questo punto il giudice fissa la data dell’udienza. 14. Le questioni preliminari Dopo che è stato completato l’accertamento della costituzione delle parti c’è la possibilità, per le parti stesse, di porre eventuali questioni preliminari. Esse hanno però l'onere di porre tali questioni subito dopo l’accertamento della costituzione delle parti, art. 491. Le questioni proposte dalle parti sono discusse dal pubblico ministero e da un difensore per ogni parte privata e sono immediatamente decise dall’intero collegio con ordinanza. Non sono ammesse repliche, pertanto la parte che propone la questione deve prevedere quali saranno le obiezioni della controparte e rispondere a queste in anticipo. Questioni preliminari che sono precluse il momenti successivi. 1) Questioni concernenti la competenza per territorio o per connessione che non siano state respinte in sede di udienza preliminare. Per quanto concerne l’ incompetenza per materia, poiché è eccepibile in ogni stato e grado del procedimento, non può essere oggetto delle questioni preliminari. 2) Le questioni concernenti le nullità indicate nell’art. 182 comma 2 e 3. Si tratta delle nullità relative intervenute negli atti di indagine, nell incidente probatorio e nell udienza preliminare. Nel procedimento ordinario, queste nullità devono essere eccepite prima che si concluda l’udienza preliminare. Mentre nei procedimenti speciali, nei quali manca tale fase, l’eccezione deve essere posta in sede di questioni preliminari. 3) Questioni preliminari e riguardanti regolare costituzione delle parti private diverse dall’ imputato. SEZ. II- IL DIBATTIMENTO 15. L’apertura del dibattimento e le richieste di prova a) Le richieste di prova Una volta controllata la costituzione delle parti e avvenuta la discussione e decisione delle eventuali questioni preliminari, si dichiara aperto il dibattimento. È il momento principale della fase del giudizio di primo grado. In questa fase avviene l’istruzione dibattimentale, nella quale la prova si forma nel contraddittorio delle parti mediante l’esame incrociato. Qua ci sono Le richieste di prova che sono presentate dal pubblico ministero e difensori delle parti private eventuali, nonché dal difensore dell’imputato. Vi è poi Indicazione dei fatti da provare e di conseguenza la richiesta di ammissione dei mezzi di prova rivolta al giudice. b) L’ammissione delle prove Vedi capitolo precedente sull’ammissione dei mezzi di prova c) Le dichiarazioni spontanee Dopo la formulazione delle richieste di prova, l’imputato ha la possibilità di rendere in ogni stato del dibattimento dichiarazioni opportune che si riferiscano all’oggetto dell’imputazione. d) Le prove ex adverso Nella categoria della prova contraria rientrano quelle che vengono definite prove ex adverso. Si tratta di quelle prove che diventano rilevanti solo all’ esito dell’escussione delle prove orali. Es. Il testimone A afferma di non essere stato in un determinato posto in un determinato giorno, mentre la controparte B indica che A è stato in quel posto, in quel giorno. Quest’ultima prova diventa rilevante solo quanto il testimone A nega l’esistenza di un determinato fatto. e) L’acquisizione concordata di atti di indagine È consentita l’acquisizione concordata al fascicolo del dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all’attività di investigazione difensiva, art. 493.3. L’istituto in esame si manifesta in concreto attraverso l’acquisizione concordata aggiuntiva e quella sostitutiva. L’acquisizione concordata aggiuntiva rispetto alla prova orale non esclude l'assunzione del mezzo di prova; l’atto di indagine oggetto di trattativa è destinato ad affiancarsi agli elementi ottenuti in contraddittorio attraverso l’esame incrociato della fonte. Per quanto riguarda l’acquisizione sostitutiva, le parti concordano l’inserimento di un atto di indagine nel fascicolo per il dibattimento e al tempo stesso rinunciano all’ assunzione del relativo mezzo di prova. f) L’ammissione dei verbali di altri procedimenti penali Una delle parti chiede l’esame di una persona, testimone o imputato connesso o collegato, della quale esistono dichiarazioni in un verbale di altro procedimento penale, ammesso come documento, art. 238. - Per effetto di provata condotta illecita 1) Il consenso dell’imputato Non è illimitato, ma applicato solo in virtù del principio di economia processuale e senza che tale rinuncia pregiudichi la correttezza della decisione. Questo avviene mediante acquisizione concordata per cui le parti concordano che i verbali di determinato atto contenuti nel fascicolo del pm siano acquisiti nel fascicolo per il dibattimento. 2) L’accertata impossibilità di natura oggettiva. Ci si riferisce alle situazioni di non ripetibilità originaria o sopravvenuta per cui non sia più possibile assumer in contraddittorio quell’elemento di prova. Vi è tuttavia un dibattito sull’esistenza in concreto del requisito dell’impossibilità oggettiva. 3) La provata condotta illecita Ci si riferisce alle condotte contrarie al diritto finalizzate ad indurre il dichiarante à sottrarsi al contraddittorio. c. Il principio generale dell’inutilizzabilità delle precedenti dichiarazioni Art 526.1: il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento. Perciò salvo eccezioni (sopra menzionate) le prove dichiarative precostituite sono inutilizzabili. Inoltre resta fermo lo sbarramento rispetto alle dichiarazioni unilaterali di chi ha eluso il contraddittorio (principio enunciati dall’art 111.4 cost e ripreso dall’art 526 cpp) = sono inutilizzabili come prova di colpevolezza le dichiarazioni rese da chi per libera scelta si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore. d. La consultazione di documenti in aiuto della memoria Art 499.5 “il testimone può essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto della memoria, documenti da lui redatti”. Questo è un diritto sia del testimone sia della parte. 2 requisiti: documenti redatto dalla parte che chiede di consultarli ; consultazione chiesta per rinfrescare la memoria. Il documento consultato deve essere reso conoscibile alla controparte, che lo possono usare ai fini del controesame. e. La contestazione probatoria La seconda modalità di utilizzazione delle precedenti dichiarazioni è la contestazione. A colui che depone viene contestato di aver reso una differente dichiarazione in un momento anteriore al dibattimento. Essa deve essere contenuta nel fascicolo del Pm, e quindi consisterà in un atto delle indagini preliminari, dell’UP o dell investigazione difensiva. La finalità della contestazione probatoria. Da un lato si cerca di mettere in dubbio la credibilità del soggetto che in dibattimento cambia versione dei fatti. Dell’altro si vuole permettere allo stesso soggetto di ricalibrare quanto affermato in dibattimento. Requisiti: - Deve trattarsi di precedenti dichiarazioni contenute nel fascicolo del Pm - Le precedenti dichiarazioni sono rese dalla stessa persona che in dibattimento cambia versione. - La contestazione deve avvenire solo se sui fatti da contestare il testimone o la parte abbia già deposto in dibattimento. Modalità contestazione: lettura delle precedenti dichiarazioni e richiesta al deponente di rendere conto dei motivi della diversità. Il deponente può sia rettificare le deposizioni dibattimentali, eliminando la difformità; sia mantenere le diverse versioni. Differenze tra Diversi tipi di dichiaranti per quel che concerne le precedenti dichiarazioni. 1) Precedenti dichiarazioni rese dal testimone. L’articolo 500 comma due stabilisce che le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate ai fini della credibilità del testimone. Perciò la precedente dichiarazione è utilizzabile dal giudice solo per valutare la credibilità del soggetto che in dibattimento ha reso una differente versione o è rimasto silenzioso. Viceversa la precedente dichiarazione non può costituire prova del fatto narrato. In definitiva possiamo dire che la contestazione serve al massimo per togliere valore alla dichiarazione dibattimentale, ma non è utile per formare la prova dell esistenza del fatto narrato nella precedente dichiarazione. Eccezione: la prova del fatto narrato. Vi sono eccezioni in cui le dichiarazioni precedenti sono utilizzabili come prova del fatto narrato in aggiunta alla valutazione ai fini della credibilità. La prima eccezione è consentita quando si accerti che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro affinché non deponga o deponga il falso. In tal caso le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero possono costituire trova del fatto narrato. Tuttavia la parte che abbia interesse a vedere acquisite le precedenti dichiarazioni può fornire quegli elementi concreti che ritenga necessari a provare l’intimidazione all offerta di denaro. Il giudice d’altraparte deve compiere gli accertamenti necessari per verificare la sussistenza di una condotta illecita nei confronti del dichiarante. In questi casi infatti sono acquisite al fascicolo per il dibattimento non solo le precedenti dichiarazioni utilizzate per la contestazione, bensì l’intero verbale. La seconda eccezione riguarda le dichiarazioni rese in udienza preliminare e lette per le contestazioni dibattimentali. Queste sono utilizzabili come prova del fatto narrato solo nel confronti delle parti i cui difensori hanno partecipato alla loro assunzione. La terza e ultima eccezione invece è quella in base alla quale le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero sono utilizzabili se c’è l’accordo delle parti. Questa eccezione è l’applicazione del principio stabilito dall’ articolo 493 in tema di acquisizione concordata al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero. Le parti possono concordare anche l’acquisizione dell’intero verbale. 2) Precedenti dichiarazioni rese dall’ imputato di un procedimento connesso o collegato Si applicano le norme sulla contestazione probatoria che vale per il testimone, art. 500. 3) Precedenti dichiarazioni rese dall’imputato In questo caso si applica la disciplina dell’articolo 503. Si tratta di una contestazione probatoria a messa se sussiste difformità fra la dichiarazione dibattimentale e quella precedenti, quando le dichiarazioni sono rese dalla stessa persona esaminata ed il verbale è contenuto nel fascicolo del pubblico ministero. inoltre ci sono limiti di utilizzabilità che dipendono dal soggetto che ha sentito l’indagato. Se le dichiarazioni precedenti sono rese alla polizia giudiziaria che agiva di propria iniziativa le dichiarazioni sono utilizzabili solo per valutare la credibilità dell’imputato . Si tratta delle spontanee dichiarazioni e delle sommarie informazioni rese con la presenza del difensore. Per quanto riguarda le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria delegata o al pubblico ministero, sono utilizzabili eccezionalmente come prova del fatto rappresentato. Nella norma riguarda solo le dichiarazioni alle quali il difensore dell’ imputato aveva diritto di assistere. Inoltre sono utilizzabili le dichiarazioni rilasciate dall imputato prima del dibattimento e in particolare durante l’interrogatorio di garanzia che segue l’esecuzione di una misura cautelare personale, nell interrogatorio in sede di revoca della misura cautelare personale, e nell interrogatorio reso in sede di convalida dell arresto o del fermo, infine nell interrogatorio intervenuto nel corso dell udienza preliminare. 4) Le precedenti dichiarazioni rese da altre parti private differenti dall’imputato E possibile effettuare la contestazione anche al responsabile civile al civilmente obbligato per la pena pecuniaria. Le precedenti dichiarazioni delle parti private differenti dall’ imputato sono utilizzabili non come prova del fatto rappresentato, bensì come prova della credibilità. f. Testimone che rifiuta l’esame di una delle parti Se il testimone rifiuta di sottoporsi all’esame o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa non possono essere utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni rese ad altra parte, art. 500 molto Salve restando le sanzioni penali applicabili al dichiarante e reticente. Le dichiarazioni in oggetto sono quelle che il testimone ha reso nel dibattimento o in momenti precedenti. (sul libro non è ben approfondito, vedere appunti lezione). g. La contestazione di qualsiasi altra risultanza Da contestazione probatoria non è l’unico strumento per verificare la credibilità di quanto il il testimone afferma in dibattimento. Possono essere contestate le prove precedentemente acquisite, raccolte sia nel dibattimento sia in momenti anteriori. Può essere contestato anche tutto ciò che è contenuto nel fascicolo per il dibattimento, nonché gli atti e i documenti collocati nel fascicolo del pubblico ministero. Inoltre non è necessario che il documento usato per la contestazione sia stato ammesso all’inizio del dibattimento, in quanto può essere che in quel momento non era ancora rilevante (prove ex adverso). h. La lettura degli atti Mentre la contestazione delle precedenti dichiarazioni presuppone che sia in corso l’esame del dichiarante che le ha rese, la lettura viene disposta quando tale esame non ha avuto luogo. La lettura ha per oggetto solo quella parte del verbale che serve per far rilevare la difformità, a differenza della contestazione dove può essere utilizzato l’intero verbale. Gli atti oggetto delle letture, sono contenuti nel fascicolo per il dibattimento e sono consultabili dal giudice per essere utilizzati ai fini della decisione, articolo 511. C’è inoltre una particolarità. Se l’esame del dichiarante non ha luogo, perché magari nessuna parte ne ha chiesto la deposizione in aula, si procede direttamente alla lettura dell atto. ma se l’esame del dichiarante ha luogo, le dichiarazioni contenute nei verbali tratti dal fascicolo per il dibattimento possono essere lette soltanto dopo l’esame della persona che le ha rese, Articolo 511.2.
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