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Mezzi di ricerca della prova - Tonini Conti, Dispense di Diritto Processuale Penale

Riassunto del capitolo relativo ai mezzi di ricerca della prova del manuale Tonini Conti di procedura penale (ultima edizione aggiornata alla riforma Cartabia)

Tipologia: Dispense

2023/2024

Caricato il 24/06/2024

elisabetta_esposito
elisabetta_esposito 🇮🇹

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12 documenti

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Scarica Mezzi di ricerca della prova - Tonini Conti e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA : il codice definisce «mezzi di ricerca della prova» le ispezioni, le perquisizioni, i sequestri e le intercettazioni di comunicazioni. Differenze tra mezzi di prova e mezzi di ricerca della prova:  i mezzi di prova si caratterizzato per l'attitudine ad offrire al giudice risultanze probatorie direttamente utilizzabili in sede di decisione; i mezzi di ricerca della prova non sono di per sé fonte di convincimento, ma rendono possibile acquisire cose materiali, tracce o dichiarazioni dotate di attitudine probatoria.  l'elemento probatorio si forma attraverso l'esperimento del mezzo di prova (es. il testimone racconta fatti che ha percepito). Attraverso il mezzo di ricerca della prova entra nel procedimento un elemento probatorio che preesiste allo svolgersi del mezzo stesso (es. con la perquisizione si mira ad acquisire al procedimento una cosa pertinente al reato. Lo stesso in caso di ispezione, perquisizione e intercettazione di comunicazioni).  i mezzi di prova possono essere assunti soltanto davanti al giudice nel dibattimento o nell'incidente probatorio; viceversa, i mezzi di ricerca della prova possono essere esperiti già durante le indagini, oltre che dal giudice, anche dal pubblico ministero e, in alcune ipotesi, possono essere compiuti dalla polizia giudiziaria.  i mezzi di ricerca della prova si basano, di regola, sul fattore "sorpresa" e perciò non consentono il preventivo avviso al difensore dell'indagato quando sono compiuti nella fase delle indagini. Viceversa, i mezzi di prova sono assunti con la piena attuazione del contraddittorio per la formazione della prova, nel dibattimento o nell'incidente probatorio. I mezzi di ricerca della prova informatica. Sono oggetti materiali dei mezzi di ricerca della prova sia il singolo supporto informatico (per drive, floppy disk, CD, DVD), sia il sistema che contiene uno o più dei supporti e che consiste nel semplice computer o in un intero sistema telematico. La legge n. 48 del 2008 ha ricondotto la perquisizione, l'ispezione e il sequestro di un sistema o supporto informatico all'interno dei mezzi "tipici" di ricerca della prova e ne ha fornito una regolamentazione specifica: dovere di conservare inalterato il dato informatico originale nella sua genuinità; di impedire l'alterazione successiva del dato originale; di formare una copia che assicuri la conformità del dato informatico acquisito rispetto a quello originale; di assicurare la non modificabilità della copia del documento informatico; garanzia dell'installazione di sigilli informatici sui documenti acquisiti. L'ISPEZIONE (244): è un mezzo di ricerca della prova che consiste nell'osservare e descrivere persone, luoghi e cose allo scopo di accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato. È disposta, di regola, dall'autorità giudiziaria con decreto motivato quando occorre «accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato». Nelle fasi dell'udienza preliminare o del dibattimento, l'ispezione di persone, di luoghi o di cose è disposta dal giudice. Durante le indagini preliminari l'ispezione è compiuta dalla polizia di propria iniziativa in situazione di urgenza sotto la forma di "accertamenti e rilievi”. Quando il pubblico ministero procede ad ispezione (personalmente o mediante delega alla polizia), il difensore dell'indagato deve essere preavvisato almeno 24 ore prima. Nei casi di assoluta urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo possa pregiudicare la ricerca o l'assicurazione della prova, il pubblico ministero può procedere anche prima del termine fissato dandone avviso al difensore senza ritardo, o anche senza darne avviso, se vi è fondato motivo di ritenere che le tracce possano essere alterate; è fatta salva in ogni caso la facoltà del difensore di intervenire. Quando omette l'avviso o procede prima del termine, il pubblico ministero deve specificamente indicare, a pena di nullità, i motivi della deroga e le modalità dell'avviso. Se il reato non ha lasciato tracce o effetti materiali (o se sono scomparsi) l'autorità giudiziaria, se possibile, cerca di individuare il modo, il tempo e le cause delle eventuali modificazioni, in ogni caso può disporre rilievi ed ogni altra operazione tecnica, adottando misure dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l'alterazione. Se necessario, l'ispezione si svolge con l'impiego di poteri coercitivi. Sia il giudice, sia il pubblico ministero possono disporre l'intervento della polizia giudiziaria e, se necessario, della forza pubblica. L'ispezione personale (245) ha ad oggetto il corpo di un essere umano vivente o parti di esso: prima che si proceda a tale atto l'interessato è avvertito della facoltà di farsi assistere da una persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell'art. 120 (ad esempio, deve avere almeno quattordici anni). L'ispezione personale è eseguita, nei limiti del possibile, nel rispetto del pudore; è eseguita sempre nel rispetto della dignità della persona che vi è sottoposta. L'ispezione può essere compiuta anche per mezzo di un medico, che può non essere un medico legale. Ove intervenga un medico, l'autorità giudiziaria può astenersi dall'assistere alle operazioni. L'ispezione di luoghi o di cose (246). La persona che ha la disponibilità del luogo in cui è eseguita l'ispezione, ed anche l'imputato, hanno diritto, se presenti, ad avete copia del decreto che autorizza l'atto. L'autorità giudiziaria, oltre al potere di disporre della forza pubblica, ha anche il potere di ordinate che taluno non si allontani prima che le operazioni siano concluse e può far ricondurre coattivamente sul posto il trasgressore. PERQUISIZIONI (247): mezzo di ricerca della prova consistente, appunto, nella ricerca di una cosa da assicurare al procedimento o di una persona da arrestare.  La perquisizione personale è disposta quando vi è fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o le "cose pertinenti al reato"; in quest'ultimo concetto rientrano le cose che hanno la funzione di provare il reato o la responsabilità del suo autore.  La perquisizione locale è disposta quando vi è fondato motivo di ritenere che tali cose si trovino in un determinato luogo ovvero che in esso possa eseguirsi l'arresto dell'imputato o dell'evaso.  La perquisizione informatica è disposta quando vi è fondato motivo di ritenere che dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato si trovino in un sistema informatico o telematico» anche qualora tale sistema sia protetto da misure di sicurezza; devono essere adottate misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l'alterazione. La perquisizione è disposta dall'autorità giudiziaria (e cioè dal giudice o dal pubblico ministero) con decreto motivato; la motivazione dovrà attestare la presenza di sufficienti indizi di un reato. Il requisito del «fondato motivo di ritenere» che il corpo del reato o le cose ad esso pertinenti si trovino occultate in luoghi o persone comporta la necessità che la motivazione del decreto di perquisizione individui gli estremi essenziali del fatto illecito e delle norme che si assumono violate. In caso contrario, la perquisizione da mezzo di ricerca della prova si trasformerebbe in strumento di ricerca di una notizia di reato e la sua funzione sarebbe quella di prevenzione dei reati. Alla perquisizione l'autorità giudiziaria può procedere personalmente o può delegare l'esecuzione ad un ufficiale di polizia giudiziaria.  Nelle fasi dell'udienza preliminare e del dibattimento la perquisizione è disposta dal giudice.  Nel corso delle indagini preliminari la perquisizione è ordinata dal P.M., che vi provvede personalmente o delegandola ad un ufficiale di polizia giudiziaria. All'indagato, che sia eventualmente presente alla perquisizione, viene chiesto se è assistito da un difensore; qualora ne sia privo, è designato un difensore d'ufficio.  Sempre nel corso delle indagini preliminari la polizia giudiziaria può procedere di propria iniziativa a perquisizione personale o locale, ma soltanto in flagranza di reato o nel caso di evasione. Se l'indagato è presente alla perquisizione, la polizia deve avvertirlo della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia; questi può intervenire all'atto. La polizia giudiziaria deve trasmettere il verbale delle operazioni senza ritardo al pubblico ministero del luogo nel quale la perquisizione è stata eseguita. Il magistrato convalida la perquisizione nelle 48 ore successive, se ne ricorrono i presupposti. La ricerca di una cosa determinata: è prevista una modalità meno invasiva della perquisizione per cui l'autorità giudiziaria può limitarsi ad "invitare" taluno a consegnare la cosa. Se l'invito è accolto e la cosa è presentata, non si fa luogo a perquisizione, salvo che sia utile procedervi per la completezza delle indagini. Nel compiere una perquisizione devono essere osservate alcune formalità. Se deve essere eseguita la perquisizione di una persona (art. 249), occorre consegnare a questa una copia del decreto con l'avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché prontamente ripetibile e idonea. Se deve essere eseguita la perquisizione di un luogo (art. 250), va consegnata copia del decreto all'interessato ed a colui che abbia la disponibilità del luogo, qualora costoro siano presenti. La differenza con la perquisizione personale sta nel fatto che l'interessato può anche farsi rappresentare dalla persona di fiducia. Le cose rinvenute nel corso della perquisizione, se costituiscono corpo del reato o sono pertinenti al reato, sono sottoposte a sequestro . Se si trova la persona ricercata, si dà esecuzione all'ordinanza di custodia cautelare dai provvedimenti di arresto o di fermo . Lo sbocco naturale di una perquisizione è il sequestro della cosa trovata; in tal caso è impugnabile il provvedimento di sequestro unitamente al decreto di perquisizione che l'ha originato. Nel caso in cui alla perquisizione non segua un sequestro, la riforma Cartabia ha introdotto nel codice il nuovo istituto della opposizione al decreto di perquisizione emesso dal pubblico ministero. Ai sensi del nuovo art. 252-bis, entro 10 giorni dalla data in cui hanno avuto conoscenza del decreto di convalida, l'indagato e la persona nei cui confronti la perquisizione è stata disposta o eseguita possono proporre opposizione, sulla quale il giudice provvede in camera di consiglio. L'opposizione è proposta a pena di decadenza entro 10 giorni dalla data di esecuzione del provvedimento o dalla diversa data in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'avvenuta perquisizione. Il giudice accoglie l'opposizione quando accerta che la perquisizione è stata disposta fuori dei casi previsti dalla legge. mezzo captativo in esame. E la riservatezza viene in rilievo sia per tutte quelle persone, non indagate, che si trovino a riferire vicende personali nel corso della comunicazione intercettata, sia per lo stesso indagato qualora egli narri fatti privati non attinenti ai fatti oggetto delle indagini. Con la riforma Orlando era stata posta in essere un'ampia manovra che riscriveva la disciplina al fine di attuare un bilanciamento tra le varie istanze in conflitto. Tuttavia, l'entrata in vigore del d.lgs. n. 216 è stata più volte rinviata e, al momento dell'ultima scadenza, il 30 dicembre 2019 il Governo ha promulgato il decreto-legge 161 che ha rinviato l'entrata in vigore della riforma e ne ha soppresso i punti più caratterizzanti. Con la successiva conversione con modifiche nella legge 28 febbraio 2020, n. 7, si è completato il quadro delle nuove disposizioni che hanno dato luogo ad una vera e propria controriforma. La nuova normativa si applicherà ai nuovi procedimenti che saranno iscritti dopo il 31 agosto 2020. La normativa comune alle vecchie e alle nuove intercettazioni. I requisiti per disporre le intercettazioni. Il legislatore ha distinto i requisiti necessari per effettuare le intercettazioni in base al tipo di reato oggetto del singolo procedimento, così come risulta dalla iscrizione della notizia di reato, operata dal pubblico ministero. Nonostante le modifiche normative che si sono succedute in anni recenti, la disciplina dei requisiti per disporre le intercettazioni è rimasta sostanzialmente inalterata salvo alcune eccezioni. I requisiti per disporre le intercettazioni fanno riferimento al titolo di reato in base al quale il P.M. sta svolgendo le indagini. La distinzione è la seguente: a) I procedimenti per reati comuni, e cioè quelli elencati nell'art. 266. b) I procedimenti per reati di criminalità organizzata o ad essa equiparati. A) I requisiti concernenti i procedimenti per reati comuni. Si tratta dei reati previsti nell'art. 266, comma 1. Da un lato, sono ricomprese fattispecie di una qualche gravità, poiché ad esempio possono essere disposte intercettazioni per i delitti dolosi o preterintenzionali puniti con una pena "superiore" nel massimo a cinque anni; da un altro lato, si ammettono intercettazioni per reati meno gravi, ma particolarmente odiosi, o che si consumano con attività in relazione alle quali l'intercettazione si rivela uno strumento di indagine particolarmente utile, come la minaccia, l'usura, l'abusiva attività, finanziaria, la molestia o il disturbo alle persone col mezzo del telefono. La legge di conversione n. 7/2020 ha aggiunto i delitti commessi avvalendosi delle condizioni tipiche dell'associazione mafiosa o commessi al fine di agevolare l'attività di siffatte associazioni. I reati commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche: ai sensi dell'att. 266-bis, l'intercettazione del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici è consentita nei procedimenti concernenti sia i reati ex art. 266, sia i reati commessi mediante l'impiego di tecnologie informatiche o telematiche; Le intercettazioni tra presenti (c.d. ambientali). Nei casi sopra enunciati il codice consente l'intercettazione di comunicazioni tra presenti, denominate nella prassi "intercettazioni ambientali" (art. 266, comma 2). Qualora queste avvengano nel domicilio privato, l'intercettazione è consentita soltanto se vi è fondato motivo di ritenere che nel domicilio medesimo si stia svolgendo l'attività criminosa. Le intercettazioni sono consentite anche per ricercare il latitante. Perché l'intercettazione possa essere disposta occorre che dagli atti di indagine risultino «gravi indizi di reato» (art. 267, comma 1), e cioè indizi dell'avvenuta commissione di uno di quei reati che consentono l'intercettazione. A differenza di quanto è previsto per le misure cautelari («gravi indizi di colpevolezza»), per le intercettazioni non è richiesta la prova della attribuibilità del reato ad una determinata persona. Anzi, l'individuazione del responsabile molto spesso può costituire lo scopo per il quale è disposta l'intercettazione. Nella valutazione dei gravi indizi di reato si applica l'art. 203: se gli indizi si basano su dichiarazioni confidenziali di informatori della polizia, le dichiarazioni medesime possono essere utilizzate soltanto quando gli informatori sono stati esaminati come testimoni o come persone informate sui fatti e, quindi, abbiano cessato di essere anonimi. Se gli informatori non sono stati esaminati, le loro dichiarazioni non possono essere utilizzate ai fini della valutazione dei gravi indizi di reato. L'intercettazione deve essere «assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini»; ciò avviene quando la prova può essere acquisita soltanto mediante l'intercettazione. La durata dell'intercettazione non può superare i 15 giorni, ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato su richiesta del pubblico ministero per periodi successivi di 15 giorni, qualora permangano i presupposti sopra indicati. B) I requisiti concernenti i procedimenti per reati di criminalità organizzata o equiparati Tra i gravi delitti rientrano i seguenti, previsti dall’art. 13 del d.l. 152/1991: i delitti di "criminalità organizzata"; la "minaccia col mezzo del telefono"; il terrorismo anche internazionale; i delitti contro la libertà individuale; i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione di almeno cinque anni nel massimo, determinata a norma dell'articolo 4 c.p.p. Nei procedimenti per i reati sopra menzionati sono attenuati i requisiti probatori perché l'intercettazione è ammessa quando vi sono «sufficienti indizi di reato» e quando l'intercettazione è necessaria (e non assolutamente indispensabile) per lo svolgimento delle indagini; pertanto, l'intercettazione può anche essere il primo atto da compiere. Il pubblico ministero e l'ufficiale di polizia giudiziaria possono farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria. La durata dell'intercettazione non può superare i 40 giorni, ma può essere prorogata dal giudice per periodi successivi di 20 giorni; se vi è urgenza, alla proroga provvede il pubblico ministero con provvedimento sottoposto a convalida del giudice. Per questi tipi di reati le intercettazioni ambientali nel domicilio privato sono consentite sempre, e cioè anche quando non vi è motivo di ritenere che nei luoghi predetti si sta svolgendo l'attività criminosa. Il procedimento che permette di disporre ed eseguire le intercettazioni è un vero e proprio sotto-procedimento che viene gestito parallelamente alle investigazioni c.d. tradizionali operate mediante gli strumenti classici. Il procedimento esecutivo ordinario: in base all'art. 267 il P.M. deve chiedere al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le intercettazioni e trasmettergli gli atti dai quali ricava l'esistenza dei presupposti delle medesime, operando una scelta all'interno del fascicolo. L'autorizzazione è concessa dal giudice con decreto motivato. Il procedimento esecutivo di urgenza: nei casi di urgenza, ma in presenza di tutti i presupposti menzionati in precedenza, l'intercettazione è disposta dal pubblico ministero, che deve comunicare il relativo decreto motivato al giudice non oltre 24 ore decorrenti dal proprio provvedimento. Il giudice entro le 48 ore successive decide sulla convalida con decreto motivato. In caso di mancata convalida, l'intercettazione non può essere proseguita ed i risultati non possono essere utilizzati (art. 267, comma 2). Dopo che il giudice ha autorizzato le intercettazioni (o unitamente al decreto d'urgenza) il pubblico ministero emana un decreto (cd. decreto esecutivo) con cui regola le modalità e la durata delle operazioni (art. 267, comma 3). Il pubblico ministero procede alle operazioni personalmente o avvalendosi di un ufficiale di polizia giudiziaria. Nel decreto esecutivo il pubblico ministero determina le modalità di svolgimento delle intercettazioni, e cioè stabilisce, ad esempio, quali sono le linee telefoniche da controllare. Le operazioni possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Tuttavia, quando tali impianti risultano insufficienti o inidonei e sussistono eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o presso la polizia giudiziaria. Ciò premesso, nella prassi le operazioni di intercettazione sono distribuite tra i seguenti uffici: la captazione è compiuta presso l'operatore telefonico; la registrazione è svolta presso la procura della Repubblica (o altro ufficio indicato dal P.M. con decreto motivato); l’ascolto è effettuato presso gli uffici della polizia giudiziaria, che provvede a redigere i verbali sommari delle comunicazioni intercettate (c.d. brogliacci). Nel decreto motivato il pubblico ministero deve indicare la durata delle intercettazioni, che ha un termine differente per i delitti commi e per i delitti di criminalità organizzata (rispettivamente 15 e 40 giorni). La durata può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi, differenti per i due gruppi di delitti (rispettivamente 15 e 20 giorni). In base ai requisiti previsti dal codice sono intercettabili sia le utenze riferibili agli indagati, sia quelle riferibili ai testimoni, sia, infine, le utenze riferibili a persone estranee ai fatti, quando queste ultime possono essere destinatarie di comunicazioni provenienti da indagati o da testimoni. Il codice prevede varie ipotesi di inutilizzabilità delle intercettazioni (art. 271, comma 1): a) Quando le intercettazioni sono state eseguite «fuori dei casi consentiti dalla legge»; b) Quando non sono state osservate le disposizioni dell'art. 267, e cioè le intercettazioni sono state compiute non rispettando i presupposti e le forme dei provvedimenti di autorizzazione e di esecuzione; c) Quando non siano stati osservati i commi 1 e 3 dell'art. 268, e cioè le intercettazioni sono state compiute senza registrare la comunicazione e senza redigere il verbale sommario delle operazioni; oppure sono state compiute al di fuori degli impianti installati nella procura della Repubblica, senza che siano motivate le ragioni di urgenza. Intercettazione autorizzata per imputazione poi derubricata: la Cassazione ritiene che qualora le intercettazioni siano state originariamente disposte per uno dei reati previsti dall’art.266, essere restino legittime anche quando l’addebito venga successivamente derubricato in un reato che non avrebbe consentito tale mezzo di ricerca della prova. L'art. 271 sanziona con l'inutilizzabilità le intercettazioni che «siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge»: si sostiene che, per dare luogo ad una inutilizzabilità, serva una disposizione specifica oppure un principio giuridico dal quale far discendere questa conseguenza. La giurisprudenza recente ha reso più rigorosa la valutazione dei requisiti di utilizzabilità: è necessario che i fatti siano gli stessi e la modifica dell'imputazione abbia carattere "fisiologico", e cioè derivi dalla fluidità degli elementi raccolti e non da un'errata o strumentale qualificazione giuridica del fatto al momento dell'autorizzazione giudiziale del mezzo di ricerca della prova: «ciò che rileva è che al momento in cui viene disposta l'intercettazione vi siano i presupposti previsti dalla legge». Le intercettazioni non ostensibili. Cosa succede quando alla conversazione intercettata prendano parte persone per le quali vige un divieto di intercettazione in considerazione della loro qualità o del segreto a cui sono vincolate? In dette ipotesi, nelle quali le intercettazioni sono inutilizzabili «per ragioni sostanziali, derivanti dalla violazione di una protezione "assoluta" del colloquio per la qualità degli interlocutori o per la pertinenza del suo oggetto», il pubblico ministero deve svolgere un primo controllo, in seguito al quale la procedura è regolata da discipline speciali: 1) Le registrazioni delle comunicazioni del Presidente della Repubblica devono essere distrutte dal giudice su richiesta del pubblico ministero senza il contraddittorio con le parti private (art. 271). 2) Le comunicazioni di appartenenti ai servizi segreti. In base all'art. 270-bis il pubblico ministero deve disporre l'immediata segretazione e custodia di «documenti, supporti ed atti» in luogo protetto; quindi, deve chiedere al presidente del consiglio dei ministri se le informazioni sono coperte da segreto di Stato. Se la risposta è positiva, l'autorità giudiziaria non può utilizzare le notizie coperte dal segreto. La normativa sulle nuove intercettazioni. La riforma Orlando, non entrata in vigore. La disciplina originaria delle intercettazioni era stata modificata dal d.lgs. 216/2017 emanato sulla base della delega contenuta nella riforma Orlando. Scopo della legge delega era quello di tutelare l'efficienza delle indagini e la riservatezza sia delle persone intercettate occasionalmente, sia dei destinatari delle intercettazioni quando fossero state captate conversazioni relative a fatti privati non rilevanti per le indagini. Il presupposto risiedeva nella considerazione che le sanzioni conseguenti alla pubblicazione arbitraria di atti processuali segreti sono pressoché trascurabili perché la pena prevista risulta oblazionabile con 129 euro. Nell'impossibilità di introdurre una sanzione più severa, l’unica via praticabile era quella di impedire che, a monte, fossero verbalizzate le intercettazioni su fatti non rilevanti per le indagini. Così si era imposto alla polizia giudiziaria, diretta dal pubblico ministero, il compito di operare un'immediata selezione delle dichiarazioni non rilevanti. Il passaggio successivo era stato quello di ritardare l'acquisizione delle intercettazioni e di ritardare la pubblicazione della notizia generica delle stesse fino al momento in cui il giudice, in contraddittorio, avesse definitivamente valutato i dialoghi captati come rilevanti per le indagini, o comunque "non manifestamente irrilevanti". Nel frattempo, tutte le intercettazioni sarebbero state custodite in un archivio riservato accessibile soltanto ai difensori degli indagati e al giudice e sarebbero state coperte da segreto. La controriforma. Approssimatasi l’ultima scadenza, il governo ha formulato una nuova disciplina entrata poi in vigore il 1° settembre 2020, per i procedimenti iscritti nel registro delle notizie di reato dopo il 31 agosto 2020, mentre per quelli iscritti precedentemente continua ad applicarsi la disciplina previgente. Le nuove modalità di redazione dei verbali sommari. La verbalizzazione sommaria delle registrazioni: delle comunicazioni intercettate la polizia redige il verbale nel quale è trascritto, anche sommariamente, il contenuto delle registrazioni (art. 268). In base alle nuove disposizioni il P.M. deve dare indicazioni e vigilare affinché nei verbali non siano riportate: espressioni lesive della reputazione delle persone; espressioni che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge. A meno che le espressioni siano rilevanti ai fini delle indagini. Divieto di intercettare le conversazioni dei difensori, consulenti tecnici ecc. svoltesi tra di loro e con i loro assistiti. In aggiunta all’esistente comminatoria della sanzione dell’inutilizzabilità, la nuova normativa ha considerato l'ipotesi che dette conversazioni siano state comunque intercettate (da intendersi, casualmente). In tal caso, il loro contenuto non può essere trascritto neanche sommariamente e nel verbale delle operazioni devono essere indicate «soltanto la data, l'ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta». La polizia giudiziaria deve trasmettere immediatamente al pubblico ministero i verbali sommari e le registrazioni (art. 268, c4). Di questi il procuratore della Repubblica deve disporre il conferimento (conservazione) in un apposito archivio digitale (art. 269, c1). Come avveniva nella normativa originaria, il pubblico ministero può scegliere se depositare i delle esigenze cautelari e degli indizi». Dopo aver emanato l’ordinanza cautelare deve però restituire al pubblico ministero gli atti contenenti le comunicazioni e conversazioni intercettate ritenute non rilevanti o inutilizzabili. In base al nuovo comma 2 dell'art. 114, l'ordinanza cautelare può essere pubblicata nel suo testo integrale, ovviamente dopo che l'atto non è più segreto in quanto la misura è stata eseguita. Una volta che l'ordinanza cautelare sia stata emanata ed eseguita, la stessa è depositata nella cancellaria del giudice insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la stessa; avviso del deposito è notificato al difensore. In base al nuovo testo dell'art. 293, comma 3, il difensore ha diritto di esaminare e di estrarre copia dei verbali delle comunicazioni e conversazioni intercettate (c.d. brogliacci). Anche se la norma appena menzionata richiama tutte le intercettazioni ritenute rilevanti dal pubblico ministero e da questi trasmesse al giudice con la richiesta cautelare, deve ritenersi che il diritto di copia riguardi esclusivamente quelle intercettazioni (nella forma dei brogliacci) che il giudice ha considerato rilevanti e, dunque, poste a base della misura. Pertanto, il difensore non potrà ottenere copia delle intercettazioni che il giudice ha “stralciato” e restituito al P.M. Tutte le intercettazioni diverse da quelle poste a base della misura resteranno segrete fino a che non si instauri il meccanismo del deposito e dell'acquisizione attraverso l'udienza di stralcio o al momento dell'avviso di conclusione delle indagini o della richiesta di giudizio immediato. L'uso delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali è stata concessa l'autorizzazione. Di regola, i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali le medesime sono state disposte, salvo che appaiano indispensabili per l'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza (art. 270, comma 1). Secondo un orientamento pacifico, i verbali restano comunque utilizzabili come notizia di reato. La materia è stata oggetto di un'importante sentenza delle Sezioni unite secondo cui non si è dinanzi ad "altro procedimento" (quindi le intercettazioni possono essere utilizzate) con riguardo a tutti quei reati «che risultino connessi ex art. 12 c.p.p. a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dalla legge». Per la sentenza resta fermo che vi deve essere «un preciso collegamento tra i fatti per i quali erano state mano a mano autorizzate e prorogate le operazioni di intercettazione e quelli per i quali, anche sulla base delle conversazioni intercettate, è stata confermata la condanna». Deve trattarsi, in sintesi, di un reato compiuto per nascondere un precedente, oppure di un reato attribuito ad una persona che ha agito in concorso con l'autore del reato indagato, o infine di un reato riconducibile al medesimo disegno criminoso. Le modifiche legislative intervenute per i nuovi procedimenti. I limiti tracciati dalle Sezioni unite sono stati superati dalla legge di conversione n. 7 del 2020, che ha permesso di utilizzare quelle nuove intercettazioni non autorizzate che risultino «rilevanti e indispensabili» per l'accertamento non soltanto dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza, ma anche per l'accertamento dei reati comuni intercettabili. Le intercettazioni nei confronti dei parlamentari si dividono in tre categorie: 1) Intercettazioni "dirette" quando sono sottoposti ad intercettazione utenze o luoghi appartenenti al parlamentare o nella sua disponibilità. 2) Le intercettazioni sono "indirette" quando l'attività di captazione interessa utenze intestate a differenti soggetti che, tuttavia, possono ritenersi interlocutori abituali del parlamentare, o concerne luoghi a lui non appartenenti, ma che possono presumersi dal medesimo frequentati. Per disporre una intercettazione diretta o indiretta nei confronti di un parlamentare, è necessaria una preventiva autorizzazione a procedere della Camera di appartenenza; altrimenti, l'atto è inutilizzabile nei confronti sia del parlamentare, sia di terzi. 3) L'intercettazione è "casuale" quando non è disposta su utenze riferibili al parlamentare e l'ingresso di quest'ultimo nell'area di ascolto è del tutto accidentale. Se il giudice considera rilevanti tali intercettazioni, deve chiedere un'autorizzazione alla Camera cui il parlamentare appartiene (o apparteneva al momento dell'attività di captazione); l'autorizzazione è necessaria solo nel caso in cui la conversazione intercettata debba essere utilizzata sia nei confronti del parlamentare, sia nei confronti di terzi. Quando l'autorizzazione non viene concessa, le intercettazioni sono inutilizzabili nei confronti del parlamentare coinvolto, ma potranno essere impiegate nei confronti di terzi e, quindi, i relativi verbali e le registrazioni non devono essere distrutti. Qualora, invece, l'autorità giudiziaria intenda utilizzare i risultati delle intercettazioni esclusivamente nei confronti di persone diverse dal parlamentare, non occorre alcuna autorizzazione. Le intercettazioni preventive. Il legislatore consente, per finalità di prevenzione di reati gravissimi, l'uso di intercettazioni che sfuggono per la loro funzione alle finalità del processo penale; tuttavia, mantiene sullo svolgimento delle stesse un controllo ad opera del pubblico ministero in ragione della caratteristica di indipendenza che l'ordinamento costituzionale garantisce a tale organo. I presupposti generali sono descritti nell'art. 226, comma 1, disp. att. c.p.p., in base al quale le intercettazioni sono disposte quando sia necessario acquisire «notizie concernenti la prevenzione dei delitti», commessi mediante l'impiego di tecnologie informatiche o telematiche. Si tratta, in sintesi estrema, dei delitti di criminalità terroristica o mafiosa e assimilati. I soggetti legittimati alla richiesta sono il ministro dell'interno o, su sua delega, i responsabili dei servizi centrali di polizia, carabinieri, guardia di finanza e DIA. Il soggetto che concede l'autorizzazione è il procuratore della repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto in cui si trova il soggetto da sottoporre a controllo o, se non determinabile, del distretto in cui sono emerse le esigenze di prevenzione. Durata massima 40 giorni, prorogabili per periodi di 20. Viene redatto un verbale sintetico depositato poi presso il procuratore della repubblica che ha autorizzato le attività. Egli, verificata la conformità, dispone l’immediata distruzione dei supporti e dei verbali. Gli elementi acquisiti non possono essere utilizzati nel procedimento penale, fatti salvi i fini investigativi. Le attività di intercettazione preventiva e le notizie acquisite non possono essere menzionate in atti di indagine, né costituire oggetto di deposizione, né essere altrimenti divulgate. I MEZZI ATIPICI DI RICERCA DELLA PROVA. In giurisprudenza si è posto il problema se siano ammissibili quei mezzi atipici di ricerca della prova che, dopo l'entrata in vigore del codice del 1988, il progresso scientifico ha inventato; ad esempio, le videoriprese e le perquisizioni online. La dottrina e la giurisprudenza costituzionale e di legittimità hanno tracciato alcune regole che permettono di valutare l'ammissibilità dei nuovi mezzi atipici di ricerca della prova. In primo luogo, è necessario accertare se il mezzo non tipico sia inquadrabile in un mezzo tipico di ricerca della prova e trovi in esso la sua regolamentazione. Nel fare questa operazione la giurisprudenza di legittimità ha posto quello che è stato definito come il principio di non sostituibilità: il mezzo atipico non deve aggirare fraudolentemente le regole sostanziali previste per l'atto tipico. Ove lo facesse, sarebbe non utilizzabile ai sensi dell'art. 191 c.p.p. perché dal codice si ricava un principio di legalità della prova che trova un proprio corollario nel divieto di aggiramento della disciplina espressamente stabilita. Il principio di non sostituibilità è particolarmente stringente con riferimento a quei mezzi atipici di ricerca della prova che ledano diritti fondamentali. Una volta che il vaglio preliminare abbia condotto a ravvisare una effettiva atipicità dello strumento, intesa come impossibilità di inquadramento all'interno degli atti già disciplinati dal codice, occorre svolgere una ulteriore valutazione in ordine al grado di limitazione delle libertà fondamentali prodotto dall'attività atipica. I mezzi atipici di ricerca della prova che non limitano diritti fondamentali possono essere disposti dalla polizia giudiziaria purché siano compiuti per gli scopi legittimi del processo penale. Per i mezzi atipici di ricerca della prova che limitano diritti fondamentali protetti da riserva di legge (es., segretezza delle comunicazioni e disponibilità del domicilio privato) la giurisprudenza ha fatto una distinzione. a) Quando il mezzo atipico lede il nucleo essenziale del diritto, in mancanza di una norma di legge nel quale possa rientrare, la conseguenza è la inutilizzabilità. In definitiva, per ogni istanza costituzionale è possibile individuare: in assoluto un contenuto minimo non comprimibile neppure a tutela di altri interessi di pari rilevanza costituzionale. b) Quando il mezzo atipico lede non il nucleo essenziale del diritto, bensì una sfera periferica dello stesso, esso è ammesso se autorizzato dal P.M. con un provvedimento motivato. Il mezzo atipico di ricerca che limita diritti fondamentali non protetti da riserva di legge. Considerazioni analoghe. L'agente segreto attrezzato per il suono: registrazione fonografica eseguita occultamente da una delle persone che partecipano a una conversazione segreta, quando tutto ciò avviene d'intesa con la polizia giudiziaria. La Corte costituzionale ha precisato che la registrazione in oggetto costituisce la documentazione di un atto di indagine. Con riferimento all'ascolto contestuale, la giurisprudenza ha affermato che l'atto è una sorta di intercettazione mascherata. In relazione alla mera registrazione operata dal privato con un dispositivo fornito dalla polizia giudiziaria al fine di consentire alla medesima un ascolto differito ha deciso nel modo seguente: si tratta di una attività di indagine atipica che incide sul diritto alla segretezza delle conversazioni e delle comunicazioni, tutelato dall'art. 15 Cost. Le registrazioni fonografiche, eseguite da uno degli interlocutori con strumenti di captazione forniti dagli organi investigativi, sono effettuate con il consenso di uno dei partecipanti alla conversazione, che ha la consapevolezza di ciò che avviene. Per questo, le registrazioni implicano una minore intrusione alla sfera privata e si limitano a ledere la riservatezza. Tabulati telefonici; Videoriprese; Perquisizioni online.
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