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Michael Baxandall, Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento, Sintesi del corso di Storia dell'Arte Moderna

Riassunto completo di Baxandall.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 07/06/2021

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Scarica Michael Baxandall, Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! MICHAEL BAXANDALL, PITTURA ED ESPERIENZE SOCIALI NELL’ITALIA DEL QUATTROCENTO Le condizioni del mercato Alla nascita di un dipinto nel XV secolo stava alla base un rapporto sociale. Chi esegue materialmente il quadro e chi lo commissionava, pagava. In quel secolo la pittura di più alta qualità era eseguita su commissione, venivano specificate le caratteristiche necessarie per produrre il quadro. Opere già pronte: Madonne, cassoni nuziali Pale d’altare/ affreschi: eseguiti su commissione, committente ed artista stipulavano un contratto legale dove era definito che l’artista consegnasse l’opera secondo quanto concepito dal committente. Il dipinto era pagato dal committente e quindi influiva sul carattere dell’opera. Alla base del dipinto c’è un rapporto commerciale, talvolta evidente anche nel dipinto stesso. Il denaro ha importanza nella storia dell’arte. Il modo in cui si stabilivano i prezzi dei manufatti e le forme di pagamento avevano un’incidenza sullo stile dei dipinti. Il dipinto era progettato ad uso del cliente, le motivazioni erano complesse (si evincono da uno scritto di Giovanni Rucellai): piacere del possesso, una devozione attiva, coscienza civica, desiderio di lasciare un ricordo di sé, necessità di un uomo ricco di avere una forma di riparazione nel gusto per i dipinti. Il dipinto viene creato per il cliente e per la gente da cui questo voleva essere ammirato. Non c’è distinzione tra pubblico e privato, perché le commissioni dei privati avevano poi un ruolo pubblico (pale d’altare, cicli di affreschi); all’opposto le istituzioni corporative (fabbriche di cattedrali). I pittori potevano essere assunti e controllati da una persona o da un piccolo gruppo. Aveva un rapporto col cliente profano, lavorando sempre per qualcuno di identificabile che aveva promosso e scelto il lavoro e l’artista. Al contrario gli scultori spesso lavoravano per grandi imprese comunali (Donatello nell’opera del duomo di Firenze amministrata dall’arte della lana). DOCUMENTI LEGALI ALLA BASE DEI DIPINTI: trattavano gli obblighi contrattuali di entrambe le parti. I documenti che restano sono contratti veri e propri oppure ricordi, promemoria. Non c’era una forma fissa per la stipulazione di un contratto. Un contratto esemplare è quello tra Ghirlandaio e il priore dello Spedale degli Innocenti del 1485: ci sono i tre punti principali di un contratto. Il pittore deve dipingere sulla base di un progetto concordato di disegno; vengono esplicitati modi e tempi di pagamento del cliente e i termini entro cui il pittore deve fare la consegna; insistenza sull’utilizzo da parte del pittore di colori buoni, in particolare oro e blu oltremare, per quanto riguarda cosa veniva rappresentato, era richiesto un disegno preliminare. Se risultava difficile avere la forma finale desiderata allora si faceva riferimento ad altre opere. Il pagamento avveniva spesso a rate; il cliente poteva fornire i colori più costosi e pagare il pittore per il tempo impiegato e per le sue capacità (Filippino Lippi dipinse la vita di san Tommaso in Santa Maria sopra Minerva e venne pagato 2000 ducati per il suo apporto personale). La somma non era rigida, se il pittore andava in perdita poteva ritrattare il guadagno. Azzurro oltremarino: ottenuto dalla macinazione del lapislazzulo importato dall’oriente, quindi molto costoso. Suo surrogato era l’azzurro d’Alemagna, carbonato di rame. Per assicurare un buon prodotto finale i clienti chiedevano l’oltremarino e consigliavano quale comprare in base al prezzo (1-2-4 fiorini all’oncia). Questo colore è un simbolo molto più complesso: era un mezzo per evidenziare qualcosa nei dipinti (Sassetta, san Francesco rinuncia ai beni è rappresentato mentre rifiuta una tunica blu; Masaccio, crocifissione, il gesto del braccio di san Giovanni è sottolineato dal colore blu). Gherardo Starnina, santa Maria a Empoli: nel contratto per gli affreschi sulla vita della Vergine si richiede un blu da 2 fiorini per l’abito della Vergine e per il resto si può usare quello da 1. Gli artisti che lavoravano per dei principi percepivano uno stipendio, come Mantegna che lavorò per i Gonzaga dal 1460 al 1506, offrendogli uno stipendio mensile e alloggio per la famiglia. Svolse ulteriori lavori per il signore presso cui stava. Tuttavia non sempre riceveva i soldi, ma lavorò per altri committenti. Di norma i pittori che lavoravano per i principi erano pagati in base alle commissioni. Nel corso del secolo ci sono cambiamenti nelle questioni di rilevanza entro i contratti, ciò che aveva importanza ad inizio secolo non lo era alla fine e viceversa. I colori preziosi perdono il ruolo principale, mentre la richiesta di abilità pittorica assume più rilievo. Si continua a richiedere oro e blu, e a specificare quale tipologia utilizzare, l’importanza della preziosità dei colori fine a sé stessa si va affievolendo già dalla metà del secolo. In generale si utilizzavano meno in tutta l’Europa occidentale le stoffe dorate, broccati, questo fenomeno complesso potrebbe nascere dalla necessità di doversi distinguere dal nuovo ricco, inoltre ci fu una diminuzione della disponibilità d’oro. Per l’abbigliamento, dall’Olanda nacque la moda dei tessuti neri. Quindi nei contratti per importanza l’uso di oro e azzurro ma si sostituisce con l’abilità tecnica del pittore (diventa un importante indice di consumo). Il primo Rinascimento prevede alla base del dipinto la dicotomia valore del materiale prezioso e abilità nell’usare questi materiali. La prima circostanza condanna l’utilizzo dei materiali preziosi per l’effetto che l’opera d’arte produce su di noi e lo fa Petrarca nel De remediis utrisque fortunae; all’opposto Alberti nel De Pictura sollecita i pittori a rappresentare gli oggetti d’oro senza l’oro e quindi applicare la propria abilità. I dipinti erano pagati per materia e abilità, nei contratti era riservato un prezzo per il ‘’pennello’’, per la mano dell’artista e il cliente aveva diversi modi per trasferire il pagamento su quell’aspetto piuttosto che sull’applicazione di oro. Uno sfondo di paesaggio, come il cliente voleva le figure. A metà Quattrocento si affermava l’attribuzione di un valore diverso al tempo del maestro rispetto a quello dei suoi assistenti. Esempio di Fra Angelico a Roma nel 1447, pagato da Nicola V a tempo; Piero della Francesca per la Madonna della Misericordia; Filippino Lippi nel 1487 lavorando alla cappella Strozzi a santa Maria Novella chiese che fosse l’artista stesso a lavorare agli affreschi e con le ‘’massime figure’’, portando quindi apporto personale. Il maestro non rende un’opera tale con l’oro, ma con la sua maestria, l’abilità pittorica era pagata cara. Diversi i modi per impiegare denaro nell’abilità: chi chiedeva nello sfondo delle raffigurazioni piuttosto che delle dorature; chi chiedeva l’intervento personale del maestro facendo in modo che compisse un vasto intervento. REAZIONE DEL PUBBLICO ALLA PITTURA: poche testimonianze, per di più è difficile rendere a parole ciò che avviene come stimolo non verbale. Un esempio di questo, quasi per casualità, è un documento inviato da un agente del duca di Milano nel 1490 descrivendo le opere dei maggiori pittori fiorentini dell’epoca cioè Botticelli, Lippi, Perugino, Ghirlandaio. Dal resoconto su ogni pittore emerge che si distingue affresco da pittura su tavola, i pittori sono in concorrenza tra di loro, sottolineando che ogni artista è diverso dall’altro. È da mettere in dubbio con quali conoscenza chi ha scritto abbia giudicato quelle pitture. Il problema è che i pittori, l’agente ed il pubblico in generale erano parte di una cultura radicalmente diversa dalla nostra ed erano condizionato da essa. Pittori e pubblico prestavano attenzione all’esperienza visiva in maniera quattrocentesca. L’OCCHIO DEL QUATTROCENTO Funzionamento dell’occhio (i coni, sensibili a luce e colore, portano al cervello queste informazioni) e degli schemi, categorie, metodi di deduzione e convenzioni rappresentative (il cervello interpreta i dati provenienti dai ricettori dell’occhio, in modo innato o in base all’esperienza, qui gli strumenti della percezione visiva cambiano da individuo a individuo) che avvengono nel medesimo istante. Dare un’interpretazione o un’altra dipende da molte cose, in particolare dal contesto in cui si trova un’immagine Convenzione della pittura (ne parlano già Boccaccio e Leonardo): il pittore, su una tavoletta piatta e bidimensionale, poneva il colore in modo da richiamare qualcosa di tridimensionale. Ad egli veniva attribuita questa capacità. San Bernardino da Siena in un sermone diceva che nella Natività alcuni pittori rappresentassero Giuseppe con il mento sulla mano come se stesse rappresentando malinconia, anche se in realtà egli era sereno. Lo stesso gesto poi rappresenta la meditazione. PREDICATORI: utilizzavano molto le capacità mimiche e hanno codificato dei gesti, che non erano usati esclusivamente in Italia ma anche in tutta Europa. Un esempio è fra Mariano da Genazzano che raccoglieva le sue lacrime tra le mani e poi le gettava sui fedeli, tale comportamento eccessivo viene riportato proprio per la sua particolarità. Nei dipinti del Rinascimento venivano quindi riportate una serie di azioni che erano prodotte dai predicatori. I pittori inserivano nei dipinti espressioni fisiche e di sentimento dei predicatori. GESTO LAICO È più difficilmente classificabile e non è scritto in libri, ha la caratteristica di essere personale e variare a seconda della moda. Gesto dell’invito o benvenuto: viene utilizzato dalla seconda metà del Quattrocento ed è identificato in una xilografia del Liber saccorum di Jacobus de Cesolis (1493). È un’allegoria medievale che rappresenta l’ordine sociale sotto forma di scacchiera e l’alfiere della regina è un oste che compie il gesto d’invito con la mano. Tale gesto è visibile in diversi dipinti: Camera degli sposi di Mantegna, Pinturicchio lo utilizza nel gruppo delle tentatrici di sant’Antonio abate, Primavera di Botticelli dove Venere invita lo spettatore. La divisione tra gesto religioso e laico talvolta non è chiaro, gesti religiosi erano usati anche in eventi non religiosi. GRUPPI: una figura interpreta la sua parte relazionandosi con le altre, componendo i gruppi il pittore suggeriva rapporti e azioni.e Le figure delle pitture erano rappresentate anche in drammi sacri. Ad esempio a Firenze nel XV secolo fiorirono i drammi religiosi, a Venezia erano vietati; queste rappresentazioni erano collegate alla pittura e lo sappiamo grazie ad una descrizione di un vescovo russo a Firenze nel 1439 per un concilio, che vide e descrisse la messinscena dell’Annunciazione e dell’Ascensione notando la somiglianza con i dipinti. Le rappresentazioni però avvenivano con effetti speciali e meccanismi che alzavano gli attori, luci artificiali. Rappresentazioni nelle strade come quelle a Firenze nel Giorno di san Giovanni di Matteo Palmieri (1454): questa tipologia era più simile ad un tableau vivant ma con parecchi personaggi. Festaiuolo: personaggio che rimaneva sulla scena e faceva da tramite tra la rappresentazione ed il pubblico, spesso vestito da angelo. Questo personaggio corale colpisce l’occhio dello spettatore e pone attenzione all’azione centrale e viene utilizzato dai pittori. Questa figura è citata anche dall’Alberti nel De Pictura. Un altro espediente utilizzato nella pittura e proveniente dalle rappresentazioni è quello delle persone sedute: gli attori sedevano su sedie in attesa del loro turno nella rappresentazione e se ne trova l’esempio nella Vergine e Bambino con i santi di Filippo Lippi, dove i santi assistono seduti. Le opere d’arte parlavano a fruitori che avevano nozione di ciò che vedevano (grazie alla meditazione personale, attraverso dipinti o tramite le pubbliche predicazioni), non rappresentando mai cose scontate. Rapporti fisici nella tradizione popolare: immagini di gruppi e gesti circolavano in ambiente popolare attraverso xilografie, come ad esempio quelle della Vita et Fabule di Esopo pubblicata a Napoli ne 1485. Le figure popolaresche e vigorose sono eloquenti, una figura in ginocchio si appella ad una figura in trono, che alza la mano ed esprime turbamento; accanto due figure in piedi che sono associate e di cui uno stende la mano e l’altra sorridendo tiene il pollice mezzo piegato in direzione della nave. Riprende il testo dove racconta di Esopo inginocchiato che intercede al re Creso, chiedendo che il tributo portatogli dagli abitanti di Samo venga restituito al popolo. PDF, Battesimo di Cristo: anche nelle sue opere si leggevano i rapporti tra personaggi di gruppi. Sono presenti 3 angeli a sinistra, di cui uno sta guardando lo spettatore e vi instaura un rapporto (festaiuolo) mentre le altre figure guardano la scena. È un personaggio secondario ma in stretto rapporto con altri. Questo significa che chi osserva è fruitore, guardando la scena principale, ed attore dopo aver instaurato un rapporto col gruppo di angeli. Lo spettatore diventa parte attiva nell’avvenimento attraverso una maniera sottile, dipende dallo spettatore che riesce a immettersi entro un gruppo. DANZA: arte nata in Italia nella prima metà del secolo con trattati propri. Nel trattato di Domenico da Piacenza la danza è divisa in 5 parti: aere; maniera; misura; misura di terreno; memoria. I danzatori si dividevano in gruppi di figure. Nel Quattrocento il parallelo tra danza e pittura è imposto, si ha una poesia di un certo Angelo Galli che elogiò Pisanello utilizzando tre dei termini relativi alla danza:  Aere: indica un elevato movimento, danzare dolcemente.  Maniera: danzare in modo da non muoversi né troppo né troppo poco e con soavità.  Misura: ritmo flessibile. I movimenti della danza sono visibili in opere che hanno temi neoclassici e mitologici, il pittore poteva contare sulla conoscenza del pubblico di questi raggruppamenti. Inoltre se i soggetti neoclassici e non ci sono tradizioni rappresentative, il pittore faceva danzare letteralmente le figure ed esprime il loro rapporto (lo fa Botticelli nella Nascita di Venere o Pallade doma il centauro). I personaggi vengono rappresentati in base a modelli desunti da modelli di esperienza di gente reale. COLORI: uso simbolico dei colori, modalità in uso dal tardo medioevo e fino al Rinascimento. In particolare per sant’Antonino il bianco indica purezza, il rosso carità, il giallo-oro la dignità, il nero l’umiltà. Per Alberti il rosso è il fuoco, il blu l’aria, il verde l’acqua e il grigio la terra. Leonello d’Este utilizzava un codice astrologico per scegliere gli abiti quotidiani. I codici dei colori erano diversi e venivano scelti in base a cosa si rappresentava, questi codici non erano il normale modo di vivere l’esperienza visiva. In passato si dava attenzione alle gradazioni delle tinte dei colori e si diversificavano per mettere qualcosa in evidenza. Ad esempio l’adorazione viene divisa in 3 livelli e ogni livello è rappresentato con colori differenti:  Latria; adorazione massima avviene con la Trinità. Era utilizzato l’oro  Dulia; reverenza per angeli, santi e padri della chiesa.  Hyperdulia; reverenza verso la Vergine. Più colori venivano utilizzati e più era alto il prestigio, i colori costosi e derivanti da lapislazzuli o argento e zolfo, colpivano maggiormente l’occhio che l’ocra o le terre. Alcuni trattati danno teorie sulla gerarchia dei colori in modo semplicistico, Alberti dà una teoria dell’armonia del colore diversa prediligendo la diversità nei colori accostati. Infine si può dire che il senso del colore nel Quattrocento non si poteva esprimere con le parole. ISTRUZIONE A FIRENZE: i giovani nelle scuole laiche private o municipali ricevevano due gradi di istruzione. Dai 6-7 anni e per 4 anni si frequentava una scuola elementare (botteghuzza) dove si imparava a leggere e scrivere nozioni di base per il commercio e formule notarili. Dai 10-11 anni l’istruzione proseguiva all’abbaco, dove si studiavano Esopo e Dante ma si praticava particolarmente matematica. In pochi proseguivano con l’università per diventare avvocati. Le nozioni matematiche erano per la borghesia il nucleo della formazione intellettuale e culturale. La matematica studiata si conosce attraverso manuali rimasti ed era strutturata per le esigenze del mercante; molte delle nozioni sono inserite nei dipinti. Misurazione: le merci arrivavano entro balle, barili o sacchi ed era fondamentale saperli pesare velocemente, ogni paese aveva le sue modalità di conteggio del volume. In Italia si utilizzava geometria e π : PDF le indica nel De abaco, è un manuale di matematica. Le misure da lui riportate erano le medesime utilizzate nella pittura del dipinto. Come Piero, molti altri pittori erano anche uomini d’affari ed avevano ricevuto l’istruzione laica quindi conoscevano bene la geometria. Il pubblico colto aveva le medesime conoscenze per poter guardare i dipinti, così potevano esprimere giudizi sulle opere. Il pittore richiama l’attenzione del pubblico colto rappresentando il repertorio di oggetti che usavano solitamente per la misurazione: cisterne, colonne, torri di mattoni, superfici pavimentate, padiglioni (utilizzanti da PDF e quindi sollecitava il fruitore a misurare; così facendo aderiva al terzo punto della Chiesa che prevedeva la stimolazione dell’uso della vista). Per l’uomo di commercio quasi tutto si riconduceva a forme geometriche, quindi se loro misuravano le balle, il pittore misurava le figure. Consapevole tendenza a ridurre masse e vuoti irregolari a combinazioni di corpi geometrici calcolabili. Paolo Uccello, Battaglia di san Romano: il cappello di Niccolò da Tolentino attira l’attenzione sia perché è grande e sfarzoso e poi perché è estremamente tridimensionale ed è poligonale, ricercando lo stile adatto per far funzionare il dipinto. chi aveva l’attitudine a misurare comprendeva meglio l’Adamo della Cacciata dei progenitori di Masaccio perché è l’unione di diversi cilindri; oppure Maria nella Trinità di Masaccio in quanto è un tronco di cono. Nell’ambiente sociale del 1400 il pittore usava mezzi che aveva a disposizione: Masaccio, rifacendosi alla tradizione fiorentina, indicava una massa tramite luce e ombra provenienti da fonte di luce, rendendone il volume; Pisanello, con formazione del nord, rappresentava le masse tracciandone i contorni e non i toni, dando un senso di spirale attorno al contorno delle figure e quindi lontano dagli schemi della misurazione. Matteo Palmieri, Sulla vita civile raccomanda lo studio della geometria per i bambini e Giovanni Rucellai l’aritmetica. Le nozioni matematiche vennero introdotte dall’Islam grazie a Leonardo Fibonacci nel XIII secolo. L’aritmetica commerciale prevedeva lo studio delle PROPORZIONI. Nel Quattrocento circolavano numerosi problemi da risolvere con le proporzioni (Summa aritmetica di Luca Pacioli pubblicato nel 1494). Regola del Tre (o regola aurea o Chiave del mercante): strumento aritmetico usato dai mercanti italiani colti nel Rinascimento. La regola del tre presenta il rapporto tra i termini tramite linee curve al di sotto dei numeri, collegandoli. Questa regola indica il modo in cui il Rinascimento tratta le proporzioni, utilizzate per l’allevamento, la mediazione, lo sconto, l’abbuono per la tara, l’alterazione delle merci, baratto, scambio di valuta. La proporzione è necessaria perché ogni città aveva i propri pesi e misure e la propria valuta. Le proporzioni commerciali si collegavano alla proporzionalità della pittura di PDF, le proporzioni usate nel commercio erano le proporzioni interne di un corpo umano perché la proporzione geometrica del mercante era utilizzabile per le proporzioni umane e tendeva alla proporzione armonica. Leonardo in un problema sui pesi della bilancia arriva ai termini: 6 8 9 (12); tale sequenza era utilizzata dai mercanti ma è sequenza della scala armonica pitagorica (utilizzata nella teoria musicale e architettonica). Questi numeri sono la base dell’armonia occidentale e la serie armonica di intervalli usati da musicisti e architetti e pittori è comprensibile grazie alle nozioni date dall’istruzione commerciale. Queste capacità matematiche rappresentavano la parte più vasta della loro cultura intellettuale convenzionale e divenne attitudine a indirizzare l’esperienza visiva: si consideravano strutture di forme complesse con combinazioni di solidi geometrici regolari raggruppabili in serie . Analizzando volume e superfici erano sensibili anche ai dipinti. La continuità delle capacità matematiche usate dai commercianti e quelle usate dal pittore esistono per dare proporzionalità pittorica e solidità. La prospettiva sistematica porta alla proporzione sistematica, tuttavia la prospettiva nel Quattrocento è intuitiva. FILIPPO LIPPI: entrò nell’ordine carmelitano perché orfano nel 1421 a 15 anni nella chiesa di s. M. del Carmine dove lavorava Masaccio. Non si sa chi sia stato il suo maestro anche se si suppone Masaccio, lavorò per i Medici. Sono sopravvissuti numerosi dipinti su tavola, lavorò a Prato e Spoleto con cicli di affreschi. Fu maestro di suo figlio Filippino e di Botticelli. Gratioso: possiede grazie ed è piacevole. Viene lodato con questo termine anche da Poliziano. Questo aggettivo è usato da Landino anche per lo scultore Desiderio da Settignano, entrambi gli artisti facevano ritratti a mezzo busto di Madonne con visi dolci o le fanciulle danzanti che sembrano gratia pura. Alcuni critici letterari neoclassici diedero una definizione di gratia: è prodotto di verità e ornato. Ornato: nel Quattrocento indicava una produzione artistica, è un elemento diffuso e non si può isolare. Si riferisce all’atteggiamento o al movimento di una figura. Ne parla Quintiliano nelle Intitutiones oratoriae, facendo un esempio sulle figure ornate in retorica dice che una statua con le braccia incollate al corpo non ha gratia e ornamento mentre una che ha una posa curva, mobile e varia sì. La figura decisa ed eretta di Masaccio è senza ornato, quella flessa e bilanciata di Lippi lo è. Ornamento è un motivo decorativo. Varieta: viene descritta nel De pictura, distinguendo due tipi: copia cioè profusione di soggetti; varieta diversità di soggetti. La varietà ha due fattori: diversità e contrasto di tinte, diversità di atteggiamenti delle figure. Compositione: armonizzazione sistematica dei vari elementi del dipinto per ottenere l’effetto desiderato, concetto ripreso da Alberti che a sua volta lo riprese dalla critica letteraria classica (compositio, modo in cui una proposizione era costruita gerarchicamente). Un dipinto è composto di corpi, i quali sono composti di parti, composte di superfici piane. Le superfici si compongono nei membri, i membri nei copri e i corpi nei dipinti. Il Quattrocento analizzava profondamente la composizione e metteva in relazione mezzi formali e fini narrativi. La composizione disciplina la varietà e la varietà alimenta la composizione, per questo il pittore viene lodato (così come loda Donatello allo stesso modo). Entrambi composero gruppi dove le figure formano gruppi simmetrici, mantenendo l’equilibrio tra varietà e simmetria creando una ricca composizione di movimenti del corpo e dell’anima. COMPOSIZIONE E VARIETA’ è UNA DELLE BASI DELLA CONCEZIONE PERCETTIVA DEL QUATTROCENTO. Colorire: stendere il colore, secondo Landino. PDF nel De perspectiva pingendi ne dà una definizione più ampia, definendo colorire come dare il colore come si dimostra nella realtà usando le ombre e la luce e si sovrappone in parte a <<rilievo>>. ANDREA DEL CASTAGNO: firma alcuni affreschi in san Zaccaria a Venezia nel 1442. Forse nacque nel 1423 e non si sa chi fu il suo maestro, nel 1444 è a Firenze dove lavora in sant’Apollonia, in santissima Annunziata, nella villa Carducci e fece un ritratto equestre di Niccolò da Tolentino. Muore nel 1457. Disegnatore: si ricollega a colorire. Rappresentazione degli oggetti basata su linee di contorno in contrapposizione a quella fondata sul tono. Disegno a matita, rappresentazione di contorni e prospettiva. Il Rinascimento dà un’attitudine analitica alle formulazioni sistematiche, facendo del disegno (contorni) e della pittura (superfici, linee, toni) il fondamento dell’arte della pittura. Amatore delle difficulta: eseguire cose difficili era apprezzato perché dimostrazione di abilità e talento. Un pittore che amava le difficoltà e le superava con successo era pubblicamente individuabile. Manetti nella biografia di Brunelleschi parla del concorso della porta dei Mesi, in cui la sua formella venne definita meravigliosa grazie alle difficoltà; queste sono modalità di rappresentazione degli eventi in modo non scontato. Del Castagno creava artifici che enfatizzano la vicenda, in particolare nei suoi scorci. Scorci: ambito specifico in cui si manifesta la difficoltà. Nella Trinità adorata dalla Vergine e santi, lo scorcio della Trinità è molto ardito. L’abilità va a sostituire l’oro. Lo scorcio è la specifica manifestazione della prospettiva, due sono le tipologie principali: scorcio vero, cioè una cosa lunga vista da una parte e dà all’occhio l’impressione di essere corta; scorcio dato da un punto di vista inconsueto. Lo scorcio era difficile da vedere e da capire, per il fruitore e per il pittore. Nel Cinquecento l’Aretino definisce gli scorci come qualcosa che di rado va fatto solo perché il pittore possa dimostrare che sa farlo, mentre Vasari li condanna perché troppo forzati e studiati. Prompto: lo attribuisce a Giotto (Navicella) e Donatello. Prompto indica una diversificazione della figura, particolari movimenti. Indica movimento dipinto delle figure del pittore e il movimento della mano del pittore. È la concezione quattrocentesca del rapporto corpo.mente, esprime la mano del pittore che riflette la propria mente. BEATO ANGELICO: fra Giovanni da Fiesole entrò nell’ordine domenicano di Fiesole nel 1407 a vent’anni, arrivò tardi alla pittura. La prima opera è commissionata nel 1433 per san Marco a Firenze, Madonna dell’arte dei Linaioli, successivamente dipinse affreschi nella stessa chiesa. Dal 1446 è a Roma, fino alla sua morte avvenuta nel 1455, dipingendo in Vaticano (Cappella di Nicola V). Vezzoso: carezza, delizia; era delizioso in modo carezzevole. La stessa parola è usata per Desiderio da Settignano. Probabilmente l’aggettivo è riferito ai valori tonali della sua arte, perché non enfatizzava il contrasto tonale di luci e ombre. Evita i forti contrasti. Devoto: devozione è la coscienza e volontà di rivolgere la mente a Dio, attraverso la meditazione, producendo tristezza per l’inadeguatezza dell’uomo. È uno stile contemplativo in cui si uniscono gioia e tristezza, ed è vezzoso, ornato e volto alla facilità. Rinuncia a certi aspetti di proposito. Devoto (proveniente dalla predicazione cristiana) si contrappone a puro (proveniente dalla retorica classica), utilizzato per Masaccio. I termini utilizzati da Landino hanno una struttura: si contrappongono, o si accompagnano o si sovrappongono. I termini racchiudono l’unità tra dipinti e società da cui emergevano. In un ambito metaforico Landino utilizza categorie (puro, ornato, compositione) che provengono dalla critica letteraria classica cioè una categorizzazione dell’attività umana. Tutte le arti vengono riunite entro un sistema uniforme di concetti e termini. Le forme e gli stili della pittura possono acuire la nostra percezione della società. È difficile avere un’idea di cosa significasse essere una persona di un certo tipo in una certa epoca e in un certo luogo. Lo stile pittorico torna utile: una società sviluppa le proprie caratteristiche capacità e le proprie abitudini, che hanno un aspetto visivo, dal momento che il senso della vista è il principale organo di esperienza, e queste capacità e abitudini visive diventano parte degli strumenti espressivi del pittore analogamente uno stile pittorico consente di risalire alle capacità e alle abitudini visive e, tramite queste, all’esperienza sociale tipica di un’epoca. Un dipinto antico è un documento di un’attività visiva e va saputo leggere.
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