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Michelangelo e Raffaello a Roma, Schemi e mappe concettuali di Storia dell'Arte Moderna

Schema riassuntivo delle principali opere del periodo, con descrizioni tratte dal libro "Arte. Una storia naturale e civile", Settis - Montanari

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2019/2020

Caricato il 21/09/2021

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silvia-m98 🇮🇹

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Scarica Michelangelo e Raffaello a Roma e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! MICHELANGELO E RAFFAELLO A ROMA TITOLO DATA AUTORE UBICAZIONE Tomba di Giulio Il 1505-45 Michelangelo San Pietro in Vincoli, Roma Progetto originario per la tomba di Giulio Il 1505 C. De Tolnay (ricostruzione) DESCRIZIONE Fin dal 1505 Giulio Il aveva chiamato a Roma Michelangelo, con l'idea di commissionargli un colossale monumento sepolcrale per sé da innalzare nella tribuna della Basilica di San Pietro. La vicenda sarebbe durata fino agli anni '40 in una successione decisive varianti al progetto originario. Il primo progetto prevedeva un monumento isolato a pianta rettangolare, con una lunghezza intorno ai 10,5 m nei fianchi è una larghezza di circa 7 m nelle testate; ogni parete sarebbe stata fornita di nicchie con statue e tra una nicchia e l’altra statue legate come prigioni, le quali rappresentavano le arti liberali (pittura, scultura, architettura), che erano imprigionate dalla morte del Papa defunto, essendo venuto a mancare un mecenate tanto prodigo. Sopra questo registro vi sarebbe corsa una cornice che legava tutta l'opera, nel cui piano vi sarebbero state quattro grandi statue, di cui solo una di queste sarebbe stata realizzata, ovvero il Mosé. Nel coronamento era infine l'arca, sostenuta da due angeli, uno di essi doveva ridere mentre l'altro piangere. Un portale disposto al centro di una delle testate permetteva di entrare all'interno del monumento, dove una stanzetta avrebbe contenuto un cassone di marmo con il corpo del Papa. Il progetto originario comprendeva 40 statue di marmo è una serie di rilievi in bronzo con la vita del pontefice. Michelangelo si mise subito al lavoro e andò a Carrara a reperire i numerosi marmi, ma quando nella primavera del 1506 tornò a Roma, Giulio Il era preso da altre questioni e non lo ricevete, così si arrabbiò e rientrò a Firenze. | due si rappacificarono di li a poco Bologna, il progetto fu messo da parte e intanto Michelangelo venne impegnato nell’affresco della volta della Cappella Sistina. Secondo progetto per la tomba di Giulio Il 1512-13 Copia da disegno di Michelangelo Mosè 1513-15 Michelangelo Affreschi della volta 1508-12 della Cappella Sistina Michelangelo Staatliche Museum, Berlino San Pietro in Vincoli, Roma Cappella Sistina, Palazzi Vaticani, Città del Vaticano Michelangelo scolpire il Mosé verso il 1513-1516 perché alla morte di Giulio Il (1518) i suoi eredi rilanciarlo alla commissione del sepolcro del pontefice, modificando il progetto originario. Invece di una tomba isolata si penso a un più economico sepolcro parietale su più registri, affollato di sculture sia sul fronte che sulle due pareti laterali; la camera mortuaria fu pulita e in alto si aggiunse la figura della Madonna col Bambino. Nel 1516 un nuovo contratto semplificava ulteriormente il progetto, riducendo il numero delle statue e lo spessore dei lati, preferendo il catafalco il pontefice è sorretto da due figure, come se fosse una pietà. In questo progetto il Mosé non è ancora al centro del monumento ma nel registro superiore, alla sinistra del pontefice morente. Per il registro inferiore si penso ai prigioni o schiavi: osservando quello morente vediamo un giovane atletico, studiatissimo nell'anatomia del volto graziato; la cosa è contorta, per la flessione della gamba sinistra e il soprastante braccio alzato e piegato che omaggiano al gruppo del Laocoonte. Michelangelo non finirai mai questo gruppo di sculture e oggi si conservano alla Galleria dell’Accademia di Firenze, poco lontano dal David. L'ubicazione finale di questa statua è al centro della tomba di Giulio Il in San Pietro in Vincoli. Vediamo Mosè in atto pensoso e saggio mentre tiene sotto il braccio destro le tavole della legge e con la sinistra si sostiene il mento; è una faccia piena di vivacità e spirito, induce allo stesso tempo amore e terrore.a due corna sul capo, poco lontana dalla sommità della fronte; sotto il panneggio appare nudo, esso non toglie l'aspetto della bellezza del corpo. Iniziata nel maggio del 1508 e inaugurata la fine di ottobre del 1512, in questa opera Michelangelo interpretò la pittura come scultura. Fino a quel momento la volta della cappella mostrava un semplice e medievale cielo stellato realizzato il tempo di Sisto IV da Pier Matteo d'Amelia, cui Michelangelo sostituì una decorazione articolata e ambiziosa. Nella zona centrale si susseguono nove storie della Genesi, che dalla Separazione della luce dalle tenebre proseguono fino all'Ebrezza di Noè; agli angoli le affiancano una serie di figure di nudi, che raggiungono il numero di 20. Nei sottostanti scomparti verticali vi sono 12 veggenti, suddivisi in sette profeti e cinque sibille; sotto ancora, le vele e le lunette delle pareti illustrano un ciclo di antenati di Cristo, lasciando spazio nei pennacchi angolari a quattro storie dell'antico testamento. Michelangelo dipinse tutto questo praticamente da solo, utilizzando pochissimi aiuti; il risultato fu epocale, diede vita a un mondo di dimensioni sovrumane come non si era mai visto nella storia dell’arte. Disputa sul sacramento 1508-11 Raffaello Stanza della segnatura, Palazzi Vaticani, Città del Vaticano Nella lunetta sotto la Teologia Raffaello dipinse nel 1509 la Disputa del Sacramento o Trionfo dell'Eucarestia e della Chiesa. La perfezione del pavimento prospettico ci indirizza verso l'altare centrale dove c'è un ostensorio contenente un’ostia: tutti intorno santi, pontefici, ecclesiastici e altri personaggi illustri gesticolano con tale enfasi che sembrano disputare tra loro, quando in realtà esaltano il Sacramento. In primo piano a sx, calvo e con il libro aperto sul parapetto, si vede Bramante che si volta verso il centro; nel gruppo dei quattro padri della Chiesa affiancati all'altare si riconosce a sx Giulio Il nelle vesti di Papa Gregorio Magno. Tra le figure a dx si riconosce Dante, un passo avanti c'è Sisto IV, mentre sullo sfondo un blocco di marmi vuole accennare alla fondazione della nuova Basilica di San Pietro. In alto, nel cielo azzurro, Cristo siede al centro sulle nubi, accompagnato da Maria e Giovanni battista; in asse sopra di lui, la figura di Dio padre e al di sotto la colomba dello spirito Santo, scortata da angioletti che mostrano i quattro vangeli. Disposti su due registri, si trovano all'altezza di Cristo un drappello di patriarchi, profeti e santi e all’ altezza del padre le schiere angeliche a comporre una sorta di calotta absidale. In questo episodio si vede non solo l'insegnamento di Perugino, ma anche la gestualità leonardesca degli attori e le figure disposte emiciclo nella parte alta richiamano una soluzione sperimentata da Fra Bartolomeo nel giudizio universale. Scuola di Atene Parnaso 1508-11 1508-11 Raffaello Raffaello Stanza della segnatura, Palazzi Vaticani, Città del Vaticano Stanza della segnatura, Palazzi Vaticani, Città del Vaticano Corrispondente alla Filosofia Raffaello dipinse la scuola di Atene, con un rigore compositivo ancora maggiore della Disputa. L'episodio è all'interno di un enorme edificio all'antica che nello spazio immenso e nella volta a lacunari della navata evoca i resti della Basilica di Massenzio. Raffaello ci fa vedere come Bramante aveva immaginato l'interno della Basilica di San Pietro, con un'unica grande navata interrotta nella sua fuga da un transetto, che a sua volta costituisce l'altra navata della chiesa a pianta centrale e al cui incrocio si innalza una cupola. Le pareti fingono nicchie con un abbondante corredo statuario di soggetti pagani, a sinistra e a destra si identificano facilmente Apollo nudo con la cetra e Minerva in armi, con lo scudo fornito dalla testa di Medusa. Vi sono 58 personaggi che disputano: al centro vi sono Aristotele con il Timeo in mano che apre la mano destra, con il palmo rivolto verso terra (manifesta la sua visione materiale delle cose) e Platone, con l’Etica in mano mentre indica verso l’alto, ovvero il mondo delle idee che aveva teorizzato (si tende a credere che in Platone Raffaello abbia ritratto Leonardo). Si possono riconoscere altri filosofi antichi, con i volti di personaggi dell'epoca: a sinistra Epicuro, coronato di pampini e in atto di scrivere (dovrebbe ritrarre il bibliotecario del Papa Tommaso Inghirami detto Fedra, possibile autore del programma iconografico); Euclide, chinato misurare con il compasso ritrae Bramante; alle sue spalle c'è Zoroastro, con la sfera celeste (probabilmente personificato da Pietro Bembo); poco oltre, la scena si chiude con il volto di Raffaello e quello del Sodoma, che prima di lui aveva iniziato a lavorare nella stanza. In primo piano si vede Eraclito, solitario, con la testa appoggiata malinconicamente sul braccio: è in realtà un ritratto di Michelangelo, che Raffaello volle aggiungere quando aveva già compiuto tutto il resto. Scena sottostante la Poesia, raffigurazione del monte della Grecia consacrato ad Apollo e alle nove muse protettrici delle arti. Il pittore non potè usufruire dell'intero spazio di una lunetta perché nella parte bassa si apre una finestra; in un paesaggio montano, si dispone centralmente Apollo, in atto di suonare una moderna lira da braccio, affiancato dalle Muse. Ai lati, dall'alto verso il basso, c'è una carrellata dei poeti antichi moderni coronati di alloro, tra i quali si riconoscono Saffo e sopra di lei, Dante in prossimità del cieco Omero e di Virgilio. Stanza di Eliodoro Cacciata di Eliodoro dal tempio Messa di Bolsena 1511-14 Raffaello Palazzi Vaticani, Città del Vaticano 1511-14 Raffaello Stanza di Eliodoro, Palazzi Vaticani, Città del Vaticano 1511-14 Raffaello Stanza di Eliodoro, Palazzi Vaticani, Città del Vaticano Seconda delle Stanze Vaticane decorata da Raffaello, serviva per le udienze pontificie. Il programma iconografico si distingue per una forte valenza politica, con episodi di una storia millenaria in cui la Chiesa o gli eroi biblici che ne prefigurare uno alla funzione si salvano da pericolose minacce. Vi sono precise allusioni a quanto stava accadendo in quel momento Giulio II, che nel 1511 stava vivendo un momento difficile a causa di Bologna riconquistata dalla famiglia Bentivoglio. Le storie narrate in questa sala sono un monito per i nemici della Chiesa e Raffaello le illustrò con un linguaggio in edito, intensamente drammatico, segnato dalle novità di Michelangelo e della pittura veneziana. La volta rinuncia ai toni antiquari, e spartita in quattro storie dell'antico testamento, allestite come fossero dei finti arazzi, dove le figure sono grandiose i paesaggi assolutamente spogli. Prima scena affrescata nelle pareti tra il 1511 e il 1512, tratta da un episodio apocrifo dell'antico testamento. A destra si vede un gruppo dove un cavaliere, accompagnato da due robusti giovani armati di verghe, travolge un uomo in armatura, caduto a terra. È un dettaglio di impronta michelangiolesca, il vaso pieno di ricchezze ci fa capire che si tratta di Eliodoro di Antiochia, emissario del re di Siria Seleuco IV e incaricato di profanare il tempio di Gerusalemme, sottraendo i tesori destinati alle vedove e agli orfani. A metterlo in fuga e il cavaliere inviato direttamente da Dio in seguito alle ripetute preghiere del sommo sacerdote Onia, inginocchiato al centro, al di sotto della spaziosa navata del tempio. A sinistra entra in scena Giulio Il sulla sedia gestatoria, sostenuta da alcuni palafrenieri ritratti con notevole attenzione. Il messaggio è che la Chiesa non lotta per il proprio potere ma in difesa dei deboli, controllabilità dei principi, il che giustificherebbe il suo diritto ai beni temporali. L'ingresso teatrale e trionfale del Papa parla un linguaggio veneziano, Raffaello aveva conosciuto Lorenzo Lotto e Sebastiano del Piombo. Alla passione archeologica della Stanza della Segnatura si antepone una passione nuova, quella per una resa incisiva e vitale della realtà. La seconda scena ritrae la messa di Bolsena (1263), durante la quale si verificò il miracolo che gli origine alla festa del corpus domini, cara a Giulio II, perché lo zio Sisto IV ne aveva promosso il culto. È un episodio che allude alla difesa dell'eresia: quella messa fu celebrata da un prete boemo che dubitava della trasformazione del pane del vino in corpo e sangue di Cristo e al momento della consacrazione, l'ostia iniziò a gettare sangue. L'atmosfera tenebrosa e la cerimonia è non troppo differente dal tempio della Cacciata di Eliodoro; il lato destro è riservato Giulio Il, inginocchiato di fronte all'altare in un ritratto fedelissimo. Nelle carni, nelle stoffe, nei bagliori dei lumi c’è tutto il sapore della pittura veneziana. Trasfigurazione 1518-20 Raffaello Pinacoteca vaticana, Città del Vaticano Dal 1518 Raffaello si mise a dipingere una tavola divisa praticamente in due parti. In alto c’è la Trasfigurazione, Gesù si leva in cielo sul monte, affiancato dalle apparizioni dei profeti Mosé ed Elia mentre gli apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo sono prostrati sbigottiti. In basso, alle pendici del monte, gli altri apostoli a sinistra si trovano di fronte a un gruppo di persone che accompagna un fanciullo posseduto dal demonio; una volta sceso dal monte, Gesù lo guarisce (Vangelo di Matteo). La tavola mette insieme il sereno ordine della visione con la drammatica tensione della scena inferiore, popolata di personaggi monumentali in pose magniloquenti. Raffaello adotta un registro cromatico contrastato, apre uno squarcio di paesaggio in lontananza e si sofferma sui brani di natura degli alberi. A sinistra compaiono due figure di giovani inginocchiati: dovrebbero essere titolari della cattedrale di Narbonne, i santi Giusto e Pastore. La tavola venne commissionata alla fine del 1516 dal cardinale Giulio de' Medici per la cattedrale di Narbonne. Contemporaneamente ad essa, per la stessa chiesa, venne ordinata a Sebastiano del Piombo. Particolarmente spettacolare è l'uso della luce, proveniente da fonti diverse e con differenti graduazioni, nonché l'estremo dinamismo e la forza che scaturisce dalla contrapposizione tra le due scene. In definitiva si tratta di due composizioni circolari, una parallela al piano dell'osservatore, in alto, e una scorciata nell'emiciclo di personaggi in basso. Il gesto di Cristo che si libra in volo sollevando le braccia, estrema sintesi personale dell'energia michelangiolesca, Resurrezione di Lazzaro Pietà 1517-19 Sebastiano del Piombo 1516 Sebastiano del Piombo National Gallery, Londra Museo civico, Viterbo Dipinto per la cattedrale di Narbonne. Cristo si è già indicare l'uomo miracolato sotto lo sguardo delle due sorelle, Marta e Maria; il paesaggio a sapore veneto, è giocato sui toni scuri del cielo nuvoloso, dello specchio d'acqua delle rovine; larghe campiture cromatiche individuano i protagonisti della storia. Vasari racconta che l'opera fu dipinta sotto ordine e disegno in alcune parti di Michelangelo e a conferma di questa indicazione nel British Museum si conserva un disegno preparatorio per la figura di Lazzaro che Sebastiano, seguendo la lettera l'idea michelangiolesca, dispose sulla destra del dipinto, quasi completamente nudo, nell'atto di liberarsi dalle bende con le quali era stato inumato. Questo quadro fu commissionato a Sebastiano del Piombo da Giulio de’ Medici, per essere destinato alla cattedrale di Narbonea, insieme alla Trasfigurazione commissionata a Raffaello. La particolarità di questa commissione, sapendo che i due quadri avrebbero avuto una collocazione unitaria e quindi di immediato confronto, spronò i due artisti a dare il meglio di sé. Il quadro è tuttavia di grande impatto e risulta una delle opere meglio riuscite di Sebastiano del Piombo. Su tutte campeggiano le due figure, in primo piano, di Gesù e di Lazzaro. L'illuminazione, creata da un cielo nuvoloso dal quale filtra una luce polarizzata, crea effetti chiaroscurali che danno grande risalto ai colori delle vesti dei personaggi. L’alternanza di luci e ombre molto incise, insieme al vario cromatismo della scena, rendono questo quadro uno dei migliori esempi di quella pittura tonale nata a Venezia in quegli anni. Realizzata per l'altare che il chierico di camera Giovanni Botonti possedeva nella chiesa di San Francesco a Viterbo. La tavola mette insieme un notturno reso con bellissimi accostamenti di colore nel segno dell'origine veneta del pittore, con volontà di ridurre la composizione delle sulle figure della Vergine che piange il figlio morto, realizzati con corpi di una solidità michelangiolesca (in particolare il corpo attentamente studiato di Gesù). Vasari scrive che il cartone di quel dipinto lo realizzò Michelangelo, siamo di fronte a una sintesi tra il colore veneziano e il disegno fiorentino. La prima cosa che colpisce del quadro è l'effetto notte. La scena è infatti ambientata al chiaro di luna, e per ottenere ciò si avverte che Sebastiano del Piombo ha fatto tesoro della lezione della pittura tonale veneta di Giorgione e Tiziano. Un'altra caratteristica che riporta Sebastiano del Piombo all'ambiente veneto è il volto e l’espressione della Madonna che, nella sua eccessiva aderenza al realismo quotidiano, ci ricorda un pittore quale Lorenzo Lotto.
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