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Microeconomia - Capitoli 3-12 - Frank/Cartwright, Sintesi del corso di Microeconomia

Nel documento si trovano gli appunti che ho preso studiando il libro "Microeconomia" dal Capitolo 3 al 12

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

Caricato il 13/05/2016

jessica.decristofaro
jessica.decristofaro 🇮🇹

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Scarica Microeconomia - Capitoli 3-12 - Frank/Cartwright e più Sintesi del corso in PDF di Microeconomia solo su Docsity! LA SCELTA RAZIONALE DEL CONSUMATORE CAP 3 Teoria della scelta razionale del consumatore sta alla base di tutte le decisioni individuali di acquisto, la cui somma determina le curve di domanda. La teoria della scelta razionale parte dall'assunto che i consumatori si affaccino al mercato con preferenze ben definite. Assumendo i prezzi come dati, i consumatori si preoccupano solo di allocare i loro redditi in modo da soddisfare al meglio le loro preferenze. Quest'attività si suddivide in due fasi: la prima consiste nel descrivere le varie combinazioni di beni che il consumatore è in grado di acquistare; la seconda consiste nel selezionare, fra tutte le combinazioni di beni possibili, quella che il consumatore preferisce a tutte le altre. L'analisi della seconda fase richiede alcuni mezzi per la descrizione delle preferenze e una classificazione sintetica delle preferenze che il consumatore preferisce a tutte le altre. L'insieme opportunità o vincolo di bilancio: Ipotizziamo un mondo in cui esistono due soli beni, ovvero alloggio e cibo, (BENE:INDICA INDIFFERENTEMENTE UN PRODOTTO O SERVIZIO). PANIERE(particolare combinazione di due o più beni) è l'espressione usata per descrivere una combinazione particolare di alloggio, misurato in metri quadrati alla settimana, e di cibo, misurato in kilogrammi alla settimana. Figura 3.1:Un paniere è una particolare combinazione di beni. Il paniere F contiene 5 unità di alloggio e 7 di cibo, il paniere G ne contiene, rispettivamente 3 e 8. Nella figura un paniere F potrebbe essere costituito da 5m2/settimana e da 7kg/settimana di cibo, mentre un altro paniere G potrebbe essere composto da 3 m2/settimana di alloggio e da 8 kg/settimana di cibo. Useremo le coordinate (5,7) per indicare il paniere F e (3,8) per indicare il paniere G. Le coordinate A sono i m2/settimana di alloggio e C kg/settimana di cibo. Il primo numero della combinazione, all'interno di qualunque paniere, rappresenta il bene misurato lungo l'asse orizzontale. Le unità rappresentate su entrambi gli assi sono flussi, vale a dire quantità fisiche per unità di tempo: kilogrammi alla settimana, metri quadrati alla settimana. Il consumo viene sempre misurato in termini di flusso; è importante rilevare la dimensione temporale, perché altrimenti non ci sarebbero modo di capire se un determinato livello di consumo sia consistente o limitato. Supponete che il reddito monetario del consumatore sia M=100euro a settimana, che viene speso per intero su una determinata combinazione cibo|alloggio. Supponete poi che i prezzi dell'alloggio e del cibo siano, rispettivamente, pa=5euro/m2 e PC=10euro/kg. Se il consumatore spendesse tutto il suo reddito per l'alloggio potrebbe acquistare M/PA= (100/Settimana) / (5 euro/m2)= 20m2/settimana. In altre parole, egli potrebbe acquistare il paniere composto da 20 m2/ settimana di alloggio e da 0 kg/settimana di cibo, contraddistinto dalle coordinate (20,0). supponete invece che l'ipotetico consumatore spenda tutto il suo reddito per il cibo. Allora acquisterebbe il paniere composto da M/PC=(100 EU/settimana) / (10 E/kg), che corrisponde a 10kg/settimana di vitto e 0m2/settimana di alloggio, contraddistinto dalle coordinato (0,10). Nella figura 3.2 i casi sono le lettere K e L,il consumatore è in grado di acquistare qualunque altro paniere che si trova lungo la retta che unisce i punti K e L; potete verificare, per es, che il paniere (12,4) si trova sulla stessa retta. Questa linea prende il nome di VINCOLO DI BILANCIO(Indicata nella figura dalla lettera B). IL VINCOLO DI BILANCIO è l'insieme di tutti i panieri che esauriscono esattamente il reddito del consumatore a determinati prezzi. È chiamato anche linea di bilancio. Nella figura 3,2 la linea B descrive l'insieme di tutti i panieri che il consumatore può acquistare per dati valori del reddito e dei prezzi. La sua dipendenza è data dal rapporto tra il prezzo dell'alloggio e quello del cibo, preso con il segno meno. In valore assoluto, questa pendenza rappresenta il costo opportunità di una unità addizionale di alloggio, cioè il numero di unità di cibo che devono essere sacrificate per poter acquistare un'unità aggiuntiva di alloggio ai prezzi di mercato. La pendenza, o inclinazione, di una retta corrisponde al rapporto tra la variazione in ordinata e la corrispondente variazione in ascissa. Qui la pendenza del vincolo di bilancio è data dalla sua intercetta verticale divisa per l'intercetta orizzontale: - (10kg/settimana)/(20 m2/settimana)= -1/2 kg/ma. Il segno meno significa che la retta di bilancio decresce man mano che ci si sposta verso destra; in altre parole ha una pendenza negativa. Più in generale, se con M si indica il reddito settimanale del consumatore e se Pa e Pc rappresentano, rispettivamente, i prezzi dell'alloggio e del cibo, allora l'intercetta orizzontale sarà data da M/Pa e quella verticale da M/Pc. Pertanto, la formula generale che ci dà la pendenza del vincolo di bilancio sarà: - (P/Pc)/(M/Pa)=-Pa/Pc che è, il rapporto tra i prezzi dei due beni con il segno negativo. Dati I rispettivi prezzi, questo rapporto rappresenta il saggio al quale il cibo può essere scambiato con l'alloggio. Oltre a essere in grado di acquistare uno qualsiasi dei panieri che si trovano lungo il suo vincolo di bilancio, il consumatore può comprare anche qualunque paniere che si trovi all'interno dell' INSIEME DI BILANCIO, delimitato dallo stesso vincolo a dai due assi cartesiani. INSIEME DI BILANCIO : Panieri che appartengono al vincolo di bilancio o che si trovano sotto di esso; panieri per i quali (dati i prezzi) la spesa è inferiore o uguale al reddito disponile. Si fa riferimento all'insieme dei panieri delimitato dall'insieme di bilancio indicandolo anche come insieme accessibile o ammissibile. I panieri che, come E, giacciono al di fuori di tale area sono detti inaccessibili o non ammissibili. Non può essere acquistato dal consumatore. Se A e C indicano, rispettivamente, le quantità di alloggio e di cibo, il vincolo di bilancio deve soddisfare la seguente equazione: PaA+pCc=M che ci dice semplicemente che la somma della spesa settimanale del consumatore per l'alloggio (PaA) E PER IL Cibo (PcC) deve essere uguale al reddito settimanale (M). Per rappresentare il vincolo di bilancio nello stesso modo in cui si rappresenta convenzionalmente una retta, risolviamo l'equazione ottenendo: C= M/Pc – Pa/PCA. L'Equazione mostra una volta di più come l'intercetta verticale del vincolo di bilancio sia data da M/Pc e la sua inclinazione da -(Pa/Pc). L'Equazione del vincolo di bilancio rappresentato nella figura 3.2 è : C=10-1/2A. Spostamenti del vincolo di bilancio dovuti a variazioni dei prezzi o del reddito: Variazione dei prezzi: La pendenza e la posizione del vincolo di bilancio sono determinate per intero del reddito del consumatore e dai prezzi dei rispettivi beni. Cambiando uno qualsiasi di questi fattori, avremo un nuovo vincolo di bilancio: la figura 3.3 mostra l'effetto di un aumento del prezzo dell'alloggio da Pa=5 E/m2 a Pa2= 10 E. Poiché sia il reddito settimanale sia il prezzo del cibo sono rimasti immutati, l'intercetta verticale del vincolo di bilancio del consumatore rimane la stessa. Come si vede, l'aumento del prezzo dell'abitazione da ruotare, intorno all'intercetta verticale e verso l'interno, la retta del vincolo di bilancio. Figura 3.3 Effetto di un aumento del prezzo dell'alloggio. Quando il prezzo dell'alloggio aumenta, l'intercetta verticale del vincolo di bilancio non muta, ma la retta originaria che rappresenta il vincolo di bilancio ruota verso l'interno intorno a questa intercetta. Nella figura benché il prezzo del cibo non sia cambiato, il nuovo vincolo di bilancio, Ba,provoca una riduzione non solo nella quantità di alloggio, ma anche in quella di cibo che il consumatore è in grado di acquistare. Quando cambia il prezzo del cibo (per es), il vincolo di bilancio ruota intorno alla sua intercetta orizzontale. Quando modifichiamo il prezzo di uno solo dei due beni, facciamo inevitabilmente variare la pendenza del vincolo di bilancio -Pa/Pc; lo stesso vale se modifichiamo, in proporzioni diverse, entrambi i prezzi. La pendenza di un vincolo di bilancio ci fornisce informazioni esclusivamente sui prezzi relativi, e non sulla dimensione degli stessi in termini assoluti. Quando i prezzi di due beni cambiano nella stessa proporzione, il costo opportunità dell'alloggio in termini di cibo non muta. Variazione del reddito: L'effetto di una variazione del reddito è molto simile a quello di un cambiamento, in proporzioni uguali, di tutti i prezzi. Figura 3.4 L'effetto di una riduzione del reddito: se il reddito si dimezza, sia l'intercetta verticale sia quella orizzontale vengono dimezzate. Il nuovo vincolo di bilancio ha la medesima pendenza di quello vecchio, ma è più vicino all'origine. Vincoli di bilancio relativi a più di due beni: Il problema dell'allocazione del reddito del consumatore tra diversi possibili acquisti può essere posto in termini di scelta non tra due beni, ma tra N possibili beni, dove N può essere un numero grande a piacere. Se l'alternativa è tra soli due bene (N=2), il vincolo di bilancio viene rappresentato, da una linea retta; se l'alternativa è fra tre beni (N=3), VIENE RAPPRESENTATO DA UN Piano. Quando abbiamo più di tre beni, il vincolo di bilancio diventa ciò che i matematici chiamano iper piano o piano multidimensionale. La sola vera difficoltà consiste nel rappresentare graficamente questo vincolo multidimensionale. Marshall, un economista, ha proposto una soluzione semplice a questo problema: essa consiste nel considerare quella che si pone al consumatore come la scelta di un bene particolare, per es X, e un insieme di altri beni, indicato con Y. Oggi indichiamo questo insieme di beni con il nome di BENE COMPOSITO:nella scelta di allocazione del reddito fra un bene X e numerosi altri beni,spesa del consumatore per tutti questi altri beni diversi da X. In sostanza, si tratta dell'ammontare di reddito che rimane disponibile per il consumatore dopo l'acquisto del bene. Per capire meglio come viene usato il concetto di bene composito, supponete che il consumatore disponga di un reddito di Me/settimana, e che il prezzo di X sia pari a Px. Il vincolo di bilancio del consumatore può, essere rappresentato da una linea retta nel piano XY, come nella figura 3.5. Per semplicità, il prezzo di 1 unità del bene composito si assume pari a 1E, per cui se il consumatore non spendesse alcunché per l'acquisto di X, egli sarebbe in grado di comprare M unità del bene composito. Ciò equivale a dire che, se non comprasse X, il consumatore avrebbe M e da spendere in altri beni. Se invece spendesse tutto il suo reddito per acquistare X, egli potrebbe ottenere il paniere (M/PX,O). Posto che il prezzo di Y sia pari a 1E, la pendenza del vincolo di bilancio sarà semplicemente -Px. Il vincolo di bilancio ci dice quali sono i panieri per i quali il consumatore spende tutto il suo reddito. IL consumatore può avere X1 unità di X e Y1 unità del bene composito rappresentato in figura 3,5. Figura 3.5 Vincolo di bilancio con il bene composito: L'asse verticale misura la parte di reddito spesa ogni mese nell'acquisto di tutti i beni diversi da X. 9 MARGINALE DI SOSTITUZIONE (MRS):in ogni punto di una curva di indifferenza, tasso al quale il consumatore è disposto a scambiare il bene misurato lungo l'asse verticale con quello misurato lungo l'asse orizzontale; equivale al valore assoluto della pendenza della curva di indifferenza. Nella parte sinistra della figura 3.13, per es, il saggio marginale di sostituzione nel punto W è dato dalla pendenza della retta tangente la urva di indifferenza in W, ossia dal rapporto di delta Cw/Delta AW1. Mentre la pendenza del vincolo di bilancio esprime il saggio a cui possiamo sostituire il vitto con l'alloggio senza modificare la spesa totale, il MRS indica il saggio a cui il consumatore è disposto a sostituire il cibo con l'alloggio senza modificare la sua soddisfazione totale. In altri termini, la pendenza del vincolo di bilancio è il costo marginale dell'alloggio in termini di cibo, e il MRS è il beneficio marginale dell'alloggio in termini di cibo. La proprietà di convessità delle preferenze ci dice che, lungo qualunque curva di indifferenza, maggiore è il quantitativo di un bene a disposizione del consumatore, maggiore è la quantità aggiuntiva che occorre offrirgli perché sia disposto a rinunciare a un'unità dell'altro bene. In altre parole, il MRS si riduce man mano che ci spostiamo verso destra lungo la curva di indifferenza. Le curve di indifferenza caratterizzate da un saggio marginale di sostituzione decrescente sono perciò convesse rispetto all'origine. Nella figura 3.14, il paniere A il cibo sia relativamente abbondante; il consumatore sarà disposto a sacrificarne 3 kg/ settimana in cambio di 1 m2/settimana addizionale di alloggio: ciò significa che il suo MRS in A è pari a 3. In C le quantità di cibo e alloggio sono più equilibrate, per cui egli sarà disposto a cedere solo 1 kg/settimana di cibo in cambio di 1 m2/ settimana di alloggio in più, dunque il MRA in C è 1. Infine, notate come il cibo sia relativamente scarso in D, un paniere in corrispondenza del quale il consumatore sarebbe disposto a rinunciare solo ad un quarto kg di cibo i cambio di 1 unità di addizionale di alloggio, quindi sul suo MRS in D è ¼. Intuitivamente, l'andamento decrescente del MRS implica che i consumatori apprezzano la varietà: in genere, siamo disposti a rinunciare a beni che possediamo già in abbondanza per ottenere una quantità maggiore di beni che non abbiamo. Figura 31.14 Saggio marginale di sostituzione decrescente: quanto più cibo il consumatore ha a disposizione, maggiore è la quantità a cui sarà disposto a rinunciare in cambio di 1 unità aggiuntiva di alloggio. I MRS, relativamente ai panieri A, C e D, sono rispettivamente 3,1, E ¼. Come utilizzare le curve di indifferenza per descrivere le preferenze: Per comprendere la capacità delle mappe di indifferenza di descrivere le preferenze del consumatore, come si possono utilizzare per rappresentare le differenze nelle preferenze di due consumatori. Immaginate, che sia Teresa sia Marianna piacciono le patate, ma che a Marianna il riso piaccia più che a Teresa. Questa differenza di gusti è evidenziata nella figura 3.15 dalla pendenza diversa delle loro curve di indifferenza. Notate che nella figura 3.15a, che mostra la mappa di indifferenza di t, quest'ultima sarebbe disposta a scambiare 2 kg di patate con soltanto 1 kg di riso. La differenza nelle loro preferenze si manifesta chiaramente nella differenza dei saggi marginali di sostituzione tra riso e patate. La scelta del paniere migliore: abbiamo tutti gli strumenti che ci occorrono per determinare come il consumatore dovrebbe allocare il suo reddito tra i due beni. Infatti, la mappa di indifferenza specifica come sono ordinati i panieri in termini di preferenze, mentre il vincolo di bilancio indica quali sono i panieri che il consumatore è in grado di acquistare, dati il reddito e il prezzo dei due beni. A questo punto, il consultatore non dovrà fare altro che integrare questi due elementi e scegliere il paniere preferito, ovvero il MIGLIOR PANIERE AMMISSIBILE:paniere che dà al consumatore la soddisfazione maggiore tra tutti ammissibili. Figura 315 Persone con gusti differenti: In termini relativi, a T piacciono di più le patate, mentre a M. piace di più il riso. La differenza viene evidenziata dal fatto che, per un dato paniere, il MRS tra patate e riso è minore per T che per M. Consideriamo il caso del consumatore con un reddito M=100E/settimana che debba scegliere tra cibo (Pc=10e/kg) e alloggio (Pa=5e/mq2). La figura 3.16 mostra il vincolo di bilancio e parte dalla mappa di indifferenza dei 5 panieri, indicati con A,D,E,F,R nel diagramma. G è quello preferito, in quanto giace sulla curva di indifferenza più alta; ma non ammissibile, come tutti gli altri panieri che si trovano ad di la del vincolo di bilancio. La proprietà di “non sazietà” implica che il miglior paniere ammissibile debba trovarsi sul vincolo di bilancio, non sotto il vincolo (qualunque paniere che si trovi all'interno del vincolo di bilancio darebbe infatti al consumatore una soddisfazione minore di un altro,anch'esso ammissibile, che si trovi leggermente in alto a destra). Dove si colloca esattamente il paniere migliore lungo la retta del vincolo di bilancio? Sappiamo che non può trovarsi su una curva d'indifferenza che giaccia parzialmente all'interno del vincolo. Sulla curva d'indifferenza I1, per es, i sol punti candidati sono A ed E; ma nessuno dei due può essere il miglior paniere ammissibile, perché A è in differente a D, che a sua volta è meno desiderabile di F in base all'ipotesi di “non sazietà”. Quindi, per la proprietà della transitività, A è meno desiderabile di F. Per la medesima ragione, E non può essere il miglior paniere ammissibile. Figura 3.16 Il miglior paniere ammissibile: Il meglio che possa fare il consumatore è scegliere il paniere, appartenendo al vincolo di bilancio, che giace sulla curva di indifferenza più elevata possibile. In questo caso il paniere scelto sarà F, in corrispondenza del punto di tangenza tra la curva di indifferenza e il vincolo di bilancio. Se il miglior paniere ammissibile non può trovarsi su una curva di indifferenza parzialmente interna al vincolo di bilancio, e al tempo stesso deve appartenere al vincolo, è chiaro che deve trovarsi su una curva di indifferenza che ha un solo punto in comune con il vincolo di bilancio. L'obiettivo del consumatore, dopotutto, è raggiungere la curva d'indifferenza più elevata, tenuto conto del vincolo di bilancio. La sua strategia consiste nel passare in continuazione da una curva di indifferenza alla curva superiore, finchè non raggiunge la curva più alta possibile. Quanto alle mappe di indifferenza per cui esiste un punto di tangenza, come nella Figura 3.16, il miglior paniere si troverà sempre in corrispondenza del punto di tangenza. Tornando alla figura 3.16, notate che il saggio marginale di sostituzione in F coincide esattamente con il valore assoluto della pendenza del vincolo di bilancio. E quando il miglior paniere ammissibile si trova su un punto di tangenza sarà sempre così. La condizione da soddisfare in questi casi è pertanto: MRE= PA FRATTO PC. La parte destra dell'Equazione 3.3 rappresenta il costo opportunità dell'alloggio in termini di cibo. Così, con Pa=5e/M2 e PC=10E/Kg, il costo opportunità di 1 m2 addizionale di alloggio è pari a ½ kg di cibo. La parte sinistra dell'Equazione è | Delta di C / DELTA DI A|, cioè il valore assoluto della pendenza della curva indifferenza nel punto di tangenza, che rappresenta la quantità di cibo in più che bisogna dare al consumatore per ricompensarlo integralmente della perdita di a m2 di alloggio e mantenere inalterata la sua soddisfazione. La pendenza del vincolo di bilancio rappresenta il costo opportunità dell'alloggio in termini di cibo, mentre la pendenza della curva di indifferenza rappresenta i benefici della scelta di consumare l'alloggio, confrontati con quelli derivanti dal consumo di cibo. Dato che in questo esempio la pendenza del vincolo di bilancio è -1/2, la condizione di tangenza ci dice che, per compensare i benefici a cui rinuncia il consumatore con la perdita di 1 ma di alloggio, occorrerebbe ½ kg di cibo. Soluzioni d'angolo: Il miglior paniere ammissibile non è sempre e necessariamente collocato in un punto di tangenza. In alcuni casi, infatti, un punto di tangenza semplicemente non esiste e il MRS è sempre superiore, o inferiore, alla pendenza del vincolo di bilancio. Avremo allora una SOLUZIONE D'ANGOLO:nella scelta fra due beni, caso in cui, in corrispondenza del paniere migliore per il consumatore, il MRS non uguaglia la pendenza del vincolo di bilancio; di conseguenza, il consumatore potrebbe rinunciare completamente a uno dei beni. Figura 3.17: Soluzione d'angolo: quando il MRS tra alloggio e cibo è sempre inferiore alla pendenza del vincolo di bilancio, la scelta migliore che può fare il consumatore è spendere tutto il suo reddito in cibo. Le curve di indifferenza poco convesse sono caratteristiche di beni che possono essere sostituiti uno con l'altro. Le soluzioni d'angolo, pertanto, si verificano più spesso per i beni altamente sostituibile e si verificano certamente quando i beni in questione sono dei sostituiti. Per questi ultimi, il MRS non è mai decrescente perché rimane sempre costante. Le curve di indifferenza sono rette: se sono più inclinate del vincolo di bilancio, il consumatore sceglierà un paniere che contiene solo il bene rappresentato sull'asse orizzontale; nel caso opposto, la soluzione d'angolo implicherà il consumo del solo bene rappresentato lungo l'asse verticale. Il più delle volte, però, non avremo a che fare con soluzioni d'angolo ma con soluzioni interne, cioè con problemi in cui il miglior paniere ammissibile si trova in corrispondenza di un punto di tangenza fra la più alta curva di indifferenza e il vincolo di bilancio in presenza di soluzione interna, quindi, il MRS è esattamente uguale alla pendenza del vincolo di bilancio. ESEMPIO 3.3 Considerate il caso di Luigi, un accanito bevitore di cola con caffeina. Egli spende tutto il suo bilancio destinato alle bibite per acquistare coca-cola e pepsi cola, ed è interessato unicamente al contenuto di caffeina delle due bevande. Se la pepsi cola contiene il doppio di caffeina rispetto alla coca-cola, e costa 1 e/litro, mentre la coca-cola costa 0,75 e/litro,come spenderà luigi il suo reddito settimanale (15e) destinato alle bibite? Figura 3.18:il paniere migliore nel caso di sostituti perfetti: in questo caso, il MRS della coca-cola con la pepsi è pari a 2 in ogni punto della curva di indifferenza. Ogni volta che il rapporto tra i prezzi Pp/Pc è inferiore a 2, il paniere migliore sarà dato da una soluzione d'angolo nella quale il consumatore acquisterà solo pepsi cola. Dato il vincolo di bilancio B, il paniere A è quello che gli garantisce la soddisfazione maggiore. Curve di indifferenza nel caso di più di due beni:quando i beni sono più di due, le curve di indifferenza si possono costruire usando un metodo utilizzato in precedenza per rappresentare i vincoli di bilancio nel caso della scelta di più beni. Consideriamo, semplicemente, la scelta del consumatore tra un bene particolare X e un insieme Y di altri beni, chiamato bene composito. Come nel caso precedente,il bene composito è la parte di reddito che rimane al consumatore dopo l'acquisto del bene X. Nel caso di scelta tra più beni, possiamo continuare a rappresentare le preferenze del consumatore con una mappa di indifferenza nel piano XY. Qui la curva di indifferenza non indica il saggio a cui il consumatore è disposto a sostituire il bene Y con il bene X, ma il saggio a cui è disposto a scambiare il bene composito con X. Anche qui tuttavia, come nella scelta tra due beni, l'equilibrio si realizza quando il consumatore raggiunge la curva di indifferenza più alta possibile, dato il suo vincolo di bilancio. CAP 4: LA DOMANDA INDIVIDUALE E LA DOMANDA DI MERCATO Presentazione del capitolo:Per capire come variano le decisioni di consumo in risposta a variazioni dei prezzi e del reddito. Abbiamo visto come le variazioni dei prezzi e del reddito incidono sul vincolo di bilancio. Qui vedremo come le variazioni 9 del vincolo di bilancio incidono sulle scelte del consumatore. Più precisamente, utilizzeremo il modello della scelta razionale per costruire una curva di domanda individuale del consumatore relativa a un determinato prodotto e applicheremo il modello anche alla costruzione di una relazione che riassuma le variazioni della domanda individuale in funzione del reddito. L'effetto complessivo di una variazione di prezzo si possa scomporre in due effetti separati: (1) l'effetto di sostituzione, che misura la variazione della quantità domandata a causa del cambiamento di prezzo, il quale rende il prodotto più o meno conveniente rispetto a possibili beni sostitutivi; (2) l'effetto di reddito, che misura la variazione della quantità domandata a seguito del cambiamento del potere d'acquisto causato dalla variazione di prezzo. Illustreremo come le curve individuali della domanda così costruite si possano sommare per ottenere la curva di domanda relativa all'intero mercato. L'elasticità della domanda rispetto al prezzo misura la reattività delle decisioni d'acquisto a piccole variazioni di prezzo. Anche l'elasticità della domanda rispetto al reddito, che misura reattività delle decisioni d'acquisto a piccole variazioni di reddito. Inoltre l'elasticità incrociata misura la reattività della quantità domandata di un determinato bene a piccole variazioni nel prezzo di un altro bene. Gli effetti delle variazioni di prezzo La curva prezzo-consumo: La curva di domanda di mercato è una relazione che indica le quantità di un determinato bene che il mercato nel suo complesso è disposto ad acquistare per ogni livello di prezzo. Supponete di voler costruire una curva di domanda per un dato bene relativa a un singolo consumatore, anziché all'intero mercato. Mantenendo costanti il reddito, le preferenze e i prezzi di tutti gli altri beni, quale sarà l'influenza del prezzo dell'abitazione sulla quantità che il consumatore desidera acquistare? Per rispondere a questa domanda, partiamo dalla mappa di indifferenza del consumatore, rappresentando l'abitazione sull'asse orizzontale e il bene composito Y sull'asse verticale. Supponete che il reddito del consumatore sia di 120E/Settimana e che il prezzo del bene composito sia pari a 1 E. L'intercetta verticale del suo vincolo di bilancio sarà quindi 120. L'intercetta orizzontale sarà 120/Pa, dove Pa indica il prezzo dell'abitazione. La figura 4.1 mostra 4 vincoli di bilancio che corrispondono a 4 diversi prezzi dell'abitazione, cioè 24e/m2, 12e/mq2, 6e/ m2, 4e/m2. I panieri ottimali corrispondenti contengono, rispettivamente, 2,5, 7, 15 e s0 m”/settimana di abitazione. Se dovessimo ripetere questa procedura per un numero infinito di prezzi, i relativi punti di tangenza determinerebbero la linea PCC della fig 4.1. Questa linea è chiamata CURVA PREZZO-CONSUMO:(PCC):Mantenendo costanti il reddito e il prezzo-consumo per 8il bene X rappresenta,su una mappa di indifferenza, l'insieme dei panieri ottimali, al variare del prezzo di X. Ogni volta che il prezzo dell'abitazione diminuisce, il vincolo di bilancio ruota verso l'esterno. Il consumatore è così in grado di acquistare non solo una quantità maggiore di abitazione, ma anche di bene composito. Ogni volta che il prezzo dell'abitazione diminuisce, questo consumatore sceglie un paniere che contiene più abitazione del paniere scelto in precedenza. La somma spesa per l'acquisto del bene composito può sia aumentare sia diminuire quando il prezzo dell'abitazione scende. Così, per es, la spesa per gli altri beni diminuisce quando il prezzo dell'abitazione scende da 24 a 12e/m2, e aumenta quando il prezzo dell'abitazione scende da 6 a 4 e/m2. La curva di domanda individuale: La CURVA DI DOMANDA INDIVIDUALE del consumatore è analoga alla curva di domanda di mercato: essa indica le quantità che acquisterà il consumatore ai diversi prezzi. Tutte le informazioni che ci servono per costruire la curva di domanda individuale sono contenute nella curva prezzo-consumo. Nel passaggio della PCC alla curva di domanda individuale, il primo passo consiste infatti nel registrare le combinazioni rilevanti prezzo- quantità sulla curva prezzo-consumo della figura 4.1, come fatto nella tabella 4.1. Tabella 4.1 Una scheda di domanda: per ricavare la curva di domanda individuale di abitazione della curva PCC della figura 4.1 cominciamo a registrare la quantità di abitazione domandata da consumatore in corrispondenza di ogni livello di prezzo dell'abitazione. Il passo successivo consiste nel rappresentare le coppie prezzo-quantità registrate nella Tab 4.1, indicando il prezzo dell'abitazione sull'asse verticale e la quantità domandata su quella orizzontale. Con un numero sufficiente di combinazioni prezzo-quantità, potremo tracciare la curva della domanda individuale, indicata con DD nel fig 4,2. Osserviamo che, passando dalla curva prezzo-consumo alla curva di domanda individuale, ci stiamo spostando da un grafico in cui entrambi gli assi misurano delle quantità a un grafico in cui il prezzo di un bene viene messo in relazione con la quantità domandata di quel bene. Figura 4.2 curva di domanda individuale del consumaotre: come la curva di domanda di mercato, la curva di domanda individuale è una relazione che indica la quantità di un determinato bene che il consumatore è disposto ad acquistare per ogni livello di prezzo. Gli effetti delle variazioni di reddito: La curva di reddito-consumo: La curva di prezzo-consumo e la curva di domanda individuale sono due modi diversi di illustrare come variano le decisioni di acquisto del consumatore in risposta a variazioni che intervengono nei prezzi. Per rappresentare le risposte alle variazioni che intervengono nel reddito dono disponibili strumenti analoghi: in particolare, il concetto analogo alla curva prezzo-consumo nel caso del reddito è la CURVA REDDITO-CONUSMO (ICC): mantenendo costanti i prezzi di X e Y, la curva reddito-consumo per il bene X rappresenta, su una mappa di indifferenza, Se abbiamo n curve di domanda individuali P= a – bQ, allora la curva di domanda di mercato è P= A- (B/N) q. Figura 4.18: Domanda di mercato per consumatori identici Quando sono presenti sul mercato 10 consumatori, ognuno dei quali ha una curva di domanda individuale P=10-5Q, la curva di domanda di mercato è la somma orizzontale p=10-(1/2)Q con la stessa intercetta verticale e la pendenza pari a 1/10 di quella delle curve di domanda individuali. L'elasticità della domanda rispetto al prezzo: Uno strumento analitico di importanza cruciale è LA CURVA DI ELASTICITA' DELLA DOMANDA RISPETTO AL PREZZO: Variazione percentuale della quantità domandata di un bene in seguito a una variazione del 1% del suo prezzo. Si tratta di una misura quantitativa della sensibilità delle decisioni di acquisto alle variazioni di prezzo che, si rivela utile per risolvere molti problemi pratici. L'Elasticità della domanda rispetto al prezzo è definita come la variazione percentuale della quantità domandata rispetto a una variazione di prezzo dell'1%. Cosi, per es, se un incremento dell'1% nel prezzo delle abitazioni causa una riduzione del 2% nella quantità domandata, l'elasticità al prezzo della domanda di abitazione è -2. L'elasticità sarà sempre negativa (o pari a zero), perché la variazione del prezzo è sempre di segno opposto rispetto alla variazione della quantità domandata. La domanda di un bene si dice elastica rispetto al prezzo se la sua elasticità al prezzo è inferiore a -1. Il bene abitazione del nostro esempio dunque una domanda elastica rispetto al prezzo. La domanda di un bene si dice inelastica o rigida rispetto al prezzo se la sua elasticità al prezzo è maggiore di -1. Infine, si dice che la curva di domanda ha elasticità unitaria rispetto al prezzo se la sua elasticità al prezzo è uguale a -1. Queste definizioni sono rappresentate nella figura 4.19. Supponiamo che P sia il prezzo corrente di un determinato bene, e che Q sia la quantità domandata a quel prezzo; supponiamo inoltre che Delta Q sia la variazione della quantità domandata che si verifica in risposta a una piccola variazione di prezzo, che denominiamo DeltaP. L'elasticità della domanda rispetto al prezzo, in corrispondenza del prezzo P e della quantità Q, sarà data dall'equazione: e= deltaQ/Q / DELTAP/P Il numeratore dell'equazione 4.1 rappresenta la variazione percentuale della quantità, mentre il denominatore rappresenta la variazione percentuale del prezzo. L'equazione 4.1 corrisponde esattamente alla nostra definizione precedente quando la variazione percentuale del prezzo è dell'1%. Il vantaggio di questa definizione più generale è che si può applicare anche per qualunque altra piccola variazione percentuale del prezzo corrente. Interpretazione geometrica dell'elasticità al prezzo: L'equazione 4.1 si può riscrivere anche in un altro modo: e= deltaQ/DeltaP X P/Q. Figura 4.19 tre categorie di elasticità rispetto al prezzo: la domanda di un prodotto è elastica se la sua elasticità rispetto al prezzo è inferiore a -1, inelastica (o rigida) se l'elasticità è superiore a -1; si dice che ha elasticità unitaria se l'elasticità rispetto al prezzo è pari a -1. Il rapporto deltap/deltaq rappresenta la pendenza della curva di domanda, quindi il rapporto deltaq/deltap + il reciproco della pendenza della curva di domanda. L'elasticità della domanda al prezzo si può perciò interpretare come il rapporto tra prezzo e quantità mo9ltiplicato per il reciproco della pendenza della curva di domanda: e= p7q x 1/pendenza L'equazione 4.3 rappresenta il cosiddetto metodo della pendenza in un punto per calcolare l'elasticità della domanda al prezzo. Per comprendere il concetto,considerate la curva di domanda di abitazione, rappresentata nella figura 4.20.Poiché questa curva di domanda è lineare, la sua pendenza, pari a -2, è la stessa in tutti i punti; il reciproco della pendenza è -1/2. L'elasticità al prezzo della curva di domanda nel punto A è data pertanto dal rapporto tra prezzo e quantità in A (12/2), moltiplicato per il reciproco della pendenza in A (-1/2); Si ottiene così: ea= (12/2) (- ½) = -3 Alla luce di questa interpretazione, quando la curva di domanda è lineare emergono immediatamente diverse proprietà dell'elasticità del prezzo. La prima è che l'elasticità al prezzo è diversa in ogni punto della curva di domanda. Più precisamente, sappiamo che la pendenza di una curva di domanda lineare è costante in ogni punto; ciò significa che è costante anche il suo reciproco. Il rapporto tra prezzo e quantità, per contro, assume un valore diverso in ogni punto della curva; in corrispondenza dell'intercetta verticale tende a infinita, quindi diminuisce man mano che ci spostiamo verso il basso lungo la curva di domanda, raggiungendo il valore zero in corrispondenza dell'intercetta orizzontale. Una seconda proprietà dell'elasticità della domanda è che non è mai positiva. Poiché la pendenza della curva di domanda è sempre negativa, anche il suo reciproco deve esser negativo. Dato che il rapporto P/Q è sempre positivo, ne deriva che l'elasticità di prezzo della domanda deve essere sempre un numero negativo. Gli economisti di solito ignorano il segno negativo dell'elasticità di prezzo e si riferiscono semplicemente al suo valore assoluto. Quando si afferma che un bene ha una domanda caratterizzata da una elasticità di prezzo elevata, ci si riferisce sempre al valore assoluto, e si intende che la quantità domandata è molto sensibile alle variazioni di prezzo. Analogamente, si dice che l'elasticità di prezzo di un bene è bassa se è piccola in valore assoluto e ciò significa che la quantità domandata è relativamente poco sensibile alle variazioni di prezzo. 9 Una terza proprietà dell'elasticità della domanda, in ogni punto di una curva di domanda lineare, è la relazione inversa con la pendenza della curva di domanda stessa. Quanto più è inclinata la curva, tanto meno elastica è la domanda in ogni suo punto., Ciò deriva dal fatto che il reciproco della pendenza della curva di domanda è uno dei fattori utilizzati per calcolare l'elasticità rispetto al prezzo. Figura 4.20 metodo della pendenza in un punto: l'elasticità della domanda rispetto al prezzo è data, in ogni punto della curva di domanda, dal prodotto tra il rapporto prezzo/quantità in quel punto e il reciproco della pendenza della curva di domanda. L'elasticità al prezzo in A è uguale pertanto a (12/2) (-1/2)=-3. Nella figura 4.21 sono rappresentati due casi estremi di elasticità della curva di domanda. Nella figura 4.21 a la curva di domanda orizzontale, con la sua pendenza zero, presenta una elasticità al prezzo infinita in tutti i punti. Queste curve di domanda si dicono perfettamente elastiche e, come vedremo, sono particolarmente importanti nello studio del comportamento delle imprese in situazioni di concorrenza perfetta. Nella figura 4.21b, la curva di domanda verticale presenta una elasticità al prezzo pari a zero in tutti i punti. Queste curve si dicono perfettamente inelastiche (o rigide). Di fatto, è impossibile che una curva di domanda sia perfettamente inelastica in corrispondenza di tutti i livelli di prezzo. Oltre un livello di prezzo sufficientemente levato, gli effetti di reddito devono necessariamente limitare il consumo del bene. Ciò vale anche per beni apparentemente essenziali e privi di sostituti, come gli interventi chirurgici per la rimozione di certe forme tumorali maligne. Ciononostante, la curva di domanda per molti bene e servizi di questo genere sarà perfettamente inelastica per un intervallo di prezzo estremamente ampio. Figura 4.21 Due importanti casi estremi: (a) elasticità al prezzo della curva di domanda è paria a infinito, in tutti i punti. Queste curve di domanda si dicono perfettamente elastiche. (b) elasticità al prezzo della curva di domanda è uguale a zero in tutti i punti. Queste curve di domanda si dicono perfettamente inelastiche. Proprietà di indipendenza dell'elasticità dell'unità di misura: La sensibilità della domanda alle variazioni di prezzo si può misurare anche ricorrendo alla pendenza della curva di domanda. Sappiamo per es che, a parità di tutte le altre condizioni, la quantità domandata di un bene caratterizzato da una curva di domanda più inclinata sarà meno sensibile alle variazioni di prezzo di quella di un bene che presenta una curva di domanda meno inclinata. Poiché la pendenza della curva di domanda è molto più semplice da calcolare della sua elasticità, ci si potrebbe chiedere perché preoccuparsi di questa ultima grandezza. Una ragione importante è che la pendenza della curva di domanda, a differenza dell'elasticità risulta particolarmente sensibile alle unità impiegate per misurare prezzo e quantità. In linea generale, è molto più utile sapere che una riduzioni di prezzo dell' 1% determinerà un incremento del 3% nella quantità domandata, invece di sapere che la pendenza della curva di domanda è -0'0002. Figura 4.22 L'elasticità è indipendente dall'unità di misura utilizzata: la pendenza della curva di domanda, in ciascun punto,, dipende dell'unità di misura del prezzo e della quantità. La pendenza nel punto C, quando misuriamo il prezzo della benzina in e/litro (a), è molto maggiore di quando lo misuriamo in e/centilitro. (b). L'elasticità al prezzo, in qualunque punto, è invece completamente indipendente dall'unita di misura utilizzata. Elasticità e spesa complessiva: relazione più impo che esiste in economia: quella tra elasticità della domanda al prezzo e spesa totale. Le domande a cui vogliamo dare risposta sono di questo tipo: “ se cambia il prezzo del bene, come si modificherò la spesa totale?” e “si spenderà di più per l'acquisto di un determinato prodotto quando ne vendiamo un numero di unità maggiore a un prezzo inferiore, o un numero di unità minore a un prezzo superiore?. Nella figura 4.23, per es, ci chiediamo come cambierebbe la spesa totale per l'abitazione se il prezzo di questo bene diminuisce da 12E a 10E/M2. Per qualunque coppia quantità-prezzo (Q,P), la spesa totale, S, è data dal prodotto: S=PQ Figura 4.23 Effetto di una riduzione di prezzo sulla spesa totale: quando il prezzo diminuisce, i consumatori spendono meno per tutte le unità preesistenti (e), ma ora ne acquistano di più (g). In questo caso, F è più grande di e; ciò significa che la spesa totale aumenta. La regola generale, per quanto riguarda piccole riduzioni di prezzo, è dunque la seguente: una riduzione di prezzo aumenterà il ricavo totale se e solo se il valore assoluto dell'elasticità della domanda rispetto al prezzo è maggiore di 1. Per piccoli aumenti di prezzo: un aumento di prezzo incrementerà il ricavo totale se e solo se il valore assoluto dell'elasticità della domanda rispetto al prezzo è minore di 1. Queste regole sono sintetizzate graficamente nella parte superiore della figura 4.24, in cui M rappresenta il punto intermedio di una curva di domanda lineare. La relazione tra l'elasticità e la spesa complessiva è illustrata in maggior dettaglio nella relazione tra le due parti che concorrono a formare la figura 4.24. La parte superiore mostra una curva di domanda lineare; la parte inferiore mostra la spesa totale in corrispondenza di ogni livello di quantità. Come è evidente nella parte inferiore della figura, la spesa è zero quando Q è zero, e raggiunge il suo massimo valore al livello di quantità che corrisponde al punto intermedio della curva di domanda (punto M della figura superiore). In corrispondenza di quella quantità, l'elasticità della domanda rispetto al prezzo è pari a 1. Per quantità maggiori, la spesa complessiva si riduce, per arrivare nuovamente a zero in corrispondenza dell'intercetta orizzontale della curva di domanda. Le determinanti dell'elasticità della domanda rispetto al prezzo: Quali fattori determinano il valore dell'elasticità della domanda rispetto al prezzo di un determinato prodotto? Per rispondere, è utile riprendere l'effetto di sostituzione e l'effetto di reddito. -Possibilità di sostituzione: L'effetto di sostituzione causato da una variazione di prezzo è limitato per quei prodotti che non hanno stretti sostituti. -Quota della spesa totale: Maggiore è la quota della spesa totale assorbita dal prodotto, maggiore sarà l'effetto di reddito causato da una variazione di prezzo. -Direzione dell'effetto di reddito: Un fattore strettamente correlato alla quota della spesa totale è il segno, positivo o negativo, dell'effetto di reddito. Mentre la quota della spesa totale assorbita da un certo bene ci dice se l'effetto di reddito di una variazione di prezzo sarà consistente o limitato, il segno di tale effetto ci dice se tenderà a rafforzare o compensare l'effetto di sostituzione. -Tempo: La precedente analisi della domanda individuale non ha preso esplicitamente in considerazione il ruolo del tempo, che invece ha un effetto importante sulla reazione dei consumatori alle variazioni di prezzo. Gli effetti di breve e di lungo periodo di uno spostamento della curva di offerta di benzina sono confrontati nella figura 4.26.L'equilibrio iniziale (punto A) viene modificato da una riduzione dell'offerta da S a S'. Nel breve periodo, il prezzo sale a P1=1,40e/LITRO e la quantità scende a q1=5 milioni di litri/giorno. La curva di domanda di lungo periodo è più elastica di quella di breve periodo. Poiché i consumatori hanno più tempo per adattarsi, gli effetti di prezzo tendono ad attenuarsi, mentre quelli di quantità tendono a divenire più pronunciati. Nella figura 4.26, il nuovo equilibrio nel lungo periodo si ha in corrispondenza di un prezzo p2=1,20 e/litro, cui corrisponde una quantità q2 di 4 milioni di litri/giorno. Un esempio particolarmente evidente della differenza nel valore dell'elasticità al prezzo di breve e di lungo periodo riguarda il consumo di gas naturale da parte delle famiglie. L'elasticità al prezzo di questo prodotto è solo -0,1 nel breve periodo, ma nel lungo periodo arriva a -10,7. Questa differenza riflette il fatto che il consumatore, una volta acquistati per esempio l'impianto di riscaldamento e la cucina, sarà molto vincolato nelle sue scelte di breve periodo. Nessuno ridurrà i tempi di cottura del riso solo perché è aumentato il prezzo del gas naturale. Nel lungo periodo, tuttavia, i consumatori possono modificare (e in effetti modificano) le proprie scelte in merito al combustibile da utilizzare, in modo da adattarle a eventuali variazioni significative dei prezzi relativi. Figura 4.26: L'elasticità rispetto al prezzo nel lungo periodo è maggiore che nel breve periodo: quanto più tempo hanno a disposizione i consumatori, tanto più facilmente possono trovare beni sostitutivi. Gli effetti di prezzo causati da variazioni dell'offerta sono perciò più marcati nel breve periodo che nel lungo periodo. Il legame tra domanda di mercato e reddito: La quantità di un determinato bene domandata da ciascun consumatore non dipende solo dal prezzo del bene, ma anche dal reddito del consumatore. Essendo costituita dalla somma orizzontale delle curve di domanda individuali, la curva di domanda di mercato sarà ovviamente influenzata anche dai redditi dei consumatori. In alcuni casi, l'effetto di reddito sulla domanda di mercato si può analizzare compiutamente conoscendo il livello medio di reddito dei consumatori presenti sul mercato. L'analisi potrebbe essere condotta, per es, a condizione che tutti i consumatori presenti sul mercato siano simili in termini di preferenze e abbiano lo stesso reddito. A volte, però uno stesso livello medio di reddito dà origine a diverse curve di domanda di mercato, a seconda della distribuzione del reddito tra i consumatori. Figura 4.27:Curva di Engel di A e B nel caso del cibo: Quando le curve di Engel hanno una forma non lineare come quella illustrata in figura, l'aumento nel consumo di cibo derivante da un determinato incremento di reddito sarà inferiore alla diminuzione del consumo dovuta a una riduzione di reddito dello stesso ammontare. Figura 4.28: Relazione tra domanda di mercato e distribuzione del reddito: Un incremento di reddito produce un piccolo aumento della domanda di B. Una diminuzione di reddito dello stesso ammontare produce una contrazione più ampia della domanda di A. Le redistribuzione del reddito da A a B lascia inalterato il reddito medio, ma riduce quindi la domanda di mercato (c). Il fatto che le curve di domanda di mercato dipendano dalla distribuzione del reddito fra i consumatori deve essere preso in considerazione dal governo quando esamina politiche di redistribuzione dei redditi. Una politica finalizzata, per es, a trasferire quote di reddito da individui più ricchi a individui più poveri tenderà a far aumentare la domanda di beni primari come il cibo, e a far diminuire la domanda di beni di lusso, come i gioielli e i viaggi all'estero. In molti altri mercati la domanda è relativamente insensibile alle variazioni che intervengono nella distribuzione del reddito. In particolare, la distribuzione del reddito influisce ben poco in mercati caratterizzati da curve di domanda individuali che tendono a spostarsi più o meno proporzionalmente rispetto alle variazioni del reddito. Le curve di Engel relative all'intero mercato mettono in relazione la quantità domandata e il reddito medio dei consumatori. In realtà, l'esistenza di una relazione stabile tra reddito medio e quantità domandata per un qualsiasi bene non è assolutamente certa, a causa della complicazione di cui abbiamo parlato circa l'effetto della distribuzione del reddito. Non si possono costruire curve di Engel per l'intero mercato semplicemente sommando orizzontalmente le curve di Engel individuali. La somma orizzontale permette di costruire curve di domanda di mercato partendo dalle curve di domanda individuali, perché tutti i consumatori presenti sul mercato si confrontano con il medesimo prezzo. Quando i redditi 9 Il metodo più semplice per misurare il surplus del consumatore utilizza le curve di domanda. In entrambi i grafici della figura 5,4, D rappresenta la curva di domanda individuale per l'abitazione, che si vende al prezzo di mercato di 3 e/m2. Nella parte (a) della figura 5,4, notate che la somma massima che il consumatore è disposto a pagare per il primo metro quadrato di abitazione è 14 euro. Poiché l'abitazione costa solo 3 e al m2, egli ottiene ogni settimana un surplus di 11 e dall'acquisto del primo metro quadrato di abitazione è 13 e, perciò il surplus che ricaverà dall'acquisto della seconda unità sarà inferiore, e pari solo a 10 euro. Il surplus che ricaverà dall'acquisto della seconda unità sarà inferiore, e pari solo a 10 e. Il surplus che ricaverà dalla terza unità è ancora minore: 9e. Per quanto riguarda l'abitazione, o qualunque altro bene perfettamente divisibile, l'altezza della curva di domanda individuale, in corrispondenza di ciascuna quantità, rappresenta la cifra massima che il consumatore sarebbe disposto a spendere per ottenere un'unità aggiuntiva. Sottraendo da questo valore il prezzo di acquisto di 3 e/m2 e sommando le differenze risultanti per tutte le quantità fino a 12 m2/settimana, otteniamo approssimativamente l'area ombreggiata nel grafico del riquadro (b) della figura 5,4 . Questa are rappresenta il surplus del consumatore derivante dall'acquisto di 12 m2/settimana di abitazione. Figura 5,5: Perdita di surplus del consumatore dovuta a un aumento del prezzo della benzina: Al prezzo di 1e/litro, il surplus del consumatore è dato dall'area del triangolo AEF. Al prezzo di 1,5 e/litro, il surplus del consumatore si riduce all'area del triangolo ACD. La perdita di surplus è rappresentata dalla differenza di queste due aree, ossia l'area della regione ombreggiata DCEF. LA TARIFFA IN DUE PARTI: Il ragionamento economico suggerisce che uno scambio volontario possa avvenire tra un compratore e un venditore se e solo se tale scambio è vantaggioso per entrambi i soggetti. Mettendoci nei panni dell'acquirente, possiamo dire che la sua disponibilità a effettuare lo scambio dipende dall'aspettativa di ottenere parte del surplus del consumatore dalla transizione. La teoria economica non ci dice granché su come verranno divisi tra acquirente e venditore i benefici prodotti dallo scambio. A volte, il compratore si troverà in una posizione contrattuale favorevole, che gli darà modo di ottenere la maggior parte dei benefici. Altre volte le sue opzioni saranno più limitate, per cui il suo surplus del consumatore sarà più piccolo. Figura 5.6:curva di domanda individuale per l'affitto dei campi da tennis: al prezzo di 25 e/ora Giovanni ottiene un surplus del consumatore pari a 1250 e/anno dell'affitto di campi da tennis. Dunque la quota annuale di iscrizione massima che il tennis club gli può imporre è di 1250e. Numerosi parchi di divertimento, per es, fanno pagare un biglietto fisso di ingresso, oltre a far pagare un prezzo per le singole attrazioni. Diverse compagnie telefoniche addebitano un canone mensile fisso,oltre al prezzo delle singole telefonate. Questi schemi di prezzo si chiamano anche TARIFFE IN DUE PARTI: schema di prezzo che consiste di una quota fissa e di un ricarico marginale per ciascuna unità acquistata. Il loro effetto è quello di trasferire una parte del surplus del consumatore dall'acquirente del prodotto al venditore. I CONFRONTI DI BENESSERE GLOBALE: Il concetto di surplus del consumatore ci aiuta a identificare i benefici (o costi) delle variazioni che intervengono in singoli mercati. A volte però vorremmo capire se i consumatori stanno meglio o stanno peggio per effetto dei cambiamenti che si verificano su più mercati, anziché su uno solo. Anche in questo caso, il modello della scelta razionale ci permette di giungere ad alcune interessanti conclusioni. Figura 5.7 vincoli di bilancio per i due anni: (a) se il vincolo di bilancio del consumatore di quest'anno contiene il medesimo paniere acquistato l'anno predente (paniere A),egli ottiene un livello di soddisfazione almeno pari a quello dell'anno passato. (b) Inoltre, poiché il prezzo relativo è cambiato, da un anno all'altro, egli sarà necessariamente in grado di acquistare quest'anno un paniere migliore. GLI EFFETTI IN TERMINI DI BENESSERE DELLE VARIAZIONI: Considerate i due scenari seguenti: 1. Avete appena acquistato una casa, pagandola 200 000 e. iL GIORNO SUCCESSIVO ALL'ACQUSITO, i prezzi di tutte le case, compresa la vostra, raddoppiano. 2. Avete appena acquistato una casa,pagandola 200 000 e. Il giorno successivo all'acquisto, i prezzi di tutte le case, compresa la vostra, si dimezzano. In ciascuno dei due casi, come incide la variazione di prezzo sul vostro benessere? siete in una situazione migliore prima o dopo la variazione di prezzo? Per capire il perché, consideriamo innanzitutto il caso in cui i prezzi di tutte le abitazioni raddoppiano. Supponete che il vostro patrimonio complessivo prima dell'operazione immobiliare fosse i 400 000e. Ipotizzate che la dimensione della casa attuale corrisponda a 1 unità di abitazione e che il prezzo di tutti gli altri beni sia 1. Il vostro vincolo di bilancio originario nello scenario 1 corrisponderà pertanto alla retta B1 della figura 5.8. La sua intercetta verticale, 400 000 e, è la cifra massima che avreste potuto spendere per acquistare altri beni. La sua intercetta orizzontale, 2 unità di abitazione, corrisponde alla quantità massima di abitazione che avreste potuto acquistare. Sulla retta B1, l'equilibrio nel punto A rappresenta il vostro acquisto originario: nel punto A avete 1 unità di abitazione e 200 000 e disponibili per l'acquisto di altri beni. Se il prezzo della vostra casa raddoppia, il vostro nuovo vincolo di bilancio è quello rappresentato dalla retta B2 della figura 5.8. Per calcolare l'intercetta verticale di b2, tenete presente che adesso la vostra casa si può vendere a 400 000 e: tale somma, aggiunta ai 200 000 e che vi sono rimasti dopo aver acquistato la casa, vi dà una disponibilità massima di 600 000e per l'acquisto di altri beni. L'intercetta orizzontale di B2 i dice che quando il prezzo dell'abitazione raddoppia salendo a 400 000 e/unità, con qui 600 0000 e si possono comprare al massimo 1,5 unità di abitazione. Notate infine che su b2, il vostro paniere ottimale è C, che contiene H2, < 1 unità di abitazione e 02> 200 000e di altri beni. E poiché il paniere C si trova su una curva di indifferenza più alta rispetto al paniere A, state meglio di come stavate prima che i prezzi aumentassero. Non c'è dunque da sorprendersi se, quando il prezzo delle case aumenta, la reazione più logica del consumatore sia quella di acquistare meno unità di abitazione e più unità del bene composito. Il consumatore è al riparo dall'effetto di reddito prodotto dall'incremento di prezzo, perché tale aumento fa aumentare il valore della casa in cui abita. Il secondo scenario, in cui i prezzi delle case si dimezzano. Adottando nuovamente le stesse unità di misura utilizzate nel primo scenario, il vostro vincolo di bilancio a seguito del crollo dei prezzi immobiliari è rappresentato dalla rete b3 della figura 5.9. Per ottenere l'intercetta verticale, tenete presente che ora la vendita della casa in cui abitate vi renderà solo 100 000 e che, aggiunti a 200 000 che avete già a disposizione, fanno un massimo di 300 000 e da destinare all'acquisto di altri beni. Per calcolare l'intercetta orizzontale di B3, notate che quando il prezzo delle case scende da 100 000 e, con 300 000 e potrete acquistare al massimo 3 unità di abitazione. In base al vincolo di bilancio B3, il miglior paniere ammissibile è D, che contiene H3> 1 unità di abitazione, e 03 < 200 000 unità di altri beni. Come nel primo scenario, l'effetto della variazione del prezzo relativo è quello di portarvi su una certa curva di indifferenza più elevata. Questa volta, però, l'effetto di sostituzione va nella direzione opposta rispetto al primo scenario. Poiché il prezzo delle case adesso è più basso di prima, risponderete acquistando più unità di abitazione e meno unità del bene composito. In ciascuno di questi scenari, il vostro nuovo vincolo di bilancio contiene il paniere originario: ciò implica che, dopo la variazione di prezzo, il vostro benessere debba essere almeno uguale a prima. Osservate che, in ognuno dei due casi, la variazione del prezzo relativo comporta che il vostro nuovo vincolo di bilancio contenga panieri che giacciono sopra la curva di indifferenza originaria, rendendo possibile ottener e un risultato migliore in ciascun scenario. UNA DISTORSIONE NELL'INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO: L'indice dei prezzi al consumo rileva le variazioni che intervengono nel "costo della vita", cioè la somma che il consumatore deve spendere per mantenere un determinato tenore di vita. Poiché rileva le variazioni intervenute nel livello generale dei prezzi, è utilizzato come misura dell'inflazione. L'IPC viene calcolato determinando innanzitutto il costo di un paniere rappresentativo di beni e servizi in un periodo di riferimento, e poi dividendo quel costo di rifermento per il costo attuale del medesimo paniere. Per es, se nel periodo di riferimento per acquistare il paniere rappresentativo occorrevano 100 e, mentre oggi ne servono 150, l'IPC sarebbe pari a 1,5. L'IPC non tiene conto del fatto che, quando i prezzi dei diversi beni aumentano0 in misura diversa, in genere i consumatori non acquistano lo stesso paniere che acquistavano in precedenza. 9 anzi, la tipica soluzione adottata dai consumatori è quella di sostituire quei beni i cui prezzi sono saliti maggiormente. L'IPC non tiene conto di questa sostituzione, tende inevitabilmente a sopravvalutare gli incrementi del costo della vita. L'IPC tende a sovrastimare l'incremento del costo della vita all'aumentare delle possibilità di sostituzione. La distorsione sarà inoltre tanto maggiore quanto maggiori sono le differenze tra i tassi di aumento dei diversi prezzi. I CAMBIAMENTI NELLA QUALITA' DEI BENI: UN'ALTRA DISTORSIONE DELL'IPC? La raccolta dei dati sui prezzi dei beni e dei servizi potrebbe sembrare un'operazione semplice. Nella pratica, tale compito è reso più complicato dall'esistenza di sconti, buoni e altre offerte promozionali, a causa dei quali il prezzo effettivo a cui avviene una transazione può essere sostanzialmente differente da quello ufficiale di listino. L'accuratezza dei dati relativi ai prezzi, per quanto importante, non è sufficiente per stimare correttamente le variazioni che intervengono nel costo della vita. Dobbiamo tener conto anche dei cambiamenti che si verificano nella qualità di ciò che acquistiamo. LE APPLICAZIONI DELL'ELASTICITà DELLA DOMANDA RISPETTO AL PREZZO: Nell'ambito dell'analisi economica applicata, pochi strumenti sono più importanti dell'elasticità della domanda rispetto al prezzo. In questo paragrafo esamineremo l'utilizzo di questo concetto in due contesti molto diversi. -L'AUMENTO DELLA TARIFFA DEL TRASPORTO PUBBLICO: FIGURA 5.11:L'aumento della tariffa di trasporto pubblico a Cittanuova: Conoscere le variazione percentuale della spesa totale e la variazione percentuale di prezzo permette di calcolare l'elasticità della domanda rispetto al prezzo. -LA SOSTITUITUIBILITA' E LA COMPLEMENTARITà NEL CONSUMO DI BEVANDE ALCOLICHE E SIGARETTE IN ITALIA. IL MODELLO DI SCELTA INTERTEMPORALE: Il tipo di scelte che abbiamo esaminato finora comportava sempre dei trade-off tra alternative esistenti nel presente: tra cibo e vestiario, tra un viaggio e un impianto stereo, e così via. Non abbiamo mai analizzato il caso di una scelta nel presente che potesse influenzare le scelte in periodi futuri. Eppure simili effetti inter temporali rappresentano una caratteristica cruciale di molte delle nostre decisioni più importanti. In questo paragrafo ampliamo il modello base della scelta del consumatore, per tenere conto di tali effetti. PANIERI DI CONSUMO TEMPORALI: Nel decidere che cosa fare del loro reddito, i consumatori possono stabilire di utilizzarlo tutto subito o di risparmiare una parte per il futuro. La domanda a cui vogliamo rispondere in questo paragrafo è la seguente: “Supponendo che il consumatore si comporti in modo razionale, come allocherà il suo consumo nel tempo?” Per semplificare l'analisi, ipotizzeremo inizialmente l'esistenza di due soli periodi i tempo, quello corrente e quello futuro. Nel modello standard, la scelta avveniva tra diversi beni da consumare tutti nel periodo corrente: per es, mele adesso oppure arance adesso, e via così. Nel nostro semplice modello di scelta inter temporale,viceversa, l'alternativa è tra consumo corrente e consumo futuro. Ognuna di queste due grandezze rappresenta un insieme edi beni, da interpretare come l'equivalente del bene composito. In altri termini trascuriamo, per semplicità, il modo in cui i diversi beni entrano nel consumo corrente e nel consumo futuro. Nel modello di scelta atemporale, qualunque paniere di beni può essere rappresentato come un punto di un semplice grafico a due dimensioni. Anche nel modello di scelta inter temporale utilizzeremo una procedura analoga. Nella figura 5.12, per es, il consumo corrente, pari a 6000e, e il consumo futuro,anch'esso pari a 6000e, sono rappresentati dal paniere E. Il paniere D rappresenta invece un consumo corrente e un consumo futuro rispettivamente di 3000 e 9000 e. FIGURA 5.12:Panieri di consumo inter temporali: Le combinazioni alternative di consumo corrente e consumo futuro sono rappresentate dai punti del piano C1 E C2. Per convenzione, l'asse orizzontale misura il consumo corrente, mentre l'asse verticale misura quello futuro. Q= F(K,L) Dove F è una funzione matematica che sintetizza il processo rappresentato nella Figura 9.2. Una funzione non è altro che una semplice regola che indica quante unità di Q otteniamo impiegando determinate quantità di K e di L. TABELLA 9.1:FUNZIONE DI PRODUZIONE Q=2KL. I valori riportati nella tabella rappresentano l'output misurato in pasti alla settimana e vengono calcolati per mezzo della formula Q= 2KL. PRODOTTI INTERMEDI E VALORE AGGIUNTO: Il capitale (costituito per es, dai fornelli e dalle padelle) e il lavoro (costituito dai servizi professionali di uno chef) sono chiaramente insufficienti, da soli, a produrre un pasto. Occorrono anche gli ingredienti di base. Il processo produttivo descritto dall'Equazione 9.1 permette di trasformare gli ingredienti di base in un prodotto finito che definiamo “pasto”. In questo processo, gli ingredienti di base sono PRODOTTI INTERMEDI:prodotti che vengono trasformati dal processo produttivo in beni di valore maggiore. A rigore, l'output di questo processo non è propriamente costituito dai pasti in sé, ma dal valore aggiunto agli ingredienti di base. Se, per es, lo chef e i suoi attrezzi avessero trasformato 50 e di ingredienti di base in pasti del valore complessivo di 150e, l'output che ne deriverebbe sarebbe dato dai 100e di valore aggiunto. INPUT E FISSI E VARIABILI: La funzione di produzione indica come varia l'output al variare di alcuni o di tutti gli inmput. Nella realtà, sono molti i processi produttivi in cui le quantità di almeno alcuni imput non possono essere variate molto rapidamente. IL LUNGO PERIODO: Periodo di tempo minimo necessario a far variare le quantià di tutti gli input utilizzati nel processo produttivo. Un input la cui quantità può essere variata liberamente si dice fattore variabile; mentre quello la cui quantità non si può modificare (se non, forse, a costi proibitivi) entro un dato intervallo di tempo è denominato fattore fisso. Nel lungo periodo, tutti gli input sono variabili per definizione. IL BREVE PERIODO:Periodo di tempo massimo entro il quale almeno uno degli input utilizzati nel processo produttivo non può variare. PRODUZIONE NEL BREVE PERIODO: Consideriamo nuovamente il processo produttivo descritto da Q= F(K,L)= 2KL, la semplice funzione di produzione a due fattori descritta nella tabella 9.1. Supponiamo di essere interessati alla produzione nel breve periodo (che qui intenderemo come un intervallo di tempo in cui il fattore lavoro può variare liberamente, mentre il fattore capitale è fissato a un livello pari al valore K=K0=1). Mantenendo il capitale costante, l'output diventa una funzione del solo input variabile, il lavoro:F (K,L)=2KoL=2L. Ciò significa che possiamo tracciare la funzione di produzione su un grafico a due dimensioni, come nella figura 9.3a. In questo caso particolare, la funzione di produzione di breve periodo è una linea retta che parte dell'origine e la cui pendenza è pari due volte il valore fisso K (ovvero DELTAQ/DELTAL =2K0). Si può così notare che, nella figura 9.3b, quando K aumenta a K1= 3, la funzione di produzione di breve periodo ruota verso l'alto e diventa F (K1, L)= 6L. FIGURA 9.3:FUNZIONE DI PRODUZIONE DI BREVE PERIODO: (a) rappresenta la funzione di produzione Q=2KL, con K costante a K0=1. (b) mostra come la funzione di produzione di breve periodo si sposta quando K aumenta a K1=3. Le rappresentazioni grafiche delle funzioni di produzione di breve periodo no sono sempre linee rette. La funzione di produzione di breve periodo rappresentata nella figura 9.4 ha diverse proprietà che normalmente caratterizzano le funzioni di produzioni nella realtà. In primo luogo, la curva passa per l'origine,ovvero non si ottiene alcun output se non iene utilizzata alcuna quantità di input variabile. In secondo luogo, quantità crescenti dell'input variabile in una prima fase fanno aumentare l'output a un tasso crescente; il passaggio da 1 a 2 unità di lavoro comporta un incremento di 10 unità di otuput, mentre il passaggio da 2 a 3 unità di lavoro genera un incremento di 13 unità. Infine, la funzione illustrata nella figura 9.4 è caratterizzata dal fatto che, al di là di un determinato punto (Nel grafico, L=4), le unità addizionali dell'input variabile danno luogo ad aumenti via via minori dell'output. Quindi, passano da 5 a 6 unità di lavoro, per es, si ottengono 14 unità addizionali di output, mentre passando da 6 a 7 unità se ne ottengono solo 9. Per alcune funzioni di produzione, il livello 9 dell'output può addirittura diminuire quando le unità dell'input variabile superano un certo livello, come avviene in questo caso per L>8. Infatti, avendo a disposizione una quantità limitata di capitale con cui lavorare, può accadere che, oltre un certo livello, i lavoratori addizionali si intralcino a vicenda. La caratteristica per cui l'output aumenta inizialmente a un tasso crescente deriva probabilmente dai benefici della divisione dei compiti e della specializzazione della manodopera. Avendo un solo dipendente, tutti i compiti devono essere svolti dalla stessa persona, mentre avendone due o tre si possono dividere le mansioni e i dipendenti possono svolgere meglio i compiti specifici loro assegnati. L'ultima proprietà rilevata in merito alla funzione di produzione di breve periodo nella figura 9.4 è conosciuta come LEGGE DEI RENDIMENTI DECRESCENTI:Se gli altri input sono fissi, l'aumento dell'output dovuto all'incremento dell'input variabile avviene a un tasso decrescente. Anche se non si tratta di una proprietà universale delle funzioni di produzione di breve periodo, essa è tuttavia molto comune. La legge dei rendimenti decrescenti è un fenomeno di breve periodo, e può essere formalmente enunciata nel modo seguente: se vengono aggiunte uguali quantità di un fattore variabile e tutti gli altri fattori rimangono costanti, i conseguenti incrementi dell'output, a un certo punto, inizieranno a diminuire. FIGURA 9.4: UN'ALTRA FUNZIONE DI PRODUZIONE DI BREVE PERIODO: L'andamento curvilineo qui illustrato è comune a molte funzioni di produzione di breve periodo. Inizialmente, all'aumentare della manodopera,l'output aumenta a un tasso crescente; oltre L=4,l'output aumenta a tassi decrescenti. Figura 9.5:effetto del progresso tecnologico sulla produzione alimentare: F1 rappresenta la funzione di produzione di alimenti nell'anno 1808. F2 rappresenta la corrispondente funzione per il 2008. A causa del progresso tecnologico nella produzione di alimenti F2 giace al di sopra di F1. Anche se la legge dei rendimenti decrescenti si applica sia a F1 sia a F2, la crescita intervenuta nella produzione alimentare tra il 1808 e il 2008 è stata più che proporzionale rispetto alla crescita del fattore lavoro in quel periodo. PRODOTTO TOTALE, MARGINALE E MEDIO: Le funzioni di produzione di breve periodo come quelle illustrate nelle figure 9.4 e 9.5 sono spesso dette CURVE DEL PRODOTTO TOTALE:Curve che mostrano la quantità di output come funzione della quantità dell'imput variabile. Un altro elemento di interesse presente in molte applicazioni è il PRODOTTO MARGINALE:variazione nel prodotto totale dovuta alla variazione di una unità nell'input variabile (quando tutti gli altri fattori rimangono costanti). In termini più formali, se DELTAL rappresenta una piccola variazione dell'input variabile e DELTAQ rappresenta la conseguente variazione dell'output, il prodotto marginale di L, indicato come Mpl, è definito come: Mpl= DELTAQ/DELTAL Geometricamente, il prodotto marginale calcolato in un punto qualsiasi è dato semplicemente dalla pendenza della curva del prodotto totale in quel punto, come mostrato nel riquadro superiore della figura 9.6. Per es, per L= 2 il prodotto marginale del lavoro è pari a MPL=2=12; analogamente, si ha Mpl4=16 e MPL=7=6 per la curva del prodotto totale. Si noti,infine, che nel Mpl è negativo per valori di L superiori a 8. La corrispondente curva del prodotto marginale è tracciata nel riquadro inferiore della figura 9.6. Si noti che dapprima è crescente, raggiunge un massimo in L=4 e quindi declina, diventando negativa per valori di L superiori a 8. FIGURA 9.6:Prodotto marginale di un input variabile:in qualsiasi punto il prodotto marginale del lavoro Mpl è pari alla pendenza della curva del prodotto totale in quel punto (riquadro superiore). Per la funzione di produzione illustrata nel riquadro superiore, il prodotto marginale (riquadro inferiore) inizialmente aumenta all'aumentare del fattore lavoro. Oltre L=4, tuttavia, il prodotto marginale del lavoro decresce l'aumentare del lavoro. Per L>8, la curva del prodotto totale diminuisce all'aumentare di L e questo indica che il prodotto marginale è negativo in quella regione. E' da rilevare, nel grafico, che il massimo valore raggiunto dalla curva del prodotto marginale si ha in corrispondenza del punto di flesso della curva del prodotto totale, ovvero il punto in cui la curva da convessa (crescente a un tasso crescente) si trasforma in concava ( crescente a un tasso decrescente). Si noti anche che la curva del prodotto marginale è pari a zero in corrispondenza del valore di L per il quale la curva del prodotto totale raggiunge il massimo. L'importanza del concetto di prodotto marginale risiede nel fatto che le decisioni relative alla produzione assumono quasi sempre la forma di decisioni sulle variazioni da apportare alle quantità degli input utilizzati. Conviene assumere un altro ingegnere o altro ragioniere? E necessario ridurre il numero degli addetti? Per rispondere razionalmente a queste domande, dobbiamo confrontare i benefici e i costi associati alla variazione in esame. E, come vedremo, il concetto di prodotto marginale ha un ruolo cruciale nel calcolo dei benefici che derivano da una variazione della quantità di un fattore produttivo. Guardando la figura 9.6, possiamo identificare una gamma di valori del fattori variabile che u manager razionale non deciderà mai di impiegare. In particolare, dal momento che il salario è positivo, un manager non vorrà mai impiegare il lavoro in quantità tali per cui la ricaduta sul suo prodotto marginale sia negativa. Ciò equivale a dire ce egli non impiegherà mai un fattore variabile oltre il punto in cui la curva del prodotto totale raggiunge il suo massimo (dove Mpl=0). IL PRODOTTO MEDIO:prodotto totale diviso la quantità dell'input variabile. Il prodotto di un input variabile è definito come il rapporto tra il prodotto totale e la quantità del fattore impiegata, quindi: Apl = Q/L Quando l'input variabile è il lavoro, il prodotto medio si chiama anche produttività del lavoro. Geometricamente, il prodotto medio coincide con la pendenza della retta che unisce l'origine degli assi al punto corrispondente sulla curva del prodotto totale. Tre di queste rette (R1, R2, R3) sono rappresentate nel riquadro superiore della figura 9.7. Il prodotto medio per L=2 è dato dalla pendenza di R1, ovvero 14/2 = 7. Si noti che la retta R2 interessa la curva del prodotto totale in due punti; di conseguenza il prodotto medio per questi due valori di L sarà identico e pari alla pendenza di r2, che è 43/4= 86/8= 10,75. La retta R3, interseca la curva del prodotto totale in un solo punto, in corrispondenza di L= 6; quindi il prodotto medio per L=6 è pari alla pendenza di R3, 72/6=12. Figura 9.7=Curve di prodotto totale, marginale e medio. : Il prodotto medio in corrispondenza di un qualsiasi punto della curva del prodotto totale è pari alla pendenza della retta che unisce l'origine degli assi a quel punto. Per la curva del prodotto totale rappresentata nel riquadro superiore, Apl aumenta all'aumentare di L fino a L=6, quindi si riduce. In corrispondenza di L=6, Mpl = Apl. Per tutti i valori di L <6, Mpl > Apl; e per tutti i valori di L>6, Mpl <Apl. Relazioni tra le curve di prodotto totale, marginale e medio: Tra prodotto totale, marginale e medio, per le definizioni date, possiamo identificare delle relazioni sistematiche molto importanti. Il riquadro superiore della figura 9.7 mostra una curva del prodotto totale e tre delle rette la cui pendenza definisce il prodotto medio di un fattore variabile. La più inclinata della rette, R3, è tangente alla curva del prodotto totale in L=6. La sua pendenza, 72/6= 12, è il prodotto medio del lavoro in corrispondenza di L=6. Il prodotto marginale del lavoro il L=6 è a sua volta definito come la pendenza della curva del prodotto totale in L=6, che coincide esattamente con la pendenza di R3, visto che R3 è tangente alla curva del prodotto totale: di conseguenza, APL= mpl= 6, come si rileva dal riquadro inferiore della figura, in cui la curva Apl interseca la curva Mpl in L=6.nEL RIQUADRO SUPERIORE DELLA FIGURA 9.7 CHE, PER VALORI DI l INFERIORI A 6, La pendenza della curva del prodotto totale è in ogni punto superiore alla pendenza della retta che parte dall'origine e passa per quel punto. Infine, sempre nella Figura 9.7, si noti che, per valori estremamente piccoli di L, la pendenza della retta che esce dall'origine e interseca la curva del prodotto totale quasi si sovrappone alla curva stessa. Questo ci dice che, per L=0, il prodotto medio e il prodotto marginale coincidono; infatti, nel riquadro inferiore della figura 9.7, le due curve hanno origine nello stesso punto. La relazione tra la curva del prodotto medio e la curva del prodotto marginale si può sintetizzare come segue: quando la curva del prodotto marginale giace sopra la curva del prodotto medio, il prodotto medio è crescente; quando la curva del prodotto marginale giace sotto la curva del prodotto medio, il prodotto medio è decrescente. Le due curve si intersecano nel punto corrispondente al valore massimo della curva del prodotto medio. 9 dell'altro. Esiste una relazione semplice, ma importante, tra il saggio marginale di sostituzione tecnica in qualsiasi punto e il prodotto marginale di ciascuno dei fattori in quel punto. In un intorno del punto A della figura 9.9, supponiamo di ridurre K di un ammontare DELTAK, e di aumentare L di una quantità DELTA L appena sufficiente a mantenere il livello di output originario. Se indichiamo con MP ka il prodotto marginale dei capitale in A, allora la riduzione di output derivante dalla diminuzione di DELTAK è pari a MP ka DELTAK. Parimenti, se indichiamo con Mpla il prodotto marginale di L in A, l'incremento di output derivante dall'aggiunta di DELTA L è pari a MP la DELTAL. Poiché, infine la riduzione di output derivata dalla minor quantità di K è esattamente controbilanciata dall'incremento di output derivante dell'aumento di L, ne deriva che: MP ka DELTA K= Mpla DELTA L Algebricamente otteniamo: Mpla / Mpka = DELTA K / DELTA L. Questo risultato ci dice che il saggio marginale di sostituzione tecnica in A non è altro che il rapporto tra il prodotto marginale di L e il prodotto marginale di K. Questione importante Quando affronteremo l'interrogativo su come ottenere un determinato livello di otuput al più basso costo possibile. Figura 9.10: Mappe degli isoquanti nel caso di sostituti perfetti: nel riquadro (a) si ha lo stesso numero di viaggi per una determinata quantità totale di benzina, indipendentemente da come combiniamo le due marche. Le benzine Agip e Q8 sono sostituti perfetti nella produzione di viaggi in automobile. Nel riquadro (b) le macchine da scrivere e le dattilografie sono complementi perfetti nel processi produttivo di battitura delle lettere. Nella teoria del consumatore, la forma delle curve di indifferenza indica in che misura un consumatore è disposto a sostituire un bene con un altro. Nella teoria della produzione, un'informazione simile è data dalla forma degli isoquanti. Nella figura 9.10 vengono illustrati i due casi estremi, in cui i fattori sono sostituiti perfetti (a) e complementi perfetti (b). La figura 9.10a descrive il processo produttivo in cui automobili e benzina vengono combinate per produrre viaggi. Sono disponibili due marche del fattore produttivo “benzina”, Agip e Q8, Che risultano sostituti perfetti tra di loro. Possiamo sostituire 1 litro di aigp a 1 litro di Q8 e continuare a ottenere lo stesso numero di viaggi di prima. Il saggio marginale di sostituzione tecnica tra agip e q8 rimane costante a 1 man mano che ci spostiamo verso il basso lungo qualsiasi isoquanto. La figura 9.10 b descrive il processo produttivo della battitura di lettere, con l'uso di due input: macchina da scrivere e dattilografie. In questo processo, i due input sono complementi perfetti in rapporto di 1 a 1: la loro combinazione più efficiente richiede proporzioni fisse. Avere a disposizione più di una dattilografia per macchina da scrivere, o più di una macchina per dattilografia, non aumenta l'output. I RENDIMENTI DI SCALA: In economia industriale è di fondamentale importanza stabilire se la produzione sia più efficiente realizzandosi su grande scala o su piccola scala (per “grande” e “piccolo” sono definiti relativamente alla dimensione del mercato corrispondente). Da q2uesto dipende infatti se un'industria sarà costituita da molte piccolo imprese o da pochi grandi produttori. La caratteristica tecnica della funzione di produzione che descrive la relazione tra scala ed efficienza è chiamata rendimenti di scala. Il termina indica ciò che accade all'output quando tutti gli input vengono aumentati esattamente nella stessa proporzione. Dato che i rendimenti di scala si riferiscono a una situazione in cui tutti i fattori sono variabili, il concetto di rendimenti di scala è intrinsecante un concetto di lungo periodo. Se, data una funzione di produzione, la variazione di tutti i fattori in una stessa proporzione porta a una variazione più che proporzionale dell'output, quella funzione di produzione è caratterizzata da rendimenti di scala crescenti. Così, per es, se raddoppiamo gli input di una funzione i produzione caratterizzata da RENDIMENTI DI SCALA CRESCENTI:Caratteristica di un processo produttivo che consente di ottenere un incremento più che proporzionale dall'output in seguito a un aumento di tutti gli input in una stessa proporzione, alla fine otteniamo un output più che doppio. Come vedremo nei prossimi capitoli, queste funzioni di produzione portano a una situazione in cui un numero ristretto di imprese produce gran parte del prodotto di una certa industria. I rendimenti di scala crescenti hanno spesso origine nelle possibilità di specializzazione all'interno di grandi organizzazioni. Se una variazione di tutti gli input in una stessa proporzione dà luogo a una variazione del prodotto della stessa proporzione, la funzione di produzione presenta RENDIMENTI DI SCALA COSTANTI: caratteristica di un processo produttivo per la quale l'incremento di tutti i fattori produttivi in una stessa proporzione genera un incremento proporzionale nell'output. In questo caso, raddoppiando tutti gli input, anche l'output raddoppia. Nei settori industriali in cui vi sono rendimenti di cala costanti, la grande dimensione non è né un vantaggio, né uno svantaggio. Infine, se una variazione di tutti i fattori in una stessa proporzione dà luogo a una variazione meno che proporzionale del prodotto, la funzione di produzione presenta rendimenti di scala decrescenti. In questo caso la grande dimensione è uno svantaggio, e dunque difficilmente troveremo grandi imprese che operino in settori caratterizzati da RENDIMENTI DI SCALA DECRESCENTI: Caratteristica di un processo produttivo per la quale l'incremento di tutti i fattori produttivi in una stessa proporzione genera un incremento meno che proporzionale. Una funzione di produzione non presenta necessariamente rendimenti di scala della stessa natura per qualsiasi livello del prodotto. RAPPRESENTARE I RENDIMENTI DI SCALA SULLA MAPPA DEGLI ISOQUANTI: Esiste una semplice relazione tra i rendimenti di scala di una funzione di produzione e il livello di prodotto associato ai diversi isoquanti. Le funzioni di produzioni omotetiche, un'importante classe di funzioni di produzione definita dalla proprietà per cui la pendenza di tutti gli isoquanti è uguale in ogni punto di una retta che parta dall'origine degli assi. Consideriamo la mappa degli isoquanti rappresentata nella figura 9.11. Spostandoci verso l'esterno lungo il raggio R, tutti gli input aumentano nella stessa proporzione. La funzione di produzione definita da questa mappa degli isoquanti presenta rendimenti di scala crescenti nella regione compresa tra A e C. Notiamo, per es, che spostandoci da A e B, entrambi gli input aumentano del 50%, mentre l'ouput cresce del 100%. Nella regione compresa tra C e F, la stessa funzione di produzione è caratterizzata da rendimenti di scala costanti. Infatti, quando ci spostiamo da D a E, sia i fattori sia l'output aumentano del 25%. Infine, la funzione di produzione presenta rendimenti di scala decrescenti nella regione in altro a destra rispetto a F; così, quando ci spostiamo da F a G, entrambi gli input aumentano del 16,7 %, mentre l'output cresce soltanto dell' 11,1%. FIGURA 9.11:Rendimenti di scala sulla mappa degli isoquanti: nella regione compresa tra A e C, questa funzione di produzione presenta rendimenti di scala crescenti. Incrementi di una stessa proporzione di tutti gli input generano incrementi più che proporzionali dell'output. Nella regione compresa tra C e F, la funzione di produzione è caratterizzata da rendimenti di scala costanti: gli input e l'output crescono tutti nella stessa proporzione. Nella regione in alto a destra rispetto a F, la funzione di produzione presenta rendimenti di scala decrescenti: incrementi della stessa proporzione dei fattori produttivi generano incrementi meno che proporzionali dell'output. DISTINZIONE TRA RENDIMENTI DI SCALA DECRESCENTI E LEGGE DEI RENDIMENTI DECRESCENTI: è importante rilevare che i rendimenti di scala decrescenti non hanno nulla a che vedere con la legge dei rendimenti decrescenti. I rendimenti di scala decrescenti si riferiscono a ciò che succede all'output quando tutti gli input variano nella stessa proporzione. La legge dei rendimenti decrescenti, invece, si riferisce al caso in cui un solo fattore varia mentre tutti gli altri rimangono costanti. La legge dei rendimenti decrescenti si applica egualmente a funzioni di produzione con rendimenti di scala crescenti, costanti e decrescenti. IL PUZZLE DEI RENDIMENTI DI SCALA DECRESCENTI: Se la funzione di produzione Q= F(K,L) è la descrizione completa di un processo produttivo, è difficile capire come una qualsiasi funzione di produzione possa presentare nella realtà rendimenti di scala decrescenti. Il problema consiste nel fatto che dovrebbe essere sempre possibile ridurre il processo produttivo utilizzato per ottenere qualsiasi livello di output, e quindi ottenere rendimenti di scala costanti. “Organizzazione”, “comunicazione”, la questione fondamentale è che quando un'impresa supera una certa dimensione, la sua gestione diventa più difficile. Altri sostengono che sia la carenza di risorse manageriali o imprenditoriali a creare dei colli di bottiglia nella produzione. Se veramente vi è un input di cui non si è tenuto conto e che rimane costante 9 all'aumentare di K e L, allora siamo ancora in una situazione che per definizione è di breve periodo. E non vi è alcuna regione per cui dovremmo essere in grado di raddoppiare l'output quando raddoppiamo solo alcuni dei fattori. CAPITOLO 10: I COSTI PRESENTAZIONE CAPITOLO: Lo scopo di questo capitolo è di tradurre la teoria della produzione sviluppata nel cap 9 in una coerente teoria dei costi. Mentre nel cap 9 ci eravamo riproposti di stabilire una relazione tra le quantità di input impiegate e il corrispondente livello di output, qui il nostro compito sarà quello di delineare il legame tra la quantità di output prodotta e il costo di produzione. Il primo passo sarà quello di esaminare come variano i costi al variare dell'output nel breve periodo. Questo problema si rivela più complesso di quanto sembrerebbe a prima vista, poiché vi sono diversi tipi di costi che occorre considerare: costi totali, costi variabili, costi fissi, costi marginali, costi medi totali, costi meedi variabili e costi medi fissi. E ognuno di esse si rivela importante per lo studio del comportamento dell'impresa, argomento che sarà sviluppato nei prosismi capitoli. Per comprendere la struttura e il comportamento di un'industria nel suo complesso, è ancora più rilevante sapere come variano i costi al variare dell'output nel lungo periodo. Una determinata quantità di output si può produrre in molti modi: noi dobbiamo trovare il più economico, cioè la combinazione più appropriata dati i prezzi dei fattori. La risposta a questo interrogativo ci consentirà di studiare la relazione tra i costi e i rendimenti di scala nella produzione. I COSTI NEL BREVE PERIODO: Per analizzare l'andamento dei costi al variare dell'output nel breve periodo, è opportuno iniziare con un semplice es di produzione. Supponiamo che Carmen gestisca una lavanderia che produce biancheria pulita, impiegando lavoro (L) e capitale (K). Il lavoro è acquistato sul mercato a un salario w=10 e/ora-uomo. Il capitale è fisso nel breve periodo. La relazione tra input variabile e numero totale di sacchi di biancheria lavati in un'ora è riassunta nella tabella 10.1. Si noti che in un primo tempo l'output aumenta a un tasso crescente all'aumentare delle unità di input variabile e successivamente a un tasso decrescente. Il costo totale per la produzione dei vari livelli di output è semplicemente il costo di tutti i fattori produttivi impiegati. Se Carmen è proprietaria del suo capitale, il coso del capitale è un costo opportunità, ovvero il profitto che si ricaverebbe vendendo il capitale e investendo il ricavato, per es, in titoli di stato. TABELLA 10.1:Funzione di produzione di breve periodo della lavanderia di Carmen: I valori della colonna di destra indicano la quantità di output prodotta con la corrispondente quantità di fattore variabile indicata nella colonna di sinistra. Questa funzione di produzione presenta rendimenti inizialmente crescenti, e successivamente decrescenti, rispetto al fattore variabile. Supponiamo che il capitale di Carmen sia pari a 120 ore-macchina/ora, e che il costo (opportunità) sia r= 0,25 e/ora- macchina2, per un totale di 30 e/ora. Questo è un COSTO FISSO:Costo che nel breve periodo non varia al variare dell'output. Più in generale, se K0 indica l'ammontare del capitale e r è il suo costo per unità, si ha: FC= rK0 Altri esempi di costi fissi possono comprendere le imposte patrimoniali, i premi assicurativi, gli interessi sui presenti e altri pagamenti a cui l'impresa è vincolata per contratto nel breve periodo, e che non variano a variare dell'output. Questi costi sono spesso indicati come spese generali. IL COSTO VARIABILE:Costo che, nel breve periodo, varia con il livello di output (ovvero, costo di tutti i fattori variabili di produzione). Nei processi produttivi che utilizzano più di un input variabile, i costi variabili si riferiscono al costo di tutti questi input. Per calcolare il costo variabile per ogni livello di output, è sufficiente moltiplicare la quantità di lavoro necessaria a produrre quel livello di output per il salario orario. Quindi il costo variabile di 27 sacchi di bucato/ora è di (10 e/ora-uomo) (3 ore-uomo/ora) = 30 e/ora. Più generale, se L1 è la quantità di lavoro richiesta per produrre il livello di output Q1 e w è il salario orario, si ha: Vcq1=wL1 Si noti, nel membro sinistra dell'ultima equazione, ohe VC è esplicitamente indicato come funzione dell'output. Si vuole infatti sottolineare che il costo variabile dipende dal livello di output prodotto, mentre il costo fisso no. IL COSTO TOTALE:Somma del costo variabile e del costo fisso (ovvero, insieme di tutti i costi di produzione). Se Carmen vuole lavare 43 sacchi/ora, il costo totale sarà di 30 e/ora + (10 e/ora-uomo) (4 ore-uomo/ora) =70e/ora. Più in generale, l'espressione del costo totale per la produzione del livello di output Q1 è: Tcq1= FC + Vcq1= rK0+wL1 La tabella 10.2 mostra il costo fisso, variabile e totale per i livelli di output corrispondenti alla funzione di produzione indicata nella tabella 10.1. I rapporti tra le varie definizioni di costo risultano più chiari se rappresentati graficamente anziché in forma di tabella. La funzione di produzione di breve periodo della tabella 10.01 è tracciata nella figura 10.1. costo medio nel suo punto di minimo. Esiste un legame preciso tra queste relazioni: dalla definizione di costo marginale abbiamo infatti MC= DELTA VC/ DELTAQ. Quando il lavoro è l'unico fattore variabile, DELTA VC= DELTAwL, cosicché DELTA VC/DELTA Q è uguale a DETAwL/DELTAQ. Se il salario è fisso, abbiamo wDELTAL/DELTAQ è uguale a 1/MP, si ha: MC = w/ MP Analogamente, dalla definizione di costo medio variabile, si ha AVC=VC/Q =wL/Q; poiché L/Q è uguale a 1/AP, ne segue immediatamente che: AVC= w/AP Dall'equazione 10.18 deduciamo che il valore minimo del costo marginale corrisponde al valore massimo del prodotto marginale. Allo stesso modo, dall'Equazione 10.19 rileviamo che il valore minimo del costo medio variabile corrisponde al valore massimo del prodotto medio. Il riquadro superiore della figura 10.9 rappresenta le curve AP e MP in funzione di L. Si noti che la curva MP nel riquadro superiore raggiunge il suo valore massimo in L= L1, mentre il valore minimo della curva MC nel riquadro inferiore si ha quando l'output (Q1) corrisponde a L=L1. Si noti ancora che la curva AO nel riquadro superiore raggiunge il punto di massimo per L=L2 e che il valore minimo della curva AVC nel riquadro inferiore viene raggiunto quando l'output (q2) corrisponde al valore L=L2. FIGURA 10.9: Relazione tra MP, AP, MC E AVC: Normalmente, quando vengono tracciate le curve MC e AVC, Q viene riportato sull'asse orizzontale. Nel riquadro inferiore queste curve sono espresse invece come funzioni di L. Per ottenere il valore di Q che corrisponde a un dato valore di L, è sufficiente moltiplicare LA PER IL RELATIVO VALORE DI apL. IL VALORE MASSIMO DELLA CURVA mp IN l=l1, Nel riquadro superiore, corrisponde al valore minimo della curva MC in Q=Q1, nel riquadro inferiore. Analogamente, il valore massimo della curva AP in l=l2, NEL RIQUADRO SUPERIORE, CORRISPONDE AL VALORE MINIMO della curva AVC in Q=Q2, nel riquadro inferiore. I COSTI NEL LUNGO PERIODO: Nel lungo periodo tutti gli input sono, per definizione, variabili. Se il direttore generale di un'impresa vuole produrre un determinato livello di output al minimo costo è possibile ed è libero di scegliere la combinazione di input che desidera, quale di queste combinazione dovrebbe scegliere? La risposta dipende dai prezzi relativi del capitale e del lavoro. SCEGLIERE LA COMBINAZIONE OTTIMALE DEGLI INPUT: Quale che sia la struttura dell'impresa nella quale si trovano a operare, l'obiettivo della maggior parte dei produttori è quello di ottenere una determinata quantità di output di una certa qualità al minor costo possibile. In modo equivalente, si può dire che il produttore vuole ottenere la massima quantità possibile di output dato un determinato livello di spesa per gli input. Si consideri un'impresa che intenda massimizzare la quantità prodotta per un dato livello di spesa. Si ipotizzi inoltre che essa impieghi solo due input, il capitale (K) e il lavoro (L), i cui prezzi sono r=2 e w =4, rispettivamente. Quali combinazioni di fattori si possono ottenere con una spesa complessiva di C= 200E/giorno? Si noti che questa domanda ha la stessa struttura de quella incontrata nel cap 3, con riferimento al comportamento del consumatore. Si ricordi che, nel caso del consumatore, la risposta veniva sintetizzata mediante il vincolo di bilancio. La stessa informazione, nel caso dell'impresa, è sintetizzata invece dalla RETTA DI ISOCOSTO:Combinazione di input che comportano lo stesso costo. La figura 10.10 rappresenta l'isocosto relativo all'esempio in questione: con una spesa totale di 200 e/giorno può essere acquistata qualsiasi combinazione di input che giace sulla retta B. Analogamente al caso del vincolo di bilancio, la pendenza dell'isocosto è data dal rapporto, preso con segno negativo, tra i prezzi dei fattori, cioè -w/r. Figura 10.10: Isocosto: Per dati prezzi dei fattori, l'isocosto è il luogo dei punti corrispondenti a tutte le possibili combinazioni di fattori che possono essere acquistate con un dato livello di spesa C. La pendenza all'isocosto è pari al rapporto tra i prezzi dei fattori preso con segno negativo. L'approccio analitico per identificare l'output massimo che può essere prodotto a un dato costo per l'impresa è molto simile al procedimento utilizzato per identificare il paniere ottimale per il consumatore. Così come si può raggiungere un dato livello di soddisfazione attraverso avariate combinazioni di beni di consumo, allo stesso modo un dato livello di output può essere prodotto per mezzo di diverse combinazioni di fattori. Nel caso del consumatore abbiamo individuato il paniere ottimale sovrapponendo il vincolo di bilancio alla mappa di indifferenza e localizzando il punto di tangenza rilevante. Qui sovrapponiamo l'isocosto alla mappa degli isoquanti. Nella figura 10.11, il punto di tangenza è la combinazione degli input che genera il massimo output possibile per un dato livello dei costi C. Come sottolineato, il problema relativo alla massima produzione possibile con un dato livello dei costi è risolto in modo analogo a quello relativo alla produzione di un dato livello di output al minimo costo possibile. L'unica differenza consiste nel fatto che, nel secondo caso, si parte da un isoquamto specifico.: a esso viene sovrapposta la mappa degli isocosti corrispondenti ai diversi livelli di costo. Nel primo caso, il costo è un dato mentre l'output varia; nel secondo, l'output è un dato mentre il costo varia. La figura 10.12 mostra come la combinazione di fattori che minimizza i costi (L,K) corrisponda al punto di tangenza tra un isocosto e lo specifico isoquanto. 9 La pendenza dell'isoquanto in qualsiasi punto è pari a -MPL/MPk, il rapporto tra il prodotto marginale del lavoro e il prodotto marginale del capitale calcolati in quel punto. Combinando questa informazione con il risultato in base al quale il minimo costo di produzione si ha nel punto di tangenza tra isoquanto e isocosto (la cui pendenza è – w/r), ne deriva che: Mpl/Mpk = w/r dove K e L si riferiscono ai valori di K e L che rendono minimi i costi. ricordiamo i termini di questa espressione, otteniamo: Mpl/w= Mpk/r L'equazione 10.21 ci dice che, se i costi vengono minimizzati, l'output addizionale ottenuto dall'ultimo euro speso deve essere uguale per tutti i fattori produttivi. La dimostrazione di questa affermazione è semplice: se così non fosse, infatti,i costi non sarebbero minimizzati. Figura 10.11: massimo livello di output per un dato livello di costo: Un'impresa che vuole produrre il massimo livello di output compatibile con un dato livello di costo C selezionerà la combinazione di input in corrispondenza della quale l'isocosto C è tangente a un isoquanto. Figura 10.12:livello minimo di spesa per un dato livello di produzione:un'impresa che vuole produrre un dato livello di output Q0 al costo più basso possibile sceglierà la combinazione di fattori in corrispondenza della quale un isocosto è tangente all'isoquanto Q0. RAPPORTO TRA SCELTA OTTIMALE DEI FATTORI E COSTI DI LUNGO PERIODO: Se il periodo di aggiustamento è sufficientemente lungo, l'impresa può sempre acquistare la combinazione di input che minimizza i costi in corrispondenza di determinati livelli del prodotto e dei prezzi relativi. Per vedere come variano i costi di un'impresa al variare dell'output nel lungo periodo, è sufficiente confrontare i costi delle rispettive scelte ottimale dei fattori. La curva EE nella figura 10.14 mostra il SENTIERO DI ESPANSIONE DELL'OUTPUT:Insieme di tutte le combinazione di fattori che minimizzano i costi per un dato rapporto tra i prezzi degli input. Così, quando il prezzo di K è r e il prezzo di L è w, il modo meno costoso per produrre Q1 unità di output è offerto dalla combinazione S, che comprende K1 unità di K e L1 unità di L ec comporta un costo pari a TC1. La combinazione S è quindi un punto del sentiero di espansione dell'output. Per passare dal sentiero di espansione dell'output di lungo periodo alla curva del costo totale di lungo periodo, è sufficiente riportare graficamente in una nuova figura le coppie rilevanti di quantità e livello dei costi rappresentate nella figura 10.14. Per es, a livello di output Q1 corrisponde il costo di lungo periodo TC1 a Q2 corrisponde TC2 e così via. Il risultato è la curva indicata con LTC nel riquadro superiore della figura 10.15. Nel lungo periodo non dobbiamo distinguere tra costi totali, fissi e variabili, dato che tutti i costi sono variabili. La curva LTC passa sempre per l'origine, perché nel lungo periodo l'impresa può liquidare tutti i suoi input e cessare l'attività. Se sceglie di non produrre alcun output, l'impresa non deve trattenere, alcun fattore produttivo. L'andamento della curva LTC nel riquadro superiore della figura 10.15 assomiglia molto a quello della curva del costo totale di breve periodo riprodotta nella figura 10.2; ma, come vedremo, questa somiglianza p un caso e non una regola. Dato l'andamento della curva LTC nel riquadro superiore della figura 0.15, chiediamoci ora quali sono le sue implicazioni per le curve costo medio e marginale di lungo periodo. figura 10.14:Sentiero di espansione dell'output dilungo periodo: la curva EE rappresenta il luogo dei punti che corrispondono alle combinazioni di fattori che permettono di produrre un dato livello di output al minimo costo, quando i prezzi dei fattori r e w rimangono fissi. Figura 10.15:Curve del costo totale, medio e marginale di lungo periodo: Nel lungo periodo, l'impresa ha sempre la possibilità di cessare l'attività e liquidare tutti i suoi input. Questo significa che la curva del costo totale di lungo periodo passa sempre per l'origine. Le curve del costo medio di lungo periodo e del costo marginale di lungo periodo derivano dalla curve del costo totale di lungo periodo in modo del tutto analogo a ciò che succede nel breve periodo. Come per il breve periodo, il costo marginale di lungo periodo è pari alla pendenza della curva del costo totale di lungo periodo: LMCq= DELTATCq/DELTAQ In altre parole, LMC è il costo che l'impresa deve sopportare nel lungo periodo per espandere la sua produzione di una unità. Il costo medio di lungo periodo è invece pari al rapporto tra il costo totale di lungo periodo e l'output: LACq= LTCq/Q Assumendo che i prezzi dei fattori restino invariati al variare dell'output, in una funzione di produzione caratterizzata da rendimenti di scala costanti, raddoppiare l'output fa esattamente raddoppiare anche i costi. Triplicare tutti gli input triplica l'output e i costi, e così via. In presenza di rendimenti di scala costanti, i costi totali di lungo periodo sono dunque esattamente proporzionali all'output. Come si vede nella figura 10.16a, la curva LTC per una funzione di produzione caratterizzata da rendimenti di scala costanti è una retta che passa per l'origine. Poiché la pendenza di LTC è costante, la curva LMC è una linea orizzontale, e coincide esattamente con la curva LAC. Quando la funzione di produzione presenta rendimenti di scala decrescenti, un dato incremento dell'output richiede un aumento più che proporzionale in tutti i fattori e, di conseguenza, un incremento più che proporzionale dei costi. Figura 10.16: Curve LTC, LMC e LAC e rendimenti di scala costanti nella produzione: (a) Quando vi sono rendimenti di scala costanti, il costo totale di lungo periodo è strettamente proporzionale all'output. (b) il costo marginale lungo periodo è costante e coincide con il costo medio. Figura 10.17: curve LTC, LMC, e LAC e rendimenti di scala decrescenti nella produzione: Nel caso di rendimenti di scala decrescenti, l'output aumenta in misura minore dell'incremento dei fattori; ciò vuol dire che i costi totali crescono più che proporzionalmente rispetto all'output. Si consideri, infine, il caso de rendimenti di scala crescenti. Questa volta l'output cresce in modo più che proporzionale rispetto all'incrementa degli input. Di conseguenza, il costo totale di lungo periodo cresce in misura proporzionalmente minore rispetto all'aumento dell'output, come si può notare della figura 10.18a. Le relative curve LAC e LMC sono rappresentate nella figura 10.18b: il loro elemento distintivo, nel caso di rendimento di scala crescenti, non risiede nel fatto che sono lineari, come accade in questo particolare esempio, ma nel fatto che sono inclinate negativamente. I rendimenti di scala di una funzione di produzione non sono necessariamente delle stesso tipo per tutti i livelli di output. Figura 1018:Curve LTC,LMC e LAC e rendimenti di scala crescenti nella produzione: Quando i rendimenti di scala sono crescenti, un'impresa di maggiori dimensioni ha costi minori rispetto alle imprese che operano su scala minore. I COSTI DI LUNGO PERIODO E LA STRUTTURA DELL'INDUSTRIA I costi di lungo periodo sono importanti per il ruolo svolto nella determinazione della struttura di un'industria. Quando i costi medi di lungo periodo sono sempre decrescenti, come nella figura 10,19a, vi sarà tendenzialmente una sola impresa che sere tutto il mercato. Infatti, se due imprese cercassero di operare in questa industria, ciascuna producendo una parte dell'output richiesto, avrebbero entrambe costi medi più elevati di quelli che sopporterebbe una sola di essa servendo l'intero mercato. L'impresa che riesce a ottenere la dimensione maggiore conseguirà un vantaggio in termini di costo che le permetterà di eliminare la rivale. Un mercato caratterizzato da curve di costo medio di lungo periodo decrescenti è chiamato : MONOPOLIO NATURALE:industria in cui l'output complessivo viene prodotto al minimo costo quando vi è un singolo produttore. Si consideri ora la curva LAC rappresentata nella figura 10.19b. Questa curva raggiunge il punto di minimo in corrispondenza del livello di output Q0: per questo livello di output il costo di produzione sopportato da un'impresa è il più basso possibile. Q0 si può chiamare scala minima efficiente: è il livelli di produzione necessario perché LAC raggiunga, il suo livello minimo. I mercati che presentano curve di costo medio di lungo periodo del tipo illustrato nella figura 10.19 b saranno “altamente concentrati”; ciò significa che un piccolo numero di imprese si dividerà l'output richiesto dal mercato. La curva di costo medio di lungo periodo associata a un'industria non concentrata assumerà probabilmente uno dei tre andamenti tracciati nella figura 10.20. Figura 10.19: Curve LAC caratteristiche di industrie altamente concentrate: (a) le curve LAC inclinate negativamente per tutti i livelli di output sono tipiche dei monopoli naturali. I costi unitari sono minimi quando vi è una sola impresa che opera sul mercato. (b) le curve LAC fatte a U, per le quali il minimo si raggiunge in corrispondenza di una quota rilevante del mercato, sono tipiche di industrie servite da un piccolo gruppo di imprese. Figura 10.20:Curve di LAC tipiche di industrie non concentrate:Per sopravvivere in qualunque mercato, è necessario che un'impresa presenti costi unitari minimi. Se il punto di minimo di una curva LAC si verifica in corrispondenza di una piccola quota dell'output complessivo del mercato, oppure se LAC è sempre costante e sempre crescente, allora la piccola dimensione è compatibile con la sopravvivenza nel mercato. Ogni impresa tende a produrre solo una piccola parte dell'output totale dall'industria. Per questi processi produttivi, le imprese di qualsiasi dimensione hanno gli stessi costi unitari. La relazione tra struttura del mercato e andamento della curva del costo medio di lungo periodo deriva dal fatto che, per sopravvivere in un mercato concorrenziale, le imprese devono ridurre i costi unitari a livello minimo data la tecnologia esistente. In corrispondenza di quali livelli di output questo avvenga, dipenderà esclusiviste dalla forma della curva dei costi medi. LA RELAZIONE TRA LE CURVE DI COSTO DI BREVE E DI LUNGO PERIODO: Per prima cosa a esamineremo in maggior dettaglio la relazione tra i costi di lungo e di breve periodo. Si ricordi che la curva di LTC è ottenuta associando al valore Q corrispondente a un dato isoquanto il livello di costo totale corrispondente all'isocosto tangente a quell'isoquanto. Per esempio, nella figura 10.21, q=1 è associato al costo totale di lungo periodo LTC 1, q=2 a LTC e così via. Quando L è variabile, il sentiero di espansione dell'output è dato dalla retta 0E. Supponiamo, invece, che K sia fisso e K2, il livello ottimale per la produzione di Q=. Il sentiero di espansione dell'output di breve periodo, in questo caso, sarà rappresentato dalla linea orizzontale che passa per il punto (O, k2), e che comprende le combinazioni di input X,T e Z. Il costo totale di breve periodo per produrre un determinato livello di output, opera es Q=1, si può semplicemente leggere dall'isocosto che passa per il punto di intersezione tra il sentiero di espansione di breve periodo e l'isoquanto Q=1, ovvero STC. 9 QUANDO ALL'IMPRESA CONVIENE NON PRODURRE: Abbiamo visto che la regola per la massimizzazione del profitto nel breve periodo è quella di uguagliare il prezzo al costo marginale, purché il prezzo sia superiore al valore minimo dei costi medi variabili. Perché il prezzo deve essere maggiore del punto di minimo della curva AVC? La ragione è che, se questa condizione non è rispettata, è meglio per l'impresa non produrre nulla nel breve periodo. Per capirne il motivo, osserviamo che il ricavo medio per unità di prodotto venduto dall'impresa coincide esattamente con il prezzo di vendita (quando i prezzo è costante per ogni livello di produzione, il ricavo medio e il ricavo marginale coincidono; infatti AR= TR/Q=PQ/Q=P). Se il ricavo medio è inferiore al costo medio variabile, l'impresa sostiene una perdita per ogni unità di prodotto venduta; il ricavo totale dell'impresa (il ricavo medio moltiplicato per la quantità) sarà minore del costo variabile totale, quindi sarebbe meglio per l'impresa non produrre affatto ovvero trovarsi in una CONDIZIONE DI PRODUZIONE NULLA:Se il prezzo scende sotto il minimo del costo medio variabile, nel breve periodo all'impresa conviene interrompere la produzione. Le due regole: 1) che il prezzo debba essere uguale al costo marginale nel tratto crescente della curva MC e 2) che il prezzo debba essere maggiore del minimo costo medio variabile, definiscono insieme la curva di offerta di breve periodo di un'impresa in concorrenza perfetta. La curva di offerta di un'impresa mostra quanto output l'impresa in conde di produrre per ogni livello di prezzo. L'impresa in concorrenza perfetta si comporta come price-taker e contemporaneamente massimizza il profitto: assumendo il prezzo di mercato come un dato, sceglie il livello di output che massimizza il profitto economico per quel livello di prezzo., Osservate nella figura 11.3 che l'impresa offre sempre una quantità positiva quando il prezzo è maggiore del minimo della curva AVC. Il costo medio variabile è tuttavia inferiore al costo medio totale, la differenza tra i due essendo pari al costo medio fisso. Di conseguenza, per quanto piccolo sia il costo medio fisso, alcuni prezzi cadono in un intervallo compreso tra le curve AVC e ATC. Per ogni prezzo in questo intervallo, l'impresa che offre la quantità corrispondente a P=MC incorre in una perdita, poiché P è inferiore ad ATC. ESSERE IN GRADO DI COPRIRE I COSTI VARIABILI NON GARANTISCE CHE UN'IMPRESA REALIZZI UN PROFITTO ECONOMICO POSITIVO, MA è SUFFICIENTE Affinché ESSA offra una quantità positiva di prodotto nel breve periodo. Si noti infine che dalla figura 11.3 che la curva di offerta di breve periodo dell'impresa è inclinata positivamente: questo dipende dal fatto che la curva di costo marginale dell'impresa è inclinata positivamente nel tratto rilevante, e ciò, a sua volta, è diretta conseguenza della legge dei rendimenti decrescenti. Figura 11.3: Curva di offerta di breve periodo di un'impresa in concorrenza perfetta: quando il prezzo è inferiore al punto di minimo della cura di costo medio variabile, l'impresa sostiene, per ogni livello di output, delle perdite che minimizza non producendo nulla. Per prezzi superiori al minimo della curva AVC, l'impresa offre la quantità per la quale P= MC lungo il tratto crescente della sua curva MC. LA CURVA DI OFFERTA DI M,ERCATO DI BREVE PERIODO IN COCORRENZA PERFETTA: La curva di offerta di breve periodo per un'industria in concorrenza perfetta si ricava mediante un procedimento analogo a quello utilizzato per derivare la curva di domanda di mercato nel capitolo 4. In questo caso, si fissa un prezzo e si sommano le quantità che ogni impresa desidera offre a quel prezzo, ottenendo così l'offerta dell'industria. Ulteriori punti della curva di offerta dell'industria si ricavano sommando l'offerta di tutte l singole imprese per altri livelli del prezzo. La figura 11.4 illustra questo procedimento in un caso molto semplice: un'industria in cui siano presenti solitamente due imprese. Al prezzo unitario di 2 e, soltanto l'impresa 1 desidera offrire una quantità positiva di output, e così la sua offerta, Q1= 2 unità di prodotto alla settimana, costituisce l'intera offerta dell'industria quando P= 2. Per P=3, l'impresa 2 entra nel mercato, offrendo Q=2 4. Se si somma questa quantità all'offerta dell'impresa 1 per =3, cioè q1=3, si ottiene che l'offerta dell'industria per P=3 è di Q=7+8=15. Nel cap 4 abbiamo visto che la curva di domanda di mercato si ottiene come somma orizzontale delle curve di domanda dei singoli consumatori. Qui abbiamo derivato la curva di offerta di mercato come somma orizzontale delle curve di offerta delle singole imprese. La somma orizzontale delle curve di offerta delle singole imprese ha una forma semplice quando tutte le imprese in concorrenza sono identiche. Una regola generale per costruire la curva di offerta dell'industria quando le imprese che vi operano sono identiche. Se abbiamo n curve i offerta individuali P= c*dQ1, la curva di offerta dell'industria P=c+ -8d/n)Q. Figura 11.4: Curva di offerta di breve periodo di un'industria in concorrenza perfetta: Per ricavare la curva di offerta dell'industria si sommano orizzontalmente le curve di offerta delle singole imprese. L'EQUILIBRIO DI BREVE PERIODO IN CONCORRENZA PERFETTA: La singola impresa in concorrenza perfetta deve scegliere il livello di output che le consente di massimizzare il profitto dato un certo prezzo. Ma da dove viene quel prezzo? Esso si ricava dall'intersezione delle curve di offerta e di domanda. Ricordate che, al prezzo di equilibrio, i produttori vendono la quantità desiderata e i consumatori acquistano la quantità desiderata. Nel grafico di sinistra della figura 11.5 la curva indicata con D è la curva di domanda di un prodotto venduto in un'industria perfettamente concorrenziale. La curva indicata con S è la corrispondente curva di offerta dell'industria nel breve periodo, ottenuta sommando orizzontalmente il tratto rilevante delle singole curve di costo marginale di breve periodo delle imprese. L'intersezione di queste due curve determina il prezzo di equilibrio di breve periodo in concorrenza perfetta, in questo caso P=20. P=20, a sua volta, è il prezzo s cui si basano le decisioni di produzione delle singole imprese. Quando il prezzo è uguale al costo medio totale, il costo totale è uguale al ricavo totale e l'impresa non ottiene alcun profitto economico. Dunque, il prezzo uguale al valore minimo del costo medio totale si può chiamare punto di pareggio, ossia il prezzo minimo in corrispondenza del quale l'impresa non riporterà profitti negativi nel breve periodo. FIGURA 11.5:Determinazione del prezzo e della quantità di equilibrio nel breve periodo in concorrenza perfetta: L'intersezione tra le curve di domanda e di offerta di breve periodo determina il prezzo di equilibrio di breve periodo. La curva di domanda per l'impresa è una retta orizzontale in corrispondenza di P=20. Considerando il prezzo P come dato, l'impresa massimizza il profitto economico producendo Q1=80 unità/settimana: realizza pertanto un profitto economico di II=640 E/settimana. L'EFFICIENZA DELL'EQUILIBRIO DI BREVE PERIODO IN CONCORRENZA PERFETTA: Una delle caratteristiche più positive dei mercati in concorrenza perfetta è che essi garantiscono l'EFFICIENZA ALLOCATIVA: Situazione in cui sono sfruttati tutti i possibili benefici dello scambio. Per chiarire questo concetto, consideriamo l'equilibrio di breve periodo rappresentato nella figura 11.7 e assumiamo che tutte le 1000 imprese attive nell'industria abbiano le stesse curve di costo, illustrate nel grafico a destra. In concorrenza perfetta, nel breve periodo, i consumatori danno denaro alle imprese, che lo utilizzano è per acquistare i fattori variabili necessari a produrre l'output che va agli stessi consumatori. Affermare che l'equilibrio concorrenziale non lascia spazio ad altri scambi reciprocamente vantaggiosi equivale a sostenere che non esiste la possibilità che consumatori e produttori si accordino per effettuare una transazione privata a un prezzo diverso da 10e. Naturalmente, i consumatori sarebbero felici di pagare meno di 10e per un'unità addizionale di output. Tuttavia, poiché i 10e è uguale al valore delle risorse necessarie a produrre un'unità aggiuntiva, nessuna impresa sarebbe disposta a produrre queste condizioni. Il valore delle risorse impiegate nella produzione dell'ultima unità di output è esattamente uguale al valore che quella stessa unità di output ha per i consumatori. Le imprese potrebbero desiderare che il prezzo fosse maggiore e i consumatori potrebbero desiderare che il prezzo fosse maggiore e i consumatori potrebbero lamentarsi che il prezzo sia già troppo alto. Ma consumatori e imprese non hanno incentivi a effettuare degli scambi a un prezzo differente da quello di equilibrio. FIGURA 11.7:L'equilibrio concorrenziale di breve periodo è efficiente: In corrispondenza del prezzo e della quantità di equilibrio, il valore delle risorse addizionali necessarie a un'impresa per produrre l'ultima unità di output è esattamente uguale al valore dell'ultima unità di output per gli acquirente. Ciò significa che non possono verificarsi ulteriori scambi reciprocamente vantaggiosi. IL SURPLUS DEL PRODUTTORE: Un mercato concorrenziale è efficiente quando massimizza il beneficio netto di coloro che vi partecipano. Nelle analisi di politica economica è spesso utile stimare quantitativamente il beneficio derivante dalla partecipazione al mercato per i consumatori e per le imprese. Nel cap 5 abbiamo esaminato il concetto di surplus del consumatore, che misura il beneficio che il consumatore ottiene effettuando uno scambio sul mercato. Esiste un concetto analogo per i produttori: definiamo SURPLUS DEL PRODUTTORE:La misura del beneficio che l'impresa ricava dall'aver offerto la quantità di output che massimizza il suo profitto. Si potrebbe essere portati a ritenere che il surplus del produttore sia il profitto economico, ma, in generale, i due concetti non coincidono. Per capirne il motivo, ricordiamo in primo luogo che, nel breve periodo, l'impresa che non produce sostiene una perdita pari ai costi fissi. Se il prezzo è superiore al punto di minimo della curva AVC, essa migliora la sua posizione offrendo una quantità positiva di output. Ma la migliora di quanto? Il guadagno per l'impresa, rispetto al caso in cui la produzione è nulla, è la differenza tra il ricavo totale e il costo variabile totale calcolati in corrispondenza del livello di output tale per cui P= MC. Ricordiamo che il profitto economico è la differenza tra ricavo totale e costo totale, mentre la differenza tra costo totale e costo variabile è pari ai costi fissi. Di conseguenza, il surplus dei produttori è la somma del profitto economico e dei costi fissi. Graficamente, esso è rappresentato dall'area del rettangolo nel grafico di sinistra della figura 11.8. Nel breve periodo il surplus del produttore è quindi maggiore del profitto economico, perché un'impresa a cui fosse impedito di entrare nel mercato sosterrebbe perdite di entità superiore al profitto economico. FIGURA 11.8: Due misure equivalenti del surplus del produttore: la differenza tra il ricavo totale e il costo variabile totale misura il surplus del produttore, cioè il beneficio derivante dal produttore Q1 unità dii output anziché 0. Tale surplus si può misurare come differenza tra P Q1e l'area sottostante alla curva del costo marginale. FIGURA 11.9:Surplus aggregati dei produttori quando la curva di costo marginale della singola impresa è sempre inclinata positivamente. Quale dei due metodi per misurare il surplus del produttore sia migliore dipende unicamente dea contesto specifico: quando siamo interessati a studiare una variazione del surplus del produttore, il metodo illustrato nel grafico di destra della figura 11.8 è solitamente il più facile da applicare. Invece, quando vogliamo calcolare il surplus totale del produttore, è spesso più semplice utilizzare il metodo rappresentato nel grafico di sinistra. 9 Per misurare il surplus aggregato di tutti i produttori attivi in un mercato si somma ai surplus di tutte le imprese. Nei casi in cui l'inclinazione delle curve di costo marginale è positiva nel tratto rilevante, il surplus aggregato dei produttori può essere approssimato dall'area compresa tra la curva di offerta e la retta del prezzo di equilibrio P, come si vede nella figura 11.9. Il surplus aggregato dei consumatrici può essere rappresentato, in prima approssimazione, dall'area compresa tra la curva di domanda e la retta del prezzo di equilibrio, come mostra la figura 11.10. i benefici totali derivanti dallo scambio di un mercato possono quindi essere misurati dalla somma del surplus dei consumatori e del surplus dei produttori. FIGURA 11.10:Beneficio totale derivante dallo scambio di un mercato: La somma del surplus aggregato dei produttori e del surplus aggregato dei consumatori misura il beneficio totale dello scambio. GLI AGGIUSTAMENTI NEL LUNGO PERIODO: L'obiettivo dell'impresa, nel lungo e nel breve periodo, è di realizzare il profitto economico più elevato possibile. Per un'impresa, può essere vantaggioso nel breve periodo continuare a offrire una quantità positiva anche se sostiene perdite economiche. Nel lungo periodo, tuttavia, un'impresa che non riuscisse a guadagnare un profitto normale dovrebbe uscire dal mercato o aggiustare la sua dotazione di capitale. I costi marginale dell'impresa, nel lungo e nel breve periodo, sono entrambi uguali a 10 per Q=200. FIGURA 11.12:Un livello di prezzo che genera profitto economico: in corrispondenza del prezzo P =10, SMSC1= MLMC. Il livello di output che massimizza il profitto è Q=200 e l'impresa realizza un profitto economico di 600 e per ogni unità di tempo, rappresentato dal rettangolo ombreggiato. Le curve di costo medio includono già il costo opportunità per il capitale necessario alle imprese per intraprendere la produzione, quindi un potenziale concorrente può acquistare tutto quanto gli occorre per effettuare le stesse operazioni di un'impresa già operante nel settore e realizzare così un è profitto economico di 600 e per unità di tempo. Le curve di costo marginale delle nuove imprese che entrano nel mercato si sommano a quelle delle imprese già operanti e questo provoca uno spostamento verso destra delle curva di offerta di mercato. Se a entrare fosse una sola impresa, non si avrebbe un effetto rilevante sul prezzo, e con un livello di prezzo sostanzialmente invariato tutte le imprese operanti continuerebbero a realizzare un profitto di 600e. Ma questo profitto stimola altre nuove imprese a entrare nel mercato e, per i continui spostamento verso destra dalla curva di offerta, il prezzo diminuisce gradualmente. Il grafico di sinistra della figura 11.13 rappresenta lo spostamento verso destra della curva di offerta, S', interseca la curva di domanda in corrispondenza di P=8 e, per questo vuoto livello di prezzo, le imprese sono incentivate a riaggiustare kla kro dotazione di capitale. Notate che gli aggiustamenti realizzati alle imprese operanti nel mercato a seguito dalla diminuzione del prezzo provocano uno spostamento verso sinistra delle loro curve di costo marginale di breve periodo. Sulla curva di offerta di mercato, quindi, si ha un effetto contrario a quello provocato dall'aggiustamento dovuto all'entrata di nuove imprese. Tuttavia l'effetto netto dei due aggiustamenti deve causare uno spostamento verso destra della curva di offerta di mercato, giacche, in caso contrario, il prezzo non sarebbe diminuito e, quindi, le imprese non avrebbero avuto ragione di ridurre la dotazione di capitale. FIGURA 11.13:Una fase dell'aggiustamento verso l'equilibrio di lungo periodo. Anche dopo gli aggiustamenti descritti, le imprese presenti nel mercato continuano a realizzare profitti economici positivi. Il nuovo livello di profitto è inferiore, ma continua a esistere un incentivo per l'entrata di nuovo imprese nel settore. Nei settori in cui le curve di costo medio di lungo periodo hanno un adattamento a U, la riduzione del prezzo e il conseguente aggiustamento della dotazione di capitale continuano finché non si verificano due condizioni: 1) il prezzo è o pari al minimo della curva dei costi medi di lungo periodo LAC; 2) Le imprese utilizzano la dotazione di capitale che genera la curva di costo medio di breve periodo tangente alla curva LAC nel punto di minimo. Osserviamo nel grafico di destra della figura 11.14 CHE IL PROFITTO ECONOMICO è NULLO PER LE IMPRESE, una volta che tutte abbiano raggiunto questa posizione. Una volta raggiunta questa situazione, potenziali concorrenti non hanno più incentivo a entrare, poiché tutte le imprese già operanti realizzano un profitto economico nullo. Nell'analizzare come si raggiunge l'equilibrio di concorrenza perfetta di lungo periodo, siamo partiti da una situazione in cui il prezzo era superiore al punto di minimo della curva di costo medio di lungo periodo, e in cui tutte le imprese conseguivano un profitto economico positivo. Se avessimo invece considerato una situazione in cui il prezzo era minore del valore economico negativo, e questo avrebbe spinto alcune di esse ad abbandonare il mercato. Di conseguenza, la curva di offerta si sarebbe spostata verso sinistra, facendo aumentare sia il prezzo sia la dotazione di capitale di ciascuna impresa. Questo processo sarebbe continuato finché tutte le imprese avessero raggiunto la posizione di equilibrio di lungo periodo, illustrata nel grafico di destra nella figura 11.14. FIGURA 11.14:Equilibrio di lungo periodo in concorrenza perfetta: se partiamo da una situazioni in cui i l prezzo è maggiore di P, entrano nuove imprese e la dotazione di capitale di quelle già operanti si aggiusta finché i movimenti verso destra della curva di offerta non riducono il prezzo fino a P. In corrispondenza di P, il livello di output di ogni impresa che massimizza il profitto è qi, la quantità per la quale P= SMC =LMC =ATC =LAC. Il profitto economico è nullo per tutte le imprese. LA MANO INVISIBLIE: applicazioni pratiche, tuttavia, la questione rilevante è quanto un'industria possa allontanarsi da queste condizioni strutturali senza che i risultati generali del modelli diventino inapplicabili. Sfortunatamente, non esistono regole precise e di facile uso per rispondere a questa domanda. Nonostante questa difficoltà, l'esperienza sembra confermare che, nel lungo periodo, la maggior parte delle industrie soddisfa le principali proprietà del modello di concorrenza perfetta. Un'importante eccezione è rappresentata dai mercati in cui il governo impone barriere istituzionali all'entrata, per es, richiedendo una licenza governativa per poter operare. Consideriamo di seguito tre brevi esempi che illustrano la rilevanza del modello di concorrenza perfetta: -il sostegno ai prezzi come mezzo per salvare le imprese agricole a conduzione famigliare -il miraggio di un'imposta sulle imprese:(imposte:la produzione si riduce, il prezzo aumenta il peso grava sul consumatore e alcune imprese devono uscire dal mercato) -introduzione di innovazioni che riducono i costi. LE TEORIE ALTERNATIVE DELL'IMPRESA: La teoria dell'impresa esposta finora è la fedele rappresentazione della teoria neoclassica in base alla quale, come si è visto, l'impresa opera un processo di massimizzazione vincolata dei profitti in un ambiente nel quale i mercati sono completi e l'informazione è perfetta. Il processo decisionale appare dunque, allo stesso tempo, semplice ed efficiente. Questo approccio, per quanto abbia consentito alla teoria un notevole potere esplicativo, per molti versi non appare del tutto soddisfacente. L'obiettivo principale da essa perseguito non è tanto il conseguimento del massimo profitto, quanto piuttosto quello di un livello soddisfacente di profitto. Tale approccio si giustifica con il fatto che le imprese, ma più in generale tutte le organizzazioni, operano in un contesto complesso, caratterizzato da incertezza e in continua evoluzione. L'impresa moderna va vista come un'organizzazione complessa che opera tramite individui e organi i quali, talvolta, hanno interessi in contrasto tra di loro. Occorre, quindi, coordinare questi interessi in un'ottica comune al fine di pervenire a un esito soddisfacente per ogni membro dell'organizzazione, essendo sostanzialmente impossibile conseguire un risultato ottimo per tutti. Seguendo questa linea di pensiero, si è sviluppata la teoria comportamentista dell'impresa, che si pone l'obiettivo è di studiare il processo decisionale nelle grandi imprese. In termini molto generali si può affermare che le imprese che operano nel contesto dell'economia sociale si impegnano a realizzare attività finalizzate ad apportare benefici all'intera collettività o ad alcune sue componenti specifiche. In principio non si esclude, dunque, che alcune tipologie di imprese sociali possano perseguire, assume ad altri obiettivi, anche l'ottenimento di un certo livello di profitti da distribuire ai soci. Nel processo decisionale, la gestione delle imprese sociali è caratterizzata dalla partecipazione e dal coinvolgimento dei vari portatori di interessi. L'impresa sociale, tuttavia, non deve essere identificata con l'impresa non-prosit, la quale non può in alcun modo distribuire eventuali utili che dovesse conseguire. Questi ultimi sono invece destinati a rafforzare la posizione dell'impresa non-profit nell'ambito egli scopi per i quali essa è stata creata. IL MONOPOLIO CAP.12: I cinema fissano prezzi differenti per i biglietti a seconda dei diversi gruppi di spettatori: gli studenti pagano un prezzo, gli adulti un altro e i pensionati un altro ancora. Nessuna di queste pratiche è contemplata dal modello di concorrenza perfetta, che afferma che tutti gli acquirenti pagano un unico prezzo per un prodotto omogeneo (la cosiddetta legge del prezzo unico). Vedremo che questi comportamenti, cioè la fissazione di prezzi differenti per i biglietti di un unico prezzo elevato per il servizio bar, sono perfettamente coerenti con le predizioni del modello economico che analizza il caso di un venditore unico di un bene o di un servizio. Presentazione del capitolo: In questo cap esamineremo la forma di mercato che meno assomiglia alla concorrenza perfetta, cioè il monopolio, una situazione nella quale è presente un unico venditore, il cui prodotto non ha beni strettamente sostitutivi. Analizzeremo i 5 fattori che danno origine a questa struttura di mercato: (1) il controllo su input fondamentali; (2) le economie di scala; (3) i brevetti; (4) le economie di rete; (5) le licenze pubbliche. Per il monopolista, la regola per la massimizzazione del profitto nel breve periodo è uguale a quella seguita dalle imprese in concorrenza perfetta: il monopolista espanderà la produzione quando l'aumento nei riavi è superiore all'incremento dei costi e ridurrà la produzione quando la perdita nei ricavi è inferiore alla diminuzione dei costi. Vedremo Le proprietà di efficienza dell'equilibrio di monopolio. Vedremo che, a differenza del modello di concorrenza perfetta, in equilibrio di monopolio non sono esaurite tutte le possibilità di aumentare il benessere collettivo attraverso lo scambio. In generale, il valore per la collettività di un'unità addizionale di output è superiore al costo che il monopolista sostiene per le risorse impiegate nella produzione. Infine, studieremo le modalità secondo le quali le autorità di politica economica dovrebbero regolare i monopoli naturali, cioè i mercati caratterizzati da curve di costo medio di lungo periodo sempre decrescenti. Consideriamo cinque strumenti 9 alternativi di politica economica: (1) la proprietà pubblica, (2) la proprietà privata, ma con prezzi regolamentati, (3) la gara d'appalto a cui partecipano imprese private per ottenere il monopolio nell'offerta di un servizio, (4) l'adozione di rigide normative antitrust per evitare la formazione di un monopolio, (5) una politica di laissez-faire. Ognuno di questi strumenti comporta gravi difficoltà e, in generale, la misura migliore di politica economica dipende dalle specifiche circostante e sarà differente in circostanze differenti. UNA DEFINIZIONE DI MONOPOLIO: Il monopolio è una forma di mercato in cui un unico venditore offre un prodotto per il quale non esistono stretti sostituti. In apparenza questa definizione è semplicissima, tuttavia è molto difficile da applicare nella realtà. La differenza essenziale tra monopolio e concorrenza perfetta è data dall'elasticità rispetto al prezzo della domanda di ciascuna impresa. Ricordate che, per l'impresa in concorrenza perfetta, la domanda ha elasticità infinita: in atri termini, se l'impresa aumenta di poco il prezzo, non vende più nulla. Il monopolista, invece, riesce a controllare in larga misura il prezzo del proprio prodotto. Da un punto di vista empirico, un modo pratico per misurare se un'impresa gode di un significativo potere monopolistico è quello di esaminare l'elasticità incrociata rispetto al prezzo per i sostituti più prossimi del suo prodotto. L'elasticità incrociata rispetto al prezzo costituisca una misura chiara e precisa per distinguere tra beni con sostituiti stretti e beni senza sostituti. Sebbene possa non esservi nulla di simile a un film come l'ultimo episodio di harry potter, esistono sempre moltissime alternative per divertirsi per qualche ora. Rispetto coloro che vogliono a tutti costi vedere il film, l'esercente del cinema è un monopolista, ma rispetto a coloro che vogliono soltanto vedere un altro film, l'esercente affronta una forte concorrenza. La differenza tra monopolio e concorrenza perfetta spesso si riduce a esaminare quale di questi gruppi di consumatori sia più numeroso. Come in moltissimi altri problemi economici, la distinzione tra concorrenza e monopolio è tanto un'arte quanto una scienza. E' il caso di sottolineare che la distinzione tra monopolio e concorrenza non si basa sulla differenza tra le rispettive elasticità al prezzo della domanda di mercato nei due casi. Al contrario, l'elasticità della domanda di un mercato in concorrenza perfetta è spesso molto inferiore a quella della domanda per un monopolista. L'elasticità della domanda di farina, per esempio, è inferiore a quella delle macchine fotografiche polaroid, ma la farina è prodotta in condizioni molto simili a quelle della concorrenza perfetta, mentre la polaroid è l'unico venditore autorizzato nella maggior parte dei mercati in cui è attiva. La distinzione importante tra monopolio e concorrenza perfetta è rappresentata dalla diversa elasticità della curva di domanda dell'impresa: in concorrenza perfetta, la curva di domanda di una singola impresa è orizzontale, mentre la curva di domanda del monopolista coincide con la curva di domanda dell'intero mercato ed è quindi inclinata negativamente. LE 5 CAUSE DEL MONOPOLIO: Perché un'impresa è l'unico produttore in un mercato? Gli economisti hanno individuato 5 fattori, ognuno dei quali può consentire a un'impresa di rivestire una posizione di monopolio. Consideriamoli separatamente: 1. CONTROLLO ESCLUSIVO DI INPUT FONDAMENTALI 2. ECONOMIE DI SCALA: Se la curva di costo medio di lungo periodo è decrescente, il modo meno costoso di servire il mercato è concentrare la produzione presso un'unica impresa. 3. Il mercato che è servito a u costo minore da un'unica impresa si chiama monopolio naturale. Un es che frequentemente si cita è quello della fornitura di servizi telefonici. 4. Ricordate che nel cap 11 che la curva di costo medio di lungo periodo può essere inclinata negativamente anche in assenza di economie di scala. Questo fenomeno si può verificare quando il prezzo di un importante fattore di produzione si riduce sostanzialmente all'espandersi dell'output dell'industria. Questa situazione no dà origine però a un monopolio naturale. 5. Più precisamente, quindi, sono le economie di scala e non l'inclinazione della curva LAC a determinare l'esistenza di un monopolio naturale. Se il prezzo degli input è fisso, naturalmente, vi è una relazione biunivoca tra economia di scala e pendenza della curva LAC. 6. Figura 12.1 monopolio naturale: quando la curva LAC è inclinata negativamente per tutti i livelli di output, è sempre meno costoso affidare la produzione dell'intero mercato a un'unica impresa. 7. BREVETTI:Quasi tutti i paesi proteggono le invenzioni mediante un sistema di brevetti. Un brevetto, in genere, conferisce il diritto esclusivo di godere dei benefici economici derivanti dai scambi in cui è coinvolta l'invenzione. I brevetti comportano costi e benefici sociale. Dal alto dei costi, essi creano un monopolio e ciò implica, come vedremo, prezzi più elevati per i consumatori. Dal lato dei benefici, il brevetto rende possibile la realizzazione di numerose invenzioni, che altrimenti non si verificherebbe. Se mancassero i brevetti, per effetto della concorrenza i prezzi tenderebbero al costo marginale e lo sviluppo di innovazioni sarebbe gravemente rallentato. La protezione della concorrenza, garantita dall'esistenza di un brevetto, permette all'impresa di recuperare i costi dell'innovazione. 8. ECONOMIE DI RETE (O ECONOMIE DI NETWORK) In molti mercati, un prodotto acquista tanto più valore per i consumatori quanto maggiore è il numero degli utilizzatori. Si dice in questi casi che esistono esternalità di rete. 9. In casi estremi, tale economie di rete funzionano, al pari delle economie di scala, come fonte di monopolio naturale. Il sistema operativo Windows della Microsoft, per es, ha ottenuto il dominio del mercato grazie a fortissime economie di rete. Poiché il vantaggio commerciale conquistato dalla Microsoft forniva un forte incentivo ai programmatori a scrivere applicazioni per Windows, i software disponibili attualmente per questo ambiente sono decisamente superiori a quelli disponibili per qualsiasi altro sistema operativo. I videogiochi sono distribuiti di solito in formato Windows e spesso non vengono tradotti per altri formati. Questa differenza nella disponibilità di software costituisce un valido motivo per gli utenti per scegliere il sistema operativo Windows malgrado, come affermano molti utilizzatori, esistano sistemi operativi alternativi qualitativamente superiori. Il risultato finale è che più del 90% dei PC oggi presenti utilizza Windows. Se non è un monopolio puro, gli arriva terribilmente vicino. 10. LICENZE GOVERNATIVE O APPALTI In molti mercati, la produzione è consentita per legge a un'unica impresa dotata di licenza governativa. 11. Una delle ragioni per cui si limita l'entrata è che, in questi mercati, non vi è spazio per più di un'impresa. In tali casi, la licenza governativa come fattore di monopolio è in effetti un'economia di scala, che agisce in un'altra forma. Tuttavia, si richiedono licenze governative in moti altri mercati, come quello dei taxi, dove non sembra che le economie di scala rivestano molta importanza. Nel lungo periodo, il fattore più importante tra quelli che danno origine al monopolio è costituito dalle economie di scala. I processi produttivi, in generale, si modificano nel tempo, e quindi avere il controllo esclusivo di input fondamentali è una fonte solo transitoria di monopolio. Anche i brevetti sono di per sé temporanei. Le economie di rete, una volta fortemente radicate, possono costituire una fonte di monopolio naturale altrettanto importante rispetto alle economie di scala. Per essere più precisi, le economie di rete agiscono dal lato della domanda, poiché influenzano quanto i consumatori sono disposti a pagare per un certo prodotto. Ma si possono applicare altrettanto bene al lato dell'offerta, in quanto rappresentano una caratteristica aggiuntiva di qualità del prodotto. Quanto più elevato è il numero di possessori o utilizzatori di un certo prodotto, tanto maggiore sarà la sua qualità. Pertanto, è lecito dire che, per un prodotto caratterizzato da economie di rete, si può ottenere qualsiasi livello di qualità a un costo minore all'aumentare della quantità venduta. Da questo punto di vista, le economie di rete sono l'equivalente delle economie di scala e come tali le tratteremo in seguito. Le licenze pubbliche possono certo rimanere in vigore per lunghi periodo di tempo, ma molte sono solo un implicito riconoscimento di economie di scala che porterebbero in ogni caso al monopolio. LA MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO IN MONOPOLIO: Come per l'impresa in concorrenza perfetta, ipotizziamo che l'obiettivo del monopolista sia quello di massimizzare il profitto economico. Anche in questo caso, quindi, nel breve periodo ciò significa scegliere il livello di output tale per cui la differenza tra il ricavo totale e il costo totale di breve periodo sia massima. Le ragioni alla base di questa ipotesi sono meno convincenti rispetto al caso di concorrenza perfetta. Dopotutto, il monopolista rischia il fallimento molto meno di un'impresa concorrenziale, dunque la tesi evoluzionistica che impone di massimizzare il profitto non si applica altrettanto bene nel caso del monopolio. Nonostante ciò, per il momento ci limiteremo a esaminare il comportamento del monopolista che massimizza il profitto. CURVA DI RICAVO TOTALE DEL MONOPOLISTA: La differenza fondamentale tra il monopolista e l'impresa in concorrenza perfetta è il modo in cui il ricavo totale, e quindi quelle marginale, si modifica al variare dell'output. L'impresa in concorrenza perfetta è price-taker, perché produce in genere una frazione irrilevante dell'output totale dell'industria e quindi non riesce a influenzare il prezzo di mercato. Di conseguenza, la curva di ricavo totale dell'impresa in concorrenza perfetta è una retta che parte dall'origine con coefficiente angolare P, come quella rappresentata nella figura 12.2. La differenza tra il monopolista e l'impresa in concorrenza perfetta è che il monopolista, per vendere una quantità maggiore, deve ridurre il suo prezzo; e non soltanto il prezzo dell'unità addizionale, ma anche quello di tutte le altre unità che avrebbe comunque venduto. Come abbiamo visto nel cap 4, se la curva di domanda è inclinata negativamente, il ricavo totale non aumenta proporzionalmente all'espandersi delle vendite. Come in concorrenza perfetta, la curva di ricavo in entrambi i casi se non si vende nulla non si ricava niente. Tuttavia, quando il prezzo si riduce, il ricavo totale non aumenta secondo una relazione lineare rispetto alla quantità venduta. Al contrario, raggiunge un massimo in corrispondenza del punto intermedio della curva di domanda e quindi comincia a diminuire. Nel grafico inferiore della figura 12.3 sono rappresentati i rispettivi valori dell'elasticità al prezzo della domanda. Notate che il ricavo totale raggiunge un massimo quando l'elasticità della domanda rispetto al prezzo è pari a 1. 9 La figura 12.11 illustra un altro importante concetto, e cioè che MR= MC è condizione necessaria, ma non sufficiente, per la massimizzazione del profitto. Notiamo nella figura che il ricavo marginale è uguale al costo marginale in corrispondenza del livello di output Q0. Per riassumere abbiamo visto che il monopolista si comporta in modo analogo a un'impresa in concorrenza perfetta, nel senso che entrambi scelgono il livello di output soppesando benefici e costi derivanti da un'espansione della produzione. Sia per l'impresa in concorrenza perfetta sia per il monopolista, il costo marginale è la variabile rilevante per misurare il costo che si sostiene quando si aumenta l'output. In entrambi i casi, i costi fissi non hanno alcuna importanza per le decisioni di produzione nel breve periodo. Sia per il monopolista si apre l'impresa in concorrenza perfetta, i benefici di un'espansione dell'output sono misurati dai rispettivi valori del ricavo marginale. Per l'impresa in concorrenza perfetta il ricavo marginale e il prezzo coincidono, mentre per il monopolista il ricavo marginale è minore del prezzo. L'impresa in concorrenza perfetta massimizza il profitto espandendo la produzione siano al punto in cui il costo marginale uguaglia il prezzo. Invece il monopolista massimizza il profitto aumentando la produzione fino a quando il costo marginale non è pari al ricavo marginale e, quindi, sceglie un livello di output inferiore a quello dell'impressa in concorrenza perfetta. Conviene sia al monopolista sia all'impresa in concorrenza perfetta interrompere la produzione quando il prezzo è inferiore al costo medio variabile per ogni livello di output. FIGURA 12.11:Un monopolista che dovrebbe interrompere la produzione nel breve periodo. IN MONOPOLIO NON ESISTE LA CURVA DI OFFERTA In monopolio non esiste una curva di offerta simile, poiché il monopolista non è price-taker e quindi non vi è una corrispondenza biunivoca tra prezzo e ricavo marginale al variare della curva di mercato. È possibile vedere un monopolista produrre e vendere Q1 a P in un periodo e offrire Q2 sempre a P in un altro periodo. Quando la curva di domanda per un monopolista si sposta, generalmente si modifica anche l'elasticità della domanda per ogni specifico livello di prezzo. Tuttavia, non necessariamente i due valori si muovono nella stessa direzione. Quando la curva di domanda si sposta verso destra, per es, l'elasticità a un certo prezzo può aumentare o diminuire; e questo vale anche quando la domanda si sposta verso sinistra. Di conseguenza, può non verificarsi una corrispondenza biunivoca tra il prezzo fissato dal monopolista e la quantità che egli decide di produrre. Diciamo quindi che il monopolista non ha un curva di offerta, ma segue piuttosto una regola di offerta, che è quella di uguagliare il ricavo marginale al costo marginale. GLI AGGIUSTAMENTI NEL LUNGO PERIODO: Naturalmente, nel lungo periodo il monopolista può aggiustare tutti i fattori produttivi proprio come può fare l'impresa in concorrenza perfetta. Qual è la quantità ottimale in monopolio nel lungo periodo, se non si modifica la tecnologia? La scelta migliore per il monopolista è produrre il livello di output tale per cui il costo marginale di lungo periodo sia uguale al ricavo marginale. Nella figura 12.12, questo implica impiegare la dotazione di capitale che dà origine alle curve d costo medio e marginale di breve periodo ATC e SMC. In corrispondenza di questo livello di utilizzo del capitale, la curva di costo marginale di breve periodo incontra la curva di costo marginale di lungo periodo nel punto in cui quest'ultima interseca la curva di ricavo marginale. Q è la quantità che massimizza il profitto nel lungo periodo ed è venduta al prezzo P. Per le condizioni di costo e di domanda illustrate nella figura 12.12, il livello del profitto economico di lungo periodo II è positivo ed è rappresentato dall'area del rettangolo ombreggiato. Il profitto economico tende ad annullarsi nel lungo periodo; questa tendenza si verifica a volta anche in monopolio. Quando i fattori che danno origine al monopolio sono anch'essi soggetti a pressioni concorrenziali, il profitto tende a ridursi. Per es, le imprese concorrenti possono sviluppare sostituti per input importanti che erano in origine controllati dal monopolista. Oppure, nel caso di prodotti brevettati, le impresa concorrenti possono sviluppare stretti sostituti senza violare le leggi sui brevetti, che offrono in ogni caso protezione transitoria. Nella figura 12.12, per es, ha una curva di costo medio di lungo periodo decrescente e gode, quindi, di un vantaggio di costo permanentemente rispetto alle concorrenti potenziali. In un simile caso di monopolio naturale, è possibile che si realizzi stabilmente un profitto economico anche nel lungo periodo. Un'altra circostanza è data dal caso in cui l'impresa detiene una licenza pubblica. Proprio il fatto che in monopolio si possano conseguire profitti economici anche nel lungo periodo è uno dei più seri problemi che le autorità di politica economica, come vedremo devono affrontare. FIGURA 12.12 Equilibrio di lungo periodo per un monopolista che massimizza il profitto LA DISCRIMINAZIONE DI PREZZO: I monopolisti spesso fissano dei prezzi differenti per i diversi acquirenti, una pratica conosciuta come discriminazione di prezzo. I diversi prezzi dei biglietti del cinema, citati all'inizio, ne sono un esempio. Quando la discriminazione di prezzo è attuabile, il monopolista può trasformare parte dei benefici dei consumatori in profitto. Vedremo tuttavia che non tutti gli incrementi di profitto realizzati attraverso la discriminazione di prezzo ricadono sui consumatori. L'efficienza aumenta man mano che il monopolista espande la produzione verso il livello corrispondente all'intersezione tra curva di domanda e curva di costo marginale. Acquistare a un prezzo inferitore su un mercato e rivendere a un prezzo superiore su un altro mercato è definito ARBITRAGGIO. L'arbitraggio garantisce, per es, che il prezzo dell'oro quotato a Londra non differisca mai significativamente dal prezzo dell'oro quotato a New York. MONOPOLISTA PERFETTAMENTE DISCRIMINANTE: Discriminazione di prezzo di primo tipo è il termine utilizzato per descrivere il maggior livello possibile di segmentazione del mercato. Per spiegare questo concetto, supponiamo che un monopolista abbia N potenziali clienti, ognuno dei quali ha una curva di domanda inclinata negativamente come la curva D1 nella figura 12.15. Qual è il massimo ricavo che il monopolista potrebbe ottenere dalle vendita di Q unità di output a ciascun cliente? Se gli intervalli in cui il monopolista può ripartire la vendita del prodotto sono piccoli a piacere, con questa forma di fissazione de prezzo è possibile aumentare il ricavo totale di un ammontare pari all'area del triangolo colorato dalla figura 12.15. Quando il monopolista fissa un prezzo unico per tutte le unità vendute, lo stesso triangolo rappresenta il surplus del consumatore. Con prezzi perfettamente discriminanti, invece, il consumatore acquista ogni unità di output al prezzo massimo che sarebbe stato disposto a pagare, e il suo surplus viene interamente estratto dal monopolista. Quale livello di output produce il monopolista in grado di discriminare perfettamente il prezzo? La regola è quella di uguagliare il ricavo marginale al costo marginale. La figura 12.16 rappresenta le curve di domanda, di costo marginale di breve periodo e di costo medio totale di un monopolista perfettamente discriminante. Ma qual è la curva di ricavo marginale per questo monopolista? Essa coincide esattamente con la curva di domanda. Poiché è in grado di discriminare perfettamente, il monopolista può ridurre il prezzo al fine di aumentare le vendite senza per questo dover diminuire il prezzo sulla quantità che avrebbe comunque venduto. Il prezzo e il ricavo marginale sono esattamente uguali, proprio come in concorrenza perfetta. La scelta migliore per l'impresa è di offrire Q unità di output, ciascuna delle quali viene venduta al prezzo più alto che ogni consumatore è disposto a pagare. Vi sono due punti importanti di confronto tra il monopolista perfettamente discriminandolo che non è assolutamente in grado di discriminare. In primo luogo, il monopolista che discrimina perfettamente produce di più. Ciò consegue dal fatto che, siccome una riduzione di prezzo non ha alcun effetto sul ricavo totale che otterrebbe dall'output che sarebbe comunque in grado di vendere, il monopolista che discrimina perfettamente può ridurre il prezzo per attirare consumatori che altrimenti non comprerebbero, e mantenere prezzi più elevati per coloro che sono disposti a pagarli. FIGURA 12.15: Discriminazione perfetta di prezzo FIGURA 12.16: Monopolista che pratica la discriminazione perfetta di prezzo Una seconda differenza saliente è che, in genere, il surplus del consumatore è positivo nel monopolio senza discriminazione di prezzo, mentre è nullo nel monopolio perfettamente discriminante. Poiché deve offrire tutto al medesimo prezzo, il monopolista che non discrimina è spinto a praticare un prezzo non troppo elevato: se fissasse il prezzo al livello che soltanto gli acquirenti con domanda meno elastica sono disposti a pagare, perderebbe tutti gli altri clienti. Di conseguenza non lo farà, e i consumatori con domanda meno elastica si troveranno pagare meno del loro prezzo di riserva, ottenendo così un surplus. La discriminazione perfetta di prezzo è un caso limite teorico, che non si verifica nella realtà. DISRIMINAZIONE DI PREZZO DI SECONDO TIPO: Un'altra forma di discriminazione di prezzo è la pratica, adottata da molti venditori, di non fissare un prezzo unico, ma di programmare schemi secondo i quali il prezzo diminuisce all'aumentare della quantità acquistata. La discriminazione di prezzo di secondo tipo assomiglia a quella di primo tipo, poiché in entrambi i casi il monopolista cerca di estrarre surplus da ogni consumatore. Le due principali differenze sono: (1) a ogni consumatore viene offerta la stessa struttura tariffaria, quindi non si cerca di fissare il prezzo a seconda delle differenti elasticità della domanda; (2) poiché esiste un numero limitato di scaglioni di prezzo, il monopolista non riesce, in caso di discriminazione di secondo tipo, a estrarre tutto il surplus del consumatore. DISCRIMINAZIONE DI PREZZO TRAMTIE “AUTOIDENTIFICAZIONE” DEI CONSUMATORI Ogni venditore vorrebbe praticare la discriminazione perfetta di prezzo. Questo, tuttavia, come abbiamo già osservato, è difficile, perché i venditori non conoscono le elasticità delle curve di domanda individuali, che sono invece indispensabili a tal fine. Così, un'importante forma di discriminazione di prezzo consiste nelle tecniche con le quali le imprese spingono i consumatori con domanda più elastica a “farsi riconoscere”. Questo è il modello della discriminazione di prezzo con “auto identificazione” dei consumatori. L'idea di fondo è che il venditore pone delle “condizioni” e garantisce uno sconto a chiunque decida di accettarle. La logica sottesa a questa pratica è che gli acquirenti più sensibili al prezzo saranno anche quelli che con maggiore probabilità saranno disposti ad accettarle. Quelli con domanda più elastica acquistano al prezzo scontato. Sono ormai pochi i prodotti venduti senza ricorrere a meccanismi di “auto identificazione” dei consumatori che consentono di fissare dei prezzi differenziati. 9 Il modello è simile alla discriminazione di prezzo di primo grado, poiché in entrambi i casi si cerca di adeguare il prezzo all'elasticità delle curve di domanda individuali. La differenza più importante tra i due è che, anche con condizioni sofisticate, questo modello non riesce mai a estrarre l'intero surplus del consumatore. LA PERDITA DI EFFICIENZA IN MONOPOLIO: La concorrenza perfetta porta a un'allocazione efficiente delle risorse, poiché nell'equilibrio di lungo periodo non è possibile aumentare il benessere collettivo attraverso ulteriori scambi: il valore che i consumatori attribuiscono all'ultima unità di output è esattamente pari al valore di mercato delle risorse necessarie a produrla. Sulla base di pure valutazioni di efficienza, il monopolio perfettamente discriminante e la concorrenza perfetta conducono al medesimo risultato. Tuttavia, ci sono differenze dal punto di vista distributivo: nel primo caso, il beneficio complessivo si manifesta come surplus del produttore, nel secondo come surplus del consumatore. La perdita di efficienza in monopolio è dovuta all'incapacità di praticare una discriminazione perfetta di prezzo. Questa perdita è definita perdita netta causata dal monopolio. LA POLITICA ECONOMICA NEI CONFORNTI DEL MONOPOLIO NATURALE: Dalle precedenti osservazioni dovrebbe risultare chiaro che la questione fondamentale non è se il monopolio sia efficiente rispetto a qualche modello ideale che non si può realizzare nella realtà, ma se lo sia rispetto alle alternative effettivamente disponibili. Questo problema è di cruciale importanza soprattutto nel caso di un monopolio naturale. Per semplicità, consideriamo una tecnologia produttiva il cui costo totale sia dato da: TC= F + MQ Vi sono fondamentalmente due critiche alla combinazione prezzo-quantità di equilibrio in un monopolio naturale con prezzo unico: (1) in termini di equità, il monopolista realizza un profitto economico (II); (2) in termini di efficienza, il prezzo è superiore al costo marginale, e questo genera una perdita nel surplus del consumatore. FIGURA 12.20:Monopolio naturale 1. PROPIETA' E GESTIONE PUBBLICA: Affinché un mercato sia efficiente dal punto di vista collettivo, il prezzo deve uguagliare il costo marginale. In un monopolista naturale, seguire questa regola comporta alcune difficoltà, poiché il costo marginale è inferiore al costo medio totale. Un'impresa privata, non potendo fissare un prezzo inferiore al costo medio senza contemporaneamente fallire nel lungo periodo, è costretta a praticare un prezzo maggiore rispetto al costo marginale. Un modo per superare questo problema è che lo Stato acquisti l'impresa. REGOLAMENTAZIONE PUBBLICA DI MONOPOLI PRIVATI Uno strumento alternativo consiste nel consentire la gestione privata del monopolio naturale, emanando al contempo direttive o regolamenti per limitare le possibilità di fissare discrezionalmente il prezzo. Esempi molto citati sono la regolamentazione pubblica delle società che offrono servizi elettrici, idrici e telefonici. La più importante forma di regolamentazione pubblica esistente in molti Paesi, compresa l'Italia, è chiamata regolamentazione del saggio di rendimento; l'idea di fondo è che il prezzo venga fissato in modo da permettere all'impresa di realizzare un predeterminato saggio di rendimento sul capitale investito. Si pensi, per es, alla gestione della maggior parte delle tratte autostradali che, in Italia, è affidata a società concessionarie le quali, nel fissare i pedaggi, sono vincolate dalle decisioni pubbliche. In astratto, il rendimento dovrebbe coincidere con il costo opportunità del capitale, in modo da uguagliare il rendimento sull'investimento aa quello che si otterrebbe in concorrenza perfetta. Tuttavia, in pratica, le autorità di regolamentazione non possono conoscere con certezza il valore del saggio di rendimento in ogni periodo: se il saggio prefissato è inferiore al rendimento di concorrenza perfetta, l'impresa è spinta a diminuire la qualità del servizio offerto e, alla fine, è costretta a uscire dal mercato. Se il saggio è troppo elevato, invece, i prezzi sono più alti di quanto sia necessario e l'impresa realizza un extra profitto. Averch e Johnson in breve, la loro tesi è che in questo modo si incentivi l'impresa a sostituire altri input con il capitale, aumentando i costi di produzione. Se l'obiettivo del produttore di un servizio regolamentato è la massimizzazione del profitto, costui cercherà di aumentare il più possibile la base sulla quale si calcola il profitto, cioè il capitale investito. APPALTO ESLUSIVO DI UN MERCATO IN CONDIZIONI DI MONOPOLIO NATURALE ”perché dobbiamo regolamentare il monopolio”? Secondo la sua tesi, anche quando le condizioni di costo impongono che il mercato sia
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