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mirra - vittorio alfieri, Appunti di Letteratura Italiana

Analisi e commento dell'opera a cura del professore Martino Marazzi

Tipologia: Appunti

2017/2018
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Caricato il 23/01/2018

giulia-tosoni
giulia-tosoni 🇮🇹

4.2

(5)

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica mirra - vittorio alfieri e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! VITTORIO ALFIERI Nato dalla famiglia A. di Cortemilia (v. Alfieri), fu avviato alla carriera militare, che ben presto abbandonò. Il viaggiare fu per lui un bisogno precoce e perpetuo; egli visitò non solo le principali città italiane sino a Napoli, ma quasi tutta l'Europa. In Olanda e in Inghilterra ebbe due incontri amorosi; un terzo, a Torino, con la marchesa Gabriella Turinetti, fu indiretta cagione della sua definitiva conversione alla letteratura, alla quale già l'aveva indirizzato la lettura delle Vite di Plutarco. Assistendo la Turinetti durante una sua malattia, aveva abbozzato una tragedia, Antonio e Cleopatra, che poi, condotta a termine, fu rappresentata con lieto successo (1775): l'A. giudicò immeritati gli applausi e decise di far qualcosa di veramente degno. Cominciò allora a studiare furiosamente e si recò due volte in Toscana per meglio apprendere la lingua: a Siena conobbe un ricco e colto mercante, Francesco Gori-Gandellini, col quale strinse l'unica forte amicizia della sua vita e che, morto, esaltò come uomo perfetto in un dialogo, La virtù sconosciuta (1786); e, a Firenze, Luisa Stolberg, moglie di Carlo Eduardo Stuart, conte di Albany, con la quale visse maritalmente fino alla morte; e questo fu il "degno amore", l'ultimo dell'A. L'anno dopo, per svincolarsi da ogni soggezione al retrivo governo piemontese, donò tutta la sua proprietà alla sorella Giulia, contro il corrispettivo di una rendita vitalizia. Firenze, Roma, Siena, Pisa, furono i suoi soggiorni più importanti fra il '78 e l'85. Tra l'85 e l'87 alternò principalmente le dimore di Martinsburg presso Colmar, in Alsazia, e di Parigi, dove nell'87 si stabilì con l'Albany e restò sino al '92; dove anche assistette, ammirato, ai primordî della rivoluzione, che placarono per un momento la sua radicata avversione alla Francia, patria dell'illuminismo. Questo, sostanzialmente ottimistico, non lo soddisfaceva; ostacolava, secondo l'A., il risorgimento d'Italia. Ma gli eccessi rivoluzionarî presto lo disgustarono. Fuggito da Parigi, si stabilì definitivamente con la sua donna a Firenze. MIRRA La Mirra è una tragedia composta nel 1784. La fonte della tragedia, a cui si rifà Alfieri, è il libro X delle Metamorfosi di Ovidio, che tratta appunto dell'amore incestuoso di Mirra per il padre Ciniro. Mirra consumerà questo amore, anche per vendetta della dea Venere. Infine la donna, fuggita in Arabia per la vergogna, verrà trasformata in pianta, e cioè la mirra. Alfieri toglie dalla trama tutti gli elementi fantastici, mitologici e religiosi, lasciando l'amore di Mirra - che non viene consumato- sul piano dei desideri: una passione innegabile che anima la protagonista. Scelta operata probabilmente per la scabrosità della vicenda per l'epoca. Il dramma è trasferito, quindi, sulla sfera psicologica senza che venga nominata, tranne all'ultimo, la colpa che segnerà la protagonista. In questa tragedia contano molto le pause, i silenzi e i gesti. Attraverso la forza emotiva dei silenzi, l'autore riesce a svelare la passione e la catastrofe che riguardano la protagonista. Personaggio significativo è la nutrice che si accorge della passione tormentata di Mirra, ma non conosce il destinatario di questa e soffre in silenzio per la giovane. Mirra non confessa i suoi tormenti, che vengono rivelati solo dai gesti che compie. Solo nell'atto IV, durante la celebrazione del matrimonio con Pereo, il coro porta Mirra alla follia e alla fuga di Pereo. Non viene mai rivelato esplicitamente dalla protagonista la causa dei tormenti. L'ultimo atto è incentrato sul confronto tra Mirra e il padre, che le chiede conto della propria passione. Il confronto mostra l'abilità stilistica di Alfieri che crea un equilibrio tra i silenzi e i gesti di Mirra e del padre. L'amore di Mirra per il padre è rivelato implicitamente: viene, infatti, compreso da Ciniro solo dalle reazioni somatiche della figlia. Solo nell'ultima scena, quando Mirra si getta sulla spada del padre, è infine rivelata la colpa. La Mirra appare come la tragedia più psicologica di Alfieri e quella in cui è riuscito a fare emergere le qualità del suo teatro, basate sulla capacità di rompere il ritmo e giocare sui silenzi, creando un'atmosfera tetra. ATTO QUINTO Scena prima (Ciniro) Oh, misero e sventurato Pereo! Amante troppo autentico! Ah, se fossi stato rapido a giungere, forse tu non avresti vibrato la lama crudele dentro al tuo petto. Oh, cielo! Che dirà il padre privo del figlio? Lo aspettava sposo felice ed ora si vedrà portare davanti agli occhi quel corpo esangue, morto suicida. Ma sono forse io padre addolorato meno di lui? E’ vita quella in cui resta, fra le sue furie atroci, Mirra disperata? E’ vita questa, nella quale ci lascia il suo orribile stato? Ma voglio sentirla: ed ho già il cuore armato di una ferrea corazza. Lei merita tutto il mio sdegno (e lo sente) e si mostra lenta a venire alla prova: eppure le ho mandato già il terzo avviso. Certo, in queste sue pene è nascosto un segreto grande e orribile . Voglio sentire la verità dalle sue labbra, oppure non voglio mai più vederla davanti a me. .. Ma, oh cielo, se la forza del destino o l’ira degli Dei offesi la condannano innocente a un pianto perenne, devo aggiungere alle sue tante sventure l’ira di un padre? Lasciarla ad una morte lunga, abbandonata e disperata?... Ah, mi si spezza il cuore... Eppure io devo nasconderle, per questa prova suprema, il mio immenso affetto, o almeno in parte. Lei fino ad ora non mi ha mai sentito parlare con sdegno: una ragazza non ha un cuore così saldo, da andare contro alle insolite minacce del padre. Finalmente eccola. Ohimé! Come avanza a passi lenti e forzati! Pare che venga da me a morire. rivelala. Mirra Vedresti il padre raccapricciare d’orrore se Ciniro... la sapesse... Ciniro Che sento! Mirra Che dico?... Ahimé!... non so quel che dico... non provo amore.... non crederlo... no... lascia, te ne scongiuro per l’ultima volta, lasciami arretrare. Ciniro Ingrata: ormai nel disperarmi con le tue maniere, e nel farti gioco del mio dolore, ormai hai perduto per sempre l’amore del padre. Mirra Oh, minaccia dura, orribile!... Ora, nel mio sospiro estremo, che già si avvicina, si aggiungerà l’odio crudele del genitore, alle tante altre mie furie? Io morire lontano da te? Oh felice mia madre!... almeno a lei sarà concesso... di morire al tuo fianco... Ciniro Che vuoi dirmi?... Oh! Che orribile lampo, da queste parole!... Tu forse? ... scellerata!... Mirra Oh, cielo! Che ho detto mai? ... Me misera!... Dove sono? Dove mi nascondo?... Dove morire? Ma la tua spada mi basterà... (rapidissima si avventa alla spada del padre e si trafigge) Ciniro Figlia... Oh, che hai fatto?... la spada... Mirra Ecco, ora... te... la rendo... almeno ho avuta la mano destra rapida come la lingua. Ciniro Io resto immobile... per lo spavento... pieno di orrore, di ira... e di pietà... Mirra Oh, Ciniro!... Mi vedi... vicina a morire... Io ho saputo vendicarti...e punire me... Tu stesso mi hai strappato dal cuore... a viva forza... l’orrido segreto... ma poiché egli esce dalle mie labbra... solo con la mia vita...muoio meno colpevole... Ciniro Oh, giorno! Oh delitto!... Oh dolore! A chi il mio pianto?... Mirra Su, non piangere più...io non lo merito... Ah, sfuggi la mia vista infame... e Nascondi ancora ... a Cecri... Ciniro Padre infelice!... E il suolo non si spalanca ad ingoiarmi?... Non ho il coraggio di avvicinarmi alla figlia perversa morente; eppure non posso abbandonarla svenata... Scena terza (Cecri, Euriclea, Ciniro, Mirra) Cecri Ho sentito un pianto mortale... Ciniro Oh, cielo! (Corre incontro a Cecri per impedirle di inoltrarsi e le toglie la vista della figlia morente) non andare oltre.. Cecri Vicino alla figlia... Mirra Oh... voce! Euriclea Ahi, vista! Mirra giace a terra nel suo sangue?... Cecri Mia figlia?... Ciniro Torna indietro... Cecri Dissanguata!...Come? Da chi?... Voglio vederla... Ciniro Vai indietro... inorridisci... Vieni... si è trafitta , da sola, con la mia spada... Cecri E lasci così tua figlia?... Ah! La voglio io... Ciniro Non ci è più figlia. Ardeva di un amore infame ... per Ciniro... Cecri Che sento? Oh, delitto!... Ciniro Su, vieni!: te ne prego, andiamo altrove a morire di dolore e di vergogna. Cecri Oh, la mia figlia, un’empia, una perversa! Ciniro Oh, vieni... Cecri Ahi, sventurata!... Non (potrò) abbracciarla mai più?... ( viene trascinata fuori da Ciniro) Scena quarta (Mirra, Euriclea) Mirra Quando... io... te lo chiesi... allora... dovevi darmi la spada... Euriclea...io allora morivo innocente... ora ... muoio perversa...
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