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modernismo e avanguardie (contesto storico), accenni a kafka, futurismo, PIRANDELLO, SVEVO, Schemi e mappe concettuali di Italiano

libro di testo: liberi di intepretare contesto storico del 900, inconscio, inettitudine PIRANDELLO: vita, relativismo storico e poetica dell'umorismo, forma e vita, persona e personaggio TESTI: forma e vita, il treno ha fischiato, tu ridi, alcuni pezzi di serafino gubbio operatore, pezzi di uno nessuno centomila, pezzi di 6 personaggi, pezzi del fu mattia pascal (+lanterninosofia) SVEVO: vita, cultura, funzione della scruttittura e della psicanalisi coscienza di zeno trama + analisi approfondita

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

In vendita dal 06/06/2022

elenabertugli
elenabertugli 🇮🇹

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Scarica modernismo e avanguardie (contesto storico), accenni a kafka, futurismo, PIRANDELLO, SVEVO e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! MODERNISMO E AVANGUARDIE Primi del 900 uno dei periodi più complessi e tormentati della storia europea, dove circolano senso di inquietudine e di rinnovamento. Le nuove teorie di Einstein e Planck, sovvertono i comuni parametri di valutazione del mondo; la psicoanalisi di Freud mette in crisi il modo stesso di concepire un individuo, dimostrando che in ognuno di noi la parte razionale convive con gli impulsi oscuri dell’inconscio (che obbediscono al principio del piacere, quindi sono istinti egoistici); si diffonde il pensiero di Bergson che impone la concezione del tempo come “durata” e flusso continuo della vita interiore. L'età dello sperimentalismo primonovecentesco è caratterizzata da movimenti di avanguardia veri e propri e dalla ricerca solitaria degli autori modernisti che, senza rinunciare alle acquisizioni del passato, realizzano forme artistiche fortemente e talora radicalmente innovative. In ambito politico: rivoluzione in Russia 1917, prima guerra mondiale, tensioni e instabilità al termine del conflitto. Il tempo come flusso interiore e la città delle macchine Il tempo diventa una dimensione soggettivistica ed elastica (eliminata la tradizionale concezione del tempo: passato-presente-futuro), in cui ha grande importanza la memoria. Questa nuova concezione di temporalità modifica le strutture tradizionali della narrazione (es: Coscienza di Zeno la narrazione procede per argomenti, non in ordine cronologico, quindi la storia raccontata attraverso il flusso e le permanenze della memoria). I nuovi mezzi di comunicazione e di trasporto impongono la velocità come esperienza quotidiana. La metropoli moderna (da alcuni rappresentata in modo positivo da altri in modo negativo come ad es. Pirandello), diventa l’emblema dell’accelerazione della vita e della civiltà delle macchine. Celebrata dai poeti futuristi, la città della tecnica è più spesso rappresentata come luogo della spersonalizzazione e dell’anonimato, luogo in cui l’uomo perde se stesso, luogo di alienazione. QUADRI: La persistenza della memoria → orologi “molli” danno l’idea di qualcosa di fluido, che allude alla soggettività del tempo. Metropolis Imponenza delle architetture sembra schiacciare i lavoratori ed esprime → l’angoscia dell’uomo di fronte ad una civiltà industriale che lo trasforma in schiavo. La scoperta dell’inconscio e l’invasione dei “brutti” Gli studi di Freud, problematizzano il modo di concepire l’identità individuale e disgregano la compattezza dell’io. La psiche dell’uomo è paragonata da freud ad un iceberg: la parte emersa è consapevole, governata dalla coscienza, in cui valgono ragione e volontà, mentre la parte sommersa è l'inconscio, in cui dominano le pulsioni profonde, proibite, rimosse, ignote a noi stessi, che si manifestano nei sogni, nei lapsus, nelle nevrosi. L’oggetto di rappresentazione è l’io incoerente e disgregato, ci troviamo di fronte un personaggio che non ha più nulla dell’individuo integro e compatto che i romanzieri dell’800 ci avevano presentato, non c’è più un individuo unico, ma un individuo in balia delle diverse e continue sensazioni: i temi del doppio, della scissione tra io profondo e maschera sociale, della follia, della malattia ricorrono nelle opere di questo periodo. La rappresentazione dell’io passa attraverso la messa in scena dei suoi pensieri, registrati attraverso nuove tecniche narrative come il “flusso di coscienza”, che mimano automatismi e associazioni involontarie dell'inconscio. L’arte e la narrativa sono invase da personaggi “brutti”, dalle fisionomie distorte: la figura intera si dissolve, mentre il singolo dettaglio fisico viene esagerato fino a creare un effetto disturbante. La deformazione del volto del personaggio riflette il disagio, lo squilibrio, la disarmonia dell’uomo novecentesco. Il personaggio inetto e il poeta come saltimbanco I protagonisti sono inetti, antieroi, incapaci all’azione, resi inadatti alla vita pratica dalla loro stessa tendenza allo sdoppiamento, al vedersi vivere (sono spesso impiegati). Rappresentano l'”uomo senza qualità” del primo 900, nella sua mediocrità e nel suo senso di frustrazione nei confronti della realtà. Il protagonista tipico è l’impiegato inetto e frustrato. Cambia la figura sociale dell’artista, il cui ruolo viene ridimensionato (hanno preso definitivamente atto della perdita dell’aureola e del loro ruolo): la figura del poeta-vate cede il passo a quella del poeta saltimbanco, fanciullo, vagabondo, sonnambulo rovesciamento → dell'idea “alta” di poesia, ormai impossibile nella società moderna, dove il poeta ha perso la sua tradizionale funzione di mediatore ideologico, che ha idee e valori che trasmette alla collettività. QUADRI: Circus Saltimbanchi, pagliacci, marionette popolano la poesia e la pittura. La → figura del clown esprime la coscienza dell’arte come esibizione e vendita della propria intimità, l’artista rivendica per sé il ruolo di clown, che offre se stesso al pubblico, trasformando in risata e in capriola la sua crisi esistenziale spettacolarizza il suo mestiere, deve vendersi al → pubblico. La guerra immaginata e la guerra vissuta l’inizio del secolo è un’esplosione di tensioni sociali. Per molti intellettuali la soluzione è ricorrere alle armi. L’estetizzazione della guerra come avventura eroica, ebrezza vitale, "igiene del mondo”, ispira l’interventismo di d’Annunzio, degli scrittori futuristi e di molti giovani intellettuali. Ma la guerra vissuta è ben diversa da quella immaginata. Il mito della guerra “etica” si sfalda dinanzi alla mostruosità della guerra senza etica. L’esperienza dell’orrore e della morte non solo svela la frode delle illusioni e dei significati, ma determina l’impossibilità di costruirne nuovi. TEMPI, LUOGHI E CONCETTI CHIAVE La generazione degli anni 80 Si chiama così quella generazione nata negli anni 80 dell’800 e che all’inizio del 900 hanno appena 20 anni, ad essa appartengono i maggiori scrittori, intellettuali e uomini politici che dominano la scena negli anni immediatamente precedenti e successivi la Grande guerra. Esaltazione del nuovo e dei giovani Il motivo del cambiamento si manifesta in modi diversi sia in campo politico sia artistico. Esso agisce talmente profondamente da provocare un’adesione irrazionale alla guerra, percepita come purificazione, necessaria per realizzare la trasformazione di un popolo. Lettera al padre - Kafka Il conflitto con il padre è uno dei temi principali del romanzo del ‘900. La figura prepotente del padre ha funzione castrante per il figlio, che diventa inetto anche per la violenza del padre e per l'impossibilità di assumerlo come modello da imitare, e quindi l’impossibilità di accedere alla dimensione del matrimonio. In questa lettera Kafka spiega i motivi del fallimento dei suoi due tentativi matrimoniali riportandoli all’influenza negativa del padre. L’unico luogo che Kafka sente proprio (perché inaccessibile al padre) è la scrittura, vissuta come compensazione. In ogni altro campo invece è schiacciato dall’invadenza del padre. ‘se voglio liberarmi dal rapporto particolarmente infelice che ho con te’--> non si riconosce nel modello proposto dal padre, ha bisogno di un'energia vitale che non si sente dentro di sé. ‘è proprio questo stretto legame a spingermi verso il matrimonio' -> contraddittorietà della psiche (vorrebbe imitarlo per ottenere approvazione). Figura dell’impiegato L’impiegato inetto, frustrato e spersonalizzato è il protagonista del romanzo novecentesco. Il tema dell’inettitudine (presente nei romanzi di Kafka, Musil, Pirandello, Tozzi e Svevo) riflette la condizione della vita amministrativa della burocrazia e la condizione piccolo-borghese dell’impiegato. Estraneità, insensatezza della vita e crisi del simbolismo, secolo dell'angoscia Un tratto caratteristico della vita moderna è quello dell’estraneità e dell’alienazione temi → moderni che riflettono il cambiamento della società. Inoltre la riduzione dell’arte a merce favorisce un processo di reificazione (riduzione a cosa) e di alienazione. Prevale l’atteggiamento allegorico allegoria diversa da quella di Dante (dava delle → risposte) L’allegoria diventa una presa di coscienza della frattura tra cose e significato allegoria → vuota (non chiara viene lasciata al lettore la capacità interpretativa si giunge a → → un’interpretazione non univoca). L’angoscia tende a diventare permanente, il Novecento viene infatti definito secolo dell’ansia e dell’angoscia. Distanza dalle avanguardie Il modernismo si diffonde nello stesso periodo delle avanguardie ma gli autori modernisti non cercano una rottura drastica con il passato ma a un rinnovamento consapevole della funzione della scrittura e a una ricostruzione del senso esistenziale. Altra differenza: gli autori delle avanguardie spesso creano gruppi mentre i modernisti seguono percorsi individuali. Caratteristiche del modernismo Gli autori modernisti puntano ad uno sperimentalismo che modifica le forme tradizionali ma senza rifiutarle completamente. Elementi caratteristici: - consapevolezza della crisi profonda della funzione sociale dell’intellettuale: i modernisti rifiutano l’idea di poeta con l’aureola - nuovo rapporto con la verità: la verità è irraggiungibile (allegoria vuota), qualsiasi interpretazione del mondo è solo parziale e negativa (relatività gnoseologica), nonostante ciò gli autori cercano a cercare una verità perché la loro opera ha bisogno di un senso anche se questo sembra assente o inaccessibile Nietzsche: il fenomeno → è stupido, quello che conta è l’interpretazione di esso - rinnovamento dei temi: scissione dell’io (pluralità dell’io) e rappresentazione della banalità della vita quotidiana (figura dell’impiegato) - nuova percezione di tempo e spazio: categorie soggettive, tempo=durata e spazio=spazio della memoria - uso della psicanalisi (grazie anche agli studi di Freud) - descrizione di personaggi “senza qualità”: niente eroi tradizionali, rappresentazione del senso di frustrazione e inettitudine nei confronti della realtà - ricerca di nuove strategie formali: (es coscienza di zeno) spesso le trame non sono lineari e hanno finale aperto, possono procedere non secondo ordine cronologico ma con associazioni libere e casuali, il narratore non è onnisciente e può essere addirittura inattendibile perché mescola verità e menzogna il narratore non è più depositario di→ verità assoluta. FUTURISMO (vedi manifesto di Marinetti) Il manifesto ha contenuto ideologico più che artistico: è un’esaltazione della modernità, della macchina, della tecnica, della città industriale. Compare poi un'ideologia improntata al furore critico-negativo di Nietzsche che celebra gli istinti, i giovani, la danza, la gioia della distruzione, l’aggressività, gli atteggiamenti militareschi, virili ed eroici. Sul piano artistico culturale mentre si propone la distruzione della tradizione e del passato si afferma un nuovo criterio di bellezza, da ritrovare nel moderno (velocità, progresso, macchina, tecnologia, industria). Lo stile è paratattico, fatto di brevi frasi e affermazioni successive prive di sviluppo logico e martellanti sempre sugli stessi concetti. Si tratta di uno stile-azione che mira a stupire e scandalizzare e provocare un effetto di shock violento, è una scrittura che riproduce il gesto violento ed è omogenea al proprio messaggio. In ambito letterario il futurismo porta alla distruzione della sintassi, eliminazione della punteggiatura, uso di molti procedimenti analogici, smembramento dei versi con disposizione originale delle parole sulla pagina (soluzioni paroliberiste) PIRANDELLO Pirandello è l’unico scrittore italiano del ‘900 famoso in tutto il mondo (specialmente per le opere teatrali), dal nome derivano alcuni termini come pirandelliano (avvenimento o situazione paradossale) e pirandellismo (atteggiamenti ispirati al moderno relativismo ( → relativismo gnoseologico: non c'è una verità assoluta ma è soggettiva, ci sono tante interpretazioni, per Pirandello poi non c'è un unico “io” ma una molteplicità*) o ad un esasperato cerebralismo si riferisce a personaggi che in scena fanno monologhi esasperati → su riflessioni, a volte a scapito della dinamicità della scena, sono caratterizzati dall’immobilità e da una continua riflessione). Con lui entrano nella letteratura italiana alcuni caratteri della ricerca delle avanguardie (uomo del suo tempo): relativismo, gusto per il paradosso (dove domina il caso), tendenza alla scomposizione e alla deformazione espressionistica, dissonanza (disarmonia del reale che deve essere rappresentata dall’arte), ironia, umorismo (fanno riferimento alla poetica di Pirandello di cui parlerà ne L’umorismo), allegoria. A questi esiti non arriva subito (in quanto uomo dell’800 arriva alle prese di posizione, culturali e artistiche, che ne determinano la modernità, gradualmente e lentamente), tra il romanzo Il fu Mattia Pascal e il saggio L’umorismo getta le basi di nuove strutture artistiche in contrapposizione con i valori dell’arte classica, romantica e decadente. La poetica dell’umorismo da lui elaborata privilegia l’elemento raziocinante (per questo si parla di allegoria), lo sviluppo ragionativo, la coscienza dell’insignificanza della vita e dell’impossibilità di arrivare ad alcun significato e la denuncia della fine della corrispondenza fra uomo e natura: tutti elementi che fanno dell’opera umoristica di Pirandello un esempio di letteratura allegorica; egli muove dalla stessa crisi filosofica ed epistemologica da cui nasceva il Decadentismo e ne dà riposte totalmente diverse, per questo è il principale esponente dell’Espressionismo italiano. Contribuisce a fondare la letteratura modernista. LA VITA E LE OPERE è possibile distinguere cinque periodi nella sua vita e nella sua produzione letteraria e teatrale: ● formazione ● coscienza della crisi ● narrativa umoristica (Il fu Mattia Pascal) ● teatro umoristico ● stagione surrealista segnata da miti teatrali Tre ambienti influiscono sulla formazione psicologica e culturale di Pirandello: siciliano, tedesco e romano. Infatti Luigi è educato al patriottismo ed ai valori risorgimentali che lo porterà in futuro ad iscriversi al partito fascista nel quale vedrà un movimento rivoluzionario Il soggetto costretto a vivere nella forma non è più persona ma si riduce a maschera (o personaggio) che recita la parte che la società esige da lui. Il tema della maschera è importante perché rappresenta la non-unicità dell’io. Con la maschera ci vuole ricordare che quella che noi crediamo essere la nostra individualità non corrisponde all'identità che gli altri hanno dato su di noi. Gli altri, a seconda delle proprie ideologie, creeranno un giudizio sulle azioni che compio (conta l'apparenza). Quindi io sono il giudizio che gli altri hanno su di me, indipendentemente dalle mie azioni. All'individuo non resta che decidere se indossare la maschera che gli hanno attribuito oppure tirarsi fuori guardare il suo io recitare. Chi si guarda vivere si pone fuori dall’esperienza vitale, guarda e compatisce non solo gli altri ma anche se stesso. Questo distacco riflessivo, amaro, pietoso e ironico è il segno distintivo dell’umorismo. Ciò lo distingue dalla comicità (assenza della riflessione): il comico nasce dall’immediato avvertimento del contrario, invece l’umorismo è il sentimento del contrario che nasce dalla riflessione sul perché una persona o una situazione sono il contrario di come dovrebbero essere ed al riso subentra il sentimento amaro della pietà. esempio della vecchia imbellettata: io vedo una vecchia vestita da giovane e rido perché è il contrario di quella che dovrebbe essere una signora anziana rispettabile (comico=avvertimento del contrario). Ma se poi mi metto a riflettere magari penso che quella signora non è contenta di vestirsi così e ne soffre, magari lo fa perché vuole apparire più giovane. Dopo questa riflessione non rido più come prima perché dall’avvertimento del contrario è nato il sentimento del contrario (umoristico). caratteri dell’arte umoristica: 1. Pirandello ama la discordanza, la disarmonia, la contraddizione e predilige il difforme, il grottesco, l’incongruente, il ridicolo, il dissonante. 2. Nella consapevolezza che la vita è inconcludente Pirandello punta a strutture aperte e inconcluse. 3. Presenza del linguaggio quotidiano, l’unico adatto a comunicare una concezione di una vita priva di senso. 4. Tema della destituzione dell’io: il soggetto non si trova più sul trono perché l’anima cessa di essere il luogo dell’autenticità ma è caratterizzata da diverse personalità. 5. Chi percepisce la realtà è in una posizione di estraneità totale e può solamente riflettere utilizzando la ragione. 6. Rifiuta la concezione classica, romantica (non è espressione dell’autenticità del sentimento) e decadente dell’arte (perché i decadentisti ritenevano che l’arte fosse in grado di svelare la realtà delle cose anche solo a pochi eletti). “persona” e “personaggio” - Persona : essere umano in quanto cosciente di sé, è un essere libero, responsabile, capace di compiere il bene e il male. È un individuo integro, visto come un'unità intellettuale, morale e psicologica. La psicoanalisi ha messo in crisi questo concetto di “persona”, mostrando come il soggetto è sempre scisso e contraddittorio. - Personaggio : uno dei protagonisti del dramma, della commedia, di un poema, di un romanzo o di una novella. Il personaggio recita una parte in un mondo di finzione. Per P. gli uomini non sono più “persone”, ma “personaggi”, in quanto costretti a recitare una parte all’interno della commedia sociale. Ogni uomo porta una maschera e recita un ruolo che la società, le convenzioni, gli ideali astratti impongono. Quando il “personaggio” vive consapevolmente (e ironicamente) la propria scissione diventa una “maschera nuda”. testo: La “forma” e la “vita” pag 672 Nella prima parte viene analizzata la contraddizione tra "forma" = norme, consuetudini, ideali e “vita”= flusso nascosto delle sensazioni, spinta anarchica delle pulsioni. Nella seconda parte viene analizzato cosa succede quando il meccanismo che ci induce a vivere nella “forma” si interrompe, casi in cui può accadere che “ci guardiamo vivere”: viene meno l’adesione alla forma e allora ci guardiamo agire in essa, ci estraniamo da noi stessi. Oppure percepiamo al di là della “forma” la forza e il caos della vita, un “oltre” indistinto, un vuoto che ci spaventa e nel contempo avvertiamo tutta la miseria di una vita ridotta a “forma”, al gioco di maschere. Autoinganni: Pirandello afferma che i valori, le idee, le ideologie, le fedi corrispondono ad un modo attraverso cui l’uomo ferma il flusso della vita per dargli un senso (forma). Sono idee che vengono stabilite dai genitori, ma soprattutto dalla società; sono un sistema di idee a cui l’uomo ubbidisce per dare un senso alla propria vita, definite da Pirandello in il Fu Mattia Pascal “lanternoni”. Ognuno di noi ha bisogno di un sistema di idee e di valori, ma questi sono autoinganni perché non sono veri, non sono assoluti, e servono a regolare i comportamenti della collettività. Tutto si basa sull’interpretazione, il metodo scientifico non dà verità assolute. Noi possiamo anche accettare gli autoinganni, ma dobbiamo lasciare per noi un cantuccio, dove abbandonarsi alla fantasia. analisi: r.1 - “la vita è un flusso continuo che noi cerchiamo di arrestare” noi fermiamo la vita, ma in → noi lei continua a scorrere; in certi momenti particolari, improvvisamente ci rendiamo conto che quello che stiamo vivendo non è la vita, ma un autoinganno (epifania). L’uomo a differenza degli animali ha il sentimento della vita (l’animale si abbandona alle pulsioni istintuali). La “forma” rinchiude la vita perché dà un nome, un’ideologia, una maschera ecc. r.20 - “ci domandiamo talvolta allo specchio” specchio: spesso presente in Pirandello, → rappresenta il tema del doppio Il treno ha fischiato… pag 699 Nella novella si narra di un impiegato modello, Belluca, che si ribella al capoufficio e viene portato in manicomio. La ribellione dovuta al fatto che egli ha intuito per la prima volta, dopo anni di lavoro, l’esistenza di un’altra vita, di un “oltre”, al di là di quella monotonia quotidiana. Di quest’altra vita egli ha avuto un’improvvisa intuizione udendo il fischio di un treno, che provoca in lui la tendenza all’evasione nel mondo dell’immaginazione e della fantasia. Il narratore non è d'accordo con il giudizio dato dalla collettività e dà una sua spiegazione del comportamento di Belluca. analisi: da r.22 (circa) - spiegazione del narratore r.33 - ricorda un po’ Verga r.45 - epifania: improvvisa manifestazione della vita da r.91 a r.94 - il narratore che conosce Belluca capisce il perché di questa reazione “naturalissima” r.130 - “naturalissimamente” parola ripetuta molto spesso→ r.157 - “l’immaginazione d’improvviso risvegliata” spazio che Belluca si ritaglia per → continuare a vivere una vita di autoinganni Tu ridi pag 707 Protagonista Anselmo, impiegato, vita ripetitiva, situazione familiare penosissima. Unica → compensazione ai mali è il riso notturno in sogno. La parte finale della novella (isolata da P. con uno spazio bianco) è il luogo di un'epifania negativa (per questo si contrappone a il treno ha fischiato…). Il protagonista ricorda i sogni, che si rende conto essere una rappresentazione volgare e comica della realtà: povero impiegato perseguitato dal capoufficio. Anselmo diventa dolorosamente consapevole del “sentimento del contrario”, se nel sonno ride della comicità della scena, ora ne percepisce l’amarezza. Torella (un suo collega) potrebbe essere un doppio rivelatore di Anselmo, proprio la presenza del “doppio” rende possibile il “sentimento del contrario”, la riflessione su l'insensatezza dell’esistenza. QUADERNI DI SERAFINO GUBBIO OPERATORE Presenta una struttura diaristica. Scrive in prima persona Serafino Gubbio, diventato muto per lo shock dovuto al suo lavoro mentre riprendeva una scena di caccia. La vicenda è un pretesto per fare il bilancio della vita del protagonista e per un’analisi impietosa della civiltà delle macchine. Il bilancio esistenziale si conclude con la caduta delle illusioni e la riduzione del protagonista ad una totale estraneità resa allegoricamente dal mutismo, lo studio della modernità induce a un rifiuto per il progresso. Il romanzo comincia dove finisce Il fu Mattia Pascal: Serafino è l’erede dell’ultima incarnazione del protagonista del romanzo precedente. Il suo lavoro di operatore (impersonale e tecnico) rappresenta la dequalificazione delle macchine e contribuisce alla sua estraneazione, infatti gli unici suoi due amici vivono nel sottosuolo che rappresenta il mondo dell’esclusione. Serafino Gubbio è il nuovo intellettuale senza qualità ovvero che rinuncia a svolgere un ruolo ideologico propositivo e si trova quindi ridotto al silenzio, ultimo approdo in una condizione dove l’unica salvezza è l’indifferenza. testo: Serafino Gubbio, le macchine e la modernità pag 679 Pirandello comincia a dedicarsi al teatro nel 1910, e la scelta teatrale diventa irreversibile tra il 1920 e il 1921, in seguito al successo di Sei personaggi in cerca d’autore. Sino a quest’opera Pirandello rivela una certa diffidenza nei confronti del teatro, il quale essendo “traduzione” del testo letterario, rischia di falsarlo. La contraddizione letteratura-teatro viene risolta da Pirandello lavorando in due direzioni: 1. teoria dell’autonomia dei personaggi dall’autore : I personaggi devono diventare caratteri vivi oggettivamente, maschere definite da una loro vita propria e da pochi tratti essenziali che devono restare permanenti nel corso dell’opera; il personaggio che impersona la maschera diventa autonomo, indipendente tanto dall’autore quanto dall’attore, limitandone la libertà di falsare il testo. Autore e attore devono entrare nella parte del personaggio, dimenticando se stessi e restando fedeli fino in fondo l’uno nel progettarla e l'altro nell'interpretarla. Es. in Sei personaggi in cerca d’autore i personaggi non hanno un nome, si chiamano il Padre, la Madre ecc., diventano maschere. 2. accentuazione dell’aspetto dissacrante e autocritico del lavoro artistico-teatrale : Pirandello sottolinea il fatto che l’opera teatrale deve diventare beffa e parodia di se stessa. L’opera teatrale umoristica deve rinunciare a mostrarsi “naturale” , deve invece sdoppiarsi, ostentando la propria artificiosità e divenendo “farsa che include nella stessa rappresentazione della tragedia la parodia e la caricatura di essa […]”. Pirandello rifiuta l’idea di teatro tradizionale (dramma borghese, che ha come ambiente privilegiato la famiglia, i rapporti tra i membri di una famiglia, i conflitti ecc. → rappresentazione verosimile, che vuole dare un messaggio e vuole che lo spettatore si immedesimi nei personaggi), egli mira alla rivelazione della finzione dell’opera teatrale (attori che entrano in scena, non sul palco ma dalla platea, sipario aperto mentre gli operatori sistemano la scena, pubblico che partecipa). Pirandello ritiene che anche il teatro (come ogni altro tipo di scrittura) non possa proclamare un messaggio risolutivo, non possa dare risposte. SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE E IL “TEATRO NEL TEATRO” Fra il 19121 e il 1922, P. mette in scena i suoi due capolavori: Sei personaggi in cerca d’autore, Enrico IV; con i quali vuole dimostrare che il dramma borghese è irrappresentabile e che l’arte stessa non è in grado di cogliere il significato della vita. Sei personaggi in cerca d’autore dà inizio ad una trilogia di opere, accomunate sotto l’etichetta “teatro nel teatro”*: Sei personaggi in cerca d’autore, Ciascuno a modo suo, Questa sera si recita a soggetto. La svolta segnata da Sei personaggi in cerca d’autore sta nel raggiungimento di entrambi gli obiettivi della ricerca teorica di Pirandello: autonomia dei personaggi e dissacrazione del momento artistico. 1. autonomia : i personaggi sono portati sulla scena in "cerca d’autore”, ciascuno con la sua verità in opposizione a quella degli altri e in assenza di un autore, capace di dare unità. 2. la dissacrazione : esibizione della messa a nudo degli artifici teatrali, smascherati come paccottiglia e trucco volgari, negazione della tradizionale barriera fra scena e spettatori. *”teatro nel teatro” durante la recita viene messa in scena un’altra recita, gli attori assistono → ad un’altra rappresentazione e diventano essi stessi spettatori. messa in questione del potere dell’arte La critica al dramma borghese dell’epoca è evidente, ma l’autore vuole colpire più in alto: viene messo in discussione il potere stesso dell’arte. la prefazione del 1925 L’opera è scritta e portata in scena nel 1921, poi viene rivista e ritoccata nel 1925 e viene aggiunta una prefazione dell’autore: P. spiega che pur avendoli immaginati, non è stato in grado di trovare alla loro vicenda un “significato universale” e per questo li ha rifiutati. Questo è il vero dramma l'impossibilità dell’arte moderna di individuare il significato della vita e → quindi anche le ragioni della propria stessa esistenza. l’allegoria vuota dei personaggi “allegoria vuota”: i personaggi vorrebbero che la loro storia significasse qualcosa, indicasse “altro” da se stessa, ma questo “altro” non viene mostrato. Vorticano alla ricerca di un significato, sono frantumi di un senso possibile. P. trasforma il dramma da loro vissuto nel dramma dell’impossibilità di un senso. la vicenda Una compagnia di attori sta provando il giuoco delle parti di Pirandello, la scena è ancora in corso di allestimento, fanno irruzione, passando dal fondo della sala sul palcoscenico, sei personaggi chiedendo di vedere rappresentato il loro dramma. Dopo varie perplessità, il Capocomico accetta e dalla storia che essi raccontano, contraddicendosi continuamente fra loro, vorrebbe ricavare un'opera da rappresentare. Quindi invita dapprima i sei personaggi a mettere in scena, per prova, la loro vicenda, poi gli attori presenti a ripeterne le battute. La storia a tutti i tratti del drammone melodrammatico ottocentesco: Il Padre ha spinto la moglie (la Madre) ad andarsene di casa e a vivere con l'amante abbandonando così il marito il figlio. Dalla nuova unione sono nati altri tre figli. Morto l'amante (a causa delle difficoltà economiche), la Madre lavora come sarta nell’atelier di Madama Pace, che in realtà serve da paravento per una casa di appuntamenti. Dei tre figli, la maggiore, la Figliastra, è costretta a prostituirsi nell’atelier per mantenere la famiglia. Un giorno fra i clienti appare il Padre, che non la riconosce; solo l’intervento della Madre impedisce il rapporto quasi incestuoso. Il dramma è reso più tragico dalla morte della Bambina, che affoga nella vasca del giardino, e dal suicidio del Giovinetto, suo fratello, con un colpo di pistola. piani diversi di senso in conflitto tra loro Struttura complessa e articolata su piani diversi: 1. primo piano : del passato e riguarda quanto è accaduto tempo prima; 2. secondo piano : riguarda le interpretazioni che ne danno al presente i sei personaggi e che risultano contrastanti e irriducibili ad un'unica verità. Il passato è reso incerto e precario dall’impossibilità di distinguerlo dal ricordo che, nel tempo presente, ne hanno i diversi personaggi. 3. terzo piano : quello dell’equivalente scenico che ne tenta il Capocomico (nel presente), con il risultato di mettere in scena situazioni divergenti dal modo con cui i sei personaggi le hanno vissute. 4. quarto piano : rapporto fra i personaggi e un autore assente e impotente; infatti egli si rifiuta di dare unità e significato alla storia dei personaggi, ormai autonomi da lui. L’irruzione dei personaggi sul palcoscenico Sei personaggi in cerca d’autore non è diviso in atti, ma presenta due interruzioni che lo distinguono in tre momenti. Qui abbiamo un frammento del primo momento, dopo l’inizio, e un frammento del secondo momento, scelto poco dopo la ripresa. analisi: r.90 - “la creatura non muore più!” diventa una maschera eterna (?)→ IL FU MATTIA PASCAL la composizione e la vicenda Fu scritto dopo la grave crisi familiare del 1903, che mise Pirandello in cattive condizioni economiche e scatenò la malattia mentale della moglie. Fu pubblicato a puntate sulla rivista “Nuova Antologia” nel 1904 e, nello stesso anno, in volume. La prima parte È diviso in tre parti che corrispondono a tra diversi modelli di romanzo: una prima parte è costituita dagli ultimi due capitoli e dai primi due (la storia comincia dalla fine). Negli ultimi due capitoli e nei primi due il protagonista è il “fu Mattia Pascal”. Egli vive in uno stato di totale estraneazione rispetto all'esistenza, in un tempo fermo e in uno spazio morto. (biblioteca che nessuno frequenta). Modello narrativo: antiromanzo esclude qualsiasi possibilità di → svolgimento. La seconda parte Il protagonista è il giovane Pascal. Modello di romanzo: idillico-familiare luogo campestre, → vicino a Miragno (paese ligure immaginario), lontano dalla civiltà industriale moderna. Quest’ultima però vi penetra attraverso la figura dell’amministratore-ladro Batta Malagna, Pascal assume un tono ironico che è significato di una derisione pietosa della presunzione umana. Ad essere messo in discussione non è solo il nesso fra razionalità del sapere tradizionale e progresso sociale, ma l’identità stessa del soggetto rimarrà senza un nome e senza un → ruolo definito. A Pirandello la vita pare una farsa senza spiegazione, non ci sono più sicurezze nel campo delle conoscenze e dei valori. In questo testo il tema principale è la critica dell'antropocentrismo ed echi leopardiani. vengono scardinate quelle idee che l’uomo riteneva verità certe l’uomo viene → → abbandonato ad un universo infinito non ha più certezze.→ Adriano Meis si aggira per Milano: le macchine e il canarino pag 780 A.Meis sperimenta la realtà dell’industrializzazione. Si aggira per le strade come uno "spettatore estraneo”, istupidito dal fragore delle macchine, della folla, dei tram elettrici (da poco introdotti). P. rappresenta le vane illusioni determinate dal “progresso”. Adriano poi torna in albergo dove cerca di dialogare con un canarino in gabbia valore allegorico: → progresso ha imprigionato la natura. Si denuncia quindi un’altra illusione: di poter dialogare con la natura (come Meis col canarino). In realtà la natura è estranea all’uomo. analisi: da r.6 a r.11 (circa) - riprende Leopardi. r.25 (circa) - canarino = natura, il dialogo con il canarino rappresenta allegoricamente il rapporto uomo-natura, natura perduta. r. 33/4/5 affermazione leopardiana.→ Lo strappo nel cielo di carta pag 783 (Pagina iniziale del capitolo XII del romanzo) Mattia Pascal, trasformato di Adriano Meis, è andato a risiedere a Roma, come pensionante del signor Anselmo Paleari colloquio tra i due. Anselmo espone la concezione dell’arte di → Pirandello spiega la differenza tra tragedia antica e dramma moderno.→ Mette in discussione l’arte tradizionale non più eroi ma personaggi pieni di dubbi inadatti → → all’azione, immobili arte umoristica.→ Da un punto di vista formale la prima parte è un’allegoria, dietro il senso letterale riferito allo strappo nel cielo di carta in un teatrino di marionette, ce ne sta uno allegorico riferito alla differenza tra tragedia antica e dramma moderno. Chiave dell’allegoria ci viene data dall’autore attraverso la tecnica del monologo o soliloquio. Il relativismo di Pirandello è qui evidente: mentre Oreste condivide il senso comune, crede in valori assoluti, sa distinguere bene e male pronto a uccidere per fare giustizia→ I personaggi moderni sono problematici, incerti perché intuiscono che c’è un oltre rispetto al senso comune. Lo strappo nel cielo di carte indica appunto questo oltre, trasformando l’eroe in un amleto dubbioso e oggettivamente umoristico. R-15 amleto è il prototipo dell’eroe moderno, tormentato dalla sua coscienza di fronte → all’esistenza e agli obblighi che questa impone, amleto è agitato da dubbi e incertezze. Al contrario Oreste non esita. Pirandello vuole denunciare il conformismo quotidiano, nella sua critica alla vita comune—> vita fatta di marionette incapaci di percepire L’oltre—> vivono in un senso comune falso e convenzionale. La gente comune è lontana sia dalla tragedia antica che dal dramma moderno, incapace di essere eroica e compiere nobili gesti (oreste) e incapace di vivere in modo problematico il presente (amleto, artista umorista). Pirandello alla fine del brano rivolge una critica a una vita umana ridotta a vita di maschere e marionette vita degli uomini appare sempre più automatica.→ La “lanterninosofia” pag 786 Adriano Meis si è appena operato all’occhio, quindi deve passare 40 giorni di “prigionia cieca”. Viene “consolato” da Anselmo Paleari, il quale gli enuncia la sua “lanterninosofia”, egli è il filosofo del romanzo, dietro cui si nasconde Pirandello. Le sue riflessioni sono in piena consonanza con le più importanti acquisizioni culturali della prima metà del 900: scoperte di fisica, teoria dell’inconscio, conducono alla stessa conclusione idea dogmatica di un → universo fondato su uno spazio e un tempo oggettivi non è credibile. Solo per un autoinganno, l’uomo può ritenere che la luce del “lanternino” della propria coscienza sia la luce stessa delle cose. Ne deriva il carattere illusorio di qualunque certezza, anche religiosa o scientifica. Ciò che chiamiamo realtà ha un carattere relativo. Il lanternino è il bisogno dell’uomo di dare un senso alla vita bloccandone il flusso, accettando gli autoinganni e la maschera che la società ci impone. “tutto questo mistero non esiste fuori di noi, ma soltanto in noi” se non ci fosse la luce del lanternino, noi saremmo il buio e questo buio è il flusso della vita. analisi: r.7 - “lanterninosofia” incosistenza della realtà oggettiva; noi crediamo che il lucernino → corrisponda alla realtà oggettiva, quando in realtà è solo proiezione del nostro sentimento soggettivo. r.17 - “sentirci vivere” gli animali non sono consapevoli e vivono la vita seguendo i loro istinti.→ r.23 - se il lanternino non ci fosse, non esisterebbe il buio, non ce ne renderemmo conto: il buio= la vita, flusso della vita; il lanternino= la forma. Il cerchio di luce separa l’”io” dal “non io”(ovvero la natura). r.33 - “son di tanti colori” perchè le idee, i dogmi nel corso del tempo cambiano.→ r.43/4 - “fiere ventate che spengono d’un tratto tutti quei lanternoni” periodi di crisi in cui → stanno scomparendo gli ideali, i principi, i valori ecc. su cui si è basata la cultura occidentale. Pascal porta i fiori alla propria tomba pag 787 Ultima pagina del romanzo, don Eligio dà la sua interpretazione “positiva” (r.10-11) ovvero che non si può vivere al di fuori delle regole sociali e Pascal contrappone la sua, negativa. Pezzo capitolo 13 Ma domando io ora, signor Meis: E se tutto questo bujo, quest’enorme mistero, nel quale indarno i filosofi dapprima specularono, e che ora, pur rinunziando all’indagine di esso, la scienza non esclude, non fosse in fondo che un inganno come un altro, un inganno della nostra mente, una fantasia che non si colora? Se noi finalmente ci persuadessimo che tutto questo mistero non esiste fuori di noi, ma soltanto in noi, e necessariamente, per il famoso privilegio del sentimento che noi abbiamo della vita, del lanternino cioè, di cui le ho finora parlato? Se la morte, insomma, che ci fa tanta paura, non esistesse e fosse soltanto, non l’estinzione della vita, ma il soffio che spegne in noi questo lanternino, lo sciagurato sentimento che noi abbiamo di essa, penoso, pauroso, perché limitato, definito da questo cerchio d’ombra fittizia, oltre il breve àmbito dello scarso lume, che noi, povere lucciole sperdute, ci proiettiamo attorno, e in cui la vita nostra rimane come imprigionata, come esclusa per alcun tempo dalla vita universale, eterna, nella quale ci sembra che dovremo un giorno rientrare, mentre già ci siamo e sempre vi rimarremo, ma senza più questo sentimento d’esilio che ci angoscia? Il limite è illusorio, è relativo al poco lume nostro, della nostra individualità: nella realtà della natura non esiste. Noi, – non so se questo possa farle piacere – noi abbiamo sempre vissuto e sempre vivremo con l’universo; anche ora, in questa forma nostra, partecipiamo a tutte le manifestazioni dell’universo, ma non lo sappiamo, non lo vediamo, perché purtroppo questo maledetto lumicino piagnucoloso ci fa vedere soltanto quel poco a cui esso arriva; e ce lo facesse vedere almeno com’esso è in realtà! Ma nossignore: ce lo colora a modo suo, e ci fa vedere certe cose, che noi dobbiamo veramente lamentare, perbacco, che forse in un’altra forma d’esistenza non avremo più una bocca per poterne fare le matte risate. Risate, signor Meis, di tutte le vane, stupide afflizioni che esso ci ha procurate, di tutte le ombre, di tutti i fantasmi ambiziosi e strani che ci fece sorgere innanzi e intorno, della paura che c’ispirò! integrato nei meccanismi inautentici della società borghese (il sano), egli preferisce essere un abbozzo aperto a possibilità diverse. La necessità di narrare la vita La lettura è concepita da Svevo come recupero e salvaguardia della vita; solo se la mia esistenza sarà narrata allora diventerà vera vita e potrò sottrarmi alla “vita orrida, vera”. Attraverso la scrittura posso rivivere momenti passati e pulsioni che nella vita vera spesso vengono soffocate se scrivo la mia vita la sottraggo al flusso del tempo.→ La letteraturizzazione della vita è il recupero del momento del desiderio presente in ogni uomo, analisi degli autoinganni attraverso cui tenta di realizzarlo e esame della forza repressiva in cui domina solo l’alienazione economica. Principio di piacere e principio di realtà Nella teoria freudiana la spinta alla soddisfazione del piacere è negata o deviata dalle leggi sociali e morali imposte dalla realtà. principio del piacere: leggi che governano la psiche, corrisponde alle pulsioni istintive. esempio sopravvivenza e istinti egoistici principio di realtà: sistema ideologico imposto dai genitori o dalla società, interiorizzato dal bambino. O ti ribelli grazie all'analisi e alla riflessione, perché ti rendi conto che le idee non sono tue quindi ti allontani e le critichi; oppure le accetti perché credi di averle prodotte tu principio di piacere LA COSCIENZA DI ZENO La coscienza di Zeno esce nel 1923 presso l’editore Cappelli di Bologna. I 25 anni nei quali si colloca il “silenzio” di Svevo (tra il secondo e il terzo romanzo intercorre un quarto di secolo), dovuti a diverse ragioni di carattere psicologico e pratico, sono decisivi per Trieste. Nel 1919 la guerra è terminata, ma l’entusiasmo dei triestini che avevano voluto l’entrata in essa dell’Italia è raffreddato dalla crisi economica dovuta alla sua vittoria, cha ha sottratto traffici al porto, fiorente quando era lo sbocco sul mare dell’impero austroungarico; Trieste era diventata una qualsiasi città italiana. In Italia è completamente mutato il contesto culturale: siamo nell’epoca dell’intuizionismo, della psicoanalisi, della teoria della relatività. Fino all’annessione di Trieste all’Italia, Svevo era stato da un lato svantaggiato, dall’altro privilegiato dalla sua condizione di abitante un’area periferica rispetto alla cultura italiana, ma appartenente ad un grande impero multinazionale e quindi attraversata dalle più moderne correnti culturali europee (es. il suo interesse per la psicoanalisi è dovuto al dottor Weiss, uno psicoanalista allievo di Freud, che operava a Trieste). Nel titolo è evidente che Svevo gioca sulla varietà dei significati e sulla potenziale ambiguità del termine italiano “coscienza”: può infatti significare coscienza morale oppure consapevolezza, che a sua volta può intendersi o come consapevolezza già acquisita o come consapevolezza che si sta acquisendo. La coscienza può inoltre intendersi in modo positivo come negativo, cioè come consapevolezza delle proprie azioni oppure come loro inconsapevolezza (è nevrotico quindi mente e dà delle giustificazioni morali e razionali ad azioni che sono simbolo di una malattia). In altre parole la coscienza di Zeno può anche intendersi come la “incoscienza di Zeno”. Il protagonista è un inetto. L'inettitudine è un tema diffusissimo nel romanzo del 900 e le ragioni di questa invadenza vanno ricercate in una precisa condizione storica, dominata dall'aggressività economica e tecnologica del nascente imperialismo. La parabola dell’inetto sveviano: Zeno In Zeno l'inettitudine assume il volto ambiguo della malattia psicofisica. Lui appartiene alla ricca borghesia imprenditoriale, ma è incapace di sostituire il padre nella direzione dell'azienda. La mancata identificazione con un’immagine paterna positiva è infatti all'origine dell'inettitudine di Zeno e trova una conferma esplicita nel suo conflitto con il padre (depositario delle certezze della stabilità della vecchia morale borghese). L'odio verso il padre spiega la tendenza del figlio alla vita inconcludente, bizzarra e instabile. La diversità che separa Zeno dal mondo dei sani è l’attitudine all'autoanalisi; sollevando ovunque il dubbio su se stesso e sul mondo che lo circonda, rende tutto ambiguo, irriducibile a una catena univoca di causalità. Se questo atteggiamento blocca la capacità di azione di Zeno e non gli permette di raggiungere la chiarezza in se stesso, getta tuttavia una luce corrosiva nel sistema di certezze su cui riposa la salute della società borghese. L’organizzazione dell’opera La coscienza di Zeno è suddiviso in sette capitoli preceduti da una prefazione, nella quale il dottor S si scusa di aver indotto il suo paziente a scrivere una storia della sua malattia. Nei 7 capitoli a scrivere è Zeno che parla della propria vita e della coscienza che ne ha e ne ha avuta: c’è dunque un io narrante e un io narrato. L'ordine dei capitoli è tematico più che cronologico. Zeno protagonista e narratore inattendibile A parte la prefazione, tutta la restante narrazione è attribuita a Zeno. Zeno è pertanto il protagonista-narratore e a lui soltanto va attribuita la responsabilità del resoconto dei giudizi sui fatti che vengono narrati. Zeno però è nevrotico e chiunque abbia una conoscenza, anche minima della psicoanalisi, sa che nel nevrotico opera in modo particolarmente forte la rimozione: l'allontanamento dalla coscienza degli eventi più traumatizzanti che vengono posti nell'inconscio, ovvero quella parte dell’io che non è comandata dalla ragione e di cui non conosce l'esistenza. Rimangono quindi nell'inconscio e escono tramite lapsus o nei sogni, quando l'inconscio riesce a oltrepassare la parte conscia. Il nevrotico non potrà perciò mai essere un testimone attendibile dei fatti che sono in relazione con la sua nevrosi. Il lettore della coscienza quindi non potrà mai prendere per buone le interpretazioni e le ricostruzioni stesse degli avvenimenti e del proprio comportamento effettuata da Zeno. Vista l'inattendibilità del dottor S e di Zeno (il narratore si interroga si sono vere le cose che dicono Zeno e il dottor S) , al lettore non resta che avanzare delle personali ipotesi interpretative. La narrazione è quindi organizzata in modo da richiedere una continua collaborazione del lettore alla ricostruzione del significato di quello che stai leggendo. Razionalizzazione: è un meccanismo di difesa, la ragione non vuole dare spazio agli istinti, alle spinte dell'inconscio. Zeno razionalizza, dà delle motivazioni razionali, morali dei comportamenti che sono manifestazione degli impulsi egoistici che sono riusciti a superare la parte conscia. Es. capitolo storia di un'associazione: Zeno razionalizza sentimenti di odio per Guido perché sa che sono moralmente ingiusti. Opera aperta La coscienza di Zeno appare come un esempio tipico di opere libera: non dà un messaggio ideologico risolutivo. Nella coscienza è programmata dall'autore l'assenza non solo di un giudizio sulla vicenda narrata e sui personaggi, ma anche di una concezione generale della vita: la vita non è né bella né brutta è originale, questa frase vuole significare l'impossibilità di qualunque giudizio e ideologia. L’ironia Il carattere aperto della narrazione è sottolineato anche dalle ambiguità (dà delle giustificazioni che poi mette in dubbio), dall’ambivalenza e dall'ironia dei procedimenti formali. L'ironia, affermare il contrario di quello che vuole dire, è un tratto costitutivo dell'opera e serve a rendere doppio il suo senso. L’io narrante e l’io narrato Io narrante= voce narrante che parla in prima persona del se stesso del passato e ripercorre le tappe fondamentali per la creazione della sua personalità. Nel romanzo tradizionale sa di più dell’io narrato perché è lui che racconta la storia. Nella coscienza di Zeno il rapporto tra l'io narrante e io narrato non è per così dire gerarchico perché il primo deve conquistarsi la propria legittimazione continuamente, dato che continuamente dubita e anche quando afferma con decisione, intimamente avverte che la sua sicurezza è totalmente infondata. L'insicurezza dell’io narrante produce una serie di dubbi e di interrogazioni, pertanto e non può condurre ordinatamente la narrazione seguendo il cosiddetto “tempo oggettivo”. Nell'ultimo romanzo di Svevo il tempo della narrazione è il tempo interiore della coscienza, un tempo che è stato definito impuro e misto poiché gli avvenimenti che in esso si svolgono sono sempre alterati dal desiderio del narratore. Zeno rievocando il passato lo modifica. LA VICENDA Tema della Coscienza di Zeno è la malattia del protagonista-narratore, e non la sua vita: questo è il primo dato da tener presente per la comprensione del romanzo. Dalla specificità del tema deriva l'organizzazione della materia narrativa. La vicenda non ripercorre le tappe della vita di un uomo, ma quelle della nevrosi. Dopo la Prelazione prende la parola, nel Preambolo, lo Zeno anziano, che dovrebbe opportune dimenticanze abbia contribuito a rovinarlo economicamente e che colpevolmente non abbia dato peso, quando questi era ormai rovinato, a chiari sintomi della sua propensione al suicidio. Guido ingoia una forte dose di sonnifero e muore anche per il concorso di circostanze casuali. Lo scambio di funerale e la partenza di Ada Dopo la morte del cognato, speculando in borsa a nome di questi, Zeno ricostituisce in parte il patrimonio. Ma il trionfo derivante da questo successo è solo temporaneo. Egli compie infatti un lapsus da manuale di psicoanalisi: sbaglia funerale seguendo, non quello di Guido, ma quello di uno sconosciuto. Ada glielo perdonerà, ma con una motivazione che Zero non si aspetta “che ci avresti fatto tu al suo funerale? tu che non lo amavi! buono come sei avresti potuto piangere per me, per le mie lacrime, ma non per lui che tu…odiavi”. il fatto che Zeno abbia salvato il patrimonio di Guido è viceversa, per Ada, causa di inasprimento del dolore. Questa poi partirà per l’Argentina e sparirà dalla vita di Zeno. TESTI La prefazione del dottor S. pag 830 Con questa prefazione si apre la coscienza di zeno. Il dottor S. dichiara di pubblicare il memoriale del suo paziente per vendetta, dato che Zeno ha rifiutato di proseguire una cura che, secondo il medico, stava dando buoni frutti. il dottore oltre a essere il narratore del libro comparirà anche come personaggio. La coscienza di zeno è il primo romanzo che ricorre alla psicoanalisi freudiana come strumento di conoscenza della realtà, Svevo la ritiene efficace in campo letterario per le possibilità che apre nella comprensione dei meccanismi che regolano il comportamento degli individui. (infatti il protagonista non è Zeno ma la sua coscienza). Il dottor S. per presentare le pagine scritte ricorre a 3 sostantivi: novella, autobiografia, memorie. il termine novella fa riferimento a un genere letterario di finzione, può essere verosimile ma mai vero. il dottor S. usa questa parola perché vuole sottolineare la falsità di Zeno, e in quanto non è possibile stabilire cosa sia vero e cosa non lo sia, il lettore non potrà mai fidarsi completamente di lui. Il linguaggio della Coscienza di Zeno non è più lo specchio che riflette la realtà ma è un vetro opaco che non lascia mai intravedere il mondo che sta oltre. Ogni autobiografia presuppone la sincerità di chi scrive, è da notare perciò il netto contrasto tra autobiografia e novella (chi la legge deve mettere in atto il patto narrativo). memorie è un termine neutro, sottolinea un aspetto centrale del romanzo: la centralità dei ricordi. Nel romanzo moderno viene scardinato il concetto tradizionale di spazio-tempo: ricordo=ricostruzione sulla base del presente viene interpretato.→ la scrittura è ricordo, ma il ricordo, per Svevo, non è mai la pura registrazione di ciò che è avvenuto. L’autore non esprime un significato univoco e compiuto ma lo espone nella sua parzialità al giudizio dei lettori. Lo schiaffo del padre pag 839 Quando non è ancora risolta la lunga conflittualità di Zeno con il padre, questi cade all'improvviso malato di un edema cerebrale. Il medico ha detto che il malato deve stare assolutamente sdraiato nel letto e Zeno prende la prescrizione alla lettera, forse troppo (per affetto per il padre). Il padre, levatosi in piedi con un supremo sforzo, lascia cadere la mano sulla guancia del figlio. analisi: r. 10 compresenza di italiano e tedesco, uno dei motivi per cui la scrittura di Svevo è stata → criticata r. 12-13 Strisciamento dei ruoli: il padre debole = Zeno, Zeno che ha un atteggiamento → violento = padre r. 25 Zeno torna bambino, ha paura della possibile punizione del padre→ r.29 versioni contrastanti, era Zeno che voleva farlo stare sdraiato→ r. 38 Fa continuamente domande che non permettono di trovare una realtà risolutiva, → smentisce la soluzione interpretativa data in precedenza r. 39 Coprosich: copros vuol dire tipo cacca→ r. 49 Le sue mani grandi: agli occhi del figlio, invaso dal senso di colpa, nel Padre ormai → inerme si evidenziano apertamente gli attributi di potenza. Le mani manifestano la paura di zeno nei confronti del padre. L’attenzione per le mani c’è anche in uno nessuno centomila r. 52 bugia→ r. 56 per Zeno la morte del padre ha risolto mentalmente il conflitto. “io divenuto più debole→ e lui più forte”: era così anche prima r. 63-64 tema della religione senza liturgie ritorna anche nel ritratto di Augusta. Critica la → religione intesa come puro rispetto formale delle liturgie, essere cattolico non vuol dire andare sempre a messa La salute di Augusta pag 848 Zeno, dopo aver sposato Augusta solo perché “altrimenti sarebbe stato costretto a passare una notte insonne”, scopre che è la miglior moglie possibile. La “salute” di Augusta ha un effetto positivo su di lui, lo rende quasi “sano”. r. 25 non vuol dire che lei negava la morte ma che vive nel presente: sa che deve morire ma → non passa tutto il tempo a pensarci: cristallizza il presente come se fosse eterno r. 45 vita organizzata razionalmente, crea sicurezza→ r. 46 religiosità formale→ r. 59-60 ironia, la salute di augusta diventa malattia→ Lo scambio di funerale pag 856 Zeno sbaglia clamorosamente funerale. È il suo inconscio che reagisce difendendosi dal senso di colpa: Zeno avrebbe potuto prevedere il suicidio di Guido, ma loo aveva taciuto ad Ada perchè inconsciamente voleva sbarazzarsi del suo rivale. analisi: r.4 - Nilini è un collega di Zeno da r.33 a r.36 - discorso indiretto libero r.39/40 - “Perché non aveva guardato meglio anche lui?” non era compito del Nilini, ma di → Zeno, il quale, in teoria, avrebbe dovuto avere un legame col defunto. r.55 - “[...] a me parve comica” l’impassibilità di un personaggio estraneo come il portiere → rivela a Zeno la comicità della situazione che sta vivendo, della quale finora non si è accorto. r.60 (circa) - “Allora decisi di far per conto mio” in realtà Zeno non vuole assistere al → funerale. r.65 (circa)- Il lettore potrebbe aspettarsi la confessione dell’odio di Zeno nei confronti di Guido, invece no: Zeno dà delle giustificazioni (false). r.66/7 - “dovevo salvare l’onore del mio amico e difendere il patrimonio a vantaggio della vedova e dei figli” razionalizzazione; è una bugia, infatti a lui non interessa salvare la fortuna → del suo “amico”, ma vuole dimostrarsi sollecito nei confronti della vedova (Ada). da r.70 - sminuisce Guido. r.72 - Ada non gli perdonerà affatto di non essere intervenuto al funerale del marito. interpretazione: Il fatto di aver sbagliato funerale è un esempio di “atto mancato”: quello di Zeno sembra una semplice sbadataggine, ma rivela la volontà inconscia di non compiere quell’atto. Infatti Zeno ha sempre detestato Guido e ora non vuole andare al suo funerale, prima ritardando il più possibile l’evento e poi seguendo un altro corteo funebre. La comicità che caratterizza l’episodio nasce proprio dalla divergenza esplicita tra l'obiettivo palese e quello nascosto. Zeno deve salvare il patrimonio di Guido giocando in Borsa e questo soddisfa il suo narcisismo. La Borsa è il “giocattolo” della società borghese, che fa sentire gratificati e potenti; la società delle Borse rende la vita “originale”, essa però è anche tragica e questa possibilità è evidenziata da Ada e ridà spessore a Zeno, che risulta personaggio complesso: figura umana, non burattino. La “bontà” di Zeno è molto equivoca. La vita è una malattia pag 861 Tutto dedito a questo nuovo tipo di commercio (la speculazione) che gli procura facili e ingenti guadagni, egli è convinto di avere finalmente raggiunto la tanto desiderata salute. è guarito così come si ritiene sana la classe borghese, che ricerca solo un interesse economico e non si fa scrupoli a usare la guerra per arricchirsi. Svevo critica la borghesia perché non ha più un rapporto diretto con la natura. analisi: r. 14-15 Io soffro bensì di certi dolori (non specificati): il lettore si domanda se è guarito → davvero
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