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Modulo B letteratura inglese, Appunti di Letteratura Inglese

Modulo B letteratura inglese da Chaucer alla restaurazione. Comprende analisi delle opere, poesie, manuale di Aphra Behn e critiche.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 15/02/2023

martiina1998
martiina1998 🇮🇹

4.8

(10)

14 documenti

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Scarica Modulo B letteratura inglese e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! Letteratura inglese da Chaucer alla Restaurazione. 9 cfu. Prof Stefania arcara. MODULO B. Anno 2022/2023 L’incomparabile Astrea. Aphra Behn à Vita Sackville-West celebra Aphra Behn come la prima scrittrice inglese professionista, ed inaugura una storia letteraria femminista che, attraverso anche Virginia Woolf, arriva fino a noi. Aphra Behn fu una donna anticonformista, commediografa, poetessa, romanziera della Londra della Restaurazione; Vita e Virginia, invece, erano scrittrici del Novecento, unite da un sodalizio intellettuale e amoroso. Due secoli separano Aphra dalle altre due scrittrici, una genealogia le unisce in quanto donne determinate ad affermarsi come autrici, ma consapevoli di scrivere in una società patriarcale in cui i mezzi materiali e simbolici della produzione del discorso sono in mano alla classe degli uomini. Aphra Behn, in vita era molto famosa, ma per molto tempo è stata relegata ai margini del canone letterario inglese e considerata un’autrice minore ed anche immorale. La storia del riscatto di Behn inizia proprio con Vita e continua in “Una stanza tutta per se” della Woolf. Sia Vita che Virginia, erano affascinate dalla sua figura, ma ne oscurano i meriti letterari, perché entrambe la citavano solo perché è stata la prima scrittrice professionista donna, non perché erano interessate ai suoi scritti. In “una stanza tutta per se” Woolf attribuisce una dimensione leggendaria a Behn, che con gli women’s studies, è stata oggetto di due biografie, ma che entrambi (come quelle di Vita e di Virginia) si soffermavano sulla persona di Aphra Behn, ma non sui suoi scritti. Ma nel nuovo millennio, finalmente Aphra sarà apprezzata in quanto scrittrice e occuperà una posizione importante nel canone letterario inglese. Decenni di studi femministi hanno reso giustizia all’arte di Behn, oggi apprezzata come commediografa e poetessa, ma anche come iniziatrice del romanzo inglese. Aphra à Fu acclamata commediografa, pioniera del romanzo moderno, e anche autrice di un vasto corpus di poesie, prose, propaganda politica e traduzioni. Astrea (nome da spia) riuscì a conquistarsi fama e successo di pubblico, guadagnandosi gli epiteti di “geniale”, “incomparabile” e anche “la Saffo della letteratura inglese”; ricevette anche parole come “punk” (sgualdrina) e “bawdy poetess” (poetessa oscena). Alcune delle sue critiche protofemministe all’istituzione del matrimonio e ai rapporti sociali di potere sottesi alle idee d’amore romantico e di libertà sessuale non hanno perso nulla. Critici di Aphra Behn All'epoca era comune scrivere critiche in versi. L'insulto più comune per una donna ancora oggi è "puttana, prostituta", quindi legato alla sessualità. Per gli uomini, gli insulti più comuni si riferiscono alla madre o alla moglie. Prima viene colpita la donna e poi l'uomo. Altri insulti sono quelli che incidono sulla virilità̀ dell'uomo, legandolo alla sfera femminile, come gli insulti omofobi che tendono ad interiorizzarlo in quanto femminilizzato. In 1682, Alexander Radcliffe scrisse (p. 19): “The Plays she vends she never made. / But that a Greys Inn Lawyer does ‘em, / Who unto her was Friend in Bosom”. “Le opera che vende non le ha mai scritte, le compone invece un avvocato del Gray’s Inn, il suo amico del cuore”. L'accusò quindi di plagio, insinuando che lei, in quanto donna, non era la vera autrice delle opere da lei pubblicate. Era impossibile per una donna avere successo e scrivere bene, quindi non poteva essere lei, ma un'amica o un amante, un uomo comunque. Nel 1686 uno scrittore anonimo scrisse (p.11): “That Lewd Harlot, that Poetick Quean”, “Quella sporca sgualdrina, quella poetessa svergognata”. Allude a presunte malattie veneree e allo sbiadire della sua bellezza. Nel 1686-87 un altro critico anonimo (p. 143/233) scrisse in modo molto cattivo e l’aggredì riferendosi all'ultima parte della sua vita che fu segnata da una malattia sconosciuta che la uccise a 49 anni (non era la sifilide). Quest'uomo anonimo sembra godere della malattia di Aphra Behn, sottolinea la sua povertà̀, e la associa a prostitute, che erano molto esposte e per questo hanno avuto malattie veneree come la sifilide. “Da tempo è quasi zoppa per la sciatica, Ha gli arti deformati, i nervi contratti dal dolore, E perciò̀ eviterò̀ osservazioni taglienti: / Povertà̀, poesia e sifilide sono piaghe sufficienti”. “Long with a sciatica she’s beside lame, her limbs distortured, nerves shrunk up with pain, and therefore all sharp reflections shun: Poverty, poetry, pox, are plagues enough for one”. Nel 1865 dopo due secoli, Aphra Behn è sempre criticata allo stesso modo da critici come Doran, che scriveva di essere solo una puttana che ballava per terra, una puttana spudorata (p. 12). Questi attacchi sono così feroci perché oltre alla differenza con altre scrittrici, c'è anche il fatto che scrive opere molto pubbliche e commerciali per il teatro, non manoscritti. Il teatro era considerato un luogo immorale, dove le donne che c'erano dentro erano considerate solo puttane, non potevano aspirare ad altro. Aphra Behn è stata la prima ad entrare in teatro come scrittrice, non come prostituta, come sua professione. Prima di Behn altre intellettuali, tra cui Lady Mary Wroth e Margaret Cavendish (duchessa di Newcastle), avevano già fatto esperienza sullo stigma della pubblicazione: la prima fu chiamata mostro o ermafrodite; la seconda, invece, presuntuosa, ridicola e pazza. L’ideologia patriarcale, mirava a tenere lontane le donne da ogni ambito della sfera pubblica, erano escluse anche dall’università, non solo, chi si esponeva con la scrittura, stampando le proprie opere , diventava una donna pubblica e correva il rischio di perdere la reputazione. Il discorso patriarcale si occupava di cacciare le scrittrici, sessualizzandole o accusandole di follia ed esibizionismo, nella sfera privata e domestica. La grande novità di Behn è che, è priva di titoli nobiliari e di un marito e si descrive come una donna “costretta a guadagnarsi da vivere e non si vergogna ad ammetterlo”. Nel 1670 Astrea, inizia la sua carriera di commediografa con The Forc’d Marriage (Il matrimonio forzato), rappresentato al Duke’s Theatre di Londra. Da quel momento fino alla sua morte, avvenuta nel 1689, circa diciotto opere sue furono messe in scena a Londra. Fino al 1695 rimase l’unica autrice i cui drammi furono rappresentate professionalmente nei teatri. Le risposte di Aphra Behn Tutte le risposte di Aphra Behn si trovano come paratesti delle sue opere teatrali in cui parla o con la propria voce o attraverso quella dei suoi personaggi. 1) Preface to the Luckey Chance, 1687 (p. 44-45): “Nothing makes them so thorough- stitcht an Enemy as a full Third Day, that’s Crime enough to load it with all manner of Infamy; and when they can no other way prevail with the Town, they charge it with the old never failing Scandal – That ‘tis not fit for the Ladys!”. “Nulla li rende così caparbiamente ostili quanto il successo del terzo giorno, è considerato un crimine tale da autorizzarli a ricoprire l’opera con ogni tipo di infamia; e quando capiscono di non riuscire a influenzare la massa del pubblico in altro modo, allora lanciano la solita, immancabile accusa, gridando allo scandalo: Non è adatto alle signore!”. Aphra Behn denuncia con rabbia l'ipocrisia e l'invidia della critica, che non può tollerare il fatto che abbia il grande successo commerciale del terzo giorno; quindi, cercano di calunniarla. Quando non riescono a distogliere il pubblico da lei, ricorrono ai soliti reati che legano le donne alla sfera privata. "Città" è il pubblico in generale, non l'élite. “Il terzo giorno” era una tradizione letteraria della Restaurazione, un accordo tra teatro e autore. I primi due giorni il denaro va all'imprenditore, se l'opera ha tanto successo viene rappresentato anche un terzo giorno e il stagione culturale, caratterizzata dalla riapertura dei teatri, dagli splendori dello spettacolo e dall’edonismo della corte: un’epoca di libertinismo, estetica barocca e trionfo delle maschere. La novità più importante è la presenza delle donne sul palcoscenico. Grazie ad un’ordinanza del re, le donne ebbero finalmente accesso alla produzione teatrale e alla recitazione professionale: malgrado l'esibizione di corpi femminili sulla scena fosse principalmente funzionale al gioco erotico di seduzione o provocazione, molte attrici furono apprezzate per il loro talento e goderono di lunghe e prestigiose carriere. in questo nuovo tipo di teatro moderno che prevedeva il palcoscenico a cornice, scenografie mobili, effetti speciali e luci artificiali, il genere che trionfa è la commedia, che combina temi sociali e politici con intrighi amorosi e alterna sulla scena situazioni erotiche e farsesche con dialoghi arguti e audaci doppi sensi. È proprio al genere della commedia che si dedica Astrea, non solo perché più remunerativo, ma anche perché per scrivere commedie non occorre possedere quel l'istruzione classica di cui si fanno forti gli uomini. Si specializza nella commedia di intrigo di origine spagnola, aggiungendovi elementi della commedy of manners, la commedia di costume, la cui moda era stata avviata da Dryden e che coglieva l'atmosfera del momento focalizzata sul sesso e sulla contesa tra i sessi. Grazie al successo ottenuto in teatro, Behn riuscii a pubblicare quasi tutti i suoi plays. Per questo successo, tuttavia, in quanto donna, dovette pagare il prezzo di una reputazione artistica con promessa. Aphra Behn riceve due accuse specifiche: plagio e oscenità. Si diceva che anche il suo amante John Hoyle avesse scritto le sue opere. Le due accuse non erano del tutto infondate. Per quanto riguarda il plagio, è vero che Aphra Behn si ispirò e adattò altre opere, ma lo fecero tutti i drammaturghi del suo tempo, anche Shakespeare; non c'era idea di originalità delle opere. Era l'unica scrittrice ad essere accusata, in quanto donna. Inoltre, i suoi adattamenti avevano sempre il suo tocco personale, quindi erano spunti, non intere imitazioni. Nelle sue opere Behn dà più spazio ai personaggi femminili, non c'è misoginia e c'è la denuncia del contro promesso che le donne sono contrarie; caratteristiche che non compaiono in nessuno dei suoi contemporanei. Il punto di vista da cui vengono raccontate le storie è inedito, la prospettiva è quella femminile e c'è uno sguardo critico sulla figura del libertino, della madre, e del marito, in generale della figura maschile. Quanto all'oscenità, non è proprio un'accusa infondata perché nelle sue opere c'erano elementi di seduzione: danze, maschere, travestimenti (vestirsi alla maniera del sesso opposto). C'erano anche le scene della camera da letto, la vita plebea, le prostitute, i buffoni. Ha anche usato un linguaggio colloquiale, con doppi significati e allusioni sessuali. Ma è anche vero che anche altri scrittori contemporanei, come John Dryden, scrissero osceni, ma non furono accusati come uomini. The rake – Il libertino Il libertino è un personaggio centrale nelle commedie di Aphra Behn, è un personaggio seducente, cinico, senza sentimenti, affascinante, spiritoso e soprattutto non si lega mai emotivamente ma solo carnalmente. Infatti, corteggia molte donne con l'unico obiettivo sessuale, essere sempre libero. I personaggi femminili cercano di ottenere da lui una promessa di fedeltà̀ o di matrimonio, senza cedere ai rapporti sessuali, altrimenti sarebbero rovinati, emarginati dalla società̀ e considerati delle prostitute. Aphra Behn rappresenta il libertino in modo originale: lo trasforma in modo divertente e attua una denuncia sociale, si pone domande sul libertinismo e lo critica. Soprattutto, Aphra Behn si chiede se possa esistere una donna libertina; così coglie l'occasione per fare una controversia femminista. John Wilmot, Conte di Rochester, poeta aristocratico e amico di Aphra Behn, è considerato il più famoso libertino della Restaurazione. Lui stesso dichiarò che le cose più importanti nella vita per lui erano le donne, la politica e il bere. (Morì di alcolismo e sifilide); dal punto di vista maschile, era comune equiparare le donne a cose, come la politica e il bere. Le donne non come persone ma come oggetti di intrattenimento, risorse naturali al servizio degli uomini, come l'alcol. Donne significavano sesso. Wilmot aveva una specie di fissazione per il sesso, anche con gli uomini, perché al centro di tutto c'era il piacere della carne. Viene infatti ricordato come l'autore di poesie erotiche e pornografiche, come "The Imperfect Enjoyment", in cui parla di impotenza sessuale. In questa poesia si rivolge al suo membro in modo comico, ma alla fine c'è sempre misoginia, perché incolpa la donna della sua impotenza. Wilmot ha scritto anche sullo stigma della pubblicazione delle donne che scrivono, ha criticato sia le prostitute che i poeti, secondo lui vergognosi allo stesso livello. Ha messo sullo stesso piano una prostituta e un poeta. Aphra Behn aveva in comune con lui l'edonismo, infatti scrisse un poema pastorale, "The Disappointment" (La delusione), che ha lo stesso argomento di Wilmot ma da una prospettiva femminile. Sebbene fosse un misogino schietto, Aphra Behn era suo amico e scrisse un elogio per lui, "On the Death of the Late Earl of Rochester" 1680. Questo ci fa capire che Aphra Behn ha sempre dovuto navigare in una società̀ completamente misogina e aveva anche amici che lo erano. Un altro famoso libertino fu il re Carlo II, che aveva una moglie ma teneva molte amanti che erano pubblicamente a corte. Naturalmente, ebbe anche molti figli illegittimi. Molti di questi amanti erano attrici di teatro, motivo per cui la prostituta si fonde con l'attrice di teatro. Anche perché il teatro era un luogo osceno, festoso e disordinato; non come oggi. Il film Libertine del 2004 presenta una buona ricostruzione storica dell'ambiente teatrale, con l'esaltazione del libertino ma con la cancellazione di Aphra Behn. Il libertinismo filosofico e sessuale è importato dalla Francia, promosso dal re e dall'élite aristocratica e intellettuale dei Cavalieri e degli Ingegni. Criticano l'ipocrisia religiosa e la moralità̀ dei puritani, per loro la moralità̀ deve essere basata sulla Ragione e sulla Natura (non sulla religione rivelata) sono quasi orientati all'ateismo. Il libertinismo è anche una reinterpretazione dell'epicureismo che valorizza il piacere dei sensi, e allo stesso tempo è il rifiuto e il disprezzo dell'istituzione del matrimonio, vista come una sorta di gabbia (basata sul discorso patriarcale), come una sorta di limitazione e reclusione perché il libertino rivendica il diritto alla promiscuità, alla varietà sessuale, solo per l'individuo maschio però. Tutti i libertini hanno una moglie a loro dedicata, ma poi c'erano le varie cortigiane, prostitute, amanti. Il libertinismo per le donne prevede l'autorizzazione al godimento femminile (che è progressivo e diverso dalla morale religiosa), a quanto pare il libertino dice cose positive per le donne, tranne che questo godimento femminile era solo strumentale alla prospettiva fallica (cioè quella maschile), a al servizio dell'uomo, da cui l'oggettivazione delle donne, le donne sono reificate come altri oggetti in natura, tutto ciò che può arrecare piacere al libertino (uomo privilegiato e aristocratico). Aphra Behn si chiede se potesse esistere una versione femminile del libertino, cerca di rispondere a sé stessa nelle sue poesie. Le principali raccolte sono: “Poems upon Several Occasions, with A Voyage to the Island of Love”, 1684; “Lycidus, or The Lover in Fashion... with a Miscellany of New Poems”, 1688. Ha usato soprannomi pastorali, non latini. Aphra Behn ha avuto la capacità di adottare voci diverse, non scriveva solo di sé, in alcune firmava, in altre parlava con la voce del libertino, in un'altra parlava con il soggetto "noi", altre volte con una voce ambigua che non è chiaro se si tratti di un uomo o di una donna. L'intreccio di sesso e potere percorre tutta la sua commedia, con una critica alla sessualità etero-patriarcale e al libertinaggio. Ha scritto molta poesia pastorale in cui immaginava un mondo nuovo, basato sull'utopia protofemminista in cui non esistono gerarchie di potere e in cui prevale la libertà sessuale. Infine, nelle sue opere c'è anche il lesbismo e l'ermafroditismo. A differenza di quanto avviene nella poesia amorosa convenzionale, in cui solo l’amante-poeta, ispirato dalla bellezza di una donna silente, è capace di passione attiva, nella poesia di Behn anche gli uomini sono attraenti e le donne sono soggetti che parlano e desiderano: non si tratta di un ribaltamento dei ruoli, quanto di un raddoppiamento, con due soggetti, entrambi amati e amanti. L’Età̀ della restaurazione e la poetica di Aphra Behn Prima della restaurazione c'è l'età̀ puritana del 1642-1660: quasi 20 anni di guerra civile durante la quale i teatri furono chiusi, ci fu la decapitazione del re Carlo I nel 1649, la monarchia fu abolita e nacque il Commonwealth. I puritani, detti anche "dissidenti", si ribellano alla ricca e corrotta Chiesa anglicana e la aboliscono (i puritani sono protestanti estremisti). Allo stesso tempo ci sono altri movimenti politici protocomunisti, i Diggers e Levellers con ideali molto democratici, questo si intreccia con una forte atmosfera di millenarismo (credenza che da un certo momento in poi accadrà̀ qualcosa di radicale nel mondo: l'apocalisse) e profezia. I puritani profetizzarono che, però, il mondo sarebbe cambiato in meglio, (quindi avevano una visione utopica) avevano rovesciato la monarchia e aspettavano "La seconda venuta di Cristo": una nuova società̀ giusta e democratica in cui c'era il comunismo dei beni, nessuna proprietà̀ privata, nessun denaro, nessuna classe sociale, nessuna gerarchia. Idee politiche che si uniscono alla religione. Queste sette radicali includono anche donne predicatrici, profetesse, che riescono a conquistarsi il diritto di parola nel campo della religione e della politica. Alcune di queste sette sono i Quaccheri e i Quinti monarchici. I puritani al potere chiudono i teatri e vietano spettacoli e feste, anche la prostituzione, perché seguivano l'esempio della purezza e della moralità̀ delle Sacre Scritture. Nel 1660 c'è la restaurazione della monarchia attraverso Carlo II, in cui avviene la pacificazione dopo il caos della guerra, con la speranza che il re porti ordine e legalità̀. Il re ristabilisce la Chiesa anglicana, viene fatta una legge per cui i puritani ei cattolici sono esclusi dalle cariche pubbliche, anche se Carlo II nasconde simpatie cattoliche, anche perché suo fratello Giacomo è cattolico. Nella società̀ e nel parlamento si formano due partiti: Tories, sostenitori della Corona e della Chiesa anglicana, sono conservatori e fanno parte della nobiltà terriera; Whigs, sono contro i conservatori e la corona, sono progressisti, fanno parte della nuova borghesia, del clero di bassa chiesa, erano sostenuti da dissidenti/puritani e si interessavano al commercio. Aphra Behn si unisce all'élite intellettuale legata alla corte, sostenendo la monarchia. Alla corte di Carlo II fioriscono le arti e le scienze, è un periodo di scoperte e di rivoluzione scientifica, la sua corte è un luogo di edonismo e lusso. Riaprì subito i teatri, fondò anche due compagnie teatrali, era molto propenso a sostenere la cultura del teatro, luogo mondano e al centro della società̀. La rivoluzione scientifica porta a una nuova visione incentrata sulla natura in contrapposizione alla religione. Al centro c'è anche lo scetticismo: la conoscenza viene dai sensi ma non è affidabile, la verità̀ assoluta è inaccessibile. “Give me but love and wine” 1684 (pp. 116/210-211) La stessa Aphra Behn ha detto che si tratta di una traduzione dal primo libro di Orazio. Aphra Behn era interessata ai temi oraziani, sebbene non conoscesse il latino, riuscì a parafrasare questo. C'è la riflessione sulla morte incerta (versetto 3). La parola chiave è "piacere", lei si schiera con le persone "coraggiose e spiritose" (si riferisce all'élite di corte). Il pensiero di base è godere di oggi perché la morte potrebbe venire domani. È il carpe diem oraziano, tu aderisci all'edonismo libertino, implicitamente è una critica alla morale religiosa dei puritani, non parla di rapporti di potere tra i sessi, e non c'è specificazione di genere. La linea filosofica è quella dello scetticismo e del libertinismo, per i quali non bisogna avere paura di Dio, di forze repressive come la religione e la morale. Aphra Behn ha una posizione ambivalente rispetto alla filosofia libertina: da un lato aderisce alla filosofia; infatti, questa poesia lo dimostra (piacere dei sensi, distacco dalla morale religiosa) ma fa anche una critica molto chiara al libertinismo dà il punto di vista della relazione tra i sessi. Seconda quartina: per il discorso patriarcale, se una donna corteggia un uomo è vista come una puttana, se invece si rivolge a lei come una donna, diminuisce il suo imbarazzo perché non si riferisce a un uomo. Parli di una sola persona (donna) in cui maschio e femmina convivono, perché una lesbica è come se avesse in sé anche aspetti maschili. Aphra Behn, che è attratta da lei, dice che corteggia "il giovane" senza sentirsi sfacciata perché in realtà quella che vedi fuori è una donna. Terzina: c'è una svolta, una voce ha sempre parlato al singolare, qui invece il soggetto diventa plurale "noi", o donne, che non riescono a resistere all'innamoramento di questa persona così affascinante, che ha una forma esteriore ingannevole (cioè l'aspetto femminile) e questo fa innamorare e soffrire le donne che la amano. Questo perché è sia una ninfa che un pastore, sia un uomo che una donna. È una donna, immaginata da Aphra Behn come un uomo, che si diverte a dimostrare che l'amore tra uomo e donna esiste. Prima sestina: parla ancora al plurale riferendosi alle donne, ripetendo il concetto delle prime quartine, può amare una donna e rimanere innocente senza perdere l'onore, perché è una donna. Poi si parla un po' di più della percezione della società, che non considerava il sesso tra donne un crimine, visto come un gioco, perché non ruotava intorno alla sessualità fallica. Il distico finale è una domanda retorica con la stessa rima: "chi può immaginare che un serpente si nasconda dietro un bel fiore?" Aphra Behn gioca sul simbolismo fallico, associando i fiori a una donna "bella" dietro la quale si nasconde un serpente, classico simbolo fallico. Nessuno ha concepito la possibilità di un rapporto amoroso e sessuale tra due donne. Ultimo verso, secondo sestina: attribuisce a questa donna due nomi pastorali, unisce i caratteri pastorali di Cloris (pascola) e Alessio (pastore), dice che questa donna è entrambi. C'è sempre l'opposizione dell'uomo e della donna, ma uniti in un'unica persona che tenta le donne con il suo aspetto esteriore. Distico finale: molto raffinato dal punto di vista letterario perché ricrea il suo nome accostando Ermete e Afrodite. C'è un chiasmo molto chiaro, come se il versetto fosse diviso a metà da una virgola, riferito al figlio ermafrodito di Ermete e Afrodite, essendo sia un uomo che una donna. Il nome Clarinda è forse tratto dalla Gerusalemme liberata del Tasso che in realtà si chiama Clorinda e che era un’amazzone; quindi, combatteva ed era associata alla figura maschile. Nel complesso non c'è un'interpretazione fissa, è un poema per certi versi enigmatico, non è chiaro se questa Clarinda sia un uomo, una donna o un ermafrodita. Quel che è certo è che c'è una narratrice femminile che poi parla al plurale riferendosi alle donne. Anche il soggetto a cui si riferisce è femminile. Parliamo di desiderio e sessualità tra donne. Tono ironico, divertito, provocatorio. La sofferenza è bassa ed è legata all'elemento maschile di questa donna, è semplicemente una cotta, un desiderio che ti fa soffrire, le donne non sono vittime di questa donna come con il libertino. Qui il maschile che fa parte di questa Clarinda non è poi così pericoloso, tanto che alle donne sta bene. Ci si può innamorare di lei perché ha aspetti maschili; quindi, in un certo senso si mantiene l'eterosessualità, ma non può essere criticata e condannata perché l'oggetto del suo desiderio non è un uomo, ma una donna. In Clarinda, che cosa esattamente la renda mascolina o simile a un ragazzo, viene volutamente lasciato avvolto nel mistero: non sappiamo cioè se sia la sua capacità di ispirazione amore/desiderio in una donna, oppure un atteggiamento o un modo di fare, oppure ancora, qualcosa che abbia a che fare con l’aspetto o l’anatomia. Infatti, la parola “imagin’d” “immaginata”, nel titolo indica in effetti che non si tratta di un reale ermafrodito, quanto di una figura poetica che serve a Behn per celebrare i piaceri dell’omoerotismo femminile. “Ermafrodita”, infatti, era un termine ambiguo: denotava una sorta di perfezione che scaturiva dall’unione creativa degli opposti, in altri contesti era usato in senso dispregiativo per riferirsi a una mostruosità, e in alcuni casi rimandava negativamente all’omosessualità. È la stessa Aphra Behn ad affermare la propria identità di autrice richiamandosi all’ermafroditismo, mettendo cioè in risalto il fatto di essere sia donna, sia “scrittore”, riferendosi enfaticamente alla sua parte “maschile” e simultaneamente al proprio status di donna, senza privilegiare un aspetto rispetto all’altro, ma intendendo occupare entrambe le posizioni. Aphra Behn critica l'istituto del matrimonio in "The Rover", dicendo: “Marriage is as certain a bane to love as lending money is to friendship” (p. 211); “Il matrimonio è veleno per l’amore, come prestare denaro lo è per l’amicizia” (p.116-117). Qualche opera di Aphra Behn Nel 1671 iniziò la sua carriera di scrittrice, scrisse per il teatro fino alla morte, poi si dedicò ad altri generi perché il teatro iniziò a perdere prestigio. La maggior parte delle sue opere sono commedie, ma ci sono anche raccolte di poesie, tragedie e traduzioni. • 1671, The Forc’d Marriage, una commedia. • 1671, The Amorous Prince, una commedia. • 1672, Convent Garden Drolery, una raccolta di poesie. • 1673, The Dutch Lover, una commedia satirica contro gli olandesi. • 1677, Abdelazer, una tragedia. • 1677, The Town-Fopp, una commedia in cui Behn contrappone gli uomini di città a quelli di campagna. • 1677, The Rover, una commedia e la sua opera più famosa che l'ha consacrata come autrice di grande successo. Il protagonista è il tipico libertino della Restaurazione. • 1680, A Paraphrase on Oenone to Paris, una poesia in cui Aphra Behn traduce Ovidio anche se non conosceva il latino; infatti, traduceva dal francese o se li faceva tradurre letteralmente e poi li traduceva poeticamente. • 1681, The Second Part of The Rover, questa commedia ebbe un tale successo che fece anche la seconda parte. • 1682, The Roundheads, una commedia. “Teste rotonde” era un nome dato ai puritani, che avevano i capelli molto corti. Aphra Behn li odiava e li contrapponeva ai cavalieri reali con i capelli lunghi. • 1684, Love-Letters Between a Nobleman and his Sister Part I, un romanzo. Anche Aphra Behn è interessata al romanzo, "sorella" è la cognata, non la sorella. è ispirato da una storia vera di uno scandalo sessuale. è un romanzo lungo, con scene oscene, con tratti da romanzo poliziesco, erotico ed epistolare e ricco di eventi. Quindi Behn scriverà anche la seconda parte. • Scrisse anche opere dedicate alla corona, dedicate alla regina Maria, Queen Mary (“A Congratulatory Poem to Queen Mary”), al Prince of Wales (“A Congratulatory Poem on the Happy Birth of the Prince of Wales”); ma anche elogi funebri sempre in onore della monarchia, come Charles II (“Pindarick on the Death of Charles II”) e James II (“Pindarick on the Happy Coronation of James II”). • 1688, Lycidus, or The Lover in Fashion, poesie pastorali. • 1688, Oroonoko, or The Royal Slave, il suo romanzo più famoso e uno dei primi esempi di romanzo moderno. Per molti secoli Aphra Behn è stata ignorata dalla scrittura, solo alla fine del XX secolo le è stata data un po' di importanza, ripubblicando alcune sue opere. Ma ancora oggi è considerata dalla critica come un'autrice minore e anche le accuse che le sono arrivate mentre ancora le venivano incolpate: nel 1936 Mario Praz nel suo manuale di letteratura inglese stampato fino agli anni 2000, la cita a malapena, chiamandola " licenziose”. Nel 2020 Franco Marucci, nel suo Manuale di letteratura inglese, la esclude dalla sezione del Teatro della Restaurazione sebbene lei ne fosse centrale. Oltre a lei la accusa di plagio e misandria. Nel 2020 “Women's Writing” le dedica un numero speciale per Aphra Behn. La ricezione di Aphra Behnà La ricezione di Aphra Behn è ambivalente: da un lato ha avuto molto successo, è stata definita "incomparabile", "The Saffo della letteratura inglese", pubblica quasi tutte le sue opere teatrali. Ma a differenza dei precedenti scrittori, non ha titoli nobiliari, ha origini oscure, è vedova, non è vergine, moglie, madre, non è sotto il diretto controllo di un uomo (indirettamente dalla società patriarcale). Così, d'altra parte, è stata pesantemente criticata attraverso lo stigma dell'editoria come "punk" ("sgualdrina"), "poetessa oscena" ("Poetessa oscena"). Quindi, se da un lato l'essere l'unica voce femminile nel teatro della Restaurazione l'ha resa indipendente dalle altre donne, dall'altro la espone alla critica. (“stigma of print”). OROONOKO 1688 – Portelli (1998) Oroonoko è un romanzo scritto da Aphra Behn nel 1688, è una delle sue opere più celebri. È un testo che rappresenta il modo in cui gli europei percepiscono la fase della conquista delle Americhe e del consolidamento della schiavitù africana. Oroonoko è la storia di un nobile ed eroico guerriero venduto come schiavo insieme alla sua amata Imoinda, a causa delle gelosie della corte africana e degli inganni europei dei mercanti, preferisce ucciderla e morire sotto tortura piuttosto che continuare a vivere in schiavitù. Non è cosa da poco inventare una figura di eroe africano che si distingua dagli eroi neri di Shakespeare, per esempio Otello, anche lui prode soldato, nero, e vittima come Oroonoko degli inganni europei. All’idealizzazione del nobile protagonista bisogna unire anche l’ambientazione americana (le pagine sul Suriname sono tra le più affascinanti, e tra le più fantastiche delle tante scritte da europei sui paradisi terrestri americani). Si tratta di un testo che combina abilmente fatti storici, ambientazione esotica, resoconto di viaggio in cui Behn si presenta testimone oculare degli eventi. Sebbene le numerose critiche, soprattutto del suo biografo Bernbaum, Aphra Behn è davvero stata in Suriname e scrisse in base all’esperienza personale, ovviamente utilizzando la sua fantasia e creatività. Lo scrisse circa 20 anni dopo esserci stata, quando era una donna ormai malata che si avvicinava alla fine della sua vita e cercava di rivivere i ricordi della sua gioventù in quel paese che tanto la affascinava. Il principe africano Oroonoko, reso schiavo in Suriname, può essere considerato la massima espressione dell’eroe aristocratico di Behn: è descritto come un uomo colto, educato, nobile e di parola, che viene tragicamente ingannato dai bianchi sleali. Infatti, com’è stato osservato, gran parte delle opere di Aphra Behn difende e racconta di coloro che lei ammirava; in effetti fa di tutto per rendere il suo eroe il più attraente possibile: fa allusioni alla bellezza del suo aspetto ma anche e soprattutto alla sua nobiltà d’animo, lui era “capace di amare da uomo coraggioso e cortese”, per Behn l’amore è la cosa più bella del mondo e ce lo fa capire con queste parole. Anche se questa europeizzazione fisiognomica, linguistica e culturale dell’africano la possiamo pure attribuire, all’etnocentrismo di Aphra Behn. Il testo è tutt’ora oggetto di interpretazioni divergenti riguardo alla rappresentazione della schiavitù. Sebbene sia stato letto come il primo romanzo di emancipazione e precursore della narrativa antischiavista, in realtà i temi centrali per Behn non erano il colonialismo o la razza, bensì l’appartenenza del protagonista alla classe aristocratica. Oroonoko va piuttosto riconosciuto come un testo fondante della letteratura coloniale, caratterizzato tuttavia dall’inedita centralità della voce narrante femminile e dalla novità del punto di vista di una donna che, proprio perché donna, è la figura di confine tra inglesi e indigeni, tra chi domina e chi viene dominato. Con questo testo, non solo Behn mette in primo piano la donna scrittrice, ma contribuisce anche a elaborare una forma narrativa nuova: il romanzo moderno, del quale Behn è considerata oggi co-fondatrice insieme a Defoe con Robinson Crusoe, di 30 anni dopo. Se solo Behn non avesse sprecato le sue doti letterarie e si fosse concentrata di più sul romanzo e sulla rappresentazione del popolo, sarebbe considerata la fondatrice del romanzo. La storia di Oroonoko e Imoinda così come narrata non è verosimile: la coincidenza con cui i due si ritrovano è molto romanzesca, inoltre, vi è l’annullamento della gerarchia all’interno di una biografia della scrittrice secentesca era già pericolosamente non conforme al codice morale patriarcale. Se in Aphra Behn, Sackville-West preferisce celare ogni traccia di lesbismo, in privato, in una lettera a Virginia Woolf, allude scherzosamente al proprio libertinismo e al desiderio erotico che associa alla signora Behn. Con il suo giudizio poco esaustivo, Sackville-West è stata responsabile del disinteresse critico per la scrittura dell'autrice, che si porterà a lungo nel 900, paradossalmente proprio a partire dalla versione mitizzata della figura creata in Aphra Behn, e amplificata dal successo di una stanza tutta per sé. Con la biografia di Sackville-West, e poi con le pagine di Woolf a lei dedicate, alla fine degli anni 20, Astrea viene trasformata da autrice minore e moralmente depravata, a pioniera della professione di scrittrice, con poca attenzione però alla sua arte. Virginia à Una Stanza tutta per se, pubblicato nel 1929, è un saggio rivoluzionario da molti punti di vista. È innovativo a partire dalla forma in cui è scritto, è un testo che confonde i confini tra generi letterari, tra storia, saggio, biografia e fiction, in cui Virginia adatta alcune strategie narrative molto simili a quelle usate da Sackville-West. Questo registro stilistico mira a delegittimare l’autorevolezza della storia patriarcale e avviare un progetto comune di re- invenzione della storia delle donne. L’argomentazione centrale del saggio è esemplificata dal titolo, tanto letterale quanto metaforica: una stanza “propria”, simbolo dell’indipendenza economica e intellettuale che permetterà alle donne di creare nuove forme di arte e di vita. Quella di Woolf è un’analisi materialista del patriarcato e dell’oppressione delle donne, che per l’autrice vanno considerate una classe sociale a parte. Woolf si concentra sulle circostanze materiali che condizionano la produzione letteraria delle donne in un mondo dominato dagli uomini. La narratrice tenta di delineare una storia delle scrittrici nella letteratura inglese, le cui tracce, sono scarse. È in questo contesto che la figura di Behn viene evocata, con un’immagine poetica di gratitudine collettiva, Virginia disse che tutte le donne dovrebbero cospargere di fiori la tomba di Aphra Behn perché fu lei a conquistare il diritto di dire quello che le donne pensavano. Nelle pagine di Una stanza tutta per sé dedicata ad Aphra Behn, Woolf condensa in poche frasi la storia della scrittrice, accenna appena alle sue opere, citando i titoli di due canzoni (uguali a quelle di Vita). Le poche notizie riportate da Woolf sembrano orientate ad attribuire una dimensione leggendaria alla sua figura, trasformandola in un simbolo e in un modello. Nel corso della panoramica offerta dalla narratrice del saggio, Behn viene presentata come artefice di una svolta nella storia delle donne, subito dopo il quadro desolante di altre autrici secentesche. L’importanza del fatto che una donna borghese come Behn si sia guadagnata da vivere con il proprio ingegno è maggiore di qualunque cosa ella abbia scritto. Woolf distingue accuratamente il successo professionale di Behn dalla qualità estetica della sua scrittura (che lei riteneva irrilevante). Non era l’opera di Behn che interessava a Woolf, quanto l’operato, ciò che la sua impresa dimostrava del rapporto tra la letteratura e le condizioni della sua produzione: la conquista dell’indipendenza economica da parte di una donna grazie alla scrittura. Woolf, celebra l’indipendente Aphra Behn, una donna che si è conquistata la libertà; non per i meriti artistici, ma come figura cruciale nella storia letteraria delle donne. Oggi alla luce di decenni di studi su donne e scrittura, l’eccezionalità di Aphra Behn, può essere ridimensionata. Grazie agli women’s studies, oggi sappiamo che le donne che scrivevano nel Seicento inglese erano molto di più di quelle che si pensasse. Oggi finalmente, anche la scrittura di Aphra Behn riceve la giusta attenzione, le sue commedie vengono rappresentate e molte sue opere riproposte in edizioni moderne. Virginia Woolf “A Rooms of One’s Own”à (Elizabethan Age 1500s chapter 3, first extract of the essay – The story of Judith Shakespeare) Virginia Woolf immagina che William Shakespeare abbia una sorella, Judith, che è dotata intellettualmente come suo fratello. La prima parte descrive l'educazione classica di William Shakespeare insieme ad altre libertà che possedeva come uomo: il privilegio dell'educazione, il privilegio della libertà sessuale, il privilegio della libertà di movimento, sottolineati dalla caccia anche se illegale nei territori di recinzione. La mancanza di libertà di movimento è legata alla mancanza di libertà di scrittura, Leopardi scrisse una delle sue più grandi opere "L'Infinito" proprio perché aveva la libertà di poter vagare da solo in campagna e sedersi su una panchina ad ammirare "gli infiniti spazi". La donna che non ha libertà di movimento non ha la possibilità di vedere "interminabili spazi". Shakespeare mise incinta anche una donna, si sposò, ma poi andò tranquillamente a Londra in cerca di fortuna, cosa che una donna non potrebbe mai fare. Virginia poi parla della sua brillante carriera di attrice nei teatri elisabettiani, dove le donne non potevano lavorare. Ad esempio, in Romeo e Giulietta, la parte di Giulietta è stata interpretata da un adolescente che era imberbe. Virginia sottolinea anche i grandi rapporti sociali che William Shakespeare ebbe, tanto da essere ricevuto dalla Regina. Successivamente Virginia evidenzia la differenza con la sorella, alla quale è stato impedito di accedere alla cultura, perché le donne non potevano studiare e andare all'università, ma soprattutto non potevano studiare latino e greco, quindi le grandi opere classiche. Nella migliore delle ipotesi, le donne potevano leggere di nascosto i libri dei fratelli, come faceva Virginia Woolf. Alle donne è stato imposto un "lavoro di cura", cioè prendersi cura della famiglia, degli anziani e di tutto ciò che riguarda le pulizie. È "lavoro riproduttivo", lavoro non retribuito e obbligatorio. Gli uomini usano il loro tempo per lo studio, il divertimento e il lavoro retribuito, perché il lavoro gratuito e necessario era svolto dalle donne, che, come classe sociale, sono private del tempo per svolgere un lavoro non retribuito che potrebbe essere utilizzato per l'istruzione. I genitori dicono anche a Judith di non "prendere in giro" i libri, perché il suo tempo deve essere dedicato all'allattamento e al lavoro riproduttivo. La società del '500 prevedeva anche il matrimonio combinato per gli interessi delle famiglie, così Giuditta all'età di 17 anni fu promessa in moglie al figlio di un mercante di lana. Judith non vuole assolutamente sposarsi, quindi suo padre prima usa la sua violenza e la picchia, poi usa il tipico ricatto emotivo, infine tenta anche di corromperla. Poi Judith decide di scappare di casa e andare a Londra per sfruttare il suo talento come aveva fatto suo fratello. Quando chiede di poter lavorare come attrice, viene derisa dagli uomini perché consideravano le donne intellettualmente inferiori agli uomini. Judith viene paragonata a un "cane che balla" (“dancing dog”), un animale che veniva usato per far ridere, per divertire e che è considerato ridicolo e innaturale. Pertanto, qualsiasi donna che avesse capacità intellettuali, veniva derisa in pubblico perché non era considerata capace e uguale agli uomini. È una metafora per deridere le donne che volevano creare artisticamente, quindi agire, esprimersi nel campo dell'arte. Ci riporta all'idea di natura, il cane è addestrato ad andare contro natura e diventare così ridicolo. Questo per dire che le donne sono naturalmente incapaci di recitare o di fare arte, se volessero fare quello che fanno gli uomini sarebbe ridicolo e innaturale. L'impresario, Nick Greene, le permette, al massimo, di mettere a disposizione il suo corpo, perché per le donne i teatri erano un luogo di prostituzione, per gli uomini un luogo dove poter lavorare e avere successo. In questi rapporti sociali c'è un sesso dominante, che è il maschile, e un sesso dominato, che è il femminile, secondo un principio tipico di mercificazione sessuale della donna che da sempre affligge la figura femminile. Judith non aveva altra scelta; viene supportata dal manager e rimane incinta. La sua unica colpa era quella di essere una donna, aveva il cuore di un poeta intrappolato in un corpo che non le era permesso scrivere, i suoi sogni si infrangono, così una notte d'inverno decide di uccidersi. È sepolta vicino a un incrocio dove oggi passano gli autobus. Nemmeno dopo la sua morte Judith è rispettata, fu sepolta senza dignità, in un luogo (il crocevia) che allora era considerato il luogo delle streghe e della magia nera. Virginia Woolf ha avuto la grande abilità di passare dal XVI secolo ad oggi; con questo parallelismo vuole dirci che Giuditta che rappresenta tutte le donne del Cinquecento, ancora oggi è ignorata, ci passano gli autobus, è stata espulsa dalla storia, non c'è nemmeno una tomba con il suo nome. Oggi non si sa nulla di quelle poche scrittrici cancellate dalla storia ed espulse dal mondo. Nelle pagine che precedono il racconto di Judith, Virginia Woolf cerca scrittrici nel 1500 ma non ne trova nessuna e si chiede quale fosse la condizione storica delle donne in quel momento. Allora guarda nel manuale "Storia d'Inghilterra" del professor Trevelyan, in cui trovi pochissime pagine in cui si parla di donne perché in un manuale si doveva parlare solo di cose degne e pubbliche, come guerre e conquiste (fatte da uomini, ovviamente). Virginia Woolf trova solo una legge che permetteva a un uomo di picchiare e maltrattare la moglie, lo stesso valeva per un padre contro sua figlia se quest'ultima rifiutava il matrimonio forzato. Questa legge è stata abolita solo nel 1956. Inoltre, una donna è stata oppressa dall'uomo non solo fisicamente ma anche mentalmente, perché la maggior parte delle donne erano analfabete, solo per mantenerle sottomesse e renderle più facili da manipolare. Questa era la situazione storica e reale delle donne, Virginia Woolf vuole farci notare la differenza con le donne in letteratura. La differenza, cioè, tra il patriarcato come struttura sociale e l'ideologia o il discorso patriarcale. L'immaginazione che regna in letteratura, e quindi l'ideologia patriarcale, esalta e celebra "La Donna" attraverso l'idealizzazione, mentre in realtà, cioè nel patriarcato, le "donne" sono oggetti sociali oppressi, con "jus corrigendi", matrimonio forzato e non formazione scolastica. Il discorso (o ideologia) patriarcale inferiorizza le donne che vogliono essere suddite ("cane che balla") e idealizza le donne-oggetto. Solitamente nel discorso patriarcale, "La Donna", quindi le donne-oggetti, sono idealizzate come muse, simboli passivi, oggetti belli o erotici, sono solo figure costruite da uomini. Alcuni esempi di donne-oggetto sono Beatrice per Dante, Laura per Petrarca. In un dipinto in cui Laura incorona Petrarca, questi è inginocchiato davanti a lei in una condizione di falsa umiltà che fa credere di essere poeta solo grazie a lei. Laura non è un soggetto, ma semplicemente un oggetto che serve solo a celebrare la creatività come qualità esclusivamente maschile. La costruzione di “Donna” ruota attorno alla polarità vergine/puttana e Madonna/Maddala. Quindi, nell'ideologia patriarcale, la donna è idealizzata da un lato e inferiorizzata dall'altro. Mentre nel patriarcato come stato sociale la donna è solo inferiorizzata. Sempre riguardo al discorso patriarcale, oltre al "cane che balla" c'è un'altra metafora patriarcale dell'inferiorizzare le donne che è il francese: "Si tu la cherche la voicy" è il frontespizio di un libro scritto da un autore francese nel XVII secolo che si intitola "Imperfection des femmes" e la cui copertina è l'immagine di una donna senza testa, quindi senza cervello, che fila la lana. Questa frase è una teorizzazione che dice che le donne non hanno una capacità intellettuale, e se lo fanno è sempre inferiore a quella degli uomini. Fino al 1600, le donne che "parlavano troppo", cioè che rimproveravano o criticavano i mariti, rispondevano male, venivano punite con una forma di tortura legalizzata denominata “Scold’s Bridle” o “Gossip’s Bridle” (in italiano "mordacchia" o " briglia da comare”), una specie di muso di cane. C'era anche una punta di ferro che era stata inserita nella sua bocca e che le avrebbe pungente la lingua se avesse parlato; quindi, l'avrebbe costretta a ingoiare il proprio sangue. Questo ci fa capire quanto fosse pericoloso per una donna esporsi e parlare. Il primo estratto finisce con la storia di Judith. THE ROVER (1677) The Rover è la commedia più famosa di Aphra Behn, è scritta essenzialmente in prosa ma ci sono alcune parti che sono in versi (versi vuoti e distici in rima) per motivi drammatici, per enfatizzare un discorso. C'è la presenza del dialogo spiritoso. È ambientato a Napoli nel 1656, per gli inglesi era un ambiente molto esotico, cattolico, a quel tempo era sotto il dominio degli spagnoli, quindi cattolici corrotti, luoghi di particolare lussuria e peccato. Aphra Behn non era molto esperta di geografia, infatti si sbaglia e la chiama un'isola. Il sottotitolo è "The Banish'd Cavaliers", i cavalieri banditi, un gruppo di inglesi sostenitori del re come Aphra Behn, che stanno girando l'Europa perché devono fuggire dall'Inghilterra dai puritani e sono sbarcati a Napoli via mare. È ambientato durante il carnevale, con maschere, travestimenti (cross- dressing), duelli, atmosfera vivace, musica e balli. La peculiarità di Aphra Behn rispetto ad altri drammaturghi è che dà molto spazio all'azione ai personaggi femminili, che tirano l'azione, portano avanti la trama. Ciò significa anche che il pubblico è portato a vedere la storia da un punto di vista femminile. Per questo è stata pesantemente criticata. Il pubblico apprezzava la commedia perché godeva, poi c'erano gli uomini più critici che la disprezzavano. Una commedia di successo, sebbene sia stata pesantemente criticata, infatti questa commedia è anche un po' ambivalente, quindi ha lasciato spazio a diverse interpretazioni. In “The Rover”, Behn a volte sembra condannare il trattamento crudele che i libertini riservano alle donne, ma al tempo stesso i personaggi femminili da lei creati ne contestano l’ideologia e tentano di sfidarne il potere. Sebbene, in quasi tutti i casi, l’unica opzione per le donne alla fine della commedia sia quella di sposare il libertino “addomesticato”. Nel teatro di Behn le donne, dunque, partecipano al dramma del cavalier, ma non sono esse stesse cavaliers: da una parte Aphra Behn si è avvicinata all’ideale di una she-rake, di una rover femminile, dall’altra comprendev che lo stile di vita del libertino era irraggiungibile per una donna. Com’è stato notato, le sue eroine witty sanno fare battute intelligenti, tessono intrighi ed elaborano stratagemmi, possono esprimere disprezzo per il matrimonio, indossare abiti maschili, ma quasi sempre, alla fine, devono sposarsi o essere rovinate. I personaggi principali • Florinda e Hellena: le due giovani e nobili sorelle. Il padre costringe Florinda a sposare un vecchio ricco e Hellena a farsi suora. Le due sorelle sono molto vicine ma diverse tra loro: Florinda è calma e convenzionale, Hellena è sfacciata, spiritosa e passionale. Entrambi denunciano l'ingiustizia a cui sono sottoposti. Florinda ama Belville, il colonnello inglese. Hellena vuole scoprire l'amore. • Don Pedro: Il fratello di Florinda ed Hellena. È un uomo autoritario, inflessibile e violento; impone l'ordine del padre e vuole che Florinda sposi il suo amico Don Antonio. • Don Antonio: un amico di Don Pedro. • Angellica Bianca: è una cortigiana d'alta classe, vende per mille corone al mese; è affascinante e intelligente ma si innamora e viene manipolata dal rastrello. Lei cerca disperatamente di ucciderlo ed è esclusa dal lieto fine della storia. La incontriamo quando ha appena perso il suo signore, si rimette sul mercato ma vende a caro prezzo, è una sorta di imprenditrice di se stessa. Le prostitute sono generalmente gestite da un magnaccia che sceglie il prezzo, ma qui Aphra inventa qualcosa di nuovo. Inoltre, Angellica Bianca ha le stesse iniziali di Aphra Behn. • Willmore, Belvile, Frederick: I tre cavalieri inglesi. Willmore letteralmente significa "volere di più", è interessato al piacere carnale. Rappresenta il tipico modello libertino della Restaurazione. Solo che, a differenza dei cortigiani libertini di Rochester, è povero perché ha perso i suoi beni perché è in esilio. Quindi, è un cavaliere caduto, un povero libertino e avventuriero. È un personaggio un po' ambivalente, perché Aphra lo mostra un po' simpatico e un po' negativo, si comporta male con le donne. È un capitano della marina inglese, spiritoso, seducente, falso e opportunista. Belvile è un colonnello inglese bello e galante e amico di Willmore. Frederick è un cavaliere inglese, amico di Belville e Willmore. • Blunt: inglese di provincia, crudo, nazionalista, ingenuo e ridicolo. Personaggi secondari • Valeria: cugina di Florinda and Hellena • Moretta: serva di Angellica • Callis: governante di Florinda and Hellena • Lucetta: ladra e prostituta Linguaggio: strofa, metro, ritmo e rima Le commedie di Behn usano una combinazione di versi e prosa. Il verso più utilizzato è il verso vuoto che non ha rima e consiste in una linea di dieci movimenti (o dieci sillabe), in cui ci sono cinque sillabe accentate e cinque sillabe che non sono accentate. La combinazione di sillabe accentate e non accentate è chiamata piede. Una linea di dieci sillabe con cinque accenti è chiamata pentametro. Laddove queste sollecitazioni cadono regolarmente in un ritmo alternato, la linea è chiamata pentametro giambico, che spesso si dice sia il ritmo "naturale" della lingua inglese. Behn fa spesso rima due versi adiacenti. Queste coppie di versi sono indicate come distici in rima. Ciò si verifica in punti chiave delle scene: ad esempio, alla fine o all'uscita di un personaggio principale. Behn occasionalmente li usa per sottolineare punti enfatici. Le opere di Behn, tuttavia, sono principalmente in prosa, che di solito è un indicatore del linguaggio naturale. Imagery (figure retoriche): le figure retoriche più utilizzate da Aphra Behn sono la metafora, similitudine (usando “mi piace” o “come”), metonimia e sineddoche. APERTURE Le opere teatrali tendono ad aprirsi nel mezzo di una conversazione o di un'azione (in medias res, letteralmente, nel mezzo delle cose). Questa tecnica viene utilizzata per coinvolgere e incuriosire il pubblico. Inoltre, il drammaturgo deve garantire che vi sia una distinzione tra i personaggi "buoni" e "cattivi". Ma, se da un lato Aphra Behn segue la convenzione della medias res, dall'altro porta una grande novità: inizia la commedia con due donne, le due sorelle che dialogano. Ma mantiene l'ambiente intimo, una camera, che è lo spazio domestico associato alla sfera femminile nel discorso patriarcale. Behn quindi apporta delle modifiche insolite ma senza stravolgere troppo le abitudini della società (ricordiamo che doveva vivere della sua scrittura, quindi doveva proporre opere che piacessero al pubblico). Infine, conosciamo la caratterizzazione dei personaggi attraverso le loro azioni, il dialogo, l'opposizione e il parallelismo con altri personaggi. Act, Scene I – Opening scene – text n. 1 La scena inizia con le due sorelle Florinda ed Hellena che dialogano in un ambiente intimo, una camera, che è lo spazio domestico associato alla sfera femminile nel discorso patriarcale. È un dialogo rilassato, tranquillo, giocoso, le ragazze vanno d'accordo. C'è una differenza tra le due: Florinda è una ragazza più calma, dal carattere convenzionale, poi c'è Elena che è la protagonista che è più vivace, sfacciata e si ribella al padre che la vuole mandare in convento. Entrambi, però, percepiscono l'ingiustizia del discorso patriarcale. Questa scena è divisa in due parti: nella prima parte le due sorelle parlano d'amore, parliamo di questa Belville che ha conosciuto Florinda, Elena è curiosa, e anche lei vuole innamorarsi. La seconda parte inizia quando il fratello Don Pedro entra con la governante e la domestica, entra con un completo perché si prepara per andare a una festa di carnevale. Le prime 53 righe contrastano con le successive 40, quando il fratello arriva in camera con la sua agenda. Don Pedro cambia completamente la scena: all'improvviso le ragazze iniziano a parlare in modo più formale, lo chiamano signore, mentre si chiamano per nome proprio. Don Pedro fa tante domande e vuole risposte, sembra quasi suo padre. Il pubblico lo percepisce già come un personaggio ostile, anche il fatto che stia per indossare la maschera ci fa capire che è un personaggio un po' oscuro. Anche perché la scena ci è stata inizialmente presentata con le due sorelle; quindi, siamo già influenzati dal loro punto di vista. Insiste sul fatto che sua sorella debba sposare qualcuno o andare in un convento. Ad un certo punto, alla fine del dialogo, fa battute e critiche in riferimento all'ipotetica impotenza di questo don Vincenzo. Poi Hellena dice (a parte) essenzialmente che il matrimonio è una prigione, questa è l'ultima riga della sezione, creando complicità con il pubblico. Dice che non vuole essere suora e poi risponde al fratello dicendo di non rovinare la vita anche alla sorella, le basta già per essere destinata al monastero. L'approccio di Hellena al fratello è in qualche modo in contrasto con quello di Florinda; questo irrita Pedro, che alla fine dice: "La ragazza è matta!". Hellena è l'unico personaggio che parla direttamente al pubblico. La divisione scenica tra donne sole e uomini che invadono, contrapponendo giovani donne intelligenti e simpatiche, con uomini più anziani e rapaci. Eppure, anche Florinda esprime la sua opinione sul controllo patriarcale del matrimonio. La rima è molto vivace, anticipa già il tema principale della commedia che è quello dell'ingiustizia con cui vengono trattate le donne, il matrimonio, la sessualità e la prostituzione. Entrambe le donne usano un linguaggio di giustizia, diritti e autodeterminazione, cosa del tutto insolita all'epoca. IL FINALE Il finale produce una sensazione di completamento e inclusione. Ci viene presentata l'immagine di una società coesa e festosa. Se, d'altra parte, le questioni in sospeso vengono lasciate inspiegabili, i personaggi vengono lasciati fuori dalla festa sociale o vengono suonate note discordanti, il pubblico rimane critico nei confronti delle immagini festive. Questo impiega sia il romantico che il satirico. The Rover (Il Giramondo) – text n.2 È la fine della commedia. Prima di allora, Blunt, molto misogino, ha cercato di violentare Florinda, di vendicarsi di tutte le donne, pensando che fosse una prostituta. Quindi Angellica ha cercato di uccidere Willmore, minacciandolo con una pistola e ha rivelato l'ipocrisia di Willmore anche alle orecchie di Elena. Quindi Elena corteggiò Willmore travestito da zingara e fece persino una trattativa, estorcendogli una promessa di matrimonio. Don Pedro si scontra con Elena e Willmore, che vogliono riprendersi la sorella per mandarla in Convento. Willmore gli va contro, dicendogli che devono sposarsi. La parte finale dell'Atto si suddivide qui in tre sezioni: la prima incentrata sull'incontro tra Pedro ed Hellena e Willmore (ll. 497–539); il secondo su Blunt (ll. 540–58); e il terzo il finale delle nozze e delle feste promesse (ll. 559–73). C'è la metafora dell'amore come la guerra e le donne sono come bottino, bottino di guerra; infatti, a un certo punto don Pedro dice molto arrabbiato a Belville (p. 267), che non solo hanno preso Florinda ma ora vogliono prendere Elena pure; per lui le sorelle sono come bottino di guerra che qualcuno gli ruba. Quindi, questa prima parte è lo scontro tra Don Pedro ei fidanzati delle sorelle. Poi c'è una parte più comica quando entra Blunt, in abiti spagnoli perché i suoi sono stati rubati nell'Atto 4; La Spagna è una nazione che proclama di odiare, ma che sono i conquistatori della Napoli occupata nella commedia. Blunt, il quasi stupratore, è quindi emblematicamente vestito con l'abito degli invasori. L'anglofilia di Blunt è un aspetto marcato del suo personaggio nei primi punti dell'opera, e rappresentato come un nazionalismo ristretto, puritano e ipocrita, in contrasto con le identità corretto. Il pubblico vede l'intenzione di vendetta di Blunt e il pubblico quasi mette in guardia Florinda, ancora una volta viene enfatizzata la vulnerabilità delle donne sole di notte. Florinda ha questo atteggiamento più ingenuo e più educato che fa appello alla galanteria. Rispetto a sua sorella Elena, che va d'accordo con il suo spirito in queste situazioni, se la cava in un modo più convenzionale e gentile. Florinda parla raramente a lungo di sé stessa; la vediamo ripetutamente come una vittima delle circostanze, piuttosto che come un agente del suo stesso destino. Semplicemente non percepisce o anticipa il pericolo in cui potrebbe trovarsi. Tuttavia, alla fine, entrambi riescono ad allontanarsi da situazioni pericolose. Willmore e Blunt alla fine si scusano per aver capito che Florinda è una gentildonna, ma c'è un messaggio implicito secondo cui i cavalieri considerano qualsiasi donna sola per strada di notte come un oggetto di cui appropriarsi in completa tranquillità. Hellena–textn.5–Act1, scene I Hellena parla con Callis, la governante, perché non può sopportare la reclusione di suo fratello. Le chiede di aiutarli a tirarli fuori travestiti per il carnevale. Solo che non glielo chiede come una supplica per lei, ma in modo molto assertivo e sfacciato, fa quasi promesse per corromperla. Importante in questo passaggio è la frase che Hellena usa alla fine "divaghiamo" per fare una passeggiata divertendosi, tra l'altro a quel tempo era il verbo usato dai libertini. Hellena è quindi una specie di versione femminile del libertino, o meglio cerca di esserlo. I ritmi del discorso di Hellena sono vivaci, spesso indicati dall'uso di frasi esclamative e domande alla fine delle frasi, che coinvolgono le sue compagne nelle sue idee (ad esempio, l. 175). Fa anche dichiarazioni dichiarative, cosa che Florinda fa solo in silenzio. Le dichiarazioni dichiarative di Hellena affermano le proprie opinioni, piuttosto che riflettere o rispondere a quelle degli altri. Il suo registro, in contrasto con quello di Florinda, è ampio ed esagerato ("Supereremo in astuzia venti fratelli", l. 175). Tutti questi modi di parlare creano un personaggio che è consapevole di sé, attivo, attraente, spiritoso e che può attirare il pubblico dalla sua parte. Ci dice chiaramente cosa pensa di suo fratello e come manipolare i suoi ordini per i suoi fini; denigra la sua futura carriera di suora; e lei avvia suggerimenti per l'azione. Solo a lei viene l'idea di travestirsi e uscire durante il carnevale. È esplicita sulle loro intenzioni di "superare in astuzia" il loro fratello, costruendosi come pari agli uomini nel suo stesso complotto. È sempre inclusiva: include sua sorella e Callis nei suoi piani, usando "noi" piuttosto che "io". Infine, si appropria sia del linguaggio che delle azioni del mondo maschile: “Let's ramble”, verbo usato dai rastrelli maschili. Abbraccia maschere, libertà fisica, pericolo, non conformità ed espressione di sé. È un personaggio meraviglioso anche perché continua ad assumere una molteplicità di ruoli, dalla sorella amorevole allo zingaro e al ragazzo. LIBERTINI E GENTILUOMINI Uno dei personaggi più noti nel teatro della Restaurazione è il libertino e il gentiluomo e gli eroi di Behn condividono molte caratteristiche tipiche del libertino. Sono libertini imbarazzati, egocentrici, spiritosi e sexy. Aphra Behn usa questo eroe in un modo distintivo che la distingue da molti dei suoi contemporanei: oggettiva questi uomini attraverso la trama, la caratterizzazione, il successo degli imbroglioni di eroina e l'impiego strategico della caratterizzazione delle cortigiane. Willmore and Angellica – text n. 6 – act 2, scene II (from The Rover) Questa è una delle scene centrali della commedia; In questo passaggio, vediamo tutta la falsità di Willmore per sedurre Angellica. Willmore è entrato nella camera di Angellica, il suo scopo è trovare una donna disposta ad andare a letto, senza obblighi finanziari o coniugali. In sostanza, usa tre strategie per sedurla: combina un ridicolo dell'economia del sistema di Angellica con una presentazione di sé come un gentiluomo povero, onesto e onorevole e un'affermazione del linguaggio del vero amore. Ma prima c'è un'interazione tra Willmore e Moretta, che lo odia così tanto che lei dice "Pox su di lui", è un individuo abominevole ai suoi occhi. La prima strategia di Willmore è di implicare un disprezzo per l'introduzione dell'economia nel sesso ("Ecco, brava caposquadra"); usa un espediente retorico convenzionale di reductio ad absurdam: riduzione di un elemento di un argomento a un letteralismo assurdo. Poi prosegue anatomizzando Angellica come merce, come oggetto, esponendo il metodo del prezzo di mercato. La riduce da alta cortigiana che decide il suo prezzo, a prostituta per strada, dicendo che ha pochi soldi e chiedendo cosa potrebbe comprare con quei pochi soldi. Questa è una strategia intelligente, spiritosa e subdola, che fa appello alla sua vanità e rispetto di sé; mentre, allo stesso tempo, si presenta come un onesto, povero gentiluomo che crede che l'amore non debba mai essere subordinato all'economia. L'ultima strategia di Willmore è il suo discorso poetico in pentametri giambici, in cui cerca di sedurre Angelica attraverso un linguaggio quasi cortese: fa molti complimenti, paragona la sua bellezza a quella divina, finge di amarla moltissimo, addirittura insinua che l'amore lo ha travolto, l'abbraccia e sospira anche come un amante disperato. Alla fine, Angellica cede e la personalità di Willmore si rivela un personaggio seducente ma anche falso, manipolatore e stratega. Le ideologie maschili dell'amore, siano esse libertine o cortesi, sono mostrate in conflitto con i desideri e le opinioni delle donne. Inoltre, tutti i libertini sono visti ripetutamente in situazioni in cui l'interesse personale domina le loro decisioni, il dialogo e il carattere. Tutti i personaggi maschili hanno nomi allegorici (a differenza dei personaggi femminili); i nomi dei rastrelli ci aiutano a dirci come questi personaggi devono essere interpretati moralmente. Il pubblico è critico nei confronti del personaggio di Willmore, siamo anche solidali con Angellica, che diventa vittima dell'ideologia maschile. Il ruolo di Moretta qui è cruciale nel guidare il pubblico: non si fida di Willmore e i suoi avvertimenti la rendono un personaggio come un commentatore e un giudice. CARNEVALE E MASCHERE Il carnevale è l'elemento importante per creare la scena; infatti, lo spettacolo è ambientato a Napoli in periodo di Carnevale. Durante il Carnevale si inventano identità e attività normali, ma anche travestimenti, rumori, eccessi sessuali e corporei. Bachtin diceva che il carnevale può essere considerato anche un modo letterario o linguistico, in cui l'inversione delle normali gerarchie, la celebrazione del corpo e del popolare, può essere usata come mezzo per criticare lo status quo. In "The Rover", il carnevale è al centro dell'ambientazione, della trama e del tema, mentre nelle altre commedie il travestimento è formalizzato come una parte essenziale sia della trama che della struttura. Aphra Behn usa le modalità di Carnival (come inversione, travestimento, travestimento, grottesco e oscurità) per mostrare come le donne siano spesso punite per tale aberrazione più degli uomini. Carnival scene: Hellena – text n. 7 – Act 1, scene I Il carnevale ha anche il ruolo di sottolineare la distinzione delle donne sulla linea di classe sociale. Infatti, i personaggi di questa scena (Hellena, Florinda e Callis), riconoscono una doppia divisione nel loro mondo sociale: quella tra le donne della loro classe e tutte le altre donne; e quello tra donne e uomini. Per le donne il carnevale rappresenta una possibilità di maggiore libertà perché escono di casa e adottano un'identità che non è la loro. La conversazione delle donne illustra la loro consapevole conoscenza della licenza e delle opportunità offerte da Carnival. È sia una ribellione contro l'autorità (quella del fratello) sia un momento di festa. Callis enfatizza il travestimento ('vanno in maschera', l. 171), mentre Hellena si concentra sia sulla licenza ("sii pazzo come gli altri, e prendi tutte le libertà innocenti", ll. 173– 4) e sulla capacità di assumere qualsiasi identità (cc. 176–7). Hellena invoca il linguaggio e le libertà degli uomini libertini nella Restoration London, quando dice “andiamo in giro”, “let’s ramble” (I. 178). Appropriandosi di un termine di genere per le libertà sessuali e libertine, Hellena suggerisce anche che Carnival potrebbe liberare la sua sessualità. Carnival to Hellena è un tempo e uno spazio per le alternative, per l'inversione e il travestimento, per l'avventura e la scoperta sessuale. Ma la battuta finale di Callis ricorda al pubblico che in realtà questo non è consentito alle donne dell'alta società, mentre lo sono gli uomini. In questo modo, sottolinea anche il contrasto nel modo in cui uomini e donne vivono il carnevale. Carnival scene: Willmore and Cavaliers – text n. 8 – Act 1, scene II Questo estratto, subito dopo l'ambiente prevalentemente femminile della prima scena, mostra un ambiente e un punto di vista maschili. In questa canzone Willmore e gli altri inglesi parlano prima di Napoli dicendo che cercano l'amore (sesso) e il divertimento, poi entrambe le persone in maschera e Willmore fa di tutto per sedurne una. Willmore usa facilmente il termine amore per riferirsi al sesso. C'è uno scambio di parole con doppi significati espliciti e volgari, le donne sono paragonate alle rose. Poi si parla di una specie di cespuglio, doppio significato. Poi questa donna lo lascia cadere e se ne va con un altro. Willmore è giocoso, seducente e molto sicuro di sé, lui ei suoi amici guardano le donne mentre ballano, commentano sé stesse, c'è una situazione tipica in cui gli uomini guardano e le donne sono oggettificate e soggette ai loro pensieri e commenti. L'eccesso di Willmore collega Willmore all'accoglienza di Hellena a Carnival nella scena precedente. Questo estratto offre anche a Behn, l'opportunità di usare la danza e il costume come un modo per ambientare la scena carnevalesca. Willmore presume che le donne per strada a Carnival siano inequivocabilmente disponibili al sesso. Willmore e Blunt riducono tutte le donne a oggetti sessuali. Uomini e donne usano un linguaggio diverso riguardo al Carnevale: Willmore si concentra molto più esplicitamente sul sesso, usa eufemismi ed estende la metafora in un riferimento esplicito agli organi sessuali ("dammi il permesso di raccogliere al tuo cespuglio questo mese ozioso", II. 90-1). Aphra Behn ci rende consapevoli che qui è di genere e un cameratismo maschile comune; in altre parole, il Carnevale offre agli uomini la libertà di pensare e parlare in questo modo. Il carnevale è rappresentato come pericoloso. Carnival scene: masked men – text n. 9 – Act 2, scene I In questo atto, inaspettatamente, è Belville a notare la potenziale violenza a Carnival. Questo crea un contrasto critico con le azioni delle donne durante il Carnevale e il contrasto tra uomini e donne. La vittima più ovvia del passaggio all'identità Carnival è Florinda. Così, in netto contrasto con la libertà assunta dagli uomini, Behn dimostra che il Carnevale vincola l'identità delle donne, aprendole allo stupro vicino e dimostrando la necessità che le donne siano protette dagli uomini o che rimangano a casa. Willmore è l'unico personaggio che non si traveste mai, tiene la maschera in mano forse per vanità, è implicito che ci sia una potenziale violenza intrinseca al carnevale: si presume che questi uomini mascherati possano commettere qualcosa di eccessivo per il quale non sarà responsabile perché il loro volto non è stato visto, come se non fossero loro. La maschera e il carnevale sono un'esperienza di genere, in cui gli uomini hanno un diritto maggiore a fare ciò che vogliono, mentre le donne sono più libere, ma rischiano di essere violentate e di perdere l'onore. Apra Behn segue la convenzione secondo cui il pubblico deve avere il piacere che i conflitti siano risolti; infatti, mette in scena due matrimoni già fatti e un terzo matrimonio di cui si parla e che avrà luogo. Ma non fa solo questo, nel frattempo Florinda deve accettare che i suoi potenziali stupratori diventino suoi amici mentre Angelica viene tagliata fuori da lei. Quindi, non solo offre al pubblico il mondo utopico e immaginario in cui tutti sono felici e contenti, ma anche il mondo irreale in cui non tutti sono felici. È quasi un finale aperto, in cui il pubblico è portato a riflettere compagnia di cui godeva i due fratelli. Spesso con loro c’era anche Caesar (nome da schiavo) con la quale lo conoscevano. Era lo schiavo di Trefry, un uomo di colore, che nel suo paese era un principe. Tutta la storia raccontata da Aphra su questo principe di colore divenuto uno schiavo, rimanda al suo libro più importante, Oroonoko. Non si sa però se la storia raccontata da lei sia tutta vera, o se sia solamente frutto della sua immaginazione per scrivere un’opera di successo come questa. Le critiche ricevute sull’autenticità di questa storia partono soprattutto dal dottor Bernbaum, che sosteneva che quest’opera era stata copiata da un’altra scritta da Warren. Anversa à La seconda parte dell’argomentazione del dottor Bernbaum riguarda l’affidabilità e l’autenticità delle “MEMORIE”, il che significa il problema del signor Charles Gildon. Gildon era uno scribacchio che doveva guadagnarsi da vivere e accettava qualsiasi tipo di lavoro gli capitasse tra le mani. Gli piaceva molto far finta di avere tra le mani “notizie riservate” o scrivere pamphlet anonimi. Frequentava John Dunton, un libraio e giornalista privo di scrupoli. Nella sua Miscellanea e in Chorus Poetarum, ha attribuito a Spencer e a Milton poesie che certamente non era di questi autori. Tutto ciò non costituisce prova di grande credibilità e quando nel 1696 vediamo che Gildon sfrutta il successo dell’Oroonoko di Southerne pubblicando un’edizione che raccoglie Storie e romanzi della signora Behn, è inevitabile guardare con un certo sospetto alle anonime Memorie pubblicate come prefazione a quella raccolta. Nel 1696 la commedia Il fratello minore era stata pubblicata postuma sotto gli auspici di Gildon, preceduta da un racconto della vita dell’incomparabile signora Behn, firmato da lui; in seguito, nello stesso anno, la raccolta di Storie e romanzi della signora Behn fu pubblicata da Gildon, preceduta questa volta dalle Memorie “scritte da una rappresentante del gentil sesso”. Questa donna però non ci fornisce qualche riferimento a se stessa per farci capire chi fosse, ci disse solo di essere una donna che conosceva molto bene la signora Behn, ma il dottor Bernbaum, presume fosse stato lo stesso Gildon a scrivere Le Memorie. Gildon, era un esperto di falsi letterari e per di più gli era già venuto in mente, che “per farne un ritratto naturale bisognava scrivere come lei, cioè con tutta la delicatezza del suo sesso e tutto il fuoco del loro (quello maschile)”. L’attribuzione delle memorie non è forse una questione molto interessante: l’unica questione rilevante è che deve essere stata scritta da qualcuno che aveva conosciuto la signora Behn. Gildon la conosceva, perché era arrivato a Londra nel 1686 e Aphra muore nel 1689, quindi ebbe ben tre anni, per frequentarla. Le Memorie non sono ben scritte, mancano di proporzione e contengono alcune storie assurde. Dopo l’episodio del Suriname, la famiglia Amis tornò in Inghilterra, trasferendosi a Londra. Ma Aphra non rimase lì a lungo. Un uomo olandese, un mercante di nome Behn, le fece la corte e la convinse a diventare sua moglie. Al matrimonio seguì una fase breve ma brillante della sua carriera. Era una donna sposata, rispettabile e benestante, allegra e spumeggiante, e in questo ruolo comparve alla corte di Carlo II, dove si dice che la sua giovinezza abbia attirato l’attenzione del Re. Il re Carlo II, dopo aver ascoltato Aphra sul Suriname, le chiese di raccontare le sue avventure a tutti. Ma come osserva Bernbaum, se davvero il re le avesse chiesto ciò, quando Behn pubblicò l’opera doveva contenere una dedica al Re e doveva essere pubblicata nel 1666. Invece l’opera di Oroonoko fu pubblicata nel 1688 e solo con un piccolo riferimento al monarca. Il marito muore nel 1665 e la lasci da sola e povera, non le lasciò nulla della sua fortuna e non ci viene detto neanche il perché e neanche perché, Aphra, dove questa “disgrazia” non tornò a casa dalla signora Amis (sua madre). Forse perché voleva essere indipendente. Aphra Behn non fu mai una donna prudente, aveva una natura nobile e generosa. Poteva mettersi nei guai o gli amici potevano abbandonarla, ma lei si dimostrava sempre allegra, coraggiosa e generosa. Adesso che Aphra era vedova, si rivolge alle sue amicizie a corte e si fece mandare in Olanda come spia. Lì era sola, era una spia dei servizi segreti inglese; a quei tempi i rapporti tra inglesi e olandesi non erano dei migliori. Quali siano state le ragioni di Aphra a prendere questa decisione, non la sappiamo, ma fu nominata ufficialmente agente segreta e arrivò ad Anversa nell’estate del 1666, portando con se solo qualche sterlina. L’obiettivo principale per il quale fu mandata all’estero non era quello di spiare gli olandesi e scoprire i loro progetti navali; la sua vera missione era quella di tenere d’occhio certi inglesi rinnegati che vivevano in Olanda e che attraverso un’alleanza con gli olandesi cercavano di rovesciare la monarchia inglese. In particolare, le fu affidati il compito di entrare in contatto con William Scott (era desideroso di rientrare nelle grazie del Re). Scott aveva già ricevuto l’ordine di ritornare in Inghilterra, ma non era sua intenzione obbedire prima che gli fosse concessa la grazia, e questa grazia era pronto a guadagnarsela tradendo i suoi amici olandesi e collaborando con la signora Behn come spia dei servizi inglesi. Circa dieci giorni dopo il suo arrivo ad Anversa, la signora Behn iniziò a scrivere all’Inghilterra (ma non al re direttamente, prima a James Halsall e poi a Tom Killingrew). Nelle sue lettere per non essere scoperta si chiamerà Astrea, mente a Scott lo chiamerà Celadon. Scrisse moltissime lettere sia ad Halsall che a Killingrew, ma non ebbe mai risposta da nessuno dei sue; nelle sue lettere lei li aggiornava dei movimenti e delle intenzioni di Scott, ma anche degli altri inglesi, e in più chiedeva del denaro per poter vivere senza richiedere dei prestiti in Olanda, ma appunto mai ricevuto risposta. Così Behn cominciò ad indebitarsi con moltissime persone, l’ultimo debito che le fu fatto, fu ad opera di Edward Butler, che le prestò centocinquanta sterline, per poter torna a Londra e finalmente si imbarca nel gennaio del 1667. Finalmente Astrea torna a Londra, ma non era la Londra che ricordava lei. Durante la sua permanenza ad Anversa, un mese dopo che lei era partita dall’Inghilterra, il Grande Incendio di Londra, devastò la città. L’incendio durò circa quattro giorni per via del vento che aveva propagato le fiamme e su un’area di oltre quattrocento acri, quattrocento strade e cortili erano coperti da case in rovina. Nel gennaio del 1667, la ricostruzione di Londra non era ancora iniziata. Il 17 gennaio Pepys (un diarista della letteratura inglese) scriveva “vedo ancora in molti punti i resti fumanti dell’incendio”. Perciò anche la signora Behn, molto probabilmente li avrà visti; volute di fumo nero che salivano da sottoterra, da qualche cantina coperta dalle macerie dove ancora i carboni bruciavano sotto la cenere. Fu un inverno molto freddo e i prezzi di qualsiasi cosa aumentavano e quindi anche trovare un alloggio per la signora Behn, sembrava abbastanza impossibile visto le condizioni economiche in cui si trovava. Dopo qualche tempo, si rifece vivo Butler, che le disse che se non pagava il conto (del debito che aveva con lui) entro la data stabilita, l’avrebbe mandata in prigione. Behn, scrisse di nuovo alla corona, ma come sempre senza ricevere una risposta. Butler a quel punto attuò la sua minaccia; Aphra Behn venne imprigionata, non si sa però in quale prigione fu mandata, perché per via dell’incendio, quasi tutte le prigioni di Londra vennero distrutte. Non si sa neanche per quanto tempo ci rimase. Tutto ciò che sappiamo è che alla fine il debito fu saldato e che Aphra, scriverà poi di Killingrew con stima e ammirazione (e non in modo sgradevole, anche se lo meritava per come la trattò). In questo modo Aphra uscì dalla prigione, divenne una donna libera per poter entrare nella terza e più brillante fase della sua carriera. Londra à Astrea, sapeva che le sue due grandi risorse erano il fascino e la penna, e non ebbe scrupoli a usarli entrambi per procurarsi la popolarità che desiderava. Chi ha scritto le Memorie osserva che, essendo la signora Behn una donna di buon senso, di conseguenza era amante del piacere. Aphra era molto tenere con i giovani sregolati delle sue commedie. Lei apprezzava la libertà e sosteneva che il cuore deve concedersi il proprio desiderio. Ma se fosse stata tenera con il libertino, avrebbe deriso il damerino e l’uomo alla moda, in compagnia del quale si pensa lei passasse molto tempo. Secondo il suo biografo, lei aveva molti di questi “uomini” che professavano il loro grande amore e che lei sfruttava per divertimento e per intrattenere gli amici. Si pensava che lei fosse una donna capace di passione sincera, capace di soffrire per le delusioni e disillusioni causate dalla passione, ma a volte era spinta dalla necessità e da un carattere libero e amante del piacere, a creare dei legami più instabili, che lei stessa disapprovava. Lei voleva divertirsi e voleva essere una scrittrice di successo. L’idea che ci si fa è quella di una donna dissoluta e di un’autrice pornografica, ma corretta fino ad un certo punto. Lei seppe mantenere un reale senso delle proporzioni, non perse mai la capacità di vedere la vita dall’esterno e che il suo disprezzo fu tanto grande quanto il suo amore per il piacere. In altre parole, può essere considerata una scrittrice di alta moralità e di grande idealismo. L’oscenità non era ciò in cui credeva, la divertiva e la faceva guadagnare, ma non era l’unica ragione della sua esistenza. Il suo biografo disse che godette dell’amore di numerosi personaggi, oltre che dell’amicizia degli uomini più saggi dell’epoca, ma le sue poesie sono popolate solo da Licida, Aminta, Alessi, Lisandro, Filastro e raramente da nomi reali. John Hoyle, di solito compare nelle sue poesie con il nome Aminta, diventa Licida ne La nostra cabala (Our Cabal, in Poems upon Several Occasion). Esistono allusioni dei contemporanei alle sue relazioni intime. L’unico uomo che sappiamo per certo essere stato il suo amante fu proprio John Hoyle, avvocato del Gray’s Inn e dell’Inner Temple, una persona dalla fama pessima, la cui presenza tra le amicizie di Behn può considerarsi la prova della compagnia di libertini che frequentava. Ma se la vita di Astrea era tanto cupa e tormentata, la vita esteriore, era piena di eventi emozioni e successi. Astrea si confrontava con gli scrittori professionisti sul loro stesso terreno, li stava persino scacciando dai palcoscenici del Duke’s Theatre. Vi erano solo due teatri a Londra e se uno di essi avesse presentato un’opera di Behn, ovviamente non avrebbe potuto presentare un’opera di un altro autore. La stessa Behn si rese conto della congiura che si stava organizzando contro di lei e si espresse sull’argomento con la sua solita vivacità e forza. Sebbene fosse efficace nell’autodifesa, la signora Behn riusciva a essere sempre estremamente spregiudicata, spesso anche imprudente (perché la sua inaccuratezza offriva ai suoi nemici l’occasione di attaccarla). Ma se fosse stata attaccata, avrebbe saputo reagire, seppur non sempre saggiamente. Per sua fortuna aveva un carattere combattivo che la sosteneva contro la cattiva sorte, i nemici, la malattia e le altre avversità di una vita difficile ma vittoriosa. Nel 1670 quando Aphra era a Londra, non era ancora famosa, ma stava raccogliendo le forze. Frequentava aspiranti scrittori, attori, attrici e personaggi da taverna. Stava per lanciare la sua prima opera teatrale. Proprio mentre iniziava a risollevarsi, Londra iniziava a risorgere dalle proprie ceneri. Nel dicembre del 1670 al Duke’s Theatre, andò in scena Il Matrimonio Forzato (o lo sposo geloso). Tra le conoscenze di Aphra in quegli anni c’era un giovane ragazzo di nome Thomas Otway (che poi diventerà un celebre drammaturgo della Restaurazione), che bruciava dalla voglia di tentare la fortuna come attore. Allora Aphra decide di assegnare a lui la parte del re. Fu una decisione incauta perché il risultato fu un disastro. Non essendo abituato al teatro, il signor Otway, fu messo talmente in suggestione che non riuscì a pronunciare neanche una parola. Tuttavia, l’opera non fu un fiasco totale e andò in scena per sei serate, il che può sembrare poco, ma era dei numeri molto alti per quei tempi. Quando nel 1673 fu messa in scena la sua terza opera L’amante olandese, Behn era un personaggio conosciuto, una figura di rilievo con cui misurarsi. L’opera fu rovinata dalla cattiva recitazione, la negligenza di alcuni fu imperdonabile. Se pure la avessero insultata, sarebbe stata almeno riconosciuta e nei caffè e nei salotti si faceva spesso il suo nome. Veniva attaccata, ma non ignorata; accanto a tanta ammirazione scorreva un fiume di critiche. Veniva sminuita in moltissimi modi: si diceva che si facesse aiutare dal suo amante a scrivere le sue opere o che copiasse le opere di altri autori (cosa che chiunque faceva, anche gli autori più grandi di lei e anche esplicitamente). Tra la produzione dell’amante olandese e quella del damerino di città, passarono tre anni. Il silenzio che ci fu in questi tre anni non fu per mancata ispirazione (quella non gli mancò mai). Dopo il 1676, quando tornò nel teatro, produsse commedie e romanzi ogni anno. Il dissoluto, il finto sposo, il giramondo, Abdelazer, Sir Patient Fancy, il giovane ree, le finte cortigiane, i puritani, l’erede di città, il falso conte, furono scritti tra il 1676 e il 1682. Dopo il
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