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Modulo Marketing Management del corso Global Marketing Management, Dispense di Marketing

Modulo Marketing Management del corso Global Marketing Management del corso di laurea magistrale in Marketing e Mercati Globali presso l'università di Milano-Bicocca

Tipologia: Dispense

2019/2020

In vendita dal 29/10/2020

MattChigno
MattChigno 🇮🇹

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Scarica Modulo Marketing Management del corso Global Marketing Management e più Dispense in PDF di Marketing solo su Docsity! 1 Indice 1) Evoluzione concetto di marketing pag 2 2) Dalla Globalizzazione alle diverse tipologie di marketing pag 12 3) Marketing nei mercati esteri: Caratteristiche, requisiti, vantaggi ,ostacoli e fattori che spingono ad essere presenti all’estero pag 16 4) Paesi emergenti caratteristiche e ostacoli pag 25 5) Analisi mercati esteri pag 27 6)Matrici pag 34 7) Strategie competitive pag 55 8) Strategie controllo del capitale e diversi approcci giuridici pag 60 9) Segmentazione pag 62 Introduzione Questo elaborato affronta il marketing management dalla sua evoluzione e concezione letteraria fino ai diversi approcci che ha avuto nei diversi mercati da quello domestico fino a quello estero e come si è affrontato ciò. 2 Marketing management Temi e contenuti marketing management (Marketing strategico): 1) Il Marketing: Letteratura di riferimento 2) Le imprese che operano su diversi mercati geografici: Principali caratteristiche 3) Il marketing per i mercati esteri 4) Analisi dei mercati esteri 5) Strategie competitive nei mercati esteri 6) Segmentazione nei mercati esteri Marketing operativo 4p (prodotto, prezzo, place, promotion): 1) Strategie di prodotto nei mercati esteri 2) La distribuzione, prezzo e la comunicazione per i mercati esteri Marketing e Analisi della Letteratura. Evoluzione della Concezione di Marketing Spesso la parola Marketing è associata a strategia e attività non realmente sue, talvolta Marketing è stato usato anche in modo sbagliato. Ci sono state 3 definizioni di Marketing, con relative evoluzioni e critiche, infatti la Letteratura ha identificato il Marketing come: 5 • Seconda Critica: Le 4 o 7p sono delle azioni che hanno un confine temporale, Gronroos (1991) afferma che il Marketing Operativo ha un approccio di breve periodo, ma il Marketing dev’essere di medio-lungo termine per creare un rapporto di fiducia, mentre le 4p per definizione sono di breve termine. Si deve dare una logica di medio-lungo termine (Continuum). L’approccio Outside-in ha un’ottica di lungo periodo, che si declina nella mission e nella vision. La traiettoria di lungo periodo non deve mai essere smentita. • Terza Critica: Altri autori come Gunnenson e Marion introducono anche un approccio interattivo e relazionale, non esiste solo operativo. Le 4p sono statiche oggi c’è la necessita di renderle dinamiche tramite un’interazione continua con il consumatore. • Ultima critica: Day e Wind (1980), Welster (1981) e Robertson (1983) introducono il Marketing Strategico, insegnano a fare strategie a livello corporate, sullo sviluppo d’impresa, non sulle 4p, su come l’impresa intende affrontare il mercato (introducendo la parte di analisi, con le strategie per affrontare il mercato). Le due facce del Marketing Marketing strategico (analisi) Da queste critiche si inizia a sviluppare il Marketing Strategico, che tratta come l’impresa si affaccia sul mercato, ed abbiamo 5 livelli: 1) Analisi dei bisogni 2) Seguire l’evoluzione del mercato 3) Valutare l’attrattività del mercato 4) Valutare la competitività 5) Medio/Lungo termine Le due dimensioni, operativo e strategico le andiamo ad integrare sempre. Il Marketing Strategico è collegato all’analisi. Autori importanti nel Marketing Strategico sono: -Ansolff, che ha introdotto la matrice prodotto-mercato che è di Marketing Strategico. Questa fa emergere due concetti importanti: 1) Diversificazione (prodotto nuovo per mercato nuovo) 2) Penetrazione (vecchio/esistente prodotto nel vecchio/esistente mercato) Presente New Market penetrazioni Product Develompent PRODOTTO 6 Presente New -Abel, che ha sviluppato la matrice Prodotto/Clienti/Tecnologia. Con Abel abbiamo l’individuazione del prodotto-mercato: Bisogni, mercato e tecnologie. Con la matrice di Abel individuiamo le AREE STRATEGICHE D’AFFARI(ASA) ossia quel segmento di mercato in cui l’impresa decide di operare. Come abbiamo detto il Marketing strategico è rappresentato da: 1) Analisi dei bisogni 2) Seguire l’evoluzione del mercato 3) Valutare l’attrattività del mercato 4) Valutare la competitività 5) Medio/Lungo termine 1) Analisi dei bisogni del consumatore: Studiamo i nostri consumatori, analizziamo le diverse figure e poi studiare il processo di acquisto. Primo punto è Chi è il consumatore? Bisogna guardare a 3 dimensioni chi lo acquista (acquirente), chi lo usa(utente) e chi paga (pagante) il prodotto. Sull’analisi del consumatore bisogna guardare a queste 3 dimensioni del consumatore, perché potrebbe non essere la stessa persona. Molte volte queste 3 figure (acquirente, utente, pagante) coincidono, ma non sempre. Secondo punto è il processo di acquisto del consumatore, parte con la nascita di un’idea, poi valuto le alternative disponibili, vado ad acquistare e faccio delle valutazioni post-acquisto. Tutto ciò deve entrare nel monitoraggio dell’analisi del mercato perché può emergere qualcosa che manca che posso colmare con il Marketing Operativo 2) Seguire l’evoluzione del mercato: Ovvero seguire l’evoluzione dei segmenti. Prima di tutto individuare i segmenti e poi tirare fuori il trend (la tendenza). La segmentazione è fatta di due momenti la Micro e la Macro. La Macro-segmentazioni (è il cubo) si collega alle 3 dimensioni del cubo di Abel (Bisogni, Clienti, Tecnologie), qualifico il mercato generale. All’interno del cubo posso decidere di concentrarmi su uno o più Market development Diversification M ER C A TI A P P R O C C IO T R ID IM EN SI O N A LE D I A B EL L 7 segmenti di quel mercato, cioè faccio la micro-segmentazioni (rompo il cubo in segmenti). Posso non segmentare e considero il cubo interamente, oppure posso decidere di segmentare e concentrarmi su un unico segmento oppure ancora scelta di segmenti. La segmentazione può avvenire per variabili sociodemografiche (età, sesso, reddito.), o anche secondo i vantaggi del consumatore (alta qualità e basso costo, o che cercano una certa immagine). Stimato il mercato dobbiamo decidere se segmentare oppure no, non segmentiamo perché e vogliamo competere ad armi pari oppure segmentiamo diventiamo specialisti in quel segmento del mercato perché vogliamo farci percepire come migliori. 3) Valutare l’attrattività del mercato: Bisogna stimare la domanda, dopo aver scelto il mercato e il segmento. Bisogna rispondere a questa domanda: Quanta gente c’è in quel segmento(potenziale)? La risposta a questa domanda che è un numero qualifica la domanda globale o complessiva. La domanda globale o complessiva non è la domanda di una singola impresa, perché dentro a quella domanda globale e complessiva ci sarà poi la quota di mercato dell’impresa., che è la domanda dell’impresa. Posto che i consumatori di quel segmento sono 1 miliardo quanti potrebbero essere quelli che acquistano i miei prodotti? Qual è la mia quota di mercato (vendite dell’impresa sulle vendite totali del mercato)? Ovvero quante persone possono acquistare da me? 4) Valutare la competitività: Posto che ho stimato un potenziale di mercato e che penso di voler fare una determinata quota, ossia vendite, posso riuscirci rispetto ai miei concorrenti? Qual è il mio posizionamento rispetto ai concorrenti? Questo è un confronto con la concorrenza. Come stimo la Competitività? La competitività richiama il concetto di vantaggio competitivo (di costo o differenziazione). Bisogna decidere quindi come competere sul mercato, come posizionarsi rispetto ai concorrenti, monitorando le nostre risorse e capacità. 5) Medio/Lungo termine. Quindi stabilito il mercato in cui si vuole entrare, con riferimento a determinati segmenti, pensiamo di avere un potenziale di domanda adeguato e i concorrenti ci lasciano una piccola quota, perché manca qualcosina che noi siamo in grado di sostenere, allora possiamo far partire il nostro Marketing Operativo. 10 -Canale indiretto corto: ha un unico intermediario, unico passaggio di intermediazione cioè il dettaglio, dettagliante (il distributore è il dettagliante). Il dettaglio per legge è colui che vende al consumatore finale, ha dei punti di vendita fisici o virtuali di contatto con il consumatore finale. Se c’è un unico passaggio di intermediazione non vuol dire che c’è un'unica impresa distributiva, ma la forma di commercio al dettaglio può prevedere contatti con molteplici dettaglianti anche d’imprese differenti, l’importante che siano tutti dettaglianti. In sintesi: Produzione→ dettaglio→ consumatore finale. Quindi nella distribuzione la prima scelta che un produttore deve fare è decidere se usare canali diretti o indiretti, dal momento in cui sceglie gli indiretti deve decidere se rivolgersi a grossisti o dettaglianti e se serve anche altre figure che mi aiutano a distribuire il prodotto territorio. La distribuzione per la teoria classica del marketing può essere intensiva cioè metti il prodotto in numero più alto possibile di punti di vendita, esclusiva cioè metti il prodotto in pochi punti di vendita che riesci a controllare per vedere come si muove il consumatore presso lo store perché il prodotto è altamente differenziato. Infine c’è la selettiva, che è una via di mezzo, cioè scegli una numerosità contenuta di punti di vendita che spesso non riesco a gestire direttamente perciò bisogna rivolgersi ad altri seppur con una numerosità contenuta. 3) PREZZO: La leva prezzo è l’unica che crea direttamente ricavo e che non richiede grandi investimenti per essere mossa, gestita. Abbiamo 3 diverse teorie sui prezzi: 1) Prezzo in base ai costi: Questo tipo di prezzo può essere utilizzato nei mercati statici (benzina, diamanti, farmaci), dove non bisogna guardare la soddisfazione del consumatore e dove indipendentemente dal prezzo si ha una domanda. L’orientamento dei costi può orientare verso diverse scelte di prezzo ossia: • Prezzo soglia o base: metto un prezzo che copra il costo diretto di prodotto. Nei mercati dinamici non è la scelta consigliata. (Dato dai costi diretti) • Prezzo tecnico: Dato dal prezzo soglia (costo diretto) + costi fissi/ quantità (quantità che si pensa di vendere e possiamo fare una proiezione sulla gamma di prezzo). • Prezzo target: Dato dai costi diretti+ costi fissi/quantità (prezzo tecnico) + RxK/ Q. Dove K è il capitale investito, Q è la quantità che pensiamo di vendere e R è il tasso di rendimento del capitale investito. 2) Prezzo in base alla domanda (consumatori): Si ricollega all’ elasticità della domanda rispetto al prezzo. Il prezzo che si determina in base al consumatore viene definito come prezzo ottimale che tiene conto dell’elasticità della domanda rispetto al prezzo. Questo prezzo può essere stimato attraverso la fish bain. 3) Prezzo in base alla concorrenza: Si fissa un prezzo in base alla concorrenza. 4) PROMOTION (COMUNICAZIONE): Pubblicità, forza saldi, promozione. Contrasto fra il Marketing Operativo e Strategico Marketing operativo: - Orientamento all’azione - Sfrutta le opportunità esistenti (logica inside-in) - Non-product variables (scarsa varietà di prodotti) 11 - Stable enviroment (mercato, ambiente stabile) - Day-to-day management (logiche di breve periodo) - Marketing function (il marketing è vista come una funzione aziendale) Marketing strategico: - Orientamento all’analisi (analisi di mercato) - Nuove opportunità (logica outside-in) - Ambiente dinamico (ricerca delle opportunità in mercati che magari ancora non esistono) - Management a medio/lungo termine - Cross functional organisation (approccio Inter funzionale, il marketing non è solo una funzione - Product market variables (colgo tutte le opportunità esempio diversificazione attraverso prodotti nuovi in mercati nuovi) Market driven management Abbiamo visto che analisi e azione definiscono il marketing strategico e operativo. C’è una continua sinergia tra le due facce del marketing, cioè è lo strategico che guida l’operativo. Guardo il mercato dall’esterno e poi muovo le mie leve (4p) e prendo le mie decisioni di marketing. Stabilita questa sinergia il marketing ha cambiato denominazione ed è diventato market-driven management. Il market-driven management è un’evoluzione del marketing, una filosofia di gestione che tende ad unire il marketing strategico(analisi) e quello operativo(azione) in modo sinergico. Ci sono alcuni autori importanti del Market driven Management: -Inizialmente tale teoria si sviluppa in Giappone con Ohmae Kenichi e Ohno Taiichi. Questi vengono considerati i precursori della gestione market-driven. Per loro il market-driven management è accompagnato dalla gestione snella della attività, quindi si ha a che fare con imprese che applicano i principi della lean production cioè contenimento dei costi o riduzione degli errori ecc. Cioè qui prima si inizia a guardare al mercato per muovere il marketing. -Successivamente tale teoria si sviluppa in America. Qui le imprese Market-driven sposano i principi della lean-production e poi si organizzano in modo che tutte le funzioni aziendali guardano fuori e cercano i cambiamenti del mercato, e capire se questi possono diventare un’opportunità per sviluppare un’innovazione della nostra offerta che dobbiamo poi completare con il marketing. Ci interessa qui non solo il marketing orientato all’ esterno ma anche le funzioni aziendali. Ci organizziamo per affrontare nuovi mercati perché riteniamo che in quei mercati ci siano nuove opportunità da sfruttare per fare un’offerta nuova e rinnovata che ci consenta di fare profitto, valore. Questo è in sintesi il market-drive management. -Altri autori americani associano l’orientamento al cliente (l’analisi dei bisogni del cliente) all’orientamento del concorrente. Tutte le strategie è vero che partono dall’ analisi di bisogni del mercato ma prima di dare corso alle attività di marketing guardiamo al concorrente, perché solo attraverso ciò capiamo se stiamo andando contro ad una strategia che è differenziante. Oltre a questo tengono conto del coordinamento inter-funzionale cioè vuol dire lavorare in azienda con dei team inter-funzionali, che si 12 creano in relazione all’offerta che vogliamo comporre, a quel innovazione che vogliamo mettere sul mercato. -George Day, della scuola americana, studia tanto il valore per il consumatore, Day sostiene che le imprese che hanno un orientamento di questo tipo ossia al mercato, sono più abili a trattenere i consumatori di valore. Un consumatore può essere di valore perché per noi fa da guida, anticipa determinati trend di mercato, fa comprendere le tendenze di mercato, ci permette di percepire le innovazioni. È di valore perché ci fanno da guida da un lato e anche perché è quello che ha un buon potenziale di spesa. -Best affianca al ragionamento di valore anche quello di metrica di performance. Sviluppa un sistema di indicatori di performance che ci permettono di misurare la nostra posizione competitiva rispetto ai rivali. -J. J Lambin, della scuola Europea, i cui libri sono stati tradotti in molte lingue. Il tema qui è quello degli attori del mercato. Oltre al orientamento al cliente, al concorrente ma ci sono anche al tri soggetti che vanno monitorati e che ci aiutano ad avere una situazione ben definita del mercato in cui stiamo lavorando con quella specifica offerta che nasce da un cambiamento di mercato. La globalizzazione (non all’esame) Dobbiamo affrontare un approccio di marketing al di fuori dei confini domestici. Alcune organizzazioni hanno fatto della globalizzazione un’opportunità, una sfida da superare ed a seguito della globalizzazione considerano il mercato come delle opportunità per sviluppare l’attività d’impresa anche se tali mercati sono lontani. Ci sono diverse fasi della Globalizzazione: 1) La prima fase della globalizzazione nasce nel momento in cui si sviluppano le navi a vapore, il servizio telegrafico transatlantico, quindi diventa possibile comunicare a costo contenuto e su lunga distanza, ed avere quindi un mercato più ampio. Quindi un primo sviluppo è dato dalle tecnologie che avanzano. Maggiori scambi fra imprese di paesi differenti. 2) Scambi accentuati dal fatto che ci sono minori restrizioni e dazi, barriere, abbattimento dei confini tra i diversi paesi oppure crisi economiche che si sviluppano su un mercato possono avere ripercussioni anche su altri mercati geografici proprio per le relazioni che le imprese hanno sviluppato con questi mercati, maggiore interdipendenza fra i mercati tutto ciò si definisce Integrazione. 3) Elevato aumento di flussi migratori e di movimentazione della merce, persone, conoscenze. I mercati diventano così grandi opportunità per fare profitto. Se devo affrontare più mercati geografici e devo sfruttare opportunità che arrivano dal mercato, vuol dire che assumo una sorta di dinamicità nella produzione (cambio le produzioni a seconda del mercato e delle opportunità che mi si presentano), quindi sviluppo certe produzioni che poi vado a dismettere e che vado a replicare con produzioni nuove, c’è una sorta di flessibilità nei sistemi di produzione. Abbiamo quindi una localizzazione dinamica dei miei stabilimenti (in tutto il mondo) e ciò porta a differenziarsi in maniera continua, per andare a sviluppare il profitto. Il gioco è portar fuori e sviluppare nuove offerte. 15 che mi serve e perciò devo cercare opportunità di sbocco, vendita fuori da quel mercato domestico, porto la vendita fuori dal mercato di origine. Bisogna innanzitutto scegliere in quali mercati esportare, e poi se scelgo più mercati stabilire quale sarà la sequenza di mercati, ovvero l’ordine (entro in tutti i mercati contemporaneamente, o una alla volta). Quando si vuole fare export si hanno due alternative ovvero marketing diretto e indiretto. Spesso le imprese piccole scelgono l’indiretto per poi passare al diretto. Export marketing indiretto: Esportare prodotti che si continua a produrre nel mercato d’origine avvalendosi di partner che si occuperanno dell’intero processo di esportazione. Questi partner sono le Trading company che sono delle compagnie di spedizioni che si occupano della gestione delle esportazioni e delle vendite nel mercato straniero, qui solo la vendita va fuori non la produzione. Export marketing diretto: ovvero sarà l’impresa senza partner a gestire l’esportazione verso mercati stranieri investendo in soldi, personale e infrastrutture per i contatti all’estero. Naturalmente bisogna avere competenze, capacità e persone necessarie per gestire la vendita in un mercato diverso dal proprio. Si stabiliscono imprese di conto proprio all’estero che gestiscono la vendita. A volte tale scelta è obbligata in quanto ci troviamo in una saturazione del mercato d’origine, perché nel mercato interno ho esaurito la domanda, quindi cerco opportunità altrove. L’export comporta sempre l’analisi dei bisogni, della concorrenza e delle industrie ecc. viene sempre fatta nel mercato d’origine ovvero del domestic, solo la vendita viene fatta all’estero. Anche in questo caso l’approccio è di tipo etnocentrico, i prodotti sono sempre realizzati sulla base delle esigenze dei consumatori locali, la sede amministrativa sta sempre nel mercato di origine vengono spostati solo alcuni reparti vendita. La vulnerabilità rimane ma è amplificata in mercati globali. 3) International marketing: Qui le imprese lavorano con marche (ad hoc) differenti a seconda dei mercati in cui operano, anche le strategie di marketing sono diverse a seconda dei mercati. L’international marketing viene implementato da un’impresa che opera contemporaneamente su diversi mercati e adatta le sue strategie di marketing e operative ad ognuno di questi mercati. Ciò significa che l’impresa adatta il marketing strategico e quello operativo al mercato in cui opera. Di conseguenza anche le strategie di marketing sono diverse a seconda dei mercati. Dal punto di vista di monitoraggio, le quote dei costi di pubblicità, di promozione e distribuzione sono di versi a seconda dei paesi che decidi di affrontare. Quindi il marketing lavora secondo un approccio country by country ossia sceglie il mercato in cui lavorare (tipo Francia, Italia, Spagna), ed ogni mercato viene gestito in maniera differente ovvero su ogni mercato vengono portati prodotti diversi con marchi differenti, estremamente adattati all’esigenze locali di ogni mercato globale. Questo è molto costoso però qui i mercati sono indipendenti: una performance negativa di mercato (crisi) non si traduce lo stesso nell’altro. In questo caso l’approccio è di tipo policentrico, ovvero ogni mercato avrà un marketing ad hoc. I prodotti e il marketing sono adattati rispetto alle esigenze locali. La gestione prevede la presenza concomitante di più sedi amministrative nei diversi mercati in cui l’impresa opera. 4)Multinational marketing: È molto simile al global, la differenza la fa il tipo di prodotto che stai gestendo. L’azienda lavora per regioni, cioè agglomerati geografici che sono riconoscibili per avere dei consumatori simili. Il grande sforzo che l’impresa deve fare è disegnare le proprie regioni, che saranno i luoghi in cui andrà ad operare. La regione si disegna in relazione ai prodotti e alle offerte, la regione accorpamento di nazione (Italia Germania spagna) si può realizzare anche con un accorpamento di parti dei paesi (es. parte 16 dell’Italia, Germania). L ’approccio sarà regio centrico ovvero dipende dalla regione. Prodotto e marketing saranno estremamente adattati alle regioni. E avranno almeno una sede nelle regioni in cui operano. 5) Global marketing, è vicino al multinational però in questo caso si cerca di bypassare i confini regionali, scarto qui prodotti che richiedono un forte adattamento regionale. Vi è una gestione differente dal punto di vista delle decisioni. Si basa su coordinamento, integrazione e equilibrio di portafoglio globale. • Coordinamento attraverso i mercati o le regioni: Cerco di escludere quelle attività di marketing che rappresentano delle duplicazioni se fatte in regioni di paesi differenti. (esempio: spot pubblicitario ponendo attenzione alle differenze dei paesi, esempio in lingua inglese per adattarlo a tutti). • L’integrazione delle strategie: Lavori sui diversi mercati standardizzati e spesso ad una azione e reazione in un mercato geografico di un competitor, di norma non reagisci sullo stesso mercato ma su uno differente. Ovvero azione e reazioni si realizzano in mercati geografici differenti. • Equilibrio di portafoglio globale: Se bisogna dismettere una produzione perché pesante, meglio non mantenerla e dismetterla ma recuperare nella redditività di altri prodotti di altri mercati. Bisogna mantenere un equilibrio di portafoglio a livello globale. La redditività di alcuni paesi viene investita in strategia di sviluppo e di marketing in altri paesi. L’approccio è di tipo geocentrico, cioè si guarda al mercato indipendentemente dai confini geografici ed amministrativi e l’obiettivo è dal momento in cui si vuole prendere una decisione di marketing (innovare determinati prodotti o sviluppare prodotti nuovi) bisogna vedere se questo prodotto può essere realizzato per il mercato globale indipendentemente dalle differenze fra i paesi, facendo solo adattamenti obbligatori. Per fare questo prodotto (globale) bisogna standardizzare quanto più si può e poi fare solo quegli adattamenti necessari, obbligati previsti dalla legge. Infine le decisioni, la sede amministrativa (o mente), ci saranno diverse sedi di marketing in diverse parti del mondo a seconda delle opportunità per lo sviluppo dei prodotti globali. Generalmente queste sedi ragionano su una base di una mutua consultazione. Marketing globale: Vantaggi Nel marketing globale ci sono alcuni vantaggi: 1) Riduzione dei costi: (controllo dei costi) legato alla standardizzazione. Un’impresa che fa marketing globale può sfruttare le economie di scala, scopo, di esperienza, di apprendimento riducendo il costo unitario di prodotto. - Economie di scala: si riduce il costo medio unitario di prodotto aumentando la produzione. - Economie di scopo: riduzione del costo unitario di prodotto perché si sceglie di sviluppare ad esempio nuovi prodotti che sfruttano materie prime o risorse già disponibili in azienda. - Economie di apprendimento: si riduce il costo unitario di prodotto perché migliori le tecniche di produzione, man mano che si produce di più si accumula apprendimento evitando quegli errori, duplicazioni, sprechi. - Economie di esperienza: È la più complicata da realizzare però se si riesce ad intraprendere porta in termini di costo ad avere risparmi davvero importanti. Qui al raddoppio della produzione il costo unitario di prodotto si riduce di una quantità costante. Se passo da 5 a 10 il costo unitario medio si riduce del 5%. 17 2) Miglioramenti dei prodotti ed efficacia dei programmi: Azione e reazione attraverso i mercati, fa sì che si entra sul mercato con prodotti migliori rispetto ai concorrenti e che rispecchiano i bisogni dei consumatori indipendentemente dai mercati geografici. Soddisfacendo i bisogni in maniera incrociata. Questo punto può essere spiegato attraverso l’esempio di “Protrect e Gamble”, leader nei detersivi, che vende il detersivo in tutto il mondo con lo stesso marchio e che nasce dall’unione di idee di diversi paesi. Ad esempio incrociando i bisogni del Giappone con quelli della Germania. 3) Aumenta la customer sadisfaction, la preferenza dei consumatori: Se si sta dietro alle esigenze dei clienti, si sviluppa una customer sadisfaction superiore rispetto ai concorrenti. Si parla di notorietà del prodotto. I consumatori comprano il prodotto perché lo conoscono e lo trovano in tutti i mercati, e lo associa ad un’immagine positiva. 4) Vantaggio competitivo: La dottrina ci permette di classificarlo come vantaggio competitivo di costo o di differenziazione. Le imprese che adottano una strategia di marketing di tipo global basano il vantaggio competitivo su una combinazione di costo e differenziazione. Infatti le imprese si basano su un brand global con prodotti sviluppati con standardizzazione e adattamento necessario, quindi vantaggio di costo, e sono anche altamente differenziate. Marketing globale: requisiti I requisiti sono una conoscenza del mercato. Vuol dire che si cerca di conoscere quelli che sono gli attori del mercato. Da capire chi sono gli attori del mercato, quali alleanze e strategie si instaurano. Gli attori del mercato sono: • Clienti diretti • Clienti finali: coloro che consumano il prodotto • Partner e domanda diretta • Distributori • Market facilitators • Concorrenti • Prescrittori o influenzatori • Altri stakeholder -Innanzitutto il primo attore del mercato da considerare sono i clienti. La domanda che mi devo fare è quali tipologie di clienti rispondono al mio prodotto eventuale e quali bisogni vanno a soddisfare. Bisogna capire poi se i clienti sono diretti o finali (non sto facendo segmentazione ancora). I clienti diretti possono essere finali, ma ci sono di casi in cui non coincidono queste figure, infatti ci sono clienti diretti che non sono finali. -Partner o domanda indiretta: Qui non vengono considerati i distributori, ma sono tutta una serie di figure che può essere d’aiuto per sviluppare la mia offerta e farla arrivare sul mercato. In questa categoria possono essere inseriti ad esempio gli aggregatori o gli integratori di prodotto che sono figure diverse ma che oggi sono utilizzate tantissimo. Gli aggregatori mettono insieme più prodotti vendibili singolarmente in alcuni mercati, messi insieme in un pacchetto unico. Gli integratori invece integrano un prodotto in un 20 6) Sviluppo delle telecomunicazioni e dell’information Technologies: I grandi passi da gigante avuti in questi settori hanno portato le imprese a poter governare sistemi informativi intraziendali. La capacità di poter gestire dei sistemi informativi di collegamento fra più imprese. La distanza non è più un peso perché un collegamento fatto su un sistema informativo intraziendali passa le informazioni al di là della distanza fisica fra le imprese. 7) Progressi nel Trasporto e Infrastrutture: Oggi i sistemi di movimentazione della merce sono molto efficaci. Ci sono dei mezzi che rendono più efficaci i trasporti, ci sono dei collegamenti degli abbi che si sono sviluppati proprio per agevolare le entrate e uscite delle merci e quindi la distanza conta meno. Mentre con le infrastrutture s’intende la presenza sul mercato di aziende che si sono nel corso del tempo rafforzate e che possono riguardare le ricerche di marketing di mercato. Le infrastrutture sono imprese e soggetti che possono aiutare le imprese ad uscire dai confini (società di ricerca di marketing o di mercato, società di consulenza, imprese di grande distribuzione). 8)Incentivi dei governi ospitanti: In alcuni paesi i governi, in alcuni mercati, incentivano la presenza delle imprese, in particolare quelle straniere, per aumentare la loro crescita. Incentivi possono essere di diverso tipo, come acquisto di terreno a basso costo, incentivi di tipo fiscale, burocratico come ad esempio i tempi di attesa per l’attivazione di nuove imprese o di sviluppo di business sono contenuti, oppure anche altro incentivo sono i fondi. Questi incentivi possono stimolare le imprese ad uscire dal mercato d’origine e lavorare in quel paese straniero. 9) Ritmi di crescita più alti in alcuni mercati: Questi mercati sono caratterizzati da un ritmo di crescita della domanda importante perché c’è popolazione, c’è un numero di persone che possono acquistare il mio prodotto con un tasso di crescita importante. Persone crescono sempre di più e aumentano anche la disponibilità di spesa, potere d’acquisto che si sta alzando, questo ci consente di sopportare costi e recuperare quote a livello complessivo. In sintesi le imprese reagiscono con nuove strategie, nuovi metodi di gestione e nuove strutture organizzative. Caratteri generali delle imprese che affrontano i mercati globali (operano fuori dal mercato di origine) Queste caratteristiche sono: 1) Approvvigionamento e lo sbocco: Una caratteristica importante è che solitamente non c’è una coincidenza fra i mercati di approvvigionamento delle risorse (materie prime, capitale) rispetto ai mercati di sbocco ossia di vendita dei beni. Spesso i mercati di approvvigionamento e di sbocco sono molto lontani geograficamente. Quindi mi approvvigiono in alcuni mercati e vendo in altre parti. Le organizzazioni cercano opportunità di approvvigionamento e di vendita attraverso i mercati. -Lean Production: fa riferimento al sistema di produzione snella in particolare al sistema di produzione Toyota che è nato nel mercato di produzione e oggi funziona anche per le imprese di servizio e in diversi settori si applicano dei principi che sono: La Lean Production, cosa prevede? 21 Principi base del Toyota Production System Negli anni 40’, prima del Toyota production sistema, la Toyota non aveva ancora prodotto quello che Ford e General Motor producevano in un giorno. La situazione si ribaltò negli anni 80’ con l’applicazione e sviluppo di questi principi: (PRODUZIONE SNELLA) 1) Kamban Ascoltare il cliente e poi iniziare la produzione: Processo comunicativo da valle a monte, prima capiamo cosa vuole il mercato e poi diamo corso al processo produttivo e tutte le decisioni. 2) Riduzione del magazzino: Fabbrica a sei zero, Principio dei sei zero: • zero scorte • zero sprechi • zero conflitto tra una funzione e un’altra • zero tempi di attesa per il cliente • zero tempi morti per i processi • zero cartacee/burocrazia cioè fare tutto il più possibile in modo digitale Questo in azienda oggi è frutto di indicatori di controllo che non si possono perdere di vista. 3) Principio del Kaizen. Total quality: Ci devono essere dei processi di controllo costante delle qualità. Questi processi sono degli indicatori che sono quegli standard richiesti per certificare i prodotti. La total quality si rifà a doppio controllo della qualità cioè la qualità di prodotto valutando il prodotto che esce dall’impresa per caratteristiche, attributi ma anche la qualità di processo migliorando i sistemi di produzione. 4) Coinvolgimento dei fornitori: I fornitori devono diventare quei partner, per assicurare il processo produttivo per evitare i vuoti nelle forniture 5) Autonomia più automazione: Se ci sono delle tecnologie che consentono di migliorare i miei processi e si riescono a sostenere i costi, bisogna cercare di applicarle per cercare di rendere snello quel processo. A quel punto c’è un discorso di processo che si sviluppa in automatico grazie alle nuove tecnologie e che rende poi anche più flessibile il lavoro. Grazie alle tecnologie riusciamo a personalizzare il prodotto in maniera automatica. Secondo il Toyota production system gli operai potevamo fermare la catena di montaggio per correggerla, laddove riscontravano un errore, perché meglio che l’operaio la fermi adesso che più in là dove magari bisogna ripetere più operazioni affrontando maggiori costi. 6) Just in Time: Fa riferimento a: - Perfetta simmetria tra l’offerta dei beni prodotti e la domanda del mercato ossia le attività aziendali devono essere organizzate secondo l’ottica JIT ossia Merce giusta, nel tempo/momento giusto e nelle quantità in cui servono. Da un punto di vista operativo vuol dire un allineamento quasi perfetto di tutte le fasi del processo produttivo. - Ogni attività lavorativa deve essere alimentata con i componenti richiesti e al tempo richiesto e nelle quantità richieste in modo tale da ridurrei tempi morti e costi inutili. 22 Questi elementi hanno caratterizzato la Toyota per un periodo fin quando molte attività non hanno attuato questi principi. Infatti adesso la differenza competitiva di Toyota non è più rappresentata da questi elementi. Fattori distintivi dell’economia d’impresa globale 1) Organizzazione aziendale strutturata per i mercati globali. Le Organizzazioni, imprese sono strutturate a relazioni di network, sono fatte di alleanze, le quali diffondono le diverse attività aziendali nei diversi mercati. Abbiamo due tipi di alleanze: • Equity • Non Equity 1) Le alleanze di tipo Equity sono quelle in cui c’è un apporto di capitale. Le alleanze Equity sono vincolanti almeno per un certo periodo di tempo e sono tipo un’acquisizione, fusione (Impresa che compra un'altra, investimento di capitale) una joint venture aziendale (due o più imprese realizzano una nuova impresa sotto un altro nome) o una partecipazione aziendale (impresa entra nel capitale di un’altra impresa comprando delle quote). 2) Le alleanze non Equity non prevedono direttamente un apporto di capitale e sono definite come soft per distinguerle da quelle strong. Queste permettono di portare avanti il business, e sono ad esempio la ricerca e sviluppo collaborativa, il core branding, il franchising (si basa su un contratto di licenza, non si costruisce una nuova società. L’oggetto, il marchio del franchising ossia quello che si manda in licenza è una store brand, un’insegna. Apro un negozio ed uso un marchio già noto che mi porta clienti pagando delle royalty sul venduto). Tutte queste sono operazioni che posso innescare e chiudere senza grandi vincoli se non quello di uscire da mercato. Queste imprese che operano trasversalmente i mercati hanno anche un sistema di responsabilità importante, infatti abbiamo: 1) Network corporate responsability: Ha come obiettivo quello del profitto, la responsabilità aziendale si lega alla responsabilità di portare avanti quell’attività generando profitto, ricavo. 2) Network social responsability: Questa va oltre la responsabilità corporate. Qui c’è una visione più ampia infatti oltre a controllare la dimensione profit, economica della responsabilità aziendale d’impresa ma a questa bisogna associare il rispetto di altre direzione, come la dimensione sociale, cioè il rispetto della comunità che si sta attraversando cioè il rispetto verso i consumatori, comunità locale, lavoratori ed infine anche quella ambientale cioè attenzione all’ambiente e le risorse. Anche i flussi di comunicazione vanno gestiti su scala globale. Bisogna mettere in contatto operatori differenti (per ruoli, caratteristiche) che stanno in luoghi diversi con un forte controllo dei costi della comunicazione. La comunicazione puoi aprirla o chiuderla a costo zero mentre prima non si poteva. Produzione Globale (Funzione di produzione) 25 2) Variazione periodica dei cambi: Spesso le negoziazioni hanno dei tempi piuttosto importanti. Le variazioni dei cambi nelle valute devono essere tenute in considerazione perché quel cambio potrebbe rendere quella negoziazione non più economica per l’impresa, perciò queste devono essere tenute in considerazione nelle negoziazioni attraverso i mercati. 3) Differenze Fiscali: Spesso alcune società dal punto di vista fiscale sono penalizzate in alcune zone, paesi perciò in quei paesi diventa difficile entrarci con una certa tipologia di struttura o modello e diventa difficile anche poterlo cambiare. 4) Rischi: Uno dei rischi più importanti è quello della contraffazione. Ci sono dei mercati che non hanno tutela sotto questo punto di vista, sui brevetti o marchi, quindi andare a lavorare su quei mercati può essere pericoloso. Paesi emergenti I mercati emergenti sono delle ottime potenzialità di domanda. Per emergenti s’intende da un lato un’economia (Paese) avente un reddito pro-capite (potere d’acquisto) modesto, ma in forte crescita. Dall’altro lato però si tratta in genere di economie che arrivano da lunghi regimi autoritari o di stretto controllo dello Stato per cui le barriere sono tante e vanno analizzate, e a seconda dei settori in cui lavoriamo possono essere diverse. I paesi di riferimento sono Asia, Africa, America latina, Russia, Est Europa. Per chi fa marketing ci sono grandi opportunità di domanda in questi Paesi. Opportunità nei mercati emergenti - I mercati emergenti (Asia, America Latina, Africa, Europa dell’Est) crescono più rapidamente di quelli sviluppati perché sono caratterizzati da: 1) Un grande mercato: Grande mercato in termini di numerosità (di persone -che possono diventare consumatori) e di potenziale di vendita. 2) Un forte potenziale: Nei mercati emergenti c’è un forte potenziale di domanda perché in questi mercati il consumo pro-capite è ancora basso però ha una tendenza alla crescita (aumento delle quantità che possono essere consumate). 26 3) La produzione dei paesi emergenti che è destinata a migliorare: I questi mercati le infrastrutture (tipo le strade) stanno migliorando tantissimo e questo porta le imprese a contenere dei costi legati a queste infrastrutture. Lo sviluppo delle infrastrutture comporta una riduzione dei costi. Con le infrastrutture che migliorano, aumenta anche l’educazione, la cultura, quindi anche i consumatori hanno una maggiore propensione la consumo. Quindi infrastruttura, cultura e si consolida sempre più la presenza di imprese come quelle della grande distribuzione che ci aiutano per l’accesso alla domanda. - Popolazione 1) Demografia e aree rurali: Dal punto di vista demografico c’è un forte potenziale, infatti i Paesi emergenti (Brasile, Russia, India, Cina) paragonati con i Paesi avanzati (Usa, Giappone Canada, Italia, U.K., Francia, Germania) questi hanno una popolazione 4 volte superiore. Molta di questa popolazione dei Paesi emergenti non sta ancora nelle grandi città dove c’è già un discorso di sviluppo, ma sta in aree rurali che sono libere cioè non c’è una saturazione dal punto di vista dell’offerta, ci sono spazi per collocare imprese, per formare le persone che stanno lì e quindi per crescere e quindi devono essere sfruttate. 2) Aumentano sia i redditi e facilità di ricorrere al credito: In alcune di queste zone, Paesi una buona fascia di potenziali di consumatori sta uscendo dalla fase bassa (basso reddito) e sta entrando nella fase middle (reddito medio) per quanto riguarda il reddito e da un lato questo porta ad aumentare il potere d’acquisto di queste persone e dall’altro aumenta la possibilità di accedere al credito, ricorrere al credito attraverso dei finanziamenti per sviluppare dei progetti con una burocrazia più snella ad esempio. 3) Lavoro e risorse naturali sono disponibili a prezzi bassi: Molto spesso questi Paesi sono quelli che hanno il maggior numero di materie prime. Un esempio è il litio, in Bolivia ve n’è una grande quantità e molte aziende che sfruttano il litio si sono geo-localizzati lì così da avere dei vantaggi perché i processi sono più veloci, materie prime a costo contenuto e garanzia di continuità del processo produttivo. 4) Nei nuovi mercati emergenti nascono nuovi business model: In questi mercati siccome si sta sviluppando il concetto d’impresa, nascono anche nuovi business model. Esempio il Toyota business model che poi è stato adottato da altri player anche in altri settori con quei principi. In questi mercati nascono nuovi business model che hanno delle caratteristiche particolari uno di questi è la frugal innovation che nasce in India ad opera di Simens. Frugal Innovation: L’idea dell’innovazione frugale è quella di creare, assemblare prodotti semplici ad esempio con un design low cost, realizzati anche con processi produttivi semplici ed efficienti in modo da togliere tutti quei attributi (componenti) non essenziali e RI-assemblo quelli necessari per rendere quel prodotto accessibile a quelle economie emergenti o differenti ma che comunque diventino dei prodotti di qualità anche se con una durata media più bassa. L’obiettivo è quello di ridurre la complessità e i costi dei beni e le varie fasi per realizzare quei beni. Questo ragionamento si può fare per i prodotti nuovi che si realizzano solo per quelle aree (emergenti). Molto importante per quei prodotti invendibili che quindi non possono essere venduti tipo con promozioni e per i quali 27 bisogna sostenere dei costi, con la frugal innovation è possibile RI-assemblare delle componenti rendendoli semplici e indirizzarli verso altre economie. 5) Sono mercati decoupling: Mercati a forte domanda interna ovvero non dipendenti da una domanda derivante da altri Paesi. Questo porterà al punto successivo ossia che: 6) Nei mercati sviluppati la crescita economica sarà lenta, crescita economica anche dal punto di vista della domanda. Difficoltà nell’ingresso nei mercati emergenti Ci possono essere diverse difficoltà: 1) Protezionismo in agguato: Ci sono dei sistemi protezionistici in questi mercati che impongono la necessità di stringere alleanze con i partner locali per entrare. (Tipo joint venture) 2) Reserve innovation: In alcune aree visti che si sono insediate già alcune imprese le quali hanno diffuso conoscenza dal punto di vista del lavoro, dei processi , hanno sviluppato una conoscenza in queste aree migliorando anche il sistema educativo di certi Paesi, è successo che si sono insediate imprese locali che sfruttando quelle conoscenze sono diventati dei veri competitor delle imprese che erano insediati in quelle aree. Ad esempio un’impresa sviluppa un prodotto guardando a quello che hanno fatto i concorrenti, cioè prende il prodotto dei concorrenti e ne tira fuori le componenti essenziali per capire com’è stato fatto il prodotto evitando quei costi di ricerca e sviluppo e ricombinando quegli elementi che ha individuato facendo un’innovazione incrementale. 3) Forte concorrenza locale: Implica che bisogna cercare alleati per accedere e fare business nel mercato. 4) Carenza di informazioni sulla domanda: Soprattutto per quanto riguarda le zone rurali. I distributori non hanno ancora sviluppato quelle tecniche di analisi di consumo e non hanno tutte quelle informazioni sulla domanda perché non hanno neanche le tecnologie a disposizione che permettono di studiarla anche per le differenze culturali. 5) La distribuzione è carente: La distribuzione in queste zone è poco sviluppato, fatta eccezione per le grandi città. Analisi dei mercati esteri L’analisi dei mercati esteri si basa su: 1) Selezione dei mercati con il maggior potenziale 2) Analisi a tavolino (Primo livello di analisi) 3) Analisi di profondità L’analisi di queste tre fasi ci può aiutare a capire in quali mercati entrare e con quali modalità entrare. La prima fase è quella della selezione dei mercati con il maggior potenziale: In questa prima fase si considera il globo e dire” sui 200 Paesi disponibili, quali in questo momento e in base alla mia offerta possono essere una buona destinazione per fare domanda, quota”? Bisogna considerare il globo e sui 200 mercati in base alla mia offerta quali di questi sono attrattivi e mi permettono di fare quota o domanda. 30 - Il primo punto fondamentale è valutare le importazioni del mercato di destinazione perché questo fa capire se le esportazioni può avere un significato. - La bilancia commerciale è la differenza tra import ed export - La bilancia dei pagamenti è la somma delle transazioni economiche internazionali di un Paese - Controlli alle importazioni - Barriere tariffarie valutare se ci sono barriere sulle quantità , dazi e così via. Si fa analisi dei blocchi del Paese in base alla merce che si vuole portare in quel Paese. Possiamo anche avere le barriere artificiali che possono essere di diverso tipo: • Barriere artificiali di carattere tariffario • Barriere artificiali di carattere non tariffario: le limitazioni quantitative • Gli ostacoli tecnici e le misure sanitarie e fitosanitarie In generale quando si vuole fare un’analisi di mercato già si sanno più o meno i Paesi in cui si vuole entrare. Il problema è capire se si vuole entrare su tutti i Paesi, solo su alcuni, o magari entrare su tutti contemporaneamente, per capire ciò utilizzo il metodo degli stadi di sviluppo e l’analisi di questo schema cioè delle variabili, dati dei campi di ricerca. In base al business poi si potrà prendere in considerazione solo alcuni o tutti gli i campi. Nell’analisi a tavolino il punto è stiamo scegliendo alcuni Paesi ma in particolare, questi Paesi li stiamo scegliendo con l’ottica di esportare o di integrarci? Quindi a questo livello bisogna porsi delle domande: 1) Forma giuridica: Ad esempio se si decide di entrare in un Paese non esportando ma integrandosi, bisogna vedere con che tipo di impresa si può entrare perché in alcuni mercati non si possono fare alcune società (responsabilità limitata ad esempio). La differenza nelle forme giuridiche, nelle tipologie d’impresa del Paese di destinazione potrebbe portare a decidere di esportare anche se si vuole integrarsi. 2) Tassazione: sulle imprese, persone e royalty. 3) Regolamentazione, disciplina del mercato del lavoro: Quante ore il lavoratore lavora, quant’è il costo orario per il lavoratore, qual è il ruolo dei sindacati, quali sono le norme sul licenziamento, quali sono le garanzie che bisogna dare al lavoratore. Questo ci aiuta nel caso si vuole collocare una struttura in un Paese. Per risolvere tali problemi ci sono i gruppi di paesi che possono essere: - Aree di libero scambio - Unioni doganali - Mercati comuni - Unioni politiche Questi gruppi di paesi e ci aiutano perché se si considera un Paese che sta dentro ad una zona di libero scambio o ad un unione doganale piuttosto che un mercato comune o un unione politica, una volta che si è entrato in quel Paese anche tutti gli altri che stanno lì potrebbero essere una buona destinazione e quindi l’analisi è stata fatta anche per quegli altri Paesi. Andiamo a vedere nel dettaglio questi gruppi di paesi: 31 - Area di libero scambio: Questa è interessante nell’ottica di produzione della merce in un Paese all’estero. Dal momento in cui un bene viene prodotto all’interno di uno dei Paesi che fa a capo all‘area di libero scambio quel bene può circolare liberamente in tutti i Paesi che fanno a capo a quel area. Più Paesi si accordano per eliminare o ridurre le barriere (tariffarie e non) alla libera circolazione di merci e di servizi tra le proprie economie. Il commercio di prodotto viene liberalizzato limitatamente alle merci prodotte nell’area, viceversa le merci provenienti da Paesi terzi, anche dopo aver pagato il dazio previsto per la loro importazione in uno dei Paesi dell’area non potranno godere della libera circolazione all’interno del territorio. Libera circolazione solo per la produzione in quel area di libero scambio e non per le importazioni in quel area. - Unione doganale: riduzione o eliminazione sia delle barriere interne sia della presenza di tariffe esterne comuni sui prodotti importati da Paesi terzi, ma non dalla libera circolazione di lavoro e capitali. Questo vuol dire che si toglie il limite delle aree di libero scambio però solo ai prodotti la cosa non funziona per il lavoro e il capitale. - Mercati comuni: Oltre agli accordi tipici delle unioni doganali si beneficia anche della libera circolazione di servizi (incluso il lavoro) e capitali. - Unioni politiche: Nascono per assicurare il miglior raggiungimento possibile degli obiettivi economici, sociali, monetari, perseguiti dai diversi paesi (es. Unione Europea). 3) La terza fase è l ‘analisi in profondità. Siamo arrivati ad una situazione che ha permesso di individuare i mercati penetrabili. È stata fatta una selezione di mercati, e si è arrivati a definire quei mercati che sono per l’impresa raggiungibili. Si è anche capito se questi mercati possono essere raggiungibili con le esportazioni o con l’integrazione valutando le caratteristiche, la disciplina dei mercati. Infine abbiamo l’analisi in profondità che riguarda ancora la scelta dei mercati, non si sta ancora sviluppando il prodotto per il mercato ma semplicemente si sta raffinando la scelta dei mercati. L’analisi in profondità si basa su: - Analisi del prodotto mercato e segmento. Si sono scelti i mercati e su questi si vuole presentare un’offerta che però ancora non è stata realizzata però un’idea ce l’abbiamo. L’analisi prodotto, mercato e segmento risponde alla domanda “Quali sono i bisogni che l’impresa vuole soddisfare relativamente all’offerta che sta sviluppando attraverso i mercati?”. Questa offerta in un altro mercato soddisfa gli stessi bisogni rispetto a quelli che l’impresa sta soddisfano nei mercati in cui sta già operando? (Spesso la risposta è no). Questa analisi si basa sul fatto che se si decide di approcciare nuovi mercati, un prodotto che si produce, vende in alcuni mercati e ad un certo punto lo si porta (indipendentemente dall’esportazione o integrazione) in un altro mercato quali bisogni andrà a soddisfare? Può uscire che soddisferà dei bisogni diversi rispetto al mercato d’origine. Questa può essere una grande opportunità oppure un problema per lo sviluppo del prodotto. All’interno dell’analisi prodotto, mercato, segmento oltre a capire quali sono i bisogni anche capire dove, come (con quale frequenza) e quando (stagionalità o periodicità) comprano questi prodotti i consumatori. - Analisi della concorrenza: È utile sulla base di due obiettivi: 32 Perché ci interessano i concorrenti nello studio di un’analisi di un’ipotesi di mercato? 1) Bisogna valutare sia i concorrenti che entrano come l’impresa in quel mercato ma che non sono concorrenti nazionali di quel mercato. 2) Bisogna valutare i concorrenti locali/ nazionale (quelli principali) cioè quelli che sono nati in quel mercato che stanno lavorando in quel mercato. Questo perché se da un lato i concorrenti nazionali ci consentono di capire le tipicità di quel luogo, inoltre un concorrente nazionale è quello più vicino alla domanda locale, quindi lo studio dei prodotti di un concorrente nazionale è importante, si vanno a vedere i prodotti che sta sviluppando. Dall’altra parte il concorrente che come l’impresa è entrato in quel mercato ci interessa non tanto per i prodotti che porta in quel mercato ma per le modalità di entrata che ha utilizzato perché questo può aiutare a capire il percorso più comodo per accedere a quel mercato nell’ottica anche di adattamento di prodotto rispetto al mercato di origine. - Distribuzione della domanda: intesa dal punto di vista geografico, Bisogna capire dove stanno i consumatori dell’impresa in quell’area, in quel Paese in cui vuole entrare. Nell’area possiamo avere delle città molto popolate con tantissima domanda e poi ci sono delle aree rurali con delle distese libere, quindi magari prive di concorrenti con una domanda che è frazionata in diverse zone. Bisogna decidersi a quale rivolgersi perché le due aree sono completamente differenti ed hanno esigenze differenti e a tal proposito facciamo riferimento al secondo punto: - Profilo del consumatore: sulla base della distribuzione della domanda si inizia a descrivere il profilo del consumatore, ed in base a questo si decide se focalizzarsi sulla città o sulle aree rurali. Di quel area dobbiamo capire qual è la gerarchia dei consumi cioè come i consumatori spendono il loro reddito disponibile, cioè solo per consumi primari oppure se vanno oltre. Questo profilo del consumatore inizia a dare prime ipotesi di: - Informazione sul Marketing-mix che si potrebbe portare in quel area. Con la gerarchia si iniziano a capire gli elementi che possono determinare la redditività di prodotto dell’impresa in quella zona. (Se la gerarchia ci evidenzia che in quella zona si portano avanti i consumi primari e si vogliono portare in quel mercato i giocattoli bisognerà presentare dei giocattoli semplici da usare e a basso prezzo e con unna comunicazione semplice, la differenziazione lì andrebbe a cadere). - Vincoli riguardanti l’accesso al mercato: Questi richiamano le barriere all’entrata di Porter che sono ad esempio la tecnologia (investimento in tecnologia forte), mercato distributivo concentrato (Barriera del mercato forte, bisogna fare delle alleanze con il Paese perché sennò non si riesce ad entrare nella distribuzione), non facilità nella dismissione (Struttura in quel Paese deve rimanere per almeno 15 anni, se si toglie prima si perdono costi per averla fatta). In realtà nell’analisi dei mercati esteri c’è anche un 4 punto: 4) Osservazione sui mercati nei quali l’impresa già opera: Questo vuol dire che si decide di entrare in un nuovo mercato bisogna cambiare qualcosa anche nel mercato in cui si sta già lavorando. Spesso quel qualcosa si lega ad una RI-stima della domanda nei mercati 35 Spiegazione Matrici: Tutte le matrici se sono 3x3 sono matrici quadrate e quindi hanno i lati uguali, quando invece sono 3x2 non si tratta di matrice quadrata. Per capire le matrici partiamo dalla matrice BCG. Questa è una matrice semplice 2x2.Partiamo da una 2x2 e poi vediamo come si calcolano tutte le altre. Matrice BCG STAR QUESTION MARKS CASH FLOW DOG 10 1 0,1 ALTA BASSA COMPETITIVITA’ 36 Nella matrice BCG abbiamo due dimensioni ossia attrattività e competitività, che possono essere alte o basse. Bisogna innanzitutto capire e definire la lunghezza degli assi e qual è il valore medio che determina la differenza fra alto e basso. Una volta fatto questo si può calcolare i punti all’interno della matrice. Nella matrice BCG ci sono due assi (dimensioni) differenti che sono la competitività e l’attrattività. La matrice BCG nasce da società di consulenza negli anni 60’ 70’ nel boom delle grandi corporation diversificate soprattutto americane; a quel tempo c’era l’esigenza di suddividere le imprese in SBU e capire come distribuire le risorse tra le diverse SBU. Infatti a all’interno della matrice BCG sono collocati i business o le linee di prodotto che stanno all’interno di un’azienda. Queste matrici 2x2 (come la BCG) nascono quindi per le imprese diversificate cioè quelle che lavorano su più business, mercati. Questa matrice si può utilizzare in due modi: 1) In maniera dinamica o nell’ottica evolutiva: Qui si tende a prendere una o più oppure poche SBU dell’azienda e si cerca di capire nel corso del tempo come queste SBU si muovono all’interno della matrice per capirne l’evoluzione e per capirne il percorso strategico futuro. 2) Competitiva: Qui si collocano all’interno della matrice tutte le SBU o linee di prodotto di un’azienda. Questo per capire su quali investire adesso e quali invece tenere ferme perché si vuole finanziarie la crescita di altre. Quindi è un gioco competitivo che riguarda la competizione tra le diverse SBU o linee di prodotto che fanno a capo ad un’azienda. L’obiettivo è confrontarle fra loro al fine di definire per ognuna un percorso strategico. Si tende a fare un discorso competitivo inizialmente e poi volendo se ne monitora una nel dettaglio e si cerca di capire l’evoluzione quindi poi si fa un discorso dinamico. Le matrici 2x2, come questa di norma hanno due dimensioni che studiano, ma poi c’è solo un indicatore agganciato ad una dimensione. La BCG studia la competitività e l’attrattività ancorando i due concetti ad un unico indicatore (valore), cosa che non accade per le matrici 3x3. Nella BCG la competitività è espressa (è agganciata) dalla quota di mercato della SBU dell’impresa rispetto al concorrente per l’impresa più pericoloso (che non è per forza il leader). L’attrattività si definisce attraverso (è agganciata) il calcolo del tasso di crescita del mercato (agganciata a questo). Per il calcolo del tasso di crescita del mercato se si fa con riferimento a diversi mercati geografici si prende il PNL REALE (qui abbiamo diverse SBU che lavorano su mercati geografici differenti), e si fa una media tra il PNL delle diverse aree a cui fanno riferimento le SBU dell’azienda, e otteniamo quindi il valore medio del tasso di crescita del PNL in termini reali. L’altra opzione quella più comune, perché difficilmente ogni SBU faccia a capo a mercati geografici diversi tale per cui si trova facilmente il PNL e si riesce a tracciare il trend, è fare la media ponderata o la media semplice dei tassi di crescita dei mercati a cui si riferiscono le diverse SBU. Quindi l’impresa prende diversi mercati di riferimento calcola il suo tasso di crescita del mercato dopo di che si fa la media e quella media poi diventa il tasso di crescita di riferimento per la dimensione attrattività. Nella matrice BCG c’è un asse che è fisso (nelle 2x2 almeno un asse è fisso) che è quello della competitività perché ha una lunghezza e un valore medio che è sempre uguale. Questo valore dell’asse della competitività parte da 0,1 (limite inferiore-basso nel disegno). Al centro si tende a mettere 1 (in alcuni settori particolari 1 e mezzo) e in fondo a sinistra 10 dove abbiamo alta. Per quanto riguarda la lunghezza dell’asse dell’attrattività bisogna calcolare il valore medio ed il doppio di questo valore determina la fine dell’asse, tipo sei il valore medio è 3 (che metto tra 10 e 6) in alto a sinistra andrebbe 6. Ciò non esclude però che una SBU possa andare oltre a quel valore doppio 37 nel esempio oltre a 6, mentre il 3 rimane fermo. Per tal motivo non sempre la BCG è quadrata e STAR e QUESTION MARKS rimangono uguali dal punto di vista del significato anche quando si va oltre quel limite calcolato, questo avviene quando ci sono delle imprese leader che hanno delle posizioni favorevoli e quindi si va oltre a quel valore doppio, di conseguenza si sposta il confine più in alto e diventa una matrice rettangolare (quando si supera il limite) però le celle rimangono con lo stesso significato. Quado la BCG è stata costruita, prevedeva l’esistenza di due ipotesi fondamentali. Questa matrice dà delle indicazioni strategiche corrette e piuttosto sicure quando sul mercato di riferimento sussistono queste due condizioni: 1) Presenza dell’effetto esperienza: È un’economia dimensionale, che ci fanno capire insieme alle altre economie dimensionali (di scala, di scopo, di apprendimento) che si abbassa il costo medio di produzione unitario di prodotto per effetto di una produzione maggiore, nel caso dell’esperienza c’è il meccanismo di riduzione di una costante dovuta al raddoppio della produzione. Nelle imprese diversificate la produzione comune su varie SBU nell’ottica della standardizzazione spesso viene progettata per raggiungere queste economie. 2) Relazione diretta tra fase di crescita del mercato e bisogno di liquidità delle varie SBU: Se una SBU si colloca in mercati in cui c’è un forte o elevato tasso di crescita del mercato, vuol dire che quei mercati hanno bisogno di liquidità perché probabilmente l’impresa dovrà sfruttare quella crescita facendola diventare sua. Il tasso di crescita del mercato è una dimensione esterna all’impresa che dipende da tutti i concorrenti che stanno su quel mercato. Tasso di crescita del mercato che è dato dalle vendite complessive del mercato e quindi dalle vendite che hanno fatto i diversi player sul mercato. Quindi un’impresa potrebbe poter beneficiare di un tasso di crescita elevato perché un concorrente ha fatto una campagna promozionale spietata ed ha alzato le vendite. Significato dei quadranti Cash cow: È il quadrante più favorevole perché se abbiamo delle SBU o linee di prodotto in quel quadrante, vuol dire che possono generare elevata liquidità per l’impresa. Il significato strategico è prendere la liquidità che genera quella SBU e poi decidere se rinvestirla nella stessa o in altre SBU per agevolarne l’espansione. Il significato in sintesi è raccogliere la liquidità fornita. Dog: Questo è il quadrante meno favorevole, Il significato è generalmente disinvestire o vivere modestamente. Se la SBU è caratterizzata da ridotta attrattività e ridotta competitività è chiaro che sta fornendo poca liquidità e non ha obiettivi di sviluppo quindi di norma l’indicazione è disinvestire. Però si può anche vivere modestamente perché in alcuni casi non è facile disinvestire in una SBU perché le barriere all’uscita possono essere costose e per l’impresa diventa più opportuno ed economico mantenere in vita la SBU ferma piuttosto che sostenere i costi del disinvestimento che potrebbero essere superiori rispetto a quelli di mantenerla in vita. Quindi la lasciamo lì finché troveremo il momento opportuno per disinvestire o 40 0,244 A STAR B CASH COW C DOG 10 1 0,1 Competitività Al lato c’è l’attrattività ed in mezzo tra 10 e 0,244 c’è 0,122 (valore medio). Se il risultato fosse questo si avrà un cash cow che produce liquidità che andrà alla star. Esempio 2 BCG Di seguito si rappresenta l’evoluzione delle vendite del settore di riferimento di ciascuna attività (milioni di euro – anni 2016,2017,2018) Vendite 2016 intero settore Vendite 2017 intero settore Vendite 2018 intero settore Attività A 107 125 150 Attività B 190 196 215 Attività C 95 98 105 In questa seconda tabella si ha un trend su più anni 2016,2017,2018 co. Qui bisogna decidere quale tasso di crescita utilizzare, perché nell’ipotesi più semplice (come nel caso di sopra in cui si avevano solo due anni) verrebbe da prendere l’incremento che c’è stato nel ultimo meno l’incremento nel primo anno diviso l’ultimo anno cioè fare (150-107) /107 e si vede il tasso d’incremento delle vendite dal 2016 al 2018. Se abbiamo più anni difficilmente si fa così, infatti si fa la media dei tassi di crescita. Se il periodo di riferimento fosse diverso dall’anno bisogna portare le due variabili allo stesso periodo di riferimento. Supponiamo di avere le stesse quote dell’esempio precedente che erano: Attività A: 1,5 Attività B: 4 Attività C: 0,2 Andiamo a calcolare il tasso di crescita medio per trovare la crescita annuale visto che le quote erano annuali. Attività A: (125-107) /107 + (150-125) /125 tutto fratto 2 (perché abbiamo tre anni se ne avevamo 4 dovevamo dividere per 3) = 0,184 Attività B: (196-190) + (215-196) /196 tutto fratto 2 =0,064 Attività C: (98-95) /95 +(105-98) /98 tutto fratto 2 = 0,051 41 Valore medio: (0,184+0,064+0,051) /3 tutto fratto 3 = 0,099 (tasso di crescita annuo pur avendo fatto la media) 0,198 10 1 0,1 Competitività Al lato c’è l’attrattività al centro tra 10 e 0,198 c’è 0,099. Matrice General Elettric A STAR B CASH COW DOG C 42 La matrice General Elettric è identica a quella dell’analisi dei mercati e per l’accesso ai mercati. È una matrice 3x3 ed ha due dimensioni che sono la competitività e l’attrattività. È simile alla matrice Harrel- Kiefer, con delle indicazioni sui quadranti differenti. Se si riesce a calcolare questa matrice di conseguenza si riesce a calcolare anche quella di Harrel-Kiefer. Quella di Harrel-Kiefer ha bisogno di indicatori, dati sui Paesi e sarebbe più difficile, invece con la matrice General Elettric abbiamo bisogno di indicatori sui mercati ed è più semplice. La matrice General Elettric è una matrice quadrata non è come la BCG, dove un asso è fisso cioè quello della competitività (va da 0,1 a 10) mentre l’altro è variabile e bisogna calcolarlo. Nella General Elettric il valore degli assi dipende dalle decisioni che l’impresa prende e partono da zero entrambi. Nel grafico “Debole” vuol dire partire da zero. Il valore in basso a destra sia dal lato della competitività che dal lato dell’attrattività lo definiamo noi, supponiamo di mettere 10 partendo da 0, avremo 3,33 e 6,66, il valore 10 dobbiamo ripartirlo sui tre quadrati. Possiamo decidere di mettere al posto di 10 ad esempio 100 o 50, 60 questo lo stabiliamo noi, una volta scelto dividerlo sui tre quadranti. Il significato dell’attrattività e competitività per la matrice General Elettric cosi come per la matrice Harrel-Kiefer è la somma di più indicatori che bisogna considerare quindi non è più come la BCG che la competitività fa a capo alla quota di mercato relativa al concorrente principale e l’attrattività al tasso di sviluppo dio crescita del mercato quindi ad un solo indicatore qui nella General Elettric avremo più indicatori che considerati insieme danno origine ad un risultato sull’attrattività e sulla competitività. Altro aspetto importante è che al interno della matrice General Elettric posizioniamo le diverse SBU, linee di prodotto dell’azienda, i diversi mercati in cui si decide di entrare. Dal punto di vista della competitività come per la BCG anche qui si fa un confronto fra le attività dell’impresa per capire dove investire, dove disinvestire, dove accrescere, dove mietere e così via. Ultimo aspetto rispetto alla BCG è che possiamo indicare anche qui la posizione delle SBU con un punto oppure con un cerchio. Se si utilizza il cerchio bisogna calcolare il raggio così come per la BCG. Il raggio come detto rappresenta l’importanza della linea di prodotto, SBU perché è calcolato sulla base del volume d’affari generato da una quella SBU. Quando si ha una matrice quadrata come questa bisogna guardare la 45 -Per quanto riguarda l’accessibilità del mercato in base alla tabella siamo difronte ad un’impresa che ha le divisioni che fanno vendite in diverse parti del mondo. In particolare l’accessibilità al mercato avrà un valore basso se si vende solo in Italia (1), un valore medio (3) se si vende in Italia e in altri Paesi Europei ed infine alto se si vende oltre l’Europa (9). La descrizione dev’essere fatta in modo tale che vada bene per tutti i business che si stanno analizzando. –Il tasso di crescita è basso se è inferiore al 4%, è medio se è tra il 4% e il 10%, ed alto se è superiore al 10%. –Intensità della concorrenza è bassa se ci sono pochi a competere, moderata se ci sono degli accordi con i concorrenti ed alta se ci sono tanti concorrenti. Questi sono alcuni esempi di descrizione, poi va fatta via via per tutti gli indicatori. I valori 1, 3, 9 sono arbitrari prima di 1 mettiamo 0 all’inizio e dopo il 9 alla fine 10, questi valori ci dicono che sto graduando la valutazione da 0 a 10. Possiamo decidere in maniera libera i valori che si vogliono dare. Peso degli indicatori: La prima cosa da fare è stabilire la somma dei pesi di tutti gli indicatori. Nell’ esempio la somma è 10. Il 10 va ripartito tra i vari indicatori sulla base della loro importanza, infatti accanto ad ogni indicatore nella tabella ha un peso che sommato ci dà alla fine 10. Se si decide di mettere 10 vuol dire che per la matrice GE il limite massimo dell’asse attrattività sarà 10. Competitività attività 1: Indicatori di competitività Peso 1 3 9 Quota di mercato relativa al leader 4 < di del leader > di del leader Leader Quote distintive 3 Prodotto me-too Prodotto poco differenziato Unique selling proposition Livello di conoscenze tecniche 0,5 Difficile da gestire Parzialmente gestibile Perfettamente gestibile Strumenti di vendita 0,5 Intermediari non controllati Intermediari controllati Vendita diretta Notorietà 2 Scarsa Debole Forte 10 Come per l’attrattività anche per la competitività vanno scelti gli indicatori. Anche qui 1,3,9 possono essere rappresentati su un asse più ampio che parte da 0 e finisce a 10, anche qui si va a descrivere gli indicatori. Per quanto riguarda la somma dei pesi dev’essere uguale sia per attrattività che per competitività, se ho messo 10 prima metto 10 anche adesso e poi ripartire il peso in base all’importanza degli indicatori. Gli indicatori che non vanno esclusi sono per l’attrattività il tasso di crescita del mercato e per la competitività la quota di mercato relativa perché altrimenti non si può fare il confronto con la BCG. Gli altri si vanno a scegliere in base all’impresa, al settore di riferimento. 46 Calcolo Attrattività: 0,5 x 9 + 4 x 9 + 0,5 x 1 + 0,5 x 3 +2 x 9 +2,5 x 9 = 83 / 10 (peso totale) = 8.3 attrattività attività 1 Calcolo Competitività: 4x3+3x9+0,5x3+0,5x3+2x9=60/10 (peso totale) =6 competitività attività 1 I punti 8.3 e 6 rappresentano l’area investire per costruire Matrice GE 10 - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - • 3,3 6 6,6 10 Competitività L’attività 1 è in un quadrante positivo che richiede investimenti. I Limiti della matrice General Elettric: • Problemi di misura: Spesso bisogna calcolare gli stessi indicatori per SBU differenti perciò è difficile trovare i dati per tutti le SBU, a supporto di ogni indicatore. • Rischi di soggettività con riferimento alla scelta degli indicatori, alla loro ponderazione, alla scelta dei giudizi attribuiti ai diversi criteri (descrizione e attribuzione di un valore all’indicatore) • Le indicazioni che si traggono dall’analisi rimangono molto generiche e vanno precisate (sarebbe meglio utilizzare BCG e GE insieme) Matrice BCG e General Electric (confronto) • Diversa interpretazione degli indicatori di attrattività e competitività • È consigliabile utilizzare entrambe le matrici e confrontare i risultati ottenuti • È bene utilizzare l’analisi SWOT prima di procedere con l’analisi dei risultati delle matrici BCG e GE Analisi Swot È una matrice non numerata, solo di ragionamento, indica un percorso strategico. Nell’analisi Swot bisogna classificare forza, debolezza, opportunità e minacce per ogni linee di prodotto o SBU e dopo bisogna incastrare tutti questi punti fra di loro. Quindi il punto dell’analisi Swot è incrociare forze, debolezze, opportunità e minacce, tipo battaglia navale, tutto ciò che si può eliminare va eliminato. Quindi dalle matrici BCG e GE potremmo avere dei risultati talvolta ambigui e magari non simili, difficili che attraverso l’analisi Swot possiamo capire meglio. 47 Caso Giovanni Rana Guardare il foglio: Pasta fresca ripiena: Tasso di crescita del mercato: -0,056 (1 anno) -0,027 (2 anno) Valore medio: (0,056 + 0,027) /2 = 4,18%. Attrattività = 0,5x5+ 4x5 (perché il tasso di crescita si trova tra 4% e 10% quindi si moltiplica per 5) +0,5x9 (ciclo di vita è lungo, se non ci fosse scritto il ciclo di vita si avrebbero avuto degli indicatori) +0,5x9 (intensità di concorrenza elevata, qui si ragiona in ottica della vendita) +2x9 (prodotto fortemente differenziato) +2,5x9 = 72 e questo bisogna dividerlo per 10 per la somma dei pesi = 7,2 Competitività: 4x9 (prodotto leader) +3x5 (prodotto differenziato) + 0,5x5 (è un po’ più difficile da gestire dal punto di vista produttivo) + 0,5x1 + 2x18 = 72, dividiamo per 10 = 7,2 Ci troviamo nel quadrante in alto a destra. Pasta fresca all’uovo: Tasso di crescita del mercato: 4,71% Attrattività: 0,5x5 +4x5 (tasso di crescita del mercato è 4,71%) +0,5x9 +0,5x9 + 2x5 + 2,5x9 = 64 / 10 = 6,4 Competitività: 4x5 (calcolare la quota di mercato in questo caso è 61,7%) + 3x5 + 0,5x9 + 0,5x1 +2x9 =58/10=5,8 In questo caso c’era da calcolare sia il tasso di crescita che la quota di mercato. Gnocchi di Patate: Attrattività:0,5x1 (solo in Italia) + 4x1 (Tasso di crescita del mercato è 1,01%) + 0,5x9 +0,5x9 + 2x5 + 2,5x9 = 46/10= 4,6 Competitività: 4x1 (quota di mercato va calcolata ed è 32%) +3x5 (prodotto differenziato) 0,5x9 + 0,5x1 +2x5 (notorietà debole 20%) = 34/10= 3,4 Gnocchi ripieni: Attrattività: 0,5x1 +4x5 (tasso di crescita 4,16%) 0,5x9 + 0,5x9 + 2x9 + 2,5x9= 70/10=7 Competitività: 4x1 (quota di mercato 8,04%) 3x5 +0,5x5 + 0,5x1 +2x5= 32/10=3,2 Sughi Pronti: Attrattività: 0,5x1+4x1+0,5x9+0,5x9+2x9+2,5x9= 54/10=5,4 Competitività: 4x1+ 3x5+ 0,5x5+0,5x1+ 2x5= 32/10=3,2 Piatti pronti freschi: Attrattività: 0,5x5+ 4x9 (tasso di crescita è pari a 13,5%) 0,5x9 + 0,5x9 +2x9 +2,5x9 = 88/10=8,8 Competitività: 4x5 (quota di mercato 35%) + 3x5+ 0,5x5+ 0,5x1 + 2,5x5= 48/10=4,8 Poi fare la matrice. 50 Quindi in sintesi prendo due Paesi dove uno è quello in cui si vuole stimare la domanda e l’altro e quello simile omogeneo. I due paesi hanno dei trend simili, tranne che uno è indietro rispetto all’altro, quindi c’è un Paese che fa da guida, per il quale si hanno dei dati, si usano quei dati per stimare la domanda che avverrà in un secondo momento nel Paese che non si conosce e si vuole stimare la domanda. Quindi la domanda di oggi di un Paese serve per stimare la domanda di un altro Paese domani, relativamente ad uno stesso prodotto. Analisi barometrica: L’analisi barometrica a differenza dell’altra non si basa su due tempi diversi ma fa l’analisi tutta nello stesso periodo. Si stima la domanda di un Paese ad oggi sulla base dei dati che si hanno sì un altro Paese ad oggi. Il vincolo è che ci sia una sorta di relazione diretta tra la determinazione della domanda e uno specifico indicatore e che la stessa relazione diretta sia valida per un altro Paese. Osservatorio (controllo) sui mercati nei quali l’impresa già opera: Si è scelto di entrare in altri mercati però questo potrebbe comportare delle modificazioni nel mercato in cui già si opera e quindi su quel mercato si vedono quali opportunità di sviluppo si sono create in ragione dei cambiamenti che si pensa di effettuare affrontando mercati esteri. Share growth Opportunity (opportunità di sviluppo della quota di mercato) Limited growth (crescita limitata) Very high growth potenti al (grandi opportunità di sviluppo) Growth with market development (crescita tramite lo sviluppo del mercato) 0% 50% 100% SHARE DEVELOPMENT INDEX Market development index: indice di sviluppo del mercato. Share development index: indice sviluppo della quota di mercato. Dopo aver scelto i mercati esteri, e aver provato a stimare la domanda, e la domanda ha del potenziale, molto spesso quando si entra in nuovi mercati esteri, questa decisione può portare a modificare il marketing nel mercato in cui già si opera. Dati due indicatori che sono indice di sviluppo de mercato e indice di sviluppo della quota consideriamo questa matrice quadrata di dimensioni pari a 100. A seconda di dove ci si colloca all’interno della matrice si può pensare a delle ipotesi di sviluppo per l’impresa nel mercato domestico in cui si operava già. L’indice di sviluppo di mercato guarda il mercato cioè guarda quella quantità potenziale di domanda all’interno del quale tutti possono attingere per fare la propria quota. L’indice di sviluppo della quota di mercato che è quella della singola impresa. Significato dei quadranti: 51 VERY HIGH GROWTH POTENTIAL: se ci si colloca in questo quadrante allora vuol dire che si hanno delle grandi opportunità di sviluppo dal punto di vista del mercato perché si sta allargando, crescendo e dal punto di vista della quota. SHARE GROWTH OPPORTUNITY: Qui si sta lavorando in un mercato che ha dei tassi di crescita lenti e arrivato quasi a saturazione, non si sta innalzando e quindi non cresce però si ha una quota piccola. L’unico modo per migliorare la propria posizione qui è quella di aumentare la quota rubando le quote ai concorrenti. GROWTH WITH MARKET DEVELOPMENT: Qui si è già leader all’interno di quel mercato, si ha una quota importante, superiore al 50%, le opportunità di crescita si andranno a cercare nel innalzamento del mercato. Se il mercato si alza si può utilizzare quel innalzamento per aumentare la quota. LIMITED GROWTH: Quadrante peggiore. Qui si sta lavorando in un mercato in cu si è fatto il massimo per quanto riguarda la quota, il mercato è saturo non è in crescita e ci sono poche opportunità di sviluppo. Indice di sviluppo del mercato (market development index): L’indice di sviluppo di mercato è il rapporto fra domanda di mercato corrente e domanda di mercato massima, analiticamente: MDI= domanda di mercato corrente/ domanda di mercato massima. Il significato di questo rapporto è quanta parte della domanda corrente occupa la domanda totale. Se il risultato fosse 40%, le opportunità di sviluppo sono 60% (100%-40%).Le opportunità di sviluppo quindi sono rappresentate dalla differenza fra 100 e la percentuale trovata. La domanda di mercato corrente è NxHxQ che rappresenta il limite verso cui tende la curva di domanda la cui dinamica dipende dal livello di pressione complessiva di marketing esercitata dagli attori di mercato. La quota di mercato d’impresa è il risultato delle 4p di marketing (ovvero delle azioni di marketing) quindi ciò vuol dire: 1)La concorrenza non ha effetto sulla domanda primaria. 2) Per un identico livello di pressione totale di marketing la domanda può essere più forte in situazioni di prosperità r più debole in una fase dio recessione(crisi). La domanda di mercato corrente è la domanda di un determinato prodotto attuale. Questo livello di domanda dipende da un lato da alcuni fattori controllabili dalle imprese cioè il marketing mix, dall’altro dipendono anche da fattori non controllabili dalle imprese cioè da quelli che risiedono nel macro-ambiente di marketing, esterni alle imprese. Con mercato potenziale intendiamo la domanda di mercato massima mentre il mercato attuale fa riferimento alla domanda di mercato corrente. La domanda di mercato corrente potrebbe migliorare ma potrebbe anche non arrivare al suo limite massimo per una serie di elementi. Quindi potrebbe esserci un gap rispetto al mercato massimo o potenziale. Ad esempio un prodotto ha una domanda pari a 100 però la domanda potrebbe essere pari a 150 (mercato potenziale massimo) quindi c’è un gap di 50 che non si sta sfruttando perché sul mercato mancano alcuni elementi come 52 –Informazioni: sul prodotto tipo i consumatori non sanno come è fatto quel prodotto, indisponibilità del prodotto. –Indisponibilità di prodotto: prodotto non sfrutta a pieno il circuito distributivo, il consumatore vorrebbe acquistare il prodotto ma non lo trova presso i punti di vendita. –Assenza di conoscenza: Il consumatore non conosce le modalità di utilizzo di quel bene o prodotto. –Assenza di valore percepito: il valore percepito di un prodotto è la differenza fra i benefici e i costi relativamente al prodotto stesso. –Prezzo inaccessibile: prezzo non in linea con le esigenze della domanda. Abbassando il prezzo può esserci un innalzamento della domanda. Questi elementi possono essere delle opportunità per le imprese da cogliere per alzare quella domanda che si ha oggi. Se si individua uno di questi gap si ha un potenziale di innalzamento della domanda. Current market demand (domanda di mercato corrente): Possiamo avere diverse tipologie di domanda di mercato corrente: 1) Domanda di mercato corrente di beni di consumo non legati all’uso di un bene d’investimento (beni che si acquistano e non hanno bisogno di avere un altro bene): Si calcola come NxHxQ dove: - N: numero di unità di consumo potenziali. - H: Percentuale di utenti effettivi sulle unità di consumo potenziali (assorbimento). - Q: Tasso di consumo unitario per utente effettivo (penetrazione). 2) Domanda di mercato corrente di beni di consumo legati all’uso di un bene d’investimento (beni che per essere utilizzati devono essere accompagnati da un altro bene): - N: Numero di unità di consumo potenziali. - H: Percentuale di unità di consumo dotate del bene in questione. - Q: Tasso di utilizzo del bene (quanto uso il prodotto in un giorno) - R: Tasso di consumo per unità d’impiego (quante tavolette uso per un lavaggio) Qui si calcola come NxHxQxR. Maximum market demand (domanda di mercato massima): Si stima valutando almeno queste tre ipotesi: 1) Tutti gli utilizzatori potenziali sono anche effettivi 2) Ciascun utilizzatore usa il prodotto in ogni occasione d’uso 3) Ciascun utilizzo del prodotto avviene nella misura o con la frequenza ottimale. 55 La scelta delle strategie competitive nei mercati esteri Le strategie competitive nei mercati esteri si riferiscono alla modalità d’ingresso in mercati strategici. Ci possono essere diverse modalità d’accesso ai mercati stranieri: 1) La prima modalità di entrata semplice è la vendita indiretta o esportazione indiretta: L’esportazione indiretta vuol dire che si produce nello stesso mercato in cui si era presente e poi si può scegliere di utilizzare intermediari che possono essere nazionali se riguarda il mercato nazionale senno esteri se riguarda il mercato estero, i quali portano i prodotti all’estero, l’esportazione indiretta vuol dire che l’affidi altri. L’esportazione indiretta può essere una scelta dell’impresa che decide di provare a vendere all’estero facendosi aiutare da degli interlocutori che si occuperanno delle esportazioni, oppure può essere che arrivi una domanda dall’estero all’impresa e quindi l’impresa cercherà di assecondare questa domanda. Se questa domanda dall’estero arriva in maniera spontanea di solito accade perché l’impresa ha un certo margine competitivo (vantaggio competitivo) sul prezzo o sulla qualità, la tecnologia oppure l’unicità. La domanda può arrivare spontaneamente dall’estero perché il rapporto prezzo/qualità dell’impresa è positivo nel senso che si producono prodotto di qualità ad un prezzo competitivo, o perché il prodotto ha un immagine positiva dovuta magari alla collocazione geografica dell’impresa (alimentare made Italy o l’alta moda italiana), o anche perché l’impresa possiede una tecnologia unica che non ha sostituti ed è richiesta all’estero. Quindi in sintesi l’impresa può decidere spontaneamente di affrontare un’esportazione indiretta oppure si presenta una domanda sul mercato e l’impresa asseconda questa domanda. Esportazione indiretta vuol dire che si inserisce un altro player che non fa a capo all’impresa e che si occuperà dell’esportazione, infatti non è l’impresa ad occuparsi dell’esportazione ma affida questa a dei soggetti intermediari che possono essere differenti. Se si vuole fare un’esportazione (mercati esteri) e non si hanno le capacità ci si può affidare ad alcuni soggetti, i quali non fanno parte dell’impresa ma fanno parte di altre imprese, le quali sviluppano dei contratti con l’impresa per l’esportazione dei prodotti all’estero. Questi soggetti sono specializzati che affrontano l’esportazione e delegano gli altri (le imprese che vogliono esportare) dalle responsabilità. Tra questi soggetti abbiamo: 1) Società di esportazione: Questa società risiede nello stesso Paese dell’impresa. Quindi l’impresa affronta le esportazioni negoziando con un interlocutore locale (stessa valuta, lingua) il quale si occuperà della negoziazione sui mercati stranieri. In particolare una società di esportazione acquista la merce dal produttore e la vende a proprio nome assumendo tutti i rischi della transazione. Vende a proprio nome vuol dire che diventa proprietario della merce che trasferisce all’estero, diventando dei veri e propri intermediari con tutti i rischi nel senso che se i prodotti non avranno sbocco sul mercato rimarranno nella società di esportazione che dovrà occuparsi di quei prodotti. 2) Trading company: Queste società acquistano i prodotti dal produttore e li rivende per proprio conto/nome nei mercati esteri come nelle società di esportazioni, occupandosi di tutte le attività di import/export e generalmente si tratta di imprese di tipo diversificato, di grandi dimensioni con diversificazione sia dal punto di vista geografico che merceologico e anche in alcuni casi funzionale. Visto che si occupano di attività import/export queste trading company si possono trovare nel territorio dell’impresa, quindi in questo caso hanno una forma simile 56 alle società di esportazione solo che le dimensioni sono più consistenti. Nella maggior parte dei casi, però le trading company operano in mercati in cui ci sarà la destinazione dei prodotti dell’impresa, quindi in mercati differenti rispetto a quello in cui è localizzata l’impresa e quindi l’impresa dovrà negoziare con valuta estera, con contratti che tengono conto della legislazione del paese di destinazione e soprattutto si negozierà con una grande impresa che non avrà più una specializzazione settoriale su un tipo di prodotto ma che spesso è un global player che lavora attraverso i mercati scambiando partite legati all’import e all’export e sarà la trading company a sviluppare tutte le attività legate alle esportazione (logistiche, trasferimento di prodotto, trasporto, pagamento di dazi, controllo sulle restrizioni commerciali sui mercati, anche in questo caso la società diventa proprietaria dei beni che trasferisce e quindi si assume tutti i rischi delle transazioni. 3) Consorzio per l’internalizzazione: Il consorzio può esserci per varie attività, nelle imprese della grande distribuzione lo sviluppo di consorzi è molto utilizzato. Il consorzio è una forma di aggregazione interaziendale perché è un accordo fatto da più imprese che decidono di costituire un consorzio per sviluppare insieme le attività legate alla esportazione (esportare insieme) dei prodotti all’estero, condividendone i costi. In Italia l’unione di più imprese vuol dire amplificare l’immagine dei prodotti, gestire quindi una richiesta più ampia di esportazioni con le annesse economie. In Italia abbiamo due tipi di consorzi, ci sono quelli che acquistano i beni dalle imprese che fanno a capo al consorzio e quindi il consorzio diventa proprietario di quei beni che poi esporterà assumendone tutti i rischi della transazione connessi, ma ci sono anche altri consorzi che fanno solo da intermediari e non si assumono il rischio di proprietà di quei beni ma che trasferiscono per conto di altre imprese solo mediante contratti e la proprietà di quei beni rimane a capo delle imprese che fanno capo all’aggregazione. 4) Agenti d’acquisto: Questi acquistano prodotti per conto altrui (per conto del cliente estero). L’imput parte dal cliente estero che ha degli agenti che ricercano partite su mercati internazionali, essendo che sono agenti non si assumo la proprietà dei beni che trasferiscono. Quindi l’impresa potrebbe essere cercata da un agente d’acquisto che vede i suoi prodotti e li vuole trasferire presso un cliente estero che vuole relazionarsi con l’impresa, ed in questo caso l’agente d’acquisto si occuperà di tutte le operazioni di trasferimento senza diventare proprietario del bene che trasferisce. Il contratto di riferimento in questo caso è il contratto di commissione in Italia. Tutte queste figure possono essere inserite nel canale che porta l’impresa all’estero ma non appartengono all’impresa, non si governano direttamente ma fanno dei contratti con questi, i quali si occuperanno delle esportazioni, è un modo semplice per avere accesso ai mercati esteri e non c’è un controllo sulle partite e si ripartiscono i ricavi con questi che decideranno tutto ciò che riguarda la negoziazione all’estero (tipo prezzi). 2) Seconda modalità d’ingresso in mercati stranieri è la vendita diretta all’estero: L’esportazione diretta vuol dire che è l’impresa che si occupa dell’esportazione, solitamente l’impresa porta una propria organizzazione di vendita all’estero. In questo caso l’impresa grazie all’esperienza o alle capacità decide di affrontare le esportazioni in maniera autonoma. In questo caso negozia direttamente con operatori internazionali per vendere i propri prodotti all’estero definendo quindi anche i prezzi e in alcuni casi anche 57 le modalità di vendita dei prodotti. Un esportazione diretta non utilizza gli operatori dell’esportazione indiretta e l’impresa quindi dovrà occuparsi della logistica dei prodotti, del trasferimento dei prodotti, trasporto e quindi in qualche modo si sta facendo un monitoraggio sulla domanda estera, e spesso per studiare la domanda estera si investono delle risorse spesso chi fa vendita diretta all’estero lo fa perché poi si vuole insediare all’estero in maniera più consistente, infatti alcuni fattori possono spingere le imprese ad integrarsi in maniera più consistente nel paese di destinazione. Ad esempio l’esportazione nel primo periodo è più propositiva dal punto di vista dei risultati e quindi si decide di avvicinarsi di più al cliente locale per capire meglio quel cliente e sviluppare un offerta più idonea al cliente locale oppure perché la competizione locale diventa forte e quindi bisogna essere presenti all’estero oppure ancora perché si superano i limiti dal punto di vista delle quantità di esportazione e quindi visto che l’esportazione si è dimostrata positiva dal punto vista dei risultati e si decide di insediarsi al estero. Un’esportazione diretta si può fare: - Inviando periodicamente all’estero i propri venditori cioè la propria rete di vendita ossia agenti, intermediari locali viene inviata all’estero per negoziare le partite dal punto di vista internazionale. - Stipulando contratti in sede con gli operatori di destinazione. In sede perché un’impresa che fa esportazione diretta non ha sedi nel mercato di destinazione quindi o manda persone che sono assunte nel Paese in cui l’impresa ha lo stabilimento di produzione o negozia direttamente dalla sede. Se è esportazione non si hanno sedi all’estero. In alcuni casi per queste imprese è possibile fare la metodologia del traffico di perfezionamento passivo che non è una vera e propria esportazione. La differenza sta che il traffico di perfezionamento passivo è una esportazione particolare cioè è temporanea. In questo caso si decide di esportare la merce solo per un certo periodo di tempo, in particolare si esportano merci al fine della loro reimportazione. Quindi si esporta la merce all’estero perché si ha bisogno che all’estero questa subisca una trasformazione, lavorazione e poi la stessa si riporta nel Paese di partenza. Questa tipologia di esportazione può essere conveniente perché in questo modo ci sono dei vantaggi legati ai dazi. 3) Terza modalità è la produzione all’estero: Si decide di entrare in un altro paese con un’impresa che fa produzione e non più solo vendita quindi ciò significa essere presenti all’estero con un’impresa. Questa impresa che ci sarà all’estero si occupa della produzione e non solo della vendita. Le modalità per fare produzione all’estero sono: - Contratto di produzione: L’impresa che decide di produrre all’estero affida la produzione di quella partita o linea di prodotto ad un’impresa locale o terzi (che sta nel paese estero), che produrrà per l’impresa in base a come questa stabilisce, in base alle sue indicazioni, standard, tecniche, modalità di lavorazione, caratteristiche. Di norma si paga una commessa per la produzione. Questo contratto può avere dei vantaggi: • Costo del lavoro, logistica, trasporto più basso. • Superare le barriere, perché il prodotto diventa “made in” e quindi diventa un prodotto fatto dall’impresa locale cioè che sta all’estero e quindi ha accesso al mercato. • Flessibilità, si sceglie quel partner perché per quella partita di prodotto è vantaggioso dal punto di vista economico, se in futuro quel partner non rispetta le condizioni si può cambiare. 60 Strategie di controllo del capitale – Greenfield: Si entra nei mercati esteri creando nuovi impianti, stabilimenti di proprietà all’estero. Si va all’estero controllando un capitale. – Acquisizioni: Tipica di molti settori come il settore petrolifero e consiste nell’acquisizione di un’impresa (concorrente o non) già presenti nel mercato straniero per produrre all’estero. – Partecipazioni aziendali: Si entra in nuove imprese con delle quote di partecipazione (di norma è il punto di partenza prima di arrivare all’acquisizione) Imprese italiane acquisite o controllate: • Pirelli ai cinesi Crecchia • Indesit agli americani Whirpool • Loro Piana e Bulgari ai francesi LVMH • Valentino Mayhoola Investments (Qatar) Greenfiel (creare ex novo impianto all’estero) Acquisizioni Vantaggi -Sistemi di produzione e logistica integrati globalmente -Scelta senza vincoli preestistenti di vantaggi derivanti dalla localizzazione, dal costo del lavoro, dei terreni e di incentivi -Rapidità di entrata del mercato -Acquisire management esperto -Ridurre la rivalità del mercato Svantaggi -Investimenti rilevanti -Tempi lunghi prima di avviare la produzione -Creazione quota di mercato partendo da zero -Lentezza delle autorizzazioni -Difficile integrare culture, organizzazione, produzione -Tempi lunghi prima che una ristrutturazione abbia successo -Costi più alti rispetto alle alleanze La cultura è una delle 3 risorse in materia d’impresa. Cultura intesa non come cultura dei consumatori ma come cultura aziendale. La cultura aziendale, il sistema informativo, e il patrimonio di marca sono le 3 risorse immateriali d’impresa più importanti (nei mercati globali). Queste 3 risorse possono essere anche non trasferibili, o meglio si possono trasferire le parti materiali, ma non è detto che si ottenga lo stesso risultato. Ad esempio la cultura è fatta di persone, valori, standard, regole d’impresa. Di una cultura si potrebbero trasferire le persone da un’organizzazione ad un’altra però queste hanno valori diversi che potrebbero portare ad avere risultati diversi in quest’altra organizzazione. Dal sistema informativo si può trasferire il sistema informatico. Dal patrimonio di marca si può trasferire il marchio, logo ma non è detto che si ottenga lo stesso sistema di valori di collegamento con la domanda perché quel marchio messo su altri prodotti può dare origine a valori differenti. Questa problematica legata al trasferimento in particolare delle componenti materiali riguarda anche un’acquisizione perché se entrando in un’altra organizzazione ci si potrebbe scontrare con una problematica di integrazione culturale, di organizzazione, di produzione. 61 Tipi di presenza sul mercato secondo la forma giuridica Dal punto di vista giuridico e quindi per la legge ciò che si va a realizzare all’estero che può essere nato da un impianto ex novo o un’acquisizione potrebbe essere: -Foreign branch: “Un braccio aziendale” ossia si sta creando una filiale che non ha una propria autonomia giuridica ma è parte integrante della parent company (impresa iniziale), dipende da questa anche giuridicamente tanto che i risultati come le perdite o gli utili si vanno ad inserire nel bilancio della parent company. Quindi non avremo un’impresa autonoma che avrà propri obiettivi, bilancio, conseguenze dal punto di vista giuridico ma una filiale legata alla casa madre e non indipendente. In alcuni casi è consigliabile creare uno stabilimento di questo tipo ossia foreign branch perché essendo parte integrante della parent company non si hanno quei vincoli in ordine alla residenza dei soci e degli amministratori ossia una quota percentuale di queste persone dev’essere residente nel mercato di destinazione, in questo caso no perché non si è creata un entità a parte nuova ma si è creato un braccio rispetto alla parent company e quindi si può mandare in gestione, amministrazione il top manager bypassando questi vincoli. Di solito i beni di produzione possono essere liberamente trasferiti dalla casa madre alla branch, e quindi non sono sottoposti a tutti quei vincoli, controllo di passaggio fra due imprese differenti. -Foreign subsidiary (sussidiaria): In questo caso si ha una sussidiaria ossia creare un’altra impresa che è giuridicamente autonoma, e quindi avrà propri obiettivi, bilancio fatto di utili e perdite che non si possono ancorare alla casa madre, quindi è indipendente dagli altri stabilimenti costituiti in passato dall’impresa. È consigliabile effettuare questa scelta perché: -Gli incentivi e i contributi locali (quelli all’estero) sono in genere usufruibili solo dalla controllata e non dalla sussidiaria. - Joint venture: Qui si tratta di una joint venture non commerciale, ma di tipo equity fatta di apporto di capitale consistente, perché qui si va a creare un’impresa all’estero insieme ad un'altra impresa che sta all’estero. Qui rispetto all’acquisizione abbiamo 2 imprese che si mettono insieme è costituiscono un’impresa nuova, che sarà indipendente, tanto che avrà un nome diverso, rispetto alle due imprese di origine. La joint venture può essere maggioritaria, minoritaria oppure paritaria, cioè vuol dire il grado di responsabilità fra le due imprese che si sono andate ad unire nell’impresa nuova (impresa ha un maggiore controllo sull’altra maggioritaria ecc.). Grado di responsabilità= controllo. Spesso si fa una joint venture perché si ripartiscono i costi, e si allineano le conoscenze e competenze si mettono insieme e si possono sviluppare delle offerte innovative. Alleanze riguardanti specifiche funzioni Le alleanze che non prevedono una presenza fissa all’estero, si fa riferimento alleanze di tipo non equity che sono accordi che non prevedono apporti di capitale e quindi la costituzione di nuove imprese. Sono accordi temporanei e non prevedono apporti di capitale. Quindi un’impresa può decidere di sperimentare una sua attività all’estero alleandosi con un competitor su qualche aspetto. Alcuni esempi possono essere: - Ricerca e sviluppo: Ci si avvale degli stabilimenti di ricerca e sviluppo di player stranieri. - Distribuzione: un’impresa decide di farsi distribuire i prodotti da un'altra impresa 62 - Produzione: stessa cosa della distribuzione - Assieme per competere: Due imprese si mettono d’accordo per cercare di limitare lo sviluppo di un'altra impresa. - Joint bidding consortium: Sono accordi che fanno le imprese per partecipare e vincere delle aste come quelle di approvvigionamento. La segmentazione per le imprese che operano su più mercati L’iter normale di marketing prevede che dopo aver analizzato i bisogni si va a segmentare. L’iter di un marketing globale prevede prima analizzare i mercati, scegliere le modalità di entrata e poi segmentare. La segmentazione si collega a 3 grandi aspetti: 1) Disaggregare 2) Aggregare 3) Fare una scelta La prima cosa da fare quando si decide di segmentare (possono essere tanti paesi) è quella di suddividere il mercato in termini di consumatori sulla base delle principali esigenze dei consumatori (disaggregazione del potenziale di domanda) poi una volta separati (i consumatori) si va ad aggregare il potenziale di domanda (i consumatori) all’interno dei segmenti ed infine si scelgono i segmenti di riferimento ossia come operare. Principi della segmentazione Segmentare vuol dire dividere il mercato in parti (segmenti). Lo scopo è individuare i compratori con esigenze simili e costruire un marketing mix specifico che risponda a tali esigenze. Perché segmentare? - Selezione del target: Segmentare conviene perché si ha un controllo di quel segmento. - Marketing mix: Se si segmenta e si controllano bene le esigenze si può sviluppare un marketing mix ad oc per quel segmento e quindi relativamente a quel segmento e a quelle esigenze si valuteranno le scelte di prodotto, di prezzo, comunicazione e distribuzione. - Differenziazione: La concentrazione su uno o pochi segmenti permette la differenziazione a livello globale, si fanno offerte su esigenze specifiche di quel target. - Minacce e opportunità: Concentrarsi sulle esigenze di un segmento permette di legarsi a quelle esigenze e questo può essere un’opportunità se il segmento rimane tale o se si ricercano nuovi segmenti ma anche una minaccia perché visto i cambiamenti repentini sui consumatori porta il segmento a cessare di vivere. Un segmento funziona quando se si fa una campagna di marketing i consumatori del segmento reagiscono più o meno allo stesso modo perché hanno le stesse caratteristiche, se non si hanno reazione omogenee il segmento cessa di vivere. 65 Importante è poi la differenza fra il consumatore infedele e non fedele, nella distribuzione questa differenza è importantissima. Il consumatore infedele e quello non fedele hanno una caratteristica in comune ovvero quello di cambiare la modalità d’acquisto ovvero tendono a cambiare prodotto o marchio. La differenza è che per un’impresa il non fedele può essere conquistato l’infedele invece è difficile da conquistare o meglio è difficile da monitorare, perché il non fedele cambia modalità d’acquisto sulla base delle promozioni o della comunicazione che si presenta sul mercato quindi cambia in base alle proposte dell’impresa, mentre l’infedele è per sua natura infedele ovvero lo è perché ama cambiare non per promozioni o altro. 4) Segmentazione per stili di vita o socioculturale: le tre grandi dimensioni da controllare riguardano le attività, gli interessi e le opinioni dei consumatori. La segmentazione globale è la vera novità, è un approccio diverso rispetto alla segmentazione classica perché non utilizza le variabili appena descritte, non utilizza quelle variabili della segmentazione. Essa ha un punto di partenza diverso Schema: 66 Siamo un’impresa con un approccio global market. Le tre aree (non sono regioni) sono i mercati scelti in base all’analisi del mercato. La segmentazione globale parte dall’impresa (e non come succede nelle altre segmentazioni che si prendono delle variabili e si applicano ai vari territori per trovare i consumatori e basare il marketing). Qui è l’impresa che si impone nel mercato scelto (es. mc Donald, zara). Se si è un’impresa globale si ha una forte notorietà nei mercati ed usa la stessa marca in tutto il mondo. Questo però non vuol dire che non adattino i prodotti al mercato. L’approccio di segmentazione parte dall’impresa. Ad esempio, Zara decide di entrare in queste 3 aree e per prima cosa deve individuare le sue variabili guida o chiave, ovvero quelle su cui punta per competere nel mercato globale, che sono poche. Succede praticamente il contrario si parte dall’impresa, la quale poi individua le variabili core (guida/chiave) che sono quelle variabili su cui l’impresa crea la propria offerta in tutte le diverse aree in cui intende operare. Una volta individuate le variabili, le studio sui mercati scelti per tirare fuori un numero, la numerosità (la domanda potenziale) Esempio schema: Zara entra in un’area, segmenta e trova due tipologie di consumatori adulti (rosa) e i bambini (bianchi) che sono miscrosegmenti. Esempio nell’area 1 ovvero Europa il potenziale di domanda è 1 milione Nell’area 2 il segmento rosa è più grande ci sono più adulti mentre meno bambini Nella terza il segmento per gli adulti è basso, quello dei bambini più grande L’obiettivo, il punto della segmentazione globale è aggregare micro-segmenti locali per creare un segmento transazionale o globale da gestire con la stessa strategia di marketing. Nell’esempio il segmento adulti transazionale è dato dalla somma delle persone che stanno nelle tre aree così come i bambini. Bisogna poi all’interno di quelle somme individuare i segmenti di consumatori che si comportano allo stesso modo rispetto ad una strategie di marketing e quindi stabilire quale sarà il segmento guida (fatto di consumatori guida) ossia trovare un segmento transazionale che faccia da guida rispetto a tutte le scelte di marketing (come fare il prodotto, il servizio che prezzo stabilire, come distribuirlo) che sarà quello che qualificherà la mia offerta indipendentemente dai mercati, che orienta le mie strategie. Le imprese che fanno la segmentazione globale: 1) Segmentano le principali aree con le variabili di segmentazione importanti per l’impresa (contraddistinguono la visione e missione d’impresa). 2) Una volta individuati i segmenti, analizzano i bisogni/attributi/esigenze che il consumatore ritiene importanti con riferimento ad ogni area. 3) Si concentrano su esigenze/bisogni/attributi più ricorrenti nelle diverse aree, considerando anche l’attrattività dell’area. Guardo la ricorrenza ma guarda anche l’attrattività dell’area. Per concentrarci su quelli che sono più ricorrenti considerando anche l’attrattività dell’area, un metodo che si può utilizzare è quello di valutare l’attrattività delle diverse aree (nel esempio per ogni cubo calcolare l’attrattività), perché ci può essere un’esigenza che emerge sui consumatori solo su 2 aree rispetto alle 10 che ho selezionato. Esigenza che 67 però è importanti perché appartiene a consumatori che stanno in aree fortemente attrattive e potrei facilmente conquistare. Schema esempio attrattività: La prima si riferisce al cubo 1 e così via. L’impresa sceglie delle variabili di attrattività e la scelta delle variabili dipende da quelli che sono i valori dell’impresa, le variabili guida (core). L’impresa deve scegliere delle variabili di attrattività. Di queste variabili l’impresa né da un peso, importanza ovvio che la stessa importanza dev’essere uguale per ogni area. Quello che cambia è la valutazione, ad esempio nell’area 1 la dimensione ha un punteggio pari a 3, nell’area 2 potrebbe essere pari a 1…. cosi faccio per tutti i punti. Il risultato dipende dalla sommatoria dell’ultima colonna 1.9, così per ogni area. Confrontando i risultati delle diverse aree capiscono sulla base dei miei attributi capisco in quale area risultano essere più attrattive. Quindi: 70 –Interrelato: Ogni aspetto culturale è collegato l’uno all’altro. –Condiviso: Importante è capire il confine della condivisione. In genere si dice che utilizzare confini amministrativi può essere utile per scoprire una cultura, però oggi non è così perché spesso all’interno del confine ci sono sub-culture diverse, quindi è necessario capire fino a dove quella cultura è condivisa e non dal punto di vista statale, bisogna trovare un potenziale. Trovare un potenziale vuol dire che se all’interno di uno stato esistono sub-culture diverse ci si può focalizzare su quelli più importanti. Elementi della cultura Gli elementi da considerare per sviluppare una strategia di marketing e la segmentazione sono diversi, i più importanti sono questi: - Materia life - Linguaggio - Social interaction - Estetica - Religione - Educazione Material life: Questo è l’aspetto materiale della cultura. Si riferisce in particolare alle tecnologie utilizzate per produrre, distribuire e consumare beni e servizi all’interno di una società. Ad esempio in India circa il 70% della popolazione risiede in oltre 600 mila villaggi con culture differenti. Solo società come Nestlé o Coca Cola si sono riuscite a spingere fino a lì. Bisogna trovare modi diversi per raggiungere questi consumatori e qui è importante anche la comunicazione, per colpire la domanda. E’ importante riconoscere questi aspetti (infrastrutture, energia elettrica ecc). Linguaggio: Per quanto riguarda il linguaggio lo possiamo analizzare secondo due aspetti. Il primo facciamo riferimento al linguaggio come strumento di comunicazione in quella città (i modi di dire). Il secondo riguarda le lingue di riferimento utilizzate (diversità nella lingua), questo secondo aspetto ci dice che le campagne pubblicitarie, di promozione devono essere fatte nel linguaggio giusto. Interazioni sociali: Le interazioni sociali fanno riferimento ai gruppi di riferimento, come si relazionano i membri di una società con gli altri e tra loro. Un esempio potrebbe essere la famiglia per qualificare tra gli altri il packaging. Estetica: È un’idea relativa alla bellezza e al buongusto. L’estetica colpisce il marketing in 2 dimensioni: 1) Tutto ciò che si riferisce ai colori e alle forme. 2) Estetica considerata anche del buongusto e della bellezza. Nel primo caso è noto che se dobbiamo disegnare un packaging, rappresentare un prodotto, la combinazione colore e forma crea delle differenze a seconda della cultura. Abbiamo forme diverse a seconda dei sistemi culturali mentre i colori di per sé hanno un significato. I colori caldi sono poco problematici a differenza di quelli a colori quali il nero, rosso, giallo, rosa che prima di essere usati bisogna analizzarli bene perché hanno un significato opposto a seconda di ciò che tocchiamo. Nel secondo caso 71 buon senso e bellezza si leggono nelle persone, bisogna riconoscere delle differenze per fare differenziazione nel mercato. Religione: Credere in un essere superiore. La religione per chi fa marketing può diventare un’opportunità commerciale. Si riferisce alle festività religiose che possono diventare un’opportunità di marketing ossia un’opportunità commerciale. Perciò bisogna conoscere i valori, le festività della religione. Educazione: Viene interpretata in un duplice significato: - È un veicolo di diffusione della cultura a una generazione ad un’altra. - La qualità, il livello di istruzione è importante per chi fa marketing. Ad esempio cambia il libretto delle istruzioni, il packaging, la percezione del prodotto in quell’area. E’ importante capire come viene percepito quel prodotto all’interno di un luogo. Questi sono i principali elementi, aspetti della cultura che possono orientare le scelte di segmentazione globale e le scelte o strategie di marketing. Di norma dopo la segmentazione c’è il posizionamento. Posizionamento È il passo successivo alla segmentazione, ed è quello che l’impresa vuole che sia letto dal consumatore. È il concepimento di un’offerta di un’impresa in modo tale da creare una specifica collocazione nella testa del consumatore (target di riferimento). È come l’impresa vuole che l’offerta sia letta dal consumatore. Se la strategia è globale il posizionamento dev’essere unico attraverso i mercati, l’obiettivo è essere percepiti come brand global, In ottica di marketing globale, il posizionamento dev’essere ben qualificato e distinto. Nel caso di segmentazione mista ovvio che si avrà un posizionamento global più un posizionamento specifico in quell’area. Posizionamento significa scegliere i vantaggi competitivi rispetto alla concorrenza (come vogliamo competere). L’obiettivo è costruire e mantenere nei mercati una posizione distinta sia per l’impresa sia per i suoi prodotti/servizi. Per avere successo occorre dare ai clienti (del target scelto) più di quanto dà la concorrenza. Requisiti di un posizionamento di successo - Chiarezza: In termini di vantaggi differenziali e target di riferimento. Devo dire a chi mi rivolgo e con che diversità rispetto ai concorrenti. - Coerenza: Ogni strategia deve rispettare l’identità del gruppo, altrimenti avrebbe una risonanza tale da distruggere la posizione del gruppo. Avendo un taglio globale. Coerenza a livello di vantaggi differenziali, devo far sì che i vantaggi differenziali rimangano tali nel corso del tempo. - Credibilità: Va insieme alla coerenza. L’impresa deve fare promesse che può mantenere. - Competitività: Non ci devono essere competitor che replicano la mia offerta con gli stessi vantaggi differenziali. Bisogna avere dei vantaggi differenziali rispetto alla concorrenza. I grandi brand global hanno vantaggi differenziali evidenti. Segmentazione e posizionamento guidano le strategie di prodotto. Strategie di prodotto 72 Bisogna fare i prodotti per quelle aree. Ci si pone delle domande per quanto riguarda i mercati selezionati: Quali prodotti vendere all’estero? Su quali mercati? Come realizzare nuovi prodotti per i mercati globali? Nel caso dei prodotti sono stati fatti degli studi e individuato degli attributi. Con un buon prodotto è più facile conquistare i mercati esteri., in particolare si può avere successo in un’ottica globale se il prodotto ha questi elementi: - Affidabilità: Prodotto non si deve rompere o se si rompe c’è la garanzia di aggiustarlo. Se si rompe il consumatore deve poter riferirsi a qualcuno. - Innovativo: Gruppi innovativi sono più accettati e compresi nei mercati esteri. Un’impresa che immette un prodotto innovativo ha maggior facilità ad essere accettata in mercati esteri. - Lanciato sui mercati esteri nello stadio giusto del ciclo di vita: Lo stadio giusto del ciclo di vita del prodotto sarebbe quello dello sviluppo nei mercati esteri, però potrebbe esserci il rischio di non essere coperti dai costi di lancio. - Consegnato tempestivamente - Dotato di un’efficiente assistenza per-vendita e post-vendita Esistono 4 strategie prodotto/mercato: 1) Strategia alfa: Stesso prodotto del mercato d’origine. Questa strategia è in linea con l’export marketing. Generalmente è una strategia adottata dalle imprese che: • Sono agli inizi della loro penetrazione commerciale all’estero, queste strategie di prodotto le facciamo dopo aver selezionato i mercati in cui entrare. • Operano all’estero da tempo e avendo consolidato la posizione in mercati stranieri decidiamo di affrontare altri mercati (es. 10 mercati alcuni già penetrati, quelli che mancano decidiamo di affrontarli con una strategia di export). • Ci può essere il caso di grande imprese che per alcune linee di prodotto non voglio perdere le economie di scala generate dalla standardizzazione del prodotto e quindi vogliono tenere il prodotto così. All’interno dei mercati selezionati rispondiamo alle seguenti domande: In quale mercato? Con quale sequenza entriamo in questi mercati? Siamo certi di avere un buon prodotto anche per il nuovo mercato? Può il prodotto essere destinato ad usi diversi da quelli del mercato d’origine? (può soddisfare altri bisogni) In quali mercati? -Si tende a controllare o monitorare il reddito pro capite. Selezionati una serie di mercati se dobbiamo sceglierne alcuni, un’indicazione utile per farlo può essere l’analisi del reddito pro-capite. L’andamento del reddito pro-capite difficilmente è frenetico cioè è un indice altalenante, se c’è una tendenza alla crescita si 75 portati in alcuni mercati devono essere modificati per la sicurezza del prodotto. Su un prodotto alimentare sono costretto a variare i tempi di cottura dei prodotti. Un altro esempio scadenza di prodotto. -Condizioni d’uso differenti, a volte l’obbligo di cambiamento di prodotto non dipende dal governo ma dal mercato che stiamo affrontando, esempio è il clima. Le caratteristiche climatiche sono importantissime rispetto allo sviluppo del prodotto che comporterà il cambiamento ad esempio del packaging o di altro ancora. -Tradizioni locali differenti possono fare le differenze sul prodotto, questo lo sanno bene i grandi marchi di elettronica al consumo, se in alcuni mercati vi è l’esigenza di sviluppare prodotto sempre più piccolo veloci, in altri mercati è l’opposto tanto è più pesante grande tanto viene considerato di maggior qualità. Tecnicamente cambio gli attributi. 2) Come cambiare il prodotto? -Dal punto di vista pratico del prodotto cambio gli attributi di prodotto (cambio le caratteristiche tecniche). Nel largo consumo dei prodotti alimentari diventa un problema di adattamento (es insalate pronte miste, in alcuni mercati devono essere di un tipo specifico). -Cambiando il marketing mix. A volte basta cambiare le altre leve del marketing, ad esempio il prezzo. Oppure attraverso la distribuzione, non posso distribuire i prodotti con sedi fisiche e lo faccio online. La scelta di adattare il prodotto, può voler dire anche che non conviene entrare in quel mercato. ci sono vantaggi sia legati all’adattamento che alla standardizzazione. Come rendere massima la standardizzazione dei prodotti? - Approccio modulare - Assemblaggio all’estero -L’approccio modulare dal punto di vista dei sistemi produttivi è un approccio ibrido in linea con la standardizzazione e l’adattamento. Quindi si standardizza e poi si ci adatta ai vari mercati (tipo Ikea) tramite diversi assemblaggi all’estero. 3) Strategia gamma: prodotto nuovo per il mercato globale. In linea con il global market. 4) Strategia delta: prodotto su misura. Forma mista, ibrida. Customer value Per misurare il valore per il consumatore si può utilizzare la differenza tra il valore dei benefici e il valore dei sacrifici (vb-vs). I benefici sono collegati all’insieme di attributi proposti, ma anche alla relazione con l’impresa (es. marca). I costi principali che di norma i consumatore riconosce sono : primo fra tutti il prezzo (costo per il consumatore), ci sono altri costi però come utilizzo, conservazione, smaltimento e costo di possesso. Io 76 compro un’auto valutando sicuramente il prezzo, ma valuto anche quanto consuma, quanto costa la manutenzione ecc… Tutte queste dimensioni di costo non sono presenti in tutti i prodotti. Value= vb – v Acp altri costi di tipo monetario (tasso possesso ecc. Acr altri costi di tipo non monetario (costo di ricerca dell’informazione del prodotto, perdita di tempo ecc..) La soddisfazione si collega alla costumer satisfation Vp – va significa valore percepito e valore atteso. Cioè se io vado ad acquistare un prodotto ho delle aspettative, magari dopo l’acquisto non vengono rispettare e diminuisce la mia soddisfazione. (Vbp – vsp) –(vba- vsa) Valore benefici percepiti – valore sacrifici percepito – valore benefici attesi – valore sacrifici attesi Per studiare la costumer satisfation ci sono diversi modelli, soprattutto statistici. Metodo kano method Consente di capire quali attributi di prodotto generano soddisfazione e quali creano prevalentemente insoddisfazione. Consente inoltre di indentificare nuovi prodotti che possono migliorare il differenziale positivo di soddisfazione. Queste due frasi fanno capire che l’analisi può essere fatta sia ex post sia prima. L’autore kano suddivide gli attributi in alcune categorie: la prima categoria sono gli attributi must-be features, sono degli attributi che ci devono essere, ovvero il consumatore si aspettano che quelli attributi o caratteristiche dei prodotti ci siano in quella offerta. Dal punto di vista della soddisfazione sono importanti? Da un lato sono attributi che ci devono essere, e quindi la non presenza crea forte insoddisfazione, mentre se ci sono non alza di tanto la soddisfazione. La seconda categoria è i one-dimensional features, hanno un doppia dimensione perché questi attributi possono generare da un lato elevato soddisfazione e dall’altro lato elevato insoddisfazione. Perché? Se decidiamo di tenere un attributo di questo tipo deve essere performante perché se funziona aumenta i livelli di soddisfazione, al contrario se non funziona possono creare un’elevata insoddisfazione. Attractive feature, generalmente attraggono il consumatore e hanno un buon potenziale di costumer sodisfation positiva ovvero soddisfazione, al contempo il fatto che non ci siano creano bassi livelli di insoddisfazione (perché è qualcosa di diverso se c’è va benissimo, se non c’è non è poi così rilevante). 77 Reverse features, creano un elevato soddisfazione e non interessano al consumatore. Se possibile bisogna toglierli dal paniere di offerta Infine abbiamo indifferent feature, attriubuti che non hanno un valutazione chiare. Sta a noi decide se lasciarli oppure no. Nel senso che l’inserimento dell’attributo genera un costo ma dipende anche dal costo del non inserimento degli attributi (perché magari si aggancia agli altri). Indifferente vuol dire che puoi decidere se lasciarli o no. Customer response to performance Si chiede al consumatore di dare una risposta degli attributi selezionati. Al consumatore domandiamo cosa ne pensa dell’attributo sia dal punto di vista negativo che positivo. (ad esempio gli scii sono attributi leggerezza, in questo caso propongono la domanda dal punto di vista positivo e negativo, che cosa ne pensi se è leggero? che cosa ne pensi se non è leggero? In pratica facciamo finta che dobbiamo testare la caratteristica f1 ovvero la leggerezza F1 Per la parte positiva che cosa ne pensi? Una scala fissa con una serie di risposte uguali per tutti agli attributi e il consumatore dovrà scegliere da 1 a 5. Stessa domanda viene fatta in negativo sempre con scala da 1 a 5, con risposte definite. La stessa domanda sulla caratteristica 1 la sposto in una tabella di questo tipo vedi foto. Le risposte mi interessa che sia leggero La stessa cosa la faccio per tutti gli attributi che voglio testare. La griglia di lettura fissa Sopra abbiamo la parte negativa dysfuncional performance foto E la parte positiva functional performance Prima abbiamo dato 1 per la parte positiva, per la parte negativa 5 quindi finisco nel quadrante one dimensional. Se avessi risposto 2 positivo e 3 negativo ci collochiamo ad indifferent. Il problema è collocare tutte le risposte relative ad un attributo. Esempio su 100 consumatori foto Con 100 risposte valuto l’attributo 1 (leggerezza) mi esce che 63 hanno risposto Su 100 persone il risultato che Il punto è calcolare le ultime due colonne cs costumer satisfation e cd costumer dissatisfation Costumer satisfarion come si calcola? Vedi foto 80 Ad esempio integrando il product concept una bambola barbie rimane tale , lo sforzo che fece l’azienda per rendere questo prodotto globale è stato modificare il corpo della bambola che non andavano bene per alcune cultura, facendolo più standardizzato e cambiando semplicemente i vestiti così da esser accettata al di là delle diverse culture. 2) Valutazione della convenienza a lanciare il nuovo prodotto. -Quanto grande sarà il mercato del nostro prodotto? -Chi saranno i concorrenti? -Quali vantaggi ha il prodotto rispetto alla concorrenza? -Siamo in grado di vendere con l’attuale struttura di distribuzione? -Qual è la struttura domanda-prezzi-utili? -Abbiamo le capacità di marketing per imporre il prodotto su nuovi mercati? Siamo in grado di conseguire un profitto sufficiente remunerativo degli investimenti effettuati e dei rischi sostenuti? Qui l’idea del prodotto globale l’abbiamo già, dobbiamo capire se è realizzabile anche dal punto di vista economico. 1) Stima della domanda potenziale (nxhxq). Se volgiamo realizzare un’idea concretamente dobbiamo capire quanti consumatori colpisce, qual è la domanda potenziale 2) Fare una griglia dei concorrenti, individuati i concorrenti diretti, ci sono concrete differenze (importanti) relativamente al nostro prodotto globale a confronto con quelli dei concorrenti. Lo sviluppo del prodotto globale devono essere distinte da quelli dei concorrenti per essere percepite come tali dal consumatore 3) Siamo in grado di vendere con l’attuale struttura di distribuzione? Capire il collegamento prodotto nuovo che vogliamo sviluppare e la distribuzione. Se decidiamo di sviluppare il prodotto in un certo modo abbiamo i distributori per raggiungere il mercato. Bisogna coinvolgere i distributori nelle varie fasi delle creazione, di sviluppo del prodotto, perché potrebbero fare da barriere. La distribuzione è concentrata. Bisogna avere quindi il collegamento con i distributori. 4) Rapporto domanda-costo-prezzo? La distribuzione ci serve per questo rapporto domanda già stimata costo del sviluppo globale e sistema di prezzi compreso con la distribuzione cosi vedi se il prodotto può avere effetti positivi sul mercato e generare utile. 3) Alcuni importanti aspetti - La domanda potenziale e domanda latente (quando si fa una strategia per sviluppare un prodotto , si stima la domanda ma quando provi a lanciarlo c’è una domanda latente che non si aspetta che emerge quando il prodotto raggiunge il mercato perché colpisce un segmento diverso rispetto a quello che hai stimato o soddisfa bisogni differenti rispetto a quelli pensati. Questa è difficile da stimare prima. 81 - Differenze rispetto ai concorrenti: Sono chiare, credibili (si scontra con la domanda globale) e capite (si crea un posizionamento). - Responsabilità civile dei produttori. Qui si valuta la sicurezza di prodotto cioè bisogna stare attenti ai danni che un prodotto può fare al cliente o all’ambiente, se il prodotto è globale la risonanza sarà mondiale e occorre gestire ciò attraverso il crisis management. Sforzo iniziale è pesante per i prodotti globali ma poi si hanno soddisfazioni. -Valutazioni ricerca e sviluppo. 4)Sviluppo del prodotto Si trasformano le idee n prodotti realizzabili e vendibili. C’è una divisione internazionale della produzione. Fasi del processo di sviluppo di nuovi prodotti 1) Identificazione delle opportunità e generazione delle idee 2) Sviluppo del concetto di prodotto 3) Design del prodotto 4) Testing di mercato 5) Lancio Le ricerche e i relativi output Ci sono una serie di test. Non per tutti i prodotti vanno fatte queste analisi. Si può decidere di fare solo alcuni o tutti i test, se il prodotto è globale vanno fatti tutti i test seguenti. 1)Identificazione delle opportunità e generazione delle idee -Per categorie prodotto esistente: Se è un innovazione relativa ad offerte di categoria già presenti, esistenti si prendono le tecnologie e vanno testate. Se emergono delle idee devono essere monitorare e bisogna fare focus group (un intervista di gruppo, enuncio le idee e chiedo i pareri al gruppo e magari possono emergere problemi). Poi c’è l’analisi delle esperienze d’uso cioè si chiede ai consumatori di raccontare qual’è stata la loro esperienza relativamente a prodotto che stanno in quella categoria ossia quella in cui voglia sviluppare il nostro prodotto. Altro metodo è l’osservazione partecipante cioè osservare il consumatore mentre utilizza un prodotto che sta in quella categoria. Anche l’impresa può partecipare all’osservazione. Ultima p indagine contestuale ossia si o interrompe il consumatore mentre utilizza il prodotto e si fanno domande rispetto a quello che sta facendo. -Motivazioni di acquisto e uso:L’analisi mezzi fini si aggancia al metodo khano e studia agli attributi di prodotto. Attraverso i quali arrivo alle idee. Si chiede al consumatore poi di descrivere il prodotto attraverso immagini anche metaforiche. Idee trasformate in concetti di prodotto 82 Le idee devono poi essere trasformate in concetti di prodotto. Il concetto è una descrizione del prodotto anche se non so come lo realizzerò. La descrizione del prodotto o concetto verrà sottoposto alla verifica attraverso il focus group o intervista, testare il concetto (tipo se il nome va bene ecc). Dopo aver scelto i concetti bisogna trasformarli in attributi di prodotto, attributi che dovranno essere assemblati per fare il prodotto finali. Per la scelta degli attributi lo strumento che si utilizza è la conjoint analisis (prende una combinazione gli attributi e li fa testare) Dal concetto al prototipo Gli attributi devono essere trasformati in caratteristiche tecniche e così da poter realizzare i prototipi. Si crea un design di prodotto, si realizzano i prodotti. Idea monitorata dal consumatore, si sviluppa poi in concetto ossia la descrizione di prodotto, si trasformano in attributi di prodotti e poi si realizzano i prototipi e i prodotti finali. House of quality Strumento che dà un’idea grafica, ti fa fare una mappa di prodotto. Nel disegno: Punta: attributi come sono collegati, sono fortemente collegati ? si pallino rosso, se invece no pallino giallo Sotto la punta: Ogni attributi quanto è importante in base ai bisogni Questo strumento è importante perché fa un primo confronto con il concorrente (a destra dello strumento). La parte destra è un monitoraggio sui concorrenti. Sotto lo strumento: Per ogni attributo definiamo gli obiettivi tipo in un attributo decidiamo di investire di più. Poi confrontiamo gli obiettivi con quelli dei competitor. Di norma la parte finale prevede il confronto del costo con i nostri attributi.
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