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Montanari - Settis, Arte. Una storia naturale e civile, Sintesi del corso di Storia Dell'arte

ITALIA-EUROPA 1595-1620: UNA RIVOLUZIONE NELL’ARTE UN SECOLO DINAMICO: L'Italia del 600 aveva ancora la vitalità del secolo precedente: per quasi trent'anni il controllo della Spagna sugli Stati italiani e la controriforma assicurarono una lunga quiete politica e pace militare. Le fondazioni religiose ebbero nuove chiese e confraternite, ma anche la sfera civile si divise in oligarchie borghesi capaci di integrarsi nell’aristocrazia con le magistrature.

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Montanari - Settis, Arte. Una storia naturale e civile e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! Montanari - Settis, Arte. Una storia naturale e civile SEZIONE 1 ITALIA-EUROPA 1595-1620: UNA RIVOLUZIONE NELL’ARTE UN SECOLO DINAMICO: L'Italia del 600 aveva ancora la vitalità del secolo precedente: per quasi trent'anni il controllo della Spagna sugli Stati italiani e la controriforma assicurarono una lunga quiete politica e pace militare. Le fondazioni religiose ebbero nuove chiese e confraternite, ma anche la sfera civile si divise in oligarchie borghesi capaci di integrarsi nell’aristocrazia con le magistrature. UN NUOVO ASSETTO SOCIALE: In questo assetto sociale si leggono i primi segni della frenata economica: mentre nelle città l'impegno nei commerci e industria si appannava per la ricerca del reddito attraverso le cariche virgola in campagna se larga vano i latifondi. La Repubblica di Genova era ancora la capitale economica e finanziaria dell'intero spagnolo, la Firenze granducale con Venezia e lo stato della chiesa conobbero una splendida stagione. LA RIVOLUZIONE GALILEIANA E LA CULTURA ITALIANA IN EUROPA: In questo clima si impone la rivoluzione culturale e scientifica di Galileo Galilei. Mentre l'economia della penisola viveva un momento di fioritura prima della crisi, la scultura italiana giungeva alla sua massima capacità di influenza sull'Europa che parlava italiano nella letteratura e nell’arte. Intorno al 1600 era Napoli la principale città d'Italia, seguita da Venezia e solo dopo Milano e Roma. DALL’INFLUENZA DI MADRID A QUELLA DI PARIGI: Fin dalla crisi dell'Interdetto di Papa Paolo V contro Venezia fu evidente che ogni squilibrio politico italiano veniva risolto appoggiandosi all'altra grande potenza in ascesa: la Francia. Questo primo periodo conobbe una frattura per la peste del 1630 nella parte settentrionale dell'Italia in contemporanea con la guerra dei Trent'anni in Europa. Nello stesso momento il processo e la condanna di Galileo aprirono una nuova fase della cultura. CAPITOLO 1 LA VERA NATURA DI ANNIBALE CARRACCI E CARAVAGGIO IL GIORNO DEL GIUDIZIO: CARAVAGGIO INCONTRA ANNIBALE CARRACCI LE INTUIZIONI DI BELLORI: Lo sguardo più lucido su 600 e quello racchiuso nelle vite dei pittori, scultori e architetti moderni dello storico dell'arte Giovanni Pietro Bellori (1613-1696) che uscirono a Roma nel 1672. Per Bellori i primi sintomi di un forte discontinuità si registrano nell’ultimo decennio del 500 grazie due artisti del nord Italia: Caravaggio (Milano 1571- porto Ercole 1610) e Annibale Carracci (Bologna 1560- Roma 1609. Il teatro di questo strappo e Roma dove entrambi giungono a fine 500. 1/3 decisivo innovatore e il pittore fiammingo Pieter Paul Rubens. SANTA CATERINA DEI FUNARI A ROMA: E una piccola chiesa ricostruita nel secondo 500 a Roma. Qui nel 1599 avviene la rivoluzione nell’arte italiana perché sull’altare della prima cappella a destra viene collocata la prima opera di Annibale Carracci: La Santa Margherita. La cappella accanto ospita una affollatissima deposizione del 1580 di Girolamo Muziano, concepito come bassorilievo senza profondità. Lo stesso tipo di pittura incrosta tutta la cappella anche nell’opera di Federico Zuccari che nel 1599 era il più celebre pittore romano. La cappella successiva a un'annunciazione della vergine di Scipione Pulzone incompiuta nel 1598. Quando Annibale scoprì la sua Santa Margherita l'opera di Pulzone non era ancora in chiesa ma il confronto è illuminante perché oppone due modi radicalmente diversi di dipingere. Quello di Pulzone è astratto, formalizzato, mentale, con figure come statue coperte da stoffe preziose. La Santa Margherita è una figura sola, monumentale, vibrante che guarda negli occhi lo spettatore. E immersa nella campagna romana protagonista del quadro, tutto parla del mondo reale. Annibale e Caravaggio sono uniti dall’avversione per il conformismo pittorico tardo manierista. Le opere sono ancora tutte in chiesa. DA BOLOGNA A ROMA: LE ORIGINI DELLA RIFORMA DEI CARRACCI UNA PITTURA DI VIVA CARNE: I due scendono Roma negli anni 90, le loro prospettive erano molto diverse perché Caravaggio era ancora uno sconosciuto pittore mentre Annibale un artista affermato invitato a lavorare presso un cardinale. Annibale trapianta Roma l'esperienza della sua famiglia, nel 1582 dopo vari viaggi aveva fondato con il fratello Agostino e il cugino Ludovico un'Accademia di formazione artistica sul recupero della pittura del primo 500 e sullo studio della natura. Lo studio era più di tipo universitario più che pratico in bottega, ma senza rinunciarci. La loro pittura venne descritta come assolutamente di viva carne. LA MACELLERIA DI ANNIBALE CARRACCI: E forse questo il senso di una delle opere giovanili di Annibale, la macelleria dipinta nel 1580: una scena quotidiana impostata come una scena sacra. Siamo lontani dalla pittura astratta e levigata del manierismo. Scegli inoltre di ritrarsi nel giovane macellaio. Da qui inizia una pittura sì non aspira a un mondo astratto ma si costruisce sul mondo reale. E conservata ad Oxford nella christ church gallery. UN MODELLO ESEGUITO A MATITA ROSSA: Allo stesso modo il disegno a matita rossa di un modello sì non è in posa ma si è addormentato. Conservato a Stoccolma è del 1582. LA PIETA’ DI ANNIBALE, PRIMO DIPINTO BAROCCO: Nel 1585 Annibale ottenne la commissione della Pala d'altare della chiesa dei Cappuccini a Parma, risultato è un’affollatissima pietà che si può definire il primo dipinto barocco: perché c'è un altissimo pathos che anima la scena dove la Vergine è al centro di un teatro di emozioni ed espressioni. Oggi si trova Parma alla Galleria Nazionale. Galleria importantissima a Roma: palestra della scuola dei Carracci, testo di avvio del barocco e Accademia della pittura europea fino a quando Picasso non inventerà il cubismo. Il committente della decorazione fu il cardinale Odoardo Farnese e l'occasione fu il matrimonio tra suo fratello e la nipote del Papa che si celebrò nel 1600. E la potenza di amore il vero tema degli affreschi in particolare il rapporto tra l'amor celeste amor terreno. Annibale crea una struttura complessa su vari livelli come Belvedere o architettura antica. Il primo livello ha telamoni di marmo separati da grandi medaglioni bronzi e da quadri che raffigurano episodi degli amori degli dei. Questo ordine è popolato da numerosi nudi e da puttini che sono intenti a sorreggere festoni di frutta. Ai quattro angoli una loggia circondato da balaustre e si affrontano l'amor celeste l'amor terreno. Il secondo ordine con i satiri e la volta vera e propria con dei quadri in cui spicca quello al centro con il trionfo di Bacco e l'incontro tra la Venere celeste e terrena. La libertà e sensualità delle figure che c'era capire che si era tornato a spirare la libertà del Rinascimento e che era ormai un ricordo il rigor del Concilio di Trento. Fu tuttavia la pittura in cecchini soggetti a segnare una svolta venendo riconosciuta come uno degli apici della storia artistica italiana. Nella galleria Farnese possiamo leggere una riscrittura della volta Sistina di Michelangelo attraverso uno studio diretto della scultura antica con la sensualità di Tiziano e la morbidezza di Correggio. CAPITOLO 2 ITALIA-EUROPA 1610-1630: LA RIVOLUZIONE CAMMINA CARAVAGGIO ESTREMO IL SOGGIORNO NAPOLETANO E LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA: Nel 1606 Caravaggio dovette fuggire da Roma per un ennesimo coinvolgimento in una rissa ma questa volta l'avversario morì. Va quindi a Napoli, a Malta, In Sicilia e di nuovo Napoli. Al primo soggiorno si Lega una commissione del 1607 di una para d'altare: quella delle 7 opere di misericordia dipinta per il Pio Monte. Episodi del mito, della Bibbia o della agiografia si fondono a scene riprese dal vivo punto la vita di strada è innalzata sull'altare. IL CAPOLAVORO MALTESE: LA DECOLLAZIONE DI SAN GIOVANNI BATTISTA: Attratto dalla prospettiva di rifarsi una vita nell'ordine di Malta Caravaggio si imbarca per l'isola fortezza. Qui la sua pittura conquistò il gran maestro, capo dell'ordine e sovrano dell’isola, ottenendo il 14 luglio 1608 l'ammissione nell’ordine dei cavalieri di Malta. Dipinse in quegli anni la decollazione di San Giovanni Battista per l'altare dell'oratorio dei Cavalieri vicino la Cattedrale della Valletta. Immagina uno spazio vuoto cioè il cortile del carcere dove Erode ha fatto rinchiudere il Battista. Qui avviene il martirio. È una tela con rappresentazione violenta. L’ESPERIENZA SICILIANA E LA RESURREZIONE DI LAZZARO: le fantasie carcerarie di Caravaggio non tardano: dopo l’ennesima rissa viene imprigionato, poco dopo fuggì e raggiunse la Sicilia. Tra le tele siciliane abbiamo la resurrezione di Lazzaro commissionata nel 1608 da una famiglia Lazzari per l’altare della loro cappella nella chiesa della Buona Morte a Messina. Nonostante le pessime condizioni riconosciamo un altro vertice: un quadro in cui per la prima volta il miracolo non è rappresentato dal punto di vista di Cristo ma di Lazzaro quindi dei morti. Cristo stende la sua mano come per tirare dei fili della vita di Lazzaro che si oppone per natura. ANCORA NAPOLI E LA FINE: nel 1610 di nuovo a Napoli si convince di aver ottenuto la grazia papale e torna a Roma, carica una barca e parte ma finisce sulla spiaggia del Monte Argentario, si ammala di febbre e muore a Porto Ercole nel 1610. È possibile che il San Giovanni Battista decollato che si registra tra i suoi quadri sia il David con la testa di Golia che dipinse per il cardinale Scipione Borghese e che oggi è alla galleria Borghese a Roma. Una sorta di autoritratto: Caravaggio ha dato il proprio volto a Golia. CARAVAGGESCHI ITALIANI ED EUROPEI CARAVAGGISMO E CARAVAGGISMI: molti imitarono la sua maniera nel colorire dal naturale, e furono chiamati naturalisti. Non aveva fondato scuole nè formato allievi ma la sua rivoluzione si diffuse velocemente. Quindi una propensione stilistica viene usata per connotare un intero movimento attraverso un nome collettivo, i naturalisti. Una delle conseguenze fu che investi generazioni diverse e artisti di diverse nazioni. Molto divennero caravaggeschi imitando più o meno il Merisi, altri per alcune fasi, diciamo che quando parliamo di caravaggismo intendiamo cose diverse. ARTEMISIA GENTILESCHI: nella prima ondata di Naturalismo troviamo Artemisia, confrontando la sua Giuditta (1620, Firenze, Uffizi) con quella di Caravaggio del 1599 (Roma, palazzo Barberini) abbiamo di nessi evidenti ma lei perde la concentrazione approdando a una dimensione dove l’orrore e la sua esibizione diventano decorativi. BARTOLOMEO MANFREDI: il suo Bacco del 1607-08 conservato a Roma nella Galleria di palazzo Barberini, fu dipinto mentre Caravaggio era ancora in vita. In esso tutto e caravaggesco ma niente lo è davvero: nel senso che costumi, colori, atteggiamenti, luce e taglio delle figure sono caravaggeschi ma Caravaggio non avrebbe mai dipinto un quadro così privo di tensione e puramente decorativo, senza anima. SIMON VOUET E VALENTIN DE BOULOGNE: Qualcosa di simile con le scene di genere e con le mezze figure sacre: se affianchiamo alla buona Ventura di Caravaggio la riscrittura di Simon Vouet del 1617 conservata a Roma a palazzo Barberini se accostiamo uno degli ombrosi San Giovanni conservato Kansas City del 1602-03 di Caravaggio con il medesimo soggetto del 1629 di Valentin de Boulogne, la palese dipendenza dell'invenzione, iconografia, illuminazione e qualità pittorica non coprono la distanza etica. Manca sempre la tensione o il carattere. ORAZIO GENTILESCHI: Riesce ad interpretare in modo profondo lo spirito della rivoluzione caravaggesca. E il caso di Orazio Gentileschi, più grande di Caravaggio e convertito quando ormai era maturo. Nel David del 1610 conservato a Roma nella galleria spada ci si concentra sul carattere pensieroso e bloccato del personaggio. TANZIO DA VARALLO: del 1614 la piccola pala d’altare che si trova nella chiesetta di San Giovanni Evangelista a Colledimezzo in val di Sangro in Abruzzo. Il pittore e Antonio d'Enrico detto Tanzio da Varallo che nel 1611-13 oggi a Chieti dipinge una fedele riproduzione della Madonna del Rosario di Caravaggio (conservata a Vienna del 1604-05). Immagina una visione nella visione. LO SPADARINO: Del 1616 è l'anima e l'angelo custode dipinta da Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino, pensa un'intera Pala d'altare come una sorta di passo a due. Oggi è conservata a Rieti a San Ruffo. GERRIT VAN HONTHORST: Quindi il passare del tempo si moltiplicano le opere esplicitamente caravaggesche e nei casi migliori convivevano con l'intensità del contenuto morale. È il caso del Cristo di fronte a Caifa di Gerrit che dipinse a Roma per Vincenzo Giustiniani nel 1617 oggi conservata a Londra alla National Gallery, sostenitore di Caravaggio. L'ambiente notturno esalta la drammaticità dell'interrogatorio. GIOVANNI SERODINE: Il più grande tra i caravaggeschi fu il ticinese Giovanni Serodine. in assonanza con l'ultimo Caravaggio, nel suo San Lorenzo distribuisce ai poveri il tesoro della chiesa dipinto per la basilica di San Lorenzo fuori le mura a Roma nel 1623-25 immagina un angosciante sotterraneo dove le persone sono inghiottite dall'oscurità. STEFANO MADERNO: Infine una statua, si dovrà aspettare fino a Bernini perché la scultura dimostri di aver compreso la novità di Caravaggio. Con un'eccezione per la Santa Cecilia di Stefano Maderno. Nel 1599 Papa Clemente VIII con 8 cardinali che portavano a spalla una bara pianse e con lui tutto il popolo. Era passato un mese da quando il corpo dell’antica martire era stato trovato sotto l'altare della chiesa di Trastevere, subito si sparse la notizia che il corpo fosse incorrotto e le ferite evidenti dopo quasi 1400 anni. Il cardinale Paolo Camillo Sfondrati che era il padrone di casa domandò a Maderno di scolpire nel marmo ciò che tutti dicevano di aver visto nel 1599-1600. IL DESTINO DI NAPOLI La rivoluzione si afferma in particolare a Napoli. GIOVAN BATTISTA CARACCIOLO: Al 1607 risale la sua esecuzione dell'Immacolata Concezione. Oggi conservata a Napoli a Santa Maria della stella. Rimane folgorato dai dipinti di Caravaggio e in particolare dalle 7 opere di misericordia e dalla Madonna del Rosario. La profondità di Battistello emerge nelle opere di qualche anno dopo quando il suo modo di comporre è ancora più scarno ed essenziale come nella liberazione di San Pietro dal carcere del 1615 dipinta per la chiesa del Pio Monte oggi ancora li. CARLO SELLITO: Al 1608 risale la tela di questo pittore, eseguita Napoli ma poi spedita su un altare della chiesa nel paese di aliano in Lucania. Se la Vergine con i Cherubini e le nubi sono ancora immersi nella cultura dell’ultima maniera, il donatore in primo piano è una delle interpretazioni più acute della ritrattistica caravaggesca JUSEPE DE RIBERA: Nel 1616 giunse Napoli Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto. Divenne il principale pittore della città e inquinatissimo caposcuola. Uno dei primi quadri dipinti a Napoli fu Sant'Andrea del 1616 che si trova ancora nella quadreria dei Girolamini. Sarà sempre ossessionato dal tema del vecchio a torso nudo e il suo nome verrà sempre associato alla versione più crudele del naturalismo caravaggesco. La tela con il supplizio di Issione del 1632 oggi conservata a Madrid al Museo del Prado gli fu commissionata dal re di Spagna per rappresentare allegoricamente la sorte delle province che usassero ribellarsi. 2 L’ITA LIA BAR OCC A ARTE E SOCIETA’ NEL SEICENTO: tra il 1623 e 1797 il declino di Roma e Venezia, i due centri barocchi, fu continuo. I detentori del potere usavano gli artisti per infondere in se e negli stranieri l’illusione di un potere ormai scarso. L’arte italiana barocca è pubblica e legata al potere. Nel 600 c’è una riduzione del rilievo politico degli Stati Italiani e dei monarchi con un ritorno alla terra che riscrive il paesaggio delle città. C’è un netto distacco tra le classi sociali. UN SECOLO DI PACE: mentre l’Europa passava un secolo di sangue l’Italia lo aveva di pace. Non mancarono momenti di riscatto collettivo. Nella dimensione della storia e cultura c’è il contributo dell’Italia. CAPITOLO 4 ROMA 1620-1680, OSSIA IL BAROCCO IL COLORE DEL MARMO: GIAN LORENZO BERNINI AL SERVIZIO DI SCIPIONE BORGHESE: Gian Lorenzo nacque il 7 dicembre 1598 a Napoli, Andrea con il padre Pietro A Roma per dei cantieri del papà. Gian Lorenzo finirà al servizio del cardinale Scipione borghese. La sua prima commissione sarà per il cardinale e sarà un gruppo di tre personaggi per la sua villa suburbana. IL RATTO DI PROSERPINA: Il cardinale fu tanto soddisfatto da chiedere a Bernini un altro mito di marmo per la villa: il ratto di Proserpina. Realizzata tra il 1621-22 e oggi alla Galleria Borghese a Roma, le figure esplodono direttamente nello spazio dello spettatore. Il braccio levato di Proserpina spezza il limite virtuale del blocco di pietra. Il blocco è pensato per essere percepito frontalmente, per quanto alcuni punti di vista laterali consentono di scoprire particolari secondari. Scipione deciso di privarsi dell'opera perdonarla il cardinale Ludovisi. Al tempo a villa Ludovisi il gruppo si trovava in una stanza del pianterreno aperta sul giardino e sul piedistallo recavano incise alcuni versi latini. In questo modo l'attimo fermato alla statua si dilata eternamente senza perdere l'illusione della transitorietà e repentinità con cui si consuma questa crudele sensualissima violenza. IL DAVID: Nel 1623 il cardinale Alessandro Montalto commissiona a Bernini un'altra statua a grandezza naturale, il David ma morì subito dopo l'incarico. Scipione rilevo l'ordine aggiudicandosi un altro Bernini per la sua villa. Con quest'opera Bernini si poteva confrontare con la linea della storia, se si affianca la sua statua a quella di Donatello, verrocchio o Michelangelo il risultato appare dirompente. L'idea di rappresentare l'azione al suo culmine raggiunge un nuovo grado di intensità virgola e nel pieno della lotta. Con il suo David usa un trucco che grandi pittori rinascimentali avevano escogitato per far partecipare il pubblico alla scena sacra: per esempio non rappresentando l'annunciazione veduta lateralmente ma dipingendo frontalmente l'angelo annunciante e lo spettatore si identificava con Maria stessa, raffigurando Davide secondo la soggettiva di Golia cerca di far scattare sensazioni incontrollabili come la paura. IL RITRATTO DI PEDRO MONTOYA: Con Antoon Van Dyck e Velazquez e Rembrandt rinnova completamente l'arte del ritratto. A 24 anni nel 1623 ottenne il suo primo capolavoro nel genere del ritratto, il busto di monsignor Pedro Montoya per destinazione funebre, quando questo giurista constatò il successo dell'opera decise di lasciarla lungo nella bottega dell'artista e Gian Lorenzo ricorderà che grazie a questa idea Montoya veniva riconosciuto, fermato per strada ed elogiato. Se guardiamo oggi il busto ci colpisce che non è rappresentato frontale immobile ma è come fotografato mentre abbassa la testa e guarda in basso a destra. La realtà è quella di un gusto inserito nella nicchia ovale di un monumento funebre. La sua tomba è a Roma in Santa Maria in Monserrato degli spagnoli. TEMPO DI POESIA: PITTURA E SCULTURA NEGLI ANNI 20 APOLLO E DAFNE: prima di scolpire il David ricevette una commissione da Scipione che concluse solo nel 1625. Il soggetto e una delle metamorfosi di Ovidio dove Apollo insegue la ninfa Dafne. Rappresenta l'apice del mito, un'impresa mai tentata in scultura. Il coinvolgimento dello spettatore è tutto sull’empatia. È conservata a Roma nella galleria Borghese. Si pensa si sia inspirato all'Atlanta e Ippomene di Guido Reni, una tela con raffigurazione in tensione e fugace del 1618 conservata a Madrid al Prado. L’AFFERMAZIONE DELLA POESIA VISIVA: POUSSIN E DUQUESNOY: Con il nuovo Papa Urbano VIII si afferma questa poesia visiva e gli artisti riscoprono due capolavori di Tiziano: il baccanale degli andrii e l'offerta a Venere, finiti a Roma nella collezione dei Ludovisi. Ne traggono profitto due giovani stranieri: Nicolas Poussin e lo scultore fiammingo Francois Duquesnoy. Il loro studio determinò i caratteri di una fase definita neoveneta: nei baccanali di putti dipinti da Poussin e scolpiti da Duquesnoy negli anni 20, respiriamo un desiderio di comunione con la natura. Tra le più affascinanti poesie il neotizianesche di Poussin è un’allegoria della poesia: l'ispirazione del poeta del 1630 oggi conservata al Louvre ma nata in connessione con la cerchia di Urbano VIII. È impossibile non leggerla come una celebrazione della poesia figurativa il, ma quando venne dipinto il clima è ormai cambiato nella poesia sacra. I RITRATTI DI VAN DYCK: Le tensioni affiorano sui voli che devi protagonisti di ritratti del 1622-23 dipinti a Roma. Per esempio nel ritratto di Virginio Cesarini, finissimo poeta in latino e pubblicare, morì l'11 Aprile 1624 di tubercolosi a 28 anni. Lo sguardo lucido e intenso, le parole che sgorgano dalla bocca socchiusa il muoversi della mano non sono diretti a noi ma si volge verso un interlocutore vicinissimo a lui ignoto. E conservato a San Pietroburgo nell'Ermitage. Negli stessi mesi c'è un altro ritratto del cardinale Guido Bentivoglio. Tiene insieme nello stesso quadro una celebrazione del potere e un ritratto snobisticamente elegante di chi è capace di esercitarlo con somma sprezzatura. Il quadro è essenzialmente una scala di rossi. È conservato a Firenze a Palazzo Pitti. BERNINI IN SANTA BIBIANA: La prova generale di questa nuova stagione trasfigura ho una piccola Chiesa di Roma, 1624 il ritrovamento del corpo di Santa Bibiana persuase Urbano VIII a ricostruire l'antico sacello dedicato a lei. Bernini ebbe quindi il suo primo incarico architettonico e si vide commissionare la statua per la nicchia dell'altare maggiore fiera una figura vestita e da questa statua si riparte una serie di figure di Sante vergini tra cui la più celebre è probabilmente la Santa Susanna di Francois Duquesnoy in Santa Maria di Loreto a Roma. Tornando a Santa Bibiana è rappresentata nell’attimo precedenti il martirio appoggiata alla colonna sulla quale sarà flagellata che alza lo sguardo verso il Dio padre affrescato sulla volta del presbiterio. Si pensa sia stata ideata Da Pietro da Cortona. Qui Bernini e Pietro battezzarono ufficialmente il barocco. UNO SPAZIO INFINITO: LANFRANCO, PIETRO DA CORTONA E FRANCESCO BORROMINI LANFRANCO E LA CUPOLA DI SANT’ANDREA DELLA VALLE: Anche la percezione dello spazio e della natura stava cambiando, nel 1627 Papa Urbano VIII si compiacque della cupola della chiesa di Sant'Andrea della valle con l'ascensione della beatissima vergine. La cupola fu progettata da Carlo Maderno ed era la più alta di Roma dopo San Pietro, nella sua decorazione Giovanni Lanfranco aveva rilanciato il modello delle cupole con sfondamento. Lanfranco fece capire che i soffitti delle chiese e palazzi potevano essere usati per spalancare uno spazio infinito ed ebbe uno straordinario successo. PIETRO DA CORTONA A PALAZZO BARBERINI: Il primo di questi cicli fu in un palazzo, nel salone della Reggia di Urbano VIII che si costruì vicino al Quirinale. Ogni volta che ci si trova sotto il trionfo della divina provvidenza nel pontificato di Urbano VIII affrescato tra il 1632-39 da Pietro da Cortona, sembra di sentirlo davvero. Usa l'idea di Annibale e la sala sembra coronata da un altana le cui membrature siano rivestite da sculture di marmo e bronzo ma quella struttura serve ad aprire 5 finestre sul cielo e troviamo un popolo di dei antichi nella natura. Per arrivare a questo risultato Pietro parte dai soffitti dinamici più vicini a lui e risale fino all' illusionismo, quello che gli ne ricava è il barocco. BORROMINI, SAN CARLINO ALLE 4 FONTANE: Fu progettata dal 1634 Da Francesco Castelli detto Borromini, formato nel Duomo di Milano e arrivato a Roma in cerca di fortuna. Progetta questo convento e una chiesa su un terreno piccolo. Ricava un vasto monastero in uno spazio ristretto con chiesa e un chiostro minuscolo che grazie all'idea di evitare gli angoli dall' impressione di essere enorme. La chiesa ha una forma ovaloide il modello era l'architettura di Michelangelo ma c'era anche qualcosa di nuovo che era il senso di movimento continuo. Per la scarsità dei fondi non riesci a portare a compimento la facciata che venne finita dal nipote dopo la sua morte, ma la straordinaria triplice curva che increspa la superficie rispecchia le idee del barocco. IL TEATRO DELLE PASSIONI: LA BASILICA DI SAN PIETRO DA URBANO VIII AD ALESSANDRO VII palazzo in forma di Fontana disegnato da Pietro da Cortona, fogli che molti decenni più tardi ebbero seguito nella Fontana di Trevi. Niente di tutto questo fu realizzato ma nella chiesa di Santa Maria del popolo era sepolto Agostino Chigi e nonostante l’obelisco posto da Sisto la piazza era di uno slargo informe. Approfittando del momento solenne il Papa fido Bernini il rifacimento della porta disegnata da Michelangelo: uso un sottile simbolismo araldico per costruire una grande architettura scultura. Questo non bastava a cambiare il volto della piazza il Papa chiese a Carlo Rainaldi e a Bernini di lavorare sulla facciata del tridente, le tre lunghi vie che si dipartono dalla piazza. Si scelse la soluzione più monumentale e dispendiosa: costruire due chiese gemelle a pianta centrale che trasformano il fronte in una scenografia. EFFIMERO BAROCCO LA CAPPELLA CORNARO E L’ESTASI DI SANTA TERESA: L'opera simbolo dell’età barocca e forse la cappella Cornaro che Bernini realizzò nel 1647-51 nella chiesa romana di Santa Maria della vittoria. Qui i due generi vengono uniti in uno spazio che pare sottratto alla realtà: sull’altare Santa Teresa abbandonata in estasi sulle nuvole viene trafitta con il dardo dorato dall’amore di Dio da un serafino. Le due figure sono ricavate in un unico blocco di marmo fissato al muro di un'edicola convessa e circondati da raggi in stucco dorato, la luce che fa parte dell'opera scende da un lanternino nascosto e illumina la Santa. Le pareti, le colonne e gli elementi sono rivestiti di 17 diverse qualità di marmi colorati, recuperati da rovine antiche. Sulla volta la rappresentazione in un affresco con una gloria. Ai lati dell'altare si aprono due palchetti dove si affacciano 8 membri della famiglia Cornaro UN MONDO PERDUTO DI FORME E DI COLORI: Per l'uomo del 600 la chiesa, i palazzi, le piazze e i cortili erano concepiti come altrettanti palcoscenici in cui allestire grandiosi complessi effimeri e poi destinati ad essere smontati. Per avere un'idea di questo mondo perduto ci affidiamo alle stampe commemorative o disegni preparatori. Appartiene anche lo studio di Bernini per l'enorme catafalco eretto nel 1630 nella chiesa romana di Santa Maria in Aracoeli per le esequie di Carlo Barberini. Pochi anni dopo fu Pietro da Cortona a progettare un apparato per le quarantore, nel palazzo della cancelleria. Ma era quando si impadroniva delle piazze che la festa barocca esplodeva come dimostra la festa della resurrezione che si tenne in piazza Navona nel 1650 con gli apparati monumentali di Carlo Rainaldi ed altri artisti. 1 dei più grandi interventi fu di Bernini che modifica ho l'intero pendio che collegava la chiesa di Trinità dei Monti a piazza Spagna nel luogo in cui molti più tardi sorgerà la famosa scalinata. IL PAESAGGIO DELL’ANIMA: POUSSIN, LORRAIN, ROSA La Roma barocca e soprattutto una città pubblica, ma all'interno dei palazzi sulle dimore si trova spazio per un'arte meno chiassosa, si sviluppa una pittura di paesaggio. LA SCOMPOSIZIONE DEL PAESAGGIO REALE IN NICOLAS POUSSIN: I grandi maestri che la praticarono studiarono accanitamente la campagna romana, ma questa conoscenza non serviva a documentare fedelmente quei luoghi ma a inventare paesaggi ideali che fossero verosimili. Uno dei più celebri paesaggi di Poussin in cui titolo è la calma del 1650 (Los Angeles), non è legato solo al fatto che faceva parte di una coppia il cui altro quadro rappresentava la tempesta, ma dà anche contro del carattere astratto di questo paesaggio. Scompone i paesaggi reali che studia in elementi fondamentali con cui costruisce altri paesaggi inventati. IL MONDO FANTASTICO DI CLAUDE LORRAIN: Profondamente diversa la ricerca di questo pittore che trascorrono lunghissima vita nel cuore della Roma barocca. In questa veduta fantastica di un porto al tramonto del 1637 oggi agli Uffizi e donata dal giardiniere reale al re sole nel 1693. Immagino un porto gremito di navi con un edificio esemplato su Villa Medici a Roma e un faro che somigliava alla Lanterna di Genova. Introduce nella pittura europea il topos destinato a un enorme fortuna da Turner a Monet del sole che tramonta. Il suo scopo non era costruire paesaggi ideali ma fissare le singole condizioni di luce. L’ESTETICA DEL BRUTTO DI SALVATOR ROSA: Un altro modo era il paesaggio del napoletano Salvator che lo vedeva non come il giardino incantato ma come un misto stravagante d’orrido e di domestico. La conquista dell'orrida bellezza che informa tanti paesaggi estremi è uno degli inaspettati frutti del barocco italiano. IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA: L’ORRIDO SOCIALE È difficile trovare un riflesso artistico nell’orrido sociale ovvero l'abisso di povertà, ingiustizia e disuguaglianza in cui era sprofondata la vita quotidiana degli abitanti della Roma barocca. LA VERITA’ SCHIETTA DI PIETER VAN LAER E I BAMBOCCIANTI: Ma c'era chi prova a tenere aperta una finestra sul mondo reale e parliamo di Pieter Van Laer, artista olandese trapiantato a Roma soprannominato il bamboccio per la sua deformità fisica. Nei suoi quadri si possono vedere soste all'osteria di un viandante che non vuole nemmeno scendere da cavallo per vedere il suo bicchiere. La sua formazione olandese aveva permesso di cogliere il lato più anticlassico e anti un tale della rivoluzione caravaggesca i suoi seguaci si riconducono ad artisti non italiani come il tedesco Johannes Lingelbach al quale dobbiamo una veduta antieroica di Piazza Navona. Rispecchiano la consapevolezza di una gerarchia apparentemente incrollabile. CAPITOLO 5 L’ITALIA PARLA BAROCCO (1630-1700 CIRCA): ESPANSIONE, ARRESTI, MUTAZIONI DI UNO STILE TORINO: IL NUOVO ORDINE DEI SAVOIA E IL SORTILEGIO DI GUARINO GUARINI TRA ROMA E PARIGI: I duchi e le madame di Savoia erano consapevoli che lungo tutto il 600 modificarono la loro capitale guardando a Parigi e Roma. Univa i places royales di Parigi alla sontuosità romana. Pur essendo città militare murata inizia a dedicare spazi a piazze e giardini. LA TRAVOLGENTE INDIVIDUALITA’ DI GUARINO GUARINI: il basso contenuto urbanistico è lacerato dalle architetture di Guarino Guarini e caratterizzate da individualità. Nel noviziato dell’ordine dei Teatini assorbì e suggestioni di Bernini, Pietro da Cortona e Borromini. Fu conquistato soprattutto dalla lezione di Borromini cioè quella della grande stagione gotica. Terremoti distruzioni hanno cancellato una gran parte degli edifici in cui Guerini aveva concretizzato queste idee ma a Torino se ne conservano tre di importanti: la cappella della Sindone, San Lorenzo e palazzo Carignano. LA CAPPELLA DELLA SINDONE: Racchiuse quello che si riteneva il telo funebre del Signore in un enorme reliquiario di marmi neri, una cappella grande con una chiesa indipendente contigua all’abside dell'altare. Dopo l'incendio del 1997 la cappella è solo un pallido riflesso dell'opera di Guarini ma le fotografie precedenti permettono di conoscere questa pagoda barocca. SAN LORENZO: È giocata sulla pirotecnica di una doppia copertura a cupola. Non prevede un intradosso continuo ma smaterializza la cupola maggiore presentandola come un cono di Alfano di luce attraverso nervature che si incrociano formando una stella a 8 punte che a sua volta contiene un ottagono regolare. PALAZZO CARIGNANO: Palazzo con inquietanti curve progettato come a residenza della dinastia e destinato a diventare la sede del primo Parlamento italiano. Questa grande fabbrica di mattoni Rossi cosparsa di stelle e mosse da volute sembra un pezzo di Roma. GENOVA: ORIZZONTI MINATI DA CAPRICCIOSISSIMI RAGGI CRISI POLITICA ED EDILIZIA: Nei primi anni del 600 non si era ancora interrotto il fiume d'oro e d'argento delle miniere sudamericane verso le casse dei banchieri genovesi. Ma il tracollo militare iberico e la diminuzione dell'afflusso con il fallimento dello Stato spagnolo misero in ginocchio Genova. L'instabilità politica fu il primo passo e si moltiplicarono i tentativi di annessione da parte dei Savoia e della Francia. Ciò spiega la timidezza dell'attività edilizia durante il 600: non esiste una Genova barocca ma in compenso la quantità di denaro dell'aristocrazia e la scarsità di occasioni per investirlo erano tali che la committenza ai pittori e agli scultori assunse tratti di straordinaria magnificenza. VAN DYCK RITRAE L’OLIGARCHIA GENOVESE: E ciò che si intuisce guardando il ritratto di Antón Giulio Brignole sale nel 1627 e che si trova ancora a palazzo rosso costruito dai figli dei committenti e oggi museo. Continuò la scia strepitosa veri tratti con i quali il suo maestro Rubens aveva iniziato a celebrare l'oligarchia genovese punta in questo utilizza una tipologia imperiale: un ritratto equestre monumentale come quelli che lui stesso dipingerà per il re Carlo I d'Inghilterra. Il ritratto di Antón non ostenta atteggiamenti marziali o regali anzi, si toglie il cappello e con un gesto ci saluta ed esibisce con la stessa profonda umanità che emana anche il volto di sua moglie che innesta nel costosissimo costume con cui le Dame genovesi volevano passare alla storia. IL RAPPORTO TRA CITTA’ E PAESAGGIO: Queste due tele ci ricordano che una delle costanti della cultura artistica genovese del barocco q la consapevolezza del rapporto tra città e paesaggio, in questo caso il mare. Nello stesso palazzo rosso si affermerà una pittura che mette in dialogo interni ed esterni fondando i soffitti con un nuovo senso della natura evidente nella scelta di una gamma cromatica acida e cangiante. Nelle stagioni di Gregorio De Ferrari la decorazione ha preso il posto della storia e gli elementi ornamentali non appartengono più al repertorio classico ma a un mondo di forme spezzate. Qualcosa di simile anche nella scultura Di Filippo Parodi che PIACENZA: Nella piazza del comune ci sono i due più spettacolari monumenti equestri di tutta Europa realizzati da Francesco Mochi, incaricato di raffigurare il regnante duca di Parma Ranuccio Farnese e suo padre Alessandro. Studia le statue equestri di Giambologna ma era poi andato a studiare il Gattamelata a Padova e il Colleoni a Venezia dove ha guardato anche gli antichi cavalli di San Marco. Supera le stilizzazioni del manierismo risalendo al naturalismo del primo Rinascimento. Il risultato furono due bronzi eccezionali e il breve lasso di tempo che divide la statua di Ranuccio (1612) da quello di Alessandro (1625) permise a Mochi di realizzare la prima statua equestre compiutamente barocca: il duca unito al cavallo in uno slancio dinamico, il tutto in un estremo naturalismo. SASSUOLO: Abbiamo la Reggia di un altro duca, Francesco I di Modena, molto aggiornato sui fatti artistici che nel 1651 aveva ottenuto di essere ritratto da Bernini in persona. Bernini era restio a tradurre in marmo i volti che non avesse visto ma si fece procurare più ritratti possibili del duca e riuscì a farne misurare anche l'altezza precisa e la larghezza delle spalle. Immagina il duca mentre si volta verso la propria destra e conferì un’importanza inconsueto agli elementi secondari: la parrucca, la gorgiera di pizzo e il grande mantello che è il grande protagonista. Nel settembre 1651 l'opera era finita e il duca lo pagò tantissimo assicurando si i suoi servigi. BOLOGNA: L'influenza di Roma è ancora più tangibile e per capirlo basta entrare nella chiesa di San Paolo dove si deve a Bernini un singolare altare maggiore pensato come una grande edicola traforata. Fu interpellato dalla nobile famiglia romana degli Spada con cui ramo si stava trasferendo a Bologna, il monumentale gruppo di marmo sopra l'altare che contiene e ostenta è un riferimento al capofamiglia Paolo spada perché raffigura San Paolo mentre un carnefice lo sta per decapitare con una grande spada. Questo gruppo fu scolpito da Alessandro Algardi. Nella grande basilica di San Domenico invece la cappella del Rosario fu affrescata da Agostino Mitelli e Michele Colonna tra il 1656-57. Sulle nostre teste si spalanca un sontuoso palazzo aperto da balconate bordate di balaustre: due cortili si aprono su un cielo azzurro e in quel momento la vergine ascende al cielo. FIRENZE E IL BAROCCO: UN AMORE TARDIVO Firenze non è una città barocca ma i suoi con gli stupefacenti trapianti diretti del barocco romano che alimentarono un lussureggiante barocco fiorentino. IL CAPPELLONE DEI PRINCIPI: E il massimo monumento realizzato in città durante il 600, l'immenso Pantheon della dinastia dei Medici, fastoso e lugubre. Progettata nel 1604 non ha nulla a che fare con l'architettura e scultura barocca essendo opera manierista condannata a una lentissima crescita fuori tempo per l'estrema rarità dei suoi materiali. Proprio per questo la sua costruzione si è protratta fino al 900 avanzato e tutt'oggi è ancora incompiuto. Attraverso quest'opera i medici resero chiaro a tutti che l'arte Fiorentina non giocava più sull’innovazione formare ma sulla sontuosità dei materiali. PIETRO DA CORTONA A PALAZZO PITTI: La dinastia aveva bisogno di rappresentarsi anche in modo meno astratto e quindi viene chiamato a Firenze Pietro da Cortona. Affrescò le sale nella Reggia di Palazzo Pitti dal 1640-45. BALDASSARRE FRANCESCHINI E CARLO DOLCI: Nelle novità del barocco romano ci sprofonda anche Baldassarre Franceschini detto il Volterrano, destinato a diventare in breve il maggior pittore del barocco fiorentino. Dopo devi viaggi di studio nell’Italia del nord il frutto di questa esperienza oppure affrescò che venne realizzato nella villa di castello, anche se la scena e serrata nella cornice non c'è più traccia della diligenza Fiorentina: me nuvole hanno la morbidezza di Correggio, la cromia notturna guarda Guercino e le figure le abitano con una naturalezza del Cortona. Tra gli artisti più che seppero percorrere il barocco romano c'è Carlo dolci dove nei suoi quadri una superficie levigata racchiude immagini sacre impregnate di una retorica sentimentale ornate da Nature morte come nel Gesù bambino con una ghirlanda di fiori delle 1663 oggi a Madrid al museo thyssen LA CAPPELLA FERONI: Fu Cosimo III a capire che non bastava invitare i grandi del barocco mi regola nel 1673 fu fondato un Accademia Fiorentina a Roma dove i più promettenti andavano a formarsi sui testi. Uno dei primi risultati di questa stagione fu la cappella Feroni. Francesco Feroni era un nuovo ricco, voleva qualcosa di nuovo: Mise le mani sulla cappella adiacente alla veneratissima immagine della Santissima Annunziata e si rivolse all' architetto più in voga, Giovan Battista Foggini che gli regalò un pezzo di Roma uno dei primi microcosmi figurativi interamente barocchi a Firenze. Scuse l'architettura dell'altare con la finestra retrostante materializzando l'immagine creata da Bernini a San Pietro. Popola la cupola di angeli in stucco che accolgono l'anima di San Giuseppe in quale sta spirando dalla panna d'altare dipinta. La smania di opulenza fu soddisfatta da una schiera di artisti, tanto da porre pure una lampada in argento. NAPOLI E’ TUTTO IL MONDO LUSSO E POVERTA’ NELLA NAPOLI SEICENTESCA: Attraverso il dialogo del forestiero del poeta storico Giulio Cesare Capaccio si comprende il posto eccezionale che era Napoli, città popolosa che supera l’eruzione del Vesuvio del 1631, la rivolta di masaniello del 1647 e la pestilenza del 1656 diventando progressivamente una città barocca sia in disegno urbanistico che nel tessuto architettonico, nell’arredo pittorico. Un pasto e un lusso sconfinati che convivevano con un'estrema povertà. La densità abitativa impedisce la creazione di grandi spazi pubblici quindi palazzi crescono in verticale nelle strette vie dell'antica maglia urbanistica ortogonale greco nascondendo dietro nuove affacciate i vecchi edifici affidando a enormi sontuosi portoni il compito di rappresentanza. LA CAPPELLA DEL TESORO DI SAN GENNARO Il più alto e impressionante monumento barocco di Napoli e la cappella del Tesoro di San Gennaro cui si accede alla navata destra il Duomo. E un sacello votivo costruito da Francesco Grimaldi a partire dal 1608 per custodire le reliquie e il sangue. Questa caratteristica di santuario civico fu assicurata del fatto che non fu finanziato da vescovi ma da una deputazione e ancora oggi non dipende dall’autorità religiosa ma dal sindaco. Per questo lo spazio della cappella e fisicamente e giuridicamente separato dalla cattedrale di fatto una monumentale chiesa a sé che in forma quella sua alta cupola il paesaggio urbano che è accompagnata all'esterno da un segno di grande successo ovvero la guglia di San Gennaro fatta da Cosimo Fanzago nel 1636. Sempre lui si deve dividere in base al cancello di ottone che separa la cattedrale dalla cappella con al centro la figura di San Gennaro benedicente sia all'interno che all'esterno. Nella cappella le decorazioni sono state effettuate dal domenichino che dal 1631 fino alla morte nel 1641 lavorerà nella cappella affrescano le lunette e pennacchi, della cupola si occuperà Giovanni Lanfranco con il paradiso del 1641-43. Le sei palle d'altare per gli altari non furono dipinte su tele o tavole ma su lastre di rame incorniciate da qui altre due ottenendo dipinti luminose levigati. Domenichino ne dipinse 4 lasciando incompiuto un 5 rifatto da Massimo Stanzione. Una delle pale fu lasciata al principe dei pittori napoletani Ribera che la usò come sfida contro i bolognesi. Alle immagini si accompagnano le statue, a Giuliano Finelli to chiesta la stacco in bronzo di San Gennaro in cattedra, oltre alle 12 statue dei compatroni della città dove nei secoli si aggiunsero altre. Anche il sontuoso paliotto d'argento di Giandomenico Vinaccia e un corredo di vasi sacri e suppellettili che vanno a formare uno dei vertici dell'arte barocca europea. NAPOLI SACRA LA CERTOSA DI SAN MARTINO: Solo la Certosa di San Martino e capace di contendere il primato alla cappella del Tesoro. Costruito nel 300 venne ampliato e rimodernato alla fine del 500 ma la svolta fu il 1623 quando Cosimo Fanzago intervenne sulla chiesa ricoprendone le pareti di un manto di pietre colorate secondo la tecnica del commesso. Nel 1637 Lanfranco affrescò la volta gotica il 1638 commissionarono a Ribera la decorazione pittorica della navata della chiesa che incastrò 12 tele lunghe strette ai lati degli archi d'accesso alle cappelle. L'iconografia prevedeva la rappresentazione di 14 profeti in un ineguagliabile trionfo di nudità senili in cui l'orror va col diletto. A Napoli il barocco si legge come una mutazione estrema della maniera che nega le forme canoniche mi mandole in un caleidoscopio di colori. Fanzago interviene poi il chiostro grande disegnando per il cimitero dei monaci la più bella balaustra del barocco europeo in cui ornato e scultura di natura morta si fondono fino all' apice dei teschi infilzati sui perni. Nello stesso chiostro e riscrive il l'architettura degli angoli trasformando le porte in un unico partito decorativo su cui sbocciano fiori tropicali e mezzo e figure dei santi. LA CAPPELLA CACACE: Si trova in San Lorenzo maggiore a Napoli, cappella di un avvocato di altissimo grado. La chiesa gotica a inizio 900 fu privata delle aggiunte barocche però fa spiccare in modo speciale il caleidoscopio di colori della cappella. Cacace dovete frenare la fantasia decorativa di Fanzago somministrandogli con oculatezza materiali più preziosi. Il legame con il capolavoro berniniano è nel sacello con la Pala d'altare dipinta da Massimo Stanzione tra il 1642-49. Ai lati abbiamo le statue dello zio e della madre del committente raffigurati in ginocchio sulle rispettive tombe. Anche il busto dei committenti eseguito da Bolgi per la cappella ha una schietta matrice berniniana. GLI AFFRESCHI VOTIVI PER LE PORTE DI NAPOLI: Poco allegre le grandi pitture sulle porte di Napoli che avrebbero celebrato la fine della peste. Affidate a Mattia Preti che nel 1650 dipinse l’abside monumentale di sant’Andrea della Valle a Roma. Così a Napoli unì i due filoni (napoletani naturalisti le tele e i forestieri gli affreschi), lo vediamo nei bozzetti superstiti oggi a Capo di Monte. PALERMO: I 4 CANTI: anche i passaggi reali si possono leggere in questa chiave. Come i quattro canti, la piazza di Palermo che trasfigura l’incrocio tra le due fondamentali vie della città. Le quattro facciate progettate da Giulio Lasso nel 1615, lentamente popolate di statue e fontane sono a turno illuminate dal sole. ROMA: PONTE SANT’ANGELO: via d’accesso per l’area sacra vaticana fatta da Bernini, decorata con 10 statue di angeli con i simboli della passione. L’aspetto più originale è la sua comunione con il fluire del Tevere, ha sostituito le tradizionali spallette chiuse di muratura con delle grate metalliche. NAPOLI: PALAZZO DONN’ANNA: palazzo napoletano costruito nel 1642 da Cosimo Fanzago sulla scogliera di Posillipo, e noto con il nome della committente donna Anna Carafa. Non finito ma senza paralleli nell’architettura italiana. MESSINA: LA PALAZZATA PERDUTA: il vero capolavoro è purtroppo perduto, era un fronte omogeneo di palazzi di 24m che cingeva lo specchio d’acqua del porto per 1 km e mezzo. Progettato dall’architetto Simone Gulli. Distrutta dal terremoto nel 1783, ricostruita e poi cancellata nel 1908. IL GIARDINO BORROMEO SULL’ISOLA BELLA: fatto costruire dal conte Vitagliano Borromeo sull’Isola Bella del Lago Maggiore. Dal 1630 vari architetti trasformarono uno scoglio di pescatori in una grande nave barocca che mostra terrazze di un giardino intessuto di teatri, statue e scalinate. GIARDINI CHE RIDISEGNANO IL PAESAGGIO: la metamorfosi tra arte e natura, la creazione di spazi misurati, incontrollabili e in qualche modo anticlassici, sono gli elementi di un rapporto con il paesaggio in cui l’uomo anche quando crea luoghi di svago, sa di non essere il centro del mondo e signore della natura. SEZIONE 3 IN EUROPA E NEL MONDO: BAROCCO GLOBALE IL DECLINO DELLA SPAGNA E L’ASCESA DELLA FRANCIA: L'Europa in cui si fa strada il barocco è un continente continuamente attraversato da guerre, rivoluzioni e invasioni. Le due grandi potenze del 600 conoscono sorti inverse: La Spagna declina e la Francia scende, Luigi xiv impegna la Francia in guerre senza soluzione di continuità, nel 1667 il re sole entrò in armi contro la Spagna per la contesa dei Paesi Bassi. 1672 e la guerra contro le province unite repubblicane ma i cittadiniresistette.ro e bloccarono l'invasione. Nel 1686 la Francia al culmine dell’espansione venne attaccata da una Lega che univa Spagna, Olanda, impero, Svezia, Inghilterra e il nostro Ducato di Savoia. LA GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA: Nel 1700 la morte dell'ultimo Asburgo di Spagna dette il via alla guerra di successione spagnola: La Francia combatteva per assicurare il trono al nipote di Luigi, Filippo d'Angiò. Le altre potenze europee si mobilitarono contro la prospettiva dell'unione tra Spagna e Francia. La guerra durò fino al 1713 lasciando sul trono quello che era Filippo V di Spagna sancendo l'incompatibilità tra le corone di Francia e Spagna. VERSO IL BAROCCO GLOBALE: LE REALTA’ PROTAGONISTE: Le armate dell'impero ottomano erano arrivate ad assediare la capitale dell'impero Vienna, salvatasi solo grazie all'esercito polacco. In Inghilterra una prima rivoluzione portò la deposizione ed esecuzione di Carlo I e alla proclamazione di una Repubblica guidata dal Lord protettore Oliver Cromwell che durò fino alla restaurazione della monarchia. La seconda rivoluzione condusse alla creazione di una monarchia costituzionale. Entrarono nel gioco europeo paesi come la Svezia e la Russia. Anche le colonie olandesi e portoghesi nelle Americhe virgola in India e nell'estremo Oriente allargarono ha una dimensione globale il raggio della cultura europea. CAPITOLO 7 IN SPAGNA: VELAZQ UEZ TRA SPAGNA E ITALIA L’ACQUAIOLO DI SIVIGLIA E IL GENERE DEL BODEGON: Diego Velasquez di Silva deve la sua formazione alla conoscenza di qualche dipinto di Caravaggio arrivato in Andalusia, già intorno al 1621 ultimo il suo primo capolavoro il cosiddetto acquaiolo di Siviglia che appartiene al genere bodegon: la versione spagnola del filone che ritraeva uomini e donne di umili condizioni sociali all'interno di cucine o in compagnia di cibi e oggetti. Le figure umane qui hanno una monumentalità che ben si adatta ai santi di una Pala d'altare, la luce e caravaggesca che cava i corpi dall'oscurità e li scolpisce punto oggi è conservato a Londra al Wellington Museum. L’INCONTRO CON LA PITTURA ITALIANA E IL TRAMITE DI RUBENS: Nella seconda metà del 1623 si stabilì a Madrid dove avvenne l'incontro con la grande pittura italiana collezionata dai re di Spagna. Fu determinante la presenza del più grande pittore europeo Pieter Paul Rubens. Apri anche a Velasquez gli occhi sull’attualità della lezione tizianesca e veneziana e gli consigliò di andare in Italia punto i 18 mesi che trascorsi in Italia tra il 1629 e 1631 furono decisivi per la sua definitiva maturazione. I vent'anni successivi sarà pittore del re e dovete dipingere quasi esclusivamente ritratti delle stesse persone. IL RITRATTO DI FILIPPO IV: Questo ritratto è sì una celebrazione pubblica e guerriera ma anche un pegno di amore coniugale perché venne spedito alla regina Elisabetta dal fronte di guerra. Nel momento più buio del suo regno cioè quando la Catalogna si rivolta e si era proclamata Repubblica il re aveva licenziato il ministro Olivares il presepe personalmente la testa delle truppe, tra le persone al seguito c'era anche Velasquez che lo ritrasse in una casa della cittadina di Praga. Sappiamo che un falegname fu pagato per mettere un infisso costruire un cavalletto nella stanza della casa disastrata dove Filippo pus o tre volte per il suo pittore. Il quadro si risolve in una specie di cascata di colore e luce. Non mostra carattere trionfale né marziale. 1644, New York Frick Collection. IL RITORNO IN ITALIA IN CERCA DI OPERE E ARTISTI PER CONTO DEL RE: Velasquez torna in Italia nel 1649 come aiutante di camera del re di Spagna per comprare dipinti e statue antiche, organizzare una campagna di calzatura in gesso delle antichità non erano sul mercato e persuadere un frescante a recarsi a Madrid, Filippo IV stava progettando una nuova decorazione per il Palazzo Reale. Al suo ritorno presero la via di Spagna quasi 500 casse di opere d'arte. LA VENERE ALLO SPECCHIO: Ci sono ottimi motivi per ritenere che la celeberrima Venere allo specchio sia stata eseguita proprio a Roma da Velasquez. Il suo unico nudo femminile e unico quadro di questo genere fino a Goya. La posa della dea ha fatto pensare che la fonte sia la statua antica dell'ermafrodito che si trova Villa Borghese a Roma che proprio Velasquez fece fondere in bronzo e trasportare a Madrid. Solo un particolare cioè le ali del bambino fanno intuire che non si tratta di una donna nuda ma Venere che ha chiesto a Cupido di portarle lo specchio. Troviamo la sintesi delle esperienze italiane come la gamma cromatica di ascendenza veneta e il tutto posto all'attenzione dello spettatore e il suo coinvolgimento con lo sguardo della Venere. RITORNO AL RITRATTO E PITTURA DI PAESAGGIO DUE RITRATTI: UNO SCHIAVO E UN PAPA: Dopo mesi di lontananza dal ritratto esegue quello del proprio schiavo pittore, il mulatto Juan de Pareja. Lo liberò in occasione del Giubileo del 1650 e guardando il quadro sappiamo anche perché: la pienezza della dignità umana che promana quel volto doveva rendere impossibile a Diego la pratica della schiavitù, 1650 New York, Metropolitan. Dopo quest'opera divenne per qualche settimana il ritrattista più in voga alla Corte di Roma fino al vertice del ritratto del Papa Innocenzo X. Una recente campagna radiografica ha rivelato che è forse il quadro più elaborato dell’intera sua produzione e che usò una terra e una tecnica tipicamente veneziana. La tela è del 1650 e conservata a Roma nella galleria Doria Pamphilj. LE VEDUTE DI VILLA MEDICI: Ai mesi romani del secondo viaggio risalgono gli unici paesaggi di tutta la sua carriera, le due vedute di Villa Medici, forse uno dei primi quadri dipinti en plein air. La loro singolarità non rende difficile una classificazione in termini di genere il soggetto urbano e il peso secondario che l'aspetto paesistico impedisce di definirlo e paesaggi dirigo la natura delle figurine non consente di collegarla alle bambocciate, la ferialità e accidentalità della situazione le allontana dalle nobili vedute. Sono allora due ritratti di Villa Medici. 1630, Madrid, Prado. LAS MENINAS All'ultimo decennio della vita risale il suo capolavoro più noto, Las Meninas. Attraverso questo dipinto varchiamo la soglia del tempo dello spazio e ci troviamo nel 1656 nella Reggia di Filippo IV. Siamo nello studio del pittore en primo piano c'è la figlia del re Margherita, con una damigella che le offre un vaso di terra profumata a pieno d'acqua e con un seguito di cortigiani e nani. Dall'altra parte c'è lo stesso pittore in atto di dipingere una grande tela che vediamo da dietro grazie allo specchio, ci sono riflessi anche Filippo e Marianna. 1656-57, Madrid, Prado CAPITOLO 8 IN FRANCIA: IL RE SOLE fingendoli intenti in una discussione. immagina che il tavolo sia collocato su un'altra pedana e che qualcuno apra la porta della sala attirando su di sé gli sguardi. IL DEBITO CON L’ITALIA: ARISTOTELE CONTEMPLA IL BUSTO DI OMERO: I suoi rapporti accertati con l'Italia sono pochissimi. Nel 1652 il collezionista siciliano Antonio Ruffo gli chiese di dipingerli un filosofo a mezza figura, doveva avere in mente il tipo iconografico napoletano dei filosofi antichi raffigurati come mendicanti. Quando nel 1653 il dipinto venne consegnato vide qualcosa di diverso seppur non del tutto privo di relazioni con quel mondo mentale: l'Aristotele contempla il busto di Omero, oggi al Metropolitan Museum di New York è un dipinto che fa comprendere il debito di Rembrandt con l'arte italiana. La costruzione luministica e caravaggesca il volto del filosofo riprende quello di Leonardo. Aristotele indossa un costume di fantasia e non l'abito antico da straccione. E un costume di scena da cui pende una ricca catena d'oro, l'aspetto teatrale del costume sottolinea il tono teatrale di tutta la scena. IL RITRATTO DI JAN SIX: Uno delle sue acqueforti più celebri è il ritratto del suo amico Jan Six, eseguito nel 1647. Era un conoscitore e collezionista non conformista e ciò fa supporre che commissionando suo ritratto all'amico lo lasciasse impostare l'incisione in assoluta libertà. Six è colto nell’intimità di casa mentre si appoggia alla finestra per leggere un libro, libri in primo piano, la spada il cinturone gettati su una sedia in un quadro con la tendina di produzione completano la descrizione. Ma il tendaggio della finestra si apre come un sipario a incorniciare la luce che circonda il nostro intellettuale. E’ conservata ad Amsterdam. REMBRANDT SACRO: IL RITORNO DEL FIGLIOL PRODIGO: L'opera che meglio rappresenta il modo in cui intende la storia sacra e quella che rappresenta il culmine della parabola evangelica del figliol prodigo. Dipinto nel 1669 oggi si trova a San Pietroburgo e raffigura il figlio corrotto e ingrato che è tornato con il padre che lo accoglie e il fratello virtuoso con lo sguardo ostile. FRAMMENTI DI REALTA’: VERMEER Gli artisti del 600 avevamo intuito la pura bellezza del mondo visibile, e gli specialisti olandesi che passando la vita dipingere lo stesso genere di soggetto avevano finito con dimostrare che il soggetto è di secondaria importanza conto il più importante di questi maestri fu Jan Vermeer van Delft. RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI PERLA: E’ il su quadro più celebre, un meraviglioso troine, una mezza figura che non ritraeva singole persone reali ma mi usava i tratti per studiare un’espressione o stato d'animo. Dipinta nel 1665-67 e conservata a L’Aja. DONNA CHE LEGGE UNA LETTERA: Dipinta nel 1657-59, non succede nulla che non sia detto nel titolo descrittivo. In un primo tempo aveva dipinto un quadro con un Cupido appeso al muro fornendo in un inequivocabile indizio sulla natura della lettera d'amore. Conservata a Dresda. DONNA CHE PESA IL DENARO: Dipinta nel 1663-64 la stessa donna appare incinta: una condizione in cui Catharina si trovò spesso visto che dette al marito 14 figli, anche qua ci chiediamo se si tratti di un frammento della realtà come la moglie incinta dell'artista oh sì siamo di fronte a una allegoria religiosa come fa pensare il giudizio universale appeso alla parete ecco osservato a Washington nella National Gallery. DONNA CHE VERSA IL LATTE: Di fronte ad alti quadri come per esempio questo dipinto del 1657-68 è fortissima la sensazione che non ci sia un senso riposto. Ciò che conta e ciò che si vede con gli occhi del corpo ovvero la monumentale dignità di questa umile addetta alle cucine. Gli olandesi non avevano immaginazione ma avevano un gusto straordinario e un senso infallibile della composizione. Conservata ad Amsterdam. LA VEDUTA DI DELFT: Dipinta nel 1661-63 e conservata all’ L’Aja, è uno dei soli due suoi esterni pervenutici. La città fuori costruita dopo un'esplosione di una polveriera. Si può usare come esatto documento sull’aspetto di Delft intorno al 1660. Questo quadro commuove per la sua poesia, possiamo considerarlo un fondamento per il futuro impressionismo. L’ATELIER: E forse il quadro in cui tira le fila di tutta la sua straordinaria opera. Il dipinto nel 1662-68 oggi è conservato a Vienna. Un anno dopo la morte del pittore nel 1676 la vedova dell'artista cede alla propria madre il quadro, è probabile che si tratti dello stesso dipinto film catalogo dell'asta del 1696 descrive come ritratto di Vermeer in una stanza con vari accessori. O si è letto il quadro con un’allegoria della pittura o lo si è ritenuto un semplice autoritratto. Forse il titolo che rende conto più oggettivamente di ciò che vediamo è l'atelier. Il luogo e lo studio nella sua casa e il fatto che non vediamo il viso del pittore ci fa pensare ad un’allegoria perché può rappresentare tutti i pittori. CAPITOLO 10 BAROCCO GLOBALE: UN GIRO INTORNO AL MONDO ITINERARIO BAROCCO IN EUROPA A causa dei viaggi degli artisti, le commissioni a distanza e la circolazione dei disegni il barocco diventò il primo stile globale. PRIMA TAPPA: LE FIANDRE: Già nelle Fiandre il viaggiatore avrebbe potuto incontrare un rigoglioso barocco romano cresciuto intorno alla figura di Rubens. Dopo vari viaggi rimase a vivere ad Anversa dove si progettò ed edifica ho una casa che è ancora oggi uno straordinario monumento barocco, la severa facciata introduce a un microcosmo giocato sul rapporto tra palazzo e giardino. SECONDA TAPPA: LA BAVIERA: Se si fosse fatta tappa a Vienna con sosta nell’abbazia benedettina di Rohr avrebbe potuto constatarlo nel più spettacolare dei modi. Era appena stata dotata di un pirotecnico altar maggiore da artisti formatisi a Roma. Replicarono queste effigi in moltissime chiese della città e campagna bavaresi. TERZA TAPPA: VIENNA: A Vienna il viaggiatore avrebbe potuto visitare il cantiere in cui stava sorgendo una delle chiese più romane del sacro romano impero. La sua chiesa di San Carlo Completata si sarebbe rivelata stupefacente, una riedizione della sant'Agnese in piazza Navona ma con il particolare dell’inserimento di due colonne co cli di con storie della vita di San Carlo. Costruì anche il castello di Schonbrunn mentre per il complesso del Belvedere ci pensò un altro architetto. Ai modelli italiani si sommavano ora quelli francesi dando vita a un barocco internazionale. QUARTA TAPPA: PRAGA: Arrivando a Praga si poteva passare su un ponte medievale se aveva ricevuto un corredo di statue barocche sul modello berniniano di ponte Sant'Angelo e dopo il capolavoro del barocco boemo nel giardino di palazzo Lonkowicz costruito da un architetto italiano, la sua facciata è la più audace il fedele attuazione del primo progetto per il Louvre di Bernini. QUINTA TAPPA: BRESLAVIA: A Breslavia la cappella di Santa Elisabetta è tutta italiana. SESTA TAPPA: VARSAVIA: Palazzo Wilanow costruito da un architetto italiano nato in Polonia. Simile alle ville cardinalizie della Roma del primo 600. SETTIMA TAPPA: SAN PIETROBURGO: A San Pietroburgo si stava creando una città barocca dal nulla per lo zar Pietro il grande, rappresentativi i giardini d'estate constato contemporanee che faceva arrivare dall'Italia. OTTAVA TAPPA: STOCCOLMA: A Stoccolma c'è un altro architetto che arriva viaggiato molto ho lavorato anche con Bernini, nella sua casa che ha progettato lui stesso ha il cortile che è uno splendido esempio di barocco internazionale, e conservava uno straordinario corpus di disegni e copie di opere e progetti spesso ambiziosi che solo in parte trovarono realizzazione nel suo capolavoro, il Palazzo Reale di Stoccolma. NONA TAPPA: LONDRA: A Londra si rimane colpiti dalla cupola della cattedrale di San Paolo immaginata come una summa di ciò che era stato visto a Parigi, il risultato fu una cerniera tra architettura italiana del presente passato e quella globale del futuro. E attraverso la cupola che il tempietto di Bramante arrivò a essere un modello per il Campidoglio a Washington. Per la facciata della cattedrale ci si basa sul Pantheon si per il resto sulle altre chiese di Roma. DECIMA TAPPA: LISBONA: A Lisbona, città inondata d'oro che arrivava dalle miniere brasiliane, troviamo sontuose carrozze italiano su cui fece il suo ingresso il re alla Corte del Papa virgola in pieno stile barocco. Avrebbe potuto assistere anche al cantiere del palazzo di Mafra, il convento-palazzo-pantheon che il re si stava facendo costruire di cui il progetto fu probabilmente elaborato a Roma. ITINERARIO BAROCCO DAL NUOVO MONDO ALL’ORIENTE dell'Europa fu Chardin. Ci lascia un suo autoritratto del 1775 oggi conservato al Louvre. Sepe tradurre in poesia la fascinazione per gli oggetti che caratterizzava l'arte e rococò. Lui non raccontava la storia del quadro ma traduceva le parole in forma, colore e atmosfera come nel quadro della brioche della quale non viene voglia di parlare ma di immaginare il profumo. Tanto più le composizioni sono austere e monocrome tanto più ci appaiono monumentali sul piano morale. LO SGUARDO DI JEAN-ETIENNE LIOTARD E DI WILLIAM HOGARTH: questi due artisti si svilupparono in direzioni opposte, arrivando a risultati importanti. Liotard ebbe una carriera in movimento, portò a livelli memorabili l’uso del pastello non enfatizzandone lo sfumato, anzi lasciandole talmente nitide che sembrano reali. Vale per i ritratti come quello di Maria Frederike van Reede-Athlone a sette anni conservato a Los Angeles al Paul Getty Museum. Anche le scene di vita quotidiana sono impressionanti, come la cameriera che serve la cioccolata del 1744 conservata a Dresda. Hogart tiene al centro le ombre pittoriche e morali. Prese dal rococò il gusto per l’erotico, la pittura interna borghese e un’esecuzione piena di grazia e brio. Ma il suo temperamento lo condusse a realizzare una vasta opera di aggressiva critica sociale. Esempio sono i quadri prima e dopo, di una coppia dopo un rapporto dove lui ha costretto lei. Alla carriera della prostituzione dedica una serie di fortunatissime incisioni. CAPITOLO 12 L’ITALIA AL TRAMONTO DEL BAROCCO ROMA LA FACCIATA DI PALAZZO PAMPHILI E IL GIUDIZIO DI DE BROSSES: tra il 1739-40 Charles de Brosses visitò Roma e davanti alla facciata di Palazzo Pamphili disse che è una facciata gotica perché sinuosa. LA SCALINATA DI TRINITA’ DEI MONTI: Tra le opere più audaci alcune erano di dimensione urbanistica, la più impressionante la scalinata di Trinità dei Monti, una sorta di piazza verticale in forma di cascata che l'architetto Francesco De Sanctis aveva costruito tra il 1723-26, sviluppando e portando a compimento una secolare riflessione sul modo in cui risolvere il dislivello che univa Piazza di Spagna con il Colle del Pincio. Il risultato sono le curve rocaille. PIAZZA SANT’IGNAZIO E LA CHIESA DELLA MADDALENA: Dello stesso periodo la piazza Sant'Ignazio dell’architetto Filippo Raguzzini: aveva costruito una prospettiva che ha tra le non usando edifici nobili ma con umilissime palazzine virgola non c'è traccia di decorazione ma il rococò soffia nelle curve dei palazzi e nell'opposizione di una scala domestica antistante alla facciata della chiesa. CONVIVENZA DI BAROCCO E ROCOCO’: Questa sensibilità penetrò nell’aristocrazia romana tanto da espugnare anche palazzo Barberini, il sacrario del primo barocco. Qui venne costruito un delizioso appartamento il rococò. Un'idea la possiamo avere dal quadro di Giovanni Paolo Pannini che rappresenta la festa per la nascita del delfino di Francia al teatro Argentina, dipinte nel 1747 e conservata al Louvre. Ma camminando per Roma chiunque si sarebbe reso conto che accanto al rococò l'architettura le arti continuavano a parlare il barocco. I PROGETTI DI GALILEI E DI FUGA: Due delle quattro basiliche papali ricevettero una nuova facciata. San Giovanni in Laterano fu al centro di un concorso vinto dal fiorentino Alessandro Galilei: il risultato fu una riedizione della facciata di Maderno per San Pietro tutta giocata sul chiaroscuro con logge aperte, e un ritorno al Bernini. A lui si deve anche la cappella Corsini nella stessa basilica per la famiglia di Papa Clemente XII dove è sepolto. Tra il 1741-43 Ferdinando Fuga esegui la facciata di Santa Maria Maggiore, pensata come severa e razionale incastonatura dell'antica facciata mosaicata. A lui si devono anche due dei più importanti palazzi romani: quello della Consulta che ospita la Corte costituzionale della Repubblica, e quello della famiglia Corsini oggi sede dell'Accademia dei Lincei. LA FONTANA DI TREVI: E l'opera in cui convivono due diversi linguaggi, dal 1732 l'architetto Nicola Salvi trasformo la facciata di un palazzo in un arco trionfale imperiale in cui fornice centrale doveva contenere una monumentale statua di Nettuno in piedi su un carro acquatico che incede verso una scogliera terminante un bacino pieno d'acqua. L'architettura del palazzo e classica ma l'idea del palazzo Fontana si riconnette con la pirotecnica degli allagamenti festosi del 600: l'idea di un teatro acquatico era il non plus ultra del barocco. 1731-62 TORINO FILIPPO JUVARRA: E’ l'artista nella cui opera si ricompongono le pensioni che lacerano il linguaggio formale del primo 700. Dopo alcuni periodi a Roma imparando il barocco si sposta al servizio del duca di Savoia che nel 1714 lo porta a Torino dove resterà fino alla morte, qua golette di una notevolissima libertà per costruire un'impressionante quantità di fabbriche. LA BASILICA DI SUPERGA: E’ il suo più grande capolavoro, il più grande santuario barocco italiano e sorge sulla sommità di una collina a sud est di Torino. L'idea di collocarla su un'altura riprendeva la sacra di San Michele ma la sua capacità di dialogare con il paesaggio aveva a che fare con alcuni recenti in monasteri come l'abbazia di Melk. Un intero secolo di ricerca architettonica è ripercorso a Superga. 1731 LA PALAZZINA DI CACCIA DI STUPINIGI: Nella residenza di campagna di Stupinigi per gli ozi e la caccia e totalmente libero e inventa un grande salone centrale che è il cuore della composizione, da cui si dipartono quattro corpi di fabbrica. L'attuale aspetto è frutto di ampliamenti solo in seguito. Questo salone è solo un pallido riflesso di quello che aveva pensato per il castello di rivoli che possiamo solo conoscere da un disegno. 1733 INTERNI JUVARRIANI: L'altra radice della sua arte si svela in alcuni interni torinesi conservati come il gabinetto del segreto maneggio degli affari di Stato in Palazzo Reale realizzato nel 1730 per Carlo Emanuele III Di Savoia dove trionfano due doppi corpi: sontuosissimi tavoli su cui si innesta il corpo verticale di una libreria. Allo stesso momento risale anche il gabinetto cinese sempre in Palazzo Reale dove alterna grandi specchiere rocaille a pannelli di lacche cinesi. TRATTI ESOTICI NELLE OPERE DI BERNARDO VITTONE: Un'aria orientaleggiante anche il capolavoro dell'unico suo rivale ovvero l'architetto Bernardo Vittone. All'esterno il santuario di Vallinotto assomiglia a una pagoda cinese di quelle vagheggiate dai decoratori francesi nelle loro grottesche rococò. All'interno lascia il posto a una vertigine iperbarocca. Si sovrappongono tre volte tutte traforate aperte NAPOLI LE ESPERIENZE PITTORICHE: Anche a Napoli l'arte del 700 non dai suoi frutti nella pittura. Anche se Francesco Solimena uno degli artisti più rispettati i potenti, guardando un'opera come la sua monumentale cacciata di Eliodoro del 1725 sulla controfacciata del Gesù nuovo di Napoli si comprende come la sua ricerca si è svolta riflettendo sulla grande eredità della pittura secentesca. In nessuna opera riuscì a essere in sintonia con la parte più avanzata del suo secolo, come invece aveva fatto Luca Giordano con l'affresco lasciato nella cappella del Tesoro della Certosa di San Martino. LE ESPERIENZE SCULTOREE E ARCHITETTONICHE: Sono architetti e scultori di seminari Napoli di testi innovativi e profondi conta a Domenico Antonio Vaccaro si deve la chiesa di Santa Maria della concezione a Montecalvario nei quartieri spagnoli, a pianta centrale giocata sull’ottagono con un'architettura con stucchi e tinte pastello. Sempre lui è l'autore del giardino claustrale napoletano più famoso: il chiostro maiolicato di Santa Chiara dove modelli portoghesi vengono tradotti in una fantasia cromatica dei frutti dei giardini napoletani. Il singolare monumento in cui le forme del rocaille francese hanno libertà assoluta e la balaustra dell'altare della Certosa di San Martino di Niccolò Tagliacozzi Canale. LE SCALE MONUMENTALI: Sempre su e le scale monumentali degli adiacenti palazzi Mastellone e Trabocco alla Pignasecca. Queste scale sovradimensionate vertiginose diventano un tratto fondamentale dell'architettura il napoletano del 700. Il vero mago degli Scaloni monumentali di Napoli fu Ferdinando Sanfelice il cui capolavoro è quello del palazzo Serra di Cassano posto in testa un cortile ottagonale. LA CAPPELLA SANSEVERO: Non c'è traccia di questa leggerezza nell'opera più famosa e visitata del 700 napoletano: la cappella Sansevero. Fu completamente ripensata tra il 1749 e il 1771 da Raimondo de Sandro, bolle affollare il breve spazio della cappella di un gran numero di marmi monumentali. Tra i tre pezzi più celebri due sono allegorie dedicato alla memoria della madre del padre con il disinganno e la pudicizia. La terza opera era la più importante del sacello e la più celebre: Il Cristo velato scolpito nel 1753 da Giuseppe Sanmartino. L’IMPULSO EDILIZIO E IL PALAZZO DI CAPODIMONTE: La nuova dinastia dei Borbone diede impulso a una straordinaria attività edilizia. Nel 1738 venne avviata la costruzione del palazzo di Capodimonte pensato per accogliere la celebrata collezione Farnese. Intorno al palazzo Un'enorme parco in cui trovano posto vari edifici. Negli stessi anni si restaurò il Palazzo Reale e si fondò il primo teatro San Carlo, mentre la costruzione della villa reale a portici diede il via al proliferare di ville aristocratiche. LA REGGIA DI CASERTA: Nel 1750 Carlo iniziò due progetti collegati: la costruzione del Real albergo dei poveri a Napoli pensato per ospitare e far lavorare i poveri di tutto il LA PITTURA SACRA: la stessa luce nella pittura sacra. Nella pala la vergine Maria con le sante domenicane Caterina da Siena, Agnese da Montepulciano e Rosa da Lima, del 1749 per la chiesa dei Gesuati a Venezia, non ha lo sguardo dialogante, tutto è affidato agli oggetti e al rapporto con la luce. Anche quando il soggetto lo spinge ad avere a che fare con le emozioni e toni forti della pittura sacra barocca il risultato appare decantato. Come la Sant’Agata del 1755 per la chiesa delle Benedettine di Lendinara e oggi a Berlino. LA STORIA DI ANTONIO E CLEOPATRA: affrescati per Palazzo Labia sul Canal Grande. Rappresenta due scene dove in una la flotta romana attracca nel canal grande e sembra che i due stiano scendendo le scale per andare nella sala con gli ospiti in maschera. La seconda la ambienta in una villa palladiana del 500 rifacendo una cena di Veronese nella loggia aperta su viali di bosso. 1746-47 LA RESIDENZA DI WURZBURG: si guadagnò commissioni anche lontano da Venezia, morì a Madrid dove era al servizio per il re di Spagna per decorare la reggia. Ma la sua opera più riuscita è per un regnante tedesco dove affresca la volta dello scalone monumentale nel 1752-53 con il trionfo di Karl Philipp von Greiffernklau sui Quattro Continenti, è il dipinto più grande del 700. LE INCISIONI: i suoi scherzi di fantasia, le 24 incisioni all’acquaforte pubblicate dopo la sua morte, rappresentano un sottomondo da incubo che sembra il contrario del Tiepolo pittore. UN RITRATTO DI GIOVAN BATTISTA DIPINTO DA GIANDOMENICO: il suo più bel ritratto fu dipinto da suo figlio Giandomenico che nel 1791 lo incluse accanto alla propria immagine in un affresco per la villa di famiglia a Zianigo e poi portato al Museo di Ca’ Rezzonico a Venezia. L’ULTIMO VEDUTISTA: FRANCESCO GUARDI: al 1789 e conservato alle Gallerie dell’Accademia a Venezia risale il quadro con l’incendio del 1789 devastò un magazzino da olio a San Marcuola a Venezia, di Francesco Guardi. Nella sua Laguna Grigia del 1780-82 in cui Venezia è ridotta a una striscia è condensata la fine dell’epoca del Barocco. SEZIONE 5 L’ETA’ NEOCLASSICA L’ENCYCLOPEDIE E LA DIFFUSIONE DEL SAPERE: Lo scenario è animato, si ricorda che in Francia nel 1751 esce l’enciclopedia di Diderot e D’Alambert con gli intellettuali più prestigiosi del tempo, occorsero 3 decenni per concluderla. 1764: UN ANNO CRUCIALE: Nel resto d'Europa gli intellettuali diedero prova di una straordinaria energia culturale. Il 1764 è un anno cruciale, molti artisti italiani danno prova, tra i quali Cesare Beccaria pubblica in forma anonima dei delitti delle pene conosciuto poi a livello europeo. Il campione del nuovo classicismo e Winkelmann che pubblica a Dresda il suo capolavoro, storia dell'arte dell'antichità. I viaggi divengono uno dei fondamentali mezzi di conoscenza della realtà. Tutti passano per l'Italia, nella seconda metà del secolo constatiamo un'attenzione maggiore per le opere pubbliche e per la forma della città con apice durante l'età napoleonica. CAPITOLO 15 LA SEDUZIONE DELL’ANTICO SECONDO SETTECENTO: UN DOPPIO SOGNO: La seconda metà del 700 è definita età neoclassica ma è molto rigida perché convivono sia Canova che David, ma anche Piranesi e Goya: artisti vicini nel tempo ma lontanissimi nel linguaggio. E’ l'epoca di un doppio sogno: quello neoclassico quindi di umanità che si rivolge agli antichi per imitarne l'arte e il sogno della ragione degli illuministi. In questo clima nel primo 800 si svilupperanno i nuovi itinerari del romanticismo. UN NUOVO ANTICO L'amore per la Grecia e per Roma era ben vivo nei decenni precedenti la metà del secolo. Diventa una moda talvolta febbrile di anticomania. Le forme antiche penetrano nella quotidianità, nell’arredamento, nella moda e nelle acconciature ispirate ai vasi greci. Cosa distingue questo nuovo classicismo da quello che lo ha preceduto? LA SCOPERTA DI ERCOLANO E POMPEI: Nel 1709 a Resina nei pressi del Vesuvio erano avvenuti ritrovamenti archeologici e lentamente era sorto la convinzione che si trattasse di uno degli insediamenti sepolti dal vulcano nel 79 d.C., appartenevano alla città di Ercolano e nel 1738 iniziarono gli scavi veri e propri e a Pompei una decina d'anni dopo. Gli edifici emergevano nella loro interezza con suppellettili e decorazioni che tutta Europa poté conoscere grazie a una serie di volumi fatta pubblicare dai Borbone: le antichità di Ercolano esposte. La freschezza delle immagini puta le da farle entrare nel repertorio decorativo soprattutto nella porcellana Di Napoli. L’eco degli scavi di Ercolano e Pompei fu così grande da spingere i Borbone di Parma a tentare un'impresa analoga che portò alla luce il centro di Velleia. LE TEORIE SUL BELLO: Le scoperte di Pompei ed Ercolano avrebbero inciso solo superficialmente sulla sensibilità artistica se non ci fosse stato il contributo degli studiosi che cercano di rispondere alle domande che tutte le epoche si pongono: che cos'è la bellezza? In Francia la risposta fuochi data all'enciclopedia, in Gran Bretagna al pittore William Hogarth. Ma fu non studioso tedesco a rivoluzionare il pensiero artistico: Johann Joachim Winckelmann che nel 1755 pubblica un opuscolo intitolato pensieri sull’imitazione delle opere greche: additava la Grecia come culla del buon gusto assegnando alla sua arte il primato e affermando che l'unica via per diventare grandi e l'imitazione degli antichi. DAI MUSEI PRINCIPESCHI AI MUSEI PUBBLICI Già nel primo 700 i Papi avevano avviato una politica di grande cura per le antichità e opere d'arte dell'urbe punto sul Campidoglio nel 1734 Clemente XII inaugurò un museo nel palazzo nuovo aggiuntosi alle antichità che Sisto IV aveva fatto portare nel palazzo dei conservatori già dal 1471, e Benedetto XIV affianca una Pinacoteca nel 1749. IL MUSEO PIO-CLEMENTINO A ROMA: Il momento cruciale fu quando in Vaticano nacque il museo Pio Clementino voluto da Clemente XIV e ampliato da Pio VI. Il nucleo delle raccolte fu trasformato affiancato da nuovi ambienti, le sculture furono disposte per temi e il percorso culminava nella sala rotonda dove le statue erano ospitate in grandi nicchie con una serie di busti collocata dinanzi ai pilastri. La volontà di collocare le opere in un contesto che richiamasse l'antico è evidente anche sul pavimento dove viene disposto un mosaico. LA GALLERIA GRANDUCALE A FIRENZE: A Firenze Pietro Leopoldo di Lorena affidò la direzione della galleria granducale a Giuseppe Pelli Bencivenni il suo riordino a Luigi Lanzi che applicò lo schema per scuole: gli artisti furono raggruppati per aree geografiche. LA RIVOLUZIONE AL LOUVRE: Ma fu in Francia che la storia del museo pubblico ebbe una svolta decisiva. Resero pubbliche le collezioni reali del Louvre per una funzione didattica: venne redatto un catalogo accessibile per dimensioni e prezzo, mentre le singole opere erano contrassegnate da cartellini esplicativi. Con il Louvre nacque l'idea moderna di museo pubblico dove le opere d'arte appartengono alla nazione. SFIDARE L’ANTICO STATUE CELEBERRIME: Sin dal Rinascimento alcune statue avevano raggiunto una speciale celebrità, tra queste l'apollo del Belvedere posseduto da Papa Giulio II. Coincideva per Winkelman con il bello ideale virgola e questa fama spiega la grande diffusione di riproduzioni informati con tecniche differenti anche in età neoclassica. Spesso le copie erano portatili, Giovanni Volpato aveva avviato una fortunata impresa che vendeva oggetti per il dessert, i servizi in porcellana bianca con piccole riproduzioni di edifici e statue antichi. IMITAZIONE E COPIA: Imitare l'antico non significava copiarlo, ma derivarne idee, schemi, spunti e reinterpretarli nelle nuove creazioni. E’ ciò che fece Antonio Canova con la statua del Perseo del 1801 conservata a Roma ai Musei Vaticani. Lo schema generale resta quello dell’Apollo. Il rapporto che lega le due statue è confermato dalle vicende dopo il trattato di Tolentino imposto allo stato pontificio nel 1797: un centinaio di opere fu requisito dai francesi e spedito a Parigi tra cui l’Apollo. Pio VII comprò il Perseo e lo sistemò al posto dell’Apollo. IL COLLEZIONISMO DI ANTICHITA’ DALLA GRECIA ALL’EUROPA: I MARMI DEL PARTENONE: Recatosi a Londra nel 1815 Antonio Canova si trova di fronte ai marmi del Partenone. Fu un raffinato diplomatico inglese Lord Elgin a far conoscere la grande arte di Atene all'Europa poiché potè fare ricerche e scavi sull’acropoli. La squadra del fregio dorico, ionico e alcune sculture dei frontoni del Partenone e le fece portare a Londra dove sarebbero entrate nel British Museum. Altre sculture greche arrivarono in Europa agli inizi dell'Ottocento: quelle del frontone del tempio di Atena Aphaia ad Egina e trasferiti nella gliptoteca Di Monaco. In questi si decise di completare le parti mancanti. bianco è il colore dominante. Lungo tutto il perimetro sono disposti i gessi di Canova in alcune vetrine alcuni piccoli modelli in Creta. I MONUMENTI FUNERARI Due tappe importanti furono i monumenti funebri di Papa Clemente XIV i Clemente XIII. A fine secolo ricevette dal duca Alberto di Sassonia un altro incarico, il monumento funebre della moglie Maria Cristina d'Asburgo Lorena. Nel monumento a Vienna adotta una forma inconsueta, la piramide. A destra sui gradini un leone sdraiato con appoggiato un genio nudo e alato. Accanto la personificazione della virtù affiancata da due fanciulle, porta l'urna con le ceneri, seguita dalla personificazione della carità che tiene a braccetto un vecchio. Al vertice della piramide il volto di profilo della defunta circondato dal serpente che si mangia la coda. IL MODELLO DELLE STELE ANTICHE: Non tutti potevano permettersi monumenti così, quindi sperimentò altre soluzioni e recupero una tipologia diffusa nella Grecia antica e a Roma: la stele funeraria, una lastra che poteva accogliere un bassorilievo e un'iscrizione commemorativa. Se prima erano fissate nel terreno ora sono collocate in chiesa. RITRATTI NEOCLASSICI CANOVA E CIMAROSA: Dal 500 il Pantheon ospitò sepolture eccellenti, nel 700 si aggiungono altri busti per commemorare illustri personaggi della cultura. Canova realizza il busto di devi compositore Domenico Cimarosa, nonostante il carattere ufficiale dato al busto nudo Canova riuscì ad animare il volto e suscitare l'ammirazione di Stendhal. I VOLTI DI JULIETTE RECAMIER: Di tutt'altro genere il busto eseguito per Juliette Recamier: immaginata come una Beatrice medievale. La notorietà della donna era accompagnata da una serie di ritratti e busti in marmo terracotta, il più celebre dei quadri dedicatole da David. Il ritratto di Canova ne fissa i lineamenti mentre quello di David ne fa affiorare il carattere. SENSUALITA’ E PUDORE: La celebrazione di Napoleone si estese anche alla famiglia imperiale: Antonio Canova scolpì la statua della madre Letizia Ramolino Bonaparte, e altri membri da altri artisti. La cerchia di Napoleone apprezzava la scultura in marmo e così fu anche per l'altra sorella Paolina, che nel 1803 aveva sposato il principe romano Camillo borghese che richiese a Canova un ritratto della moglie. Distesa su un letto, un klinai, si appoggia mollemente ai cuscini dello schienale, e nuda ma un telo la copre dal ventre in giù. I capelli sono raccolti a imitazione delle acconciature antiche. Il bianco del marmo è interrotto solo dal grigio del letto e dal loro degli ornamenti. La mela in mano e ricorda il frutto che Paride concesse il segno di vittoria a Venere per la sua bellezza quindi Paolina è ritratta come una dea antica. LA CELEBRAZIONE DI NAPOLEONE NAPOLEONE COME CONDOTTIERO: Nel maggio 1800 l'armata napoleonica attraversò il valico del gran San Bernardo. Jean Louis David celebrò l'evento con un dipinto talmente apprezzato da convincerlo a realizzarmi 5 versioni. Gli allievi di David ne realizzarono altre copie. Un vento scompiglia la criniera del cavallo e solleva il mantello rosso del condottiero, in secondo piano i soldati affaticati tra le cime innevate sotto un cielo minaccioso. È conservato In Francia al chateau de Malmaison. NAPOLEONE COME MARTE: la statua nel 1801 raffigura l'imperatore come Marte pacificatore e per questo scelse la nudità. Presa modello anche immagini degli imperatori romani: nella destra un globo con la vittoria e nella sinistra una lancia. Londra, Apaley House. NAPOLEONE COME ALESSANDRO: Durante il governo napoleonico di Roma il palazzo del Quirinale fu scelto come sede dell'imperatore, quindi fu risistemato e per la sala detta delle Dame venne realizzato un fregio con l'entrata e il trionfo di Alessandro Magno a Babilonia: le vittorie di Napoleone venivano paragonate a quelle di Alessandro Magno. È stato usato il gesso. Napoleone ne fu talmente entusiasta che ne chiese una copia in marmo ma non arrivo mai a Parigi. NAPOLEONE E IL MITO DI OSSIAN: Nell'appartamento del Quirinale doveva entrare un dipinto caratterizzato da un soggetto raro e inaspettato: il sogno di Ossian. Lo scozzese James Macpherson aveva annunciato la scoperta di componimenti poetici di questo cantautore celtico Ossian. Si trattava delle sue stesse opere delle quali si innamorò lo stesso Napoleone. NAPOLEONE COME TRAIANO: Diretta verso il 1810 per celebrare le recenti vittorie di Napoleone, la colonna di place Vendome a Parigi è il monumento più grandioso realizzato in onore di Bonaparte. Dopo la battaglia di Austerlitz venne suggerito di usare il bronzo dei cannoni russi e austriaci e innalzarono colonna sul modello di quella traiana. Era sormontata dalla statua dell'imperatore. Fu abbattuta durante l'insurrezione nel 1871 ma restaurata quattro anni dopo. CAPITOLO 16 L’ARCHITETTURA TRA CLASSICISMO E ALTRI ITINERARI GLI ARCHITETTI E I MODELLI CLASSICI FRANCESCO MILIZIA E IL VALORE CIVILE DELL’ARCHITETTURA: Le teorie su sculture pittura coinvolsero anche l'architettura i la valenza civile dell'arte di fabbricare. Francesco milizia era uno dei più importanti trattatisti neoclassici, dove allontanarsi dall’antico era imperdonabile. Un richiamo alla razionalità che si traduceva nella ricerca di ordine, simmetria, misura. Non si trattava di replicare gli edifici classici ma di adattare i vari ordini, il dorico prima di tutto, alle esigenze moderne. PAESTUM E L’AFFERMAZIONE DEL DORICO: Nel 700 fu pienamente attrezzata l'architettura greca. Paestum diviene una meta sempre più attraente del gran tour. In 40 anni furono pubblicate sei in monografie illustrate sui templi antichi della città, tra cui le vedute diverse dell'antica città di Paestum Di Giovanni Battista Piranesi del 1778. IL GYMNASIUM DI PALERMO: Un esempio è il gymnasium che Léon Dufourny progettò a Palermo. Doveva diventare un edificio per la scuola di botanica, un erbario e l’alloggio dei professori. Due padiglioni lo affiancano, ma nell'edificio centrale si adottano elementi dorici a cominciare dalle colonne, sotto il livello del tetto come un fregio per cui le metope sono ispirata pubblicazioni di botanica. LA GRANDE FORTUNA DEL PANTHEON: Pochi monumenti di epoca romana erano ammirati come il Pantheon, anche nel 700 godette di straordinaria fortuna e non solo tra gli architetti. Uno degli esempi più notevoli e la chiesa che Antonio Canova ideò per Possagno dove fu sepolto lui stesso. Le uniche differenze sono che il pronao che precede il vano circolare a 8 colonne doriche e un fregio con triglifi e metope doriche. IL RICHIAMO DELL’ESOTICO: La palazzina cinese di Palermo è un efficace esempio della vivacità culturale artistica nella Sicilia di fine 700. Il barone Benedetto Lombardi ne affidò la costruzione all' architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia, poi diverrà proprietà di Ferdinando III di Borbone. Ristruttura l'edificio evocando forme orientali. MILANO NEOCLASSICA IL TEATRO ALLA SCALA: Simbolo della vitalità degli ambienti culturali della Milano del secondo 700. L'architetto incaricato fu Giuseppe Piermarini chi compone una partitura architettonica misurata e severa in cui le esigenze funzionali si equilibrano con il lessico classico. IL FORO BONAPARTE: Durante l'età napoleonica Piermarini era tornato in Umbria e così la scena milanese fu occupata da Giovanni Antonio Antolini. A fine 1800 presentò al governo della Repubblica cisalpina il progetto per foro Bonaparte, l'area circostante il Castello Sforzesco. Il castello doveva essere inserito in un'enorme piazza bordata da un portico di ordine dorico a pianta circolare con all'interno un canale. Il progetto non venne realizzato perché oneroso. EUROPA NEOCLASSICA LA PORTA DI BRANDEBURGO A BERLINO: Sorge al termine di uno dei principali assi viari berlinesi, il viale Unter den Linden. Fu commissionata dal re di Prussia Federico Guglielmo II a Carl Gotthard Langhans che prese ispirazione dai propilei di Atene. Si affidava alle pubblicazioni di viaggiatori e così si spiega come l'ordine dorico venisse seguito esattamente in talune parti e meno in altre. La quadriga bronzea fu requisita dalle truppe francesi a inizio 800 e restituito dopo la caduta di Napoleone. SAN PIETROBURGO: In Russia si rinnova grazie all' architetto bergamasco Giacomo Quarenghi chiamato da Caterina II nel 1779. Realizza progetti di grande rilievo come il teatro dell'Ermitage, l'Accademia delle scienze la banca di Stato. un editore esegui una delle sue opere più riuscite anch'essa ispirata al sogno di una notte di mezza estate: Oberon re delle fate vuole punire la moglie Tania e fa siti sotto effetti di un fiore magico si innamori di Botton, senonché nel frattempo Puck ha trasformato la testa di Bottom in quella di un asino. È stato dipinto nel 1794 e conservato a Zurigo. IL CASO GOYA Goya era uno spirito libero con un carattere brillante di una carriera piena di riconoscimenti, con una vita piena di intrighi e storie d'amore, viaggi ed esilio. È facile riconoscere nella sua esistenza gli ingredienti del romanzesco ma non lo è accostarsi alla sua pittura che nessun modo è classificabile secondo gli schemi che usiamo per gli altri artisti. GRUPPO DI FAMIGLIA IN UN INTERNO: il suo percorso inizia con l’apprendistato da José Maria a Saragozza, a 24 anni giunge in Italia e a Roma studiò le opere antiche, come l’Ercole Farnese e il Torso del Belvedere. Tornato in patria ha una svolta grazie a Luis Antonio di Borbone e dipingerà per lui tra il 1783-84 oggi a Parma, un quadro con rappresentato un momento quotidiano della vita. IL PITTORE E LA BAMBINA: uno solo nel quadro precedente guarda il pittore, una bambina ovvero la figlia di Don Luis e Maria Teresa. Inizia il rapporto tra infanzia e arti figurative. I CAPRICCI: grazie a quel dipinto entra in contatto con l’aristocrazia spagnola con la nomina a pittore di corte, nel 1792 sopraggiunge una malattia che lo renderà sordo a vita. La sua pittura cambia, e nel 1790 pubblica 80 incisioni con il titolo caprichos. Ma sono capricci speciali e ce lo spiega il più famoso di quelli, il numero 43. Il pittore bandisce le volgarità. IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI: in questo numero 43, un uomo si abbandona al sonno sulla scrivania e alle spalle si affacciano pipistrelli e altri minacciosi volatili, una scritta dice: il sonno della ragione genera mostri. Il venir meno della razionalità lascia spazio a qualunque orrore. LA GUERRA E I SUOI DISASTRI: gli orrori immaginati da Goya non tardano a verificarsi: l’invasione francese provocò un’insurrezione popolare. Vennero raccontati da una serie di incisioni, i disastri della guerra, del 1810-20. Una volta estromessi i francesi in attesa del ritorno del re si forma un consiglio di reggenza che nel 1814 incaricò Goya di rievocare un episodio di 6 anni prima con la fucilazione di alcuni insorti da parte dei soldati francesi a Madrid. Conservato al Prado. LE PITTURE NERE: nel 1819 si stabilì in una villa nella campagna fuori Madrid, alcuni ambienti li decorò con le pitture nere direttamente sull’intonaco, ma non nello stile dell’affresco. I soggetti scelti son o disparati ma accomunati dall’atmosfera notturna e visioni oscene. Il vertice è Saturno che divora uno dei suoi figli, dove c’è spazio solo per la crudeltà. Due sole immagini fanno eccezione: il ritratto di Leocadia Zorrilla che è la sua compagna, e l’altra è un’immagine singolare nell’impostazione e priva di confronti: un cane di cui vediamo solo la testa entro larghe campiture gialle e marroni, 182-23, Madrid, Museo del Prado. PITTORESCO E SUBLIME PAESAGGI PITTORESCHI: oltre all’ideale Winckelmanniano si fanno strada altre due categorie estetiche: il pittoresco e il sublime. Il pittoresco nasce con la pittura dai dipinti del paesaggio del 600 con scorci di campagne, colline, alberi e ruscelli. THOMAS JONES E NAPOLI: pittore gallese che soggiorna a Roma e Napoli, un giorno del 1781 mentre aspetta un amico passa in una strada nuova che nonostante un fatto di sangue descrive come romantica e pittoresca. CASE E ROVINE: alcuni olii su carta rendono bene l’idea di Jones del pittoresco. Ritrae alcune povere case di Napoli con una stesura scabra e sabbiata. Anche Towne era alla ricerca del pittoresco e basta osservare il suo acquerello sull’interno del Colosseo. Sul ritorno si ferma a disegnare alcuni paesaggi montani ed è il primo pittore a misurarsi con il sublime. LA NATURA E IL SUBLIME: si sviluppa il concetto di sublime, proviamo piacere nell’osservare lo scorrere di un ruscello circondato da prati, ma anche le manifestazioni più estreme della natura hanno il potere di stupirci, il mare in tempesta, un vulcano in eruzione, una grande cascata, ci affascinano. Uno dei primi fu Caspar Wolf che dipinge i ghiacciai della montagna, come il ghiacciaio inferiore di Grindelwald del 1774 conservato a Winterthur. Negli stessi anni Joseph Wright of Derby dedicò un quadro al Vesuvio in eruzione. CAPITOLO 18 IL PAESAGGIO TRA SECONDO SETTECENTO E PRIMO OTTOCENTO LE CAMPAGNE LE CARTE: Cresce l'esigenza di conoscere il territorio e quindi lo strumento fondamentale era la rappresentazione grafica con carte, mappe e catasti. Serviva per definire i confini delle proprietà ma era utile anche ai proprietari per migliorare la gestione delle terre. IL SUD ITALIA: La conoscenza del territorio diviene importante nei momenti di transazioni politiche. Nel regno di Napoli l'abolizione della feudalità comportò grandi riassestamenti, favorita un lato la grande borghesia che estese i propri latifondi mentre mise in difficoltà i piccoli contadini. Nel meridione prevaleva la masseria mentre al centro e al nord troviamo tipi edilizi diversi connessi a proprietà fondiarie di medie piccole dimensioni. Non è rado che anche i pittori si posero davanti al paesaggio con l'intento di descriverlo com'è e non è casuale che in Gran Bretagna abbia avuto successo un genere che venne battezzato con il termine panorama. LA REAL COLONIA DI SAN LEUCIO A pochi chilometri a nord di Caserta sorge questo complesso, un'importante attività manifatturiera incentrata sulla seta esempio di impianto industriale del 700 italiano. Un altro esempio sono le reali ferriere e officine di mongiana sempre dei Borbone. A San Leucio vennero realizzati impianti produttivi ma anche una chiesa, una scuola e i quartieri con le abitazioni per gli operai. Non molto lontano sorgevano le strutture per la Real colonia, l'esperimento va al di là del piano produttivo e nel 1789 venne pubblicato lo statuto per il buon governo della popolazione di San Leucio. IL GIARDINO PAESAGGISTICO ALL’INGLESE Una delle prime apparizioni del giardino paesaggistico inglese e attestata proprio a Caserta, non più vialetti rettilinei e aiuole di forma regolare ma aree verdi asimmetriche con grandi alberi, laghi e piccoli ponti, a volte piccoli templi o addirittura finte rovine. Un giardino in cui il progettista tenta di nascondere il progetto per dare l'impressione di una natura incontaminata e non regolata dalla mano dell'uomo. LA NATURA E LA CITTA’ Anche se in ritardo In Italia viene importato dalla Francia l'iniziativa di grandi spazi verdi a uso pubblico come conseguenza del pensiero illuminista. LO STRADONE DI PARMA: Una delle più importanti iniziative dei Borbone di Parma fu tra il 1761-63 la realizzazione di un promenade en forme de cours. uno stradone alberato lungo quasi 1 km rifatto alla promenade di Parigi. IL PRATO DELLA VALLE A PADOVA: Iniziative come quella di Parma si susseguirono per tutta la metà del 700, uno dei progetti più impegnativi e quello del Prato della valle a Padova voluto da Andrea Mimmo. Si trattava di risanare e risistemare una larga area nella zona meridionale che doveva servire sia alle fiere e ai mercati, sia al passeggio delle persone. Un canale di forma ovale circondava un'isola raggiungibile tramite quattro ponti, negli anni seguenti si fecero sottoscrizioni per abbellire la piazza il vennero realizzate 88 statue di personaggi illustri di Padova. IL REAL PASSEGGIO DI NAPOLI: Anche il Real passeggio di Napoli che verso il 1780 Ferdinando IV di Borbone aveva commissionato a Vanvitelli davanti al Riviera di Chiaia. Sulle fontane che intervallano i viali alberati vennero collocate alcune sculture della collezione Farnese oggi al museo archeologico. SEZIONE 6 IL ROMANTICISMO In Germania e in Inghilterra si impone un nuovo clima culturale ostile al classico. Erano i temi del sentimento e dell'irrazionale a occupare il centro, con essi si manifesta la sensibilità romantica. Le decadi in cui si è sviluppato il romanticismo corrisposero a una stagione storica delicatissima dove la classe borghese prese il sopravvento sull’aristocratica. 1815, UN ANNO DECISIVO: Con la sconfitta di Napoleone a waterloo e il congresso di Vienna nel 1815 vennero erose le conquiste politiche sociali della Rivoluzione francese. Davanti a lui nebbia vapori avvolgono le cime montane diventando un tutt’uno con il cielo. Insieme al taglio verticale pizza il controluce tra un primo piano definito e lo sfondo luminosissimo. E l'opera manifesto del romanticismo dipinta a Dresda tra il 1817-18, dopo essere approdato alla pittura a olio in seguito all' acquerello. È conservata ad Amburgo in Germania. Il dipinto e riassume i maggiori temi del periodo: la visione emotivamente partecipe di un paesaggio e l'uomo quale presenza solitaria. LE BIANCHE SCOGLIERE DI RUGEN: Nel 1818 si sposò e per far conoscere la moglie alla famiglia intrapresero un viaggio verso la terra natia ovvero Greifswald. Venne naturale fermarsi presso l'isola di Rugen e in questa circostanza dipinse le bianche scogliere di Rugen. L'insieme appare trasfigurato: la scena ha perso il banale tono dell'aneddoto il pittore ha impaginato l'immagine osservando una severa costruzione formale. Dipinto nel 1818 e conservato a Winterthur In Svizzera al Museum Oslar Reinhart. PHILIPP OTTO RUNGE Negli stessi anni in Germania operava anche Philipp, e anche se ci resta un numero limitato di prove il loro valore è tale da poterlo considerare un sicuro protagonista del periodo. Scienze di votarsi alla pittura di un paesaggio molto particolare, il tema si caricava di un tono simbolico, interiore, e rarefatto per quanto definito. Perseguiva una pittura di ispirazione filosofica in cui la natura diventa manifestazione del divino e proprio per questo nel 1810 diede alle stampe la sfera dei colori. MATTINO: Nel 1803 pensa a un progetto ambizioso: con ciclo di dipinti sulle fasi del giorno, le stagioni dell'anno, le età della vita i temperamenti umani. Realizzati in grandi dimensioni dovevano decorare un edificio a pianta centrale con architettura ispirata a forme vegetali. Non fu portato a termine e concluse solo il mattino del 1808 oggi conservato ad Amburgo. CAPITOLO 20 I PITTORI E IL PAESAGGIO ITALIANO JEAN-BAPTISTE CAMILLE COROT Intraprendere la carriera pittorica nel 1822, la visione de il carro del fieno di Constable del 1824 segna profondamente il corso della sua carriera che decise di dedicare esclusivamente al paesaggio. Fece anche dei viaggi in Italia. UN DOPPIO REGISTRO PITTORICO: Dopo aver impresso sulla tela luoghi spettacolari dell'Italia si diresse in Umbria dove si innamorò dei paesaggi fluviali vicino Terni e Narni. E proprio al ponte romano che attraversa il Nera dedicò numerosi dipinti. L' olio su carta conservato al Louvre del 1826 ritrae il ponte dall'alto offrendone una resa sintetica. Questi apprezzati erano bozzetti naturalistici poi tradotti su tele più ampie ed irriconoscibili. Presentata al Salon del 1827 la versione definitiva del ponte di Narni oggi conservata ad Ottawa nella National Gallery of Canada ci mostra un paesaggio arcadico dalle tinte tenui e atmosfera rarefatta COROT E I BARBISONNIERS: Tornato a Parigi si avvicina agli esponenti della scuola di Barbizon interessati allo studio dal vero della natura in ogni condizione di luce. Il principale animatore delle compagnie fu Pierre Etienne Theodor Rousseau che si dedicò alla resa di fenomeni atmosferici come nel sotto le betulle con effetto cangiante. Si distingue anche Charles Francois Daubugny autore del tramonto sull’oise del 1865 conservato al Museo d’Orsay. LA SUOLA DI POSIPILLO ANTON SMINCK VAN PITLOO: Anche in Italia e locali per il paesaggio, quella napoletana fu la prima a rinnovarsi grazie al sopraggiungere di stranieri. Risolutivo fu Van Pitloo che nel 1816 ottenne la cattedra di pittura all'accademia di Napoli. Affronta il genere della veduta mettendo in scena fenomeni atmosferici di forte impatto, aggiornò il vedutismo anche nella tecnica sostituendo la tela con carta e cartoni per dipingere all'aperto come nel tramonto sul castello di Baja del 1834 conservata a Napoli al Museo Correale. SUBLIME PARTENOPEO: GIACINTO GIGANTE: Suo allievo fu Giacinto Gigante che si distinse come caposcuola della scuola di Posillipo, il gruppo di artisti che facevano del promontorio napoletano il soggetto privilegiato delle proprie vedute. In tempesta sul Golfo di Amalfi del 1837 e conservata Napoli al museo di Capodimonte, rappresenta l'insenatura e i caseggiati a strapiombo sul mare con un cangiantismo cromatico dovuto alla tempesta e alla precarietà del veliero in prossimità della costa. IL VEDUTISMO DELL’ITALIA SETTENTRIONALE IL PICCIO E LA LOMBARDIA IMMAGINARIA: l’altro polo fu la campagna dell’Italia settentrionale tra Piemonte e Lombardia. Tra i suoi protagonisti va segnalato Giovanni Carnovali detto il Piccio, nel 1845 si reca a Parigi dove studia le opere di Corot e Delacroix e questo condiziona i suoi lavori. Mise a punto una nuova tipologia di veduta a metà tra il visionario e il reale. In paesaggio a Brembate sotto la sua pennellata morbida suggerisce il paesaggio più che delinearlo. 1863, Piacenza alla galleria d'arte moderna Ricci Oddi. FONTANESI: L’UOMO E LA NATURA: Il dipinto novembre del 1864 conservato a Torino nella galleria civica d'arte moderna e contemporanea, non è un paesaggio vero e proprio né tantomeno un ritratto. A presenta il colloquio silenzioso dell'uomo con la natura. Introdotta sulla sinistra da uno foglio albero la scena vive nel contrasto tra un primo piano calato nella penombra e il chiarore di un cielo invernale. CAPITOLO 21 LA STORIA, LA CRONACA, LE IMMAGINI THEODORE GERICAULT IL PITTORE CON LA PASSIONE DEI CAVALLI: una decade di carriera in cui nacquero alcuni tra i capolavori oggi più ammirati al Louvre. Gericault alle lunghe sedute di studio dall'antico preferiva le uscite a cavallo e la sua dedizione al mondo equestre era quasi ossessiva. Furono i confronti con le opere di Michelangelo, Tiziano, Poussin, Rembrandt e Rubens conservata al Louvre a condizionarne lo stile. Lo comprendiamo dalle opere di inizio decennio tutte le dedicate agli stalloni. UFFICIALI E CORAZZIERI AL SALON: nel 1812 si senti pronto per partecipare al Salon, ispirato dalla visione di un cavallo imbizzarrito in appena tre settimane completò ritratto equestre di M.D., oggi noto come ufficiale dei cavalleggeri della guardia imperiale. Il dipinto appare molto distanza i soggetti storici affrontati in quegli anni. Una distanza più evidente nel confronto tra questo quadro e il ritratto di Gioacchino Murat di Antoine Jean Gros. Alla sua pittura nitida Gericault contrappose il modello sensuale. L'esordio è positivo e vince una medaglia d'oro, propose la figura di un Cavaliere anche al salone di due anni dopo nel 1814. Il corazziere ferito che abbandona il campo di battaglia dov'è il protagonista tratti ne ha fatti fa il cavallo che volge lo sguardo alle sue spalle hai campo appena abbandonato. La stravaganza del soggetto risultò enfatizzata dagli avvenimenti storici degli ultimi mesi come la sconfitta di Napoleone a Lipsia il suo esilio all'Elba. Il Salon si svolse all'insegna della nuova monarchia. IL VIAGGIO A ROMA TRA MUSEI E FESTE POPOLARI: le critiche mosse per il quadro precedenti lo toccarono profondamente al punto che rinnego la tela. Deciso a rinsaldare la propria carriera nel 1816 prova l’ambito Prix de Rome che assegnava al vincitore un soggiorno di studio di un anno all'accademia francese a Roma. Non avendo superato l'ultima prova parte a sue spese per Roma e si dedicò allo studio dei maestri rinascimentali come Michelangelo Raffaello. Poté conoscere a fondo la quotidianità romana frequentando mercati e manifestazioni, trafficate fu impressionato dalla tradizionale corsa dei cavalli barberi. Questi studi culminano nella tela mai realizzata della corsa dei barberi a Roma, un disegno oggi conservato al Louvre del 1817. IL PRESENTE SI FA STORIA: LA ZATTERA DELLA MEDUSA: il viaggio a Roma segna la sua maturazione stilistica, ma un altro episodio avvenuto in lo stesso anno incise sulla sua vita privata e professionale: salvata dall'isola di Aix e diretta in Senegal per trasportare il nuovo console con 450 passeggeri, a inizio luglio la fregata Medusa naufragò al largo delle coste africane, molti funzionari ufficiali e civili trovano riparo in due scialuppe mentre altri 150 vennero stipati in una zattera fatta costruire e trainata per alcuni giorni da una delle imbarcazioni, poi le funi vennero recise perché pesava troppo. Per 13 giorni i naufraghi vissero in condizioni inumane per poi essere trovati dal brigantino Argus. Nel quadro rappresenta il momento della speranza quando i profughi si protendono con tutte le forze rimaste, dipinto nel 1818- 19 e conservato al Louvre. Oltre la rappresentazione dell'evento storico è anche un'indagine sui sentimenti dell'animo umano che approfondì negli anni successivi con la però dipende anche dal fatto che il romanticismo europeo non si esprime con uno stile unitario nei vari paesi perché ogni artista era influenzata dalla tradizione locale. SPEZZARE LE CATENE: VINCENZO VELA: lo scultore svizzero italiano Vincenzo vela impone sulla scena milanese con opera ispirata alla vicenda di Spartaco: spezzate le catene della sua prigione scende furente i gradini che lo separano dagli oppressori, bocca imbronciata e tensione muscolare fanno presagire la risolutezza delle sue azioni. Presentata nel 1850 nel suo studio e l'anno seguente a Brera atterri gli interpreti per la potenza espressiva. CAPITOLO 22 UN’ARTE DI ISPIRAZIONE RELIGIOSA LA PITTURA DEI NAZARENI TRA GERMANIA E ITALIA OVERBECK, ITALIA E GERMANIA: nella luce del mattino due fanciulle siedono affiancate in atteggiamento di conforto, quella dai capelli castani con la corona di alloro è la personificazione dell'Italia mentre la bionda dai tratti nordici rappresenta la Germania. Dipinta nel 1828 da Overbeck e un'opera utile per intendere quale fosse l'intensità degli scambi tra quelle due culture. LA CONFRATERNITA DEL CONVENETO DI SANT’ISIDORO: dal 1810 a Roma lavorava una confraternita di pittori tedeschi presso il convento abbandonato di Sant’Isidoro e guidata dallo stesso Overbeck pronto rivendicavano un'arte affrancata dalla mitologia e totalmente devota ai fini religiosi della religione cattolica. Vennero identificati con il nome di nazareni perché vestivano con tuniche e desideravano lunghi capelli alla maniera di Cristo. QUESTIONE DI STILE E COMPORTAMENTO: questi tedeschi riuscì pavano le forme del bello ideale e si riconoscevano nella pittura del 300 i 400. Ma i precetti del gruppo oltrepassavano le pur fondamentali questioni della forma dello stile che volevano raggiungere una dimensione comunitaria che li portava dipingere in gruppo. La tecnica riprendeva a quell'antica ovvero la pittura su tavola e l'affresco. Nel 1817 Péter von Cornelius realizza la sua più ambiziosa impresa romana con la decorazione ad affresco di palazzo Zuccari incentrato sulle storie di Giuseppe dell'antico testamento, oggi si trova a Berlino. IL CASINO DI VILLA MASSIMO: UN’OPERA DI BOTTEGA: quel successo procurò ai nazareni un'altra commissione importante ovvero la decorazione del casino di Carlo Massimo sul Colle Esquilino. Illustrazione di tre grandi poemi nazionali italiani ovvero la Commedia, l'Orlando furioso e la Gerusalemme liberata, ciascuno in una sala diversa. Avviato nel 1818 si concluse solo 8 anni dopo. Philip Veit interpreta la commedia dantesca e nella visione del paradiso da parte di Dante coniuga lo stile del giovane Raffaello con quello di Ghirlandaio e Beato Angelico. L' indietreggiare del tempo e reso tanto più un manifesto dalla profusione d'oro e la stilizzazione delle figure IL PURISMO L’ARTE PURISTA E I MODELLI QUATTROCENTESCHI: alla teoria di nazareni si richiama parte del movimento futurista italiano. Riprendevano la pittura scritta e pura dei primitivi italiani e si ispirano ai grandi quattrocenteschi fino a Raffaello. Lo comprendiamo confrontandoci con la musica sacra di Luigi Mussini del 1841 conservata Firenze alla galleria d'arte moderna, riporta alle pale del Perugino e alla Santa Cecilia di Raffaello. TOMMASO MINARDI: caposcuola del purismo licenziò opere in un nobile stile neoquattrocentesco. Tra queste spicca la propagazione del cristianesimo ovvero la missione degli apostoli, tempera su muro commissionatagli da Papa Pio IX nel 1848. Interrotto l'anno seguente per la proclamazione della Repubblica romana poi terminata nel 1864. LORENZO BARTOLINI: la statua della fiducia in Dio simboleggia l'anima cristiana che si affida al creatore, rappresenta il vertice del purismo nelle arti plastiche, a scolpirla fu nel 1835 Lorenzo Bartolini, oggi conservata a Milano al museo Poldi Pezzoli. I PRERAFFAELLITI IN INGHILTERRA UN’ARTE ANTICA PER RIGENERARE IL PRESENTE: nel 1848 alcuni giovani artisti provenienti dalla Royal Academy di Londra si consorziare uno sotto il nome di confraternita preraffaellita. Era nell'arte italiana del XV secolo che quei giovani riconoscevano i loro modelli. Rifugi vano anche le trasformazioni imposte alla società dalla recente rivoluzione industriale. HUNT: ARTIGIANO DELLA COSCIENZA: fondavano le proprie opere su un naturalismo vivido e analitico. Era una pittura basata su soggetti patetici e sentimentali quasi sempre biblici o letterari. Tratto da un brano del David Copperfield di Charles Dickens il risveglio della coscienza di William Holman Hunt e l'esempio calzante di tanti requisiti, 1853, Londra, Tate Britain. IL CAPOFILA DANTE GABRIEL ROSSETTI: ecce ancilla illustra nei termini più aderenti il passo evangelico dell'annunciazione, il dipinto impressiona ancora oggi per il formato insolitamente verticale ma anche per la sua luminosità diffusa. Proprio il nitore clinico della scena, la sintesi lineare che contraddistingue le figure e la prospettiva ribaltata permettono di individuare il modello al quale si ispirato l'autore ovvero beato angelico. A realizzarlo fu Dante Gabriel Rossetti, il capofila della confraternita, nel 1850 oggi conservato a Londra al Tate Britain. L’ULTIMO DELACROIX: LA CAPPELLA DEI SANTI ANGELI A SAINT-SULPICE Poco dopo la metà del secolo nell'ultimo capolavoro della sua carriera Delacroix dimostra come la pittura del Rinascimento maturo possa assolvere a un identico scopo. Nel 1849 riceve una commissione e tra il 1854- 61 decorò la cappella dei santi angeli nella chiesa parigina di Saint Sulpice. L'esito si può considerare il testamento pittorico: tre pitture a olio e cera su intonaco raffiguranti la lotta di Giacobbe con l'angelo, la cacciata di eliodoro dal tempio e l'arcangelo San Michele chi vince il demonio. Nella lotta con l'angelo e il trattamento stilistico che sbalordisce, lo ambienta al tramonto nel cuore di una foresta con effetti di chiaroscuro. Nella vegetazione raggiunse esiti cromatici fino a quel momento intentati. CAPITOLO 23 DALLA LETTURA ALLE IMMAGINI WILLIAM BLAKE Rese indissolubile il legame tra immagine e parola. Autore di testi profetici intrisi di profonda religiosità, spese gran parte della propria carriera illustrando lì con disegni altrettanto visionari. Ne scaturì l'opera di un viaggiatore della mente. Aveva una devozione per Michelangelo, incentivata dall'incontro con Fussli nel 1787. I due stabilirono un reciproco rapporto di stima incrinatosi prestò a causa di profonde differenze. EUROPE: A PROPHECY: l'istruzione giacobina del culto della ragione o descritta in Europe. A Prophecy come l'avvento della tirannia di urizen. Questo austero vegliardo avrebbe dominato un regno privo di libertà personale di fantasia, lo contempliamo con la sua lunga barba e capelli canuti nell'opera l'antico dei giorni. LA TECNICA DELLE MINIATURE: nel realizzare le miniature dei propri racconti mise a punto una tecnica che conciliava la parte artigianale di un amanuense medievale con le conquiste tecniche. Dipingeva tempera su cartone, trasferiva il disegno sulla carta con pressione e in ritoccava il tutto continua a pennello. DELACROIX LETTORE DI DANTE 1825, in un soggiorno a Londra Delacroix conobbe l’editore Charles Motte che lo introdusse all’incisione. Da li illustrerà varie opere. LA BARCA DI DANTE: per l'esordio al Salon del 1822 aveva scelto di rappresentare l'ottavo canto dell'inferno dantesco, oggi conservato al Louvre. La barca di Dante illustra il poeta e Virgilio sull’imbarcazione di flegias, i dannati provano a interrompere il viaggio rovesciandoli nelle acque paludose. Ciò che non fu accettato dagli interpreti qui contemporanei era l'ardito trattamento cromatico. UN RIFERIMENTO UNIVERSALE Non fu l'unico a trovare un riferimento in Dante. Nell'Italia di metà secolo venne considerata non puoi ma nazionale e il suo autore l'ideale ispiratore di moti risorgimentali. Dante infornava nel medioevo quanto Manzoni il romanticismo. RITRATTO DI CRISTINA BARBIANO DI BELGIOJOSO TRIVULZIO: in quegli anni Hayez immortala Cristina Barbiano di Belgiojoso Trivulzio. Nella penombra di un interno domestico, con oggetti connotati, in questo caso hanno valore allegorico associati al tema della lontananza. Si era recata in esilio volontario a Parigi. Conservata a Firenze, collezione privata. INGRES E MONSIEUR BERTIN Torna a Parigi nel 1824 esponendo al Salon l’esito di una commissione pubblica per quasi 20 anni: il voto di Luigi XIII. Da allora divenne l’artista più richiesto dei Borboni e uomini d’affari arricchitisi, tra cui monsieur Bertin che nel 1832 gli chiese il suo ritratto. RITRATTO DI MONSIEUR LOUIS-FRANCOIS BERTIN: La gestazione del ritratto fu terribile, sembrava impossibile restituirne l’imponenza fisica e caratteriale. La svolta ci fu quando decise di immortalare Bertin su sfondo neutro al culmine della tensione per sollevarsi dalla poltrona. 1832, Parigi, Louvre. CAPITOLO 26 ESOTISMO ED EROTISMO DELACROIX E IL FASCINO D’ORIENTE 1832, parte per l’Oriente con una delegazione diplomatica, visitò vari paesi e ne rimase colpito. Non dipinse nulla nel viaggio ma annotò le suggestioni in 7 taccuini, e tornato trasse spunto da essi per licenziare molte opere. DONNE DI ALGERI NEI LORO APPARTAMENTI: l’esito più felice fu le donne di Algeri nei loro appartamenti, presentato al Salon del 1834. Per restituire pose e ornamenti sfruttò schizzi tratti dal vero ma anche modelle nel suo studio. Fu subito ritenuto un capolavoro, affascinati dalle cromie. Parigi, Louvre. UNA TRADIZIONE OTTOCENTESCA: dal ritorno nel 1832 fino alla morte nel 1863 si misurò con soggetti orientali, benchè l’interesse per il mondo nordafricano si fosse intensificato sempre più. Per 2 motivi: la campagna Napoleonica in Egitto e i rinvenimenti archeologici INGRES: ORIENTE E CLASSICISMO Anche Ingres era attratto dall’Oriente, e fece di Odalische e Bagni turchi uno dei soggetti privilegiati del proprio lavoro. Le sue fonti sono esclusivamente miniature. IL BAGNO TURCO: la sua opera più impegnativa, 25 donne ornate con gioielli e turbanti ciascuna in atteggiamento diverso ma tutte compiaciute della propria seducente femminilità. La forza del quadro risiede nella sua carica erotica e nelle soluzioni formali messe a punto da un’artista 80enne. 1848-63, Parigi, Louvre.
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