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Morfologia dell'opera italiana da Rossini a Puccini - Marco Beghelli, Sintesi del corso di Musica

Riassunto di "Morfologia dell'opera italiana da Rossini a Puccini - Marco Beghelli"

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Caricato il 27/11/2019

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Scarica Morfologia dell'opera italiana da Rossini a Puccini - Marco Beghelli e più Sintesi del corso in PDF di Musica solo su Docsity! Morfologia dell'opera italiana da Rossini a Puccini - Marco Beghelli Per capire com'è fatta un'opera italiana dell'Ottocento non è possibile una risposta unitaria. Nella prima metà del secolo vi sono delle strategie compositive che accomunano la produzione di Rossini, Donizetti, Bellini e Verdi. L'eredità settecentesca: il superamento dell'aria drammaticamente statica All'inizio dell'800 il libretto è rigidamente diviso tra: -versi sciolti (cioè endecasillabi e settenari alternati) destinati ai recitativi, formulette vocali stereotipiche, ritmicamente libere, formalmente aperte, sostenute da magre armonie del cembalo (recitativo secco) oppure sostenute da un'orchestra (recitativo strumentato o accompagnato); -versi lirici, che sono quinari, senari, settenari, ottonari o decasillabi, rimati e raggruppati in strofe. I versi lirici sono finalizzati ai cosidetti numeri, detti pezzi chiusi o misurati o cantabili. Vi sono due differenze sostanziali rispetto al secolo precedente: -L'interesse per i numeri d'assieme: non vi sono più solo arie solistiche, ma anche duetti, terzetti, quartetti e scene di massa a cui si unisce il coro. Tutti questi sono pezzi chiusi. -Il superamento della netta distinzione drammaturgica tra recitativi portatori dell'azione e pezzi cantabili (pezzi chiusi) che servono a subliminare l'affetto che ha prodotto il recitativo. Di queste novità si impadronisce prima l'opera buffa e poi l'opera seria. Sul piano musicale si era diffuso largamente il nuovo modello di aria in due tempi, nell'800 denominata cavatina (nota come aria di sortita, usata per presentare il personaggio) o rondò (per il finale d'opera). La sua caratteristica musicale è la giustapposizione di tinte sonore contrastanti: un tempo adagio (cantabile) e uno allegro, più rapido e con funzione di stretta conclusiva, ossia il motivo melodico che prende il nome di cabaletta, una sezione dove dominano i toni patetici o brillanti o eroici. Seguiranno questa bipartizione musicale non solo le arie ma anche i pezzi a più voci nei quali vi è la necessità di motivare la ragione drammatica per l'improvviso cambiamento d'umore veicolato dalla musica. Viene inserito tra un adagio cantabile e un allegro cabalettistico, il tempo di mezzo, a cui danno il loro apporto messaggeri, ancelle e coristi che devono interferire con l'affetto dei personaggi impegnati nei loro numeri. Il successivo allegro nell'aria in due tempi di fine 700 è una semplice stretta come se una sorta di conclusione, ma nei primi anni del 800 questa cresce di dimensioni e raggiunge lo statuto di ulteriore aria a sé stante. La nuova stretta si snoda in quattro momenti successivi: 1 La prima esposizione della cabaletta, che è il tema melodico portante 2 Un potente intermedio, musicalmente più neutro e indistinto 3 La seconda esposizione della stessa cabaletta 4 Una coda che tira le fila dell'intero brano La struttura cabaletta, ponte intermedio, cabaletta, coda è usato fino a metà del secolo (800). Ragioni drammatiche e convenzioni formali Il prova più ardua per gli addetti ai lavori era quello di poter conciliare al meglio la forma e il dramma. Finché l'azione era rimasta esclusa dall'aria il problema non vi era, in quanto l'aria era vista come una dimensione musicale, ma nel momento in cui l'aria si snoda al suo interno per aderire all'azione veniva richiesto un minimo di plausibilità. Quello che in passato era stato lo scambio recitativo secco (sorretto dal cembalo) era diventato un ampio recitativo strumentato, tecnicamente chiamato Scena, avente un preludio introduttivo. La solita forma del duetto La "solita forma" dell'aria a più sezioni successive viene riproposta spesso per dovere d'ufficio piuttosto che per necessità dell'azione. Le richieste drammatiche risultano raccolte con maggiore consapevolezza nei brani a più voci, come il duetto. Ritorni dice che un duetto comincia dopo la Scena da due strofe di pari quantità nelle quali si dice un libero sentimento, importante nel senso poetico e complicato nel senso musicale. In tali strofe i personaggi si attaccano e contrattaccano utilizzando una stessa arcata melodica, che evidenzia metaforicamente l'esibizione di pari forza retorica. Gli studiosi d'oltreoceano hanno studiato l'etichetta di lyric form, per riferirsi a una struttura melodica di 16 battute, due per verso. La lyric form è un'unità metrica narrativa del periodare melodrammatico, un discorso organizzato in: - un'esposizione iniziale, con reiterazione asseverativa - uno svolgimento centrale di riflessione - una conclusione d'epilogo: un'effusione La comune, è una grande cadenza vocale in cui anche l'orchestra sospende un po' di scansione temporale, quel tanto che ci aveva ancora legato alla realtà materiale, per consentire alle voci di librarsi senza peso. Il tempo di mezzo, ha il compito di creare le condizioni per cui al termine del duetto le posizioni del dramma non siano le stesse dell'inizio. Lo stile parlante è un genere compositivo in cui i personaggi dialogano con libertà su un'orchestra organizzata. Una volta effettuato l'ultimo verso del tempo di mezzo, il compito del drammaturgo sarebbe concluso, infatti in un dramma parlato i due personaggi abbandonano la scena, mentre nel melodramma vi è la stretta conclusiva. Versatilità e pervasività della forma quadripartita La struttura formale quadripartita, preceduta da un tempo di preparazione (costituito spesso da un recitativo), è così fatta:
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