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Musei e collezioni a Roma nel XVIII secolo, Sintesi del corso di Museologia

Riassunti del volume E. Borsellino, Musei e collezioni a Roma nel XVIII secolo, Guidotti Editore, Roma 1996 Con immagini e tabelle riassuntive finali

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 12/02/2019

shagan
shagan 🇮🇹

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Scarica Musei e collezioni a Roma nel XVIII secolo e più Sintesi del corso in PDF di Museologia solo su Docsity! Galleria Corsini • I Corsini La famiglia è nota fin dal XIII secolo. I suoi membri furono banchieri, diplomatici e ricoprirono cariche politiche ed ecclesiastiche. Le fortune maggiori dei Corsini furono accumulate nel XVI secolo. Bartolomeo I ereditò i beni di un fratello mercante ed istituì il fedecommesso. Non avendo figli, nominò suoi eredi i nipoti figli del fratello Lorenzo: Neri, Ottavio e Filippo. Il figlio di Neri, Andrea, acquistò nel 1647 un palazzo in piazza Fiammetta, dove abitò con i suoi figli Neri, Ottaviano e Francesco Maria. Filippo fu padre di Bartolomeo e Neri senior (1624-1679) che divenne cardinale. Nel 1663 comprò due pezzi di canneto dai Pamphilj nella zona del Gianicolo per ingrandire una vigna che già possedeva, detta Vigna di San Pancrazio. Qui esisteva una cosa dove era conservata la maggior parte dei quadri di Neri. La raccolta si era impinguata dei quadri che Stefano Castro, maestro di camera di Neri, aveva lasciato in eredità ai Corsini. Il figlio di Bartolomeo, Filippo (1647-1706) restò a Firenze dove fece costruire il Palazzo Corsini di Parione sul Lungarno. Tuttavia veniva spesso a Roma, risiedendo nel palazzo di Piazza Fiammetta. In questo palazzo abitò anche il fratello, Lorenzo (1652-1740) che nel 1730 divenne papa Clemente XII. I figli di Filippo, Neri Maria jr e Bartolomeo, si trasferirono da Firenze a Roma. Abitarono in palazzo Pamphilj a Piazza Navona, residenza presa in affitto dai Corsini dal 1713 quando fu lasciato il palazzo di piazza Fiammetta. Nel 1736 acquistarono il palazzo Riario alla Lungara. • Neri Maria Corsini e il papato di Clemente XII Neri Maria junior nacque a Firenze il 19 maggio 1685. Dopo aver viaggiato a lungo per l’Europa, nel 1713 si recò a Roma. Nel 1730 venne nominato cardinale. Ai suoi contemporanei non sembrò un uomo di talento e cultura, ma si attorniò di intellettuali e di studiosi di prim’ordine e di valenti artisti. L’assolutismo illuminato del pontificato corsiniano (Clemente XII) ebbe tra i suoi obiettivi la riaffermazione del primato letterario ed artistico dell’Italia e la rivalutazione dell’arte antica. Furono favoriti gli artisti fiorentini o toscani presenti a Roma o espressamente chiamati dai Corsini: Nicola Salvi, Luigi Vanvitelli, Giovanni Battista Maini, Giuseppe Lironi, perché rispecchiavano l’interesse dei committenti per un’arte il più possibile composta e pura. Nell’ambito del dibattito architettonico due furono i fatti salienti: i concorsi per la facciata di San Giovanni in Laterano, vinto dal fiorentino Alessandro Galilei, e per la fontana di Trevi del berniniano Nicola Salvi. • La formazione della raccolta La collezione Corsini di Roma ebbe sempre vita autonoma, tranne qualche sporadico episodio, rispetto a quella fiorentina. La collezione è rappresentata essenzialmente da quadri, le sculture non costituirono mai uno specifico interesse della famiglia Corsini, sebbene fossero presenti in galleria (esempio la serie di busti di Uomini illustri). • La Galleria del Sig.r Card. Lorenzo Il principale artefice della collezione romana fu il cardinale Neri Maria Corsini. Dall’esame delle provenienze dei quadri segnate nell’inventario Corsini del 1750, si deve dedurre però che una parte di essi provenivano dai beni ereditari dei Corsini finiti in proprietà del cardinale Lorenzo Corsini per estinzione del ramo primogenito alla morte di Francesco Maria (1723). Abbiamo alcuni inventari dove si possono identificare alcuni dipinti: - inventario di Ottavio Corsini del 1630-42; - inventario post mortem del card. Neri Corsini senior, 1679; - inventario di Andrea, 1703: registra poco più di 90 quadri nel palazzo di piazza Fiammetta, quasi tutte bambocciate, battaglie e paesaggi, più alcuni ritratti dei membri della famiglia. • La costituzione della nuova Galleria Divenuto papa, Lorenzo (Clemente XII) decise di donare ei nipoti Neri Maria jr e Bartolomeo i suoi beni., registrati nell’inventario del 1750. Dall’analisi si constata che buona parte dei dipinti presenti nel palazzo della Lungara nel 1750 proveniva dalla quadreria del cardinale Lorenzo (142). Altri pezzi dal casino della vigna di San Pancrazio (15) e dalla casa di Firenze (32). Ma l’incremento determinante avvenne dopo il 1730, con i doni fatti alla famiglia Corsini. Il resto fu acquistato sul mercato, anche estero: ce lo tramanda l’inventario A, databile tra il 1746 e il 1750: da Bruxelles arrivarono il San Sebastiano di Rubens e la madonna della Paglia di Van Dyck. Gli acquisti di Neri dunque non furono molti: dall’inventario del 1770 si contano 184 quadri di sua diretta proprietà, di cui 96 comprati entro il 1750. Da essi si può avere una idea del gusto del cardinale orientato verso un classicismo moderato. Certamente egli prediligeva le opere classiciste del Maratta, ma gli interessavano anche i pittori veneti del ‘500 e quelli stranieri. Mercanti, antiquari o pittori furono tra i fornitori dei Corsini. Tra i restauratori compaiono Domenico Michelini per i dipinti e Carlo Antonio Napolioni per le statue. Neri Maria comprava opere direttamente dai pittori: van Wittel, Zoboli, Panini, Piazzetta… Il 22 maggio 1734 Neri dichiara di aver ricevuto in dono dal cardinale Aldrovrandi 4 quadri, non ancoraa individuati con certezza. Altri inventari: - Andrea Corsini, 1770-77. Descrive gli oltre 300 quadri presenti nelle 5 sale del primo appartamento del primo piano. Menziona alcuni quadri ceduti dal pittore Giovanni Battista Ponfreni, in cambio di un vitalizio. Questo accerta un nuovo incremento della collezione. - inventario 1784: descrive tutti i quadri e le sculture esistenti nel primo e nel secondo piano del palazzo della Lungara. 402 al primo, 325 al secondo, 21 statue. Totale 937 pezzi. • L’epoca napoleonica e la Repubblica Romana del 1798 Nel 1797 l’ambasciatore della Repubblica francese a Roma Giuseppe Bonaparte prese in consegna tutto il secondo piano e il mezzanino settentrionale del palazzo Corsini ad uso di abitazione. In quella occasione fu redatti un inventario dei locali ceduti in locazione con le relative suppellettili tra cui 317 quadri. Nel dicembre del 1797, proprio presso palazzo Corsini avvenne l’uccisione del generale francese Matthieu- Lèonard Duphot, che faceva parte dello staff di Giuseppe Bonaparte. Il grave episodio dette ai francesi il pretesto di entrare a Roma nel febbraio del 1798 e favorire la nascita della Repubblica Romana. Nel maggio del 1799 furono venduti al mercante d’arte Luigi Mirri 25 quadri della collezione Corsini, per contribuire alle spese di guerra. 9 dipinti vennero restituiti, gli altri 16 andarono a un cavaliere inglese: due Carracci, due Garofalo, 3 Sassoferrato, 5 Doughet, un Rembrandt, un Albani, un Veronese, un Lorrain, un Poussin. • La collezione del XIX secolo L’inventario C di Tommaso Corsini senior (1767-1856) è relativo al primo piano ed elenca circa 400 opere. È databile dopo il 14 marzo 1800, ma prima del 1808, quando ne fu redatto uno più completo dei due piani del palazzo, l’inventario D. In esso i quadri sono 382 al primo piano e 289 al secondo. - Stanza Egizia (VII sala): decorazioni di Tommaso Maria Conca. Due statue di Iside e una Sfinge antica in basalto verde. - Stanza del Sileno (VIII sala): decorazioni di Tommaso Maria Conca. Statua del Satiro danzante, copia da un bronzo di Lisippo. Al primo piano si trovano la stanza di Didone (Anton von Maron), la stanza di Ercole (Cristoforo Untergerger), sala XI di Vincenzo Berrettini, sale XII XIII di Felice Giani, sala del Lanfranco, sala dell’Aurora (Domenico Corvi), sala di Flora (Domenico De Angelis), sala SVII di Giuseppe Cades, sala XIX di Gavin Hamilton, sala di Psiche di Pietro Antonio Novelli. • Vicende successive Una nuova sistemazione delle opere d’arte antica si ebbe dopo il 1815 con Camillo Borghese per tramite del suo amministratore romano Evasio Gozzani. Incaricato del progetto fu Luigi Canina, architetto e archeologo. Il suo allestimento si caratterizza nella ricerca di simmetria tra i pezzi esposti e nel rapporto dell’ampiezza dei vani rispetto alle opere. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento una parte dei quadri, delle sculture e dei mobili facenti parte dell’arredo tardosettecentesco della palazzina non sottoposto a vincolo fedecommissario andarono dispersi. La collezione e l’edificio che la contiene furono venduti con il terreno della villa allo Stato italiano nel 1902. • Storia della collezione La famiglia Borghese prima di giungere verso la metà del ‘500 a Roma da Siena possedeva già alcune opere d’arte: Le Tre Grazie e il Sogno del Cavaliere, la Madonna dei Candelabri di Raffaello, Santo Stefano del Francia. Ma il vero fondatore della collezione fu Scipione Borghese. Era nipote di Camillo Borghese, futuro papa Paolo V (1605-21), che lo nominò cardinale nel 1605. Nel 1607 Scipione ricevette in regalo dal papa circa 100 opere che il Cavalier d’Arpino era stato costretto a donare alla Camera Apostolica per cancellare una condanna a lui comminata per possesso illecito di archibugi. Tra queste vi erano dipinti giovanili di Caravaggio: Giovane con canestra di frutta, Bacchino malato). Nel 1608 il papa fece impunemente sottrarre dalla cappella Baglioni nella chiesa di San Francesco a Perugia la Deposizione di Cristo di Raffaello. Nel 1617 Scipione si fece consegnare d’imperio dal Domenichino il quadro raffigurante la Caccia di Diana. Altre opere di Caravaggio presenti nella collezione: - San Girolamo scrivente: forse dipinto come dono per Scipione. Fonte Bellori. Documentato non prima del 1693. - Ritratto di Paolo V: sempre fonte Bellori. - Madonna del serpe: acquistata da Scipione dopo che i committenti Palafrenieri in San Pietro la rifiutarono. - Davide con la testa di Golia: probabilmente inviato in regalo dal pittore in fuga a Scipione per favorire la concessione della grazia da parte di Paolo V. - San Giovanni Battista: potrebbe essere uno dei 3 quadri ritrovati subito dopo la morte del pittore destinato per lo stesso fine al cardinale Borghese. Fu recapitato a Scipione nel 1611. Nel 1607 Scipione riceva in regalo dal patriarca di Aquileia due quadri di Veronese. Tra il 1607 e il 1608 il cardinale acquistò la collezione di sculture antiche (273 pezzi) della famiglia Ceoli. Nel 1608 acquistò 71 quadri dal cardinale Paolo Emilio Sfondrato (forse opere venete). Nel 1609 vennero acquistate circa 200 sculture antiche dagli eredi di Giovanni Battista della Porta. Nel 1611 il cardiale Girolamo Bernerio lasciò come legato testamentario il San Domenico di Tiziano. Una committenza diretta allo scultore francese Nicolas Cordier sembrano essere le sculture in pietre colorate raffiguranti un Moro e una Zingarella ricordate nel 1613: si trattava di due torsi antichi rielaborati. Altre sculture antiche ritrovate durante i lavori per la nuova facciata di San Pietro vennero incamerate da Scipione nel 1610-20. Così altre da Monte Cavallo e dal Palazzo di Borgo. Il cardinale fu inoltre un precoce collezionista di Gian Lorenzo Bernini: la Capra Amaltea, Enea e Anchise, David, Apollo e Dafne, Ratto di Proserpina più alcuni bozzetti. Nella collezione sono presenti anche opere dell’Algardi, come il Sonno, e di Duquesnoy. Già nel 1613 la collezione Borghese aveva una notevole consistenza tanto da essere immortalata da Scipione Francucci in un poema con la descrizione dei quadri e delle statue della villa. Tra di essi c’era Enea che fugge da Troia del Barocci, un probabile dono al potente cardinale nipote da parte di Giuliano della Rovere che lo aveva commissionato al pittore nel 1598. Nel 1617 è documentato un acquisto di 3 quadri di Alessandro Turchi detto l’Orbetto. Nel 1633, poco prima di morire, Scipione istituì il fedecommesso sull’intera collezione a favore del cugino Marcantonio II Borghese. L’eredità passò poi a Paolo Borghese. Nel 1682 si definirono i termini della divisione delle opere d’arte provenienti dall’eredità di Olimpia Aldobrandini, che aveva sposato in prime nozze Paolo Borghese e successivamente Camillo Pamphilj, divise tra i figli Giovanni Battista Borghese e Giovanni Battista Pamphilj. Tra le opere di provenienza Aldobrandini c’erano un Botticelli, un Lorenzo di Credi, tutte le opere di Ludovico Mazzolino, quelle del Garofalo e due Cavalier d’Arpino. Di Raffaello i Borghese arrivarono a possedere dopo l’acquisizione Aldobrandini ben 43 dipinti tra originali e copie, oggi ne restano solo 3: Dama con Liocorno, Deposizione, Ritratto d’uomo. Negli anni ’80 del XVIII secolo entrarono in collezione altre statue. Nel 1792 in una tenuta di Borghese sulla via Prenestina nei pressi della antica città di Gabii, sotto la direzione del pittore Gavin Hamilton furono recuperate 48 tra statue e iscrizioni che andarono a formare il nucleo del Museo Gabino sito nella Casina dell’Orologio della villa Borghese. Le sculture antiche furono pubblicate da Ennio Quirino Visconti nel 1797 nel volume Monumenti Gabini della Villa Pinciana. Nel 1787 otto dipinti furono ceduti ai Borghese in cambio di un vitalizio dallo scultore Cavaceppi. Da questo momento inizia la storia buia della collezione. Nel 1801 una parte della collezione fu venduta al mercante parigino Durand: Madonna di Manchester di Michelangelo Sogno del Cavaliere e Santa Caterina di Raffaello, Cena in Emmaus di Caravaggio. Il 27 settembre 1807 Camillo Borghese, marito di Paolina Bonaparte, accettò di vendere gran parte delle sculture antiche al cognato Napoleone (344 pezzi). Esse costituiscono ancora oggi il prezioso fondo del Louvre. Nel 1818 Camillo acquistò alcune tele, nel 1827 acquistò a Danae del Correggio a Parigi, proveniente dalla antica raccolta della regina Cristina di Svezia, già del duca di Mantova Federico II Gonzaga, il quale lo aveva commissionato. Nel 1829 venne ceduta al re di Prussia la Madonna con i santi Francesco e Gerolamo di Raffello. Nel 1831, nel corso di uno scavo sulla via Nomentana, vennero trovate alcune sculture. Dopo la morte di Camillo (1832) il fratello Francesco Borghese Aldobrandini istituì un nuovo vincolo fedecommissario. Nuovo acquisti di antichità provenienti da Monte Calvo in Sabina andarono ad arricchire la raccolta tra il 1834-35. Nel 1891 la raccolta dei dipinti conservata nel palazzo Borghese di Campo Marzio a Ripetta fu trasferita nella palazzina della villa e l’anno successivo molte delle opere di arredo non sottoposte al vincolo fedecommissario vennero vendute. Nel 1903 lo stato italiano acquistò palazzo e collezione. Galleria Doria Pamphilj • La sede Il primo nucleo del palazzo fu fatto costruire dal cardinale Giovanni Fazio Santoro nel 1505. Giulio II indusse il cardinale a donare il palazzo al nipote Francesco Maria della Rovere duca di Urbino. Nel 1601 l’edificio divenne proprietà del cardinale Pietro Aldobrandini. Nel 1647 Camillo Pamphilj senior aveva sposato Olimpia Aldobrandini, ed era venuto così in possesso del palazzo al Corso. Egli fece iniziare i lavori di costruzione di una nuova ala del palazzo, finita nel 1671. Nello stesso anno il nuovo principe Giovanni Battista (1649-1709) affidò ad alcuni pittori la decorazione di altri ambienti del palazzo. Tra il 1731 e il 1734 il palazzo con Camillo Pamphilj junior subì un significativo intervento di ristrutturazione affidato all’architetto Gabriele Valvassori. Negli anni ’60 del ‘700 si ebbe una successiva fase di lavori di decorazione, quando Andrea IV Doria Landi subentrò nell’asse ereditario Pamphilj e ne prese in cognome. Egli affidò i lavori all’architetto Francesco Nicoletti. Gli artisti che lavorarono furono vari, tra cui: Domenico Corvi, Gioacchino Agricola, Antonio Nessi, Giuseppe Bottani. I lavori dovevano essere conclusi nel 1769. • Storia della collezione La collezione si formò essenzialmente nel XVII secolo. Nel 1644 Giambattista Pamphilj venne eletto papa col nome di Innocenzo X. Il nucleo fondamentale delle opere d’arte si costituì a seguito del matrimonio di Camillo Pamphilj senior, nipote del papa, con Olimpia Aldobrandini (1647). Camilla aveva alcune opere acquistate e donate. Olimpia aveva invece ereditato nel 1638 il patrimonio dello zio Ippolito. Tra le opere figuravano Tiziano (Salomè, Baccanali), Raffaello, Dossi, Beccafumi, Garofalo. Nel 1983 alcuni studiosi avanzarono una ipotesi di provenienza Aldobrandini per il Riposo nella fuga in Egitto e per la Maddalena del Caravaggio. In particolare il Riposo si era ipotizzato direttamente commissionato da Pietro Aldobrandini. Di recente si è ritenuto più probabile l’acquisto diretto da parte di Camillo Pamplhilj senior, non ancora documentato. Per quanto riguarda la Buona Ventura e il San Giovannino di Caravaggio, è stata avanzata l’ipotesi che provengano dalla raccolta Filonardi, perché nell’inventario del 1644 sono citati una Zingara e un San Giovannino. È stata avanzata l’ipotesi che tutto il gruppo dei quadri possa provenire da Alessandro Vittrice, personaggio chiave per il Caravaggio intorno al 1600. Camillo acquistava opere d’arte sul mercato antiquario, come ci testimonia anche Poussin. Da alcune concessioni di franchigie doganali nel 1649 e nel 1652 si può dedurre che comprò opere a Pesaro, Bologna e Firenze. Egli acquistò quadri da una certa Lisabetta Matteini nel 1654. Nello stesso anno comprò 33 dipinti dall’eredità Cornaro. Nel 1661 fu acquistata la Deposizione di Vasari. È ormai ben nota la predilezione di Camillo per i pittori stranieri e fiamminghi, in particolare Jan de Momper e Johann Hermans furono suoi protetti. Una nota di guardaroba del 1652 evidenzia la presenza massiccia di pittori fiamminghi e olandesi come Jan Baptist Weenix, Micheal Sweerts, Paul Bril, Leonaert Bramer. Ma emergono anche altri nomi di artisti contemporanei: Sacchi, Preti, Passeri. Nel 1657 Camillo eredità i beni della madre Olimpia Maidalchini, tra i quali c’era Erminia ritrova Tancredi ferito di Guercino (1618-19). Camillo fu, insieme con lo zio papa, mecenate e committente di artisti importanti, quali Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, Algardi e Duquesnoy. Acquistò paesaggi di Lorrain, Dughet, molti quadri bolognesi e pezzi dalle raccolte Bonello e Savelli. Altri quadri pervennero come dono diretto o indiretto del papa: alcuni Guercino, il ritratto di Innocenzo X eseguito da Velàzquez. La collezione era però raccolta nel palazzo Pamphilj di piazza Navona. Nel 1666, con la morte di Camillo, i beni restarono nelle mani della consorte fino al 1682, quando morta anche Olimpia, l’eredità Aldobrandini fu divisa fra i due figli. Il patrimonio di Olimpia rimase sempre distinto da quello del marito. Una parte dell’eredità Aldobrandini fu rivendicata dai Borghese per via del primo matrimonio di Olimpia con Paolo Borghese. I due figli di Camillo si chiamavano Benedetto e Giovanni Battista. Il primo fu cardinale, ma amava l’arte e la letteratura. Il secondo invece non aveva alcun interesse per la cultura. Benedetto incrementò considerevolmente la raccolta, commissionò quadri ai pittori Tempesta, Orizzonte e Rosa da Tivoli. Un inventario del 1725 ci descrive stanza dopo stanza i beni posseduti dal cardinale sia nel palazzo del Corso sia nelle altre proprietà dentro e fuori Roma. • La Galleria nel XVIII secolo Tracce documentarie del secondo e terzo decennio del secolo testimoniano interventi di restauro sui dipinti della collezione: nel 1713 fu pagato Domenico Michelini e nel 1721 Marco Benefial. Tra il 1731 e il 1734 Camillo jr intraprese la trasformazione dell’ala verso il Corso, affidandone la direzione al Valvassori. Si ottenne uno spazio ad hoc per l’esposizione della raccolta. Nel braccio verso il Corso, la cosiddetta Galleria degli Specchi, furono esposte esclusivamente sculture. Nel 1671 Anna Pamphilj, figlia di Camillo sr, aveva sposato Giovanni Andrea III Doria Landi discendente della nobile famiglia genovese. Fu questa la ragione per cui nel 1760, in mancanza di eredi maschi, un nipote di Anna, Giovanni Andrea IV Doria Landi, si trasferì a Roma e acquisì l’eredità Pamphilj. Andrea IV nel 1763 unì i due cognomi. Le opere di provenienza genovese sono difficilmente identificabili, a parte i due ritratti di Andrea Doria di Sebastiano del Piombo e gli arazzi della Battaglia di Lepanto. • Vicende successive La fisionomia della raccolta nel XIX secolo è legata principalmente alla figura di Filippo Andrea V Doria Pamphilj Landi (1813-76), il quale fece eseguire alcune sistemazioni architettoniche del palazzo affidandone l’incarico ad Andrea Busiri Vici. Tra queste si ricordano il rinnovamento del salone Aldobrandini, il progetto di un nuovo Gabinetto, l’allestimento neobarocco dei salotti e il completamento della facciata del palazzo verso via della Gatta. Spesso i consulenti dei collezionisti erano gli stessi artisti. Tommaso Minardi, ad esempio, nel dicembre 1844 firmò una stima dei quadri di scarto della Galleria, da cui si desume che il principe aveva intenzione di disfarsi di parte dei dipinti del XVII secolo, probabilmente per acquistare opere dei Primitivi. La prima guida a stampa della collezione è quella di Salvatore Tonci del 1794 a cui seguì nel 1819 il catalogo fedecommissario di Pasquale Belli. Dopo un nuovo anonimo Catalogo del 1851, furono stampati, ad uso dei visitatori, un catalogo nel 1855 e un altro nel 1869. Giulio Cantalamessa pubblicò un resoconto nel 1894. Oggi l’allestimento rispecchia quello originario settecentesco con la sistemazione dei quadri su più file a mò di arredo secondo l’intento decorativo e di rappresentanza comune a quell’epoca. I dipinti sono sistemati rispetto alla loro dimensione e non seguono alcun criterio didattico. Galleria Spada • La sede Il cardinale Girolamo Capodiferro (1502-1559) fece costruire il palazzo negli anni 1548-50. La cultura umanistica del committente è testimoniata dalla scelta dei temi impiegati nelle decorazioni esterne ed interne dell’edificio. La facciata è infatti ornata con statue in stucco di personaggi famosi della storia romana; il cortile interno con divinità pagane disposte a coppie; alcune sale del piano nobile con temi storici, mitologi e allegorici. Autore del progetto del palazzo fu l’architetto Bartolomeo Baronino. A Giulio Mazzoni da Piacenza vanno attribuite alcune parti delle decorazioni plastiche del cortile eseguite in collaborazione con Diego di Fiandra mentre il resto delle decorazioni sembra assegnabile a Tommaso del Bosco e Leonardo Sormani. La sala con i Fatti degli antichi romani fu dipinta dal Siciolante e collaboratori. Il cardinale Bernardino Spada (1594-1661) si trasferì a Roma e nel 1632 comprò il palazzo Capodiferro. Vi fece eseguire nuovi lavori, diretti da Paolo Marucelli fino al 1649 e poi dal Borromini. La decorazione del salone del piano nobile (1635) fu eseguita da Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli con episodi che celebrano il potere temporale della Chiesa. Sempre alla metà degli anni ’30 fu ampliata l’ala verso il fianco sinistro, e creati due nuovi ambienti, lo studiolo e la galleria grande. Sulla volta della galleria maggiore il cardinale fece disegnare nel 1644 dal pittore Giovan Battista Magni una grande meridiana catottrica. La galleria prospettica al piano terra fu fatta aggiungere da Bernardino nel 1652-53, su progetto di Borromini. Sempre nel 1653 furono costruite le altre due sale degli attuali ambienti della Galleria. Ancora ad opera del Borromini fu allargato nel 1658-60 lo scalone di accesso al piano nobile. • Origini della raccolta Bernardino raccolse opere a Bologna e a Roma. Un inventario del 1661, stilato dopo la sua morte, ci tramanda la composizione della raccolta. Le opere acquistate erano unite ad alcuni pezzi provenienti dalla dote di Maria Veralli sposata nel 1636 con Orazio Spada, nipote ed erede di Bernardino. Il primo nucleo di opere è quello raccolto dal cardinale Spada a Bologna: Parmigianino, Sofonisba Anguissola, Pulzone, Lavinia Fontana, Carracci, Reni, Guercino… Egli ebbe contatti diretti con i maestri bolognesi più importanti quali Reni e Guercino. Guercino aveva dipinto su richiesta del conte di Onate per il re di Spagna, il Ratto di Elena. Il 2 luglio 1629 era finito e si trovava a Bologna, ma sorsero delle difficoltà e le trattative stavano per rompersi. Il cardinale Spada aveva il compito di procacciare opere d’arte italiana per la regina Maria de Medici, vedova di Enrico IV. Le propose dunque di acquistare il dipinto di Reni, per poi invitarlo a lavorare a corte. Ma gli avvenimenti in Francia precipitarono e Maria de Medici fuggì, dunque nel 1631 si bloccarono tutte le trattative. Il Ratto di Elena restò a Roma almeno fino al 1638. Legata a questa vicenda c’è la Morte di Didone del Guercino. Il cardinale Spada consigliò a Maria de Medici, dopo i rifiuti di Reni di andare in Francia, di invitare Guercino. Egli eseguì la Morte di Didone come quadri di presentazione. Ma dopo il 1631, il cardinale decise di acquistare l’opera. Da questo episodio emerge un interessante spaccato del mecenatismo artistico a Roma nel ‘600 in cui emerge prepotentemente la figura del cardinale Spada quale promotore, mercante, collezionista. Nel 1634 Bernardino scrive a Guercino chiedendogli di dipingergli un quadro a sua discrezione e gli propone di decorare alcuni ambienti del palazzo. Musei vaticani • Origini della raccolta L’arrivo nel 1503 dell’Apollo del Belvedere costituisce il primo atto della formazione della collezione vaticana di sculture antiche. Nel 1506 arrivò anche il Laocoonte, nel 1509 la Venus Felix, nel 1513 la Cleopatra e il Tevere, nel 1523 il Nilo e nel 1530 il Torso. Quando Pirro Ligorio nel 1560 elevò un nicchione a chiusura settentrionale del cortile del Belvedere, le scale e le terrazze del cortile furono ornate di statue. Il cortile adiacente venne detto Cortile Ottagono. • I Musei Vaticani nel XVIII secolo Clemente XI (1700-21) riprese una nuova politica collezionistica. Fondò un Museo Ecclesiastico che però risultava già disperso nel 1716. Clemente XII (1730-40) fondò nel braccio occidentale del cortile del Belvedere la Galleria Clementina per accogliere la collezioni numismatica proveniente dal cardinale Alessandro Albani. Benedetto XIV (1740-58) fondò nel 1756-57 il Museo Sacro, per raccogliere le collezioni Carpegna, Ficoroni, Buonarroti, Chigi, Capponi e Vettori. Clemente XIII (1758-69) decise di trasferire il nucleo profano della collezione Carpegna nella parte opposta del braccio occidentale, all’estremità nord, fondandovi il Museo Profano (1767). • Il Museo Clementino Clemente XIV (1769-74) decise di trasformare la palazzina di Innocenzo VIII per collocarvi le nuove opere acquisite. Si trova nella zona nord alle spalle del nicchione del Belvedere. Architetto scelto fu Alessandro Dori, al quale tuttavia va attribuito il progetto di massima della trasformazione iniziata nel 1771, poiché l’anno successivo fu sostituito da Michelangelo Simonetti. Fu chiusa la loggia ricavando la Galleria delle Statue, la Sala dei Busti e dei Candelabri, la Sala del Meleagro e un ambiente finale con una nicchia che ospitò il Giove Verospi (statua acquistata nel 1771). Fu chiusa parte del Cortile delle Statue, creando un porticato ottagono per esporre in modo più consono e riparato le sculture famose come l’Apollo e il Laocoonte. In questi anni si acquistarono numerose opere: nel 1772 dalla collezione Barberini giunsero una Giunone, un Narciso, una Mnemosine, la Corridrice, due sarcofagi. Poi da Gavin Hamilton il Discobolo e la Biga romana. Vennero donati l’Ara Casali, mentre Andrea Doria Pamphilj donò al papa una Diana, un Pescatore e un Commodo. In tutto furono acquisiti nel pontificato di Clemente XIV circa 50 statue, 59 teste e busti, 7 sarcofagi, 16 vasi e candelabri, 23 sculture di animali, 28 tra are, urne e cippi, 41 rilievi, 124 iscrizioni. A ciò si deve aggiungere l’acquisto di alcuni materiali del Museo Kircheriano. • Il Museo Pio Pio VI Braschi (1774-99) fece ampliare la Sala delle Statue, la Sala del Torso divenne la Sala degli Animali e attraverso di essa si ebbe il nuovo accesso alla Galleria delle Statue. Sulla parete ovest della Galleria fu sistemata a statua di Cleopatra (in realtà Arianna). Ciò avvenne tra il 1776 e il 1778. Successivamente vennero costruite 3 nuove grandi sale: la sala a Croce Greca, la sala Rotonda e la sala Ottagona. Esse costituirono la risposta neoclassica all’allestimento tardobarocco della Galleria delle Statue. Nel 1784 era finito il grosso dei lavori del Museo Pio Clementino. La sistemazione definitiva delle collezioni d’arte nel Vaticano era stata affidata a Giovanni Battista Visconti, che fu nominato dopo Winckelmann Commissario alle antichità urbane (1768) e fino al 1784 seguì i lavori di sistemazione del museo suggerendo la collocazione dei materiali secondo un criterio sistematico di suddivisione per classi e per generi. Il suo era un fine didattico e scientifico. A partire dal 1782 vennero pubblicato i volumi illustrativi della raccolta vaticana. Solo il primo fu a cura di Giovanni Battista, i 6 volumi successivi furono curati dal figlio, Ennio Quirino, che fu anche cameriere personale di papa Pio VI. Divenne poi bibliotecario del principe Sigismondo Chigi. Fu console durante la prima Repubblica Romana ma fu costretti all’esilio in Francia dopo la Restaurazione del 1799. Morì a Parigi nel 1818. Nel 1785 Michelangelo Simonetti chiuse la loggia sopra il Museo Profano per creare la Galleria dei Candelabri, completata nel 1787-88 da Giuseppe Camporese. Egli realizzò anche l’atrio dei Quattro Cancelli e la soprastante sala della Biga. Adiacenti al Museo Pio Clementino era il Museo Profano, istituito da Clemente XIII nel 1767, raccoglieva opere di glittica tra cui il Cammeo Gonzaga. Nel 1793 Pio VI provvide a dividere in 5 campate la Galleria Clementina, poi decorata nel 1818. Altri pezzi importanti vennero acquisiti in questi anni: Apollo Sauroctonos, Venere di Doidalsas, Venere Cnidia, Giunone Lanuvina, Discobolo, Adone, 2 statue egizie dette Cioci, Dioniso e un Satiro, Faustina Maggiore, erme della Tragedia e della Commedia, Satiro di rosso antico, gruppi delle Fatiche di Ercole, gruppo delle Muse, gruppo delle erme di Filosofi. Fu ancora Pio VI nel 1790 ad inaugurare una nuova sezione dei musei vaticani: la Pinacoteca. I quadri provenivano dal Quirinale e della Compagnia di Gesù sciolta nel 1773. Ma la Pinacoteca non durò a lungo perché con le spoliazioni napoleoniche fu ampiamente depauperata e subito dopo il 1800 la collezione superstite fu dispersa tra il Quirinale e altri ambienti pontifici. Solo dopo la capitolazione di Napoleone, e con l’operato del Canova, parte delle opere furono ricondotte a Roma. Tuttavia, di ben 506 quadri solo 249 furono recuperati e un gruppo di sculture fu donato spontaneamente da Pio VII a Luigi XVIII. • Vicende successive. A Pio VII Chiaramonti (1800-23) è dovuto l’ampliamento degli spazi espositivi per sistemare le opere di scultura antica che ancora non avevano una sede adeguata. Il nuovo Museo, che verrà appunto detto Chiaramonti, si sviluppò al piano terra del corridoio orientale. Esso fu decorato a partire dal 1817. Su progetto di Raffaele Stern fu costruito il Braccio Nuovo (1817-22), un lungo edificio in stile neoclassico con al centro un’aula absidata e un ingresso monumentale a colonne verso il cortile della Pigna. Nel 1816 fu spostata la sede della Pinacoteca nell’appartamento Borgia. Entrarono in pinacoteca anche le opere requisite dai Francesi dalle chiese delle Stato Pontificio e recuperate da Antonio Canova dopo la caduta di Napoleone. Tra esse c’erano la Deposizione di Caravaggio, la Trasfigurazione e la Madonna di Foligno di Raffaello. Una descrizione precisa delle opere sistemate da Vincenzo Camuccini nelle sale fu redatta da Carlo Fea nel 1819. Nel 1829-30 la Pinacoteca tornò nella Galleria degli Arazzi. Nel 1836 nell’appartamento di Pio V. nel 1857 passò di nuovo al terzo piano delle Logge Vaticane. Nel 1909 tutti i quadri vennero riuniti nella galleria al piano terreno del corridoio di Pio IV con annessa la cappella di Pio V, inglobando il Museo Cristiano per un totale di 9 sale. Ultima tappa il 1932 quando fu inaugurata la nuova sede nell’edificio appositamente progettato da Luca Beltrami sull’area del cosiddetto Giardino Quadrato. Per volontà di Gregorio XVI (1831-46) nel 1837 fu fondato il Museo Etrusco Gregoriano. Nel 1838 il Museo Egizio. Nel 1844 il Museo Profano Lateranense, che aveva il compito di raccogliere nel palazzo del Laterano le nuove acquisizione di arte antica greca e romana non accolte in Vaticano per mancanza di spazio. Nel 1854 Pio IX inaugurò il Museo Pio Cristiano con i reperti delle catacombe romane e delle chiese. Nel 1924 venne fondato il Museo del Tesoro di San Pietro. Nel 1925 venne sistemato il Museo Etrusco. Nel 1926 venne creato il Museo Missionario Etnologico. Nel 1932 venne istituito un nuovo ingresso ai Musei Vaticani attraverso le mura del viale Vaticano e nello stesso anno fu inaugurata la nuova sede della Pinacoteca. A nord della Pinacoteca fu costruito negli anni 1963-70 il Museo Paolino, mentre nel 1973 il Museo Storico Vaticano. ricordati nel 1739-40 a casa del monsignor Furietti a Montecitorio, dopo la sua morte entrarono nel Museo Capitolino. - Fauno (Satiro in riposo): ignota la provenienza. È una copia del Fauno di Prassitele (IV secolo a.C.). - Fauno in rosso antico: trovato a Tivoli nel gennaio 1737 e acquistato da Alessandro Gregorio Capponi, allora presidente del Museo Capitolino. Fu fatto restaurare nel 1744 con ampie reintegrazioni da Bianchi- Cavaceppi. - Flora Capitolina: trovata nel 1744 a Villa Adriana da un privato che la vendette a Benedetto XIV. A Parigi nel 1797, tornò nel 1816. Non vi è unanimità sull’iconografia. - Ercole che uccide l’Idra: copia tarda da un originale ellenistico, probabilmente derivata da un’opera di Lisippo. Ritrovata nel 1620 circa presso Sant’Agnese fuori le Mura. Restaurata dall’Algardi verso la metà degli anni ’30: egli trasformò l’iconografia originale (Ercole che doma la cerca Cerinite) in Ercole che uccide l’Idra di Lerna. La statua fu comprata da Clemente XII per il Museo nel 1798. - Galata morente: ignota la zona del ritrovamento. La principessa Ippolita Ludovisi la portò in eredità quando sposò un Boncompagni e la statua rimase nel palazzo Boncompagni di Pizza di Sora. Nel 1737 fu venduta dagli eredi a Clemente XII per il Museo. Si tratta di una copia o di una derivazione da uno dei bronzi fatti fare da Attalo I di Pergamo per la famosa ara offerta a seguito della vittoria sui Galati (241-197 a.C.). - Giunone Cesi: statua ellenistica già esistente nella collezione romana dei Cesi nella metà del ’500. Acquistata dal cardinale Albani, confluì col resto della sua collezione nel 1733 nel Museo Capitolino. Tra il 1797 e il 1815 fu in Francia. Le braccia sono di restauro. - Gladiatore ferito: in origine un torso copio del Discobolo di Mirone. Si trovava nella collezione di Giovanni Ciampolini e poi di Giulio Romano, nel XVIII passò al restauratore francese Monnot che la trasformò in una figura intera di guerriero ferito. Dal 1737 si trova nel Museo. - Marforio: scultura romana di epoca imperiale. Ricordata presso l’arco di Settimio Severo. Forse raffigura il Tevere, ma l’iconografia è incerta. - Satiri della Valle: già in casa Della Valle alla fine del XV secolo. Nel 1733 figurano nell’elenco delle opere della collezione Albani vendute al papa. C’erano ovviamente dipinti ferraresi (Ortolano, Garofalo), ma anche di scuola emiliana e veneta. Altri quadri furono sicuramente acquistati dal cardinale dopo il 1624. Alla collezione Pio erano giunti anche il San Giovanni Battista e la Buona Ventura del Caravaggio, in seguito ad un unico acquisto fatto tra il 1627 e il 1628 dagli eredi del cardinale Francesco Maria del Monte. Il cardinale fu anche amico del Bernini. Alla morte del cardinale Carlo Emanuele l’eredità e i quadri passarono al fratello Ascanio col vincolo del fedecommesso; da Ascanio al suo primogenito Carlo Francesco, creato cardinale nel 1654. Quest’ultimo fece venire a Roma il pittore ferrarese Giovanni Bonati, suo protetto. Acquistò dipinti di Tiziano, Veronese, Bassano, Caravaggio, Carracci. Dopo la sua morte (1689) la collezione non ricevette sensibili incrementi a causa del progressivo distacco degli interessi della famiglia da Roma. Un ultimo inventario è quello del 1724, stilato dopo la morte di Francesco Pio. Per ospitare il nuovo gruppo dei quadri della collezione Pio nel 1752-53 venne costruita una nuova sala detta oggi della Santa Petronilla (architetto Fuga). • La Pinacoteca nella seconda metà del XVIII secolo Ci sono pochi documenti dopo il 1750. Con la fondazione dell’Accademia del Nudo nel 1754, la Pinacoteca Capitolina assunse fondamentalmente il compito di luogo di esercitazione per i giovani artisti. L’Accademia del Nudo rimase in Campidoglio fino al 1804, quando Pio VII la trasferì nell’ex convento delle Convertite al Corso. Nel 1847 la Pinacoteca ritornò definitivamente sotto la giurisdizione capitolina. • Vicende successive Dopo il 1815, con la Restaurazione e con il ritorno in Itala delle opere d’arte confiscate dai Francesi, fu operata la ristrutturazione della Pinacoteca ad opera di Canova. Nel 1817 Agostino Tofanelli viene nominato direttore, a lui si deve la gestione fino agli inizi degli anni ’30. Nel 1824 un ambiente posto al piano nobile del Palazzo dei Conservatori divenne il deposito dove accogliere un gruppo di dipinti considerati “osceni”, quasi tutti dalla collezione Sacchetti, passati poi nel 1845 all’Accademia di San Luca. Nel 1881 venne donata la Collezione Cini. Nel 1936 fu acquistata la collezione Sterbini. GALLERIA CORSINI DATA AVVENIMENTO 1626 Nasce Cristina di Svezia 1648 Praga viene invasa e saccheggiata dagli svedesi. Le collezioni reali crescono con le nuove acquisizioni di guerra. 1652 Lettera di Cristina al duca di Bracciano Paolo Giordano II Orsini. 1655 Cristina di Svezia arriva a Roma. 1663 Cristina si stabilisce definitivamente a Palazzo Riario alla Lungara. 1667 Azzolino acquista la collezione di Carlo Imperiali per conto di Cristina. 1669 Cristina compra 10 dipinti dalla collezione Ludovisi, più la biblioteca di Villa Pinciana 1674 Cristina di Svezia fonda l’Accademia Reale 1689 Muore Cristina di Svezia. Inventario della sua collezione. Muore Decio Azzolino. Inventario della sua collezione. 1692 Il principe Livio Odescalchi acquista quasi tutta la collezione di Cristina. 1724 I reperti antichi della Collezione di Cristina di Svezia vengono acquistati da Filippo V di Spagna e si trovano oggi al Prado. 1730 Lorenzo Corsini acquista la biblioteca del Cardinale Filippo Antonio Gualtieri. Comprendeva alcuni busti in marmo. Lorenzo Corsini eletto papa: Clemente XII. 1732 Scavi per la Cappella Corsini in San Giovanni in Laterano. 1736 Palazzo Riario viene venduti ai Corsini. 1738 I Corsini si trasferiscono nel Palazzo Riario. 1750 Inventario collezione Corsini con importanti note di Giovanni Bottari. 1763 Il pittore Giovanni Battista Ponfreni cede ai Corsini un nucleo di circa 50 quadri in cambio di un vitalizio 1770 Muore il cardinale Neri Maria Corsini. Inventario collezione. 1829 Tommaso Corsini sr istituisce il vincolo fedecommissario per dipinti e sculture 1845 Acquisto di 2 opere dalla vendita Fesch 1868 Tommaso Corsini jr acquista dipinti di Primitivi dalla zia Luisa Scotto Corsini 1883 Tommaso Corsini jr dona il palazzo allo Stato italiano, che aveva acquistato il palazzo per l’Accademia dei Lincei 1895 Fondata la Galleria Nazionale d’arte Antica GALLERIA BORGHESE 1605 Camillo Borghese eletto Papa Paolo V. Nomina cardinale il nipote Scipione. 1607 Cavalier d’Arpino dona al papa circa 100 opere, tra cui Bacchino Malato e Giovane con canestra di frutta di Caravaggio. Acquisto della collezione di sculture antiche della famiglia Ceoli. 1608 Inizio lavori del palazzo. Il papa fa sottrarre la Deposizione di Cristo di Raffaello dalla chiesa di San Francesco a Perugia. Acquisto di 71 quadri dal cardinale Paolo Emilio Sfondrato. 1609 Acquisto di circa 200 sculture antiche dagli eredi di Giovanni Battista della Porta 1617 Scipione si fa consegnare la Caccia di Diana da Domenichino. 1620 Fine dei lavori del palazzo 1624- 25 Lanfranco dipinge Il Concilio degli Dei 1633 Scipione istituisce il fedecommesso. 1650 Prima descrizione della Villa di Jacopo Manili 1775 Rinnovamento di Marcantonio IV 1782 Conclusione prima fase dei lavori 1792 Ritrovamento di statue e iscrizioni sulla via Prenestina 1807 Camillo Borghese vende 344 sculture antiche a Napoleone. 1831 Trovate alcune sculture durante uno scavo sulla via Nomentana 1832 Morte di Camillo 1833 il fratello Francesco istituisce un nuovo vincolo fedecommissario 1891 La raccolta dei dipinti conservata nel palazzo Borghese di Campo Marzio a Ripetta fu trasferita nella palazzina della villa 1902 Vendita allo Stato italiano 1983 Chiusura per restauri 1997 Riapertura Musei vaticani 1503 Arrivo dell’Apollo del Belvedere 1506 Laocoonte 1509 Venus felix 1513 Cleopatra (Arianna) e Tevere 1523 Nilo 1530 Torso del Belvedere 1560 Pirro Ligorio esegue lavori: nicchione a chiusura settentrionale del cortile del Belvedere, cortile adiacente detto Cortile Ottagono 1716 Il Museo Ecclesiastico fondato da Clemente X risulta già disperso Clemente XII fonda la Galleria Clementina per accogliere la collezioni numismatica proveniente dal cardinale Alessandro Albani 1756- 57 Benedetto XIV fonda il Museo Sacro, per raccogliere le collezioni Carpegna, Ficoroni, Buonarroti, Chigi, Capponi e Vettori 1767 Clemente XIII fonda il Museo Profano che contiene la collezione Carpegna 1771 Clemente XIV affida a Alessandro Dori il progetto di trasformazione della palazzina di Innocenzo VIII per collocarvi le nuove opere acquisite. 1774- 78 Pio VI Braschi fece ampliare la Sala delle Statue, la Sala del Torso divenne la Sala degli Animali e attraverso di essa si ebbe il nuovo accesso alla Galleria delle Statue. Sulla parete ovest della Galleria fu sistemata a statua di Cleopatra (in realtà Arianna). Successivamente vennero costruite 3 nuove grandi sale: la sala a Croce Greca, la sala Rotonda e la sala Ottagona. Esse costituirono la risposta neoclassica all’allestimento tardobarocco della Galleria delle Statue. 1784 Finito il grosso dei lavori del Museo Pio Clementino. Giovanni Battista Visconti seguì i lavori di sistemazione del museo suggerendo la collocazione dei materiali secondo un criterio sistematico di suddivisione per classi e per generi. Il suo era un fine didattico e scientifico. 1785 Michelangelo Simonetti chiuse la loggia sopra il Museo Profano per creare la Galleria dei Candelabri 1790 Pio VI inaugura la Pinacoteca 1817 Museo Chiaramonti (Pio VII) Braccio Nuovo su progetto di Raffaele Stern 1816 Pinacoteca spostata nell’appartamento Borgia. Entrano le opere recuperate da Canova 1819 Carlo Fea descrive la sistemazione delle opere delle sale fatta da Vincenzo Camuccini 1837 Gregorio XVI fonda il Museo Etrusco Gregoriano 1838 Museo Egizio 1844 Museo Profano Lateranense 1854 Pio IX inaugura il Museo Pio Cristiano 1924 Museo del Tesoro di San Pietro 1926 Museo Missionario Etnologico 1932 Nuova sede per ospitare la Pinacoteca, su progetto di Luca Beltrami Nuovo ingresso ai Musei lungo le mura 1963- 70 Museo Paolino 1973 Museo Storico Vaticano Museo capitolino di scultura antica 1655 Fine lavori del Palazzo Nuovo 1733 Clemente XII acquista la collezione di sculture antiche del cardinale Alessandro Albani. Sancisce la nascita del Museo capitolino. 1743 Primo volume del catalogo del Museo, curato da Giovanni Gaetano Bottari 1748 Benedetto XIV fa aggiungere la sala del Canopo dove vennero accolte le statue egizie ritrovate a Villa Adriana 1838 La collezione egizia viene portata in vaticano per il Museo Gregoriano Egizio Pinacoteca Capitolina Collocata nel palazzo dei Conservatori al Campidoglio 1748 Atto di vendita della collezione Sacchetti Ferdinando Fuga progetta la sala dell’Ercole per ospitare i dipinti 1750 Benedetto XIV compra la collezione Pio 1754 Fondazione dell’Accademia del nudo 1815 Rientro delle opere confiscate dai francesi. Ristrutturazione 1817 Agostino Tofanelli viene nominato direttore 1881 Donata la collezione Cini 1936 Acquistata la collezione Sterbini
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