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Mussolini e il fascismo, Appunti di Storia

Il periodo storico in cui il fascismo prese il potere in Italia, partendo dalla fine della prima guerra mondiale fino alla marcia su Roma e alla creazione del nuovo governo. Si parla delle elezioni, dei partiti politici, dei movimenti di protesta e delle violenze che portarono alla nascita del fascismo. Vengono descritte le azioni del governo fascista, come lo scioglimento dei sindacati e l'introduzione della religione cattolica nelle scuole.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 23/07/2022

Santoni998-
Santoni998- 🇮🇹

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Scarica Mussolini e il fascismo e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! CAPITOLO 7: IL REGIME FASCISTA DI MUSSOLINI -7.1 Il 4 Novembre 1918 l’Italia era uscita vincitrice dalla prima guerra mondiale. La vittoria sembrò la prova dell’ascesa dell’Italia tra le grandi potenze ma non fu così perché, durante la conferenza di Parigi, l’Italia fu relegata ad un ruolo di secondo piano. A determinare l’insuccesso diplomatico era stato il carattere contraddittorio delle richieste italiane, che chiesero l’annessione della Dalmazia e della città di Fiume. Fu contraddittorio perché la Dalmazia spettava all’Italia dai patti di Londra, ma la maggior parte della popolazione era slava ed era quindi reclamata dal regno dei serbi (per il principio di nazionalità di Wilson), Fiume invece fu chiesta sul momento perché i cittadini erano prevalentemente italiani; da un lato si faceva appello alla nazionalità e dall’altro lo si negava. L’Italia non ottenne nessuno dei due territori richiesti. Gabriele D’Annunzio coniò lo slogan “vittoria mutilata” e l’11 settembre 1919 con un gruppo di volontari marciò su Fiume ed istituì una reggenza provvisoria. L’Italia aveva anche una serie di problemi interni al paese come la situazione degli operai e dei reduci di guerra che erano scontenti per non aver ricevuto risarcimenti. Inoltre in molti credevano in un’imminente rivoluzione sulla scia di quella russa, che sembrò realizzarsi nei moti rivoluzionari avvenuti tra il 1919 e il 1920, passato alla storia come “biennio rosso”. Nelle campagne del nord le leghe di lavoratori riuscirono ad ottenere un maggiore controllo del mercato del lavoro, nel sud i contadini più poveri occuparono le terre incolte. Nelle città, invece, ci fu una lunga ondata di scioperi che culminarono nell’occupazione delle fabbriche da parte degli operai, organizzati in Consigli di fabbrica. In questo clima vennero svolte le elezioni che diedero l’immagine di un paese spaccato a metà tra due partiti politici: il Partito Socialista italiano (PSI) e il Partito Popolare italiano (PPI). La Camera cambiò volto: per la prima volta i liberali persero la maggioranza assoluta. Il primo ministro Nitti fu costretto a dimettersi e al suo posto si ripiegò nuovamente su Giolitti che riprese una politica riformista e mediatrice. Annunciò un programma per ridistribuire il reddito. Nel 1920 le fabbriche vennero sgomberate in seguito all’aumento dei salari dei lavoratori. Tramite il trattato di Rapallo si stabilì che l’Istria e la città di Zara restassero italiane, mentre Fiume divenne città-stato indipendente. Giolitti però non convinse mai né i socialisti né il mondo industriale. Nacquero poi dei problemi all’interno del PSI in seguito al fallimento dell’occupazione delle fabbriche, infatti al congresso di Livorno del 1921 i sostenitori di Gramsci e di Bordiga lasciarono il partito per formare il Partito Comunista d’Italia (PCd’I). Nel frattempo in questo clima di malcontento e di paura nacque un nuovo movimento politico: il FASCISMO. Nel Marzo 1919 l’ex socialista Benito Mussolini fondò i “fasci di combattimento”. Il fascismo iniziale comprendeva nazionalisti, futuristi e sindacalisti rivoluzionari, ovvero l’ambiente che aveva dato vita all’avventura di Fiume. Inizialmente non ebbe successo, ma dopo il “biennio rosso” acquisì forza e visibilità facendo ricorso alla violenza colpendo le strutture socialiste. Il primo episodio si verificò a Bologna nel 1920, quando 500 fascisti attaccarono il palazzo del municipio (palazzo d’Accursio), morirono 10 persone tra cui 3 fascisti. Così, con la scusa di vendicare i morti, si diede il via ad una serie di violenze che vedevano protagoniste le “squadre d’azione”, formate da studenti e reduci di guerra. Le loro spedizioni erano volte a liberare le campagne dai socialisti e comunisti e spesso queste spedizioni erano finanziate dai proprietari agricoli. Così facendo il fascismo ottenne il consenso popolare. Giolitti decise quindi di anticipare le elezioni di un anno (1921) ed inserì il movimento dei fasci nelle liste di coalizione con un duplice scopo: riconquistare la maggioranza e assorbire all’interno del liberalismo la componente fascista. Queste aspettative furono deluse perché i liberali non ottennero la maggioranza mentre i fascisti riuscirono a far eleggere 35 deputati tra cui Mussolini. Nello stesso anno Giolitti lasciò il posto a Bonomi che come obbiettivo principale mise quello di limitare lo squadrismo. Egli trovò appoggio sia nel PSI che tra i nazionalisti moderati. Mussolini trasformò i fasci nel Partito Nazionale Fascista (PNF) che con 200 mila iscritti divenne il partito con più aderenti d’Italia. Anche Bonomi lasciò il posto e si optò per Facta che non riuscì a bloccare un’altra ondata di violenze. I socialisti a quel punto si resero disponibili per formare un governo di coalizione antifascista ed organizzarono uno sciopero, ma era ormai troppo tardi perché i fascisti erano diventati padroni delle piazze. L’adesione allo sciopero organizzato dai riformisti socialisti fu scarsa e così il PSI espulse i riformisti che si riunirono sotto Giacomo Matteotti nel Partito Socialista Unitario. Nacque poi l’idea di una marcia su Roma per prendere il potere, Mussolini si assicurò la neutralità della chiesa e il 28 Ottobre 1922 25 mila fascisti si fermarono alle porte di Roma e, dopo che il re Vittorio Emanuele III non firmò lo stato d’assedio, Mussolini entrò nella capitale e ricevette l’incarico di formare un nuovo governo. Questo nuovo governo sciolse i sindacati, introdusse la religione cattolica nelle scuole (con la riforma scolastica di Gentile), istituì il Gran Consiglio del Fascismo nel 1922 (dettava le linee guida al governo) e nel 1923 la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (corpo militare con compiti di polizia). Nel luglio 1923 venne approvata la legge Acerbo che creava le condizioni affinché il fascismo ottenesse il controllo del parlamento. Alle elezioni del 1924 il PNF si presentò con il “listone nazionale” che comprendeva fascisti liberali e cattolici conservatori, la campagna fu caratterizzata da un’ondata di squadrismo che portò il listone a ricevere il 64,9% dei voti. Subito dopo le elezioni Matteotti denunciò apertamente le violenze fasciste, poco dopo fu rapito e ucciso. Un’ondata di sdegno attraversò l’Italia e la fiducia in Mussolini vacillò, nacquero stampe antifasciste e si fecero manifestazioni antifasciste. Mussolini il 3 gennaio 1925 fece un discorso in parlamento, assumendosi la responsabilità della morte di Matteotti e fece capire l’impronta autoritaria che voleva dare al suo governo. -7.2 Tra il 1925 e il 1926 furono introdotte le cosiddette “leggi fascistissime” con l’obiettivo di riformare i rapporti tra potere esecutivo e legislativo. Con una prima legge del 24 dicembre 1925 il presidente del Consiglio diventò capo di governo, la seconda del 31 gennaio 1926 rafforzò le funzioni del governo che aveva la facoltà di emanare le leggi autonomamente. Mussolini avrebbe dovuto tuttavia confrontarsi con la monarchia, cioè con Vittorio Emanuele III. Con la legge del 26 febbraio 1926 fu abolito il carattere elettivo degli organismi di governo locale, istituendo la figura del podestà. Si arrivò quindi ad una supremazia dello Stato “fascistizzato” rispetto al Partito fascista, usato solo come strumento per la costruzione del consenso intorno al regime. I sindacati vennero aboliti e ci si basò sui principi del corporativismo (in nome dell’interesse comune). Con la legge sindacale del 3 aprile 1926 lo Stato prese il ruolo dei sindacati, venne soppresso il diritto di sciopero e introdotta la Magistratura del Lavoro. Inoltre si pose le basi per la realizzazione di un ordinamento corporativo, cioè un complesso di norme e istituti collettivi. Fu istituito un ministero delle Corporazioni e la Carta del Lavoro in cui si enunciavano i principi generali del corporativismo. Alla fine del 1926, dopo una serie di attentati contro Mussolini, si arrivò ad un regime totalitario: vennero introdotte leggi che prevedevano il confino e la pena di morte. Nel 1928 fu varata una riforma elettorale in base alla quale l’elettore era chiamato ad approvare o respingere una lista unica nazionale di 400 candidati fascisti. L’anno successivo venne indetto un plebiscito in cui i cittadini dovevano limitarsi a votare con sì o no alla lista unica. Gli schieramenti antifascisti erano divisi, soprattutto per le differenze ideologiche: i giovani si ispiravano al modello russo, quindi alla rivoluzione, mentre i vecchi non volevano ricorrere alle armi. Molti si trovarono al bivio tra proseguire la militanza contro il regime oppure scegliere il silenzio. La maggioranza scelse la seconda opzione, chi sceglieva la prima doveva agire clandestinamente oppure sposarsi all’estero. Molto importante fu il movimento Giustizia e Libertà di Lussu e Rosselli, che vendeva giornali antifascisti clandestinamente. (i comunisti non si opposero al fascismo poiché volevano il popolo al potere, con o senza fascismo il popolo non regnava, quindi non avevano preferenze) Il maggiore ostacolo che il fascismo poteva trovare era la Chiesa, fortemente radicata nella società italiana. L’11 febbraio 1929 furono firmati i Patti lateranensi (un trattato internazionale e un concordato). Con il trattato veniva attribuita alla Chiesa una territorialità politica e un risarcimento per la perdita dello Stato pontificio nel 1870. Con il concordato il cattolicesimo diventava religione di Stato e garantì alla Chiesa uno status di assoluto privilegio. La questione romana (conflitto tra Santa Sede e Stato italiano) sembrava essere chiusa. Ma il fascismo e la Chiesa entrarono in conflitto in merito al problema mai risolto della formazione intellettuale e morale dei giovani. Mussolini consolidò la dittatura con misure repressive contro le opposizioni e con l’acquisizione di un consenso diffuso tra il popolo. Inoltre elaborò delle motivazioni ideologiche, iniziò presentando l’avvento del fascismo come un atto “rivoluzionario” al fine di garantire ordine, stabilità e modernizzazione.
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