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Nazionalismo - Hans Ulrich, Wehler, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Riassunti per l'esame di storia contemporanea.

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015

Caricato il 17/06/2015

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12 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Nazionalismo - Hans Ulrich, Wehler e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! IL NAZIONALISMO COME UNICITA’ DELL’OCCIDENTE Almeno fino alla seconda metà del 19° secolo, il nazionalismo è stato un fenomeno politico e socioculturale che ha interessato esclusivamente il mondo occidentale e le sue propaggini coloniali in America, che venne “esportato” solo dopo aver dimostrato la sua capacità di successo; durante il processo di adozione, i concetti di nazionalismo e nazione vennero modificati e si vennero scontrare con barriere insormontabili, ma questo avvenne quando in occidente il nazionalismo era già assurto a potenza globale. Viene spontaneo chiedersi come si sia sviluppato il nazionalismo, analizzare le condizioni che ne resero possibile la nascita in occidente e il perché venne accolto in paesi orientali caratterizzati da condizioni culturali e politiche completamente diverse. PRIMI SVILUPPI: Occorre fare una distinzione: da sempre sono esistiti legami di fedeltà che hanno vincolato gli uomini a grandi organizzazioni di dominio, organizzazioni che potevano essere rappresentate dal clan familiare o una dinastia: questo legame rafforzava il senso di identità e appartenenza, ma tutto ciò non ha nulla a che vedere col concetto di nazionalismo. Ciò non toglie che l’esistenza di tali rapporti di fedeltà possa essere utilizzata per ricostruire un passato nazionale (si ricorda infatti che il nazionalismo guarda anche ad alcuni regimi passato come esempi). Il nazionalismo sorse come risposta alla crisi strutturale che coinvolse le società occidentali nella prima età moderna, emerse in una fase critica di insicurezza fondamentale nella fiducia delle regole. Tale insicurezza trova sfogo nelle rivoluzioni, rivoluzioni che prevedono l’erosione dell’antico ordine che di conseguenza comporta la delegittimazione delle strutture sociali e soprattutto del sistema di dominio: spesso queste sono lotte per l’autonomia politica che non di rado sfociano nella lotta contro un governo straniero fattuale o temuto; a fomentare le lotte vi sono anche i conflitti religiosi, ma ciò che davvero ha luogo è una espressione delle proprie esigenze da parte della nuova élite del potere. E’ proprio grazie a questi conflitti di legittimazione, queste forme di socializzazione e le idee che caratterizzano l’Occidente, che il nazionalismo può prendere forma. - PAESI BASSI: Un esempio di rivoluzione fu quella dei Paesi Bassi, che intendevano raggiungere l’indipendenza e liberarsi del dominio spagnolo (XVI sec). Queste province avevano sviluppato un sentimento di appartenenza collettiva: ciò contribuì a portare la nobiltà e il borghesia dei Paesi Bassi su posizioni di aperta ribellione (fu così che nacque la Repubblica dei Paesi Bassi Uniti). Per la prima volta si assisteva alla vittoria della periferia in lotta contro il centro, contro una superpotenza imperiale. Lo sdegno per il dominio straniero si univa a un’ambizione di supremazia, che contribuiva ad accrescere un forte sentimento di orgoglio e autostima: evidenti caratteri di quello che in futuro sarebbe stato il nazionalismo. - INGHILTERRA e USA: Esattamente il contrario mostrarono le due successive rivoluzioni occidentali, quella inglese e quella americana. L’Inghilterra, tra il 1642 e il 1659, divenne una società pioniera sotto l’aspetto politico: innanzi tutto si verificò l’opposizione all’assolutismo reale, che generò poi una nobiltà determinata e una Chiesa di Stato protestante-anglicana. Vi era il rifiuto di ogni riconversione al cattolicesimo, e ciò fu la causa della guerra civile: il 1649 il re fu giustiziato e in Inghilterra poté affermarsi la Repubblica, designata Commonwealth sotto il protettorato di Oliver Cromwell. La volontà di cambiamento dei puritani e l’anticattolicesimo hanno di certo favorito l’ascesa del nazionalismo inglese. Il passo successivo si ebbe con la Rivoluzione americana del 1776: nelle colonie d’oltreoceano il potere reale era entrato progressivamente in crisi già con la guerra dei sette anni (1756-1763). Gli inglesi in America diventavano sempre meno influenti, e per contro gli intellettuali americani, ossia i “padri fondatori”, si muovevano con la massima dimestichezza all’interno della teoria politica dell’illuminismo europeo. Nel momento in cui esplose la volontà di emancipazione dall’Inghilterra, in America fu considerata la possibilità di una rifondazione dello Stato sulla base della Sovranità popolare. Fu così che nel 1783 nacque la Repubblica degli Stati Uniti d’America. Se prima vi era il re “per grazia di Dio”, ora con la rivoluzione nasceva l’idea che il potere dovesse essere emanato “dal basso”. Nacque così un nazionalismo orgoglioso, basato sull’idea che la sede degli imperi mondiali si era spostata da Roma all’Inghilterra, e da quest’ultima all’America del Nord. Gli Usa tentavano quindi di darsi l’immagine di “faro” della democrazia repubblicana, a cui spettava il predominio imperiale sull’occidente. - FRANCIA: I problemi finanziari della Francia, la mancanza di successo della politica interna ed estera del re, sfociarono in una fatale crisi di legittimazione dell’Ancien Régime. I valori dello stato non avevano più senso e soprattutto non reggevano più il trono e la nobiltà. Si verificò la protesta dei rappresentanti dei ceti, il sollevamento dei bassi strati urbani e la rivoluzione agraria contro il sistema feudale nelle campagne. Così, anche la prima Repubblica francese si costituì nel corso di una lotta per il potere, che ebbe la sua fine con l’esecuzione del monarca. Il Nazionalismo francese nasceva nell’ottica di rivalsa contro i rivali interni e la minaccia esterna rappresentata dalle potenze conservatrici: doveva sorgere un’unica identità nazionale in grado di dominare sul tutto. Certo, la rivoluzione fu domata da Napoleone prima e dal ripristino della monarchia successivamente, ma i fondamenti del nazionalismo francese sopravvissero. - REAZIONI A CATENA: Dalla fine del 18° secolo vi fu un effetto dimostrativo da parte di America, Francia e Inghilterra, società pioniere che diventavano dunque modelli di riferimento. Ciò che attraeva era il fascino dell’anticipazione, come ad esempio il principio di eguaglianza per ogni membro della nazione. Il Nazionalismo, che era riuscito a scatenare capacità e forze entro situazioni di conflitto, risultava ora essere una sorta di marchio di garanzia di Modernità 3) Quando il nazionalismo interviene in zone di precedente dominio coloniale, e quindi caratterizzate da un forte pluralismo etnico privo di organizzazioni di dominio su base etnica e unite dalla tradizione, i nuovi Stati nazionali si caratterizzano per una stabilità estremamente precaria. 4) Differenze e correlazioni tra Nazione e Etnia: - La nazione si costituisce, come l’etnia, su un territorio che però innalza a terra sacra, spettante a una stirpe; - La nazione viene integrata attraverso una comune mitologia e una comune provenienza, che enfatizzano la differenza in rapporto agli altri; - La nazione vive entro un sistema di potere accettato e legittimato secondo la volontà della nazione sovrana; - Anche se possiede più culture popolari, la nazione esige la nazionalizzazione di tutti i settori della vita; - Secondo Weber, la nazione possiede un sistema economico in cui vale la libera circolazione, mentre per gli stranieri varrebbe un trattamento discriminatorio, essendo “fuori dalla morale”, e verrebbero esclusi; - La nazione, infine, si distingue dall’etnia in quanto essa rivendica per sé l’auto giustificazione e il primo posto nella gerarchia dei valori. GLI ESPONENTI SOCIALI DEL NAZIONALISMO: L’attrattività del nazionalismo risiede nella sua capacità di superare tutti i rigidi confini di tipo sociale, confessionale o regionale. Esso non può quindi essere attribuito ad una specifica sfera sociale (si pensava alla borghesia come definitrice di nuovi rapporti sociali sfruttando il nazionalismo stesso): non si può comunque non prendere in considerazione il ruolo dominante esercitato dagli intellettuali di estrazione borghese. - SVILUPPO DEL NAZIONALISMO : Miroslav Hroch ha proposto per primo tre fasi classiche dello sviluppo del nazionalismo: 1) Gli interessi letterari e storici degli intellettuali contribuiscono a rivolgere interesse alle questioni della lingua nazionale, dell’arte nazionale, del passato nazionale. Ciò trovò riscontro nella diffusione di dizionari, vocabolari e grammatiche. 2) Nella seconda fase si sviluppa un vero e proprio nazionalismo intellettuale o di élite. Qui, predominano i borghesi, e anche la componente nobiliare è piuttosto rilevante. Si sviluppano veri e propri circoli in cui si discute di attività politica. 3) Nell’ultima fase, le idee del nazionalismo conquistano un crescente campo di influenza, tanto da giungere alla mobilitazione di movimenti di massa, fase in cui gli intellettuali borghesi assumono un ruolo di guida (opinion leaders). La popolazione contadina e altri strati sociali inferiori sarebbero stati coinvolti solo più tardi. - MOVIMENTI NAZIONALI: I movimenti nazionali del XIX secolo si sono avvalsi solo raramente di un’organizzazione fortemente strutturata. Spesso infatti si è trattato di legami informali tra individui, associazioni e organi di stampa. Il loro nucleo risiedeva nell’articolazione dell’associazionismo borghese, in cui uomini con diversi interessi si incontravano e si confrontavano sugli aspetti principali intorno a cui ruotava la visione nazionale. Nel caso Italiano e Tedesco, lo Stato nazionale era stato creato in seguito a una guerra di fondazione: qui, i principali gruppi nazionalisti si concentrarono entro le formazioni sociali borghesi di orientamento conservatore o di destra liberale. La classe operaia rimaneva esclusa ed estranea al nucleo centrale della nazione, mentre la nobiltà si faceva da parte essendo avversa alle ambizioni di potere del nazionalismo. Ma non appena lo Stato nazionale iniziò i processi di socializzazione in ambito educativo e militare, il nazionalismo veniva presentato come una dottrina in cui credere senza porsi interrogativi, e si creò un vortice di nazionalizzazione così potente da risucchiare al suo interno tutte le classi sociali. Negli Usa, l’affermazione del nazionalismo in tutti gli ambienti sociali fu favorita soprattutto dalla miscela composta da fondamenti religiosi relativi all’immagine del popolo eletto, dall’idea di missione come modello esemplare di democrazia, e dagli interessi economici nazionali perseguiti con massimo rigore dai proprietari terrieri e dagli imprenditori agricoli. COME E PERCHE’ RIUSCI’ LA DIFFUSIONE DEL NAZIONALISMO: Come abbiamo studiato nei precedenti capitoli, sappiamo che l’Idea giunge alla mente prima dell’azione. Questo significa che tutto quell’insieme di simboli, di cultura, di ideali e di storie tramandate dalla Nazione al Popolo, legittima l’azione stessa del Potere (quindi dello Stato) senza bisogno di una giustificazione; si parla infatti di Autogiustificazione della Nazione. In sintesi, il mondo delle idee viene trasposto al mondo della realtà: se l’idea viene edulcorata e manipolata, essa diviene la più reale delle politiche. Sappiamo anche che gran parte della legittimazione del nazionalismo (a cui appartengono le idee) ha origine nella crisi rivoluzionaria. Un ruolo centrale che consentì la diffusione del nazionalismo va ricercato in sei fattori: 1) Lo scienziato politico Karl Deutsch affermò che l’intensificarsi della comunicazione fu componente integrante del processo di modernizzazione, e dunque anche di nazionalizzazione: si tratta di ferrovie, quotidiani, lettere, la posta, la telegrafia. L’aumento dei lettori (e delle persone che venivano ora più facilmente a conoscenza delle notizie) era connesso con lo sviluppo del moderno sistema educativo, contro l’analfabetismo, grazie anche alla scuola obbligatoria. Così, le idee del nazionalismo poterono raggiungere un vasto pubblico. 2) Un secondo elemento che ha contribuito nella diffusione del nazionalismo è sicuramente la diffusione di una comune lingua popolare, un processo che sfruttò appieno l’intensificarsi della comunicazione. Da qui deriva anche la logica della valorizzazione del capitale, che premeva sull’utilizzo crescente dei lettori, costretti alla comunicazione nella propria lingua vernacolare (dialetto). Tale lingua vernacolare rafforzò gli elementi di solidarietà e avvicinò la comunità, diventando una lingua comune. Al momento dell’unificazione italiana (1861) solo il 2,5% dei membri di questo nuovo Stato parlava il moderno italiano, mentre predominavano i dialetti locali, generando disordine; dialetti che molto lentamente il sistema scolastico statale ha saputo fondere in un’unica lingua nazionale. Da nessuna parte è accaduto che la nazione sia sorta da una lingua originaria, ma, al contrario, è lo Stato nazionale ad aver imposto la lingua nazionale. 3) Il potere di convincimento del nazionalismo aveva bisogno di consolidamento, che veniva trovato in Monumenti e processioni, feste e inni: servivano dunque a tener vivo lo spirito nazionale, che toccava il piano emozionale. 4) Lo spirito di sacrificio a favore della nazione era uno degli ingredienti necessari alla diffusione del nazionalismo. Si tratta in poche parole del “morire per la patria”: nulla sprigionava tanta efficacia pubblicitaria quanto la disponibilità a sacrificarsi come martiri in nome della propria nazione. In questo modo potevano essere giustificati i numerosi morti in guerra, e la guerra stessa. 5) La nazionalizzazione della società doveva possedere un livello concreto e percettibile: ecco allora che opere d’arte divennero manifestazioni importanti del carattere nazionale. Se presentati come interessi nazionali, allora gli interessi generali (benessere, stima, capacità di sviluppo) potevano essere legittimati e perseguiti con maggiore facilità e successo. 6) Infine, il nazionalismo approfondì la differenza tra i membri della propria nazione (“noi”) e gli stranieri (“altri”). L’avversione per gli stranieri generava omogeneità interna, ma questo lo si può scoprire anche negli studi sociologici, in cui si afferma che il conflitto è un elemento che va a rinforzare la coesione dei gruppi: ognuno cerca di affermarsi in contrapposizione ad altri gruppi, e ciò comporta il rinforzarsi della coesione e di un sentimento di identità di gruppo. Il conflitto, inoltre, porta a una ricerca di alleati. È solo con l’entrata in scena del nazionalismo che ha inizio la giustificazione di eccessi di xenofobia in nome dell’imperativo nazionale dell’esclusione degli “altri”. La coesione e la rivalità verso gli altri ha sprigionato immense energie di mobilitazione. TIPOLOGIE DEL NAZIONALISMO: Negli ultimi cent’anni si è ripetutamente tentato di riunire in un unico grande insieme tutti i diversi caratteri dei fenomeni nazionalistici: ogni tentativo ha mostrato un’efficacia piuttosto limitata. Hans Kohn tentò una distinzione tra Nazionalismo europeo occidentale, quello Nordamericano illuminato, e un nazionalismo dell’Europa centrale e orientale autoritario. Ma si tende a fare distinzione anche tra un nazionalismo tendenzialmente umano e un nazionalismo barbarico e razzista. Con maggiore precisione, è possibile distinguere almeno quattro diversi tipi di nazionalismo, riconducibili a loro volta a precise fasi storiche: 1) In Inghilterra, America del Nord e Francia, il nazionalismo “di integrazione” costituì il relativo Stato nazionale, rifondando una preesistente organizzazione di dominio su una nuova base di legittimazione. 2) Vi è poi la variante del nazionalismo “di unificazione”, detto anche “nazionalismo risorgimentale”, che riunisce le diverse parti di una preesistente nazione, finendo per raggruppare in realtà diverse etnie entro uno Stato nazionale: è il caso dell’Impero tedesco e del Regno d’Italia. 3) In una terza fase, invece, è intervenuto un nazionalismo “secessionista”, che dopo il 1918 ha contribuito al crollo degli imperi multinazionali dell’Europa orientale, dando vita a nuovi Stati nazionali sulle macerie degli imperi zarista, austroungarico e ottomano. 4) Infine, il quarto tipo è il “nazionalismo di adozione”, che corrispose all’assunzione del modello europeo- americano da parte di svariate etnie in tutto il mondo, specie da parte di ex colonie. Il nazionalismo di adozione si verificò in particolar modo dopo il 1945, con le politiche di decolonizzazione. Ma esistono anche delle differenziazioni sulla base della tipologia sopra proposta: a) Le organizzazioni di dominio su base etnica sono oggetto di un processo di nazionalizzazione interna (è il caso di Inghilterra, Francia e Spagna). b) Stato e nazione sorgono contemporaneamente (Germania e Italia). c) Gli stati di immigrazione danno luogo a una nazione di cittadini eterogenea e composita a seconda della cultura dominante (Usa, Argentina, Australia). d) Solo in Occidente esistevano quelle uniche condizioni che resero possibile la genesi e poi la vittoria del nazionalismo, fino alla costituzione degli Stati nazionali. Il nazionalismo occidentale, non a caso, diventava un bene di esportazione in tutto il mondo. LA STORIA DELLO SVILUPPO DEL NAZIONALISMO: Dopo aver tracciato delle caratteristiche generali del nazionalismo, è necessario concretizzarle in alcuni esempi storici, come il nazionalismo americano e quello tedesco: IL NAZIONALISMO AMERICANO: Durante la nascita della Repubblica, ossia degli Stati Uniti, si assisteva alla guerra di indipendenza contro l’Inghilterra. Questo elemento presupponeva la necessità di sviluppare idee proprie su cui basare una nuova identità, fonte dunque di legittimazione. Si doveva creare una dimora in cui potesse compiersi una presa di distanza da tutti i vizi del vecchio continente (Europa). Sin dall’inizio della rivoluzione, circolò l’idea del dovere della missione, secondo cui Dio ha destinato l’America alla realizzazione del suo più grande progetto. In qualità di “faro dell’umanità umiliata e oppressa”, il nuovo Stato doveva insomma indicare la giusta via. “Il principio delle nostre istituzioni è l’espansione”: in questa massima trovava espressione soprattutto un’idea centrale del suo nazionalismo mosso dalla coscienza missionaria. mondiale, la sconfitta segnò il crollo dell'euforia nazionalistica: invece delle annessioni si verificò la perdita di alcuni territori, insieme alla morte di milioni di persone. Seguì la pace di Versailles, che fissava condizioni molto pesanti contro la Germania: da qui deriva quel nazionalismo umiliato che di li a poco avrebbe scaturito un nuovo sentimento di rabbia, odio e vendetta da parte della nazione tedesca, con Hitler. La cesura più profonda fu segnata da una pauperizzazione dei lavoratori. Un lavoratore su tre divenne disoccupato, e rimase tale. Cominciò ad accendersi un movimento di protesta di massa, interprete di quel nazionalismo radicale che avrebbe poi trovato il suo culmine con il leader carismatico Adolf Hitler. Tale movimento divenne presto il più grande partito della nazione, nonché depositario delle speranze di milioni di tedeschi. Per ritrovare la propria purezza ariana e soprattutto la propria insuperabile potenza, il governo doveva estromettere non solo tutti gli ebrei e gli stranieri, ma anche i marxisti e i traditori, perché l'unità razziale della nazione prometteva anche il superamento definitivo di ogni contraddizione sociale. - HITLER: Dopo che nel 1933 le vecchie élites cedettero il potere a Hitler, emerse che oltre alle politiche per il lavoro, erano soprattutto i successi nazionali a incrementare il sentimento di lealtà e la base di legittimazione del regime. La rimilitarizzazione, l’uscita dalla Società delle Nazioni, l’occupazione della Renania, l’Annessione dell’Austria (Anschluss), lo smembramento della Cecoslovacchia, furono vissuti come trionfo nazionale da attribuire al talento politico della figura carismatica ai vertici del Reich. Solo lo sterminio di massa degli ebrei d’Europa fu tenuto segreto fino alla fine: ebrei che, secondo i nazisti, incarnavano ogni pericolo mortale per il mondo moderno e per l’essenza ariana dell’eletta nazione/razza tedesca. I gerarchi nazisti fino ai primi mesi del 1945 fecero valere la pena di morte per chiunque si fosse pubblicamente espresso in merito allo sterminio degli ebrei. - IL DECLINO: Il declino del Terzo Reich, provocato da una guerra totale e azzardata, ancora una volta perduta, segna una cesura fondamentale. L’euforia nazionalistica si spense, mentre una profonda disillusione iniziò a diffondersi: lo Stato nazionale fu smembrato prima in quattro zone di occupazione e poi, dopo il 1949, in due nuovi Stati: Repubblica Federale di Germania (Germania Occidentale) e Repubblica Democratica Tedesca (DDR - Germania Orientale). Il nazionalismo non poté più fungere da base di legittimazione per tali Stati, e anzi fu messo al bando. Lo sforzo sovietico di far diventare la Germania est una nazione socialista fu vano, mentre indubbie furono le performances dimostrate dalla Repubblica federale (Germania ovest). In seguito si affermò il concetto di riunificazione, anche se di fatto si trattò della difficile fusione di due giovani Stati con antiche tradizioni comuni, che negli anni della divisione avevano anche maturato una storia propria. Seguendo la teoria secondo cui le conseguenze della divisione potranno essere superate in un intero arco generazionale, solo dopo il 2020 sarà possibile esprimere un giudizio preciso su tutto questo processo. IL NAZIONALISMO NEL RESTO DEL MONDO: Nato nell’Occidente, il nazionalismo si diffuse presto nel resto del mondo. - SUD AMERICA: Toccò per esempio l’America latina: nelle colonie sudamericane della Spagna si era accumulato un profondo malcontento per la oppressiva tutela giurisdizionale e amministrativa esercitata dai poteri coloniali. Agli abitanti delle colonie, quindi, pareva particolarmente allettante il pensiero di fondare una propria nazione sul modello vincente degli Usa. Tra i ceti alti era andato via via sviluppandosi un elevato grado di consapevolezza e autostima: in questo contesto, concentrando le risorse nelle unità amministrative nel frattempo consolidatesi, essi riuscirono ad utilizzare le energie e a definire nuovi confini territoriali per la pianificazione di future Repubbliche sovrane. Il problema però era nell’instabilità delle nuove nazioni che stavano nascendo: la classe dominante non aveva una solida base etnica in grado di poggiare su un terreno ricco di antiche tradizioni. La popolazione sudamericana era infatti caratterizzata da coloni bianchi, indiani nativi, schiavi importati e mulatti. Non potendo contare sugli effetti stabilizzanti che il passato di un’etnia di grandi tradizioni avrebbe invece potuto produrre, il sistema di potere politico affermatosi fu così destinato a soffrire di una condizione cronica e pericolosa di labilità. Non a caso si susseguirono colpi di Stato e regimi dittatoriali. - GIAPPONE: Per circa quattordici secoli le isole giapponesi avevano goduto di una grande autostima socioculturale e politica, rimanendo indisturbate da ogni invasione. Il nazionalismo, qui, veniva interpretato con la coscienza della missione di un popolo eletto, non senza un’arroganza razzista, con la mobilitazione e il consolidamento da parte di giovani intellettuali che iniziarono a studiare presso le università occidentali (specialmente in Prussia). I SUCCESSI DEL NAZIONALISMO e L’IMMERITATA FAMA DELLO STATO NAZIONALE: Ma non tutto il prodotto del nazionalismo è caratterizzato da negatività. Non si può negare, infatti, che l’insieme di cultura e ideologie abbia avuto anche conseguenze positive. Ad esempio, la letteratura nazionale ha subìto una grande accelerazione grazie alla “protezione” della lingua nazionale. La dottrina propugnata dal nazionalismo occidentale ha esercitato dunque un’influenza tanto sulla vita letteraria quanto sui mezzi di comunicazione a stampa. L’unità giuridica dei moderni Stati nazionali ha posto le basi per grandi opere legislative che, scritte nella lingua nazionale, potevano essere comprese da qualsiasi competente in materia e che fungevano da vincolanti parametri legislativi del sistema giuridico statuale. Lo Stato nazionale rappresentava quindi la realizzazione concreta dell’obiettivo immaginario perseguito dai movimenti nazionali. I numerosi successi contribuirono fortemente a elevare il nazionalismo a religione secolare e ad accrescere l’idolatria dello Stato nazionale: quest’ultimo, infatti, si coniugò subito con lo sviluppo della Rivoluzione industriale, e poi con un alto livello di industrializzazione e una moderna crescita economica accompagnata da un aumento di benessere senza precedenti. Questi fattori furono interrotti solo a causa delle due guerre mondiali e dalla crisi economica mondiale del 1929. Lo Stato nazionale era concepito come un moderno Stato costituzionale, sociale ed interventista: il maggiore interesse per il popolo si sviluppò soprattutto intorno al 1870 in reazione alle crisi economiche, alle ripercussioni sociali del mondo industriale e del sistema politico. Lo Stato si attivava per dare vita a una nuova politica sociale; assistenza privata e corporativa, preservazione da una serie di rischi dando vita a un moderno sistema di assistenza, una rete di sicurezza sociale. Accettare lo Stato nazionale in maniera incondizionata significava insomma muoversi all’altezza dei tempi, essere moderni, vivere in assonanza con la più potente visione del mondo dell’epoca. Ecco perché lo Stato nazionale si vanta e si compiace degli splendidi risultati raggiunti. FINE DEL NAZIONALISMO? Una recente ricerca sul nazionalismo ha avuto come risultato l’idea dell’identità multipla. Dello stesso insieme fa parte l’identità cattolica, l’identità prussiana, l’identità del padre di famiglia, dell’artigiano ecc. Ma in una situazione di crisi come quella rappresentata dal 1914, può succedere che il primato passi all’identità nazionale, mentre le altre identità cadono provvisoriamente in secondo piano o si alleano con l’identità nazionale, conferendole una forza maggiore. Il riconoscimento di questo pluralismo di identità coincide con la teoria sociologica dei Ruoli, la quale attribuiva all’individuo la capacità di esercitare più ruoli, a seconda delle circostanze, senza complicazioni. L’idea dell’identità multipla pone quindi in discussione il monopolio assoluto dell’identità nazionale, che si credeva all’epoca. Ma si pongono in questione anche i princìpi organizzativi del nazionalismo: 1) Esso garantiva la convivenza dei membri di una nazione in condizioni di armonia e di parità di trattamento grazie alla soppressione della gerarchia socio strutturale basata sui privilegi. Di fatto, però, in tutti i paesi il nazionalismo ha favorito la nascita di una consociazione internamente dura e spietata, per niente segnata dalla fratellanza, quanto piuttosto da una diffusa pratica di esclusione: in questo campo si può affermare che il nazionalismo ha decisamente fallito e non ha mantenuto la promessa iniziale. 2) Un’altra promessa affermava che con l’eliminazione delle cause alla base dei conflitti fino ad allora esistiti si sarebbero create e premesse per un mondo pacifico di cittadini membri della nazione, ponendo fine anche ai rapporti di forza tra gli Stati. Ma il nazionalismo europeo ha perduto l’innocenza di questa aspirazione già nel 19° secolo. Si è rivelato un attore tutt’altro che pacifico: la formazione della maggior parte degli Stati nazionali è avvenuta in seguito a guerre di ogni tipo. E nei casi in cui si fosse riuscito a giungere a un compromesso di politica interna o estera, spesso fu dovuto a un cedimento del nazionalismo e dell’egoismo tipico dello Stato nazionale. 3) Il diritto all’autodeterminazione del popoli da sempre fa parte della forza motrice del nazionalismo. Esso fu assunto come norma politica alla base della riorganizzazione degli Stati nel trattato di Parigi, dopo la prima guerra mondiale. Ma ciò produsse il famoso caso dei Balcani; un susseguirsi di guerre. Sembra necessario stabilire una soglia al di sotto della quale non sia più automatico che piccole popolazioni possano costituirsi in Stato nazionale. Nei Balcani o in Africa, ad esempio, potrebbero altrimenti sorgere numerosi minuscoli Stati senza alcuna speranza di sopravvivenza economica e politica, destinati quindi ad essere affidati all’assistenza internazionale. È evidente che una simile presa di posizione riguardante la fissazione di una soglia risente dell’arroganza dei grandi paesi potenti. 4) Un altro rischio risiede nella capacità del nazionalismo di trasformarsi, in una situazione di crisi, in un nazionalismo radicale con una politica e un programma estremi: Popolo eletto e i suoi nemici mortali, Terra promessa e la sua minaccia esistenziale, Missione storica e le sue ambizioni senza confini. Tale politica radicale può essere scaturita anche da una pesante umiliazione da parte di altri paesi: è proprio così che nasce il movimento radical-nazionalista di massa guidato da un messia carismatico come Adolf Hitler. 5) Il nazionalismo e la sua idea di Stato non sono applicabili là dove predominano organizzazioni multietniche e policentriche. Adottato sotto il fascino dell’esempio occidentale, il nazionalismo ha spesso procurato massacri, un ritorno a un nazionalismo particolaristico, una durissima opposizione contro la temuta violazione da parte di un nuovo potere centrale. I popoli imparano in maniera faticosa dai propri errori, e solo dei veri e propri crimini possono lasciare tracce più profonde sulla loro storia. Se, tuttavia, non si vuole abbandonare la fede nella capacità di apprendimento dell’uomo, allora bisogna sperare che le esperienze finora compiute col nazionalismo da parte di tutti i paesi siano ormai sufficienti a screditare definitivamente l’utopia politica in esso contenuta: in poche parole, l’uomo non deve più credere agli ideali estremi del nazionalismo, in quanto portano inevitabilmente allo scontro, diretto o indiretto, con altri paesi. L’obiettivo a cui l’uomo deve aspirare deve essere la garanzia costituzionale dei diritti fondamentali all’interno di un sistema democratico funzionante, che garantisca l’autonomia regionale, l’autonomia culturale e la libertà di religione. Solo in questo modo i cittadini approveranno l’azione del governo del proprio stato, approvazione che dipende anche da: - la capacità di funzionamento delle istituzioni democratiche, del sistema di governo, e del federalismo in alcuni casi. - le garanzie giuridiche mediate da un articolato Stato di diritto - la sicurezza che uno Stato sociale è in grado di garantire ai suoi cittadini. - i livelli di benessere che un’economia sostenibile e capace di crescita è in grado di generare.
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