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Neoclassicismo - Hugh Honour, Appunti di Storia dell'arte contemporanea

Riassunto completo e dettagliato del saggio "Neoclassicismo" di Hugh Honour.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 26/01/2023

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alessia-musico-1 🇮🇹

4.8

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3 documenti

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Scarica Neoclassicismo - Hugh Honour e più Appunti in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! Neoclassicismo Hugh Honour Introduzione Il neoclassicismo è un movimento artistico che si sviluppa nella seconda metà del Settecento, come conseguenza alla cultura illuminista (epoca di grandi rivoluzioni). Esso nasce come reazione agli eccessi del tardo Barocco e del Rococò (due tendenze artistiche che i razionalisti del classicismo definivano teatrali, esuberanti, false, prive di gusto e di nobiltà d’espressione poiché troppo lontane dalle regole auree dell’arte classica greco-romana a cui questi si ispiravano). Il termine “Neoclassicismo” viene coniato nell’800 con intento dispregiativo per indicare quello che allora si considerava uno stile freddo e impersonale fondato sull’imitazione artificiosa della scultura greco-romana. Inoltre, il termine in questione mette in evidenza la sua contrapposizione con lo stile romantico (attenzione: si tratta di una concezione tutta ottocentesca e quindi estranea al settecento). Allo stesso modo, i termini “neoclassicismo” e “classicismo”non vennero utilizzati nel Settecento ma coniati successivamente. E allora che termine si usava per indicare il nuovo stile? Critici, teorici e artisti per definire questa nuova corrente artistica utilizzavano l’espressione “vero stile” poiché ritenevano che essa fosse una sorta di risorgimento\rinascimento delle arti. Il Neoclassicismo è un movimento dalla breve durata che matura molto velocemente, seguito da un periodo di decadenza e deprezzamento (svalutazione). C’è da sottolineare però che il neoclassicismo va a degenerare in tante piccole correnti tra cui: ● Il ritorno all’ordine del periodo fascista → Negli anni 20 del ‘900 si registra un evidente abbandono dallo sperimentalismo delle Avanguardie per ricercare un nuovo equilibrio, recuperando linguaggi ed iconografie classici oltre che tecniche più tradizionali. ● L’architettura neoclassica del periodo fascista\nazista → architettura che proponeva un linguaggio più sobrio, geometricamente semplificato ma non povero ed anzi di tipo monumentale. Durante il regime fascista l’arte neoclassica reincarnava i programmi politici più reazionari e veniva utilizzata come potente mezzo propagandistico (come anche il giornalismo e il cinema). Questa serie di correnti\sviluppi del neoclassicismo ha finito per oscurare il movimento neoclassico vero e proprio e di conseguenza le sue reali aspirazioni. Capitolo 1 Classicismo e Neoclassicismo Un mutamento di sensibilità Nel 1759 D’Alembert scriveva di un notevole mutamento delle idee. Tale “mutamento” è probabilmente riferito alla filosofia ed in particolare al trionfo dei philosophes (gli intellettuali dell’illuminismo) le cui idee non a caso erano contenute all’interno dell’Encyclopédie (di cui lo stesso D'Alembert ne era direttore insieme a Diderot). Nonostante ciò il mutamento di cui parla D'Alembert può essere anche applicato a: ● Arte → in particolare all’atmosfera che si iniziava a respirare all’interno dei salons parigini, nei quali risulta evidente un cambiamento di stile decorativo più sobrio e leggero, rispetto agli eccessi del Rococò (le decorazioni divennero meno stravaganti). ● Illuminismo → anche l’illuminismo subisce un mutamento assumendo toni più seri in modo tale da potersi concentrare maggiormente nella costruzione di un mondo nuovo senza più perseguire la lotta alla superstizione e al dogma. Intanto sulla scena era entrato anche Rousseau con il “discorso sulle scienze e le arti” un’opera che diede al filosofo molta fama ma che al tempo stesso lo allontanò dagli intellettuali illuministi (philosophes) che lavoravano al progetto dell'encyclopédie e che avevano una concezione del progresso assai dierente rispetto alla sua. Rousseau infatti sosteneva che il progresso scientifico aveva: ● Incrementato la corruzione ● Indebolito la virtù civica (ovvero i valori della società civile) →in particolare l’amore del cittadino verso la patria e la libertà. Sempre secondo il filosofo il progresso culturale e materiale non comporta un miglioramento morale: questo perché la vita ranata e lussuosa conduce alla ricerca egoistica del vantaggio personale e al disinteresse per il bene comune (evidente critica ai salons parigini che puntavano all’apparenza piuttosto che all’essenza). Allo stesso modo, la reazione di molti intellettuali illuministi non si fece attendere e sfociò in una forte opposizione verso le frivolezze e il cinismo della società. Questa reazione di opposizione trova il suo parallelo nell’arte con il rifiuto del rococò, espressione della società dell’ancien régime dai gusti frivoli ed esageratamente lussuosi. Si tratta di un fenomeno molto vasto che interessa tutta l’Europa seppur in modo dierente. Siamo dunque di fronte ad un rifiuto radicale\disprezzo dei critici verso: ● Soggetti ● Elementi sensuali: charme, grazia etc… considerati immorali ● Mondanità, seduzione, virtuosismi, accorgimenti pittorici e illusionistici (di cui il barocco e il rococò facevano ampio utilizzo). ATTENZIONE: il Rococò non viene eliminato completamente e riesce a resistere in alcune zone sino alla fine del secolo. Questo atteggiamento di repulsione verso il Rococò spinge alcuni artisti come Flaxman a considerare scultori ranati come Rysbrack e Scheemakers come semplici artigiani (e dunque non come artisti). A ciò consegue una diversa considerazione dell’artista e della sua funzione nella società: l’artista non deve più rivolgere la sua arte al privato assecondando i capricci del committente (rifiutando il ruolo di semplice artigiano) ma indirizzarla verso un pubblico più vasto (divenendo sommo sacerdote). Per riuscire a far ciò l’artista doveva allontanarsi dalle frivolezze e dalle vuote pomposità del Rococò per avvicinarsi ad uno stile dierente interessato a: 1. Scene virtuose → vi si attinge alla mitologia e alla storia per la rappresentazione di scene borghesi. 2. Eroico patriottismo Il nuovo stile cambia anche dal punto di vista tecnico; infatti si assiste a: ● Utilizzo di colori chiari e freddi (al posto dei colori pastello) stesi in modo piatto senza tonalità chiaroscurali (non c’è più mescolanza di colori come nel Barocco e nel Rococò) marcato chiaroscuro e l’eetto illusorio del trompe l’oeil. Il risorgimento delle arti Le tendenze neoclassiche che si erano manifestate a metà del ‘700 culminarono in 3 capolavori senza precedenti: ● Il giuramento degli orazi di David ● Il monumento funebre a Clemente XIV di Canova ● Le barrières parigine Ledoux. Queste opere furono realizzate in anni compresi tra il 1783 e il 1789, alla vigilia della rivoluzione francese; nonostante ciò le opere in questione non presentano un esplicito significato|richiamo politico. 1.Jacques Louis David Partiamo dal più grande degli esponenti dell’epoca: Jacques Louis David, il quale si forma nella sua cittadina allora dominata ancora dal gusto Rococò. Nel 1774 egli riceve la Prix de Rome1 che gli consente di studiare le grandi bellezze italiane. In un primo momento l’artista non è entusiasta di questo viaggio poiché ritiene che non abbia nulla da imparare dalle antichità ma tutto cambia quando a Napoli incontrerà un discepolo di Winckelmann tale Quatremère de Quincy. Da questo incontro ne nasce il Belisario che riceve l’elemosina. Dipinto dopo il rientro di David in Francia, la tela narra un episodio, storicamente infondato, attribuito a Belisario, un celebre generale bizantino al servizio di Giustiniano: caduto in disgrazia negli ultimi anni di vita e ormai cieco, l’uomo fu riconosciuto da un suo soldato - ritratto in atteggiamento di evidente stupore a sinistra - mentre chiedeva l'elemosina. L’episodio era già stato dipinto precedentemente ma mai sotto questa luce. La vicenda rappresentata acquista qui un significato universale: essa costituisce infatti una meditazione sulla caducità della gloria umana, sulla desolazione della vecchiaia e sulla necessità di conservare forza morale anche nelle avversità. Tutto ciò viene anche suggerito dalla sobrietà di gesti (contenuti) e colori (bassi). Ma quest’opera si rifà ancora al Revival di Luigi XIV e risente moltissimo dello studio di Poussin. E’ con il Giuramento degli Orazi che David raggiunge piena maturità mettendo a punto un nuovo stile fondendo insieme forma e contenuto nel migliore dei modi. Quest’opera rappresenta l'esito stilisticamente più alto della pittura di soggetto storico di età neoclassica. Prix de Rome1 → borsa di studio istituita dall’Accademia reale francese per premiare gli artisti più promettenti con un viaggio a Roma. Per il soggetto David si ispirò alle vicende degli Orazi narrate da Tito Livio ma anche all’Horace di Pierre Corneille L’episodio è assai noto: Nel corso della guerra tra Roma e Albalonga (nel VII secolo a. C.) si decise di mettere fine al conflitto con uno scontro diretto tra tre fratelli Albani, i Curiazi, e tre fratelli romani, gli Orazi. Dopo la vittoria, l’unico superstite Orazio uccise la sorella colpevole di aver pianto la morte di un Curiazio a cui era promessa in sposa. Ma attenzione: l’Orazio superstite aveva mostrato un ammirevole spirito patriottico ma una forte mancanza di autocontrollo. Per tali ragioni, dopo aver eseguito un disegno preliminare fondato sulla versione di Livio, David decise di abbandonarlo e rappresentare un momento che NON trova riscontro nelle fonti: quello del solenne giuramento con il quale i tre giovani Orazi, di fronte al padre, programmano di essere disposti a sacrificare la loro vita per la Patria. Il messaggio morale, l’esaltazione del patriottismo ed il mantenimento\rispetto degli ideali politici, viene raorzato dalle scelte stilistiche di David (semplicità dell’ambiente, purezza del colore etc..) che non permettono di distogliere l’attenzione dal soggetto principale ed anzi mettono in risalto l’eroismo del gesto patriottico. Un elemento che va sicuramente notato è che al coraggio e alla determinazione virile si contrappone la rassegnazione femminile per le conseguenze fatali di tale decisione. A sottolineare la distinzione tra fermezza maschile e femminile abbandono al dolore è il disegno anatomico: ● Orazi → muscolatura tesa e potente resa attraverso contorni netti. ● Gruppo delle donne → mollezza data da un linearismo fluente. La resa scultorea delle figure e la loro disposizione all’interno della scatola prospettica fanno pensare immediatamente ai bassorilievi romani. In realtà David deve questa sua impostazione alla teoria accademica insegnatagli all’Ecole che frequentò per ben vent'anni; è anche vero però che in questo processo egli dovette confrontarsi con la scultura antica e le descrizioni di Polignoto, facendo riferimento anche alle composizioni ad unico piano di Perugino e forse anche a quelle di Giotto. 2. Antonio Canova Altro grande esponente di questi anni fu Antonio Canova. Come David, anch’egli iniziò la sua carriera a contatto con il Rococò; solo dopo il 1780, quando Solo dopo un viaggio a Roma eseguito nel 1780 e nel quale entrò in una cerchia internazionale di artisti e teorici elaborò un nuovo stile abbandonando ciò che fino ad allora aveva sperimentato. Il risultato fu Teseo e il Minotauro morto. L’artista scelse di non rappresentare il momento dello scontro tra le due figure ma, su suggerimento di Hamilton, di cogliere l’eroe nel momento di riposo e riflessione successiva all’episodio, il momento di calma dopo la vittoria. L’opera è vista come un simbolo della sua conversione stilistica: il naturalismo veneziano (la pelle e le viscere del mostro) e l’idealismo (bellezza tipica di un eroe classico). L’opera conferì a Canova i titoli di “restauratore” e “continuatore della tradizione classica” assicurandogli un ruolo di primo piano sulla scena romana e diverse importanti commissioni tra cui i due monumenti funebri papali (a Papa Clemente XII ed a Papa Clemente XIV) Nel suo Monumento funebre a Clemente XIV, egli decise di mettere fine a molte delle soluzioni barocche applicate sino ad allora ai monumenti funebri papali (panneggi vorticosi, marmi policromi, ricchezza di elementi ornamentali e accorgimenti illusionistici) per approdare verso qualcosa di nuovo, con un evidente richiamo alle severe critiche di Winckelmann. L’artista infatti trasforma le personificazioni dell’umiltà e della temperanza in soggetti che compiangono la morte del papa in silenzio e con profondo dolore. Queste soluzioni furono ampiamente apprezzate da tutti gli artisti e critici più avanzati come ad esempio Milizia che dichiarò come l’opera sembrasse “scolpita nel miglior periodo dell’arte greca”. Forse David vide i modelli di questo monumento mentre stava lavorando al Giuramento degli orazi. Questo principalmente per alcune similarità come: 1. L’insistenza sull'orizzontalità 2. Le figure di profilo o perfettamente frontali Un analogo esempio di giustapposizione delle parti lo possiamo vedere con Le barrières parigine Ledoux, un’opera che va insieme al giuramento degli orazi di David per via del linguaggio altamente semplificato e al Monumento papale di Canova per via dell’impiego di forme geometriche pure. Essa era costituita da una pianta a croce greca sormontata da un cilindro. Le colonne ed i pilastri sono tuscanici senza base e volutamente severi (non hanno alcuna funzione pratica). La potente immaginazione di Piranesi influenzò personalità come Fuseli, il quale realizzerà un disegno intitolato “l'artista commosso dalla grandiosità delle rovine antiche” ma provocherà anche parecchia delusione in chi, come Goethe e Flaxman, si era creato delle grosse aspettative poi disattese (questi infatti trovarono le rovine meno grandiose di quanto Piranesi avesse fatto credere con le sue incisioni). Piranesi era fermamente convinto che la magnificenza romana si esprimesse attraverso la massa, ed ecco allora che nelle sue incisioni: 1. Accentua la compattezza\solidità di muri e bastioni 2. Ricerca la scala ciclopica: muri molto alti e profondi 3. Realizza le vedute d’interni in uno spazio illimitato con volte e cupole che appaiono soocate dalla muratura che le sovrasta. Nel 1761 il teorico scrisse un libro molto polemico intitolato “Della magnificenza ed architettura de’ romani” nella quale egli sosteneva che gli etruschi avessero portato le arti (pittura, scultura e architettura ma anche matematica e arti tecniche) al loro massimo splendore che venne poi tramandato dagli stessi ai loro eredi, i romani, e degradata dai greci. Lo scopo di Piranesi era quello di far capire agli architetti la necessità di liberarsi della teoria accademica per creare un nuovo stile ispirato all’architettura romana. Egli ebbe ben poche occasioni per mettere in pratica le sue idee architettoniche; stranamente l’unico edificio da lui costruito, la Chiesa di Santa Maria del Priorato a Roma, risulta assai anonimo e privo di quella sua potenza immaginativa. CURIOSITA’: P. realizza un candelabro come ornamento per la propria tomba composto da frammenti di marmo antico: elementi di troni, altari, sarcofagi, vasi, colonne etc… Il pensiero di Piranesi si diuse mediante le sue incisioni e molti architetti, tra i quali Soane e Ledoux, ne trassero spunto per le proprie realizzazioni. Il secondo si comporta esattamente come Piranesi ma nell’ambito dell’arte greca. W. aerma che le statue antiche non sono semplicemente delle reliquie di una civiltà ormai scomparsa ma opere d’arte vive che incarnano lo spirito greco e che pertanto possono destare l’interesse degli uomini. Prima di W. la parola “antichità” indicava un periodo che andava dal V secolo a.C. al regno bizantino di Foca (imperatore); è sotto lo storico dell’arte che viene sviluppato un metodo storico per lo studio delle opere antiche basato sulla suddivisione della storia dell’arte greca in 4 periodi storici: 1. Stile primitivo (quello che oggi noi chiamiamo arcaico). 2. Stile grandioso (quello di Fidia-prima metà del V secolo a.C.). 3. Stile bello (quello di Prassitele e Lisippo seconda metà del V secolo). 4. Stile d’imitazione (l’Ellenismo che perdura sino alla caduta dell’impero romano). Per supportare la tesi della superiorità dell’arte greca rispetto ad altre, W. fece uso di una teoria in voga all’epoca nella quale si aermava che clima e ambiente fossero in grado di influenzare il genere umano. Ecco allora che per via del clima mite e dell’ambiente democratico (democrazia nata sotto Clistene e portata avanti sotto Pericle) i greci divenivano la razza più bella mai esistita. Per contro gli egizi venivano considerati come brutti uomini dai piedi piatti poiché erano il prodotto del clima torrido e di un governo dispotico e pertanto incapaci di rappresentare la perfezione del genere umano. Winckelmann fu particolarmente colpito dall’Apollo del Belvedere di Leocare, una scultura che a suo parere incarna la massima espressione della classicità. «L’Apollo del Belvedere rappresenta il più alto ideale artistico fra tutte le opere dell’antichità sfuggite alla distruzione.» Per quanto l’Apollo del Belvedere fosse stato profondamente ammirato sin dalla sua scoperta avvenuta nel ‘400 mai ricevette un elogio come quello di Winckelmann; ciò aprì le porte alla critica soggettiva ed impressionistica dell’arte. Winckelmann dunque non si limitò a suggerire regole e norme per fissare i nuovi canoni neoclassici, ma invitò il pubblico a emozionarsi davanti alle opere antiche e ad accendere il proprio spirito di fronte alla loro bellezza. Lo storico dell’arte si spinge oltre aermando che: «L’unica via, per noi, per diventare grandi e se possibile inimitabili, è l’imitazione degli antichi» Questo invito all’imitazione degli antichi però è stato a lungo frainteso: si credette infatti che con la parola imitazione si intendesse copiare l’antico; ma Winckelmann non giunse mai a teorizzare la copia che per giunta aveva un carattere servile ma a produrre opere in modo creativo, ispirandosi ai principi regolatori dell’arte classica. Solo in questo modo, imitando cioè l’arte antica, l’artista moderno poteva giungere alla nobile semplicità e quieta grandezza. Il pensiero di Winckelmann probabilmente influenzò molto di più scrittori e committenti che artisti; persino personalità contrarie al suo pensiero come Herder. Omero Nel ‘700 si assiste ad una profonda rivalutazione del poeta greco Omero; ciò attesta e spiega il cambiamento di posizione nei confronti dell’antichità e del valore e fine di tutte le opere antiche (dalla letteratura all’arte). Agli inizi del secolo Omero era considerato uno dei più grandi poeti antichi; solo Dante e Shakespeare, i due giganti moderni, potevano stargli alla pari. Ma qualcosa stava per accadere. Il secolo in questione vide molteplici traduzioni dei poemi omerici, in particolare dell’Iliade: si va da Cowper il quale accentua l’antichità usando versi sciolti miltoniani fino a Voss che con lo stesso intento utilizza gli esametri megalitici2. Tra tutte le traduzioni la più importante venne eseguita da Alexander Pope. Il poeta inglese tradusse il poema raorzandone la modernità inserendo un paesaggio pastorale e ampliando gli epiteti (elementi sconosciuti al poema omerico). Il poeta si spinse oltre dichiarando che: “i poemi omerici sono un intrico di selvagge bellezze da poter migliorare attraverso l’uso di falcetto e forbici”. In altre parole Pope sta dicendo che i poemi omerici sono opere grezze da poter rifinire. Dopo una tale dichiarazione in molti si accanirono contro lo scrittore inglese; un esempio lampante è la traduttrice francese Mme Didier che lo accusava di giudizio ingiusto e malevolo asserendo che nessuno sarebbe mai riuscito a raggiungere la perfezione della poesia di Omero. Controbattè con queste parole: “lungi dall’essere un intrico di vegetazione incolta, l’iliade è il meglio ordinato e simmetrico dei giardini che mai ci sia stato”. Anche se a prevalere fu l’opinione di Pope, è interessante notare ciò che accadde in seguito ovvero un generale apprezzamento delle opere antiche nella loro sostanza (così com’erano). Da qui ebbero la loro rivalsa le tragedie greche di Eschilo, tradotte per la prima volta in inglese e francese, le opere di Esiodo e Pindaro etc… Questo nuovo atteggiamento fece sì che venisse prodotto e in seguito messo in circolazione il più grande falso del secolo: i Canti di Ossian di James Macpherson. Si tratta di un’opera che l’autore pubblicò in modo anonimo, facendo credere che si trattasse della traduzione di una raccolta di antichi canti gaelici, attribuiti ad un leggendario cantore bardo chiamato Ossian. Sin da subito furono in molti a mostrarsi entusiasti: da Goethe che nei dolori del giovane Werther scrisse “Ossian ha sostituito Omero nel mio cuore” sino a l’abate italiano Cesarotti che abbandonò il suo commento a Omero per dedicarsi alla traduzione di Ossian. Il fervore fu così forte che Ossian fu definito l’Omero del Nord; questo perché Macpherson cercò in ogni modo di fare meglio di Omero, correggendo quelle che negli anni 60 erano state considerate le sue deficienze. Ciò risulta evidente se osserviamo le numerose dierenze tra i due poeti: ● Mentre l’elemento di superstizione di Omero coincideva con divino, per Ossian corrispondeva agli spiriti i quali possono prendere forma di ricordi, visioni in sogno e premonizioni senza avere un ruolo decisivo nella vita degli uomini. ● Nelle faccende erotiche Omero era molto spinto; Ossian rimane estraneo ad esse. ● Gli eroi di Omero erano spesso bugiardi e dall’atteggiamento infantile ed insistente, quelli di Ossian nobili d’animo come se fossero stati educati secondo i progetti di Marco Aurelio e Cicerone Quello che è interessante notare è che Macpherson da vita ad un prodotto che rispecchia esattamente il pensiero dell’epoca. In altre parole i suoi poemi ci mostrano la poesia primitiva e di conseguenza la vita primitiva così come il tardo settecento voleva vederla (rude, non ricercata, priva di immoralità ma non di sentimento). E questo stesso atteggiamento lo ritroviamo in moltissime rappresentazioni neoclassiche dei temi omerici: artisti e committenti preferiscono soggetti che mostrano la loro nobiltà d’animo e l’eroismo piuttosto che qualsiasi forma di sensualità (ciò è evidente per esempio in David che per il suo Paride ed Elena cercò di non cadere nella lascivia o in Fuseli che nella rappresentazione di Achille ai funerali di Patroclo si rivolse ad Omero per trovarvi temi che esprimessero in primis emozioni semplici e incorrotte e in secundis la naturale nobiltà delle azioni eroiche). Capitolo 3 Arte e politica Legare l'arte alla politica e alle condizioni sociali era un modo di pensare abbastanza diuso nel Settecento illuministico (lo vediamo con Winckelmann e Shaftesbury). Tuttavia più guardiamo da vicino i singoli artisti e le loro opere d’arte più risulta dicile associare la rivoluzione artistica a quella politica. Per analizzare le possibili motivazioni politiche degli artisti dobbiamo fare un breve excursus sui fatti accaduti durante gli anni della rivoluzione: ● 1788 →la situazione già precaria per via della crisi economica ed agricola si inasprì ulteriormente per via dell’aumento del prezzo del pane aggravando così la miseria dei ceti popolari e facendo crescere il numero degli aamati. Una grande responsabilità di tale crisi andava attribuita alla monarchia: il re Luigi XVI sperperò denaro a piene mani per mantenere la corte, l’esercito e la burocrazia, ma incassava assai meno di quanto spendesse anche perché la nobiltà e il clero, le due classi più ricche, non pagavano le imposte. Di fronte all’aumento del deficit divenne urgente fare una seria riforma del Da citare poi è la grande tela delle Sabine; i primi schizzi furono realizzati quando David era in prigione (in quanto amico e sostenitore di Robespierre). La tela è una sorta di invito alla deposizione delle armi anché si possa raggiungere la pace nazionale dando fine al regime del terrore (fenomeno successivo alla Rivoluzione). David quindi diventa l'artista chiave per ogni discorso sull'arte e sulla politica di questa epoca. Ma ci sono stati altri artisti che seguirono la sua scia: Nel 1799 uno dei suoi migliori seguaci, Pierre Narcisse Guérin espose al Salon un quadro ragurante Il ritorno di Marco Sesto un romano esiliato da Lucio Cornelio Silla ritornato in patria per trovare la moglie ormai morta e la figlia distrutta dal dolore. Quest’opera fu percepita dagli emigrati francesi che proprio quell’anno erano rientrati in patria come un'allegoria della loro condizione. Ma è alquanto incerto che fosse stata questa l’intenzione dell’artista al momento dell’esecuzione nel 1797. A tal proposito, Canova in una lettera del 1799 ore un esempio della facilità con la quale un’opera d’arte poteva essere legata all’attualità. Nella lettera Canova racconta di un gruppo di francesi che frequentavano il suo studio e che rimasero particolarmente colpiti dal gruppo scultoreo di Ercole e Lica supponendo che l’opera rappresentasse Ercole che gettava in aria la monarchia. In conclusione un’opera d’arte veramente politica non deve lasciare spazio ad ambiguità che generino mal interpretazioni. L’opera d’arte politica dunque deve veicolare un messaggio schietto e il più diretto possibile. La funzione educativa dell'arte Nel 1793 Leopold Boilly fu accusato della realizzazione di dipinti troppo osceni per la morale repubblicana. In realtà l’artista non si spinse mai oltre un delicato erotismo; tuttavia le sue opere risultano frivole e poco serie. Lebrun, membro della società popolare, definì le sue opere controrivoluzionarie, utili solo ad alleviare la noia. Nel Settecento furono oggetto di critica e successiva condanna non solo i soggetti artistici ritenuti immorali e licenziosi ma anche tutte impurità di stile. Per tali ragioni divenne essenziale impartire all’artista una precisa formazione intellettuale con la quale egli fosse in grado di realizzare opere animate da un serio intento morale. Se nel primo Settecento sotto Luigi XIV il compito dell’arte era quello di celebrare la gloria e tutte le virtù annesse alla regalità, dal 1774 in poi sotto D’Angiviller le cose cambiano: l’arte viene ora impiegata al fine di educare il popolo attraverso esempi di coraggio, sobrietà, patriottismo e rispetto delle leggi. I risultati più elevati in tal senso si hanno con David (in particolare con il Giuramento degli Orazi e i Littori che riportano a Bruto i corpi dei suoi figli). L’idea che l’arte potesse servire come esempio morale ed educativo aonda le proprie radici in epoca romana con i busti ritratto. Ed ecco che, dopo essere stato messo da parte nell’epoca successiva al Rinascimento, sulla metà del ‘700 il desiderio di celebrare uomini illustri (soprattutto filosofi e scrittori) attraverso la scultura marmorea o bronzea torna a manifestarsi diondendosi in tutta Europa. Numerosi monumenti furono eretti per rendere omaggio a personaggi scomparsi da tempo: da Galileo in Santa Croce (Firenze), a Shakespeare nell’abbazia di Westminster sino a Cartesio a Stoccolma. Questo culto fu particolarmente intenso in: ● Inghilterra → la regina Carolina nel 1732 fece erigere busti a Locke (filosofo) Newton (scienziato) Wollaston (fisico e chimico) e Clarke (filosofo) nell’Hermitage del suo giardino. ● Italia → dal 1776 in poi a Roma busti di artisti e scrittori, tra cui quello di Winckelmann, si accumularono nel Pantheon. Sul finire del secolo, la tendenza dell’arte come esempio educativo,viene estesa anche ai monumenti architettonici dedicati a idee generali o a singoli individui: è il caso del Cenotafio di Isaac Newton un progetto eseguito dall’architetto Etienne Louis Boullée volto a ricreare un modello in miniatura dell’universo (le cui dinamiche furono scoperte proprio dallo scienziato inglese attraverso la legge gravitazionale). Durante il settecento si diuse tra gli illuministi la convinzione che la grandezza dei potenti si misurasse attraverso la cultura (arte e letteratura) e che non dipendesse quindi dalle conquiste territoriali e\o materiali; ciò contribuì ad accrescere l’importanza dell’arte. In questo contesto si registrano due grandi avvenimenti: ● Si moltiplicano le Accademie ● Nasce il museo pubblico Il primo museo pubblico nacque in Germania: si tratta del “Fridericianum” costruito nel 1769 in stile classico ed ospitante statue classiche, una biblioteca ed una collezione di storia naturale. In Italia i Musei Vaticani circa nello stesso periodo vengono dotati di innovative sale per l’esposizione delle antichità volute da Papa Pio VI. Tuttavia, non si può ancora parlare di museo pubblico in senso moderno: le collezioni esposte al loro interno infatti non erano destinate a tutti ma solo ad alcune classi sociali (permangono dunque distinzioni di ceto). Bisogna aspettare la fine del Settecento perché l’opera d’arte venga considerata patrimonio dell’umanità, un bene da custodire non più nei palazzi sotto forma di collezionismo privato accessibile a pochi ma nei pubblici musei in modo da garantire a tutti il diritto di prenderne visione e, qualora si avessero gli strumenti necessari, di compiere studi approfonditi per ampliarne le conoscenze. Questa è una delle concezioni che il mondo moderno ha ereditato dal Neoclassicismo. Artisti e committenti La tendenza dell’arte come esempio educativo fu ben accolta dal ceto medio (borghesia), il quale tra l’altro ebbe un ruolo importantissimo nella maturazione del gusto tardo settecentesco sia a livello artistico che letterario. E’ questo il periodo in cui giunge a piena fioritura il romanzo che trova l’interesse più vivo nel pubblico borghese il quale sceglie letture meno frivole e più seriose con il puro intento di ampliare la propria conoscenza e aprirsi al miglioramento (non leggono dunque per diletto). In ambito artistico, il ceto medio, che non possedeva grandi spazi per l’esposizione delle opere, né poteva permetterseli, cominciò a partecipare sempre più assiduamente alle esposizioni pubbliche. Ed ecco che Parigi, Londra e alcune città italiane diventano mete frequentatissime soprattutto dal pubblico borghese: solo i salons parigini ospitavano numeri altissimi di visitatori (700 al giorno). Oltre all’aumento delle esposizioni pubbliche, nel Settecento si registra un’intensa diusione della stampa (corrispettivo visivo del romanzo). Grazie a quest’ultima fu possibile divulgare in tutta l’Europa illustrazioni ed opere: è il caso dei quadri omerici di G. Hamilton e delle illustrazioni dei poemi omerici di Flaxman. Le stampe più diuse e gettonate ebbero come oggetto avvenimenti contemporanei. Anche la visione della società nei confronti degli artisti è destinata a subire un grosso mutamento: se prima venivano considerati come semplici artigiani alle dipendenze del committente, ora vengono riconosciuti come professionisti. Di conseguenza cambiano anche i rapporti con la committenza e l’artista si avvia verso l’indipendenza artistica. Per quanto riguarda le opere d’arte, la tipologia artistica più diusa tra i membri della borghesia fu il ritratto ma, sebbene in precedenza la classe media era solita farsi ritrarre con fare nobile ad imitazione delle classi sociali più alte, con il nuovo secolo inizia ad essere figurata così com’è realmente. Ciò risulta evidente ad esempio con Reynolds e il ritratto di Baretti (che legge un libro) e David con il Ritratto di Leroy (un ginecologo al lavoro tra libri e apparecchi di vario genere). Si tratta di ritratti diretti e concreti, privi di pose importanti o gesti retorici, in cui i soggetti risultano collocati in una semplice atmosfera familiare. Questo genere artistico non era riservato solo ai borghesi che esercitavano una professione: molti furono i membri dell’alta nobiltà che vollero essere ritratti allo stesso modo. A lungo andare anche gli esponenti delle classi inferiori poterono avere il loro ritratto (spesso di famiglia): ne è un esempio il Ritratto di un uomo e dei suoi figli (artista anonimo). Ma anche in questo caso si assiste ad una variazione: vengono eliminati tutti gli elementi che contrassegnavano il vecchio ritratto proletario (stracci, mani callose, rughe, piedi scalzi) che tanto divertivano i ricchi. I nuovi ritratti mettono in evidenza il calore, la semplicità e la dignità, Il modello antico a cui Thorvaldsen si ispirò fu probabilmente il Doriforo di Policleto, ma dovette rifarsi anche ad un disegno di Carstens per Gli Argonauti. Questo è un passaggio importante poiché da qui si dà il via all’emancipazione degli scultori che adesso possono lavorare anche senza commissione. Durante tutto il XVIII secolo, soprattutto nel Nord Europa, viene spesso richiesto agli architetti di impiegare, per la realizzazione dei nuovi edifici, elementi architettonici desunti delle antiche rovine romane come: capitelli, colonne, motivi ornamentali etc… Qualcuno si spinse addirittura a richiedere la riproduzione di interi edifici. ATTENZIONE: qui non parliamo di imitazione ma di semplice riproduzione. Gradualmente però l’architetto neoclassico si mostra incline ad inventare nuovi ordini sempre nel rispetto dello spirito classico: in tal senso ricordiamo Latrobe che riprese la forma canonica del capitello corinzio greco sostituendo le foglie d’acanto con foglie di tabacco e pannocchie. In conclusione possiamo dire che artisti e progettisti cominciarono ad abbandonare le soluzioni Rococò per aderire a soluzioni ben più sobrie e solide ispirate ad oggetti greci e romani. Anche oggetti come vasi e zuppiere, sedie e tavoli sono di chiara ispirazione greco-romana: un chiarissimo esempio è la salsiera di Boulton la quale combina insieme le forme del Kantharos e del Kylix (due coppe usate durante i banchetti per bere il vino) con la decorazione scultorea romana. Gli artisti neoclassici cominciarono ad avere una piena coscienza di sé: non si consideravano semplici imitatori ma restauratori del vero stile. Convinti che l’arte dovesse rivolgersi all’intelletto e alla percezione dei sensi, non vedevano di buon occhio gli eetti di colore e materia perché ritenuti superficiali ed ingannevoli. Difatti, il colore secondo la loro concezione, mascherava la purezza delle forme essenziali (come fanno gli abiti sul corpo umano deformandolo). Al colore si preferivano le pure e semplici linee di contorno (in tal senso, il settecento vedrà molti artisti che faranno della linea di contorno il loro punto di forza, il più conosciuto è senz’altro Flaxman). Il nudo neoclassico Per quanto riguarda la rappresentazione del nudo nel ‘700, l’artista è obbligato a rifarsi ai modelli del passato (statue antiche si intende), anche perché i modelli che posavano al tempo erano oltre che rari poco soddisfacenti. Gli artisti perciò cercavano dei modelli privati che potessero posare per loro. Non era aatto una ricerca semplice e spesso si finiva in una serie di inconvenienti: è il caso di Bouchardon che cercando un modello per il suo Cupido finì a sbirciare dei ragazzini che facevano il bagno nella Senna, per poi avvicinare a sé quello che che gli sembrava più adatto, orendogli del denaro in cambio. Ebbene si, l’unico esito che ottenne fu l’esser frainteso e portato alla polizia. E’ chiaro che tutto ciò confinava l’artista in serie dicoltà. Un grande sussidio agli artisti però veniva fornito dalle raccolte di calchi in gesso delle statue antiche, tanto che si cominciò a far posare gli stessi modelli in atteggiamenti simili. Esempio pratico: Nella “Morte del Capitano Cook” di Zoany, Cook è ragurato nell’atteggiamento del Galata morente, la figura a destra invece è modellata sul Discobolo della collezione Townley e così via. Vedi immagine sotto Dunque, la statuaria antica diventava una seconda natura a cui far riferimento per la realizzazione del nudo: utile sia per la ricerca delle pose, sia come guida per l’ottenimento di un’opera d’arte ideale. In eetti, se ci pensiamo, gli scultori greci furono i primi a raggiungere la forma perfetta a livello anatomico (in particolare nel periodo classico V-IV secolo). L’obiettivo dell’artista neoclassico era quello di rimuovere ogni tipo di erotismo in favore di una resa più pura, semplice e innocente del nudo. Il nudo veniva accettato solo se rispecchiava questa concezione. Molti furono gli esponenti del periodo a condividere tale concezione: nel 1770 una serie di letterati commissionò a Pigalle, scultore francese, la realizzazione di una scultura che ragurasse il filosofo Voltaire, il quale doveva essere ragurato quasi completamente nudo se non fosse per la presenza del succinto panneggio posto intorno ai fianchi. Ancora una volta il modello viene ripreso dall’arte antica (vedi ad esempio l’aresco di Socrate rinvenuto in una casa di Efeso). In questo caso però abbiamo una grossa dierenza: il filosofo infatti non è rappresentato nel pieno delle sue forze come si era soliti fare in antico ma nelle vesti di un uomo ormai vecchio e stanco dal dorso scarno e le gambe secche. Agli occhi dei moderni quest’immagine viene letta come il trionfo dello spirito sulla fragilità del corpo ma i contemporanei non la videro allo stesso modo e la sua ragurazione fu ampiamente discussa (fu addirittura condannata da Quincy per essere troppo naturalistica e troppo poco eroica). Se la ragione fosse architetto Durante il corso del ‘700 vi è una ricerca costante volta al raggiungimento di una maggiore semplicità e purezza formale; ciò risulta evidente soprattutto in architettura, la quale approda al cosiddetto primitivismo radicale, uno stile architettonico che vede l’utilizzo di forme semplici e primitive, ispirate a quelle delle antiche civiltà, evitando le forme elaborate tipiche del Rococò e del Barocco. Difatti, una delle ambizioni più sentite dalla prima generazione di neoclassicisti fu proprio quella di liberarsi degli eccessi del Rococò. Di conseguenza questi ultimi tornarono a confrontarsi con l’architettura antica e ne approfondirono lo studio: i risultati ottenuti vennero pubblicati in manuali che gli architetti potevano consultare per purificare e correggere il loro stile. In un primo momento tali volumi vennero utilizzati perlopiù come spunti per la realizzazione di elementi decorativi all’antica, allora di moda, che non dierivano molto da quelli Rococò. Nonostante ciò, alcuni architetti, tra i quali Souot (Parigi) e Robert Adam (Inghilterra), preannunciarono l’inizio dell’architettura geometrica (la quale avrà molta importanza in seguito). Vediamo un esempio: La Chiesa dedicata a Saint-Geneviève, nota anche come Pantheon di Parigi, in cui il progetto rompe con gli stili precedenti (Rococò e Barocco) grazie alla perfetta simmetria e al rifiuto di qualsiasi eccesso decorativo. E’ molto importante notare come la severa regolarità classica e la monumentalità romana si combinino insieme dando vita ad una straordinaria leggerezza, simile a quella degli edifici gotici. In questa, così come in altre architetture, si legge una nuova concezione dell’architettura: il desiderio di risalire alla pura semplicità. A metà del secolo, grazie all’attività archeologica, vennero messi a disposizione i primi disegni accurati dei templi dorici greci; l’ordine dorico cominciò ad essere considerato il più puro e incorrotto tra gli ordini architettonici poiché più virile e spoglio di ornamenti superflui. Non contento, Ledoux, uno degli architetti più radicali del periodo, volle semplificare ancor di più l’ordine in questione rimuovendo le scanalature (secondo lui non era abbastanza rude con esse). Un’altra via per il raggiungimento dell’ideale architettonico venne rappresentata dalla geometria. Tuttavia, vennero prese in considerazione solo alcune forme geometriche, le più pure e regolari secondo gli architetti, quali: il cubo, la sfera, il cilindro, la piramide e il cono. Alcuni architetti si avvicinarono sorprendentemente a questa assoluta purezza e semplicità. Ciò lo vediamo ad esempio con il Palazzo dell’Ammiragliato (Leningrado, opera di Zacharov), in cui vi è una sezione sferica che poggia su un cilindro, la quale a sua volta poggia su un cubo massiccio interrotto al centro da un arco semicircolare o ancora con il Teatro anatomico di Gondouin che si compone di un semicilindro e di un quarto di sfera (un mezzo pantheon praticamente). L’interesse per l’aspetto morale e sentimentale spinge gli artisti a trattare in modo nuovo soggetti già illustrati da altri in precedenza: lo abbiamo già visto con David e il suo Belisario o con Greuze e il suo Rientro dell’ubriacone; tuttavia la trasformazione più significativa spetta al tema della carità romana. Il soggetto della Carità Romana ebbe un gran successo nel periodo post rinascimentale e nel Seicento; Nella maggior parte dei casi si trattava di opere eseguite per esercitare la propria abilità pittorica e che spesso raguravano una donna con il seno scoperto (allegoria della giovinezza) intenta ad allattare un uomo anziano (allegoria della vecchiaia). Inutile dirlo ma in questi casi era molto facile cadere nella lascivia. (vedi immagine sopra). E’ con G. Schick, artista tedesco, che il tema viene arontato in modo nuovo, con una semplicità e un vigore tali da farla quasi sembrare una pietà. Questo interesse per l’ecacia emotiva delle opere d’arte si lega al concetto del sublime. Ma cos’è il sublime? ● Il sublime è un concetto estetico riferito alla capacità di suscitare una vasta gamma di emozioni forti e contrastanti (ammirazione, terrore e meraviglia..). Il termine è stato spesso impiegato per descrivere la grandiosità sovrumana di certe opere, inspiegabile attraverso criteri critici. Inoltre, il concetto di sublime si lega a quello di genio: entrambi infatti sono associati all’idea di eccezionalità e trascendenza. Il modo neoclassico di morire Era piuttosto raro che i critici d’arte dinanzi a scene di morte non impiegassero il termine “sublime”. Grimm, ad esempio, di fronte al Dipinto Andromaca che piange Ettore di David, si espresse con le seguenti parole: “la scena è la più accattivante, la più sublime, la più patetica” Ciò non stupisce poiché si tratta di scene particolarmente toccanti e colme di sentimento le quali, nella maggior parte dei casi, causano allo spettatore emozioni forti e contrastanti. L’artista neoclassico aronta il tema della morte in modo assai dierente rispetto ai suoi predecessori. Ma vediamo cosa cambia: ● Abolizione della dimensione erotica tipica del barocco → ora i soggetti vengono ragurati in pacato riposo senza nessuna accentuazione sensuale (non c’è lo sfinimento erotico tipico delle opere seicentesche). Confrontiamo due opere per aerrare meglio il concetto: Le due opere sopra illustrano l’oltraggio a Lucrezia, episodio per cui la nobildonna romana, violentata da Sesto Tarquinio, deciderà di suicidarsi per la brutalità subita. La prima opera risale al Seicento e mostra una sensualità e un erotismo tali da suscitare non poche polemiche all’epoca. Questa forte accentuazione erotica è completamente assente nella seconda opera realizzata da Hamilton nel 1623. Un’ulteriore dierenza sta nel momento scelto per la ragurazione dell’episodio: nel primo caso l’istante in cui Lucrezia viene immobilizzata e minacciata dal suo aggressore; da lì a poco subirà la violenza; nel secondo, quello in cui la nobildonna si suicida trafiggendosi il petto con un pugnale. ● Abbandono dell’immagine classica della morte → ora grazie a Winckelmann, il quale durante lo studio di una tomba antica aveva descritto le due figure scolpite, Morte e Sonno, come due bei giovani che tenevano delle torce rovesciate, si abbandona la vecchia immagine dell’orribile scheletro per lasciare spazio ad una rappresentazione diversa. La ragurazione più significativa in tal senso è il genio della morte di Canova (impiegato nel monumento funebre a Papa Clemente XIII) che diventa espressione dell’aspirazione alla pace eterna. In generale però, i pittori preferiscono accostare la calma della morte all’agitazione della vita: ciò risulta evidente nell’opera Andromaca piange Ettore di David in cui si evidenzia la quiete dell'eroe ormai defunto e l'agitazione, il dolore e l'inquietudine della donna e del figlio in vita. Un eetto più intenso poteva essere raggiunto attraverso le scene di battaglia in cui l’eroe raggiunge la quiete eterna mentre gli eserciti ignari continuano a combattere: è il caso de La morte del generale Wolfe (1779) ad opera di West, in cui Wolfe muore nel momento del trionfo, intensificando così l’eroismo e la moralità dell’episodio. ● Laicizzazione della morte → se in precedenza la morte era spesso rappresentata come un evento religioso o mistico in cui angeli e santi guidavano il defunto verso l’aldilà, col nuovo secolo la questione cambia. Difatti, ora la morte viene considerata come un evento naturale e inevitabile della vita. Le nuove scene di morte pongono l’attenzione su diversi aspetti, in particolare: 1. Sul turbinio di emozioni provato da chi rimane in vita. 2. Sulle figure che circondano il morto\morente che in alcuni casi assumono addirittura un ruolo centrale nella scena. Nel Funerale di Milziade del pittore francese Peyron, tutta l’attenzione viene rivolta alla figura maschile posta a destra. Si tratterebbe del figlio di Milziade, Cimone, il quale per garantire al padre una degna sepoltura, si farà imprigionare al suo posto. Questo consente al pittore di esaltarne la nobiltà d’animo e la pietà filiale. Nel Bruto di David, tutto il dramma della scena si focalizza sulle reazioni dei familiari: Bruto, seduto sulla sinistra in penombra, è distrutto dal dolore; la moglie, in preda alle urla, regge la figlia maggiore che per la soerenza si accascia perdendo i sensi. Nella figura di Bruto risulta evidente il conflitto interiore che lo tormenta: il viso è contratto, i piedi accavallati. Diverso è il discorso su “La morte di Marat”; L’assenza di figure secondarie e la nota “A Marat, David”, sono due chiari elementi che permettono allo spettatore di capire che non si tratta solo di una scena di morte ma di un tributo verso Marat, che l’artista considerava un martire della Rivoluzione francese. L’intento di David è dunque quello di esortare l’osservatore a meditare attorno alla figura di Marat. David ha inserito pochi particolari, essenziali però a comprendere la scena: ● La lettera a Charlotte Corday (sua assassina) ● Il coltello, strumento di martirio ● Calamaio e penne, simboli della sua vocazione. Pietà filiale2 → concetto che include il rispetto e la devozione per i genitori, la cura dei loro bisogni, la preoccupazione per il loro benessere e il desiderio di onorarne la memoria dopo la loro morte. Oltrepassato questo primo ambiente si accede alla seconda sala, detta Sala del Refrigerio, un ambiente oblungo destinato al diletto e al piacere (a dierenza del primo riservato alla raccolta del latte e alla fabbricazione di crema, burro e formaggi). Sul fondo sorge un ammasso di rocce monumentali nel cuore delle quali si erge in tutta la sua grazia la ninfa Amaltea. Edifici di questo genere venivano ammirati sia per la loro bellezza che per la loro capacità di evocare nello spettatore emozioni e riflessioni (es:una rovina romana, anche se artificiale, ricorda da un lato la gloria romana ma suscita dall’altro meditazioni sulla caduta dell’impero). Allo stesso modo anche i quadri di paesaggio erano in grado di suscitare tali suggestioni: Tomba di Virgilio - J. Wright of Derby → veduta in cui compare la figura di Silio Italico, ammiratore di Virgilio che nel I secolo comprò il terreno sul quale sorgeva la tomba del poeta latino. Questo quadro ci ore una chiara meditazione sul concetto di vita e morte ed in particolare sul tema gloria terrena e gloria eterna. La prima, riferita alla fama e al successo che un individuo può ottenere in vita, è temporanea e di conseguenza può essere perduta. La seconda è per lo più un riconoscimento che un individuo riceve dopo la morte in base alle azioni compiute in vita ed è quindi permanente. La gloria eterna viene rinnovata attraverso il ricordo; questo garantisce l’immortalità dell’individuo e del suo operato. Opere di questo tipo non hanno lo scopo di imitare la natura ma di ricercare l’ideale, il bello e di racchiudere in sé tutto ciò che di meglio la natura aveva da orire. Poussin e Claude divennero guide fondamentali per il raggiungimento di tale ideale. I monumenti dell’isola di Pasqua - Hodges, 1774 Paesaggio con arcobaleno, Koch, 1805 La valle dei Narni, Wilson, 1770-71 Di fronte ad opere come quelle sopra citate, possiamo iniziare a parlare di Romanticismo, corrente che rinnova profondamente la concezione di pittura di paesaggio, proponendo al pubblico un’importante alternativa alla pura ragurazione della natura, basata sulla semplice mimesis, che sarebbe stata comunque perseguita dai realisti e impressionisti nel corso del 1800. Il paesaggismo romantico può infatti rivelare, attraverso la produzione di elementi naturali, uno stato dell’anima. Spesso per giungere a tale obiettivo, gli artisti traggono spunto dalla poesia (è il caso di Wilson e Koch che danno alle loro opere un’impronta poetica). Epilogo L’impero Sotto l’impero Napoleonico, l’antichità sarà rievocata con una certa insistenza; E’ in questo periodo che ebbe origine il cosiddetto “stile impero”, una corrente del Neoclassicismo che interessò l’architettura, l’arredamento, le arti decorative e le arti visive e che mirava a celebrare l’ascesa al potere di Bonaparte. In questa fase Canova e David assumeranno un ruolo importantissimo: il primo diventa artista prediletto della famiglia reale, il secondo verrà nominato primo pittore di Napoleone. Ma nonostante sembri che a questo punto il Neoclassicismo abbia raggiunto l’apice del successo, la realtà è ben diversa: il suo declino è alle porte. Spoglio di tutti i suoi intenti morali, ideali e artisti, il Neoclassicismo era diventato uno stile puramente decorativo destinato solo a dare grandezza all’impero. In molte opere di questo periodo si assiste ad una svalutazione artistica molto forte: In Amore e Psiche di F.Gerard (1798) non c’è più quella forza di suggestione tipica delle opere neoclassiche. In quest’opera le soluzioni adottate dal Canova vengono messe da parte: grazia e purezza dell’amore giovanile vengono trasformate in puro erotismo. Vengono perciò riprese molte delle soluzioni rococò che i neoclassicisti avevano condannato in precedenza e viene data loro una finta parvenza neoclassica. Un altro esempio è fornito da un orologio da collezione (1810), decorato da statuette in bronzo raguranti il Giuramento degli Orazi di David, in cui viene ripresa un’idea tanto nobile per poi essere strappata dal suo contesto originario e ridotta ad un semplice ornamento da salotto. Anche in ambito architettonico le cose cambiano: mentre i neoclassicisti si erano ispirati al mondo greco, i fautori dello stile impero vengono fortemente influenzati dalle costruzioni della Roma imperiale e in parte dalle architetture egizie. I principali architetti che aermarono le nuove tendenze furono Percier e Fontaine che tra l’altro collaborarono insieme nella costruzione dell'Arco di Trionfo del Carrousel a Parigi voluto da Napoleone per commemorare le sue vittorie militari e realizzato sul modello degli archi di Settimio Severo e di Costantino a Roma. Queste nuove costruzioni sono particolarmente stravaganti ed elaborate (numerose colonne, statue, rilievi) e impreziosite da materiali molto costosi. Pertanto la concezione neoclassica di primitivismo radicale viene abbandonata e si assiste quasi ad un ritorno al Rococò. Napoleone si mostrò entusiasta del nuovo stile tanto da volere che questo venisse applicato anche al mobilio: ed ecco che nelle residenze imperiali tutto comincia a riportare elementi simbolici: api e leoni, aquile imperiali romane, grandi N, motivi egizi (i quali ricordano la campagna napoleonica compiuta presso il Nilo). Dunque Napoleone sfrutta il nuovo stile per glorificare la sua figura e il suo regime. Quanto alla pittura, tornò in voga il compito di illustrare le virtù del monarca: molti sono gli esempi che vedono Napoleone arringare le truppe, visitare gli accampamenti, preoccuparsi della cura dei feriti dopo la battaglia etc.. L’ammirazione per Napoleone era così grande che finì addirittura per essere considerato discendente spirituale di Traiano e Alessandro. Sotto l’impero napoleonico l’arte ha per lo più una funzione propagandistica (non è più un fatto educativo) ed è volta alla celebrazione del culto dell’imperatore. Tra gli artisti che celebrarono Napoleone ricordiamo principalmente J. L. David. Egli sfruttò il suo talento artistico per celebrare i momenti salienti della carriera politica di Bonaparte (vedi Napoleone che attraversa il passo del San Bernardo o L’incoronazione di Napoleone e Giuseppina). Tutte le opere che David realizza per Napoleone hanno un chiaro intento propagandistico; una di queste più delle altre: stiamo parlando del ritratto di Napoleone nel suo studio alle Tuileries. Qui, elementi come le candele quasi del tutto consumate, l’orologio che segna le 4:13 o il volto stanco del protagonista non sono altro che piccoli accorgimenti volti ad esaltare la magnanimità di Napoleone, il quale rinuncia al riposo per elaborare nuove leggi in grado di garantire il benessere del popolo. Richiestissimi in tutto l’impero erano i ritratti di Napoleone (sia dipinti che scolpiti) tanto da spingere la sorella dell’imperatore ad organizzare dei laboratori per la produzione di busti in marmo. Ma il potere della famiglia Bonaparte venne espresso per lo più attraverso la costruzione di edifici, non solo nella capitale francese: negli anni dell’ascesa di Napoleone in Italia, vennero innalzati palazzi e monumenti celebrativi come l’Arco della pace a Milano o la Piazza del Plebiscito a Napoli. Inoltre, la famiglia Bonaparte promulgò un progetto di abbellimento delle loro capitali, attraverso nuove costruzioni, e di rinnovo delle vecchie strutture. Il nuovo stile avrà seguito anche in America, Russia ed Inghilterra. Neoclassicismo e romanticismo Col nuovo secolo la fine del neoclassicismo è ormai alle porte. Sebbene si creda che la sua fine sia stata provocata dalla Rivoluzione francese, evento che aveva avuto un eetto traumatico sull’uomo, la realtà è ben diversa. La causa da ricercare è interna al neoclassicismo stesso, il quale infatti conteneva dentro sé gli stimoli che sarebbero poi esplosi nel Romanticismo. Se ci facciamo caso infatti è proprio dall’atelier di David che uscirono i primi pittori romantici.
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