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Neuroni specchio, Appunti di Auxologia

Articolo Cognizione sociale e neuroni specchio

Tipologia: Appunti

2013/2014

Caricato il 07/01/2014

tania.petrucci
tania.petrucci 🇮🇹

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Scarica Neuroni specchio e più Appunti in PDF di Auxologia solo su Docsity! 235SISTEMI INTELLIGENTI / a. XXIII, n. 2, agosto 2011 RICCARDO VIALE COGNIZIONE SOCIALE E NEURONI SPECCHIO Una delle critiche più frequenti alla psicologia sociale, prima di tradizione comportamentale e successivamente di ispirazione cognitiva, è che abbia perso di vista la società e si concentri solo sull’individuo. La posizione paradigmatica citata come evidenza di questo pregiudizio individualistico è la definizione di psicologia sociale da parte di Gordon Allport: Il tentativo di capire come il pensiero, sensazione e comportamento degli individui siano influenzati dalla presenza effettiva, immaginata, o implicata degli altri (1985, 3). Sembra evidente da questa definizione che si intenda per «altri» una dimensione, diversa, separata e distante da quella dell’individuo. La definizione si riferisce all’influenza degli altri, ma non fa menzione della possibilità di uno sviluppo comune fra l’individuo e le persone che lo circondano. La stessa critica si può applicare all’attuale programma di «cognizione sociale» che si basa sul paradigma di «elaborazione dell’informazione». In una edizione recente di un manuale di Cognizione Sociale si legge la seguente critica alla impostazione individualistica della cognizione sociale contemporanea: Sfortunatamente i modelli di elaborazione dell’informazione che caratte- rizzano la cognizione sociale si focalizzano sui processi cognitivi a spese del contenuto e del contesto. Come tali, le caratteristiche sociali, collettive, con- divise e simboliche del pensiero, esperienza e interazione umana sono spesso ignorate e dimenticate. La ricerca contemporanea della cognizione sociale è di tipo individualistico perché cerca all’interno del dominio cognitivo e percettivo della persona di comprendere fenomeni sociali come attitudini, attribuzioni ed identità. La cognizione sociale non spiegherà mai adeguatamente la totalità della esperienza umana fino a che rimane solo ad un livello di analisi individualistico (Augoustinos, Walker e Donaghue 2006). 236 Questa posizione riassume la tendenza delle principali teorie alterna- tive a quella che potrebbe definirsi Cognizione Sociale Individualistica (CSI): teoria dell’identità sociale (si veda Tajfel e Turner 1986), teoria della rappresentazione sociale (si veda Moscovici 1984; Doise 1986) e psicologia del discorso (si veda Edwards e Potter 1992) che potrebbero raggrupparsi nella categoria Cognizione Sociale Sociale (CSS). La neuroscienza cognitiva sociale è nella sua infanzia e non sembra ancora in grado di offrire risposte alla controversia fra CSS e CSI, in particolare in aree come la percezione sociale, le attitudini sociali, il pregiudizio, l’ideologia, ecc.. Tra i recenti contributi neuroscientifici, però, la teoria dei Neuroni Specchio sembra essere la più promettente nel fornire alcuni spunti alle puntualizzazioni della CSS. In realtà i promotori della teoria non sembrano concedere molto ad una sua possibile applicazione alla cognizione sociale. Nel 1998 Galle- se e Goldman sembrano escludere un ruolo dei neuroni specchio nella comprensione dell’azione: Una differenza è che chi fa l’attribuzione non si riferisce ad un fine ultimo o ad un insieme di credenze. Egli si riferisce solo ad un piano motorio (1998, 498). Con toni similari Gallese, Keysers e Rizzolatti (2004) assegnano ai neuroni specchio un ruolo poco ambizioso rispetto alla cognizione sociale. È importante rimarcare che nella presente review discutiamo solo come sia compreso il significato dell’azione e non di come sia inferita l’intenzione dell’agente dell’azione (Gallese et al. 2004). Non è, quindi, chiaro su quali basi Jacob e Jeannerod (2007) critichino la teoria dei neuroni specchio, assumendo che essa pretenda di derivare in modo improprio la cognizione sociale umana dalla cognizione motoria. Al contrario della prudenza dei padri della teoria penso, invece, che i neuroni specchio, attraverso la spiegazione di meccanismi come l’imitazione, l’empatia ed il «mindreading» potrebbero aiutare a spiegare alcuni problemi fondamentali posti dalla CSS. Come sarà spiegato dopo, la dimensione del «noi» e della socialità sembrano essere una caratteri- stica distintiva della teoria. La comprensione dei gesti ed emozioni degli altri attraverso la «embodied simulation» in processi somato-motori e viscero-motori sembra un importante contributo per la spiegazione della socialità umana. Ad esempio in uno studio recente di Pfeiffer et al. (2008) si è rilevato nei bambini che osservavano espressioni emozionali facciali una correlazione fra empatia emozionale, misurata con il l’«Interpersonal Reactivity Index» e l’attività dei neuroni specchio. Inoltre durante l’imi- tazione delle espressioni emozionali facciali, le attitudini interpersonali 239 struttura dinamica multi sfaccettata che si esprime in modo diverso in rapporto ai diversi contesti sociali ed alle esigenze situazionali. Questa teoria, però, conserva una fondamentale distinzione fra un sé interno cognitivo e il contesto sociale esterno che interagisce con il sé. Di fronte a questa controversia la teoria dei neuroni specchio sembra portare ragioni a sostegno della CSS. Lo sviluppo ed il riconoscimento del sé avviene attraverso l’imitazione degli altri. La identità personale è formata attraverso il rispecchiamento negli altri. A proposito, alcuni teorici dei neuroni specchio citano filosofi fenomenologi come Merleau Ponty e Dan Zahavi: il sé e gli altri «si illuminano uno con l’altro e si possono capire solo attraverso la loro interconnessione» (Zahavi 2001). Un’ipotesi che potrebbe ricavarsi dalla teoria (anche se necessita di conferma sperimentale) è che il neonato sviluppi i neuroni specchio attraverso la ripetuta imitazione delle espressioni degli adulti che incon- tra. Il cervello del neonato sarebbe quindi capace di associare la vista di una faccia sorridente o di altre azioni con il piano motorio necessario a replicarle. I neuroni specchio che sviluppiamo nell’infanzia sarebbero il risultato del riflesso del nostro comportamento negli altri. Con i neu- roni specchio noi vediamo noi stessi negli altri. Sé ed altri sono, quindi, intrinsecamente legati insieme. Una conferma indiretta che riconosci- mento del sé e imitazione si sviluppano in parallelo viene dagli studi di Asendorpf e Baudonniere (1993) che hanno dimostrato come i bambini che si riconoscono in uno specchio riuscivano meglio ad imitarsi che quelli che non avevano questa abilità. I fenomeni di imitazione esterna e, soprattutto, di imitazione interna o simulazione automatica negli adulti è stato dimostrato sperimentalmente dalla teoria dei neuroni specchio. La «embodied simulation» alla base del rispecchiamento richiama le tesi dell’interazionismo simbolico sul «looking-glass self» e sugli specchi sociali. I neuroni specchio sembrano offrire anche una spiegazione per i postulati della teoria dell’identità sociale (Tajfel 1981). Sebbene i dati siano ancora scarsi, sembra che i neuroni specchio siano attivati ogni- qualvolta viene stimolato un processo di identificazione sociale. Tale fenomeno venne riscontrato in risposta ad un messaggio pubblicitario (Iacoboni 2008) e nella identificazione con leader politici (Schreiber e Iacoboni 2005). Uno studio di Iacoboni insieme all’antropologo Alain Fiske (Iacoboni et al. 2004) ha cercato di controllare l’attivazione dei neuroni specchio in rapporto a due forme di relazione sociale, la condivisione di una proprietà comune e il rapporto d’autorità gerarchico. Utilizzando la fMRI con soggetti che osservavano videoclip che rappresentavano i due tipi di relazione sociale, espressi con varie modalità, si è riscontrata una maggiore attività dei neuroni specchio quando le relazioni sociali erano più intense e forti. Lo studio ha scoperto anche un’attività da parte del «default state network» (presente nel precuneo e nella corteccia prefron- tale dorso mediale) che viene attivato quando il cervello è in uno stato di riposo, cioè non impegnato in attività cognitiva. Ciò potrebbe significare 240 che il pensare alle relazioni sociali sia una condizione default cioè uno stato di sfondo dell’attività mentale del cervello. In conclusione, i pur scarsi dati sui neuroni specchio sembrano confermare, a tutt’oggi, che la dimensione sociale della cognizione umana sia un elemento costitutivo del sé, piuttosto che un elemento acquisito culturalmente. La teoria della rappresentazione sociale appare corretta nel mettere in guardia dal considerare universale la concezione individualista del sé espressa dalla CSI. Come dimostrano gli studi di antropologia cognitiva, l’Errore Fondamentale di Attribuzione e la nostra percezione del sé come separato e distante dagli altri non sono un fatto costitutivo, ma, probabilmente, una meta rappresentazione del modo con cui interagiamo con gli altri. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Allport G. (1985), The historical background of social psychology, in G. Lin- dzey e E. 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