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neuropsichiatria infantile, Schemi e mappe concettuali di Neuropsichiatria infantile

troverete tutti il corso di neuropsichiatria completo

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 12/07/2022

eva-fadda-1
eva-fadda-1 🇮🇹

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Scarica neuropsichiatria infantile e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Neuropsichiatria infantile solo su Docsity! L’ESAME NEUROLOGICO DEL NEONATO L’esame neurologico è finalizzato a valutare l’integrità delle strutture anatomiche del sistema nervoso e la loro organizzazione funzionale. L’esame neurologico va naturalmente preceduto da un’attenta raccolta anamnestica finalizzata a valutare l’anamnesi familiare, in particolare, il decorso della gravidanza. Pur non avendo un’immediata ricaduta sullo stato attuale del neonato, i fattori emotivi possono aver indirettamente influito sul decorso della gravidanza e sulla dinamica del parto. La raccolta anamnestica richiede che venga presa visione delle indagini che la gestante ha effettuato durante la gravidanza, quali ecografie o esami ematici di routine e specialistici. È necessario inoltre prendere visione della cartella clinica per documentarsi sulla dinamica del travaglio e del parto e sulle condizioni del neonato nell’immediato post-partum. Molto utilizzato nella pratica è l’indice APGAR, rappresentate da 5 funzioni critiche che vanno da 0 a 2, l’indice varia da 1 a 5 minuti dalla nascita. Segni clinici - Frequenza cardiaca 0= assente 1= inferiore a 100/min 2= superiore a 100 /min - Respirazione 0= assente 1= debole, irregolare 2= vigorosa con pianto - Tono muscolare 0= assente 1= ridotto 2= normale in flessione, movimenti attivi - Reattività (risposta al catetere naso-faringeo) 0= assente 1= ridotta 2=pianto vivace - Colorito 0= cianotico o pallido 1= tronco roseo, estremità cianotiche 2= roseo - Due ulteriori aspetti che vanno attentamente valutati sono: l’età gestazionale e il peso alla nascita. Per età gestazionale si intende al numero di settimane che intercorrono fra la nascita e la data dell’ultimo ciclo mestruale. - Pretermine se l’età gestazionale è inferiore alla 37° settimana di gestazione - A termine se l’età gestazionale è compresa tra la 38° e la 41° settimana di gestazione - Post- termine se l’età gestazionale è superiore alla 42° settimana di gestazionale Il rapporto fra età gestazionale e peso alla nascita fornisce un indice dello stato della crescita intrauterina. In base a tale rapporto si vengono a definire tre possibilità: - Neonati di peso adeguato all’età gestazionale, con un peso che oscilla tra il 10° e il 90° percentile, o secondo altri Autori tra il 3° e il 97°. - Neonati di peso basso per l’età gestazionale, quando il peso è inferiore al 10° o secondo Autori al 3° percentile. - Neonati di peso in eccesso per l’età gestazionale, quando il peso è superiore al 90° percentile o, secondo alcuni Autori, al 97° percentile. La validità dell’esame neurologico del neonato è legata all’osservanza di precise modalità di esecuzione, che tengano conto di alcune peculiarità intrinsecamente connesse alla fisiologica immaturità del Sistema Nervoso Centrale. È caratteristica nel neonato, un’estrema variabilità dello stato di vigilanza, più semplicemente definito “stato”, che può passare molto velocemente da una condizione di veglia tranquilla al pianto, o viceversa. Queste diverse condizioni incidono in maniera determinante sulle prestazioni neuromotorie e comportamentali. È stata pertanto avvertita l’esigenza di codificare i vari “stati” del neonato e di fare ad essi riferimento nella valutazione della qualità delle risposte. La classificazione è quella proposta da Prechtl e Beintema, i quali distinguono: stato 1: occhi chiusi, respiro regolare, nessun movimento stato 2: occhi chiusi, respiro irregolare, nessun movimento stato 3: occhi aperti, nessun grossolano movimento stato 4: occhi aperti, movimenti grossolani, non pianto stato 5: occhi aperti o chiusi, pianto Nell’effettuazione dell’esame, bisogna pertanto tenere sotto controllo tutti i fattori che sono in grado di interferire sulla qualità delle risposte attraverso una modificazione dello stato: condizioni ottimali non ottimali, digiuno, modalità manipolative troppo brusche etc. problemi parentali, anche se talvolta non strettamente pertinenti all’oggetto di discussione. Se in epoca neonatale i riflessi arcaici rappresentavano l’elemento caratterizzante il processo diagnostico nel corso del primo anno di vita le modifiche che si verificano sul piano postero-cinetico costituiscono l’aspetto più importante. Nel corso dei primi mesi di vita è possibile riconoscere l’esistenza di due processi strettamente interdipendenti. Da un lato infatti, si osserva la progressiva scomparsa delle reazioni arcaiche della motricità ereismatica, tipica del neonato, dall’altro si assiste alla graduale comparsa di competenze motorie sempre più complesse e finalizzate. Molti dei riflessi arcaici tendono a scomparire secondo modalità e tempi sufficientemente definiti. Il riflesso di marcia automatica Scompare verso il primo mese di vita così come la reazione globale di raddrizzamento; il riflesso di prensione palmare scompare verso i 2- 3 mesi mentre il riflesso di moro comincia ad attenuarsi a partire dal secondo mese ma in bambini impercettibili può durare fino al quinto. Parallelamente alla scomparsa dei principali riflessi arcaici vengono progressivamente a comparire nuove competenze neuro motorie, che investono la motricità “grossolana“ e la motricità “fine“. Per quel che riguarda la motricità “grossolana“, si assiste a una progressiva capacità di mantenere posture stabili ed equilibrate in accordo ad una sequenza cefalo-caudale: controllo del capo, controllo del tronco, controllo del bacino. La comparsa di queste nuove prestazioni statico- posturali pur con i limiti legati alla variabilità dei ritmi biologici, segue epoca di acquisizioni sufficientemente definite. Per quel che riguarda la motricità “fine“, essa si riferisce in particolare ai sensibili cambiamenti che si verificano nell’uso delle mani. La progressiva acquisizione del controllo del tronco a partire dal quarto mese di vita determina la liberazione degli arti superiori che cominciano a perfezionarsi nella loro funzione precipua : la prensione la manipolazione. In epoca neonatale, le mani sono coinvolte in un automatismo primario definito come riflesso di prensione palmare. Tale riflesso tende a scomparire su 2-3 mesi per lasciare spazio in apprensione al contatto. Dal quarto mese di vita iniziano dei movimenti attivi del braccio diretti verso l’oggetto, con modalità di afferramento che si perfezionano progressivamente nel tempo. Bisogna anche considerare che le acquisizioni acquistato fatto riferimento sono rese possibili dal graduale perfezionamento di una serie di meccanismi, che garantiscono un tono posturale sempre più adeguato alle esigenze d’ordine antigravitario. A partire dal secondo anno di vita la possibilità di poter disporre di una maggiore collaborazione da parte del bambino, l’acquisizione di diverse autonomie e la minore influenza della componente evolutiva nella vari varie variabilità semeiologica, permettono di far ricorso a una metodologia di approccio che si avvicina molto a quello utilizzata per l’esame neurologico nell’adulto. Nell’effettuazione dell’esame neurologico del bambino vanno valutati i seguenti elementi: - I nervi cranici - lo stato muscolare (trofismo muscolare, forza muscolare, tono muscolare). - La funzione motoria (la coordinazione, deambulazione, movimenti patologici). - I riflessi (superficiali, profondi). -la sensibilità. L’esame dei nervi cranici risulta spesso di difficile esecuzione per la scarsa collaborazione del bambino. Nel descrivere le procedure di valutazione vengono forniti quando possibile dai suggerimenti operativi. Primo nervo cranico (olfattorio) secondo nervo cranico (ottico) Terzo nervo cranico (oculomotore comune), quarto nervo cranico (trocleare) sesto nervo cranico (Abducente) quinto nervo cranico (trigemino) settimo nervo cranico (facciale) ottavo nervo cranico (acustico) nono nervo cranico (glossofaringeo) 10º nervo cranico (vago) 11º nervo cranico (accessorio spinale) 12º nervo cranico (ipoglosso). L’esame dello stato muscolare viene effettuato in base alla valutazione del trofismo della forza e del tono Il trofismo muscolare viene apprezzato attraverso l’ispezione la palpazione. La valutazione può risultare difficile nei soggetti obesi o nei bambini più piccoli, nei quali il pannicolo adiposo risulti abbondantemente rappresentato. Tra le alterazioni che assumono significato clinico vanno indicate l’atrofia muscolare, l’ipertrofia vera, e la pseudo ipertrofia. FORZA MUSCOLARE Nella valutazione della forza si invita il bambino a muovere un segmento corporeo contro resistenza ovvero mantenere immobile un segmento contro tentativi dell’esaminatore di spostarlo. Del bambino più piccolo esistono diversi modi per valutare la forza: far finta di volergli strappare un gioco di mano, far finta di farsi aiutare a sollevare un oggetto o a spingerlo, giocare a gettarsi a terra e poi rialzarsi. TONO MUSCOLARE il tono muscolare viene comunemente apprezzato attraverso alcune prove che testimoniano lo stato di tensione delle masse muscolari e loro grado di estensibilità. Tale manovre sono rappresentate dalla palpazione delle masse muscolari dal ballottamento e dallo stiramento. Accanto a tali forme vanno anche citate le fluttuazioni patologiche del tono (distonia) e particolari forme di atipica dell’eccitabilità delle fibre muscolari(miotonia). Ipotonia muscolare, ipertonia muscolare. Distonia, miotoniche. ESAME PSICHICO L’esame psichico è un esame finalizzato a raccogliere quelle informazioni che permettono di definire le caratteristiche del disturbo presentato dal bambino, di chiarirne la natura e di “leggerlo“ alla luce del livello di sviluppo affettivo-relazionale considerata nel suo complesso. L’esame psichico prevede alcuni momenti di particolare importanza rappresentati da uno: osservazione due: il colloquio tre: l’utilizzazione di specifici strumenti di valutazione. Un aspetto particolarmente importante che rappresenta presupposto indispensabile per un buon esame dello sviluppo l’atteggiamento di assumere l’esaminatore nelle varie fasi del processo. La qualità della relazione è garantita dall’osservanza di alcuni aspetti critici: una grande disponibilità, assenza di idee preconcette, il desiderio di comprendere , la capacità di analizzare i sentimenti che scaturiscono dalla relazione col bambino al fine di Le cause perinatali si riferiscono a fattori che possono incidere durante il parto o nella prima settimana di vita. Esse includono tutte le situazioni che possono determinare una distorsione del parto distacco della placenta rottura precoce del sacco amniotico anomalie di presentazione del feto. Tutte le situazioni che possono incidere nell’immediato adattamento post partum del neonato difficoltà respiratorie ittero disturbi metabolici eccetera. Le cause post natali sono rappresentate date dalle condizioni patologiche che si verificano dopo la prima settimana di vita in esse sono incluse le infezioni i traumi cranici le intossicazioni e disturbi metabolici. Le alterazioni che più frequentemente si riscontra una carica del sistema nervoso sono rappresentate da malformazioni lesioni ipossico ischemica ed esiti di emorragie endocraniche. Le malformazioni dell’encefalo possono essere rappresentate da disturbi precoci di differenziazione del tubo neurale. L’emiplegia congenita è una forma di paralisi cerebrale in cui il deficit motorio interessa un emilato la forma è generalmente di tipo spastico. In circa il 75% dei casi si sospetta una causa prenatale nel 25 circa dei pazienti si registra la nascita pretermine. le neuroimmagini mettono molto spesso in evidenza lesioni cistiche nel territorio dell’arteria celebrale media interpretate quali esiti di ostruzioni vascolari a genesi non è ancora chiarita. Un altro reperto frequente è rappresentato da una dilatazione di uno dei ventricoli laterali che soprattutto nei nati pretermine viene interpretato come conseguenza di una leucomalacia periventricolare. Frequenti sono anche le dilatazioni di entrambi i ventricoli laterali associate ad irregolarità delle pareti. Sul lato clinico gli elementi caratterizzanti l’emiplegia sono rappresentati dalla paresi e dalla spasticità a carico dell’emilato interessato. LA DIPLEGIA CONGENITA La di plegia congenita è una forma di paralisi celebrale in cui sono interessati entrambi gli emilati con una netta prevalenza degli arti inferiori rispetto ai superiori. L’interessamento degli arti superiore è costante, anche se può essere lieve o difficilmente apprezzabile. Molto spesso la compromissione degli arti superiori è evidente solo nelle prime fasi di sviluppo progressivamente si attenua nel tempo, per cui il quadro risulta dominato dal deficit motorio degli arti inferiori. L’incidenza della di plegia congenita è sensibilmente cambiata nel tempo essa è molto più frequente che in passato e rappresenta circa il 45% dei casi di paralisi celebrale attualmente. In rapporto alle caratteristiche del quadro neurologico vengono individuate due forme la diplegia spastica e la diplegia atassica. La di plegia spastica è frequentemente associata alla nascita pretermine secondo diverse casistiche essa si sviluppa in percentuali variabili dal cinque al 10% di nati pretermine. Considerando popolazioni di bambini nati pretermine che hanno sviluppato una paralisi celebrale la di plegia spastica è rappresentata con una frequenza di circa 75%. Anche se la metà dei pazienti affetti da diplegia spastica presenta nell’anamnesi un parto distocico e/o un asfissia, la maggioranza degli autori ritiene che i fattori prenatali abbiano un’importanza determinante. Sul piano anatomopatologico, la lesione caratteristica associata alla diplegia spastica è la leucomalacia periventricolare. Si tratta di una lesione legata a una necrosi bilaterale, ma non necessariamente simmetrica, delle aree adiacenti i ventricoli laterali. Sul piano clinico, l’elemento caratterizzante la diplegia spastica è rappresentato da una ipertonia spastica a carico degli arti inferiori, che interessa in particolare i muscoli adduttori della coscia, gli estensori della gamba e quelli del piede. Abbastanza frequentemente la condizione è asimmetrica, per un prevalente interessamento di un emilato rispetto all’altro. La patologia motoria si organizza progressivamente nel tempo, cominciando a manifestarsi tra i tre e i sei mesi di vita con la comparsa di schemi tonici estensori a carico degli arti inferiori e scarso uso funzionale di quelli superiori. Lo sviluppo psicomotorio risulta di conseguenza ritardato, con particolare compromissione della linea posturale. La diplegia atassica presenta la stessa distribuzione topografica della forma spastica, da cui si differenzia per la presenza, sul piano neurologico, di una componente cerebellare atassia. Anche per questa forma viene particolarmente enfatizzata l’importanza di fattori prenatali. Essa infatti rappresenta un esito frequente dell’idrocefalo infantile. Lo sviluppo psicomotorio di questi bambini è caratterizzato da un iniziale fase di marcata ipotonia, con ritardo dell’acquisizione e posturali successivamente, nel corso dello sviluppo, l’ipotonia viene progressivamente sostituita dalla spasticità e dalla vivacità dei riflessi tendinei. La componente cerebellare si manifesta con tremori ed oscillazioni del mantenimento della posizione seduta, di quelle rete nella deambulazione, che tuttavia non sempre viene acquisita. L’uso funzionale delle mani e spesso compromesso per la presenza di atassia. La tetraplegia è la forma più grave di paralisi celebrale le cause prenatali perinatali e post natali Le cause prenatali, perinatali e post natali sono grosso modo ugualmente rappresentate. Questo gruppo, peraltro, è quello in cui sono più frequentemente osservate malformazioni encefaliche o gravi lesioni distruttive, quali la poroencefalia, l’encefalomalacia multicistica o l’Idranencefalia. Frequente è la presenza di paralisi bulbari dei nervi cranici. Ne deriva una marcata compromissione funzionale che investe le capacità motorie, il linguaggio, l’alimentazione e la respirazione. L’epilessia rappresenta una complicanza relativamente frequente. Peraltro, quando si verifica, assume molto spesso la caratteristica delle forme farmaco resistenti. La disabilità intellettiva è abituale. LE PARALISI CELEBRALI DISCINETICHE Le paralisi celebrale di tipo discinetico rappresentano un gruppo ben definito sia dal punto di vista teologico che clinico. Si tratta di disturbi legati alla lesione delle strutture extra piramidali. Dal momento che tali strutture sono molteplici e che la funzione di ciascuna struttura è abbastanza specifica, sul piano clinico possono rilevarsi notevoli differenze semeiologiche. Le forme atetoidi sono caratterizzate dalla presenza di ipercinesie involontarie, lente, tentacolari, che interessano le parti distali degli arti e la muscolatura facciale: sono i movimenti atetoidi. Le forme distoniche sono invece caratterizzate dalla presenza di brusca modificazione del tono a carico della muscolatura del tronco. Tali distonie sono generalmente provocate da stimoli emotivi o da sollecitazioni a partenza dalla muscolatura del collo, Per modifiche della posizione del capo. Le PC di tipo di cinetico rappresentano nel loro complesso circa il 10-15% dei casi. Sul piano anatomo-patologico è presente un interessamento selettivo dei nuclei della base con lesioni di tipo atrofico e sclerotico. Il quadro clinico si organizza progressivamente nel tempo. Solo a partire dai 23 mesi cominciano a manifestarsi Maggiore interesse presentano le forme genetiche ed in particolare la Atrofia Muscolare Spinale di tipo I, II e III. Queste forme di atrofia muscolare spinali sono rappresentate da quadri morbosi legati a una degenerazione progressiva dei motoneuroni spinali di natura genetica con una modalità di trasmissione di tipo autosomico recessivo. La suddivisione in tre tipi è riferita al differente decorso clinico: rapido e letale, nel tipo I; cronico-stazionario nel tipo III; intermedio nel tipo II. AMS di tipo I (Malattia di Werdnig – Hoffmann, forma infantile acuta, amiotonia congenita). Si tratta di un’affezione morbosa molto grave, che in molti casi ( circa il 30%) inizia già in gravidanza. Il quadro clinico è caratterizzato da una diffusa ipotonia ed ipostenia della muscolatura dei quattro arti e dell’asse. Ne deriva una marcata riduzione della motilità spontanea ed una completa incompetenza posturale. AMS di tipo II (forma intermedia o “arrestata”) Le forme intermedie possono essere considerate forme di passaggio tra il tipo I e il tipo III Esordiscono di solito a 6-7 mesi, presentano gravità intermedia e si manifestano con ipotonia marcata e paresi prevalente agli arti inferiori. AMS di tipo terzo (forma cronica o atrofia muscolare spinale pseudo miopatica). La malattia inizia in genere tra i tre e i sei anni in maniera molto subdola. I primi sintomi sono rappresentati da una riduzione della forza muscolare che si evidenziano quando il bambino da seduto cerca di mettersi in piedi. Nelle prime fasi di sviluppo della sintomatologia i caratteri sono molto simili a quelli delle distrofie muscolari. L’esame EMG mette in evidenza una tipica sofferenza muscolare neurogena da patologia del motoneurone spinale. I disordini del nervo periferico vengono abitualmente distinti in forme ereditarie forme acquisite. Le forme ereditarie vengono a loro volta suddivise in neuropatie motorie e sensitive e eredodegenerative e neuropatie sensitive ereditarie. Le forme acquisite invece vengono distinte in forme diffuse forme localizzate. NEUROPATIE MOTORIE E SENSITIVE EREDODEGENERATIVE Si tratta di una serie di quadri clinici che si differenziano tra loro in rapporto al tipo di lesione ai reperti neurofisiopatologici, E alle caratteristiche genetiche. In particolare i recenti progressi della genetica molecolare hanno fornito nuovi criteri di classificazione. HMSN di tipo 1 Si tratta di un quadro patologico molto eterogeneo sul piano genetico. Sono stati infatti individuati diverse alterazioni associate al quadro clinico sul cromosoma 1,17, X. Le modalità di trasmissione sono di tipo autosomico dominante, Autosomica recessiva o legata al sesso. La malattia è legata ad un processo degenerativo che riguarda prevalentemente ma non esclusivamente la guaina mielinica con perdita di fibre assonali. I fenomeni di degenerazione si associano a fenomeni di Ri- mielinizzazione, che conferiscono il tipo quadro a “bulbo di cipolla“, rilevabile alla biopsia del nervo. HMSN di tipo II Il quadro clinico è molto simile a quello della forma uno da cui si differenzia per un inizio più tardivo e un decorso più lento. Anche l’EM mette in evidenza una velocità di conduzione solo modicamente ridotta. HMSN di tipo III Questa forma corrisponde al quadro clinico classicamente descritto come malattia di Dejerine-Sottas. La malattia è caratterizzata da un processo degenerativo che interessa la guaina mielinica con fenomeni di demielinizzazione e Ri-mielinizzazione (come in forma uno), cui si associa un processo di ipertrofia del collagene interstiziale. HMSN di tipo IV Questa forma corrisponde alla malattia di ref Sum anche definita eredopatia atassica polineuriforme. Si tratta di una malattia legata a un deficit metabolico definito: deficit della fitanico-ossidasi, con conseguente accumulo di acido fitanico. Il gene localizzato sul cromosoma 10. La modalità di ritrasmissione di tipo autosomico recessivo. NEUROPATIE SENSORIALI EREDITARIE Si tratta di un gruppo di affezioni eterogenee e nel complesso molto rare. Una una delle classificazioni abitualmente adottata è quella di Dyck, che distingue Quattro tipi fondamentali: 1,2, 3:04, a cui sono state successivamente associate altre forme. Le miastenie Questo gruppo include le forme cliniche in cui si verifica un disturbo della trasmissione dello stimolo livello della giunzione neuromuscolare. L’affezione caratterizzante il gruppo è la miastenia, rappresentata da un deficit della forza muscolare che diventa progressivamente più evidente con il ripetersi delle contrazioni. Le forme miasteniche di maggior interesse in età evolutiva sono rappresentate da: 1- miastenia gravis 2- miastenia neonatale transitoria 3- miastenia congenita La mia astenia gravis è una malattia patogenesi autoimmune che circa il 10% dei casi insorge in età evolutiva. Il sesso femminile risulta più frequente colpito nel rapporti sei a uno. La patogenesi è riferita ad un’alterazione della trasmissione dell’impulso a livello della sinapsi neuromuscolare dovuta alla presenza di anticorpi contro il recettori acetilcolinici della membrana post sinaptica. La miastenia neonatale transitoria si riscontra in nati da madri miastenica. La patogenesi viene ricondotta al passaggio transplacentare di anticorpi diretti contro recettori dell’acetilcolina della madre al feto. La mia astenia congenita presenta modalità di un esordio sovrapponibile a quella della forma neonatale transitoria la sintomatologia tuttavia è inizialmente meno accentuata ma si arricchisce progressivamente di altri sintomi patognomonici, rappresentati dall’oftalmoloplegia e dalla ptosti. di tale popolazione neuronale, cioè si realizza una depolarizzazione rapida ed intensa delle membrane cellulari espresse elettricamente da potenziali ipersincroni. Alcune cause extra cerebrali possono poi accentuarne l’eccitabilità neuronale concorrere alla genesi di una crisi epilettica. Tra tali cause vanno inclusi squilibri elettrolitici, ipossia, iper glicemia, intossicazioni. Comunque provocata la scarica epilettica tende a diffondersi ad altre aree celebrale attraverso circuiti prestabiliti e secondo due modalità fondamentali:-scarica originale dalle strutture reticolari centro encefaliche;-la scarica originale nella corteccia celebrale. L’epilessia assenza, un piccolo male assenza (pm), esordisce nel bambino più grande dopo tre anni di età. Essa rappresenta la più frequente forma di epilessia generalizzata idiopatica dell’età evolutiva, con prevalenza nel sesso femminile circa 60%. Epilessia generalizzata criptogeniche o sintomatiche Nell’ambito di tali forme inserita la sindrome di west o sindrome degli spasmi infantili. È una sindrome di grande rilevanza clinica in quanto rappresenta il 50% dell’epilessia del primo anno di vita ed il 2,8% dell’epilessia nei primi 15 anni. La sindrome di west si caratterizza dalla triade sintomatologica: spasmi, arresto ritardo dello sviluppo psicomotorio, Ipsaritmia. La sindrome di Lennox- Gastaut È la seconda forma di questo gruppo ed anch’essa costituita di una triade sintomatologica. -Crisi epilettiche frequenti di tipo diverso presenti nello stesso paziente; deficit mentale;-scariche EEG Inter critiche di complessi punta lenta onda lenta, diffuse di frequenza 1.5/2.5 al secondo. Epilessie parziali idiopatiche L’epilessia a parossismi Rolandici anche conosciuta come epilessia di Beaussart- Loiseau, rappresenta il 15% dell’epilessia e nella seconda infanzia ed è cinque-sette volte più frequente del pm assenza. L’età di esordio è compreso tra i due di 13 anni essa è considerata la forma di epilessia più benigna dell’età evolutiva. L’epilessia parziale benigna con punte-onda occipitali (EPO) E cinque volte meno frequente della happy R con prevalenza nel sesso femminile circa il 60%. Familiarità per epilessia è presente nel 35% e per emicrania nel 20%. La semeiologia delle crisi è rappresentata da crisi parziali semplici e/o complesse predominante contenuto visivo, costituito da sintomi sia “negativi” che “positivi”. La sindrome di Landau- Kleffner Ovvero afasia acquisita-epilessia, prevale nei maschi con un’età media di esordio intorno ai quattro anni e mezzo. I bambini presentano una regressione del linguaggio verbale sia di comprensione che di espressione. Convulsioni febbrili Si definiscono convulsioni febbrili le crisi convulsive che si presentano in bambini di età compresa tra i sei mesi e cinque anni associate a febbre superiore a 38,5 °C senza evidenza di una sofferenza celebrale acuta da causa nota. Le manifestazioni parossistica e non epilettiche Come già accennato altrove le manifestazioni parossistica e non epilettiche costituiscono un problema molto le rilevante di diagnostica differenziale con le crisi epilettiche vere. Nell’affrontare la valutazione di qualunque episodio riferito di tipo compulsivo, le MPNE vanno costantemente tenute presenti in considerazione della loro elevata frequenza in età evolutiva. Altra manifestazione molto frequente è rappresentata dalle sincopi che consistono in crisi anossiche improvvise, e di cui si distinguono tre varietà di attacchi in base al diverso grado di severità - lipotimia - sincope -sincope convulsiva La lipotimia consiste in obnubilamento della coscienza accompagnato da pallore marcato vertigini nausea di durata raramente superiore a tre-quattro secondi. La sincope vera e propria dura circa 10 secondi inizia come una lipotimia ed evolve in totale perdita di coscienza e abolizione del tono muscolare che determina la caduta a terra del soggetto. La sincope convulsiva dura più di 10 secondi ed inizia come la sincope semplice il soggetto caduto a terra, presenta uno spasmo tonico che può anche essere seguito dal Cunnie movimenti cronici come morsicatura della lingua e perdita di urine tutto ciò proporrei non pochi problemi di diagnosi differenziale con una crisi vera compulsiva tonico-clonica. LA DISABILITA’ INTELLETTIVA L’elemento caratterizzante è rappresentato da una “intelligenza“ che risulta significativamente inferiore al livello atteso rispetto ai parametri normativi definiti tenendo conto dell’età, dello stato socio-economico e del contesto socio-culturale. Fornire una definizione di intelligenza è un compito particolarmente difficile, in quanto è il concetto stesso di intelligenza che difficilmente circoscrivibile in un ambito definito. Per poter formulare una diagnosi di “disabilità intellettiva“, in aggiunta alla limitazione del funzionamento intellettivo, deve essere presente alcuna limitazione del comportamento ad attivo. Il rapporto fino finora quanto detto può essere utile immaginare la disabilità intellettiva come una situazione in cui esiste un inadeguatezza strutturale re della macchina-cervello che si traduce in una lentezza nell’elaborazione delle informazioni ed in una incapacità di integrare i dati elaborati in sistemi di conoscenza di complessità progressivamente crescente. Nei confronti di un bambino con prestazioni apparentemente inadeguate rispetto a quelle che l’età cronologica farebbe prevedere, l’osservazione neuropsichiche, integrata dei reattivi mentali permette agevolmente di formulare la diagnosi di disabilità intellettiva. Non esiste una terapia della disabilità intellettiva. La disabilità intellettiva come accennato l’inizio del capitolo si configura come uno status che accompagna il soggetto nel corso del suo ciclo vitale e che, in termini funzionali, si esprime con deficit che variano nel tempo assumendo caratteristiche età- dipendenti. Pertanto nei confronti di un bambino che presenta una diagnosi non so grafica di disabilità intellettiva devono essere prese in considerazione una serie di interventi di natura spesso molto diverse tra di loro ciascuno dei quali risponde a specifici obiettivi, con la finalità ultima di garantire l’adattamento del soggetto al contesto sociale. I vari interventi devono essere articolati in un progetto terapeutico possibilità terapeutiche che vanno di volta in volta considerate e selezionate per rispondere ai bisogni specifici di un dato bambino in una determinata fase del suo sviluppo. Le proposte terapeutiche attualmente disponibili sono: terapie farmacologiche, interventi riabilitativi, interventi Psico-educativi, interventi psicoterapeutici. Sindromi particolari con fenotipo autistico: il disturbo di Rett interessa il sesso femminile presenta aspetti clinico-evolutivi ben definiti che ne permettono 1:00 caratterizzazione non geografica e tra i 12 18 mesi e di quattro anni compaiono comportamenti di tipo artistico, difficoltà nella coordinazione dinamica generale particolari stereotipie a livello delle mani. Il disturbo di asperger Il disturbo di asperger è un quadro clinico caratterizzato da una compromissione dell’interazione della comunicazione sociale che si esprime con uno scarso investimento emotivo dell’altro, che non viene ricercato, non è riconosciuto come partner privilegiato per condivisione di emozioni, interessi o attività. È una familiarità per il disturbo viene riferita con elevata frequenza.l’evoluzione lungo termine, rispetto al disturbo autistico è decisamente migliore in quanto compatibile con possibilità di una soddisfacente adattamento sociale. Molto spesso tuttavia l’ingresso nell’eta adolescenziale può determinare la comparsa di quadri psicologici a volte anche gravi quali depressione, disturbi d’ansia o viraggio verso quadri psicotici. IL DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE ED IPERATTIVITA’ Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività è una sindrome comportamentale caratterizzata da impulsività, incapacità di fissare l’attenzione in maniera continuativa e livelli di attività molto accentuati. Il DDAI è una sindrome comportamentale. Essa, cioè è caratterizzata da una serie di comportamenti atipici per frequenza e intensità. In altri termini, i comportamenti caratterizzanti il disturbo possono ritrovarsi nella popolazione generale. I comportamenti che caratterizzano il disturbo possono essere ricondotti a tre aree disfunzionali: l’iperattività, l’impulsività e la disattenzione. La diagnosi di DDAI viene formulata in base a criteri comportamentali, nel senso che non esistono indagini strumentali e/o di laboratorio che possano funzionare come marker diagnostici. Ne deriva, pertanto, che l’osservazione assume una particolare importanza. Fin dal primo incontro vanno tenuti in debita considerazione una serie di aspetti caratterizzanti il disturbo. E sono rappresentati da come si presenta il bambino: - Entra nella stanza (irruente) - Investe lo spazio (caotico) - Si rapporta all’oggetto (frenetico) - Aderisce alle proposte dell’esaminatore (superficiale) - Si impegna del compito (discontinuo) - Resiste alle distrazioni (inadeguato) Quando dalla fase diagnostica si passa alla formulazione del progetto terapeutico, l’approccio al soggetto deve essere di tipo “interpretativo”. Pertanto anche nel DDAI viene a determinare la necessità di un Progetto Terapeutico Personalizzato caratterizzato da: interventi farmacologici, interventi riabilitativi, interventi psico- educativi e interventi psicoterapeutici. DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO Il disturbo specifico dell’apprendimento (the DS a) include una serie di quadri clinici in cui l’elemento caratterizzante è rappresentato da un deficit che riguarda una o più abilità scolastiche. I deficit possono riguardare la lettura, la scrittura o le abilità di calcolo. Il quadro clinico si rende evidente con l’inizio della scuola primaria e progressivamente assume le sue connotazioni specifiche. In alcuni casi sia la compromissione contemporanea di più ore (disturbo specifico dell’apprendimento di tipo misto). Nei confronti di un bambino segnato lato per disturbi dell’apprendimento è necessario mettere in atto un percorso diagnostico articolato in diverse fasi che partono dall’accertamento di una reale difficoltà di apprendimento per arrivare alla diagnosi differenziale e alla definizione dei disturbi associati. L’orientamento generale nel nostro paese è quello di affidare la cura dei disturbi specifici dell’apprendimento alla scuola. In questa prospettiva la legislazione attuale con una legge ad Hoc ha demandato al personale della scuola il compito di realizzare adeguate strategie compensative e misure dispensative nell’ambito di un piano didattico personalizzato. Lo scopo è quello di potenziare le competenze scolastiche dell’alunno e nel contempo prevenire il disagio psicologico con nessuna difficoltà di apprendimento. I DISTURBI DELLA COMUNICAZIONE La comunicazione può essere definita come lo scambio di messaggi tra due o più persone con interazioni di un emittente di incidere sullo stato mentale di un ricevente. I codici comunicativi che devono essere posseduti dai partner coinvolti nello scambio sono: il linguaggio verbale, linguaggio non verbale, rappresentato da segni, gesti visivi, mimica, atteggiamenti posturali e o l’uso e la comprensione di elementi contestuali clienti integrano che integrano il significato del messaggio. Il linguaggio è una funzione complessa che si realizza progressivamente nel tempo attraverso la maturazione e lo sviluppo di una serie di strutture. Le cause del disturbo del linguaggio non sono conosciute. Si fa spesso riferimento a fattori ambientali o più spesso a fattori genetici. Anche se non è mai stato messo in evidenza il gene del disturbo del linguaggio sono comunque molteplici le esperienze che testimoniano una componente genetica nella realizzazione della funzione linguistica. Anche per il linguaggio i suoi disturbi si ripropone l’esigenza di chiarire gli anelli intermedi che si interpongono tra possibili fattori teologici e l’emergenza del fenotipo comportamentale. L’esordio del disturbo del linguaggio è molto precoce. In pratica esso coincide con l’epoca abituale di insorgenza del linguaggio. Il bambino, nel termine, presenta un ritardo nell’accedere le tappe del linguaggio previste dallo sviluppo tipico. La diagnosi è clinica e si basa sulla metodologia che caratterizza il percorso diagnostico abitualmente utilizzato dire. Nell’ambito di questo percorso la valutazione del linguaggio risponde al duplice duplice obiettivo di stabilire il livello di sviluppo del linguaggio e caratterizzare il tipo di disturbo. Una volta definite le caratteristiche il percorso diagnostico è finalizzato a valutare l’eventuale presenza di patologie neuropsichiatrica associate. I provvedimenti terapeutici da adottare dipendono dall’età del bambino, dall’eventuale presenza di disturbi associati dalle caratteristiche dell’ambiente significativo. Quando sia la possibilità di intervenire precocemente nei primi anni di vita, il programma di lavoro deve essere mirato alla comunicazione in relazione più con linguaggio in senso stretto. La diagnosi si basa fondamentalmente sull’anamnesi, sul colloquio con i genitori e sull’osservazione del soggetto. I dati che emergono dal processo diagnostico, infine, rappresentano gli elementi indispensabili per l’organizzazione di un Progetto Terapeutico Personalizzato e la formulazione di un giudizio prognostico. Fra gli interventi da prendere in considerazione vanno indicati: interventi farmacologici, interventi psicoterapeutici e interventi educativi. Il disturbo ossessivo-compulsivo Il disturbo ossessivo compulsivo viene definito come un quadro clinico caratterizzato dalla presenza di ossessioni e/o compulsioni, che interferiscono in maniera marcata sulla vita del soggetto che ne è affetto. Le ossessioni sono caratterizzate dalla presenza persistente o ricorrente di idee, pensieri, impulsi o immagini mentali, che la volontà non riesce ad eliminare dal campo della coscienza, e che costituiscono motivo di turbamento e di disagio. Per definizione, il soggetto, è consapevole del carattere morboso del disturbo, riconoscendo le ossessioni come intrusive, inappropriate e senza senso. Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi (come il lavarsi le mani) o azioni mentali ( come pregare o contare), che nella maggioranza dei casi, hanno lo scopo di prevenire o di ridurre il senso di malessere che accompagna un’ossessione. Una serie di ricerche degli ultimi anni hanno fornito importanti contributi per l’interpretazione neurobiologica del disturbo. L’elenco delle manifestazioni rilevabili in età evolutiva è molto ampio. I contenuti possono infatti riguardare: - la contaminazione del corpo, pericolo per se stesso o gli altri, aggressività, fantasie sessuali, perfezionismo o meticolosità, l’ordine, l’abitudinarietà, bisogno di chiedere o dire sempre la stessa cosa. Anche le compulsioni possono assumere aspetti diversi, e possono essere rappresentate da: lavarsi, ripetere interativamente un gesto o una frase, pregare, toccare, mettere in ordine e raccogliere e conservare determinati oggetti. Il processo diagnostico, in tali situazioni, è primariamente teso a stabilire il carattere “patologico” della manifestazione, facendo riferimento alla sua severità. Sotto questo aspetto, nell’ambito delle procedure diagnostiche abituali ( anamnesi, osservazione, colloquio) risulta utile il ricorso a strumenti di valutazione standardizzati. Tra gli interventi già indicati, la terapia farmacologica assume un particolare significato. In particolare vengono utilizzati gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. IL DISTURBO DA STRESS POST TRAUMATICO (DSPT) Il disturbo da stress post traumatico è un quadro clinico abbastanza definito sul piano dell’espressività sintomatologica, in cui elemento caratterizzante è la presenza di esperienze traumatiche molto forti che ne rappresentano la causa. Le esperienze traumatiche possono essere rappresentate da abuso sessuale, catastrofi naturali, atti violenti o aggressioni subite. Il DSPT può verificarsi a qualsiasi età. Il quadro clinico può variare da soggetto a soggetto in rapporto ad una diversa espressività dei sintomi. In alcuni soggetti possono prevalere nettamente i sintomi da disregolazione cognitiva- emotiva, mentre in altri i sintomi di evitamento. Considerando la natura dei quadri clinici appena descritti, l’approccio terapeutico si fonda su tre ordini di intervento: - rimuovere ove possibile che hanno provocato o mantengono attivo il malessere del soggetto; - facilitare l’elaborazione emotiva del malessere e promuovere l’inserimento del soggetto in attività tra quelle che garantiscono una reale partecipazione ed inclusione. DEPRESSIONE IN ETA’ EVOLUTIVA Le cause della depressione non sono ben definite. Le numerose indagini effettuate hanno fornito una serie di dati molto eterogenei. I principali dati emersi da tali indagini, sono: fattori di rischio, che includono una serie di evidenze il cui ruolo etiopatogenetico risulta ancora difficilmente definibile; modelli interpretativi della clinica, che sono rappresentati da tentativi di utilizzare i vari fattori di rischio per la formulazione di ipotesi in grado di spiegare la sintomatologia del rischio. L’elemento caratterizzante la sintomatologia depressiva è rappresentato da un’alterazione del tono dell’umore. Nei soggetti in gradi di verbalizzare il loro stato, vengono fornite descrizioni del tipo “mi sento depresso” o “mi sento giù di corda”. Nelle situazioni in cui il soggetto non è in grado di verbalizzare il suo stato, o non è disponibile a farlo, il tono dell’umore si manifesta generalmente attraverso un’espressione di tristezza, caratterizzata da povertà della mimica, sguardo inespressivo, rarità del sorriso, pianto per futili motivi. i bambini depressi, tendono ad evitare le occasioni di incontro con gli altri, e, quando inseriti nell’ambito del gruppo, assumono atteggiamenti passivi o tendono a isolarsi. Queste difficoltà relazionali sono presenti anche a scuola: il bambino non mostra interesse a condividere esperienze e se ne sta seduto da solo nel banco. In tali situazioni, ne risente anche il rendimento scolastico, che risulta inadeguato. Il bambino lamenta spesso disturbi della memoria, mostra difficoltà di concentrazione ed appare eccessivamente preoccupato dell’insuccesso. La diagnosi di depressione in età evolutiva non è sempre agevole, sia per le caratteristiche della sintomatologia sia per l’incapacità del bambino di verbalizzare i propri stati d’animo. Come per tutti i disturbi psicopatologici dell’età evolutiva, l’approccio terapeutico non può limitarsi alla “cura” del sintomo, ma deve prevedere una serie di interventi, spesso di natura diversa, finalizzati a realizzare un riequilibrio del contesto relazionale del bambino (progetto terapeutico personalizzato) Il disturbo bipolare rappresenta la visione moderna del disturbo maniaco- depressivo classico. L’esperienza clinica, infatti, ha da sempre permesso di rilevare che in alcuni casi clinici la depressione, nel suo decorso, lascia spazio al suo posto, la “mania“, che esprime un tono dell’umore abnormemente esaltato. Nelle forme tipiche il quadro clinico è come caratterizzato da episodi durante il quale il soggetto presenta una vistosa modifica del tono abituale dell’umore. Presentandosi marcatamente euforico e particolarmente attivo. Nelle forme tipiche, le caratteristiche dell’episodio che peraltro “rompono” una continuità evolutiva caratterizzata da un profilo di sviluppo nel complesso adeguato, risultano fortemente suggestivi per un inquadramento diagnostico. In relazione alle difficoltà di inquadramento nosografico, è sempre necessario prevedere un progetto terapeutico personalizzato, che permette di definire nel tempo le caratteristiche di decorso. In aggiunta agli interventi educativi e psicoterapeutici, vanno inclusi gli interventi farmacologici. In particolare possono essere utilizzati in rapporto all’indicazione del singolo caso, gli stabilizzanti dell’umore, quali alcuni farmaci anticonvulsivanti. IL DISTURBO BIPOLARE LA BULIMIA NERVOSA La bulimia nervosa è un quadro patologico caratterizzato dalla periodica ricorrenza di episodi parrossistici di assunzione smoderata di cibo, cui seguono condotte di eliminazione quali vomito autoindotto. A differenza dell’anoressia, il peso corporeo si mantiene nei limiti della norma o lievemente maggiore. Per formulare una diagnosi, le “ grandi abbuffate” devono verificarsi al di fuori di un concomitante episodio di anoressia nervosa. I DISTURBI DELL’EVACUAZIONE I disturbi dell’evacuazione si riferiscono a problemi legati al controllo degli sfinteri: si parla di enuresi, quando lo sfintere interessato è quello vescicale; si parla di encopresi quando lo sfintere interessato è quello anale. Con il termine di enuresi viene indicata una minzione generalmente involontaria in un bambino di età superiore ai 5 anni, epoca in cui dovrebbe aver acquisito il controllo volontario dello sfintere vescicale. L’enuresi viene suddivisa in primaria se il bambino non è mai stato completamente continente, secondaria se il bambino ha presentato un periodo di almeno 6 mesi durante il quale è stato continente. Fra le varie forme di enuresi, quella notturna primaria è la più comune. Si tratta cioè di bambini di età superiore ai 5 anni che bagnano il letto almeno 2 volte a settimana. I bambini affetti possono essere suddivisi in: bambini con Enuresi Notturna Isolata (ENI) o bambini con Enuresi Notturna e Sintomi di Instabilità Vescicale Diurna (ENSIVD). La diagnosi di enuresi notturna primaria, come “disordine di sviluppo“, deve prevedere un approfondimento clinico finalizzato ad escludere tutte quelle condizioni che possono determinare l’incontinenza dello sfintere vescicale. I provvedimenti terapeutici specificatamente rivolti al disturbo, unitamente alle misure educative-terapeutiche di ordine più generale, sono articolati all’interno di un progetto terapeutico personalizzato. Pertanto prevede diversi tipi di intervento, in particolare interventi Psico-educativi; interventi farmacologici; tecniche comportamentali; interventi psicoterapeutici. L’encoporesi Con il termine di encopiresi si intende l’emissione di feci, generalmente involontaria, che si verificano i bambini di oltre quattro anni di età, in assenza di lesioni organiche. Come per l’enuresi viene distinta in: primaria quando si verifica in bambini che non hanno mai acquisito il controllo dello sfintere; secondarie quando si presenti soggetti che l’avevano già raggiunto. Il rapporto l’eventuale presenza di costipazione, vengono abitualmente distinte in due forme: encompresi con costipazione e incontinenza da sovrariempimento; encopresi senza costipazione e incontinenza da sovrariempimento. Il processo diagnostico è finalizzato ad escludere tutte le cause organiche che possono esprimersi con perdita di feci. Una volta escluse tali cause, l’approfondimento Psico diagnostico e teso a valutare le problematiche emozionali e le dinamiche relazionali, per definire la natura del disturbo e programmare gli opportuni interventi terapeutici. In genere il piano di trattamento prevede: interventi Psico-educativi; interventi psicoterapeutici; terapie farmacologiche. Il disturbo tende in genere a scomparire nell’arco di qualche settimana di alcuni mesi. Ma tuttavia va rilevato che le problematiche emozionali frequentemente associate, quando non adeguatamente fronteggiate, persistono nel tempo e possono evolvere, in epoca adolescenziale, in quadri psicopatologici. CEFALEE PRIMARIE IN ETA EVOLUTIVA La cefalea è un disturbo doloroso ricorrente o cronico, molto diffuso nella popolazione generale, che rappresenta anche una delle patologie più frequenti nell’infanzia e nell’adolescenza, come emerge da studi di prevalenza condotti nei paesi industrializzati e più recentemente anche nei paesi in via di sviluppo. Il carattere disabilitante della cefalea, insieme alla ripercussione sulla vita familiare e scolastica, ne fanno comunque una malattia con un notevole impatto sociale anche in questa fase della vita. L’emicrania L’emicrania è una cefalea primaria caratterizzata da attacchi di intensità moderata o forte, aggravata dall’attività fisica associata a dolore pulsante, nausea, fotofonobia e più raramente a vomito. L’EMICRANIA SENZA AURA L’emicrania senza aura risulta la forma più frequente ( circa l’85% delle cefalee). Caratteristiche tipiche della cefalea sono la localizzazione unilaterale, il dolore pulsante, l’intensità moderata o severa, l’aggravamento in seguito all’attività fisica di routine e l’associazione con nausea, vomito, fonofobia e fotofobia associati. Nel 1984 riconosciute tre fasi: la fase dei sintomi premonitori, la fase del dolore cefalico e dei sintomi di accompagnamento, la fase di recupero. Possibili fattori scatenanti o aggravanti possono essere i fattori psicologici (stress, emozioni) Fattori ormonali Fattori alimentari Fattori ambientali Fattori farmacologici EMICRANIA CON AURA Questo tipo di emicrania è caratterizzato dalla presenza di alcune manifestazioni cliniche che precedono l’attacco doloroso, manifestazioni che hanno una durata variabile da pochi minuti a 1-2 ore e vengono indicate con il termine aura. Si tratta di disturbi sensoriali di tipo visivo, acustico, olfattivo, gustativo, oppure di disturbi sensitivi come parestesie o ipoestesie, ipostenia unilaterale, afasia o altre alterazioni dell’eloquio (disartria). CEFALEA TENSIVA La classificazione internazionale delle cefalee definisce la cefalea tensiva come un algia di tipo gravativo-costruttivo, di intensità medio-moderata, frequentemente bilaterale, di durata variabile da pochi minuti a diversi giorni, talvolta associata a fotofobia o fonofobia, osmofobia, in genere non associata a turbe gastrointestinali, né aggravata dall’attività fisica quotidiana. Si possono distinguere due forme: cefalea tensiva episodica, (ETTH) cefalea di tipo intensivo con ricorrenza inferiore ai 15 giorni/mese e distinguibile a sua volta in episodica infrequente (<12 giorni/anno) e episodica frequente (tra 12 e 179 giorni all’anno). Cefalea tensiva cronica, (CTTH) invece si intende una forma tensiva con una frequenza superiore ai 15 giorni/mese per almeno 6 mesi all’anno. ● Adeguato conduzione della classe ○ Non solo disciplina, ma guida: coinvolgere, sostenere, incoraggiare SCUOLA E DISABILITA’ COME SI PROMUOVE L’INTEGRAZIONE? Utilizzo di strategie cooperative ● Peer tutoring ○ Coinvolgere gli allievi in funzione di tutor: educazione individualizzata con obiettivi inclusivi ○ Si favoriscono i rapporti sociali ○ Anche l’allievo con bisogni speciali può fare da tutor, magari con allievi più piccoli: gratificazione e nuove esperienze ● Cooperative Learning ○ Apprendimento a piccoli gruppi ○ Favorisce condizioni ideali per l’apprendimento in un sistema dinamico, dove vengono rivestiti vari ruoli (attivo/passivo) evitando l’artificiosità di un rapporto individuale STRATEGIE PER PROMUOVERE APPRENDIMENTI SIGNIFICATIVI ● Approccio ABA (analisi comportamentale applicata) ○ Acquisizione e consolidamento di competenze e abilità funzionali (es. imitazione, autonomia, comunicazione ecc.) ○ Aiuto-riduzione dell’aiuto (prompting e fading) ○ Apprendimento imitativo ● Approccio naturalistico ○ Insegnamento del comportamento nel contesto in cui questo si manifesta naturalmente ○ Pivotal Response Training: scegliere e dare la priorità a quei comportamenti emergenti che offrono una maggior opportunità di ricavare rinforzi ambientali e accedere più facilmente all’apprendimento di altre abilità STRATEGIE PER PROMUOVERE APPRENDIMENTI SIGNIFICATIVI ● Video Modeling ○ Mostrare filmati che illustrano corrette modalità di comportamento ○ Self-video modeling ● Insegnamento strutturato, utile per allievi con disturbi spettro autistico ○ Organizzazione delle classi e degli spazi con simboli e immagini ○ Schemi visivi che accompagnano e precedono compiti e attività ○ Articolazione dei compiti con informazioni chiare su inizio, svolgimento, fine STRATEGIE PER FACILITARE LA COMUNICAZIONE ● Disturbi del linguaggio: oltre a influenzare la capacità di comprendere i messaggi ricevuti e limitare la capacità di esprimere desideri, necessità, pensieri, possono compromettere gli aspetti relazionali e comportamentali ● Promuovere l’impiego di mediatori verbali o forme alternative (segni, immagini) ● Comunicazione Aumentativa Alternativa ○ Aumentativa: utilizzare tutte le competenze (segni, vocalizzazioni, gesti) ○ Alternativa: mezzi sostitutivi della parola ○ Tuttavia non si “sostituisce” al linguaggio verbale, ma ne rappresenta supporto ○ Picture Exchange Communication System (PECS): utilizzare immagini per ottenere una interazione ○ Altri mezzi utilizzano nuove tecnologie STRATEGIE PER CONTENERE PROBLEMI COMPORTAMENTALI Aggressività, distruttività, autolesionismo Cercare di identificare le ragioni, se possibile Occorre effettuare - la definizione operativa: descrivere senza confusione o fraintendimenti - l’osservazione sistematica: quante volte, come, durata ecc. - verifica connessioni temporali, eventualmente graficando - analisi funzionale, per identificare dipendenza da fattori ambientali STRATEGIE PER CONTENERE PROBLEMI COMPORTAMENTALI Favorire strategie di comunicazione, che possono sostituire il comportamento aggressivo Sviluppare comportamenti positivi, capaci di comunicare le esigenze. La gestione delle crisi va inserita nel piano di lavoro: usare il buonsenso (blocco fisico o verbale, protezione delle persone presenti, introduzione di stimoli per favorire comportamento adeguato). Rinforzamento differenziale: non punizioni o rimproveri, ma promozione di comportamenti diversi e inconciliabili con quello inadeguato. Token economy: feedback positivo con rinforzatori simbolici
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