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Neuroscienze affettive ed educazione - Immordino Yang, Sintesi del corso di Psicologia Generale

Sintesi personale per l'esame di Psicologia basata sul libro neuroscienze affettive ed educazione. esame di psicologia dell’educazione - unibg

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Scarica Neuroscienze affettive ed educazione - Immordino Yang e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 1 Neuroscienze affettive ed educazione Mary Helen Immordino-Yang Introduzione all’ed. Italiana Antonella Marchetti Emozioni e apprendimento si intrecciano inestricabilmente perché si impara fronteggiando situazioni che l’obiettivo della sopravvivenza carica di significati emotivi (evoluzione) e si apprende profondamente solo ciò che smuove emozioni e affetti (ontogenesi). Nel libro si colloca il livello del discorso al di fuori delle “neuromanie” e “neurofobie” attualmente diffuse; l’attenzione è rivolta sia al dettaglio tecnico della ricerca, sia alle potenzialità dei risultati di laboratorio rispetto alla rilevanza esterna, ecologia delle conclusione che se ne possono trarre. L’aggettivo “affettivo” viene accostato tanto al campo delle neuroscienze quanto al tema dell’apprendimento. Rispetto alla prima questione – neuroscienze affettive - una costante è la valenza sociale degli affetti dei quali si indagano le basi neurali. In questa direzione vanno alcuni dei capitoli del volume, dedicati a descrizioni cliniche o a resoconti idrografici dei percorsi dell’apprendimento: rispettivamente, il caso dei due ragazzi con un solo emisfero e le poesie attraverso cui la figlia dell’autrice si accosta creativamente alla conoscenza del mondo fisico e sociale. Rispetto alla seconda questione – affetti e apprendimento – l’autrice ha una prospettiva complementare a (e compatibile con) I tentativi, storicamente precedenti, di coniugare emozioni, affetti, conoscenza e apprendimento compiuti da parte di approcci psicoanalitici di vario orientamento (Freud, Winnicott, Bion, …). Meno presente nel panorama culturale appare una prospettiva che guardi con esplicite finalità educative alle evidenze neuroscientifiche sul ruolo di emozioni e affetti nella costruzione della conoscenza. L’assunto di base che muove le ricerche di Immordino-Yang, e il suo modo peculiare di fare propria la prospettiva di Damasco, è che la conoscenza non si acquisisce in un vacuum relazionale e sociale ma nel contesto della dinamica “insegnamento-apprendimento”, in un particolare ambito socio-relazionale che vede agire persone diverse animate da scopi comuni e complementari: trasmettere/acquisire conoscenze e modi di apprendere. Prefazione Howard Gardner Nel libro La nuove scienza della mente. Storia della rivoluzione cognitiva ho documentato I punti di forza e I limiti del computer come modello per la cognizione umana e ho mostrato come I modelli e le analisi computazionali influenzassero campi come la psicologia, la filosofia, la linguistica e le neuroscienze. Limiti dell’approccio computazionale (anni 80): - Favorevole alle analisi che trattavano la cognizione umana come se fosse razionale; mentre le scienza cognitiva forniva strategie di problem solving in matematica, logica, ecc…, così pure nei giochi come gli scacchi alcuni aspetti della psiche umana venivano ignorati o minimizzati. - Presunzione che tutti I problemi fossero simili l’uno all’altro e che gli approcci utilizzati in un dominio fossero ugualmente applicabili anche negli altri domini. - Scarsa considerazione di arti, creatività, emozioni, interazioni sociali, contesto, per comprendere il pensiero e il comportamento umano. Nel secondo decennio del XXI secolo, abbiamo un quadro più vasto e approfondito dell’ampiezza del pensiero e del comportamento umano. Mary Helen si distingue tra gli altri studiosi per il modo in cui ha elaborato le scoperte e le prospettive di tali studiosi, iniziando importanti linee di ricerca in questi ambiti, riunendo insieme il suo lavoro con quello di altri ricercatori innovativi in una sintesi originale e efficace e chiarendo le implicazioni educative degli studi più all’avanguardia della psicologia, della neurologia e di altri filoni di ricerca delle scienza cognitive. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 2 Tra le scoperte e intuizioni presenti in questo volume, menziono quelle che più mi hanno colpito: - Possibilità di studiare le emozioni umane che emergono nel tempo attingendo da aspetti non coscienti della regolazione dei processi corporei (ammirazione, stupore,…) e di confrontarle psicologicamente e neurologicamente con le emozioni che emergono in modo più rapido (sorpresa, paura, …); - Importanza del substrato neurale del tempo libero, un tempo utile per fare un”passo indietro”, riflettere… ; - Interventi drastici come la rimozione di un intero emisfero cerebellare non si traducono in limitazioni cognitive debilitanti; - Somiglianze e differenze nell’elaborazione cerebrale di individui provenienti da diversi gruppi culturali; - Certi circuiti neurali (neuroni specchio) si attivano sia quando si eseguono azioni sia quando l’obiettivo di un’azione altrui è comprensibile. Immordino-Yang è una dei pionieri nel campo di studi interdisciplinare “Mente, Cervello ed Educazione”, lanciato, verso la fine del millennio scorso, dalla Harvard Graduate School of Education e altre università nel mondo. Mary Helen riconosce la notevole distanza tra un risultato in laboratorio e una pratica adottata in classe. Fare educazione significa compiere delle scelte, molte delle quali riflettono I valori di qualcuno e/o I vincoli di un dato contesto. Varie scienze (e altre discipline) hanno suggerimenti sul modo migliore per educare; nessuna di esse proporne idee definitive, ma sarebbe sciocco ignorarne qualcuna. Nei suoi saggi l’autrice combina scoperte sullo sviluppo psicologico, su quello neuronale e sui contesti culturali, al fine di dare suggerimenti a educatori e insegnanti. A volte raccomandazioni generali: le emozioni hanno una capacità motivazionale potente e gli insegnanti le ignorano a loro rischio e pericolo. Altre volte suggerimenti mirati: I bambini possono interpretare I problemi matematici in modi molto specifici e la modalità educativa che funziona meglio diventa chiara quando gli insegnanti colgono le ipotesi e le predilezioni particolari che gli studenti utilizzano per risolvere un dato problema matematico. Introduzione – perché le emozioni sono parte integrante dell’apprendimento L’apprendimento non è stabile e costante; viviamo giorni buoni e altri meno, momenti di impegno e ispirazione e momenti di disimpegno e delusione. Troviamo interessanti alcune competenze e argomenti e altri no. L’apprendimento è dinamico, sociale e dipendente dal contesto, perché ci sono le emozioni, che costituiscono una parte importante di come, cosa, quando e perché le persone pensano, ricordano e apprendono. Mary Helen insegnante di scienze a vicino Boston, era interessata al fatto che le domande e le spiegazioni dei suoi studenti sembravano connesse alle loro amicizie, alla situazione familiare, ai gusti estetici e ai valori culturali. La comprensione scientifica dell’influenza delle emozioni sul pensiero e sull’apprendimento ha subìto una profonda trasformazione negli ultimi anni. Una rivoluzione delle neuroscienze ha ribaltato le prime idee secondo cui le emozioni interferirebbero con l’apprendimento, rivelando invece che emozione e cognizione sono supportate da processi neurali interdipendenti. È impossibile, dal punto di vista neurobiologico, costruire ricordi, impegnarsi in pensieri complessi o prendere decisioni sensate senza emozioni: il cervello è un tessuto altamente costoso a livello metabolico e l’evoluzione non avrebbe sostenuto lo spreco di energia e ossigeno per pensare a cose non importanti; pensiamo solo alle cose che ci stanno a cuore. Quest’intuizione apre questioni riguardanti come, quando e perché gli studenti imparano in maniera significativa (o semplicemente rigurgitano fatti); pone anche problemi riguardo a come la tecnologia, la cultura e le relazioni sociali modellano l’apprendimento e a come gli insegnanti in classe possono capire e far leva sulle emozioni più produttive. Perché l’apprendimento abbia una speranza di motivare gli studenti, di produrre conoscenze Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 5 più complessi, il problema diventava anche quello di gestire le interazioni sociali e le relazioni. L’evoluzione delle società umane ha prodotto un contesto sociale e culturale complesso. Nonostante in quest’ultimo stadio evolutivo I concetti di sopravvivenza e sviluppo vadano interpretati nel contesto sociale e culturale, I nostri cervelli portano ancora l’evidenza dello scopo originario: gestire I nostri corpi e le nostre menti al servizio della vita e vivere felicemente nel mondo con altre persone. L’apprendimento, nel suo significato complesso che si realizza a scuola o nel mondo reale, non è un processo razionale o disincarnato e nemmeno è un processo isolato. Ragionamento, decisioni ed emozioni: evidenze da pazienti con danni cerebrali Anni 80, studio dei sistemi cerebrali sottesi al comportamento e alla cognizione era dominato da un approccio top-down -> processi di apprendimento, linguaggio e ragionamento concepiti come sistemi di ordine superiore, che si imponevano su un corpo che si limitava a obbedire. Si sottovalutava il ruolo delle emozioni nel dirigere il comportamento e il pensiero razionale. A seguito di un danno alla corteccia prefrontale ventromediale (VMPF), il comportamento sociale dei pazienti risultava compromesso, rendendoli inconsapevoli delle conseguenze delle loro azioni, insensibili alle emozioni altrui e incapaci di imparare dai loro errori. Si evidenziava una separazione netta tra il periodo antecedente la lesione (pazienti onesti, affidabili, responsabili) e il periodo successivo (decisioni svantaggiose, prestazioni inadeguate al lavoro). Qualcosa nelle loro abilità logiche o nelle conoscenze di base era compromesso; essi non mostravano una compromissione delle conoscenze o una riduzione dei QI. A causa della compromissione nella possibilità di evocare le emozioni associate a determinate situazioni del passato, alle opzioni decisionali e ai relativi esiti, I pazienti non erano più in grado di selezionare la risposta più appropriata basandosi sulla loro esperienza passata. Non riuscivano a utilizzare la conoscenza emotiva passata per guidare I processi di ragionamento; inoltre, non potevano più apprendere dalle conseguenze emotive delle loro decisioni o rispondere alle reazioni dei loro partner sociali. In essi era compromessa una regione della corteccia cerebrale ogni riconosciuta come necessaria per innescare una cascata di eventi neurologici e somatici, che insieme compongono le emozioni sociali, quali l’imbarazzo, la compassione, l’invidia o l’ammirazione e il loro comportamento sociale era pregiudicato. Hanno perso le loro abilità di analizzare gli eventi nelle loro conseguenze emotive e di etichettare quindi I ricordi di questi eventi. Le loro emozioni sono dissociate dal pensiero razionale, portando a una compromissione nel ragionamento, nelle decisioni e nell’apprendimento. I pazienti con lesioni prefrontali hanno deficit sociali. I processi emotivi sottostanno a decisioni e attività di apprendimento apparentemente razionali. Importanza della capacità di percepire e incorporare il feedback sociale ai fini dell’apprendimento. 2 ipotesi: - Possibilità che I processi emotivi siano necessari per il trasferimento delle competenze e conoscenze acquisite nel contesto scolastico a nuove situazioni e nella vita reale; - Lo stretto legame tra decisioni, emozioni e funzionamento sociale può fornire un nuovo punto di vista sulla relazione tra biologia e cultura. È possibile che l’influenza sociale della cultura modelli l’apprendimento, il pensiero e il comportamento attraverso una via emotiva. Altro gruppo: pazienti che hanno riportato danni prefrontali nell’infanzia, piuttosto che da adulti. Durante lo sviluppo questi bambini presentavano un QI nella norma, capacità di usare pensiero logico, ma lentamente rivelavano vari gradi di tendenze psicopatiche e antisociali. Erano insensibili alle punizioni e alle ricompense e non ricercavano accettazione o approvazione sociale. Da adulti erano incapaci di gestire in modo competente le loro vite, perdendo tempo, sperperando risorse, comportamenti antisociali e aggressivi. A differenza dei pazienti con danno in età adulta, quelli con danno emerso nell’infanzia sembrano non aver mai appreso le regole che guidano il comportamento sociale e morale; non hanno appreso il giusto e lo sbagliato, non conoscono le regole etiche e sociali che stanno infrangendo. In assenza dell’abilità di manipolare le situazioni e contrassegnarle come positive o negative da un punto di vista affettivo, questi bambini falliscono nell’apprendere il normale comportamento sociale; essi perdono le adeguate abilità di decisione; insensibili alle reazioni che I loro comportamenti generano negli altri. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 6 Ciò che confermano questi pazienti è che gli stessi sistemi neurobiologici che supportano il funzionamento emotivo nelle interazioni sociali supportano generalmente anche i processi di decisione. Senza un adeguato accesso alla conoscenza sociale e culturale, questi bambini non possono usare la loro conoscenza in modo efficace. Vygotskij -> il funzionamento sociale e culturale in realtà è sotteso a molti nostri ragionamenti e anche a decisioni non sociali. Il comportamento sociale risulta essere un caso speciale di processo decisionale e la moralità un caso speciale di comportamento sociale. I sistemi neurologici che supportano la presa di decisione sono gli stessi sistemi che supportano il comportamento sociale e morale. Senza un accesso adeguato al feedback emotivo, sociale e morale, ovvero agli elementi importanti della cultura, l’apprendimento non può dare efficacemente informazioni al funzionamento nella vita reale. Una prospettiva fisiologica ed evoluzionistica su emozioni e cognizioni: dalle risposte automatiche alla moralità, alla creatività, al ragionamento superiore e alla cultura Esempio: formica che cammina su un marciapiede portando un pezzo di cibo nella sua tana. Si muove rapidamente in una fessura per evitare di essere calpestata e procede il suo cammino. Cosa la motiva a preservare la sua vita? Come ha deciso di prendere il pezzo di cibo e tornare nella sua tana? Le decisioni di nascondersi per evitare di essere schiacciata, di prendere il cibo e di continuare I direzione della tana son casi primitivi di cognizione, composti da complessi pacchetti di risposte innate che permettono alla formica di rispondere vantaggiosamente di fronte a determinate categorie di situazioni. Questo è altre miriadi di esempi primitivi di cognizione agiscono insieme al servizio di un obiettivo emotivo: mantenere e promuovere l’omeostasi1 e quindi adattamento e benessere. La formica agisce in quel modo perché quei comportamenti promuovono a sua sopravvivenza ed efficienza. Il cervello si è evoluto per far pronte al problema di leggere le condizioni del proprio corpo e rispondervi in modo conforme, e ha cominciato a farlo attraverso il meccanismo delle emozioni —> capacità di coping -> si rivela in modi semplici negli organismi semplici e in modi articolati quanto più il cervello diventa complesso. Nei cervelli di animali superiori e persone, la ricchezza è tale che essi possono percepire il mondo attraverso processi di elaborazione sensoriale e controllare I loro comportante in un modo che comprende ciò che è tradizionalmente definito come mente. Tutti questi complessi e ingegnosi comportamenti umani, ovvero quei comportamenti favoriti dall’istruzione, sono attuali al servizio della gestione della vita all’interno di una cultura e, in quanto tali, utilizzano strategie emotive. Le emozioni sono una forma base di processo decisionale, un repertorio di conoscenze e azioni che consentono agli individui di rispondere in modo adeguato a differenti situazioni. Più gli individui si sviluppano e s’istruiscono, più affinano le loro opzioni comportamentali e cognitive. Si potrebbe supporre che l’obiettivo principale dell’educazione sia quello di coltivare il repertorio di strategie e opzioni cognitive e comportamentali dei bambini, aiutandoli a riconoscere la complessità delle situazione e a rispondere in modo sempre più flessibili, sofisticati e creativi. Da questi processi di riconoscimento e risposta, gli stessi processi che costituiscono l’interfaccia tra cognizione ed emozione, emergono le origini della creatività. Dallo stesso tipo di processi emerge un particolare tipo d’innovazione umana: la creatività sociale, che chiamiamo moralità e pensiero etico. La moralità e le decisioni di tipo etico sono casi speciali di funzionamento sociale ed emotivo. Il tratto caratteristico delle azioni etiche è l’inibizione di soluzioni immediatamente vantaggiose o profittevoli in favore di ciò che è considerato buono o giusto all’interno del nostro contesto culturale. La decisione di natura etica rappresenta l’apice delle conquiste cognitive ed emotive degli esseri umani. L’esempio della formica serviva per illustrare che la maggior parte delle decisioni, dei comportamenti, dei pensieri e delle creazioni umane, indipendentemente da quanto siano distanti dal concetto di sopravvivenza in termini omeostatici, porta l’ombra della sua origine emotiva. 1 Omeostasi (dal greco "simile posizione") è la tendenza naturale al raggiungimento di una relativa stabilità, sia delle proprietà chimico-fisiche interne che comportamentali, che accomuna tutti gli organismi viventi, per i quali tale regime dinamico deve mantenersi nel tempo, anche al variare delle condizioni esterne, attraverso precisi meccanismi autoregolatori. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 7 Neurobiologicamente ed evolutivamente parlando, la creatività è un mezzo per sopravvivere e prosperare in un contesto sociale e culturale, un’affermazione che sembra applicarsi dalle circostanze relativamente banali di vita quotidiana alla complessa arena del pensiero e del comportamento etico. Pensiero emotivo: verso una concezione evidence-based Gli aspetti della cognizione che sono presi in maggior considerazione in ambito scolastico, inclusi l’apprendimento, l’attenzione, la memoria, I processi decisionali, la motivazione e il funzionamento sociale, sono tutti influenzati dalle emozioni e inglobati all’interno del processo emotivo. Le emozioni implicano la percezione di un innesco emotivo adeguato: una situazione reale o immaginaria che abbia il potere di indurre un’emozione, così come una catena di eventi fisiologici che attivi cambiamenti sia nel corpo che nella mente. Questi cambiamenti nella mente – che, tra gli altri, comprendo la focalizzazione dell’attenzione, il richiamo di ricordi significati e l’apprendimento delle associazioni tra gli eventi e I loro esiti - sono I processi di cui l’educazione maggiormente si occupa. Senza le emozioni, il pensiero razionale e il ragionamento logico esistono, ma non possono essere utilizzati in modo appropriato e utile nel mondo reale. Le emozioni aiutano a dirigere il nostro ragionamento. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 10 - la Task Positive Network: la sua attivazione è associata a un impegno attivo in compiti diretti a uno scopo che valutano la rilevanza degli stimoli esterni; questa rete supporta il sistema del “guardare fuori”. - la Task Negative Network (o stato di riposo): associata alla “modalità di default” di funzionamento cerebrale. Tale rete comprende regioni lungo la linea mediana del cervello, nei lobi sia parietali sia frontali, insieme a regioni più laterali nella parte inferiore del lobo parietale e alla parte mediale del lobo temporale. Negli esperimenti di neuroimaging si nota che l’attività di queste regioni si intensifica durante il riposo passivo, indotto da paradigmi sperimentali come chiedere ai partecipanti di rilassarsi a occhi aperti o chiusi. Chiameremo questo sistema “guardarsi dentro”. Rete -> insiemi di regioni cerebrali la cui attività è funzionalmente coordinata. Sistema -> capacità psicologicamente rilevanti che sono supportate dalla rete cerebrale. Più una rete si attiva, meno si attiva l’altra; l’alternarsi di queste reti riflette lo spostamento da uno stato di monitoraggio esterno e di focalizzazione su attività dirette a uno scopo (guardare fuori) a uno stato mentale più libero, diretto interiormente e indipendente dagli stimoli (guardarsi dentro). È probabile che le reti che supportano I sistemi per “guardarsi dentro” e per “guardare fuori” siano codipendenti e coregolate – il funzionamento dell’una è predittivo del funzionamento dell’altra. Vi è una notevole variabilità tra gli adulti nell’intensità della connettività DM e, anche se I pattern di attività cerebrale durante il riposo sono relativamente stabili in età adulta; l’aver ricevuto una formazione specifica sull’introspezione può alterare il funzionamento delle reti DM e migliorare le capacità di attenzione sostenuta su un compito. Differenze individuali nel funzionamento socioemotivo L’efficienza con cui un cervello alterna l’attività DM e quella relativa all’attenzione verso l’esterno, così come la forza della connettività funzionale tra le regioni DM durante il “riposo”, sembrano essere associate alla salute neurale e psicologica, soprattutto in relazione al funzionamento sociale ed emotivo. Un funzionamento DM atipico è connesso ai sintomi socioemotivi della schizofrenia, dell’autismo, del disturbo del deficit di attenzione, dei disturbi d’ansia, della depressione, e altri. L’autismo è associato a livelli tipicamente bassi di connettività funzionale tra le regioni DM durante il riposo; le persone schizofreniche, al contrario, mostrano eccessiva attivazione e iperconnettività nella rete DM, che non è sufficientemente attenuata durante l’attività di attenzione verso l’esterno. Differenze individuali nel funzionamento cognitivo Alcuni aspetti del funzionamento DM, durante il “riposo” e durante le attività, sono legati all’intelligenza negli adulti – così come viene valutata dai test standardizzati del quoziente intellettivo (QI) – alle abilità di lettura e di memoria e alla capacità di porre un’elevata attenzione in compiti cognitivi ( + Qi = + DM). Nei partecipanti con QI più elevato, la comunicazione e il coordinamento tra le regioni DM frontali e parietali durante il “riposo” sono più efficienti e si ritiene che ciò sia alla base di migliori capacità cognitive nell’effettuare I collegamenti tra differenti parti di informazione. Negli studi sulla lettura, una separazione funzionale tra le regioni DM e una regione chiave del cervello specializzata nella lettura durane il “riposo” è associata alle competenze di lettura negli adulti; questa separazione non è ancora matura nei bambini di 8-14 anni. Negli studi sulla memoria, la rievocazione dei ricordi a lungo termine durante semplici compiti cognitivi è associata a una maggiore disattivazione delle regioni DM coinvolte nella codifica e nella rievocazione. Anche se fino a oggi l’obiettivo principale delle ricerche sull’attenzione relative allo sviluppo e all’educazione è stato il “guardare fuori” nell’ambiente, I risultati delle ricerche suggeriscono che: A) La qualità dell’elaborazione neurale che supporta il sistema per “guardare fuori” è legata alla qualità dell’elaborazione neurale che supporta il sistema per “guardarsi dentro” e alla capacità di spostarsi in modo efficiente tra queste due modalità; B) La qualità dell’elaborazione neurale durante il “guardarsi dentro” è connessa al funzionamento socioemotivo, così come ad altre dimensioni di pensiero che trascendono il qui e ora. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 11 Cosa fa la mente quando il cervello “riposa”? I ricordi, le previsioni, le emozioni e il “sé” mentale Quando una persona si disimpegna da un comportamento diretto a un obiettivo esterno, la sua mente non è inattiva: viene assorbita in un flusso dinamico e libero di pensieri, mind wandering (vagare con la mente), nel richiamo spontaneo dei ricordi, nella produzione di ipotetici scenari e progetti per il futuro e in altri pensieri personali e sociali. Alcuni settori del cervello sono molto attivi durante le procedure di neuroimaging che inducono il “riposo”. La mente non è inattiva in assenza di attività dirette a uno scopo esterno; diminuire la vigilanza percettiva offre invece l’opportunità di vagare mentalmente lontano dal contesto fisico attuale, mantenendo solo l’attenzione sufficiente per svolgere I comportamenti automatici e per monitorare l’ambiente, mentre si indulge in pensieri, fantasie e ricordi. Diversi studi di neuroimaging riportano attivazione nelle regioni DM durante compiti diretti a uno scopo che coinvolgono l’introspezione, l’elaborazione socioemotivo e autoreferenziale o la simulazione. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 12 L’elaborazione relativa al perspective taking (assunzione di prospettiva) cognitivo o alle funzioni tradizionali della teoria della mente, o quella relativa alla valutazione degli aspetti fisici e cognitivi più concreti e immediati delle situazioni sociali, non risulta associata alle regioni DM. Esse sembrano essere reclutate per l’elaborazione che riguarda in misura minore la conoscenza fattuale, relativa ai propri ricordi o a deduzioni sulle conoscenze altrui, e in misura maggiore la simulazione e la valutazione delle implicazioni astratte dei propri o degli altrui stati di conoscenza. Le regioni del cervello coinvolte nella DM sembrano essere reclutate e specializzate per l’elaborazione di informazioni astratte, rilevanti per gli aspetti psicologici, affettivi e soggettivi di sé e di altre persone nella vita quotidiana, e per funzioni più complesse, morali, socioemotive, di previsione e retrospezione. Un esempio di “guardarsi dentro” spontaneo durante l’apprendimento sociale John, studente universitario, viene intervistato raccontandogli una storia vera per indurre compassione. Storia: ragazzo che vive in una piccola città industriale della Cina, depressione economica, spesso senza cibo per sfamarsi, padre morto, madre operaia. Un giorno la madre con una moneta trovata a terra compra una torta al figlio che non aveva mangiato per tutto il giorno, lui nonostante la fame gliela offre ma le rifiuta dicendo che aveva già mangiato anche se non era vero. Dopo il video lo sperimentatore chiese a John come lo facesse sentire questa situazione. Nel rispondere egli rivela un modello comune in cui le decisioni relative a una reazione complessa verso una situazione sociale iniziano con un generale sentirsi emotivamente toccati, a volte accompagnati da sensazioni viscerali. John si accorge della potenza emotiva della storia basandosi sui “segnali” fisiologici; poi sembra ritirarsi brevemente dall’interazione con lo sperimentatore e risulta assente, con lo sguarda rivolto verso sé. Emerge valutando spontaneamente il rapporto con I propri genitori (“non li ringrazio abbastanza”). Sembra che, valutando le implicazioni emotive della situazione di un altro, John abbia imparato ad apprezzare meglio la propria situazione. La reazione di compassione di John dimostra come le nuove intuizioni e comprensioni siano costruite attivamente e dinamicamente – l’apprendimento si costruisce a partire da conoscenze precedenti e dall’accomodamento attivo delle nuove informazioni per dare senso alla situazione attuale. Il valore di una pausa di riflessione nel passaggio dalla considerazione di dettagli concreti, orientati all’azione, legati al contesta di questa situazione specifica, alla costruzione di una comprensione delle implicazioni emotive più ampie e a lungo termine per la propria o per qualsiasi situazione. Le pause di John sono una manifestazione comportamentale dell’attività neurale DM. Più elevata è l’interpretazione, più elevata è l’attività DM, registrata con la fMRI, e se si provano emozioni con connotazioni morali, più forte sarà la connettività DM dei partecipanti durante il riposo. Il tempo e le competenze dedicati a una riflessione interna costruttiva sono utili per l’apprendimento emotivo e il benessere. Lo sviluppo psicologico sano richiede opportunità e competenze per “guardarsi dentro”? Il cervello funziona In base a una distinzione tra l’elaborazione delle info su fatti e circostanze di tipo concreto, fisico e immediato, e le procedure e le informazioni astratte sulle circostanze e sulle implicazioni mentali, ipotetiche e a lungo termine. Ipotizziamo che le competenze importanti per la riflessione e per la costruzione di un significato personale possano dipendere fortemente dalle funzioni psicologiche associate all’attività nelle reti cerebrali DM e possano, quindi, essere limitate se le richieste di attenzione e le distrazioni ambientali sono costantemente troppo alte. Implicazioni preliminari per l’educazione Insegnare a scuola le competenze per un’elaborazione produttiva interna, autodiretta, può essere utile sia per il benessere socioemotivo sia per le competenze scolastiche. Nei bambini della scuola primaria, il benessere emotivo, la fiducia in se stessi e il rendimento scolastico sono rafforzati quando viene loro insegnato a prendersi un “metamomento” in cui allontanarsi dalle distrazioni e valutare in maniera riflessiva I propri ricordi e sentimenti, immaginare un “sé” ideale a pianificare di conseguenza il proprio comportamento in maniera adeguata. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 15 ed è nutrita dalla cultura. Agiamo di nostra iniziativa ma interpretiamo e comprendiamo le nostre scelte confrontandole con le norme della nostra cultura, apprese attraverso le esperienze sociali, emotive e cognitive. Le emozioni sociali rimangono biologicamente radicate nei nostri processi più elementari di regolazione fisiologica. Sembra che la capacità di trattare gli altri come vorremmo essere trattati noi si basi sulla sensazione empatica di nodo alla gola o di pugno nello stomaco. Le sensazioni, avvertite nel substrato del nostro sé psicologico e fisico, sono interpretate alla luce dell’esperienza personale e della conoscenza culturale, inclusa quella derivante dalla nostra educazione. I sistemi cerebrali dell’emozione costituiscono il “timone” che dirige il pensiero verso lo sviluppo e il recupero di una competenza efficace. Le emozioni facilitano l’attivazione di reti cerebrali e sostengono le competenze che lo studente sta sviluppando, attraverso la regolazione e la focalizzazione dell’attenzione, la motivazione e la valutazione dei possibili risultati sociali e cognitivi. Le emozioni (corpo e mente) nel contesto scolastico Le scuole sono contesti sociali; ognuna è una comunità che funziona all’interno di una più ampia cultura. I corpi, cervelli, menti degli studenti sono partner significativi nell’apprendimento. Ogni bambino costruisce se stesso a partire dalle proprie predisposizioni biologiche, cioè dalla propria “natura”, utilizzando il proprio “sé” biologico e psicologico come una piattaforma dalla quale partire per capire I pensieri e le altrui. Il corpo, il cervello e la mente dello studente generano insieme cognizioni ed emozioni, che s’intrecciano soggettivamente nella costruzione delle conoscenze culturalmente rilevanti e nelle decisioni su come agire e pensare. Nuovo approccio alla comprensione di come I bambini si impegnano nelle competenze scolastiche. La ragione per cui ci impegniamo/l’ansia che proviamo e l’apprendimento sono tutti processi guidati dai sistemi neurologici delle emozioni, dell’elaborazione sociale e soggettiva. Non sono più giustificabili teorie dell’apprendimento che dissociano la mente dal corpo, il sé dal contesto sociale. Utilizzando l’esperienza personale come una piattaforma, gli studenti si sforzano di discernere e ricostruire nella propria mente le azioni mentali, spesso invisibili, del docente. Questo processo è soggettivo, emotivo e fondato sulla storia soggettiva di ogni studente. Neuroscienze sociale e affettive e teorie educative: prospettive future L’aggiornamento a partire dalle conoscenze neuroscientifiche viene spesso trascurato; insegnati e neuroscienziati spesso trascurano l’importanza della costruzione teorica. Il tentativo di passare direttamente dalla ricerca sul cervello all’innovazione didattica, senza passare attraverso una fase di costruzione teorica, limita la generalizzabilità del nuovo strumento e talvolta può risultare anche dannoso per I bambini. Emozione e cognizione, corpo e mente lavorano insieme negli studenti di tutte le età, non solo nei piccoli. In futuro, la ricerca e la teoria educative dovrebbero tentare di capire il modo migliore per caratterizzare e capitalizzare le dimensioni emotive e sociali dell’apprendimento negli studenti più grandi, anche adulti, considerando le conoscenze acquisiste sulle basi biologiche di questi processi. Nell’ultimo decennio: progressi nella comprensione del cervello e della mente; le nuove info sul cervello stanno espandendo la loro influenza dalle neuroscienze cognitive alla scuola. I neuroscienziati e gli insegnanti devono collaborare per produrre il Sacro Graal: nuove vie di comprensione dello sviluppo, che hanno implicazioni pratiche nella progettazione dei contesti di apprendimento. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 16 Parte seconda – quali suggerimenti le neuroscienze affettive possono dare all’apprendimento e all’insegnamento? Capitolo 4 - le basi neuroscientifiche dell’apprendimento Oltre I neuro-miti: mente, cervello ed educazione come campo di studio interdisciplinare Tutto il comportamento e tutto l’apprendimento umano hanno origine nel cervello; quest’ultimo si sviluppa attraverso un processo attivo, dinamico, in cui le esperienze sociali, emotive e cognitive di un bambino organizzano il suo cervello nel corso del tempo, in conformità con I vincoli e I principi biologici. Gli specifici punti di forza e di debolezza neuropsicologici di un bambino modellano il modo in cui percepisce e interagisce con il mondo. Gli ambiti delle neuroscienze e della biologia stanno portando l’educazione verso l’analisi del rapporto dinamico tra cultura e natura nello sviluppo e nell’insegnamento. Nuovo campo di studi: “Mente, Cervello ed Educazione” —> abbraccia le neuroscienze dell’educazione (riguardanti le capacità cerebrali rilevanti per la didattica), la filosofia, la linguistica, la teoria educativa, la psico dello sviluppo e altri ambiti di indagine. Gli insegnanti dovrebbero avere familiarità con le neuroscienze e il funzionamento del cervello, in modo da diventare I “consumatori” più informali di scoperte rilevanti per l’insegnamento, così come dovrebbero contribuire a identificare e formare nuove domande per le neuroscienze. Una delle sfide per gli insegnanti in questo nuovo ambito è conoscere l’applicabilità, le implicazioni e I limiti dei metodi di ricerca delle neuroscienze nei diversi campi dell’educazione; per I neuroscienziati la sfida è quella di imparare dai problemi, dalle tematiche e dai processi educativi, affinché I due settori di studio possano collaborare nel modo più proficuo possibile. In generale, gli importanti cambiamenti avvenuti nei metodi di ricerca e nel campo teorico delle neuroscienze ci stanno consentendo di rendere I risultati delle ricerche sul cervello maggiormente applicabili ai problemi concreti e agli interrogativi in ambito educativo, oltre a fornirci una più profonda comprensione sui processi che si svolgono nella scuola. Qui ci concentreremo sul ruolo rilevante delle tecniche di neuroimaging in relazione all’attuale visione dell’apprendimento inteso come costruzione di reti neurali distribuite che supportano le competenze. Inoltre ci occuperemo di come lo sviluppo e l’attivazione di queste reti neurali siano modulati e facilitati dai processi cerebrali generali per dominio, tra cui l’emozione, l’attenzione e I meccanismi di apprendimento sociale. I nuovi metodi neuroscientifici offrono nuove informazioni e nuove sfide da interpretare Mentre molti insegnanti continuano ad aggrapparsi ai neuro-miti, I neuroscienziati nel campo “Mente, Cervello ed Educazione” hanno lavorato per sfatare questi miti. Gli scienziati sono ora in grado di studiare la mente umana in soggetti sani, mentre risolvono in tempo reale dei problemi ed eseguono compiti cognitivi ed emotivi. Le tecniche di neuro-imaging si differenziano per le loro specificità, ma gli approcci principali sono tre: 1. Si basa sul presupposto che le variazioni di flusso ematico nelle regioni cerebrali siano indicative di una variazione dell’attività neuronale, e riguarda la misura e la localizzazione dei cambiamenti nell’irrorazione del cervello mentre il soggetto esaminato sta pensando; 2. Riguarda la misura dell’attività elettrica del cervello, generata dall’attivazione di reti di neuroni (cellule cerebrali); 3. Riguarda la misura delle modifiche nell’anatomia e nella struttura del cervello. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 17 Comunque le nuove possibilità tecnologiche presentano inevitabilmente anche delle limitazioni. Per es nella risonanza magnetica (fMRI), I cambiamenti del flusso sanguigno in alcune regioni cerebrali, associati a un particolare compito, non sono assoluti, ma calcolati dal confronto tra un compito target e uno di controllo. Quando una zona del cervello è segnalata come “accesa” (più attiva) in uno specifico compito, questo non significa che reale area sia l’unica zona reclutata. Le competenze scolastiche sono supportate da reti neurali specializzate In passato si prevaleva la teoria tradizionale della localizzazione: le funzioni cognitive erano mappate su specifiche aree del cervello. Oggi I neuroscienziati sanno che l’apprendimento prevede lo sviluppo di connessioni tra reti di aree cerebrali, distribuite in molte regioni del cervello. Non esiste un’area della “musica”, o “lettura” che non sia coinvolta anche nell’elaborazione di molte altre competenze e ambiti. L’apprendimento coinvolge attivamente la costruzione di reti neurali che collegano funzionalmente molte aree del cervello, anziché una sola. A causa della natura costruttiva di tale processo, le reti di persone diverse che apprendono possono essere differenti, a seconda delle risorse e delle predisposizioni neuropsicologiche di quelle persone e del contesto culturale, fisico, sociale in cui si costruiscono le competenze. Compito dell’educazione è supportare I bambini con diversi profili neuropsicologici nello sviluppo di competenze efficaci e, al tempo stesso, flessibili. Le persone sono in grado di adattare in diversi modi le loro capacità di apprendimento delle competenze. Per es nello studio di due adolescenti ad alto funzionamento che avevano subito la rimozione chirurgica di metà cervello, Immordino-Yang ha rilevato che ogni ragazzo compensava le sue limitazioni trasformando importanti competenze neuropsicologiche in nuove capacità più adatte alle risorse residue. Reti neurali per la matematica Le reti per l’elaborazione matematica sono costruite dalle reti per la rappresentazione della quantità, che si formano a partire dall’infanzia – una relativa alla rappresentazione approssimata della numerosità (quantità numerica) e una per il calcolo esatto numerico. Queste reti si organizzano e si differenziano ulteriormente con lo sviluppo e la pratica di concetti matematici. Queste reti per la matematica condividano molte aree e caratteristiche con quelle per l’elaborazione del linguaggio, tra cui la lettura. La ricerca attuale sta verificando come l’elaborazione matematica si colleghi ad altri ambiti, come la rappresentazione spaziale e il modo in cui si sviluppa in soggetti con sviluppo atipico, per es nei bimbi con disturbi di apprendimento. Reti neurali per la lettura L’alfabetizzazione ha un’influenza sull’organizzazione funzionale del cervello, coinvolgendo in modo differenziato le reti del linguaggio, della rappresentazione visiva e del suono in entrambi gli emisferi e incrementando la quantità di materia bianca che connette le aree cerebrali. Per quanto riguarda I lettori dislessici, è migliorata la comprensione di come la rapida elaborazione fonologica, l’elaborazione ortografica e visiva influenzino la lettura e il pensiero in altri ambiti. Recentemente, studi sulle differenze di sviluppo nelle reti neurologiche depurate alla lettura in diverse culture. Le reti neurali per l’apprendimento della lettura e della matematica hanno importanti implicazioni nell’insegnamento, dal momento che le lezioni più efficaci sostengono implicitamente lo sviluppo dei sistemi cerebrali responsabili della varie competenze. Alcuni studenti mostreranno differenti predisposizioni per le specifiche competenze, ma tutti gli studenti per riuscire in matematica, dovranno collegare funzionalmente I sistemi cerebrali per la quantità e per il calcolo. I processi dominio-generali e quelli connessi alle emozioni consentono l’apprendimento Gli uomini sono fondamentalmente esseri sociali e simbolici; così come alcuni aspetti della nostra biologia, tra cui la genetica e il cervello, modellano la nostra predisposizione sociale, emotiva e cognitiva, molti aspetti della nostra biologia, inclusi I processi fondamentali come lo sviluppo fisico, dipendono da un adeguato nutrimento sociale, emotivo e cognitivo. L’apprendimento è sociale, emotivo e modellato dalla cultura! Lavoro di Nelson, Zeanah, Fox e collaboratori (2007) con gli orfani rumeni: la crescita cognitiva, sociale e fisica era ritardata nei bambini istituzionalizzati rispetto ai loro coetanei cresciuti in famiglie affidatarie o biologiche. La mancanza di interazioni sociali e stimolazioni cognitive di alta qualità nei bimbi istituzionalizzati li ha portati a non svilupparsi in modo adeguato, nonostante le esigenze fisiche di base venivano soddisfatte. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 20 risposta emotiva anticipatoria nel momento che precede la scelta di una carta dal mazzo con più alto rischio di perdita (sudorazione delle mani come risposta galvanica della pelle). Non consapevolmente, sta accumulando info emotive riguardo alla relativa rischiosità di alcuni mazzi; procedendo, queste info emotive la spingono verso I mazzi “sicuri” e la allontanato da quelli con più vincite, ma con più possibilità di perdite. Dopo aver giocato più a lungo, riesce a raccogliere info sufficienti per poter descrivere le regole, segnalando con quali mazzi giocare e quali evitare. Ha “appreso”. L’IGT e gli altri esperimenti hanno insegnato l’importanza delle emozioni nel processo di apprendimento. Sebbene la loro influenza non sia sempre visibile, conferiscono forza che dà stabilità nel tempo alla direzione delle decisioni e dei comportamenti di chi apprende, aiutando a riconoscere e a richiamare le conoscenze rilevanti come, per es., sapere da quale mazzo pescare la carta. Secondo motivo: I contributi delle emozioni nell’apprendimento possono essere o non essere coscienti La risposta emotiva anticipatoria che guida la scelta non è presente dall’inizio, deve essere appresa con l’esperienza di gioco. Quando pesca, all’inizio e fino a quando sperimenterà la ricezione delle alte ricompense in denaro, sarà sicuramente più attratta dai mazzi con vincite più alte ma con più probabilità di perdita; avrà sviluppato una reazione emotiva inconsapevole, di eccitazione e attrazione, a questi mazzi. È solo dopo aver sperimentato una grossa perdita che la sua reazione cambia, da eccitazione a disappunto. Da qui in avanti, non pescherà da quei mazzi allo stesso modo di prima. Il suo timone emotivo sta guidando il suo comportamento e le insegna qualcosa riguardo ai mazzi che ha davanti. La partecipante potrebbe ancora sostenere di non sapere come funziona il gioco o cosa aspettarsi dai diversi mazzi. Solo la risposta non cosciente dei palmi sudati ci mostra la forza nascosta del suo apprendimento emotivo a questo stadio precoce del processo di apprendimento. Terzo motivo: l’apprendimento emotivo modella il comportamento futuro Le reazioni emotive ai risultati del propri comportamenti si connettono implicitamente alla conoscenza cognitiva di quell’ambito. Le attività scolastiche non saranno neutrali per lo studente; diventeranno “rischiose” e sgradevoli, oppure eccitanti e sfidanti, a seconda della sua interpretazione emotiva del risultato. La reazione emotiva dello studente al risultato dei suoi sforzi dà forma al comportamento futuro, sia in modo cosciente sia in modo non cosciente, spingendolo a comportarsi nello stesso modo in futuro o a essere diffidente in caso di situazioni simili. Quarto motivo: le emozioni risultano più efficaci nel facilitare lo sviluppo della conoscenza quando sono rilevanti per il compito da svolgere Nel contesto scolastico, le emozioni sono spesso considerate ausiliarie o secondarie al processo di apprendimento, piuttosto che come parte integrante della conoscenza che si sta costruendo. Sono viste come una forza disturbante, antagonista di una buona cognizione. Come l’IGT dimostra, le neuroscienze stanno rivelando che, più che impegnarsi a eliminare o “andare oltre” le emozioni, l’apprendimento più efficace incorpora le emozioni nella conoscenza che si sta costruendo. Gli studenti efficienti costruiscono “intuizioni” utili e rilevanti che guidano pensieri e decisioni. Tali intuizioni integrano le reazioni emotive con il processo cognitivo e incorporano ciò che è stato appreso dall’esperienza. Queste intuizioni sono specifiche e rilevanti rispetto ai contesti nei quali vengono apprese. Quanto sarebbe efficace l’apprendimento nel gioco IGT se lei fosse così ansiosa da non riuscire a “sentire” I sottili cambiamenti emotivi che le rivelano la valenza dei diversi mazzi? Oppure se fosse troppo eccitata da altro da non riuscire a concentrarsi sul compito? In entrambi I casi avrebbe una reazione emotiva, ma, relativamente al compito, questa reazione rimarrebbe stativa e invariata. Sarebbe ansiosa/eccitata indipendentemente dal mazzo e dal risultato ottenuto. Non apprenderà come distinguere in modo efficace I diversi mazzi; l’apprendimento del gioco fallirebbe. L’apprendimento efficace non implica il rimuovere le emozioni, ma, anzi, si tratta di coltivare con abilità uno stato emotivo che è rilevante e informativo rispetto al compito da svolgere. Quinto motivo: senza emozioni, l’apprendimento è compromesso Altro scenario: persona che gioca all’IGT, è una paziente neurologica con un danno alla corteccia prefrontale ventromediale, area cerebrale responsabile dell’intermediazione tra le sensazioni corporee delle emozioni e l’apprendimento di strategie cognitive. Le sue abilità cognitive sono intatte, riesce a risolvere problemi logici e completa bene I test d’intelligenza. La paziente inizia come una persona senza danni cerebrali, selezionando Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 21 carte a caso; ma, anziché sviluppare la risposta emotiva anticipatoria che aiuta a differenziare I fattori di rischio dei mazzi, la sua reazione emotiva nello scegliere le carte non le darà info per le sue future scelte. Rimane attratta dai mazzi con alti guadagni/maggiori probabilità di perdita. I partecipanti sani sono in grado di identificare una regola consapevole riguardo a quali mazzi scegliere e quali evitare dopo aver alzato un totale di 80 carte. Nel gruppo di pazienti con danni continuano a scegliere in modo svantaggioso anche se riescono a identificare una regola consapevole riguardo a quali mazzi scegliere e quali evitare. La conoscenza consapevole, le reazioni emotive e le strategie cognitive non sono tra loro integrate o allineate; questi pazienti non sono in grado di imparare dalle loro esperienze né di usare ciò che sembrano “sapere” consapevolmente. La sola conoscenza dei fatti è inutile senza la guida dell’intuizione emotiva. Se gli studenti non sentissero alcuna connessione con le conoscenza apprese a scuola, il contenuto scolastico sembrerebbe loro privo di un senso emotivo. Se il progetto curricolare non consentisse al docente di supportare lo sviluppo delle reazioni emotive, se le emozioni che emergono no fossero prese sul serio e non venisse dato loro spazio per influenzare le decisioni e il pensiero in classe, allora l’integrazione efficace di emozioni e cognizione nel processo di apprendimento verrebbe compromessa, come accade nel gruppo di pazienti. Strategie per riportare le emozioni nell’apprendimento in classe Prima strategia: favorire la connessione emotiva al materiale di studio Progettare esperienze didattiche che incoraggino connessioni emotive rilevanti col materiale che viene appreso. Quando gli studenti partecipano alla progettazione, riescono a capire meglio l’obiettivo della lezione e sono più coinvolti emotivamente nei risultati dell’apprendimento. Quando gli studenti vengono incoraggiati a impegnarsi e a dare un senso al materiale di studio, sviluppano intuizioni emotive più rilevanti per prendere decisioni nella vita quotidiana. Un altro strumento efficace: insegnare come risolvere I problemi aperti, perché consentono di cimentarsi nella definizione di compito stesso, facendo appello alle conoscenze intuitive riguardanti la rilevanza, la familiarità, la creatività e l’interesse nel processo. Gli insegnanti dovrebbero progettare attività che creino uno spazio – uno spazio che consenta alle reazioni emotive di comparire, oltre a uno spazio per fare errori in sicurezza e imparare da essi. È nelle deviazioni e nei passi falsi, così come nel ritrovare il percorso, che si esprime una ricca emotività, si accumulano preziose memorie e si sviluppa un timone emotivo potente e versatile. Seconda strategia: incoraggiare gli studenti a sviluppare intuizioni scolastiche brillanti Una volta scelto l’argomento, gli insegnanti dovrebbero incoraggiare gli studenti a usare le loro intuizion i nell’apprendimento e nelle attività di problem solving. Intuizione -> l’incorporazione del segnale emotivo non cosciente nelle conoscenze che si stano acquisendo. Lo sviluppo delle intuizioni basate sulle esperienze guida le decisioni e organizza la formazione di regole cognitive coscienti del gioco. Agli studenti bisogna offrire adeguate possibilità per sviluppare e sentire le intuizioni basate sulle esperienze riguardanti I modi in cui usare il materiale scolastico. Nel lungo periodo, potrebbe essere più efficace per un insegnante costruire delle opportunità curricolari per lo sviluppo di intuizioni esperte -> intuizioni che verranno trasferite in altre situazioni scolastiche o di vita reale. Terza strategia Lo sviluppo delle intuizioni dipende anche da aspetti sociali relativi al clima della classe. Un’attenta e calibrata dose di umorismo o di incentivi aiuta gli studenti a investire nella cultura della classe come luogo piacevole a cui appartenere; in cui sentirsi al sicuro nell’esprimere e nell’apprendere dai propri errori e contribuire a costruire una coesione sociale tra studenti e con l’insegnante. Allo stesso tempo però, le emozioni irrilevanti per il compito, suscitate da attività come le competizioni o i giochi, possono in realtà interferire nell’abilità dello studente di sentire I sottili segnali emotivi che lo guidano Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 22 nello sviluppo e nell’apprendimento del gioco; troppa ansia/eccitazione/distrazione possono portare problemi nell’apprendimento. Gli insegnanti efficaci sono coloro che riescono a equilibrare il tutto, gestendo attivamente le emozioni degli studenti, aiutandoli ad ascoltare, a fidarsi e a sviluppare I sottili segnali emotivi che stanno lentamente costruendo nelle esperienze scolastiche significative. Quando gli studenti diventano emotivamente più abili, le attività emotive irrilevanti possono diminuire, lasciando posto al coinvolgimento in esperienze di apprendimento emotive. Capitolo 6 – riflessioni sulle origini neurobiologiche ed evolutive della creatività L’analisi delle poesie di una bambina Lavorando insieme alla figlia ha analizzato le sue poesie per illustrare come emozioni e relazioni organizzino, già precocemente, l’apprendimento disciplinare (in senso scientifico) dei bambini. La creatività è ciò che accade quando gli studenti utilizzano la conoscenza relazionale ed emotiva per dare significato alle informazioni tecniche e scolastiche. I nostri cervelli percepiscono la parte interiore del nostro corpo non solo per regolarne I meccanismi mantenendoci in salute, ma anche per esprimere le dimensioni soggettive ed esperienziale della nostra vita sociale ed emotiva. Usiamo gli stessi sistemi neurali sia per sentire I nostri corpi sia per sentire le nostre relazioni, I nostri giudizi morali e la nostra ispirazione creativa. Quando siamo impegnati nelle relazioni, nella mentalità azione e nei processi empatici che mettiamo in atto con l’altro, e anche quando, guardando la luna, ci abbandoniamo a noi stessi, arriva una spinta che ci porta a esprimere ciò che siamo, a comprendere gli altri e a portarli a vivere qualcosa della nostra stessa vita, ad attribuire significato e scopo alle attività che intraprendiamo, ai prodotti che creiamo e ai concetti che apprendiamo. La salute della nostra identità sociale è altrettanto importante della saluta fisica, perché li sentiamo entrambi sulle stesse piattaforme neurali. Dietro ogni dipinto/poesia/saggio c’è una persona reale che è viva in entrambi I sensi, quello biologico e quello socioculturale, e che spera di influenzare la comprensione degli altri attraverso la rappresentazione della propria. La sensazione del creare, la soddisfazione che ne deriva, riceve la sua forza d’ispirazione dalle sue connessioni con I meccanismi che promuovono e percepiscono la nostra sopravvivenza fisica e il soddisfacimento corporeo, in senso letterale. Le poesie qui riportante sono un esempio di come lo sviluppo della comprensione di un bambino del mondo fisico e di quello sociale si intreccino durante la fase creativa. Proprio per l a sua connessione evoluzionistica alla sensazione corporea e alla sopravvivenza, la nostra mente sociale ci spinge a creare cose che rappresentano il significato che attribuiamo attraverso I processi dell’osservare, del sentire e del comprendere, in modo che gli altri possano osservare, sentire e comprendere ciò che noi sperimentiamo. Le nostre spinte biologiche si aggregano, nel corso dello sviluppo cognitivo, in una piattaforma deputata a dare un senso al mondo con modalità sempre più complesse. Dobbiamo capire, dobbiamo conoscere, dobbiamo condividere le nostre esperienze. Anche la conoscenza dei fatti più aridi e concreti, per es quelli che riguardano il funzionamento del pianeta fisico su cui viviamo, prende forza quando è collegata ai rapporti sociali ed emotivi e ai valori di questa giovane autrice. La sua conoscenza disciplinare della scienza diventa una fonte di metafore per comprendere e descrivere il mondo sociale e, viceversa, I sentimenti familiari dei legami sociale sono usati per capire e apprezzare il mondo naturale. Crescendo e acquisendo una conoscenza disciplinare sempre più astratta, separata dai suoi rapporti sociali, forse I collegamenti che provava nell’infanzia una volta tra la comprensione del mondo fisico e l’esperienza sociale di vivere in esso rimarranno per lei una fronte d’ispirazione. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 25 generale si accetta che l’emisfero destro sia più implicato nelle emozioni, specialmente nelle loro espressioni facciali e nella capacità di provare e percepire emozioni negative. Com’è possibile che I due ragazzi possiedano un linguaggio pienamente funzionale? Come hanno compensato? Il danno neurologico ha dissociato le competenze associate a ogni emisfero. I profili di deficit emotivi e prosodici associati a lesioni meno pervasive dell’emisfero destro o sinistro hanno mostrato piccole differenze tra I gruppi con danni all’emisfero dx e quelli con danni a quello sx, anche se I pazienti con lesioni al dx hanno prestazioni peggiori nelle prove di riconoscimento delle espressioni facciali delle emozioni. I processi cerebrali sono meno organizzati nei bambini che negli adulti, perciò I danni cerebrali localizzati nei bambini portano a modelli, sia di deficit sia di recupero, un pò diversi rispetto a quelli degli adulti. I bambini beneficiano della crescente plasticità, in cui le regioni cerebrali intatte compensano presumibilmente le aree danneggiate. I bambini adattano I loro cervelli alle sfide evolutive che il mondo presenta. Fare scienza: analisi comparativa di casi all’interno di una cornice evolutiva e sociale Lo studio sui 2 ragazzi comprende un disegno di ricerca che va in quattro direzioni, in cui confronto la produzione e il riconoscimento di emozioni non linguistiche e della prosodia affettiva in Nico e Brooke e nel gruppo di controllo. Per ogni adolescente emisferectomizzato e per ogni prova, è stato raccolto un insieme di dati di confronto, inclusi I dati longitudinali trasversali di almeno 3 soggetti di 8, 10, 12 anni e I dati di almeno 10 soggetti appaiati per età e di 3 adulti. Il gruppo di controllo era monolingue, senza disturbi dell’apprendimento o problemi neurologici o dell’udito, appaiati a ogni ragazzo emisferectomizzato per il linguaggio, lo stato socioeconomico e le abilità scolastiche. In tutte le prove, tranne nel test di Ekman (sul riconoscimento delle espressioni facciali), le competenze dei ragazzi sono definite lungo un continuum di complessità, che descrive una traiettoria evolutiva. In questo contesto estendo un consolidato approccio microevolutivo -> I singoli costrutti, come la descrizione di sentimenti di felicità o la comprensione di primo ordine della prospettiva di un’altra persona, si presume siano meno evoluti di una descrizione integrata o della manifestazione di una serie di costrutti, come la descrizione congiunta di felicità e di sentimenti di reciproca fiducia o la comprensione della prospettiva di una persona sui sentimenti di un’altra. Prosodia I test sulla comprensione della prosodia consistono in una batteria di item registrati, a cui i soggetti rispondono, motivando le loro risposte; questi item iniziano con una semplice discriminazione di modelli melodici del discorso e aumentano sistematicamente in complessità, per testare le inferenze relative all’intenzione affettiva dei parlanti in una storia di vita reale. Le condizioni della storia alterano sistematicamente la presenza di info contestuali e sul tono della voce e la richiesta di un’integrazione tra queste due fonti – contesto e tono – per prevedere la conclusione della storia o dedurre l’emozione del parlante. John e Joe giocano a calcio, John tira, la palla rimbalza sul palo e lo colpisce sulla testa. Joe ha detto che è stato un bel tiro (Conclusione della storia per la condizione contesto). Joe ha detto: “Bel tiro!” (Finale della storia per la condizione tono). Perché ha detto che è stato un bel tiro? Stava scherzando o mentendo? John ha fatto davvero un bel tiro? Al partecipante è stato chiesto di valutare se la frase finale era sarcastica o sincera e di motivare. Nella condizione tono, I partecipanti devono giudicare l’intenzione del parlante basandosi solo sull’intonazione, dato che il contesto rende ambigua l’intenzione del parlante. Confrontando I risultati, ho analizzato come Nico, Brooke e I ragazzi del gruppo di controllo hanno spiegato le risposte correte ed errate e ho verificato se N e B sembravano avere uno sviluppo nella norma, con strategie simili a quelle di bambini più piccoli o se sembravano seguire traiettorie evolutive differenti. Le dimensioni su cui I dati sono stati analizzati includono: - Il giudizio sull’intenzione del parlante di scherzare/imbrogliare/esprimere sincerità o una combinazione di questi; - Il perspective taking -> riguarda le inferenze sui sentimenti o sugli stati mentali dei personaggi della storia; Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 26 - Capacità di ripetere, inferire ed estrapolare info concrete dalla storia; - Fare affidamento sulle info del tono della volte nel dare dei giudizi; - Uso di un’esperienza personale come punto di riferimento nel dare giudizi sui personaggi della storia; - Uso di regole generalizzabili per giustificare I giudizi espressi sui personaggi della storia; - Coerenza interna e plausibilità delle risposte. Per studiare la produzione della prosodia, ho analizzato un discorso spontaneo dei ragazzi, durante la sessione del test di comprensione prosodica, attraverso un’analisi acustica della registrazione originale delle loro risposte. Ho misurato per ogni ragazzo le intonazioni più basse e più alte prodotte durante ogni frase e ho sottratto il valore basso da quello alto per produrre un range d’intonazione per ogni frase. Emozione Questo studio ha incluso due test sulle emozioni, uno di produzione(1) e uno di comprensione(2). Ogni ragazzo ha partecipato a (1)un’intervista cognitiva ed emotiva standardizzata (Self-In-Relationship Interview, SIR), dove viene richiesto di descrivere I sentimenti e di parlare di sé in relazione ai loro rapporti personali importanti. Dagli adolescenti con sviluppo tipico ci si può aspettare una produzione sfaccettata di descrizioni positive e negative e, quando aiutati, una spiegazione di come possano coesistere sentimenti differenti. Nico è stato spesso descritto come un ragazzo con sentimenti molto positivi; parlerà anche di sentimenti negativi quando gli sarà richiesto? Sono state testate le abilità di N e B di distinguere le emozioni di base sui volti, usando di (2)“test di riconoscimento delle espressioni facciali delle emozioni” di Ekman (1975) -> 110 foto di volti che rappresentano rabbia/disgusto/paura/felicità/sorpresa/tristezza e espressioni neutre. Emergerà una tendenza di Nico a confondere le emozioni negative e a differenziare correttamente quelle positive? O entrambi tenderanno a classificare erroneamente le emozioni negative come fossero positive? I risultati di questa analisi sono stati integrati e interpretati in relazione ai risultati della SIR. Costruire connessioni tra cervello e apprendimento: le emozioni come chiave dell’apprendimento linguistico N e B hanno compensato bene le capacità prosodiche, giudicando accuratamente gli intenti sarcastici e seri e producendo un’intonazione adeguata nel parlato spontaneo. Ma usavano strategie atipiche per dare significato ai toni di voce dei personaggi della storia e la loro produzione prosodica era generalmente esagerata e non regolata. Entrambi hanno mostrato profili emotivi atipici nel colloquio SIR, con B che Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 27 spiegava strategie elaborate e faticose per controllare le sue emozioni negative e N che sembrava evitare I discorsi sulle emozioni. Entrambi sono stati moderatamente precisi nel riconoscere le espressioni emotive sui volti, anche se gli errori di B erano meno sistematici di quelli di N, che sembrava seguire uno schema prevedibile di errore nel giudicare le emozioni facciali come neutre. N evitava l’emozione e cercava di trattare l’info affettiva come qualcosa di simile alla “pseudo-grammatica”, memorizzando delle categorie. B cercava di risolvere questi problemi cogliendo le connessioni tra emozione e tono della voce. Entrambi sembrano compensare sfruttando le loro risorse neuropsicologiche, incluse quelle emotive, associate ai loro emisferi rimanenti, invece di adattare il loro emisfero rimanente per farlo agire come se fosse l’emisfero mancante. Prosodia Comprensione della prosodia altrui. Prime 3 prove: compiti di natura linguistica, che si basano sull’analisi dell’intonazione, ma non sono particolarmente emotive; N è stato bravo, B leggermente sotto la media. B non era in grado di compensare efficacemente la mancanza del suo emisfero sx, forse perché questi compiti erano dissociati dalle emozioni. Connessione tra intonazione e emozione nello sviluppo di questi 2 ragazzi; B associa l’intonazione con l’emozione, N dissocia queste due dimensioni del linguaggio. Altre 3 prove: storie che valutavano le abilità dei ragazzi di usare le info sull’intonazione per fare inferenze sociali ed emotive sull’intenzione dei personaggi; N si è comportato similmente ai suoi coetanei, nonostante l’emisfero che gli manca sia proprio quello che normalmente si occuperebbe del tono e dell’emozione della frase. Anche B si è comportato come I suoi coetanei nella condizione relativa al contesto; quando veniva data solo l’info del tono di voce e gli chiedeva di dedurre le emozioni/intenzioni sociali dei personaggi, la sua prestazione saliva di quali due deviazioni standard rispetto a quella dei suoi coetanei. Nell’ultima condizione della storia, in cui il contesto e l’informazione del tono avevano bisogno di essere integrati, entrambi hanno mostrato una prestazione insufficiente. Entrambi hanno compensato bene nelle condizioni del contesto e del tono, ma nessuno dei due è stato in grado di gestire insieme le due fonti d’informazione. N ha eseguito bene il compito del tono, B ha avuto una prestazione eccellente. Per quanto riguarda la condizione di contesto: - il profilo strategico di B era diverso da quello dei ragazzi confrontati solo in quanto aveva una leggera tendenza a estrapolare aspetti anche non rilevanti. - N si è comportato similmente ai suoi coetanei, a eccezione di una forte tendenza a mantenere al propria prospettiva piuttosto che riferirsi alla prospettiva dei personaggi della storia. Per quanto riguarda la condizione del tono: - B ha attribuito in maniera eccessiva intenzioni al parlante e ha applicato le sue esperienze personali alla storia più spesso dei suoi coetanei. - N ha usato meno dei suoi coetanei la strategia generale di ripetere le info e di parlare delle prospettive di primo ordine e del tono dei personaggi, fallendo nel considerare adeguatamente le emozioni dei personaggi; la sua strategia era dare giudizi precisi e affrettati sul tono, evitando di formulare ipotesi sulle implicazioni emotive o di altro tipo. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 30 Indicazione per l’insegnamento/apprendimento Affrontando I problemi da angolature diverse, gli studenti potrebbero non solo utilizzare le proprie risorse differenti sullo stesso problema, ma potrebbero trasformare il problema in qualcosa di nuovo. Necessità di prestare attenzione alle percezioni degli studenti dei problemi che vengono posti loro, così come la necessità di progettare ambienti di apprendimento che sfruttino questo processo. Studenti provenienti da ambienti culturali e sociali diversi potrebbero interpretare gli stessi esercizi in modi differenti. Le abilità di compensazione dei ragazzi emisferectomizzati non erano interamente basate sulle difficoltà presentate o sula complessità delle competenze richieste, ma riflettevano anche la natura sociale del compito. L’apprendimento come processo attivo, mediato dall’emozione Lo sviluppo cerebrale dev’essere visto come un processo attivo in cui gli studenti non assimilano semplicemente esperienze comuni, ma interpretano attivamente tali esperienze, basandosi su conoscenze precedenti e risorse neuropsicologiche innate. Nei casi di N e B notiamo che I loro efficaci meccanismi di compensazione possono essere riconducibili agli ambienti educativi di grande supporto e personalizzati che le loro famiglie e gli insegnanti hanno creato per loro. Le strategie affettive e non affettive di base possono a volte interscambiarsi. Anche se I risultati di N e B sembrano contraddire le aspettative basate sulle osservazioni neuropsicologiche degli adulti, si combinano per mostrare una logica compensatoria che inizia a spiegare il ruolo attivo dello studente e il ruolo e organizzativo delle emozioni nello sviluppo cerebrale, fornendo un punto di partenza per un dialogo tra insegnanti e neuroscienziati. Capitolo 8 – oltre lo specchio dei neuroni specchio Gli scopi come organizzatori socioculturali ed emotivi della percezione e dell’azione nell’apprendimento Obiettivo di integrare le teorie costruttiviste sull’apprendimento (a partire da Piaget e Vygotskij) con le nuove evidente neuroscientifiche sui neuroni specchio (mirror neurons). Due intuizioni fondamentali per l’educazione: A) Le competenze sono repertori flessibili diretti a uno scopo, rappresentazioni pertinenti al contesto, costruite dalla convergenza di azioni (quello che ho fatto/pensato) e percezioni (quello che ho percepito come risultato e come questo mi ha fatto sentire/pensare); B) L’insegnamento efficace riguarda il modellamento di competenze efficienti, appropriate e flessibili, in modo tale che gli obiettivi impliciti diventino evidenti agli studenti. Se gli studenti non riconoscono che le azioni del docente sono dirette a uno scopo non potranno simulare o interiorizzare I pensieri e le azioni dell’insegnante. Considerare I risultati di Nico e Brooke apre la strada alla questione delle differenze individuali, fornendo un esempio di relazione tra percezione e azione nell’apprendimento. I modelli di competenze per la prosodia di B e N (l’intonazione affettiva o la melodia del discorso) possono essere interpretati come esempi complementari del rapporto tra percezione e azione nello sviluppo; portando a considerare il ruolo delle risorse e delle fragilità neuropsicologiche nella variabilità tra gli studenti. Unione tra le recenti evidenze neuroscienze cognitive e affettive e di quelle della ricerca su sviluppo cognitivo, conduce verso un modello basato sulla biologia del rapporto tra percezione e azione nell’apprendimento. La variabilità nello sviluppo delle competenze: la lezione di Nico e Brooke Lunga tradizione educativa che analizza lo sviluppo attraverso il continuo feedback dinamico tra azione e percezione (Dewey, Peirce, …); Piaget (1937) descrive questa dinamica con I concetti di “assimilazione” -> chi apprende agisce nel modo basandosi sulla sua attuale comprensione; e di “accomodamento” -> il feedback Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 31 di queste interazioni viene incorporato nella comprensione di come funziona il mondo. Approccio costruttivista -> l’apprendimento non prevede l’assimilazione passiva delle info, bensì è un processo attivo in cui lo studente agisce direttamente e percepisce l’ambiente, anche attraverso le interazioni sociali. Da qui altre visioni moderne: Fischer -> gli elementi base dello sviluppo cognitivo, presenti alla nascita, sono I riflessi. Questi funzionano come connessione tra percezione e azione. Quando un riflesso viene attivato, un bambino percepisce uno stimolo che ha la capacità di produrre una particolare azione, la quale poi avviene automaticamente. Con lo sviluppo e l’esperienza, questo processo ciclico tra percezione e azione, in un circolo dinamico di feedback con il mondo, diventa il substrato per comportamenti e pensieri sempre più complessi. Azioni e percezioni sono attivamente coordinate da competenze funzionali relative al pensare, sentire e agire nel mondo sociale e fisico. B e N hanno compensato I loro deficit costruendo competenze che collegano la loro percezione della prosodia all’attività motoria effettuata per produrre la prosodia stessa. I profili neuropsicologici delle risorse e delle fragilità nella percezione e nell’azione possono variare molto, ma se le caratteristiche sociali ed emotive del contesto ben si adattano alla costruzione di competenze significative e dirette verso uno scopo, la percezione e l’azione possono incontrarsi e il risultato del comportamento può essere sorprendentemente nella norma. Il processo iterativo e ricorsivo di connessione delle rappresentazioni percettive e motorie nel cervello costituisce sia una componente importante di apprendimento e memoria, sia un meccanismo di base per l’interazione e l’apprendimento sociale. Convergenze neurologiche: le reti che supportano lo sviluppo di competenze L’ultimo decennio segna l’identificazione di un possibile nuovo sistema nel cervello, chiamato “sistema dei neuroni specchio”. L’esistenza dell’architettura neurale di questo sistema era stata postulata da Damasio con il concetto di “zone di convergenza” nel 1989 -> l’apprendimento significativo e il ricordo di esperienze coerenti e contestualizzate sarebbero impossibili senza un meccanismo neurologico nel cervello dedicato all’interfaccia tra sistemi sensoriali e motori, tali sistemi sono appunto le zone di convergenza. Una persona non ha bisogno di sperimentare direttamente nell’ambiente ogni azione o percezione; può invece evocare mentalmente queste esperienze, basandosi sui ricordi o sull’immaginazione. Questa ricostruzione iterativa di esperienze percettive e motorie è il processo di base che permette lo sviluppo e il richiamo di competenze contestualmente rilevanti. Quando chi apprende interagisce con l’ambiente sociale e fisico, evocandolo mentalmente o sperimentandolo direttamente, si impegna in un feedback circolare dinamico tra ciò che percepisce e il modo in cui si comporta, pensa e si sente. Mentre si muove attraverso cicli dinamici di percezione e azione (che siano in atto, ricordati o immaginati) egli crea le competenze che riflettono 3 dimensioni generali: - Percettiva; - Motoria; - Diretta a uno scopo, che è il risultato della convergenze delle due precedenti. Tutti costruiscono le proprie abilità imparando in parte da altre persone. Le stesse aree associative sono attive quando le proprie rappresentazioni percettive e motorie convergono e quando assistiamo a questo processo di convergenza in un’altra persona, a condizione di capire implicitamente il contesto e gli obiettivi delle sue azioni. Questa proprietà “specchio” può formare il meccanismo biologico di base grazie al quale s’interiorizza e s’impara dai pensieri e dalle azioni di un’altra persona. I sistemi dei neuroni specchio rendono possibile l’interiorizzazione degli scopi delle azioni altrui, incluse le azioni che riflettono gli stati emotivi, nel substrato del proprio sé; questo processo è fondamentale per l’imitazione e per altri apprendimenti sociali, come l’empatia. Le zone di convergenza formano un meccanismo neurologico di base per l’apprendimento, consentendo la convergenza di azione e percezione di un contesto sperimentato direttamente o indirettamente. La pianificazione motoria non è generata in modo casuale, ma riflette gli obiettivi cognitivi ed emotivi, la conoscenza e il contesto della persona che li crea; per questo I neuroni specchio sembrano essere reclutati solo quando si comprende l’obiettivo implicito delle azioni dell’altro. I soggetti umani hanno mostrato di attivare I neuroni specchio quando osservano azioni simulate aventi uno scopo; le scimmie invece non mostravano aumento di attività dei neuroni specchio quando l’azione veniva Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 32 mimata. Se le persone non riconoscono le azioni altrui dirette a uno scopo, I sistemi dei neuroni specchio non si attivano e la convergenza non avrà luogo. I costrutti cognitivi della percezione e dell’azione sono operazionalizzati neurologicamente, rispettivamente nell’elaborazione sensoriale e motoria. Tali elaborazioni convergono poi nel cervello in un processo che coinvolge zone di reti associative (zone di convergenza). Il carattere iterativo e dinamico del processo di convergenza dà luogo alla formazione di azioni e pensieri diretti a uno scoop attraverso la connessione di azioni e percezioni con il ricordo del contesto sociale e fisico. Questo processo porta allo sviluppo di competenze, che sono repertori flessibili di rappresentazioni dirette a uno scopo e contestualmente rilevanti, costruite dalla convergenza di azioni e percezioni. Tali competenze possono essere sperimentate direttamente o indirettamente, grazie alle proprietà “specchio” di alcune zone di convergenza, che ci permettono di imparare dalle azioni dirette e uno scopo di un’altra persona, a condizione che queste azioni abbiamo un senso all’interno della nostra cornice di conoscenza evolutiva e culturale. Oltre lo specchio dei neuroni specchio: azione e percezione nei contesti socioculturali e implicazioni per l’educazione Negli articoli originali che descrivono la scoperta e il funzionamento dei meccanismi cerebrali per la comprensione delle azioni altrui, Rizzolati e colleghi denominano la scoperta sistemi di neuroni specchio. In questo senso, specchiare suggerisce un’interiorizzazione diretta di azioni, emozioni e scopi altrui. Mentre l’interiorizzazione di una situazione altrui può essere automatica, la sua rappresentazione è costruita e sperimentata dentro di sé in conformità con le preferenze cognitive ed emotive, I ricordi, le conoscenze culturali e le predisposizioni neuropsicologiche. La convergenza tra percezione e azione nel cervello è un processo socialmente ed emotivamente organizzato, che coinvolge quello che Van Geert e Steenbeeck hanno descritto come l ‘“interazione creativa tra menti” (2008) -> perché le menti possano agire creativamente, deve esistere un meccanismo per il trasferimento dinamico di scopi tra le persone; perché gli scopi siano riconosciuti da entrambe le persone coinvolte, devono essere intesi come rilevanti per il contesto socioculturale dell’interazione. In accordo con il modello di Van Geert e St., l’insegnamento e l’apprendimento efficaci dipendono dal modellamento efficiente, appropriato e flessibile delle competenze e dei loro obiettivi impliciti, al fine di massimizzare l’efficacia con cui le competenze sono condivise all’interno della classe. Ovviamente, l’educazione efficiente dipende anche dalla natura produttiva degli scopi. Per imparare da un insegnate, ogni studente deve percepire la lezione e, tramite la convergenza neurologica, rappresentare ciò che percepisce in termini di piani d’azione e di obiettivi. Ablin (2008) descrive lo sviluppo di competenze come la costruzione di un problema individualizzato. Invece di incoraggiare gli studenti a cercare di interiorizzare direttamente gli obiettivi di un insegnante, egli suggerisce di fornire loro delle opportunità di impegnarsi indirettamente sugli obiettivi del docente, attraverso un processo attivo di costruzione del problema. Punti di forza e di fragilità non possono essere gli unici fattori che predicono il risultato di uno studente, perché il risultato è influenzato anche dal contesto delle conoscenze socioculturali in cui la convergenza accade e (spesso) dagli obiettivi impliciti dello sviluppo di competenze. I risultati dell’apprendimento sono il prodotto di un’integrazione dinamica tra rappresentazioni percettive e motorie, esperite direttamente, empaticamente o simulate, organizzate dagli obiettivi socioculturali rilevanti della persona e dalla sua storia. N e B hanno raggiunto le loro buone competenze prosodiche in parte perché lo volevano e in parte perché I loro ambienti sociali di supporto li hanno incoraggiati. Snow (2008) -> spesso gli insegnanti sono troppo concentrati sulla standardizzazione dei mezzi per raggiungere una particolare competenza, senza fornire un adeguato supporto agli studenti per raggiungere competenze simili con mezzi diversi; Christoff (2008) lo definisce apprendimento “orientato alla soluzione”. Per Snow è importante che gli strumenti educativi e di valutazione vengano progettati per testare le abilità funzionali degli studenti, senza penalizzarli per il fatto che costruiscono le conoscenze in modi diversi. Alcuni esempi includono la “progettazione universale per l’apprendimento” (Rose, Meyer, 2006) e il modello di Singer (2007) per insegnare la matematica. Si propone un approccio biologicamente fondato per lo sviluppo delle competenze in cui l’elaborazione di percezione e azione converge nel cervello, in un modo che è socialmente ed emotivamente organizzato e Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 35 per la gestione della regolazione delle esigenze vitali, può fornire nuove intuizioni sul potere dei bisogni e delle pulsioni psicologiche. Una prospettiva storica sullo studio dei processi motivazionali non coscienti I primi pensatori nel campo della motivazione come Hull e Freud diedero enfasi alle pulsioni biologiche e ai processi non coscienti (definiti processi inconsci). Anche altri con questi interessi: von Helmholtz, Nietzsche. X Freud la motivazione umana è ampiamente nascosta dalla riflessione cosciente e il pensiero cosciente non è la principale fonte di motivazione. Le sue teorie furono rigettate negli anni 30 e 40 con l’affermarsi del comportamentismo -> esso poneva l’accento sul comportamento osservabile, non dava peso né ai processi coscienti né a quelli non coscienti. Ipotesi: gli stati intrinsecamente motivanti possono acquistare il loro potere psicologico grazie al coinvolgimento degli apparati deputati alle pulsioni biologiche e ai processi fisiologici relativi alla sopravvivenza. Necessaria una ricerca sulle relazioni tra: A) Processi fisiologici, non sotto il controllo cosciente, responsabili della regolazione delle funzioni di base per la sopravvivenza del corpo e del cervello (battito cardiaco, coscienza,…); B) Processi cognitivi non coscienti correlati all’induzione e all’esperienza di emozioni motivanti; C) Esperienze coscienti delle emozioni motivanti. I processi non consapevoli giocano un ruolo fondamentale nel comportamento e nel pensiero e la cognizione è incarnata (embodied). Implicazioni per la ricerca sulla motivazione in ambito educativo: come usare al meglio le neuroscienze Le recenti scoperte nelle neuroscienze sociali e affettive rivelano affascinanti relazioni nel cervello tra I sistemi fisiologici che supportano l’interazione sociale, quelli che supportano le emozioni e quelli che supportano la percezione del corpo, in particolare l’intestino. Queste relazioni mostrano come emozioni e cognizioni, sentimenti e pensieri siano interrelati e come il pensiero motivano emerga come una funzione dell’interazione tra il corpo e la mente nei contesti sociali e culturali. Tornando al modello di Ryan e Deci, se consideriamo l’autonomia come correlata all’autoconsapevolezza psicologica e quest’ultima associata a un aumento di attività dei sistemi neurali relativi alla regolazione e alla rappresentazione di alto livello dei visceri, possiamo ipotizzare, come nel caso dell’ammirazione per la virtù, che l’autonomia e la motivazione intrinseca siano associate, tramite le connessioni che condividono, ai processi neurali di regolazione e percezione delle condizioni interne del corpo? Questi processi neurali vengono soppressi durante l’apprendimento contingente e altre funzioni cognitive in cui l’attenzione è rivolta all’ambiente, come durante le situazioni che implicano una ricompensa estrinseca. Con tale approccio si può: - Comprendere perché ci sia spesso una separazione tra le intenzioni dichiarate degli studenti e il loro comportamento reale; - Comprendere perché I processi sociali appaiono così importanti per gli stati motivazionali più profondi; - Comprendere il modo in cui I pregiudizi cultuali nell’interazione sociale possono modificare l’interpretazione e l’attribuzione cosciente di processi non coscienti e la conseguente motivazione; - Comprendere perché esistono differenze individuali nella motivazione e come tali differenze possono correlarsi alle relazioni tra le tendenze biologiche e la storia personale; - Sviluppare un nuovo punto di vista su come la motivazione si connette ad altri stati affettivi e cognitivi relativi al raggiungimento di risultati, come l’impegno e l’interesse. La maggior parte dell’attuale ricerca motivazione in campo educativo usa misure self-report e altre misure di processi coscienti e non possiede strumenti per misurare I contributi dei sistemi di base, non sotto il controllo della coscienza, relativi alla percezione del corpo. Nel nostro studio sui correlati neurali dell’ammirazione, abbiamo individuato un modo per misurare il contributo di questi sitemi utilizzando tecniche di neuro- imaging e I dati confermano che questo contributo è fondamentale. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 36 La motivazione è uno stato che sembra coinvolgere il corpo e la mente in un’interdisponibilità a impegnarsi in azioni significative. Capitolo 10 – La progettazione di tecnologie digitali per l’apprendimento Le prospettive delle neuroscienze sociali e affettive Molti interagiscono con I loro strumenti digitali come se fossero partner sociali, anche quando non è coinvolto nessun altro essere umano. Pensare che l’apprendimento digitale avvenga attraverso interazioni sociali dinamiche e supportate tra colui che apprende e il computer modifica il modo di progettare e utilizzare le tecnologie digitali per l’apprendimento e potrebbe aiutare a far luce sul motivo per cui ci affezioniamo così tanto ai nostri dispositivi. L’interazione tra uomo e computer: l’esperienza di apprendimento digitale come incontro sociale I neuroscienziati si concentrano sulla quesitone di come I sistemi neurali consentano ad alcuni studenti di sperimentare la classe digitale come un ambiente motivante e come la percezione e l’apprendimento ne siano influenzati; chi progetta tecnologie per l’apprendimento si focalizza su strumenti e configurazioni che caratterizzano l’ambiente digitale, chiedendosi “quale progetto tecnologico promuove un apprendimento più efficiente ed efficace?”. “Come potrebbero essere progettati in modo efficace gli ambienti di apprendimento digitale se guardassimo all’apprendimento digitale come a qualcosa che avviene in un’interazione dinamica cervello-computer? In questa prospettiva, l’uso di una tecnologia di apprendimento al computer sarebbe simile a un incontro sociale tra mente e macchina. Cervelli incarnati, menti sociali: la neurobiologia dell’essere umano I recenti progressi in metodologie come l’imaging cerebrale hanno portato a esplorazioni sulle basi neuroscientifiche di questo tipo di elaborazione sociale, della risposta affettiva e delle loro relazioni con l’apprendimento. La complessa elaborazione sociale ed emotiva coopta e specializza regioni originariamente deputate a funzioni più primitive, come la regolazione omeostatica, la regolazione della coscienza e la sensazione del corpo. I risultati evidenziano l’importanza delle emozioni nell’apprendimento e nel processo decisionale “razionale” nei contesti sociali e non-sociali, dimostrando il primato del processo di valutazione basato sulla ricompensa e sul dolore nell’apprendimento e nella propensione umana al pensiero soggettivo e sociale. Le emozioni (rabbia, paura, felicità, tristezza..) sono processi cognitivi e fisiologici che coinvolgono sia il corpo sia la mente. Utilizzano I sistemi cerebrali per la regolazione del corpo e le sensazioni. Inoltre, essa influenza I sistemi cerebrali della cognizione, modificando il pensiero in modi peculiari. L’emozione può essere espressa nella faccia e nel corpo, un processo che avviene attraverso sitemi neurali di rilevazione e regolazione del corpo. Il pensiero e l’apprendimento, intesi come processi cognitivi ed emotivi, si realizzano non nel vuoto, ma in contesti sociali e culturali. I processi sociali e di apprendimento coinvolgono in generale l’interiorizzazione delle proprie interpretazioni soggettive sui sentimenti e le azioni altrui. Percepiamo e comprendiamo I sentimenti e le azioni degli altri in relazione alle nostre convinzioni e ai nostri obiettivi e sperimentiamo questi sentimenti e queste azioni utilizzando alcuni degli stessi sistemi cerebrali che sarebbero implicati se I sentimenti e le azioni fossero nostri. Provare emozioni riguardo ad altre persone coinvolge I sistemi cerebrali responsabili di “sensazioni viscerali”, come il mal di stomaco, e sistemi responsabili della costruzione e della consapevolezza della propria coscienza. Le neuroscienze affettive stanno documentando la molteplicità di modi in cui il corpo e la mente sono interdipendenti durante l’emozione e la miriade di modi in cui le emozioni organizzano/influenzano il ragionamento, il giudizio di sé e degli altri e il recupero di ricordi durante l’apprendimento. Riassunto Neuroscienze affettive ed educative Silvia Paganessi 37 Nel caso di emozioni sociali complesse, come l’ammirazione e la compassione, le regioni neurali associate alla memoria e alle funzioni cognitive sociali sembrano essere funzionalmente interconnesse o “in dialogo” da una parte con I sistemi neurali coinvolti nelle sensazioni somatiche interne e dall’altra con I sistemi relativi alla regolazione della coscienza, in schemi che riflettono non solo il loro coinvolgimento nell’induzione o nell’insorgenza dell’emozione, ma anche gli aspetti di mantenimento ed esperienza dell’emozione. Le emozioni sociali persistono nel tempo, guidando le nostre decisioni, l’impegno e l’apprendimento. Elaborazione delle informazioni negli esseri umani e nei computer: I processi TOP-DOWN, BOTTOM-UP e l’importanza fondamentale della soggettività umana In un ambiente di apprendimento, come una classe tradizionale, ogni studente porta I suoi personali obiettivi, conoscenze e decisioni, che sono stati plasmati dalle sue esperienze sociali e cognitive e che deve imparare a usare empaticamente per capire le azioni dell’insegnante, sia esso una persona o un computer. Apprendere e fare I compiti attraverso computer e altre tecnologie presenta allo studente la sfida di discernere mentalmente e ricostruire le azioni, che spesso hanno scopi e procedure non visibili. Una delle principale difficoltà sta nell’anticipare cosa il computer farà e perché; hanno difficoltà a “empatizzare” con lui e a condividere I suoi processi, nel modo in cui sarebbe naturale cercare di fare con un’altra persona. Si dovrebbe puntare a creare interfacce che siano più trasparenti possibili; gli obiettivi e le motivazioni dell’ambiente digitale dovrebbero essere evidenti. Locus of control -> fattore importante per aiutare gli studenti delle scuole superiori a fornire prestazioni migliori: quando gli studenti percepiscono di avere il controllo intrinseco sul contenuto, sul contesto e sul ritmo del loro apprendimento, cominciano a credere di poter avere successo e si dedicano con maggior impegno alle attività scolastiche. Le tecnologie dell’apprendimento promuovono un senso di agency che consenta allo studente di padroneggiare le competenze che non avrebbe potuto gestire senza l’assistenza di un computer. Se si coinvolgono gli studenti in un’interazione piuttosto che in una manipolazione unidirezionale effettuata da un partner di conversazione o dall’altro (persona o macchina), essi hanno più probabilità di interagire in modo produttivo con l’ambiente di apprendimento digitale e di usarlo per facilitare le prestazioni. Dalle interazioni sociali ai media digitali per l’apprendimento Negli studenti di tutte le età emozione e cognizione, corpo e mente, lavorano insieme. Le persone si comportano in base agli obiettivi e agli interessi soggettivi costruiti nel corso di una vita, vissuta e agita in un mondo sociale ed emotivo. Al contrario, I valori, I giudizi e I calcoli effettuati dai computer partono dai dati, dagli algoritmi e dai vincoli di sistema che I programmatori scelgono di dare loro. Affinché le azioni e le risposte dell’interfaccia digitale possano essere percepite come utili e produttive e per far sì che gli studenti alle prime armi considerino l’ambiente di apprendimento digitale come un partner collaborativo, I progettisti di ambienti multimediali dovrebbero considerare modi per effettuare scambi uomo-computer più simili a incontri sociali piacevoli: gli obiettivi devono essere trasparenti e connessi ai bisogni soggettivi dello studente, le azioni del computer prevedibili e ciascun partner nello scambio dovrebbe avere un’adeguata quota di controllo.
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