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NODO TEMATICO MATURITÀ: TOTALITARISMI E LEGGI RAZZIALI, Appunti di Lingue e letterature classiche

Il documento comprende tutto l'essenziale per poter argomentare alla maturità la tematica dei totalitarismi e le leggi razziali

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 01/06/2022

iman-abdouh
iman-abdouh 🇮🇹

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Scarica NODO TEMATICO MATURITÀ: TOTALITARISMI E LEGGI RAZZIALI e più Appunti in PDF di Lingue e letterature classiche solo su Docsity! 3° NODO: TOTALITARISMI E LEGGI RAZZIALI ITALIANO: - MONTALE LA VITA 1896 Nasce a Genova, da una famiglia di commercianti della media borghesia. 1896-1919 Trascorre l’infanzia e l’adolescenza tra Genova e Monterosso.Studia ragioneria e si appassiona alla musica e al canto (studia da baritono e farà anche il critico musicale per il “Corriere d’Informazione). Partecipa come volontario alla Prima guerra mondiale e milita come ufficiale di fanteria sul confine del Trentino. 1925 Pubblica la raccolta di poesie “Ossi di seppia” e l'Omaggio a Italo Svevo”, allora sconosciuto in Italia. Critico letterario e traduttore della letteratura in lingua inglese (dopo aver conosciuto il poeta americano Ezra Pound) del poeta Thomas Elliot. Firma il “Manifesto degli intellettuali antifascisti”, redatto da Benedetto Croce. 1927-39 Si trasferisce a Firenze, dove frequenta attivamente il notissimo caffè fiorentino delle “Giubbe Rosse”, punto di riferimento per le nuove generazioni di poeti, narratori e critici. Diventa direttore del Gabinetto Vieusseux da cui viene allontanato nel 1938 perché non iscritto al Partito fascista. A Firenze conosce Drusilla Tanzi, detta Mosca, che sposerà nel 1962. Pubblica le “Occasioni” (1939).Partecipa al Comitato di liberazione nazionale della Toscana e si iscrive al Partito d’azione, ma rimane deluso dalla situazione politica del dopoguerra. 1948-63 Si trasferisce a Milano e inizia a lavorare come redattore (il “secondo mestiere”) per il “Corriere della sera”, con cui collabora fino al 1973. Pubblica “La bufera e altro” (1965), raccolta che ha successo anche all’estero. Deluso dal mondo moderno, dalla società di massa e dalla tecnologia, giudicati come sottocultura, si allontana dalla poesia per avvicinarsi alla prosa. 1963-75 La morte della moglie lo stimola a tornare al genere poetico. E’ anche stato oggetto di riconoscimenti ufficiali: lauree honoris causa (Università di Milano nel 1961, Università di Cambridge 1967, La Sapienza 1974), Premio Internazionale Feltrinelli (1962) dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Fu nominato senatore a vita il 13 giugno 1967 dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat per i meriti in campo letterario, aderendo al gruppo del PLI e poi a quello del PRI. 1975 Riceve il premio Nobel per la letteratura. In occasione della cerimonia di consegna all’Accademia di Stoccolma, l’anziano poeta pronuncia il discorso “E’ ancora possibile la poesia?”, nel quale manifesta ancora una volta un lucido pessimismo, ma ribadisce al tempo stesso il valore insostituibile dell’attività poetica. 1981 Eugenio Montale muore a Milano la sera del 12 settembre 1981, un mese prima di compiere 85 anni. 3° NODO: TOTALITARISMI E LEGGI RAZZIALI LA CONCEZIONE DELLA POESIA Montale pone come obiettivo delle sue poesie la conoscenza del significato profondo dell’esistenza umana, pur essendo consapevole del fatto che l’uomo non è in grado di raggiungere questa verità. Poiché la conoscenza umana è limitata per natura, la massima consapevolezza a cui possiamo arrivare è la constatazione della sofferenza umana causata dal male dell’esistenza.Questo scarto tra il desiderio di accedere al vero senso della vita e l’impossibilità di capirne il significato profondo provoca in Montale un’intensa inquietudine, il “male di vivere”, che non può essere sanato, se non da figure salvifiche (Clizia, dimensionecristologica). Il vero significato dell’esistenza si mostra all’uomo soltanto in momenti di rivelazione improvvisi, rari e inattesi: queste manifestazioni imprevedibili svelano l’inganno dei nostri sensi e rivelano una realtà diversa da quella che riteniamo essere vera. Il poeta non ha grandi verità da rivelare: Montale attribuisce alla poesia lo stesso limite conoscitivo che vede in ogni uomo. L’uomo, attraverso la parola poetica, può soltanto arrivare a definire ciò che la verità “non” è, fornendo una descrizione in negativo della realtà stessa. La poesia per Montale è un esercizio solitario di ricerca di ciò che è essenziale per l’uomo e suscita in lui il dubbio, che è l’antidoto migliore contro i dogmi dei totalitarismi del Novecento. Netta è la differenza con Ungaretti: mentre quest’ultimo è fiducioso nella traducibilità di uno stato d’animo interiore in parola, Montale, invece, non crede nella virtù della parola pura, capace di cogliere le segrete corrispondenze con il reale. A questo sostituisce l’oggettivazione delle sue emozioni e la conseguente ricerca di una parola netta, precisa, inequivocabile. LA BUFERA E ALTRO (1956) Le liriche, composte in un ampio arco di tempo (1940-1954) e distribuite in sette sezioni,sono ispirate agli avvenimenti storico politici (la tragedia della seconda guerra mondiale, la Resistenza, le difficoltà e le delusioni del secondo dopoguerra, la minaccia di un nuovo conflitto, ancora più pericoloso, prospettata dalla Guerra fredda) e alla sua storia personale (la morte dell’amata madre nel 1942, il trasferimento a Milano nel 1948 e l’inizio del lavoro giornalistico, il rapporto “matrimoniale” con Drusilla Tanzi e un nuovo legame intellettuale e sentimentale con la poetessa Maria Luisa Speziani , denominata “Volpe” nei versi della raccolta, che incarna, simbolicamente, una realtà istintiva e sensuale). Il poeta considerava questo il suo libro migliore. 3° NODO: TOTALITARISMI E LEGGI RAZZIALI COLLEGAMENTO: - PIRANDELLO PIRANDELLO E IL FASCISMO 1^ e 2^ PARTE Di orientamento conservatore e nazionalista, all’inizio della Prima guerra mondiale si schierò su posizioni interventiste e guardò con interesse al Futurismo, che esaltava i valori della vitalità e della modernità. Dopo la marcia su Roma e la presa di potere da parte di Mussolini, lo scrittore si mantenne su posizioni neutrali, ma nel settembre del 1924, dopo il delitto Matteotti, aderì ufficialmente al fascismo con una lettera pubblicata sul quotidiano romano “L’Impero”. A livello politico, Pirandello motivò la sua posizione con la necessità di una stato forte in grado di reprimere le violenze e i disordini, mentre, a livello ideologico, identificò in Mussolini colui che era finalmente riuscito a ricomporre il dissidio tra la vita e la forma. Pirandello fu tra i firmatari del “Manifesto degli intellettuali fascisti” redatto dal filosofo Giovanni Gentile e questo sostegno lo agevolò nell’ottenere i finanziamenti per la Compagnia del Teatro d’Arte di Roma, una compagnia teatrale da lui diretta e che aveva tra gli interpreti anche la sua attrice favorita, Marta Abba. Tuttavia, i rapporti con il regime cominciarono a deteriorarsi. I primi dissapori risalgono al 1926 ed ebbero origine da una decisione di Mussolini, il quale gli preferì Grazia Deledda come candidata italiana al premio Nobel per la letteratura. La rottura arrivò nel 1929, quando, nonostante la nomina ad accademico d’Italia, non gli furono rinnovati i finanziamenti per la sua compagnia teatrale, che dovette così chiudere. Da questo momento, Pirandello rimase formalmente fascista, ma sempre più ai margini della vita culturale italiana e circondato da ostilità e diffidenza. L’ultimo e definitivo schiaffo da parte del regime avvenne nel 1934, quando alla prima italiana del dramma “La favola del figlio cambiato” lo spettacolo fu interrotto a causa delle contestazioni di alcuni estremisti fascisti e Mussolini abbandonò il teatro. Il giorno seguente il duce proibì nuove rappresentazioni dell’opera, bollata come “immorale”, e Pirandello rimase deluso e amareggiato. Nel 1936, poco prima di morire, confessò al giornalista Indro Montanelli quel che realmente pensava del regime fascista:”Questo regime è un tubo vuoto, che ognuno può riempire di ciò che più gli aggrada. I vecchi conservatori ci vedono il ripristino dello Stato, i nazionalisti il culto della patria, i liberali l’ordine, i socialisti la corporazione, gli intellettuali lo spadino dell’accademico(…). Un simile regime, chi può aver interesse a buttarlo giù?”. 3° NODO: TOTALITARISMI E LEGGI RAZZIALI - PRIMO LEVI 1919-1941 Nasce a Torino da una famiglia ebrea. Dopo aver frequentato il liceo classico D’Azeglio. Le leggi razziali precludevano l'accesso allo studio universitario agli ebrei, ma concedevano di terminare gli studi a quelli che li avessero già intrapresi. Levi era in regola con gli esami, ma, a causa delle leggi razziali, aveva difficoltà a trovare un relatore per la sua tesi, finché nel 1941 si laureò con lode, con una tesi compilativa in chimica, 'inversione di Walden. In realtà, Levi discusse una tesi e due sottotesi, una delle quali, in fisica sperimentale, avrebbe dovuto essere la tesi principale se agli ebrei non fosse stato impedito di svolgere ricerca in laboratorio. Il diploma di laurea riporta la precisazione «di razza ebraica». Nel 1942 entra nel Partito d’azione clandestino e, dopo la caduta del governo fascista, una milizia fascista di Ivrea provoca un rastrellamento durante il quale lo scrittore è catturato. Interrogato più volte, ammette di essere ebreo e, come persona non gradita al governo della Repubblica di Salò è rinchiuso nel campo di concentramento allestito dai tedeschi a Fossoli (Modena). Da Fossoli nel febbraio del 1944 è inviato ad Auschwitz, dove lo aspetta la durissima vita dei lager in cui rimane fino al gennaio del 1945.
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