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Storia del Collezionismo d'Arte e dei Musei: Dalle Origini all'Età Moderna, Dispense di Museologia

La storia del collezionismo d'arte e dei musei, dalle origini antiche all'età moderna. La formazione di raccolte d'arte in templi, santuari e dimore dei sovrani. Il periodo ellenistico e l'arte profana. Le prime importazioni di opere d'arte come trofei di guerra. La raccolta come segno di fasto e differenziazione sociale. Il concetto di collezione d'arte come investimento. Le collezioni dei duchi di Borgogna e del duca di Berry. L'umanesimo e il valore educativo delle opere d'arte antiche. Il rinascimento e l'identità tra arte e scienza. Il collezionismo d'arte come fattore economico nello stato. Il palazzo ducale di Mantova (Gonzaga) e la distribuzione delle opere d'arte nella reggia rinascimentale.

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 25/01/2019

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Scarica Storia del Collezionismo d'Arte e dei Musei: Dalle Origini all'Età Moderna e più Dispense in PDF di Museologia solo su Docsity! Musei e collezioni. La storia delle raccolte d’arte coincide con quella del collezionismo, il quale, soltanto nelle civiltà più elevate ha assunto coscienza estetica presentandosi con valutazioni di critica implicita ed esercitando talvolta un’influenza sul gusto e sugli indirizzi stessi della produzione di singoli ambienti o periodi. Le esigenze colte della conservazione, tutela, del restauro, della conoscenza, della classificazione, dello studio delle opere d’arte trovano nei musei il loro strumento ed il loro campo di affermazione. Lo studio del museo, considerato in sé, nella sua struttura, è da tempo oggetto di un’apposita disciplina, la museografia che si è ampliata recentemente, nella cosiddetta museologia, che non si limita ai problemi strutturali, fisici, ma ha interessi più ampi, estesi alla vita stessa del museo, ad ogni aspetto del suo funzionamento e delle sue finalità. Storia del collezionismo d’arte e dei musei- Antichità e Medioevo. Le raccolte di oggetti preziosi e di oggetti d’arte si formarono nei templi, santuari, nelle tombe, e quindi nelle dimore dei capi e dei sovrani. Il carattere di queste raccolte votive esclude un loro interesse specificatamente estetico o documentario. Ciò vale a maggior ragione per i tesori funerari. Accanto ai motivi religiosi, che perdureranno nel Medioevo, esistono anche altri interessi, concomitanti o esclusive che nell’antichità hanno potuto favorire raccolte d’arte. Le prede di popoli vinti, il bisogno di esaltare visibilmente la potenza di un dio nazionale, di un sovrano, di una città, la stessa pompa delle monarchie teocratiche e militari determinarono l’addensarsi di oggetti rari e preziosi nei templi e nei palazzi. • Assurbanipal portò dall’Egitto e da Susa a Ninive come preda di guerra 2 obelischi e 32 statue. Subordinatamente alle ragioni politiche e religiose, entra anche l’apprezzamento estetico quale ragione di orgoglio per una raccolta d’arte. Ciò si manifesta in modo più evidente in Grecia, dove in particolare nel V secolo i donari votivi divennero oggetto di ammirazione in sé, per la loro fattura e per la firma degli artisti che li avevano creati. Nel periodo ellenistico il gusto per l’arte la collezione artistica si andò precisando con l’affiorare dell’orientamento storico e del gusto antiquario, nonché con l’affermarsi di un’arte profana. • Pergamo; Attalo I portò sull’Acropoli staute e quadri Il collezionismo, in tutti i suoi aspetti più tipici del mondo moderno doveva trionfare specialmente a Roma. Le prime importazioni di opere d’arte come trofei di guerra avvennero con la conquista dell’Etruria meridionale. • 212, Marcello spogliò Siracusa di statue e quadri: questa fu veramente la scoperta dell’arte greca I bottini portati in trionfo, trovarono poi sede stabile in luoghi pubblici, come il portico di Metello. Come lui molti generali ornarono la propria casa di simili trofei, e nacque e si divulgò il gusto per le collezioni. Se non si potevano avere gli originali greci si ordinavano copie, perché la coscienza del valore dell’autografia, essendo legata alla valutazione della personalità artistica era poco diffusa. Si formarono anche raccolte particolari, come quella di ritratti di filosofi (copie) nella villa dei Pisoni ad Ercolano. La raccolta divenne indice di fasto e di differenziazione sociale, suscitando alla fine la nota polemica contro la funzione corruttrice delle arti. Un altro grande stimolo al collezionismo si costituì nella tesaurizzazione. Se già un fattore di natura economica era implicito nei tesori dei templi e dei principi, il collezionismo privato suscitava vera, con la concorrenza della richiesta, un vero e proprio mercato. Nasceva il concetto di collezione d’arte come possibile investimento. Il collezionismo romano creò tutti i “valori fittizzi”: il valore della patia, della serie completa, della pura rarità o della pura antichità. il mondo antico coniò anche i primi elementi terminologici propri del collezionismo. Museo = il termine nasce dall’edificio fondato ad Alessandria da Tolomeo Filadelfo, dedicato alle Muse, centro di attività dei dotti e degli artisti. Pinacoteca = termine usato ed illustrato da Vitruvio Dactylotheca = termine ripreso nel Rinascimento per indicare le collezioni di cammei, appare il Plinio. Marco Agrippa = sostenne l’opportunità di rendere di pubblica utilità tutti i quadri e le statue. Fu questa la prima esplicita dichiarazione del valore di una collezione come patrimonio culturale e quindi del diritto del pubblico di partecipare al suo godimento contro l’egoismo dei privati. Nerone = collezionismo illuminato decade cedendo il posto a motivi economici e snobistici. Tardo impero = decade l’attività dei raccoglitori per le sopraggiunte difficoltà politico e sociali e per il fiscalismo dello stato. Cristianesimo = eredita il concetto del valore didascalico e propagandistico delle arti figurative. Oppose la propria arte a quella pagana, proponendosi la piena distruzione delle innumerevoli collezioni profane. Impero d’Oriente = l’arte antica sopravvisse per il merito di alcuni collezionisti. Costantino ornò Costantinopoli portandovi da tutto il mondo statue famose. Durante il regno di Costantino Porfirogenito, dietro il suo trono, veniva situata una vetrina detta “pentapyrgion”, contenente corone, vasi e opere di valore. In luoghi appositi del palazzo veniva custodito il tesoro, dal quale, di volta in volta si toglievano dei pezzi per addobbare la reggia nelle feste solenni. Tesori e collezioni analoghi esistevano nelle case dei patrizi, come quella dello Smyrnion, andata distrutta al tempo di Valente. Medioevo = la chiesa è l’unica forma di museo pubblico, aperto ai fedeli, come nel mondo antico. Essa oltre ad accentrare, come nei cantieri delle cattedrali o dei monasteri, alcune forme di produzione artistica, riceve doni preziosi. Tali oggetti liturgici e devozionali formavano i tesori ed erano sempre inventariati. Rivestivano un preciso valore economico. Molte collezioni rispondevano ad un criterio particolare, al fascino per le meraviglie della natura e dell’arte, per il prezioso e per il raro. I bestiari, gli erbari, le elencazioni di metalli, di pietre e altri simili enciclopedie tipiche del Medioevo riflettono l’esistenza di corrispondenti raccolte. Il Rinascimento aveva sostenuto l’identità di arte e scienza. Se si fa eccezione per alcune raccolte principesche italiane, continuava con maggiore vitalità il collezionismo tradizionale, eclettico ed erudito, animato dalla curiosità per il meraviglioso, il prezioso, il raro, stimolato da un indistinto interesse per le scienze, per la natura e per l’arte. La finalità più diffusa della tipica collezione cinquecentesca è la sintesi dei due universi, il macrocosmo animale vegetale e minerale, e il microcosmo umano, secondo una ricerca tomistica della sintesi, di spirito ancora medievale. Che l’attrazione per il meraviglioso fosse alla base di queste collezioni è dimostrato dal nome di Wunderkammer che in Germania si usò per la collezione che, naturale sviluppo del tesoro del castello principesco, comprendeva ogni aspetto della curiosità cosmica, animali imbalsamati o sotto spirito, strumenti scientifici o matematici, automi, ogni tipo di rarità e i primi esemplari etnologici. L’oggetto era considerato interessante per ciò che insegnava. Il museo acquistava un valore cosmologico. A questo enorme numero di esemplari eterogenei era necessario porre un ordine, e alla Wunderkammer fu preposto un custode, presto sostituito da uno scienziato capace di classificare metodicamente gli oggetti. Verso la fine del secolo erano diffusi i tipici stipi o cabinets tedeschi, intarsiati di ebano e avorio, pieni di cassetti colmi di rarità. Fra le più importanti Wunderkammer si ricordano: • Dell’elettore di Sassonia Augusto I a Dresda • Alberto V di Baviera Anche in Italia le collezioni scientifiche avevano avuto origine nel Medioevo. Nelle corti rinascimentali, il gusto per la curiosità e la rarità spingeva i signori a coltivare i tipici serragli di animali rari e belve, l’alchimia e la meccanica, accumulando oggetti e strumenti. Tipica è la collezione di Bernardo Vecchietti, il mecenate del giovane Gianbologna, che ci è descritta da Raffaello Borghini. Comprendeva, oltre a dipinti italiani e fiamminghi, naturalia, cioè oggetti di scienze naturali, minerali, metalli ecc, e artificialia, cioè oggetti gli stessi materiali lavorati, nonché strumenti musicali, libri, medaglie ecc… Solo nel secolo di Galileo le collezioni scientifiche cominciarono ad acquistare un carattere autonomo. A Roma, fra tutti, eccelleva il museo di Atanasio Kircher nel collegio dei gesuiti, conservato solo in minima parte. Ovunque nei maggiori centri, nelle accademie, negli ospedali, nelle università, si formavano collezioni anatomiche, di cere, di strumenti, globi terrestri e mappe. Alcuni generi si svilupparono come “quadri da cabinet”, e specialmente la natura morta arcaica che rispecchia il gusto del virtuoso per la botanica e le scienze naturali e diretta a decorare i suoi cabinets. Nell’Europa settentrionale, il virtuoso del XVII secolo poneva ancora sullo stesso piano medaglie e fiori, insetti e quadri, come rarità e curiosità. La Wunderkammer tedesca si trasformava lentamente nella collezione- laboratorio del medico e naturalista. 1686 = Thomas Brown pubblicava fra i suoi trattati il Musaeum Clausum, catalogo di una collezione immaginaria, che non era molto lontana da quelle del tempo realmente esistenti e che forse sono state messe in caricatura. 1656 = Museum Tradescantium, un vero catalogo che illustrava una collezione formata in due generazioni da una famiglia di viaggiatori ed esploratori, e che andò ad arricchire quella di Elias Ashmole. Fu dalle collezioni scientifiche che ebbe origine la fondazione del primo museo nazionale pubblico. Il medico Hans Sloane con testamento nel 1753 offriva le proprie raccolte in blocco allo stato: fu il primo nucleo del British Museum. Le collezioni nel Seicento. Lo sviluppo europeo del collezionismo di opera d’arte fra il XVI e il XVII secolo è dovuto all’ascesa di nuovi ceti borghesi e all’affacciarsi della personalità dell’autentico amatore- collezionista, il quale compra: • Prestigio sociale • Per gusto e diletto Al “virtuoso” succede il “dilettante”, che nell’atto di comprare un quadro su proprie convinzioni esprime implicitamente un giudizio critico. L’artista diviene un professionista borghese e può contare su un pubblico più vario: egli non lavora più solo su commissione, ma offre il proprio prodotto sul mercato. Lo sviluppo delle mostre è un risultato di questa situazione. Tuttavia il signore continua a rivendicare a sé ciò che interessa tutti, esprimendo così la forza del proprio capitale e del proprio potere. Le monarchie sentono sempre più, nel collezionismo, uno strumento epr affermare il prestigio dinastico. L’opera d’arte acquista un nuovo valore ideologico e politico e il collezionismo la funzione di esprimere un alto rango sociale e di costituire un arricchimento del patrimonio, ruolo che conserverà fino alla rivoluzione francese. In Italia, alla decadenza della vecchia aristocrazia rinascimentale, corrisponde l’affermazione dei nuovi nobili, come a Rima i “nipoti” dei papi. Roma, all’inizio del Seicento, è più che mai, la capitale artistica d’Europa, anche per quanto riguarda il collezionismo; fu anzi questo ad impedire la formazione di un unico canone di gusto, libertà condizionata solo da un comune disinteresse per il Medioevo e, in genere, per tutta l’arte anteriore a Raffaello: • Il cardinale Francesco Maria Del Monte raccolse in palazzo Madama non solo sculture antiche, ma opere di moderni e mentre scoprì il genio del Caravaggio, protesse Guercino e Andrea Sacchi, cioè artisti di correnti diverse. • Il marchese Vincenzo Giustiniani apprezzò e raccolse, nel suo palazzo a S.Luigi dei Francesi, arte classica e classicista (Domenichino, Albani e Reni), ma anche opere del Caravaggio e dei Caravaggeschi. • Il cardinale Scipione Borghese fino alla sua morte, avvenuta nel 1663, svolse un eccezionale mecenatismo e formò grandiose collezioni, cercando di rappresentare in esse tutte le scuole. Verso la fine del XVII secolo l’età d’oro del collezionismo romano si conclude, ed iniziano le dispersioni e le vendite. Roma era da tempo meta dei collezionisti stranieri e i papi cercavano di limitare le esportazioni, comprendendo che i tesori artistici erano il maggior richiamo per i forestieri e quindi ragione di ricchezza per la città. 1870 = l’ultimo gesto dei papi, convalidato poi dal governo italiano, fu l’imposizione del vincolo fidecommissario sulle principali raccolte patrizie. Giulio Mancini = dilettante e medico di Urbano VIII, gettò luce sul mondo artistico romano nelle sue “Considerazioni sulla pittura” scritte tra il 1617 e il 1621. Egli affronta per primo i problemi tipi del collezionista: come stabilire una valutazione commerciale, come riconoscere i falsi, come disporre le opere in casa ecc… Nascono così quelle pubblicazioni peculiari del collezionismo che sono i cataloghi. Fra le prime va ricordata l’operetta “Musaeum”, il catalogo che il cardinale Federico Borromeo scrisse della propria raccolta, che egli lasciò nel 1618 alla milanese accademia di belle arti. Bisogna ricordare la Galleria dei Gonzaga a Mantova. Il duca Vincenzo I fu una delle personalità più tipiche di questa fase in cui il collezionismo diviene autonomo e quasi fine a sé stesso. L’ambiente di corte e la consulenza di Rubens per gli acquisti determinarono un gusto anti-bolognese e favorevole ai naturalisti, ai veneziani e ai fiamminghi. 1612 = era compiuta la grande Galleria, una delle più belle d’Europa. Morto Vincenzo I iniziarono la decadenza e la crisi economica, culminate nella vendita delle raccolte a Carlo I d’Inghilterra. Il colpo di grazia arrivò con il saccheggio dei francesi che portarono a Parigi i dipinti di Mantegna, Costa e Perugino. L’antitesi che domina, nel Seicento, fra collezionismo borghese e collezionismo di corte è evidente nella rivalità fra Belgio e Olanda. Olanda = conquistò l’indipendenza e divenne protestante. Con l’indipendenza e la ricchezza che veniva dai traffici marittimi e dalle colonie, fiorì la classe borghese, che impose i propri gusti sollecitando quadri da cavalletto, ritratti, nature morte, paesaggi e soggetti ispirati alla vita quotidiana. Fiandre meridionali e Belgio = rimasero province spagnole e cattoliche. Leopoldo Guglielmo, reggente dal 1646 al ’56, evitava di far entrare nelle sue raccolte opere di protestanti olandesi e di Rembrandt. Ammirava la pittura italiana ed era buon conoscitore di quella fiamminga dei secoli XV e XVI. Inventario del 1659 elenca: • 1397 quadri • 343 disegni • 542 sculture. Le collezioni erano illustrate dalla stampa. Teniers, che divenne direttore della galleria e la illustrò in più di un quadro, copiò in piccoli disegni le varie opere della galleria di Leopoldo Guglielmo, • In Baviera, Ludovico I aveva iniziato l’antiquarium arricchito poi da Alberto V attraverso i suoi agenti Paolo Strada e Niccolò Stoppi. Il collezionismo fu poi ripreso in età napoleonica con l’acquisto di intere collezioni private, e nel 1805 le raccolte bavaresi si arricchirono inglobando la galleria Dusseldorf, iniziata verso la fine del 600. Un ulteriore sviluppo ebbero le collezioni asburgiche a Vienna, dove nasceva anche quell’eccezionale raccolta di disegni e stampe che è l’Albertina. Caterina di Russia = Va ricordata l’opera svolta nella seconda metà del secolo da Caterina di Russia, che chiamò alle sue dipendenze architetti italiani e francesi e, acquistando le collezioni del conte Bruhl a Dresda, di Crozat, e nel 1770 quelle famose del Walpole, pose le basi dell’Hermitage. Italia = meta di collezionisti e visitatori stranieri, e alcuni generi, come i paesaggi e le vedute cittadine di Vanvitelli, di Canaletto, di Pannini, sono diretti ad incontrare il gusto dei turisti, specialmente inglesi. Ben più gravi le dispersioni di intere raccolte. Le scoperte di Pompei ed Ercolano accrebbero il fervore del collezionismo archeologico sollecitando il cosiddetto gusto neoclassico. I falsi del Guerra, tratti dal volume delle Antichità di Ercolano, andarono a ruba ed entrarono a far parte delle più illustri raccolte, compresi il museo Kircheriano di Roma e il Louvre. Ricordiamo: • Il cardinale Albani = nella sua villa sulla via salaria espresse nel collezionismo e nella stessa museografia il gusto impersonato da Winckelmann e Mengs. • Carlo Trivulzio = Milano. La sua raccolta riflette interessi storici anticipatori del romanticismo. Fondazione e sviluppo dei musei pubblici. XVIII secolo = fino ad allora tutte le collezioni, anche quelle reali che costituivano un vanto nazionale, ebbero carattere privato. Forse erano solo due le eccezioni: • Museo capitolino = fondato nel 1471 da Sisto IV • Raccolta di antichità donata nel 1523 dal cardinale Grimani alla Serenissima Repubblica di Venezia. Da un lato non è certo che fossero accessibili al pubblico e dall’altro la loro istituzione non obbediva al criterio della pubblica utilità: • Capitolino = comprendeva in origine solo bronzi di interesse storico- cittadino ed era stato donato al Comune di Roma per il suo valore simbolico. • Collezione Grimani = donata allo stato per un motivo psicologico, da un collezionista che non poteva rassegnarsi all’idea che alla sua morte sarebbe finita la sua collezione. Nel Settecento questo atteggiamento si accentua, insieme alla più diffusa convinzione del pubblico interesse dell’arte. Di fondarono accademie, istituti archeologici e i lasciti di collezioni artistiche e tali enti culturali si fecero più frequenti. • 1737 la granduchessa di Toscana Maria Ludovica legava le collezioni medicee allo stato. • Nel 1789 il granduca di Toscana faceva riordinare le collezioni fiorentine per renderle visitabili con orario regolare, e il Lanzi, incaricato del riordinamento, affermava che esse erano di pubblica proprietà. Il principio sociale di togliere ai privati per restituire al popolo ciò che era suo diritto investiva decisamente l’arte e le collezioni solo con la rivoluzione francese, che nel 1793, nazionalizzando i beni della corona, aprì al mondo il Museo del Louvre proclamandolo “Museo della Repubblica”. Con i trattati di pace Napoleone chiese opere d’arte in pagamento dei danni di guerra e formò a Parigi il Museo Centrale delle Arti. Sotto l’impero, prese il nome di Museo Napoleonico e ne fu nominato direttore Vivant Denon, lo stesso organizzatore delle requisizioni. Nello stesso periodo Alexandre Lenoir curava a Parigi, a partire dal 1795, una nuova istituzione, il Museo dei Monumenti Francesi, il primo vero museo di antichità medievale, formato togliendo dai monasteri e dalle chiese soppresse i capolavori di scultura che poi, abolito il museo, dovevano costituire il nucleo dell’attuale sezione del Louvre. Sconfitta la Francia, nel 1815, i vari governi inviarono i propri rappresentanti a Parigi per recuperare gli oggetti. Dopo la restaurazione in tutta Europa le raccolte reali acquistarono carattere pubblico. La formazione dei musei pubblici è il grande fenomeno che caratterizza la storia del collezionismo nel XIX secolo. La formazione dei musei pubblici ha avuto due esclusive finalità: • Quella educativa • Quella di arricchimento del patrimonio nazionale. Ha avuto origine nel seguente ordine di iniziative: • Regia o statale, per cui sono state rese pubbliche collezioni di antica origine • Privata che ha concorso con lasciti e donazioni • Istituti politici, artistici e culturali Questa genesi ha condotto alla formazione di musei pubblici di sola arte antica ed ha fatto si che questi nascessero con prevalente carattere ricettivo e conservativo. Le collezioni private dal Romanticismo a oggi. Il collezionismo privato ha finito per essere determinato da due fattori: • Passione per l’arte • Investimento finanziario Nel periodo in cui il capitale cominciò a passare dalle mani dell’aristocrazia a quelle del moderno commerciante o industriale e la direzione della vita artistica dalle mani dei signori a quelle della burocrazia e dei governi, si apriva una profonda frattura fra artisti e pubblico. Si presentò al collezionista la possibilità di scoprire e valorizzare gli artisti e le opere, di essere il primo a comprare a poco prezzo opere che nel giro di pochi anni aumenteranno di valore. I collezionisti, così, nei confronti dell’arte antica operano la selezione e la valorizzazione del materiale destinato ad entrare nei musei. 1830- 40 = si ha una svolta con il trionfo del movimento romantico, che già nel XVIII secolo aveva condotto alle prime rivalutazioni del Medioevo e dell’arte cristiana, e di quelle espressioni estranee alla regola classica che sono le bellezze orientali, gotiche e rococò. I primitivi si erano salvati solo fino a questo momento per patriottismo locale e per l’intenzione di conferire alle raccolte una completezza storiografica, documentando le origini delle varie scuole. Ciò fu agevolato anche per i bassi prezzi. Due collezioni si possono citare come le più tipiche di questo momento: • Cardinale Fesh, formata a Parigi nel periodo napoleonico e venduta poi a Roma • Marchese Campana, formata a Roma e acquistata poi dal Louvre. Entrambe erano ricche di opere di primitivi. Il Romanticismo e il Positivismo favorirono ancor più la specializzazione e suscitarono un nuovo interesse per la documentazione storica del Rinascimento e del Medioevo, onde le numerose collezioni di costumi, arti applicate, esemplari preistorici ecc… Un particolare sviluppo ebbero le collezioni di arte orientale. Si formarono anche raccolte puramente storiche, come i musei napoleonici e del Risorgimento italiano. Preciso orientamento ebbe il collezionismo nella seconda metà del secolo con il lancio del Rinascimento fiorentino e della pittura francese. Da un lato lo sviluppo della critica filologica, dal Cavalcaselle al Morelli, al Berenson, al Venturi, il largo uso della fotografia e l’apparizione dei cataloghi ragionati dovevano indicare una nuova e precisa scala di valori e dare impulso a un criterio di selezione storica. Dall’altro il movimento della pura visibilità doveva orientare verso la ricerca dei valori visivi superando il gusto romantico dei collezionisti di arte cristiana. Con il trasferirsi degli interessi del collezionismo dal Rinascimento- Barocco al Medioevo e al primo Rinascimento, il centro del mercato artistico europeo si spostava da Roma a Firenze. Importante fu l’ingresso sul campo dell’America. Solo a partire dal 1900 i magnati dell’industria e della finanza iniziarono eccezionali collezioni seguendo non criteri storici, ma quello esclusivo dell’importanza delle opere. Vari motivi indussero questi pionieri del collezionismo americano ad investire miliardi in raccolte d’arte per donarle al loro paese: • Affermare la propria personalità • Vincere il carattere effimero della civiltà moderna con il possesso di oggetti il cui valore sembra resistere ai secoli • Acquistare all’America un patrimonio di storia e cultura • Evitare le tasse di successione Un pioniere del collezionismo americano fu Charles Eliot Norton. Sostenitore di Jarvers e amico di Ruskin, professore di belle arti ad Harvard, esercitò un notevole influsso su Isabella Gardner, che doveva poi formare una delle più belle raccolte d’arte dei tempi nostri, e sul Berenson che, fu • Periodo neoclassico Mentre i palazzi romani si andavano colmando di antichità, essi furono decorati nelle facciate con dipinti monocromi con trionfi, trofei, scene ispirate all’antico ed altre opere che esprimevano il gusto archeologico del collezionismo. La stessa museografia, che nasce nel Cinquecento con il pittoresco disordine dei marmi dispersi nei giardini- museo o con l’ordinata e simmetrica esposizione di pezzi, adottati dall’architetto come elementi decorativi nelle facciate e nei cortili dei palazzi influì sull’architettura. Questi rapporti si trovano anche nella pittura, se si pensa al vedutismo di rovine, o a tanti quadri del Pannini, dove sono ritratte talvolta collezioni realmente esistenti, ma spesso immaginarie raccolte di oggetti, traducendo il gusto del collezionismo in un genere pittorico. Museologia. Recente è la nascita del termine museologia o scienza del museo. La museografia è la scienza o tecnica della costruzione e sistemazione del museo e riguarda in particolare l’architettura, l’ordinamento, gli impianti tecnici. La Museologia intende occuparsi di tutti i problemi connessi con i musei e suo scopo è di studiare come conservare, selezionare, rendere accessibili al presente le testimonianze di civiltà. La materia è resa complessa dalla varietà stessa dei musei che si differenziano non solo per il loro contenuto, ma per i particolari caratteri e scopi. Si possono distinguere due grandi categorie di musei: • Quelli di antica formazione = pone problemi particolari. Il passaggio di intere raccolte private a pubbliche ha posto il quesito se conservarle così come erano o se adeguarle alle finalità che oggi si riconoscono al pubblico. • Collezioni miste e tradizionali sono esse stesse, nella loro struttura, documenti storici. In simili casi si deve mantenere l’aspetto tradizionale, e ciò dicasi per tutti i musei in cui prevale l’aspetto storico- ambientale, trovandosi le raccolte nelle monumentali sedi di origine. • Monumenti adibiti a sedi museali collocandovi raccolte loro non appartenenti. In genere si creano ambientamenti falsi, che possono avere un interesse come ricostruzione storica, ma che non sono necessari. Il problema si sposta sul piano del rapporto fra il valore monumentale dell’edificio e la sua nuova destinazione a museo. • Quelli di origine nuova e recente = sono liberi da tali problemi in quanto sono situati in sedi appositamente costruite. • Musei in cui prevale il carattere storico documentario = qualsiasi ramo della ricerca storica può offrire materiale per un museo, il cui contenuto è sempre una sintesi storica “per esempi”. Anche i musei che provvedono alla raccolta e alla conservazione dei materiali di scavo o provenienti dalla distruzione o trasformazione di un monumento, hanno carattere documentario topografico. • Musei d’arte =qui prevale il carattere estetico. Esso si articola nelle tre categorie indipendenti o associate: • Archeologia • Arte medievale e moderna • Arte contemporanea • Museo pubblico = tre sono gli scopi fondamentali • Conservazione = principio così rigoroso che giunge all’inalienabilità statuaria degli oggetti, quale garanzia contro gli oscillamenti del gusto. Oggi si sente di operare una scelta anche per motivi pratici, e ha anche scopi: • Documentazione = quando si tratta di raccogliere il materiale contemporaneo che si ritiene degno di conservazione. Per le raccolte già formate, la conservazione prevale sulla scelta e si tende a conservare tutto, anche le cose di minore interesse, finché venga loro riconosciuto valore documentario. • Educazione È difficile che i musei documentino tutto e, a seconda delle vicende storiche di ogni museo, in esso prevale una scuola e ne mancano altre. Contro il pericolo della noia del museo si è cercato di riparare con le ricostruzioni storiche di ambiente adunando opere di diverse classi, ma storicamente legate fra loro, cercando così accostamenti stimolanti per la riflessione del visitatore. Le visite guidate, le conferenze, le pubblicazioni, sono la doverosa attività dei musei nella loro funzione educativa. Per questa stessa funzione è divenuta generale la tendenza a rendere visitabili gratuitamente le collezioni. Ciò non toglie che in Europa la funzione dei musei si ancora passiva e la loro forma molto spesso statica. Assai più sentito è il problema in America, dove il museo, spesso fornito di ristorante, cinematografo, sale per concerti, biblioteca, sala lettura è considerato una necessità culturale ed è integrato nella struttura sociale. Struttura del museo. Nella struttura del museo è al primo posto l’ordinamento del materiale, conservato in sale di esposizione o in depositi. Il materiale esposto è ordinato con i più vari criteri. Qualunque sia l’ordinamento non si può prescindere dal criterio estetico nel disporre i pezzi; in tal senso la museografia è sempre un’arte. Gli oggetti non esposti sono conservati nei depositi, e il problema è di renderli facilmente accessibili al museo e al personale del museo. Di tutto il materiale ogni museo tiene un inventario ufficiale, per la ricognizione amministrativa, con dati precisi, ma sommari. Diverso dall’inventario e distinto anche nella numerazione dei pezzi è il catalogo, che consiste in schede dove sono indicate la posizione giuridica dell’opera, la provenienza, l’ubicazione attuale, la materia, la tecnica, le misere e altre particolarità. Sulla scheda si annoverano i restauri subiti, le notizie storiche, la bibliografia. L’attività culturale spesso culmina, oltre che nelle pubblicazioni dei cataloghi, nell’edizione di bollettini, nei quali si illustra la vita del museo. La struttura del museo comprende le apparecchiature scientifiche per la conservazione del materiale e per il restauro. La stessa funzione conservativa impone l’uso di igrometri per il controllo della percentuale di umidità ambientale, impianti per il condizionamento dell’aria, apparecchi antincendio e antifurto. Analogamente alle stesse esigenze è strutturato il personale del museo, che si suddivide in: • Personale scientifico = direttore e da assistenti specializzati nei vari rami • Tecnico • Amministrativo • Custodia Architettura del museo. La situazione urbanistica e l’aspetto dell’edificio sono fondamentali per l’attrazione che il museo può esercitare. L’architettura deve offrire un comodo accesso con biglietteria e servizi vari, un facile e chiaro itinerario, nonché vani di deposito, laboratori di restauro, archivio, biblioteca, fototeca, sale per gli uffici, sala per le conferenze ecc… La storia dell’architettura del museo si può dire inizi con gli Uffizi, il primo edificio nato per ospitare opere d’arte. Lo schema a galleria con sale intercomunicanti è rimasto il più diffuso fino a tutto il secolo scorso. Il palazzo principesco di età barocca fu a un tempo stesso residenza e museo e solo con Louvre e con la Villa Albani, del Marchionni, si hanno edifici nei quali la funzione museografica prevale. La prima affermazione in tal senso si ebbe in pieno classicismo, con gli ambienti del Museo Pio- Clementino in Vaticano. Qui si affermò non solo il criterio di una esposizione delle opere antiche in un’architettura ideale, rievocatrice dei principi classici della simmetria e della prospettica razionale, ma l’esigenza di un ambientamento storico. Al momento neoclassico reagisce l’aspetto romantico delle soluzioni museografiche, che l’architetto J.Soane adottò nel proprio museo, riflettendo l’aspetto pittoresco, piranesiano, del gusto per l’antico. Quasi tutti i musei pubblici costruiti nell’800 hanno obbedito a un gusto classicista: • Bassi edifici a uno o due piani, con colonne, pronai, timpani, porticati, statue allegoriche ecc… Il Louvre ed altri musei, presentano, sull’esempio degli Uffizi, una planimetria, basato sullo schema di una serie di sale intercomunicanti, che formano un lungo percorso entro un corpo di fabbrica il quale, per svilupparsi uniformemente in lunghezza, spesso si dispone rettangolarmente intorno a più di un cortile interno. La luce dall’alto è filtrata da velari bianchi per ottenere uniformità, evitando i riflessi sulle pitture e le ombre dei visitatori sugli oggetti esposti.
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