Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Processo esecutivo: Espropriazione Forzata e Pignoramento, Appunti di Diritto Processuale Civile

Il processo esecutivo di espropriazione forzata e pignoramento, che consiste nel soddisfare una pretesa di un creditoro attraverso l'imposizione di un vincolo sui beni del debitore, seguita dalla vendita o assegnazione dei beni pignorati e distribuzione della somma ricavata in favore del creditorprocedente e dei creditori intervenuti. Il documento include dettagli sul pignoramento, vendita forzata, obbligo di adempiere un contratto e opposizione ai atti esecutivi.

Tipologia: Appunti

2010/2011

Caricato il 31/08/2011

scemotta88
scemotta88 🇮🇹

2 documenti

1 / 11

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Processo esecutivo: Espropriazione Forzata e Pignoramento e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Processo di esecuzione Il processo esecutivo è rivolto alla soddisfazione dell'interesse del creditore, che deve ottenere ciò che gli è dovuto nel quadro e con le garanzie dell'ordinamento giuridico, nei limiti di quanto la legge o il giudice stabilisce. Si affianca (in molti casi in rapporto di strumentalità) al processo di cognizione, diversamente rivolto all'accertamento del diritto, all'ottenimento di una sentenza di condanna ovvero alla costituzione, modificazione o estinzione di un rapporto giuridico. Il processo esecutivo presuppone l'esistenza di un valido titolo esecutivo. Tra i processi esecutivi occorre primariamente distinguere l'espropriazione forzata, mediante la quale viene soddisfatta una pretesa del creditore avente ad oggetto una somma di danaro, dall'assegnazione forzata, in cui il bene o il credito è trasferito al creditore istante, attraverso l'intervento giudiziale, dall'esecuzione in forma specifica, avente ad oggetto la consegna o il rilascio di beni mobili o immobili determinati oppure un obbligo di fare o disfare. L'espropriazione forzata, a sua volta, può avere ad oggetto beni mobili, beni immobili o crediti del debitore. Il primo atto dell'espropriazione forzata è il pignoramento, ossia un atto mediante il quale il creditore, anche per tramite dell'ufficiale giudiziario, imprime un vincolo di indisponibilità sui beni del debitore. Dopodiché si procede alla vendita forzata o all'assegnazione dei beni pignorati ed, infine, alla distribuzione della somma ricavata in favore del creditore procedente e dei creditori intervenuti. L'esecuzione forzata in forma specifica segue, invece, le specifiche forme procedimentali disciplinate dagli artt. da 608 a 611 c.p.c. nonché 2930 c.c. (per l'esecuzione forzata per consegna o rilascio) e dagli artt. da 2931 a 2933 c.c. e da 612 a 614 c.p.c. (per l'esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare). Infine, il processo di esecuzione, quale procedura esecutiva individuale, va distinta dalle procedure concorsuali. Espropriazione forzata L'esecuzione o espropriazione forzata è un processo esecutivo diretto a sottrarre coattivamente (spossessare) al debitore determinati beni (pignorabili) facenti parte del suo patrimonio ed a convertirli in denaro mediante la vendita ai pubblici incanti, al fine di soddisfare il creditore procedente, in attuazione della loro funzione di garanzia generica delle obbligazioni ex articolo 2740 del codice civile. A seconda del soggetto conosciamo: l'esecuzione forzata mobiliare, l'immobiliare, presso terzi. L'espropiazione viene diretta dal giudice dell'esecuzione a norma art.484 cpc. La sua nomina avviene da parte del Presidente del Tribunale dopo la presentazione del fascicolo a cura del cancelliere entro due giorni dalla sua formazione. Il giudice dell'esecuzione è immutabile (art 174 cpc), rimane tale per tutto il corso del processo. Tra i suoi poteri ricordiamo: potere di audizione della parti interessate, potere di ordinanaza, potere di decidere con sentenzale opposizioni agli atti esecutivi. L'espropiazione forzata si inizia con il pignoramento(art 491 cpc). Il pignoramento è atto di ingiunzione con cui si sottrae al debitore la disponibilità di un bene con l'avvertimento che qualsiasi atto compiuto su di esso sarà invalido.(492 cpc) È atto compiuto dall'ufficiale giudiziario su istanza del creditore e previa esibizione del titolo esecutivo del precetto ritualmente notificati. Con il pignoramento si ha un assoggettamento specifico dei beni, si renderanno inefficaci eventuali atto di alienazione e disposizione. Sono oggetto di pignoramento sia beni determinati appertenenti al patrimonio del debitore sia beni appartenenti ad un terzo vincolati a garanzia del credito. Il creditore sceglie con libertà quali beni sono da pignorare siano essi immobili o mobili. Non può pignorare beni soggetti a pegno o ipoteca. Il creditore presenta istanza all'ufficiale giudiziario. Il debitore esecutato potrà evitare il pignoramento versando nelle mani dell'ufficile giudiziario il suo credito insieme alle spese relative all'esecuzione, oppure, chiedere la conversione del pignoramento ai sensi art 495 cpc. Con la conversione si sostituiscono le cose pignorate con una somma di denaro di equivalente valore comprensivo di spese. Tale richiesta va proposta in cancelleria prima che sia disposta la vendita e l'assegnazione a norma art 503,552,569 cpc. Il debitore potra anche chiedere la riduzione del pignoramento quando il valore dei beni pignorati è superiore all'importo delle spese e dei crediti. Il pignoramento prederà efficacia se siano trascorsi 90 giorni senza assegnazione o vendita. La vendita può avvenire con incanto a mezzo di asta oppure senza incanto a mezzo di commissario. Dalla vendita si ricaverà la somma di denaro che provvederà alla liquidazione dei crediti dei creditori (principalmente i chirografri) tramite la ripartizione della somma ricavata. Esecuzione forzata (d. proc. civ.) [Espropriazione forzata]. (—) in forma specifica (d. proc. civ.) Attiene all'esecuzione di obblighi specifici e si distingue in: (—) per consegna e per rilascio È una forma di esecuzione disciplinata dagli artt. 605-611 c.p.c., ed è diretta a far conseguire al creditore la disponibilità materiale di un determinato bene, attraverso la sua consegna (bene mobile) o il suo rilascio (bene immobile). In particolare, essa ha luogo ogni volta che si tratti di trasferire dall'esecutato all'esecutante un bene che è stato dichiarato appartenente a quest'ultimo. Dispone l'art. 2930 c.c. che, se non è adempiuto l'obbligo di consegnare o rilasciare una determinata cosa, mobile o immobile, l'avente diritto può ottenere la consegna o il rilascio forzati a norma delle disposizioni del codice di procedura civile. L'esecuzione per consegna o rilascio è preceduta dalla notifica dell'atto di precetto [Precetto]. In caso di esecuzione per consegna di un bene mobile, decorso il termine indicato nel precetto l'ufficiale giudiziario si reca sul luogo nel quale le cose si trovano, la ricerca e la consegna alla parte o a una persona da lei designata (art. 607 c.p.c.). Se le cose da consegnare sono pignorate, la consegna non può avere luogo, e la parte istante deve fare valere le sue ragioni mediante opposizione di terzo (artt. 619 ss. c.p.c.). Invece, in caso di rilascio di un bene immobile, l'ufficiale giudiziario notifica un avviso col quale comunica, almeno 10 giorni prima, alla parte che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà (art. 608, comma 1, c.p.c.). La notifica dell'avviso segna l'inizio dell'esecuzione per rilascio. L'esecuzione si estingue se la parte istante, prima della consegna o del rilascio, rinuncia con atto scritto notificato alla parte esecutata e consegnato all'ufficiale giudiziario procedente (art. 608bis c.p.c.). Se nel corso dell'esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice dell'esecuzione i provvedimenti temporanei occorrenti. La liquidazione delle spese è fatta dal giudice dell'esecuzione con decreto che costituisce titolo esecutivo. (—) degli obblighi di fare o non fare È quella forma di (—) diretta a far conseguire al creditore la medesima prestazione specifica di fare oggetto del suo diritto, ovvero la eliminazione di quanto posto in essere dal debitore in violazione del suo obbligo di non fare (artt. 612-614 c.p.c.). L'art. 2931 c.c. prevede che, se non è adempiuto un obbligo di fare, l'avente diritto può ottenere che esso sia eseguito a spese dell'obbligato nelle forme stabilite dal codice di procedura civile. L'art. 2933 c.c. dispone, invece, che, se non è adempiuto un obbligo di non fare, l'avente diritto può ottenere che sia distrutto, a spese dell'obbligato, ciò che è stato fatto in violazione dell'obbligo. Per ottenere l'(—) di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto deve proporsi ricorso al giudice (del luogo dove l'obbligo deve essere adempiuto: art. 26 c.p.c.) perché siano determinate le modalità dell'(—). Il giudice, sentita la parte obbligata, designa con ordinanza l'ufficiale giudiziario che deve provvedere all'(—) e le persone che debbono provvedere al compimento dell'opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta. Giudice competente per entrambe le ipotesi di (—) è il Tribunale. (—) nei confronti della Pubblica Amministrazione (d. amm.) L'(—) è un procedimento giudiziale, a carattere esecutivo, volto a soddisfare l'interesse creditorio (nel rispetto del principio della parità di trattamento dei creditori, c.d. par condicio creditorum) contro la volontà del debitore (P.A.). Tale procedimento è ammesso nei confronti della P.A., sebbene con dei temperamenti dettati dall'esigenza di garantire una maggior tutela dei soggetti preposti, dall'ordinamento, alla cura dell'interesse pubblico. In particolare, l'(—) nei confronti della P.A. può essere di due tipi: (—) in forma specifica La sua ammissibilità incontra i limiti posti dagli artt. 20582 c.c. e 29332 c.c., i quali assumono un significato particolarmente penetrante quando il soggetto è la P.A. Infatti, nei confronti di quest'ultima, l'(—) è esclusa ogni qualvolta la reintegrazione in forma specifica sia eccessivamente onerosa per la P.A., o la distruzione della cosa sia di pregiudizio all'economia nazionale. I suddetti limiti rilevano anche in relazione alle modalità dell'esecuzione, che deve avvenire compromettendo il meno possibile gli interessi della P.A. È, infine, ammissibile l'(—) dell'obbligo di adempiere un contratto ex art. 2932 c.c. (—) per espropriazione Forma speciale di (—), regolata dagli artt. 599-601 c.p.c., che si ha quando oggetto di esecuzione è la quota ideale di un bene immobile. Ha lo scopo di evitare che i comproprietari, accordandosi con il debitore, arrechino un pregiudizio al creditore. In tale (—) il giudice: può separare la quota in natura spettante al debitore; può vendere la quota spettante al debitore lasciando intatta la comunione con sostituzione del debitore con l'acquirente; può disporre la divisione secondo le regole generali. Ai sensi del novellato art. 600, co. 2, c.p.c. come modificato dal D.L. 35/2005 conv. in L. 80/2005, a decorrere dal 1 marzo 2006 se la separazione in natura non è chiesta o non è possibile, il giudice dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile, salvo che ritenga probabile la vendita della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa, determinato a norma dell'art. 568 c.p.c.. (—) contro il terzo proprietario Tale forma speciale di (—) trova applicazione in tutti i casi in cui il proprietario del bene espropriato, pur essendo estraneo al rapporto debitorio, è gravato da responsabilità per debito altrui Essa, dunque, si attua, ai sensi degli artt. 602-604 c.p.c.: quando il terzo è proprietario di un bene gravato da ipoteca o di cosa soggetta a pegno; quando il terzo ha acquistato beni gravati da ipoteca o cose date in pegno; quando l'alienazione del bene da parte del debitore è stata revocata per frode ex art. 2901 c.c. Poiché tale (—) colpisce un soggetto diverso dal debitore, la legge tutela la particolare situazione del terzo disponendo che in generale gli atti d'(—) si compiono anche nei confronti di questi. Pignoramento (d. proc. civ.) È l'atto con cui ha inizio l'espropriazione forzata. Ai sensi dell'art. 492 c.p.c., il (—) consiste in un'ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all'espropriazione e i frutti di essi. L'ufficiale giudiziario pone in essere il (—) su istanza del creditore, previa esibizione da parte dello stesso del titolo esecutivo e del precetto ritualmente notificati. Il debitore può evitare il (—): — versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore; — depositando nelle mani dell'ufficiale giudiziario, in sostituzione delle cose pignorate, come oggetto di pignoramento una somma di denaro uguale all'importo del credito o dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due decimi (art. 494 c.p.c.). Il (—) non può essere compiuto prima che sia decorso il termine indicato nel precetto ed, in ogni caso, non prima di dieci giorni dalla notificazione del precetto stesso. Se vi è pericolo nel ritardo, tuttavia, il Presidente del Tribunale può autorizzare, con decreto, l'esecuzione immediata, con o senza cauzione (art. 482 c.p.c.). Il (—), inoltre, deve essere iniziato entro 90 giorni dalla notificazione del precetto, termine nel quale quest'ultimo diviene inefficace (in tal caso, per iniziare l'esecuzione, il creditore dovrà redigere e far notificare un nuovo atto di precetto). Funzione del (—) è di vincolare i beni da assoggettare all'esecuzione, sottraendoli alla libera disponibilità del debitore. Tale vincolo rende inefficaci gli atti di disposizione (di per sé perfettamente validi) compiuti dal debitore relativamente ai beni pignorati (c.d. inefficacia relativa) in epoca successiva al (—). Invece, gli atti di disposizione anteriori al (—) sono inefficaci nei confronti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti se: — nel caso di immobili, le alienazioni sono state trascritte successivamente al (—); — nel caso di mobili, non è stato trasmesso il possesso anteriormente al (—), salvo che risultino da atto avente data certa; — nel caso di cessione di crediti, non sono state notificate dal debitore ceduto anteriormente al (—); — nel caso di universalità di mobili, le alienazioni non abbiano data certa anteriore al (—). Riduzione del (—) È il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione riduce il vincolo del (—) ad alcuni soltanto dei beni sottoposti ad esecuzione, disponendo contestualmente la liberazione degli altri, quando il valore degli stessi è superiore all'importo dei crediti per cui si procede e alle spese (art. 496 c.p.c.). Conversione del (—) Si verifica allorché il debitore, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione, chiede la sostituzione della cosa pignorata con una somma di denaro pari all'importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti. La conversione del (—) viene ammessa dal giudice dell'esecuzione con ordinanza, nella quale si dispone che le cose pignorate siano liberate e che la somma sia sottoposta a (—) in loro vece. Tale istituto ha la finalità di non sottrarre a tempo indeterminato i beni alla libera circolazione, sostituendo ad essi il denaro. Titolo (d. civ.; d. proc. civ.) Sta ad indicare la ragione giustificatrice, la base giuridica di una determinata situazione. Per esempio, si dice che il (—) per l'acquisto di un certo bene può essere un contratto di compravendita. Molto spesso, anzi, si usa il termine (—) proprio per indicare il contratto o l'atto di acquisto. (—) di credito (d. civ.) Documento nel quale è incorporata la promessa unilaterale di effettuare una prestazione a favore di chi lo presenterà al debitore, legittimandosi in base alla legge di circolazione del titolo stesso (artt. 1992 ss. c.c.). La funzione dei titoli di credito è quella di rendere più celere e sicuro il trasferimento del credito, in quanto quest'ultimo viene ceduto attraverso il trasferimento del documento che l'incorpora. I (—) possono classificarsi, in base al rapporto sottostante che ha portato alla loro creazione, in: — titoli causali, nei quali è indicato il rapporto sottostante l'emissione del titolo. Sono (—) causali: l'azione e l'obbligazione di società; la fede di credito; i titoli rappresentativi di merci; — titoli astratti, in cui, invece, il rapporto sottostante non è enunciato ed è, perciò, irrilevante nei confronti dei terzi possessori in buona fede di essi. Sono (—) astratti: la cambiale e l'assegno circolare. Inoltre, i (—) si distinguono anche in base al loro regime di circolazione: — titoli nominativi: intestati ad una determinata persona; — titoli all'ordine: intestati anch'essi ad un titolare; l'intestazione, però, risulta unicamente dal titolo e l'emittente non è tenuto a registrarla; — titoli al portatore: non intestati ad alcun titolare. Per il trasferimento è sufficiente la semplice consegna del titolo. Ulteriore carattere dei (—) è che essi costituiscono titolo esecutivo. Le principali figure sono costituite da: cambiale; assegno bancario e circolare; azioni della società. (—) esecutivo È l'atto in base al quale è possibile iniziare l'esecuzione forzata. Più precisamente, esso è il documento con cui viene accertato o costituito il diritto del creditore da realizzarsi in via esecutiva e da cui risulta un diritto di credito: — certo (la cui esistenza sia certa); — liquido (determinato nel suo ammontare); — esigibile (non sottoposto né a condizione, né a termine). Sono titoli esecutivi (art. 474, co. 2, c.p.c.): 1) le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva (titoli giudiziali); 2) le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia (titoli stragiudiziali); 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli (titoli stragiudiziali). L'esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai n. 1) e 3), e il precetto deve contenere trascrizione integrale, ai sensi dell'art. 480, co. 2 c.p.c. delle scritture private autenticate di cui al n. 2). Precetto (d. proc. civ.) Consiste nella formale intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di 10 giorni, con l'avvertimento che, mancando l'adempimento, si procederà ad esecuzione forzata. Il (—) si considera atto preliminare all'esecuzione forzata, la cui notificazione è dunque necessaria perché possa esercitarsi l'azione esecutiva nei confronti del debitore. Non contenendo alcuna domanda giudiziale, il (—) può essere sottoscritto dalla parte personalmente. È atto recettizio, non producendo alcun effetto se non è portato a conoscenza del suo destinatario mediante notificazione, successivamente o contestualmente alla notifica del titolo esecutivo [Titolo]. A pena di nullità il (—) deve contenere: — l'indicazione delle parti; — la data di notificazione del titolo esecutivo (se è fatta separatamente); — la trascrizione integrale del titolo, se è richiesta dalla legge: in questo caso l'ufficiale giudiziario, prima della relazione di notifica, deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale. Altro requisito, ma non richiesto a pena di nullità, è la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel Comune ove ha sede il giudice dell'esecuzione. In mancanza, le opposizioni al precetto si propongono dinanzi al giudice del luogo in cui il (—) è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso. Il (—) va notificato alla parte personalmente; diviene inefficace se l'esecuzione non è iniziata entro 90 giorni dalla sua notificazione. Se contro il (—) è proposta opposizione, il termine rimane sospeso e inizia a decorrere a norma dell'art. 627 c.p.c., il quale disciplina la riassunzione del processo esecutivo [Azione]. Il termine per adempiere entro i 90 giorni è previsto per consentire al debitore un efficace adempimento. Se, però, la concessione del termine dilatorio [Termine] può comportare un'attività disonesta da parte del debitore, nell'ipotesi quindi di pericolo nel ritardo, il creditore potrà chiedere l'autorizzazione, al Presidente del Tribunale competente per l'esecuzione o al giudice da lui delegato, all'esecuzione immediata con cauzione, nel qual caso l'esecuzione non potrà avere inizio se la somma non viene prestata nel modo, nel tempo e nel luogo indicati nel decreto di autorizzazione scritto in calce al (—). Opposizione del debitore all'esecuzione (d. proc. civ.) Consiste nella contestazione, da parte del debitore, del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata. Con essa si contesta l'azione esecutiva per una questione di merito, deducendo l'ingiustizia dell'esecuzione perché senza titolo esecutivo, perché il diritto è stato estinto, perché l'esecuzione ha colpito determinati beni dei quali il debitore affermi la impignorabilità, ovvero, in riferimento ai soggetti, perché il creditore istante è un soggetto diverso da quello effettivo o il soggetto esecutato (o da esecutare) non è il vero debitore. Con l'(—) si contesta, in sostanza, l'esistenza nel caso concreto delle condizioni dell'azione esecutiva. Prima dell'inizio dell'esecuzione, l'(—) si propone nella forma di (—) al precetto, mediante citazione proposta al giudice competente per valore o materia e per territorio a norma dell'art. 27 c.p.c. Ai sensi del D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 (cd. decreto competitività) il giudice ora può sospendere l'efficacia esecutiva del titolo su istanza di parte e solo qualora concorrano gravi motivi. Dopo il pignoramento, l'(—) si propone con ricorso al giudice dell'esecuzione, il quale provvede all'istruzione della causa, se competente a conoscerla, ovvero rimette le parti al giudice competente (cfr. art. 615 c.p.c.). Su istanza dell'opponente, il giudice dell'esecuzione, se ricorrono gravi motivi può sospendere il processo esecutivo, in attesa che sia decisa la causa di opposizione. (—) del debitore agli atti esecutivi (d. proc. civ.) (—) dell'atto amministrativo (d. amm.) [Convalescenza dell'atto]. (—) del contratto annullabile (d. civ.) È il negozio mediante il quale la parte legittimata a proporre azione di annullamento elimina i vizi del negozio annullabile (art. 1444 c.c.). È espressione del principio di conservazione del contratto, poiché consente la sanatoria di un negozio invalido. È negozio unilaterale ed accessorio, in quanto presuppone un altro negozio cui è unito da un rapporto di dipendenza o accessorietà. Essa può essere: — espressa, quando la parte manifesta la volontà di confermare il negozio con un'apposita dichiarazione; — tacita, quando la parte dà esecuzione volontaria al negozio conoscendo il motivo di annullabilità (art. 1444, co. 2 c.c.). (—) dell'arresto o del fermo (d. proc. pen.) [Arresto e fermo]. (—) di licenza o di sfratto (d. proc. civ.) È un procedimento speciale diretto ad ottenere dal giudice la emanazione di un provvedimento (ordinanza), che convalidi la licenza ovvero lo sfratto per scadenza del termine o per mancato pagamento del canone pattuito. Possono valersi di questa procedura soltanto il locatore o il concedente in caso di locazione, affitto a coltivatore diretto, mezzadria, colonia parziaria. Soggetto passivo della procedura sarà, nel primo caso, il conduttore; nel secondo caso, l'affittuario coltivatore diretto, il mezzadro o il colono. La legge prevede tre ipotesi: — licenza per finita locazione, che si intima prima della scadenza del contratto, per impedire la rinnovazione tacita di esso; — sfratto, che si intima dopo la scadenza del contratto; — sfratto per morosità, che si intima per mancato pagamento dei canoni alle scadenze stabilite. — In tutti e tre i casi la procedura inizia con una intimazione, rivolta dal locatore (o concedente), di lasciar libero l'immobile, con contestuale citazione del conduttore per la convalida. All'udienza possono verificarsi le seguenti ipotesi: — se il locatore non compare cessano gli effetti processuali dell'intimazione; — se l'intimato non compare o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone, con ordinanza in calce alla citazione, l'apposizione su di essa della formula esecutiva. In tal caso la formula esecutiva ha effetto dopo 30 giorni dalla data dell'opposizione. Tale disposizione va integrata (in caso di licenza o sfratto per finita locazione) con l'art. 56 della legge sull'equo canone, che impone al giudice di fissare, nel provvedimento di rilascio, anche la data di esecuzione dello stesso; — se l'intimato compare, può fare opposizione all'intimazione e con ciò il giudizio si trasforma in un normale procedimento di cognizione. A seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 19-2-1998, n. 51, la competenza in materia di (—) spetta al Tribunale in composizione monocratica; il rito applicato sarà quello del lavoro (art. 447bis c.p.c. introdotto dalla riforma del '90). Sequestro nel processo civile (d. proc. civ.) È un mezzo di difesa preventiva del diritto, che ha lo scopo di garantire la conservazione e l'indisponibilità di determinati beni o cose, per il periodo necessario alla soluzione della controversia o al conseguimento del diritto dell'attore. Può trattarsi di: — (—) giudiziario (art. 670 c.p.c.), diretto a garantire un preteso diritto (reale o di obbligazione) su una cosa oggetto di controversia. — (—) conservativo (art. 671 c.p.c.), che ha la finalità di garantire il credito e di assicurarne la realizzazione, quando vi sia fondato timore di perdere la garanzia del credito. Nunciazione [azioni di] (d. proc. civ.) Sono denominate azioni di (—) quelle che tendono alla conservazione di uno stato di fatto, mirando a prevenire un danno o un pregiudizio che può derivare da una nuova opera o da una cosa altrui. Esse sono: — denuncia di nuova opera (art. 1171 c.c.). È l'azione con cui il proprietario, il titolare di un altro diritto reale di godimento o il possessore denuncia un'opera da altri intrapresa e non terminata (se non è trascorso un anno dal suo inizio), quando abbia ragione di temere che da essa possa derivare danno alla cosa che forma oggetto del suo diritto o possesso; — denuncia di danno temuto (art. 1172 c.c.). È quella azione con cui il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore si rivolge all'autorità giudiziaria, quando tema che da un albero, una costruzione od altro (cose, comunque, già esistenti) stia per derivare un danno grave e prossimo alla cosa che forma oggetto del suo diritto o del suo possesso. Tali azioni si introducono con ricorso al Tribunale del luogo nel quale è avvenuto il fatto denunciato, ai sensi dell'art. 21 c.p.c. Se accoglie la domanda, il giudice non deve più fissare obbligatoriamente un termine perentorio per l'inizio della causa di merito, la quale può essere iniziata soltanto su istanza di una delle parti (art. 669octies, comma 6, c.p.c.). Tale facoltà è prevista anche per provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. Se la rigetta, deve provvedere alle spese del provvedimento cautelare. Contro il provvedimento del giudice che accoglie o rigetta il provvedimento cautelare può proporsi reclamo (art. 669terdecies).
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved