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nursing al paziente anziano fragile, Dispense di Infermieristica

chi è il paziente fragile, tipologie di fragilità, presa in carico del paziente fragile, sindrome da immobilizzazione e sindrome ipocinetica, scelta delle medicazioni e wound care, stadiazioni delle lesioni da pressione complicanze e rischi.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 05/11/2023

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Scarica nursing al paziente anziano fragile e più Dispense in PDF di Infermieristica solo su Docsity! Il paziente fragile La fragilità è una sindrome fisiologica caratterizzata da ridotta riserva funzionale e da una ridotta resistenza agli stress, causata da un declino progressivo dei meccanismi fisiologici, con conseguente progressiva instabilità clinica. Una delle caratteristiche fondamentali della fragilità è che non si tratta di una situazione occasionale, ma di un continuum, ovvero di una condizione irreversibile e spesso progressiva che non è esclusiva della popolazione anziana. Chi è il paziente fragile La fragilità è una sindrome fisiologica ma non è condizione esclusiva della persona anziana Alcune tipologie di pazienti, a causa dell’età o delle loro condizioni socio-sanitarie e familiari, sono considerate più a rischio di complicanze di altre. Fra queste, gli anziani e i pazienti pediatrici sono coloro che necessitano di una maggior presa in carico e di un’attenzione maggiore e che possono presentare condizioni di rischio, legate a fattori bio–psico–sociali. Per i soggetti a rischio viene introdotto il concetto di “fragilità”. Per definizione, l’anziano fragile è un soggetto di età avanzata, affetto da patologie multiple, croniche, con uno stato di salute instabile, spesso con una disabilità e con difficoltà di tipo socio-economico. Può essere in condizioni socio-ambientali scadenti, con una famiglia non in grado di prendersene cura oppure con un nucleo famigliare che presenta criticità aggiuntive. Per migliorare l’approccio al paziente fragile è innanzitutto fondamentale riuscire ad identificarlo già al momento del ricovero e, prima della dimissione, definire un percorso adeguato per contrastare l’isolamento sociale, coinvolgere i servizi territoriali e comprendere se vi è un nucleo famigliare in grado di sostenerlo o meno. Un’adeguata presa in carico è fondamentale non solo per migliorare gli outcome sul paziente, ma anche per prevenire le complicanze ed evitare una re-ospedalizzazione precoce. Cos’è la fragilità La fragilità è una sindrome fisiologica caratterizzata da ridotta riserva funzionale e da una ridotta resistenza agli stress, causata da un declino progressivo dei meccanismi fisiologici, con conseguente progressiva instabilità clinica. La fragilità è secondaria ad un insieme di fattori biologici, psicologici e socio-ambientali che agiscono in modo sinergico, amplificandosi. La fragilità in realtà non è una condizione esclusiva della popolazione anziana, anche se il fenomeno è prevalente nella fascia degli ultra settantacinquenni dove si riscontrano maggiormente problematiche come cronicità, comorbilità, compromissione funzionale, polifarmacoterapia e difficoltà di tipo sociosanitario. Una delle caratteristiche fondamentali della fragilità è che non si tratta di una situazione occasionale, ma di un continuum, ovvero di una condizione irreversibile e spesso progressiva. Tipologie di fragilità La fragilità può essere:  Sociale, secondaria a difficoltà legate al contorno famigliare e sociale  Biologica, secondaria a condizioni biologiche e psichiche In ambito assistenziale si ritrovano entrambe e spesso in maniera sinergica, facendo sì che la persona si rivolga all’ospedale come unico luogo in cui può trovare risposte ai suoi bisogni. La fragilità sociale è spesso correlata ad una condizione di povertà o comunque ad una carenza di risorse economiche o materiali, che può comportare anche l’esclusione da benefici e servizi. La fragilità biologica è invece una fragilità organica, che richiede un supporto assistenziale medico ed infermieristico. Il concetto di fragilità spesso coesiste con quello di disabilità, dove per disabilità si intende la perdita di una funzione, mentre per fragilità si intende una situazione di instabilità in cui è insito il rischio di perdita della funzione per l’elevata suscettibilità ad eventi stressanti. La fragilità include:  Dimensioni fisico–biologiche: presenza di patologie organiche, difficoltà della deambulazione, riduzione dell’integrità sensoria, perdita di autonomia  Dimensioni psicologiche: presenza di sintomatologia depressiva, stanchezza cronica, solitudine  Dimensioni sociali: reti di supporto sociale, isolamento, esclusione sociale Presa in carico del paziente fragile Una volta identificato il paziente fragile, è necessario attivare interventi e percorsi assistenziali specifici per il suo sostegno, con l’obiettivo di ridurre l’incidenza di eventi morbosi. L'ambiente ospedaliero risulta quello ideale per l'ascolto, l'osservazione e il dialogo, per poter identificare il soggetto vulnerabile e progettare un percorso idoneo. Il percorso assistenziale e le opzioni terapeutiche vanno predisposte con la persona stessa, identificando i rischi e benefici, anche in relazione alla qualità della vita, alle potenzialità assistenziali attuabili nel territorio e a domicilio e all'aspettativa di vita. Durante il ricovero è utile analizzare alcuni aspetti fondamentali, come:  Stato nutrizionale  Rischio di caduta  Mobilizzazione e attività fisica  Eventuale riduzione della capacità visiva e uditiva COSA SUCCEDE SE NON SI PREVIENE LA SINDROME DA IMMOBILIZZAZIONE? APPARATO LOCOMOTORE: L’attività fisica è indispensabile per mantenere il normale funzionamento delle ossa, cartilagini e muscoli. L'immobilizzazione prolungata porta a riduzione della massa (ipotrofia) e della forza muscolare (ipostenia), a cui talvolta si associano le contratture muscolari. In assenza delle sollecitazioni meccaniche intermittenti che si producono normalmente durante il carico, le cartilagini vanno incontro ad una progressiva deformazione, sino a bloccarsi e non permettere alcun movimento. Anche le ossa, quando non sopportano il peso del corpo, diventano più fragili (osteoporosi). APPARATO CARDIOVASCOLARE: Una delle più temibili complicanze dell'allettamento è la trombosi venosa profonda; essa è una condizione caratterizzata dalla formazione di trombi, ovvero coaguli di 6 sangue adesi alla parete del vaso, che possono staccarsi, andare in circolo e ostruire una vena o arteria. Un’altra complicanza riguarda la reistribuzione del flusso sanguigno verso la periferia nel momento in cui si riprende la posizione eretta; questa può determinare un calo della pressione, capogiri e senso di debolezza al minimo sforzo. APPARATO RESPIRATORIO: La posizione distesa (supina) provoca una riduzione dell’espansione dei polmoni e un aumento del ristagno di secrezioni bronchiali. Queste due condizioni facilitano l’insorgere di bronchiti e polmoniti. APPARATO GASTROENTERICO: La posizione supina può rendere difficoltosa l’introduzione di cibo e la deglutizione, mentre la mancanza di attività fisica riduce il senso di fame e l’appetibilità del cibo, portando a riduzione dell’apporto di nutrienti. I tempi di transito gastrointestinale sono prolungati e si incorre alla stipsi, sino alla formazione di fecalomi (feci molto dure e 7 difficili da espellere). La stasi di materiale fecale e le modificazioni della flora batterica locale possono causare inoltre fenomeni fermentativi, con conseguente meteorismo e incontinenza fecale. APPARATO URINARIO: Una delle manifestazioni più frequenti della sindrome da immobilizzazione è l’incontinenza urinaria, in quanto la posizione supina rende più difficile il controllo dei muscoli della vescica. SISTEMA NERVOSO E PSICHE: L’immobilizzazione riduce la possibilità di relazione con il mondo esterno: gli stimoli sensoriali diminuiscono, i processi mentali subiscono un rallentamento e così anche la capacità di orientamento. Frequente è la comparsa di una sindrome depressiva, poiché peggiora la qualità delle relazioni interpersonali e il soggetto si percepisce dipendente, passivo, bisognoso di cure e assistenza. APPARATO TEGUMENTARIO: L'evento più temuto della sindrome da immobilizzazione è la comparsa di lesioni da decubito (piaghe o ulcere). 8 Il principale meccanismo patogenetico è la compressione esercitata sui tessuti molli da parte di una superficie rigida (prominenza ossea) e ciò è quanto accade per gli anziani costretti in posizione supina o seduta e che non siano mobilizzati per più di due ore. Le aree cutanee maggiormente interessate sono quelle che ricoprono il sacro, il grande trocantere, il calcagno, i malleoli, le scapole, il padiglione auricolare, etc. I fattori favorenti sono la frizione, l'umidità della cute, la disidratazione cutanea e la riduzione del tessuto sottocutaneo. Per tali motivi i fattori di rischio per lo sviluppo delle ulcere da decubito, oltre all'immobilizzazione, comprendono l'incontinenza uro-fecale, la malnutrizione, la disidratazione, l'anemia, i disturbi cognitivi e la riduzione della sensibilità periferica. 9 COME SI PREVIENE LA SINDROME DA IMMOBILIZZAZIONE? Ai fini della prevenzione e del recupero della sindrome da immobilizzazione non sono necessari provvedimenti speciali, ma semplici regole di comportamento e di assistenza. Occorre evitare il prolungato riposo a letto, incoraggiando invece la precoce mobilizzazione, appena le condizioni lo consentano. Sollecitare dapprima alla postura seduta (allo scopo di ridurre i disturbi dell’equilibrio) e, successivamente, al movimento ed alla ripresa delle consuete attività. IMPORTANTE È STIMOLARE L’AMMALATO A MUOVERSI, ANCHE SE NON PUÒ SCENDERE DAL 10 LETTO; INCORAGGIARLO A SVOLGERE PICCOLI MOVIMENTI COME PETTINARSI O MANGIARE AIUTA INOLTRE A MANTENERE L’AUTOSTIMA E L’AUTONOMIA NELLE SEMPLICI ATTIVITÀ QUOTIDIANE. Per una prevenzione efficace della sindrome ipocinetica è determinante LA MOTIVAZIONE non solo dell’ammalato, ma anche di chi lo circonda, senza la quale nessun successo potrà essere garantito. Per prevenire l’incontinenza urinaria è importante accompagnare spesso il malato ai servizi, anche se non avverte lo stimolo. Se il malato non può scendere dal letto, può essere utile stimolarlo e aiutarlo ad utilizzare il pappagallo o la padella. La stipsi può essere prevenuta assumendo una dieta varia e ricca di frutta, verdure e latticini (ad es. yoghurt). Molto importante è stimolare a bere almeno un litro e mezzo di acqua o altri liquidi al giorno e aiutare a muoversi almeno un po’ (anche piccoli spostamenti nel letto). SE LA PERSONA È DIABETICA O SOFFRE DI IPERTENSIONE, INSUFFICIENZA RENALE O MALATTIE CARDIACHE, È FONDAMENTALE CHE LA DIETA E LA 11 QUANTITÀ DI LIQUIDI DA ASSUMERE NELL’ARCO DELLA GIORNATA SIANO CONCORDATE CON IL MEDICO. Per prevenire la comparsa di lesioni da decubito occorre osservare quotidianamente il malato ponendo particolare attenzione a: Alimentazione e idratazione: controllare che il malato assuma almeno metà del cibo offerto ai pasti ed eventuali spuntini. Stimolarlo a bere. quotidiana un apporto proteico da introdurre giornalmente che si aggira intorno a 1-1,5 mg/kg/prodie, un adeguato apporto calorico e vitaminico, con almeno 1 gr di vitamina C nelle 24 ore, di sali minerali e un controllo del bilancio idrico (AHRQ, 2006); 7. utilizzo di scale di valutazione a supporto del giudizio clinico, per individuare la presenza di elementi di vulnerabilità del paziente e per avere a disposizione dati chiari e confrontabili per la trasmissione delle informazioni. Le scale di valutazione del rischio più frequentemente utilizzate sono: il Norton Pressure Ulcer Prediction Score, (Norton Scale) la Braden Scale for Predicting Pressure Sore Risk, specificatamente in soggetti anziani fisicamente e cognitivamente compromessi o la Waterloo Score (WUWHS, 2016); 8. per quanto riguarda la valutazione dello stato nutrizionale per identificare i soggetti a rischio di malnutrizione, la European Society for Clinical Nutrition and Metabolism (ESPEN) raccomanda il Mini Nutrition Assessment (MNA) per l’età geriatrica (Santullo, 2009). Lesioni da pressione, i capisaldi della prevenzione  cura e protezione della cute;  idonea alimentazione e idratazione;  riposizionamento effettuato ad intervalli regolari;  applicazione di una superficie antidecubito. La frequenza del riposizionamento sarà determinata da (NPUAP/EPUAP 2009):  tolleranza tessutale dell’individuo  livello di attività e mobilità  condizioni mediche generali  obiettivi generali di trattamento  valutazione delle condizioni della cute Allo scopo di prevenire le LdP non utilizzare mai:  ciambella circolare  sacchetti riempiti di liquido  velli sintetici Evitare massaggi in corrispondenza delle prominenze ossee e non frizionare energicamente la cute. Prevenzione lesioni da pressione, le raccomandazioni  La cute dovrebbe essere pulita ed asciugata ad intervalli regolari e quando si sporca, con acqua tiepida e detergenti a pH bilanciato. Non frizionare energicamente la cute;  mantenere un’adeguata idratazione della cute con prodotti emollienti;  uso di barriere protettive della cute (come pellicole liquide o trasparenti, idrocolloidi extrasottili, medicazioni multistrato) o cuscini protettivi per ridurre lesioni da frizione;  ridurre al minimo l’esposizione della cute all’umidità causata da incontinenza, sudorazione o secrezione delle ferite;  mantenimento di un adeguato stato nutrizionale ed un corretto bilanciamento dei principi nutritivi;  cambio di postura programmata e utilizzo di presidi antidecubito per la ridistribuzione della pressione, con un microclima adeguato e/o funzioni terapeutiche (sistemi integrati, materassi, sovamaterassi, cuscini da seduta, ausili minori) (Bellingieri A., 2013). Per evitare che le superfici risultino inefficaci dal punto di vista preventivo e/o terapeutico, è necessario:  posizionare il minor strato possibile di lenzuola nelle zone di contatto del paziente;  evitare l’uso di traverse assorbenti e pannolini, in modo da consentire l’affondamento massimo del paziente sulla superficie e favorire la distribuzione del carico e ridurre la pressione di contatto;  evitare la manovra di rimboccare le lenzuola sotto il materasso affinché non si realizzi quello che viene definito “effetto amaca”, che annulla l’azione di ridistribuzione del corpo da parte della superficie di supporto, determinando una concentrazione della pressione sulle prominenze ossee (Linee Guida Friuli Venezia Giulia, 2013). Le medicazioni valgono come prevenzione delle lesioni? L’utilizzo di una medicazione su sedi anatomiche a rischio di danni da pressione può essere presa in considerazione, laddove il paziente sia stato valutato a rischio di sviluppare una UdP, in combinazione con i protocolli standard di prevenzione (WUWHS 2016). Una revisione sistematica della letteratura (Moore Z, Webster J, 2013) ha evidenziato che l’applicazione di medicazioni sulla cute in prossimità di una sporgenza ossea ha determinato una riduzione significativa dell’incidenza delle LdP (p<0,001) rispetto all’assenza di medicazioni (WUWHS, 2016). Lo scopo riguardo l’utilizzo delle medicazioni è quello di comprendere il modo in cui i materiali e la struttura di cui sono composte possano influire sui fattori estrinseci:  ridurre le forze di attrito mediante una superficie esterna costituita da un materiale ad attrito ridotto;  ridurre le forze di taglio trasmesse ai tessuti con una medicazione composta da vari strati che possono muoversi l’uno rispetto all’altro;  equilibrare il microclima cutaneo attraverso una medicazione che mantenga un ambiente umido, tra il 40 e l’80% sulla superficie cutanea per contribuire all’elasticità della pelle;  fornire alla cute una barriera protettiva, non permettendo la penetrazione dell’umidità esterna (es. docce o incontinenza). Criteri Wuwhs per la scelta delle medicazioni (2016)  Presenta un elevato spessore e contiene un’imbottitura che permetta una certa ammortizzazione in corrispondenza delle prominenze ossee  Ha la capacità di assorbire e ridistribuire le forze di taglio attraverso una buona adesione alla cute, uno spessore elevato e movimenti laterali degli strati della medicazione  Possiede una superficie esterna con basso coefficiente di attrito per ridurre l’azione delle forze di taglio  Possiede un elevato tasso di trasmissione del vapore acqueo (MVTR) per consentire il rilascio dell’umidità dal lato esterno della medicazione  È impermeabile ai liquidi (es. urina)  Comoda, adattabile, flessibile per conformarsi alle diverse sedi anatomiche.  È sufficientemente ampia da ricoprire l’area a rischio più un margine di cute che non sia a rischio  Può essere utilizzata per diversi giorni e consentire la rimozione e riapplicazione, per permettere l’ispezione della cute.  Facile da rimuovere (non causa traumi alla cute circostante o al letto della ferita.  Efficace in terminidi costo  Non interferisce con il funzionamento dei dispositivi medici.  È accettabile per il paziente e per i suoi caregivers Le medicazioni utilizzate per la prevenzione delle LdP rappresentano presidi aggiuntivi in associazione ai protocolli standard di prevenzione, che hanno come principi cardine l’insieme di misure denominate SSKIN:  superficie di supporto in grado di ridistribuire la pressione  ispezione regolare della cute  cambio regolare di postura (riposizionamento)  gestione dell’incontinenza /dell’umidità  controllo della nutrizione. Si auspica nel futuro un maggiore impegno delle organizzazioni nell’implementazione di strategie di ricerca e di raccolta dati per la prevenzione dell’incidenza delle lesioni cutanee, per fornire un’assistenza orientata a migliorare la qualità e ad una allocazione delle risorse rivolta più alla prevenzione che alla gestione delle complicanze. Le LdP possono insorgere sia quando le aree corporee entrano in contatto con superfici di appoggio che esercitano alti livelli di pressione di breve durata, sia con bassi livelli di pressione di lunga durata. La capacità della pressione di sviluppare LdP si correla e deriva principalmente dai fattori di rischio intrinseci ed estrinseci precedentemente descritti. Una revisione della letteratura indica che le LdP si sviluppano tra la prima ora e le 4-6 ore successive ad un carico continuato. 1. Attrito o frizione: forza esercitata da due superfici che si muovono l’una contro l’altra, quando tra loro esiste un contatto che genera calore, per sfregamento delle due parti. Il fenomeno si manifesta al momento del cambio di postura, (la movimentazione del paziente deve avvenire per rotazione o sollevamento, mai per trascinamento) o quando la forza di gravità causa lo scivolamento del paziente ai piedi del letto. 2. Forze di stiramento: si presentano maggiormente nella posizione semi-seduta o di Fowler nella sua variante alta, determinando lo scivolamento del corpo in avanti e in basso fino a raggiungere la posizione supina. In questo caso, quando il paziente si muove, l’attrito tra la cute e la superficie di supporto tende a trattenere la cute in posizione, generando forze di taglio che spostano e deformano i tessuti più profondi, causando lo strozzamento dei vasi, ischemia tessutale fino alla necrosi. 3. Umidità: le condizioni (incontinenza, drenaggio di fistola, sudorazione, iperpiressia ecc.) che causano un incremento della temperatura e/o elevati livelli di umidità in corrispondenza dell’interfaccia tra cute e superficie di supporto. La sudorazione conseguente all’aumento della temperatura può causare la macerazione della cute, così come l’eccessiva umidità causata da incontinenza urinaria o fecale, determina un danno diretto alla cute per effetto sia di agenti chimici o tossici, sia per la modificazione del pH cutaneo, conseguente alla trasformazione dell’urea in ammoniaca. È però importante sottolineare la necessità di una diagnosi differenziale tra lesioni da pressione e dermatiti associate all’incontinenza (IAD – incontinence associated dermatitis), visto che può succedere di non riconoscere le IAD: queste si sviluppano quando la superficie cutanea viene esposta ai liquidi biologici nella zona perianale e inguinale per tempi prolungati. Cuscini e materassi:  mantengono il calore  riscaldano la cute aumentandone il metabolismo  esacerbano gli effetti dell’ischemia. La comprensione di tali meccanismi ci permette di spiegare le possibili differenze nello sviluppo delle LdP, distinguendole in superficiali e profonde (WUWHS, 2016):  le LdP superficiali sono generate da fattori che alterano le caratteristiche fisiche della cute, che agiscono unitamente all’azione di forze di taglio e di pressione, provocando la progressione del danno in profondità, quindi dall’esterno verso l’interno, dall’alto verso il basso;  le LdP profonde sono imputabili alla pressione e alle forze di taglio che causano compressione dei tessuti profondi in prossimità di una sporgenza ossea. In tal caso la lesione origina dal basso per poi estendersi verso l’alto. Le complicanze che possono derivare dalle lesioni da pressione Il paziente con LdP può andare incontro più frequentemente alle seguenti complicanze (Calosso A.2004):  disidratazione , anemia, squilibri idroelettrolitici e deplezione proteica;  sepsi ed osteomielite (inerenti al III e IV stadio e nelle ulcere chiuse) che rappresenta il 38% di causa di mortalità nelle persone anziane e nei portatori di lesioni multiple;  infezioni: nel 30% dei casi si tratta di batteriemia polimicrobica rappresentata da germi Gram-negativi, come il Proteus mirabilis, l’Escherichia coli, lo Pseudomonas aeruginosa e la Klebsiella e da germi anaerobi come il Bacteroides fragilis. Lesioni da pressione, chi sono i pazienti a rischio?  Anziani ultrasettantenni  Mielolesi per la riduzione della sensibilità  Miastenici per la riduzione della forza di contrazione muscolare  Sclerosi multipla per la presenza di spasticità e parestesie  Pazienti oncologici  In stato di coma per immobilità assoluta  Neurolesi o politraumatizzati  Diabetici a causa della neuropatia  Portatori di apparecchi gessati Le sedi a rischio di sviluppare lesioni da pressione Le lesioni da pressione si possono sviluppare potenzialmente in tutti i punti di contatto del corpo con il piano di appoggio: l’immobilità costituisce un fattore maggiormente predisponente l’insorgenza. Negli adulti i siti più comuni sono il sacro e il tallone; nei bambini e neonati l’area maggiormente esposta è rappresentata dalla cute che ricopre l’osso occipitale. Altre sedi predisposte al rischio di insorgenza di LdP sono:  ischio;  caviglia;  gomito;  anca. Una menzione a parte meritano i dispositivi medici (sondini naso-gastrici, tubi per tracheostomia, stecche per immobilizzazione, ecc.), che possono causare lesioni da pressione sui tessuti molli, irritazione o danneggiamento della cute.
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