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Obiettivo Platone: a lezione da Hans Jonas _ Emidio Spinelli RIASSUNTO, Dispense di Storia della filosofia antica

Riassunto dettagliato del libro "Obiettivo Platone: a lezione da Hans Jonas" di Emidio Spinelli

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 10/08/2021

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Scarica Obiettivo Platone: a lezione da Hans Jonas _ Emidio Spinelli RIASSUNTO e più Dispense in PDF di Storia della filosofia antica solo su Docsity! Capitolo Primo ALCUNE CONSIDERAZIONI PRELIMINARI: METODO, ORIZZONTE, OGGETTO 1. Storia della filosofia e pensiero filosofico Il primo snodo cruciale per comprendere il pensiero di Jonas è proprio l'atteggiamento Jonasiano di fronte alla modalità di lettura e riproposizione del passato. Per “passato” Jonas intende “il passato culturale della stirpe, custodito nella memoria storica” che dobbiamo esercitare se vogliamo comprendere la nostra condizione presente e soprattutto l'attualità delle questioni filosofiche. Hans Jonas dice ai suoi studenti che vuole introdurli alla conoscenza della filosofia attraverso una selezione di autori e in una successione temporale, quindi l'approccio storico è importante per lui, senza appiattirsi però sulle soluzioni di volta in volta proposte da elementi del passato, ma anzi cercando strade nuove e originali. Inoltre Jonas dice che, a differenza delle altre scienze, in filosofia non abbiamo un insieme di conoscenze definitive alle quali possiamo fare riferimento, senza perlomeno ricostruire il processo che ha portato ad esse; infatti in filosofia è necessario sempre ricominciare da capo, facendo riferimento alla vicenda storica precedente, ovvero al fatto che le stesse domande sono state già proposte e già qualcuno ha fatto delle ipotesi per rispondervi (come ci riporta Fossa). L'approccio alla filosofia si fonda sulla storia, cioè, la dimensione in cui l'uomo stesso è colui che domanda, è incluso nel problema e fa parte della domanda stessa. Per questo l’uomo, altro non è che il risultato delle sue azioni passate. Comunque Hans Jonas non è uno storico della filosofia in senso stretto perché il suo approccio al passato e caratterizzato piuttosto da un'impronta teoretica o comunque il suo sguardo è sempre rivolto alla volontà di esaminare il problema in sè. Jonas non ha intenzione di presentare una storia della filosofia, quanto piuttosto quella di tracciare un'introduzione al pensiero filosofico stesso guidata da alcuni esempi storici. 2. Per una delimitazione di campo Ripercorrendo la filosofia del passato, Hans Jonas entra in contatto anche con Platone. Analizzeremo le Memorie, un’opera di Hans Jonas che può essere considerata come il suo libro più intimo, in quanto si tratta di un’opera con diverse informazioni autobiografiche e anche con la descrizione del suo percorso filosofico. Le Memorie ci aiuteranno a raggiungere il nostro scopo, che è quello di conoscere l'atteggiamento filosofico con cui Jonas si poneva nei confronti della tradizione filosofica occidentale, e in particolare di Platone. Non tratteremo la ricostruzione fornita da Jonas del fenomeno gnostico, perché Jonas non ne parla nelle Memorie e soprattutto la sua lettura tende a escludere che le radici dello gnosticismo possano affondare nella filosofia di Platone. Sostiene invece che ci siano delle consonanze concettuali con il successivo sviluppo del platonismo, e come dice nella seconda parte di “Gnosi e tarda antichità”, in particolar modo con la filosofia di Plotino. Spinelli è d'accordo con Jonas nell’escludere Platone dallo gnosticismo, ma in disaccordo su Plotino, perché Plotino è completamente estraneo dall’acosmismo e si inserisce nel contesto della razionalismo greco, senza per questo escludere i tratti dottrinali che si potrebbero definire perfino “mistici”. Jonas quindi evoca e ricorre a Platone per avanzare nuove idee e nuove soluzioni. 3. Platone in primo piano Jonas, in un saggio sulla difficoltà di ricostruire il passato, dice che noi no saremmo gli uomini che siamo “senza Omero, Platone, la Bibbia, ecc.” e fa in particolare riferimento a Platone dicendo che è importante leggere Platone, compreso storicamente, e così tutti gli antichi, che non devono essere alterati dalla tradizione o aggiustati da noi; solo così possiamo approfondire il nostro essere e appropriarci di noi stessi. Poi, viene citato un passo di Rachel Salamander, della Prefazione alle Memorie, nel quale si dice che Jonas sceglie una via mediana tra l'ostilità nei confronti della tecnica e la cieca fiducia nella scienza. Il grande progetto di Jonas è formare un'etica per la civiltà tecnologica, però Jonas ammette di essere più vicino al pensiero di Platone che a quello di Kant, infatti, anche se in Kant il collegamento tra la critica della conoscenza e la filosofia morale è più alla nostra portata, Platone, nonostante sia più difficile da attualizzare, resta la grande istituzione della filosofia occidentale, perché con lui non si finisce mai. Comunque, | 3 pilastri Della formazione di Jonas sono: i Profeti, l'ebraismo moderno mediato da Buber, e Kant, non tanto per la “Critica della ragion pura” quanto per la “Fondazione della metafisica dei costumi”, in cui Jonas percepiva la morale kantiana come derivante dallo spirito biblico. Tuttavia, Jonas confrontandosi con Kant, non si appiattisce sul suo pensiero, e mantiene sempre la sua diversità. Jonas nelle suo opere dice che l'Eros è fondato ontologicamente da Platone, così come lui vorrebbe fondare l'etica, ma l’ontologia è cambiata, poiché la perfezione non è più la perpetuità ma il divenire (Nietzsche) a cui siamo condannati dopo aver soppresso l'essere trascendente. Adesso per Jonas bisogna cercare in questo divenire l’autentico; soltanto così la responsabilità diventa il principio morale dominante. L’eros platonico, orientato verso l'eternità e non verso la temporalità, non è responsabile per il suo oggetto. Jonas pone a confronto la propria etica con l'etica di Platone, e dice che la soluzione platonica è verticale, infatti l'eternità sovrasta la temporalità. Questa raffigurazione ci rimanda alla prima parte del Parmenide, in cui, in riferimento al rapporto tra idee e cose sensibili, Platone fa dire a Socrate che l'idea, intesa temporalmente e non spazialmente, si può estendere su tutti gli oggetti restando identica a se stessa e unica. L'etica di Jonas è quella della responsabilità per tutto ciò che è transitorio, per tutto ciò che cambia, muta, diviene, invece, Platone non vuole certo trasformare l'eternità in temporalità, ma vuole trasformare il tempo in eternità, per mezzo dell’Eros. Inoltre, benché la “verticalità platonica” rappresenti un bersaglio critico di Jonas, non manca un suo ripensamento alla luce del timore che la soppressione della trascendenza è stata l'errore più colossale della storia, in questo senso dunque non si può dire con estrema sicurezza se la via di Platone tornerà ad essere in futuro praticabile per gli uomini. Comunque, Jonas fa una citazione di Platone per testimoniare il fatto che Platone era anche lui incerto nel dire che le cose sensibili si fanno simili alle cose divine, diventando eterne, infatti Platone dice “nella misura del possibile”. Jonas cita il Teeteto, dove Platone parla di una “fuga” delle cose, e questa fuga consiste proprio nel farsi simile a dio, cioè diventare giusto e pio con intelligenza. Nonostante Jonas sostenga che la filosofia di Platone rappresenti il pensiero più opportuno per rappresentare una condizione opposta alla nostra, Tuttavia c'è una somiglianza di fondo tra Platone e Jonas. Jonas rifiuta l'idea di fuggire dalla mortalità, infatti, l'essenza umana è caratterizzata proprio dall'alternarsi tra il nascere e morire, poiché il cominciare-sempre-di nuovo è reso possibile solo dal finire-sempre-di nuovo, ed è questo ciò che assicura una speranza all'umanità, la speranza di non affondare mai nella noia, e di conservare la spontaneità della vita. In “Il concetto di Dio dopo Auschwitz” è contenuto il pensiero di Jonas circa Dio; quest'opera va letta non solo sul piano della riflessione filosofica ma anche sullo sfondo della Shoah, evento tragico che coinvolse gli ebrei, e in particolare Jonas (la madre morì a Aushwitz). Jonas intende occuparsi di teologia, ma non pretende di dire una parola definitiva sul mistero di Dio, infatti, proprio alla fine di questa opera, egli afferma che gli uomini di preghiera non hanno saputo dire altro che un “balbettio” di fronte a Dio. Jonas ritiene che la difficoltà di parlare di Dio sia dettata dalla modalità che si vuole adottare per farlo, infatti, egli non scrive un trattato, con dimostrazioni, ma un mito, e si affida alla tradizione greca platonica, in particolare alla figura del Demiurgo del Timeo, e alla tradizione mistica ebraica. Il ricorso all'apparato mitico non è affatto una rinuncia alla ragione o un cedimento all’irrazionalismo. Piuttosto, proprio come in Platone (che si conferma punto di riferimento per Jonas), è la scelta consapevole di un altro registro comunicativo per trasmettere con la massima lucidità un pensiero su Dio. Jonas non vuole offrire una conoscenza, ma vuole fare un'ipotesi teologica, vuole arrivare al postulato dell’esistenza divina, come condizione della possibilità dell’esistenza finita. Come fa Kant, Jonas afferma che non si può dimostrare l’esistenza di Dio, ma si può postulare. Il Dio di Jonas è diverso dal Demiurgo platonico, infatti Jonas parla di un Dio creatore che ha voluto il mondo in quanto qualcosa di buono, mentre Platone parla di un Essere ordinatore (artigiano), dalle intenzioni comunque buone, ma non creatore. Il Dio di Jonas non è onnipotente, ma comunque è un Dio unico, quindi Jonas rifiuta sia una forma di dualismo, sia l'idea del Demiurgo platonico che è mediatore, che consente che le cose sensibili siano copia delle idee: teoria inaccettabile per Jonas, in quanto la filosofia di Platone è in grado di spiegare perché esiste l’imperfezione nel mondo, ma non spiega perché le persone compiono il male positivo, che implica una libertà autonoma. Quindi Jonas rilegge in modo originale Platone e in particolare il Timeo, uno dei dialoghi che più spesso cita, chiamato in causa esplicitamente per la veste mitologica della sua speculazione metafisico-teologica. 5. “Un orizzonte della trascendenza nell’immanenza” Platone è un punto di avvio per la riflessione filosofica di J., Però Jonas si spinge oltre. Jonas approfondisce il modo in cui Dio si allontana dal mondo, infatti egli dice che, dopo che Dio si è ritirato dal mondo, iniziarono a svilupparsi i vari elementi del cosmo (gli astri, il mondo inorganico, le piante, gli animali), che costituiscono la base della sua biologia filosofica. Dio si ritira e lascia il mondo al proprio destino, mentre gli uomini sopraggiungono, e con loro sopraggiungono il sapere e la libertà, ma anche la responsabilità di scegliere tra bene e male. Infatti j. Dice che Dio trema: anzi addirittura, dice Jonas, Dio è letteralmente con il fiato sospeso di fronte all’agire dell’uomo che è libero e dunque perennemente aperto alla possibilità di compiere il bene quanto il male: l’arrivo dell'uomo è “rischioso” per la divinità. Jonas non si richiama soltanto a Platone, ma anche a un elemento della tradizione ebraica, un principio di contrazione, ripiegamento, autolimitazione: per creare spazio nel mondo, l'infinito dovette ritirarsi in sé stesso per lasciar sorgere al di fuori di sé il vuoto, il nulla, nel quale poter creare il mondo. Dio si è ritirato dal mondo e l'apice della sua creazione è l’uomo, che rappresenta anche l'apice della libertà, ma ha anche la responsabilità, che nasce proprio dalla libertà di dover scegliere tra bene e male. L'uomo nelle sue mani non ha solo il proprio destino individuale, ma anche il destino di tutta la creazione e anche dello stesso Dio, che soffre e trema e accompagna con fiato sospeso l'avventura della vita. La vita è un fine, quindi la vita è alternanza di piacere e sofferenza, non appiattirsi su ciò che è stato già dato, è insistere con cura e sforzo, e quindi vita è anche emozione, infatti la caratteristica dell'essere umano è di essere passionale. Jonas aggiunge che la mortalità è ciò che ci caratterizza, tuttavia per noi è possibile una immortalità se ci prendiamo cura della nostra vita e aiutiamo Dio. L'interesse teleologico e metafisico Jonasiano è un elemento di continuità della sua filosofia, come si può vedere anche da “Passato e verità. Una tarda aggiunta alle cosiddette prove dell’esistenza di Dio”, in cui Jonas scrive che tutte le prove che sono state fatte per dimostrare l’esistenza di Dio non sono valide. Il neopositivismo affermava che la metafisica non aveva alcun senso, quindi tutte le questioni metafisiche che si poneva Jonas non avrebbero avuto alcun senso. Alcuni, a proposito delle riflessioni jonasiane, hanno parlato di teodicea, ma al massimo si potrebbe parlare di antropodicea, perché al centro c'è l'uomo, infatti la riflessione di Jonas si basa su una convinzione, in cui si riconosce uno sfondo ebraico e biblico, secondo la quale il creato non è una massa disordinata, ma al suo interno c'è una scala naturae, e al suo apice c'è l'uomo. In “il principio di Responsabilità”, J. dice che il destino morale dell'uomo cambia nella nuova civiltà tecnologica, perché ci sono sempre più possibilità di rischi e minacce per lui e per il mondo. Jonas nel momento in cui vuole definire una nuova immagine dell’uomo non può non imbattersi nel problema della soggettività. La soggettività è contrapposta all'estensione, tuttavia, nei viventi, coesistono coscienza e estensione, e l'enigma risiede proprio nel fatto che coscienza e estensione all'interno della materia, sono inseparabili. Secondo Jonas 2 sono stati modi di superare questo enigma: 1) la risposta dualistica offerta dalla tradizione occidentale che contrappone il corpo/anima, mondo/sé, sensi/spirito (Platone e Cartesio); 2) “opzione unilateralmente materialistica”, quella della scienza moderna. Jonas vuole percorrere una terza via, con una soluzione monistica dell’enigma, che lasci spazio alla soggettività dentro la materia stessa: la nuova metafisica di Jonas vede nell'organismo il luogo dove si esercita la libertà che è costantemente connessa con la materialità. Per Jonas infatti, gli Idealisti e materialisti non si erano resi conto che la soggettività è parte integrante dell’oggettività, che l’uomo è parte integrante della cosmologia, quindi l'antropologia filosofica deve costituire qualsiasi ontologia che pretenda di porsi come dottrina della natura reale. Così Jonas supera Platone, il quale ha definito trascendenti le facoltà dello spirito, che erano assimilate a qualcosa di divino, e aveva detto che è conoscibile solo ciò che è simile all'anima, l'anima, inoltre, era intesa come altro rispetto al corpo: l’anima è sempre identica a se stessa, mentre il corpo cambia, come un indossatore cambierebbe l'abito. L'anima per Platone è l’unica in grado di toccare le forme immutabili: aspetto che Jonas non può accettare perché implica un dualismo, che lui rifiuta. Tuttavia il pensiero di Platone è interessante perché apre la trascendenza nell'immanenza, oltre a trasmettere un messaggio antropocentrico: l’uomo grazie all'anima può salire verso la trascendenza. Jonas si richiama alla tradizione, dal momento che già Kant aveva detto che non si può conoscere Dio né la totalità dell'essere, ma queste due cose possono almeno essere pensate: per questo lui si inserisce in quella tradizione che ha voluto avanzare la “domanda speculativa sulla totalità” e per lo stesso motivo Jonas dice che dovremmo dire un grande grazie a Platone, Spinoza, Hegel ecc., che avevano cercato di rispondere sempre a questioni metafisiche. Così Jonas ribadisce la sua scelta metodologica, che è quella di passare attraverso la scuola di altri filosofi per farci istruire dalle loro vittorie e dei loro fallimenti. Jonas non cita mai gli altri filosofi, ma vi allude soltanto, anche con Platone, il quale diventa parte integrante del modo in cui Jonas sceglie di raccontare il passato. Capitolo Terzo INTRODUZIONE A PLATONE 1. Annus mirabilis: le tre unità Si fa riferimento alle 3 unità aristoteliche per la conduzione narrativa: luogo, tempo e azione. Luogo: la New School for Social Research, dove Jonas lavorò dal 1955 al 1976. Gli studenti di New York erano più preparati, quindi Jonas doveva alzare il livello delle sue lezioni, renderle il più possibile stimolanti, e caricarle di un tono espositivo il più possibile accurato. Tempo: annus mirabilis o annus Platonicus, il 1963, quando Jonas tenne 2 corsi su Platone. Azione: il primo corso era una sorta di corso base di Istituzioni di storia della filosofia antica, volto a presentare i grandi classici del pensiero occidentale, (tra cui Platone e Aristotele). Il secondo corso, invece, era lontano dalla precisione filologico-storiografica, infatti, in esso Jonas presentò liberamente, in modo selettivo, alcune figure e alcuni momenti della filosofia occidentale. 2. Il “corso di filosofia antica” Le Lectures raccolte in “Term Notes For Philosophy no” sono un testo inedito. Questo corso è importante perché esso consente di analizzare il modo in cui Jonas reinterpreta Platone e alcune delle caratteristiche più importanti del pensiero platonico. Le lezioni, tuttavia, si fermano ad Aristotele, e non arrivano alle cosiddette Later Schools (le scuole successive, come quella ellenistica). 3. Prima di Platone Lecture 1 Nella prima lezione, Jonas consiglia degli scritti platonici ai suoi allievi, in particolare Gorgia, Simposio, Repubblica, Teeteto. Affronta la ricapitolazione della svolta filosofica che ha caratterizzato il V secolo a. C., che ai suoi occhi appare segnata da sempre un maggiore interesse verso “gli affari umani” e dunque verso le questioni cruciali che potrebbero essere condensate nella domanda “che cos'è la vita buona?”. Jonas parla dei pluralisti, degli atomisti, dei sofisti, in particolare di Gorgia e Protagora. Lecture 2 Jonas si occupa di vicende storiche: le guerre persiane, l'ascesa di Pericle, la guerra del Peloponneso. Jonas parla di Socrate e della questione socratica, dicendo che “forse, Platone fu l’unico che davvero capì Socrate”, e, in base al Fedone (95e-100 a) definisce Socrate come sempre alla ricerca della conoscenza attraverso un metodo di indagine del sé. Lecture 3 Ma è possibile uscire dalla caverna? Platone sostiene che solo alcuni uomini possano farlo, anche se con difficoltà ecco perché Jonas parla di “Socratic shock”, termine che indica un’incalzante interrogazione che slega e determina una crisi, non genera tranquillità, ma perplessità. Gli uomini che escono dalla caverna si trovano di fronte a un sentiero incerto, vogliono tornare indietro, nella caverna, che sembra loro più familiare. Gli uomini, a contatto con la realtà, sono increduli. Gli uomini destinati a diventare filosofi, però, non provano questa crisi, essi percorrono il cammino epistemologico verso la metafisica vista del sole, e tendono verso il raggiungimento dell'idea del bene. L'entrata in scena dell'idea del bene e celebrata da Jonah s’in tutta la sua eccezionale funzione ontologica, etica e politica, che ai suoi occhi si rivela decisiva per comprendere l’intero programma proposto da Platone. La luce del sole infatti ha una doppia funzione: gnoseologica e ontologica, esso fornisce intellegibilità ed esistenza alle cose, esso consente a noi di vedere le cose e consente alle cose di avere la forza per crescere. L'esistenza di un idea superiore a qualsiasi cosa presuppone una struttura gerarchica del reale, che consiste nell’articolazione di quell’unico principio. L'idea del Bene è l’idea dalla quale dipendono tutte le altre idee. Jonas, poi, non manca di sottolineare l'intento pedagogico, etico e politico che Platone inserisce in questo mito: i filosofi, una volta che hanno compiuto l'ascesa verso il bene, hanno la responsabilità di ritornare nella caverna per raccontare le vicende del mondo. 2. Senso, confini ed elementi della paidei Platone Lecture 9 Jonas sposta l’attenzione sulla parte del libro VII della Repubblica caratterizzata da un intento pedagogico, legato al piano di studi da imporre ai futuri reggitori filosofi. Jonas non trascura di presentare l'importanza che Platone attribuisce alla giustizia rispetto all'anima individuale, necessaria per avere giustizia nello stato. Jonas si occupa di alcuni temi paideutici, come il curriculum dei filosofi-re, quali sono le forme corrette di giudizio e di valutazione che essi devono avere, quali sono i costumi solidi e ben fondati, che portano a azioni virtuose, il rifiuto delle opinioni fondate su credenze mitiche. Tutto ciò è funzionale al progetto della kallipolis platonica, la quale ha come scopo quello di evitare che il filosofo diventi un martire, come era accaduto già a Socrate. Gli obiettivi di questa società sono: amministrare tutto il corpo dei cittadini secondo giustizia e realizzare il fine più alto dell'umanità, cioè la realizzazione della felicità. Per far sì che questi scopi vengano raggiunti è necessaria la Giustizia. Per Platone è fondata sull’armonia e l'equilibrio olistico di tutte le parti dell'anima individuale e della kallipolis, in cui ci deve essere la giusta distribuzione dei beni, la società non deve essere livellata, ma deve esserci una distinzione e gradazione al suo interno. Jonas parla di 3 parti dell'anima (ragione, emozione e appetito), 3 facoltà e non pezzi, la cui connessione serve a garantire la felicità dell'individuo. Lecture 10 Pochi appunti su temi importanti come l'esempio della linea divisa, il paragone tra il sole e l'idea del bene, che deve essere inteso come primo principio in senso forte. Lecture 11 L'idea del bene è principio della conoscenza e dunque della verità. Jonas enfatizza l’assolutezza, la pura intellegibilità del bene, che non è un essere, ma è al di là dell'essere, infatti, il bene è principio dell'essere, quindi, non può essere un essere. Allo stesso modo, il bene è al di là della verità. Affermazione molto importante di J.: “c'è un'intuizione del bene stesso, che in un senso è conoscenza e in un altro non lo è”. Benché una simile asserzione sembri aprire la strada una lettura almeno parzialmente intuizionistica della filosofia platonica, ciò che Jonas aggiunge subito dopo può forse servire a mitigare questa impressione. Tendere verso l’idea del bene, aggiunge /., è una forma di amore, amore per l'essere vero, che quindi è come il bello. Ciò implica che vi sia un’affinità tra soggetto e oggetto, che siano simili in qualche modo, perché solo il simile conosce il simile. ). raccomanda la lettura del Simposio (mito di Eros). 8. Dimensione politica e prospettiva cosmologica Lecture 12 Jonas fa la distinzione tra opinione e opinione vera. La sua esposizione ora si rivolge al piano etico e politico del progetto filosofico di Platone, con un riferimento a Socrate, poiché già Socrate, prima di Platone, sul piano morale, aveva affermato l'esigenza di dover andare oltre il mero scambio di opinioni. Jonas afferma che le soluzioni politiche avanzate da Platone sono indistinguibili dall’eredità socratica, infatti, la morte di Socrate ebbe un peso notevole sulla vita filosofica di Platone. Platone voleva creare un progetto politico capace di evitare che i seguaci di Socrate andassero incontro ad una morte ingiusta. Jonas osserva che Socrate era lontano dalla politica militante, mentre Platone crea un vero e proprio manifesto politico, che J. definisce come uno “stato ideale”, fondato sull'educazione dei cittadini, e considerato da Platone l’unico rimedio alla crisi d'Atene. Il progetto politico di Platone, secondo J., non ha nulla a che vedere con la democrazia, ma intende instaurare una prospettiva comunitaria. Le differenze non vengono democraticamente annullate, anzi esaltate, ognuno riconosce le proprie condizioni e il suo ruolo, in modo tale da garantire una condizione stabile e condivisa. Infine, J. cita il Timeo, concentrando la sua attenzione su alcuni temi importanti, come la figura del Demiurgo e la sua opera, l’anima intesa come principio di movimento perché principio di vita ed il tempo come immagine mobile dell’eternità. Capitolo Quarto PLATONE SISTEMATICO 1. Uno sguardo teoretico Anche in questo caso usiamo le 3 unità aristoteliche. Luogo: New School for Social Research. Tempo: 1963. Azione: Platone. Major Systems of Philosophy è un corso di Jonas incentrato sulla categoria di sistema, sistema che racchiude posizioni lontane nel tempo e discordanti tra loro. Jonas non sente l'esigenza di rispettare un ordine cronologico nella presentazione dei filosofi; il corso segue una linea che si fonda su arditi confronti e accostamenti che puntano a sottolineare affinità e dissonanze. Platone, così come gli altri filosofi è incluso in questo corso, e le scelte di continuità e di opposizione di Jonas non sono affatto convenzionali, ma sono rispondenti alla sua personale raffigurazione della filosofia occidentale, dalla filosofia antica a quella di Kant. Il corso di Jonas in questione è formato da 11 Lectures. 2. La nozione di “sistema” Lecture 1 Jonas dà ai suoi alunni la definizione di sistema filosofico e le caratteristiche che lo contraddistinguono. Si può parlare di sistema solo se abbiamo letteralmente “stare insieme”, cioè la combinazione di più elementi, quindi, il sistema è “un'unità di una pluralità”. Per avere un tale unità, è necessario che ci sia un contesto di coerenza olistica, derivante dalla selezione di alcuni elementi a scapito di altri, consapevolmente ignorati. Poi, Jonas prosegue dicendo che “implicitamente si ha un sistema in ogni occasione in cui si risponda in modo soddisfacente alla domanda ‘perché’”. Infine fissa anche un ulteriore punto: in un sistema le cose devono avere una determinazione e non devono essere messe lì a casaccio, anche nel senso di una determinazione causale che tiene uniti gli oggetti. 3. Il corso, lezione per lezione Il corso ha seguito le seguenti tappe: a. Dalla filosofia ionica a Parmenide, con una breve trattazione dei primi atomisti. b. Caratteristiche essenziali dell’originaria dottrina atomistica con cenni finali. c. Brevi considerazioni conclusive sulla atomismo e introduzione generale al pensiero di Cartesio. d. Analisi dettagliata degli elementi dualistici del sistema cartesiano e delle sue implicazioni storico filosofiche. e. Confronto fra sistemi cartesiano e atomistico; introduzione alla filosofia di Platone (posizioni espresse nel Menone e Fedone). f. Problematica relazione tra doxa e aletheia (opinione e conoscenza vera). g. Dopo un breve ritorno alle dottrina atomistica e circa l'argomento della sfera soggettiva, viene esaminata la dottrina platonica dell'anima così come emerge nella Repubblica e in particolare riguardo alla differenza tra dianoia e nous. h. Tema Mondo ideale e mondo sensibile e il loro difficile rapporto in Platone, con esame di alcune possibili soluzioni rispetto a tale dualismo di fondo. Confronto fra i diversi dualismi platonico e cartesiano, poi sviluppi e conseguenze del cartesianesimo in Berkeley, Locke Hume e in Kant (soprattutto in Kant). i. Lezione su Kant: analisi della distinzione a posteriori/a priori, e soprattutto della possibilità di formulare giudizi sintetici a priori nella Critica della ragion pura. j. Ancora su Kant con ulteriori precisazioni in merito al significato di “trascendentale”, alla funzione di spazio e tempo, alle categorie e alla loro funzione di sintesi dell'esperienza relativa al mondo fenomenico. 4. Le potenzialità del sistema platonico Lecture 6 Prima parte: atomisti antichi e il dualismo del pensiero filosofico di Descartes. Jonas nota che c'è una differenza tra la dimensione ontologica oggettiva della realtà e la dimensione epistemologica soggettiva della mente, cosa che l’atomismo non sosteneva. Gli atomi hanno caratteristiche quantitative (grandezza, forza, numero), mentre gli uomini percepiscono caratteristiche qualitative degli oggetti d'esperienza (come il colore), che nascono dalla combinazione di caratteristiche degli atomi. Jonas esamina la spiegazione della vista, che include il concetto di retina e quello dell'anima, psyche, la quale è considerata dagli atomisti come un aggregato di atomi di forma sferica. Per gli atomisti, l'oggetto percepito ed il soggetto percipiente sono entrambi aggregati di atomi, e la percezione è definita come l’azione che l'oggetto ha sul soggetto. Per Jonas è L'equiparazione fra soggetto e oggetto, cioè, il fatto che gli atomisti non tengano conto dell’eterogeneità del soggetto, costituisce la mancanza dell’atomismo. La percezione, invece, per Jonas, non si può ridurre ad aspetti quantitativi, che non rendono conto dell’esistenza di qualcosa d'altro, di eterogeneo, di superiore, la coscienza soggettiva, con il suo percepire, sentire (feeling), “l'evento atomico, tuttavia, non dà conto di questa dimensione del feeling”. Nel 1970, Jonas tenne una conferenza contro le spiegazioni rigidamente materialistiche e meccanicistiche e quindi anche riduzionistiche del reale. Jonas è contro il materialismo: questa teoria sostiene che tutto è materia. Le molecole non hanno preoccupazioni, sentimenti. Ciò che è vivo, invece, è interessato al proprio essere, che è minacciato dal non essere, la morte. Il rapporto vita-morte non interessa le molecole. Come spiegare la coscienza, la moralità? C'è un interesse, per esempio quello che ci spinge a studiare, e ci deve essere un soggetto in grado di nutrirlo. Fine lecture 3 Jonas si chiede: se gli atomi non sono percepibili, in quanto essi sono un prodotto puro della ragione, da dove prende la base la ragione, se essa è un riflesso del mondo esterno? La trascendenza di pensiero dell’atomismo, da cui esso porta avanti le proprie affermazioni, è inammissibile. Così cade l'autonomia del pensiero, la sua indipendenza dagli oggetti su cui si applica, il pensiero diventa prodotto derivato dalla realtà. L’atomismo non riserva alcuno spazio alla natura umana ed al pensiero. La conoscenza, per gli atomisti, è solo percettiva, e gli atomisti non riescono a dare ragione dell'intreccio esistente tra unità e molteplicità in tutte le cose: gli atomisti parlano di aggregati e di atomi, però, gli atomi non riescono a giustificare le caratteristiche di soggettività che gli aggregati presentano. 8. Le dinamiche dell'anima La polemica contro l’'atomismo è legata alla preferenza jonasiana per la filosofia di Platone. Jonas si serve del processo di anamnesi per arrivare all’ontologia platonica. definita come la relazione tra le forme e le cose. La filosofia di Platone è anti-materialistica: la mente umana, legata al mondo fisico tramite il corpo che la ospita, non si limita solo al mondo fisico, ma va al di là di esso, verso il mondo delle idee. L'anima non può esercitare il suo pensiero al di là dell'orizzonte corporeo, ma essa non può neanche cogliere le forme, le idee, nella dimensione terrena, materiale, limitata. Dottrina platonica dell'anima: l'anima è tripartita, due parti esistono se e solo se sono legate al corpo, non sono concepibili senza di esso, la terza parte, invece, non è necessariamente legata al corpo, e quindi è l’unica parte immoratale. La prima parte dell'anima è quella sensitiva: questa parte è strettamente connessa con il corpo, essa ha un'attività prettamente percettiva, che si esplica a livello appetitivo con le funzioni biologiche elementari, come il mangiare ed il bere. Questa parte è dominata dal pathos, quindi è passiva, sia per quanto riguarda i desideri sia per le passioni. La seconda parte è caratterizzata da thymos (temperamento), ed essa è collegata ai seguenti ambiti: ricerca di onori, indignazione di fronte all'ingiustizia, coraggio del soldato in battaglia. Alla seconda parte non sono collegati solo istinti morali. Jonas, seguendo l'esposizione che Platone fa nella Repubblica, fa corrispondere le “classi sociali” della kallipolis alle tre parti dell'anima. * Contadini, artigiani, mercanti: in basso, agiscono in base alla loro natura sensibile, essi sono preposti alle necessità produttive. ® Guerrieri: classe intermedia, devono ricevere la giusta educazione per controllare gli impulsi e i desideri, essi sono caratterizzati dal temperamento. * Laterza parte dell'anima è quella più nobile, l’unica sede adeguata per il processo di rammemorazione delle forme. Questa parte è il nous, ragione, o intelletto. Questa parte, secondo )., ha due caratteristiche: attività di ragionamento al fine di occuparsi degli affari pratici e regolare le passioni; tendere alla conoscenza pura o reminiscenza. Jonas fa riferimento alla Repubblica e parla della distinzione tra dianoia e nous. La dianoia è la ragione discorsiva, etimologicamente in grado di passare “dia”, cioè “attraverso” i concetti, è quindi l'organo della dialettica, del dialogo, cioè lo scambio di parole reciproco e continuo di due o più interlocutori. Il nous, invece, è innanzitutto il tratto specifico dell’uomo, esso, secondo /., è ciò “che afferra le verità più elevate”, e questa interpretazione jonasiana ha scatenato molti dibattiti, perché è un'interpretazione che potrebbe far pensare che il nous conosca le idee mediante un atto di intuizione immediata, dal momento che J. usa l’espressione “afferra”. 1. si occupa così della relazione tra Nous e Essere. Il nous ha come oggetti di conoscenza le forme, le quali sono immutabili, e non hanno nulla a che vedere con l'agire e la prassi. Tuttavia, l'anima interagisce con le cose, anche se le forme sono immutabili e separate dall’agire. Non possiamo neanche dire che l'intelletto sia immutabile, perché esso si muove anche nella sfera del tempo, infatti, la conoscenza della verità avviene in momenti diversi. Quindi, da dove l'intelletto trae la spinta per avviarsi sul cammino della conoscenza? 9. La spinta dell’eros L'eros è ciò che consente il passaggio dalla sfera sensibile a quella intellettuale, esso è la vera molla che spinge il nous per afferrare le idee. Jonas fa riferimento al Simposio, in cui Eros è figlio di Penia e Poros, situato quindi fra possesso e privazione. Tutte le anime incarnate sono accomunate dal desiderio di immortalità. Eros si rende disponibile a superare le condizioni della nostra mortalità e aprire il varco verso la perfezione (la conoscenza delle idee). Le creature non umane non hanno un intelletto, e l'unico modo in cui possono tentare di raggiungere l'immortalità è per loro stabilire una continuità della specie. Gli uomini, invece, tentano di raggiungere l'immortalità prima di tutto con la fama, che essi provano ad ottenere con le azioni politiche o con le produzioni artistiche. Jonas attribuisce all’eros socratico forza pedagogica. Inoltre, J., a differenza di molti studiosi, distingue Socrate da Platone, ritiene che sia possibile descrivere una fisionomia propria di Socrate. Come possiamo vedere dal secondo e dal terzo discorso di Diotima del Simposio, il punto di partenza dell’eros socratico è la bellezza dei corpi, ma tale eros non si ferma al soddisfacimento sessuale. L'eros si muove “dai corpi belli, attraverso le azioni e le anime belle, fino alla forma della bellezza in sé.” Si arriva al Bene grazie al contatto con un'anima incarnata, capace di svolgere bene la sua attività intellettuale. Per questo Jonas arriva a citare il Teeteto, attribuendo a Socrate il compito di guidare l'ascesa e dunque lo assimila a una “levatrice”. Il punto di arrivo dell’eros sono le forme, pensate nel loro ordinamento gerarchico, che ha l'apice nell’idea del Bene. Solo così il nous passa nell’eterno, abbandonando il divenire. C'è anche un movimento verso il basso, ed è il movimento delle idee. Il mondo del divenire è a metà strada tra essere e non essere, quindi conserva ancora qualcosa del mondo delle idee. Jonas di questo è convinto infatti afferma che “il mondo sensibile non ha consumato un divorzio da quello intellegibile”. Così alla fine della lecture 8 J. domanda “in che modo l'universo intellegibile si abbassa verso il regno del sensibile”. 10. Il passaggio verso il basso e l'ordine del cosmo Lecture 9 Prima di affrontare la questione accennata a conclusione della lezione precedente, Jonas affronta una sorta di riepilogo dei concetti già trattati. Ribadisce in primo luogo il carattere della ragione platonica, che seleziona i suoi oggetti ed ha una volontà. Il ponte fra mondo sensibile del divenire e mondo intellegibile del vero essere e l'anima, solo questa Secondo Jonas appartiene infatti a due mondi insieme, e non si limita mai alla mera interiorità, come accade in Cartesio, ma fa sentire la sua presenza anche nel mondo naturale, visto che allo stesso tempo dà vita alle cose e svolge le funzioni più elevate della conoscenza. Dopo queste precisazioni torna alla questione del passaggio verso il basso (fine lezione 8). Nel mondo sensibile ci sono tracce del mondo intellegibile, che mettono in moto l’anamnesis, che si da esclusivamente per il fatto che ciò che è soggetto a mutamento non è completamente diverso da ciò che non muta. 1. fa riferimento alla “gigantomachia” del Sofista. Materialismo: la realtà è sorretta dalla dynamis, tutto è cambiamento. idealismo: negazione del movimento per il vero Essere. Lo Straniero di Elea non prende posizione e offre una terza strada: dice che il vero essere deve essere dotato di intelligenza, vita, anima, quindi, non è possibile dire che le forme sono immobili e inattive. Il conoscere è possibile solo se la realtà non è dualisticamente divisa in 2 parti incomunicanti, ma nella realtà ci devono essere sia cose che mutano sia cose immutabili.
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