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Odissea nello spazio - Dalla gassa - Convegno 2018, Appunti di Storia E Critica Del Cinema

Appunti convengo dicembre 2018

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 12/02/2019

andrea-bernardi
andrea-bernardi 🇮🇹

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Scarica Odissea nello spazio - Dalla gassa - Convegno 2018 e più Appunti in PDF di Storia E Critica Del Cinema solo su Docsity! 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO CONVEGNO INTERVENTO FLAVIO GREGORI 2001: Odissea nello spazio nasce dalla collaborazione tra Stanley Kubrick e lo scrittore britannico Arthur C. Clarke. Il regista gli chiese di collaborare con lui a quello che sarebbe diventato "il film definitivo di fantascienza", e lui gli propose di usare un suo racconto, La sentinella, del 1948. Ma La sentinella assomiglia a 2001: Odissea nello spazio "come una ghianda assomiglia a una quercia adulta", come ammise lo scrittore stesso. I due lavorarono alla sceneggiatura a quattro mani, così come al libro . Alla base di questo complesso macrotesto narrativo , visivo e verbale vi è quindi la parola scritta. Si tratta di un film che interrompe la sequenza testo narrativo – esperienza cinematografica , proponendone però una speciale versione. Il critico Michel Chion disse che la visione di 2001 equivalesse alla lettura del romanzo “Guerra e pace” di Tolstoj , sia per la sua esaustività narrativa che per l’utilizzo di passaggi analogici da sezione a sezione. 2001 fu il primo dei film in cui Kubrick partì da se stesso e in cui abbandonerà l’idea di traduzione visiva della parola scritta. 2001 Odissea nello spazio è da considerarsi come un’opera universo , metafora di un’odissea al di fuori dei confini dei mezzi espressivi. LETTURA DELL’INTERVENTO SCRITTO DI CHION – “ I SETTE SILENZI DI 2001” In questo intervento Chion approfondisce la dimensione dell’aspetto uditivo di 2001 partendo da una contestualizzazione storica del 1968 . Il silenzio è una dimensione espressiva del tutto particolare e affascinante. L’ambito artistico più ovvio della sua esplicazione è quello musicale. Anche in ambito cinematografico è possibile però effettuare un’analisi del significato del silenzio, sia inteso come non- verbalità , sia come auto-privazione per ragioni espressive del canale comunicativo principale della forma artistica in questione. In Odissea nello spazio Chion ha individuato sette casi di manifestazione di questo silenzio: 1. SPAZIO VUOTO: rottura tecnica del suono del film stesso . Modalità che si riscontra a più riprese nel film Kubrickiano. 2. SILENZIO VISUALIZZATO: oggetti , personaggi che si muovono nello schermo senza emettere alcun suono . Questa inquietante poetica dell’effetto visualizzato è da rintracciarsi , ad esempio, negli spostamenti dei razzi . 3. CESSAZIONE: il silenzio è cessazione di un suono , un suono che cessa ma che continua a risuonare nel tempo , per noi e in noi. Un esempio lo abbiamo nell’osso che volteggia nel cielo , movimento rotatorio accompagnato da un rumore di vento in sottofondo. 4. MUTISMO: assenza di parole umane. Esempio della scena in cui due personaggi mentre guardando la tv e consumano il loro pasto , non parlano – Momento in cui Dave entra nella sala vittoriana – Questo ritegno verbale ha il ruolo di porre in risalto i ricordi di immagine e suono. 5. TONO DI SALA – ROOM TONE: anch’esso percepito come silenzio , in sua assenza si avrebbe la sensazione della sua mancanza . 6. OMBRA DEL DETTO : mancata enunciazione da parte di un personaggio 7. ACCENTUAZIONE DEL SUONO di solito soffocato o fungente da sottofondo – Operazione che sottolinea ad esempio il mutismo dei personaggi che respirano. Odissea nello spazio si configura come un film che non coinvolge solo il senso visivo ma anche quello uditivo : un fil m non solo da vedere ma che restituisce anche un’esperienza della sincronizzazione del sonoro . Per quanto riguarda la scelta musicale dei brani e delle colonne sonore che accompagnano questa esperienza d’arte totale ricordiamo il capolavoro di Strauss- Zarathustra. RAPPORTO CON LA MUSICA Kubrick non fece mai mistero di come reputasse i moderni compositori inferiori a quegli artisti che, a suo dire, avevano giocoforza già sperimentato ogni tipo di melodia e già creato tutto quello che si potesse creare nei secoli precedenti. Da queste premesse si può comprendere perché il suo rapporto con i compositori che collaboravano con lui sia stato sempre così conflittuale, e i casi di Alex North e Gyòrgy Ligeti ne rappresentano l’apice. Kubrick fin da subito disse a North che la colonna sonora 2001: Odissea nello Spazio grande importanza avrebbero avuto alcuni brani di Strauss, nonostante il compositore gli avesse proposto brani alternativi di sua creazione, più altre tracce da collocare nelle prime scene del film, che dovevano essere dirette da Jerry Goldsmith. Tuttavia da quel momento i rapporti con Kubrick divennero sempre più sporadici. La musica di Ligeti, con la sua micropolifonia elettronica, colpì molto Kubrick, che decise di usare diversi suoi pezzi provenienti da Atmospheres del 1961, uno dei pezzi più importanti di Ligeti, senza prendersi la briga di avvisare il compositore ungherese. E’ proprio grazie alla colonna sonora, a quel sapere coniugare elemento sonoro ed immagine, che il film acquistò un significato capace di andare oltre la singolarità espressiva. 2001: Odissea nello Spazio sublimò il concetto di colonna sonora come elemento diegetico indipendente, quasi una presenza senziente e autonoma, pur nella sua connessione con l’iter narrativo. Da Johan a Richard Strauss, fino al già citato Ligeti, il film è attraversato da un mare di note ed atmosfere, dove i dialoghi sono sovente assenti. Quale metodo migliore, del resto, per rendere l’idea dello Spazio? Dell’Universo? Di un qualcosa di eterno, gigantesco, armonico e allo stesso tempo non definibile dalla parola ma piuttosto dai suoni? Come esprimere meglio il procedere dell’uomo e della sua storia? Il concetto stesso di identità ed intelligenza? ALBERTO GIOVANNI BIUSO – KUBRICK GNOSTICO – IL CINEMA COME MATERIALE LUCE L’affermazione di Emerson circa il rapporto di Platone con la filosofia “Platone è la filosofia e la filosofia è Platone “ può essere adattata al rapporto che Kubrick invece ebbe con il cinema : “ Kubrick è cinema e il cinema è Kubrick” . Le ragioni di questa equazione sono molteplici : 1. PERFEZIONE TECNICA: spinta dall’ossessione nei confronti dei particolari 2. UNITARIETA DEL PERCORSO 3. INNOVAZIONE DEI TEMI 4. CLASSICISMO che supera ogni epoca: Kubrick è da considerarsi come eterno maestro 5. RAGIONE meno evidente: il cinema non è solo immagine e movimento ma anche pensiero e movimento – la sua opera è filosofia n immagini , inquieta e dogmatica, non verbale , sorretta da una logica implacabile e da una matura antropologia A tal proposito è interessante l’approfondimento sulla compenetrazione tra umano e disumano in occidente e oriente. In occidente questo binomio è sicuramente fonte di maggior clamore, causa forse del radicamento di uno degli assiomi della religione cristiana: “ siamo creati dalla stessa sostanza di Dio”, che implica ancora una profonda difficoltà nell’accettazione della fusione dell’elemento umano con quello artificiale. Al contrario in Oriente questa compenetrazione sembra essersi integrata con minori difficoltà , a tal caso possiamo citare il manga “ Ghost in the Shell “ , esempio calzante di una distinzione tra i due versi elementi , sicuramente meno percepita dalla società orientale. L’obiettivo dell’attuale ricerca scientifica è sicuramente quello di raggiungere una fusione impercepibile o quasi , tra component artificiale e umana . Un esempio dell’avvicinamento al compimento di questo fine è la recente creazione della mano robotica alla Scuola Superiore Sant’Anna: una protesi che , stando alle testimonianze di chi ha già potuto indossarla, funziona da naturale prolungamento del braccio e non come una parte esterna del nostro corpo. ANDREA MINUZ : IL PIANETA DELLE SCIMMMIE E IL 68 L’intervento del professor Minuz si sofferma su due nodi principali : 1. Iniziale ricostruzione del contesto storico –culturale del 68’ e del rapporto che quest’epoca ebbe con il mondo fantascientifico . 2. Il rapporto tra 2001 e Il pianeta delle scimmie PRIMO Il 68’ può ritenersi un anno decisivo per la fantascienza e per la sua diffusione nella realtà coeva. SECONDO 2001: Odissea nello spazio e Il pianeta delle scimmie escono a due mesi di distanza uno dall’altro. All’epoca avevano parecchie cose in comune:  La fantascienza.  I viaggi nello spazio  I paradossi temporali  Mozart e Strauss  Le scimmie e una lunga, complicata produzione alle spalle su cui la MGM e la 20th Century Fox puntavano molto, anche se il film di Kubrick era lievitato intorno ai dodici milioni di dollari mentre per realizzare Il pianeta delle scimmie ne erano bastati meno di sei.  Entrambi si presentavano come due variazioni sul tema dell’utopia e dell’ottimismo scientifico degli anni sessanta, particolarmente legato ai programmi di esplorazione spaziale.  Se il film di Kubrick era un viaggio nella mente, quello di Schaffner aveva i tratti decisamente più classici di un’avventura rocambolesca, paradossale, dagli echi marcatamente swiftiani. Entrambi però delineavano un futuro minaccioso, distopico, affatto ottimista. Un mondo governato dalle macchine e uno in cui regnano sovrane le scimmie, come un arco teso tra i due lati estremi dell’evoluzione umana.  Entrambi, soprattutto, si offrivano come due parabole del proprio tempo. Anche se parlavano di altri mondi, 2001: Odissea nello spazio e Il pianeta delle scimmie erano due film sul ’68. Nei primi mesi del 1968, al Musée des Arts Décoratifs di Parigi si chiude con grande successo di pubblico la mostra Science-Fiction, un’esposizione curata da Harald Szeemann che raccontava l’influenza dell’immaginario fantascientifico nell’arte, nel design, nell’architettura e negli oggetti della vita quotidiana. Le tensioni culturali, sociali e politiche della fine del decennio entrano in risonanza con le idee che James G. Ballard aveva affidato al suo celebre manifesto eretico del 1962, Which way to inner space?, dove invocava una fantascienza capace di raccontare la realtà psichica dell’uomo, più che le avventure galattiche nello spazio o i mondi futuribili. È a questo contesto che vanno ricondotti sia il film di Schaffner che 2001. Ma perché Il pianeta delle scimmie è un film sul ’68 oltre che del ’68? Prendendo a prestito e capovolgendo lo sprezzante giudizio sul film di Kubrick di Pauline Kael che sul New Yorker lo definì «trash mascherato da opera d’arte», il film di Schaffner è politica mascherata da fantascienza. La separazione tra classi sociali, il pregiudizio etnico e razziale, l’organizzazione dei rapporti gerarchici nelle istituzioni totali, studiate in quel periodo da Erving Goffman, sono i tratti più evidenti di un mondo capovolto in cui l’uomo è in catene, privato del linguaggio e reso schiavo da scimmie intelligenti. Il tema razziale alimentò varie letture che raccoglievano le analogie tra le divisioni della società americana dell’epoca e le rivendicazioni etniche, anzitutto quelle degli afroamericani. Il pianeta delle scimmie si inseriva così nel clima della controcultura. Ma l’ipotesi su cui si regge il film non funziona solo come une generica critica dell’uomo bianco occidentale, della sua sete di dominio, del Vietnam o della minaccia nucleare. Ciò che lo rende ancora più interessante è la capacità di superare i riferimenti espliciti al contesto sociale americano innescando un ambiguo, potente gioco di specchi tra le utopie del ’68 e un mondo distopico governato dalle scimmie. Con il linguaggio immediato della cultura popolare e la forza dell’immaginario fantascientifico, il film di Schaffner mette in scena un mondo capovolto in cui si riflettono gli echi del pensiero relativista di quegli anni . Incamminatosi in viaggio per comprendere l’origine del misterioso pianeta in cui è naufragato, Taylor scopre con orrore di non essersi mai mosso da casa. L’umanità si è estinta. L’uomo ha distrutto se stesso. Charlton Heston si dispera in ginocchio e maledice l’umanità davanti ai resti della Statua della Libertà sprofondata nella sabbia. È un’immagine portentosa che all’epoca funzionava come un monito alle minacce della guerra nucleare. Eppure, alla luce dell’ipotesi relativista che si può leggere nel film, quest’immagine gettava una anche una luce sinistra sulle utopie del ’68. “Volevamo vivere per sempre e cercare qualcosa di migliore dell’uomo”, dice Taylor all’inizio, spiegando le ragioni del suo viaggio interstellare. Uno sfrenato desiderio di purezza e rigenerazione della società che sfocia nell’autodistruzione, nel tramonto della civiltà, nella fine della storia. Ne Il pianeta delle scimmie c’è un inno alla libertà dell’uomo e alla ricerca della verità ma anche un monito al progressismo oltranzista, un’impossibilità dell’utopia . FABRIZIO BORIN- LA FANTASCIENZA DI SOLARIS Siamo a cavallo fra gli anni 60’ e 70’. È l’epoca delle grandi esplorazioni spaziali, quando USA e URSS gareggiano per aggiudicarsi il titolo di prima nazione a viaggiare nello spazio. Ma è anche l’epoca in cui il Neorealismo italiano e la Nuovelle Vague francese diventano i pilastri del nuovo cinema moderno e danno vita al cinema nuovo degli anni settanta. Dunque la ricerca di un nuovo linguaggio filmico e l’attenzione crescente verso le nuove scoperte spaziali vanno di pari passo. In questo clima di innovazione, due registi diversi, provenienti da due paesi diversi, con due pensieri diversi, creano due film immortali: Solaris di Andrej Tarkovsky del 1972 e 2001:Odissea nello spazio di Stanley Kubrick del 1968 rappresentano il punto più alto della fantascienza cinematografica mondiale. Tarkovsky e Kubrick sono i registi che meglio hanno saputo elevare il cinema alla bellezza di una qualsiasi altra opera d’arte. In loro la ricerca estetica diventa fondamentale: non si cerca di raccontare una storia quanto di trasmettere un sentimento, perciò viene usato un linguaggio più sensoriale che psicologico. Dunque lo spettatore non deve interrogarsi sul senso di ciò che sta vedendo, ma su quello che prova, perché la dimensione spettacolare supera quella narrativa. Un altro aspetto che interessa davvero ai due registi è cogliere lo scorrere del tempo. Guardando le due opere, infatti, sembra quasi che il tempo si fermi davanti ai nostri occhi e la macchina da presa riesca a catturarne l’essenza. Ritmo lento, inquadrature lunghe, ampi movimenti di macchina e tempi morti privi di dialogo costruiscono un’atmosfera ieratica che dilata la durata della visione. Il tema centrale che emerge dalla sceneggiatura delle due opere è il rapporto fra microcosmo umano e macrocosmo spaziale. Dunque questa riflessione sull’uomo e sul cosmo non è possibile in chiave realistica, ma soltanto in chiave fantascientifica, perché proprio con la fantascienza si può immaginare e indagare meglio il viaggio dell’uomo verso l’ignoto e verso la scoperta dell’infinito. DIFFERENZE L’obiettivo di Kubrick è quello di realizzare la quintessenza del film di fantascienza. Il film come altri del regista, si basa su modelli figurativi dominati dall’ordine. L’ordine viene distrutto quando un ordigno meccanico prende il sopravvento sull’uomo, e poi viene ristabilito quando l’uomo riacquista il controllo, raggiungendo una nuova fase della propria natura. Punto di forza di 2001 sono però gli effetti speciali: ideati dallo stesso regista, non sono solo rivoluzionari per l’epoca, ma permettono di vivere un’ esperienza estetica senza pari, tramite immagini uniche e riferimenti concettuali. Kubrick dimostra che si può fare arte con la tecnologia più evoluta. Di fatto 2001: Odissea nello spazio è un film fatto da immagini, il cui vero significato è impossibile da definire. Tuttavia è indubbio che ciò che trasmette il film sia un sentimento di positività e potenza assoluta, soprattutto grazie alla musica. La narrazione e i dialoghi diventano marginali e la recitazione diventa quasi monoespressiva: la psicologia dei personaggi non è importante. L’obiettivo è quello di mettere in scena il viaggio fisico e mentale, individuale e collettivo dell’uomo verso la conoscenza. L’obiettivo di Tarkovsky invece è quello di realizzare un film d’autore: Solaris infatti è un avventura nella coscienza umana, un film di fantacoscienza. Il cosmo corrisponde al subconscio e gli astronauti sono vittime dei fantasmi del loro passato, materializzati dalla loro memoria. Il regista si disinteressa completamente alle questioni della tecnologia e dello sviluppo della società, mettendo in scena direttamente i sentimenti in tutte le loro sfumature. Il regista russo non dispone di effetti speciali così avanzati, perciò punta molto sulla storia e sulla recitazione degli attori, senza però trascurare la resa grafica. Gli effetti speciali infatti hanno essenzialmente una funzione psicologica: servono cioè a delineare le drammatiche evoluzioni dei rapporti fra i personaggi. In conclusione, se 2001 tenta continuamente tendere verso l’infinito (la carrellata in avanti verso il monolito), Solaris invece propone una visione dell’uomo incline a una vasta gamma di sentimenti che però gli impediscono il dominio sulla realtà (la panoramica aerea finale all’indietro). VITTORIO GALLESE – MICHELE GUERRA – RUGGERO EUGENI – STANLEY’S BRAIN : 50 ANNI RA SCIMMIE E STELLE Come funziona la mente di 2001?Che tipo di mente è? Si tratta di una mente che funziona per ellissi e per salti, è un’epopea del vuoto, del non ricordato: una mente che ha rimosso il presente e che lavora sull’elaborazione di un vuoto. Mente che cerca un’origine in questo presente e che intraprende un’odissea verso una scaturigine del presente , si introduce così lil grande tema della genealogia del presente:
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