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Onere della prova e diritto alla prova, Appunti di Diritto Processuale Penale

Onere della prova Diritto alla prova

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 23/01/2024

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michela.f3 🇮🇹

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Scarica Onere della prova e diritto alla prova e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! ONERE DELLA PROVA Partiamo dall’art. 27 co.2 Cost. il quale recita: - l’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva. Questo articolo combina insieme due regole: - una regola di trattamento → impone di considerare l’imputato distinto dal colpevole fino alla sentenza di condanna; da qui, il divieto di anticipare la pena e la possibilità di applicare misure cautelari; - una regola probatoria → impone che l’imputato sia presunto innocente (c.d. principio della presunzione di innocenza). Quanto alla regola probatoria, in particolare, l’art. 6 par. 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo stabilisce che: - ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. La presunzione d’innocenza è una presunzione legale relativa, nel senso che può essere vinta → cioè, vale finché non venga dimostrato il contrario. Pertanto, l’onere della prova ricade sulla parte che sostiene la reità dell’imputato → nel procedimento penale l’onere della prova ricade, in prima battuta, sul PM. Occorre distinguere tra: - onere della prova in senso sostanziale; - onere della prova in senso formale. L’onere della prova in senso sostanziale impone alla parte di convincere il giudice della esistenza del fatto affermato (infatti provare significa proprio questo → convincere il giudice dell’esistenza del fatto storico affermato): - come affermato in precedenza, l’onere della prova (in senso sostanziale) grava in prima battuta sul PM, nel senso che egli è tenuto a dimostrare l’esistenza del fatto addebitato all’imputato → se colui che accusa ha provato la reità dell’imputato, l’onere della prova può considerarsi soddisfatto; a questo punto incombe sull’imputato l’onere della prova contraria. Ora, se provare significa convincere il giudice dell’esistenza del fatto affermato, ne consegue che l’elemento di prova1 deve essere introdotto nel processo → cioè, la parte interessata ha l’onere di chiedere al giudice l’ammissione di quel mezzo di prova, la cui assunzione permette il formarsi dell’elemento stesso. Si tratta di un onere formale. L’onere della prova in senso formale, infatti: - impone alla parte di chiedere al giudice l’ammissione del mezzo di prova che reputa utile per adempiere all’onere sostanziale; 1 L’elemento di prova è l’informazione (il dato grezzo) che si ricava dalla fonte di prova. - è previsto dall’art. 190 co.1 c.p.p. (Diritto alla prova) secondo cui le prove sono ammesse a richiesta di parte. Stiamo parlando del c.d. principio dispositivo in materia probatoria → e, cioè, del fatto che sia la parte a disporre della iniziativa volta all’ammissione del mezzo di prova. Regola, però, che nel processo penale, ammette deroghe: - infatti, l’art. 190 co.2 c.p.p. prevede che la legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse d’ufficio → quindi, le ipotesi di legge nelle quali il giudice introduce il mezzo di prova senza richiesta di parte (e, cioè, d’ufficio) costituiscono deroga al principio dispositivo. Ora, il fatto che una prova sia stata acquisita non comporta automaticamente l’aver soddisfatto l’onere della prova in senso sostanziale, cioè l’aver convinto il giudice della esistenza del fatto affermato → l’onere, infatti, è soddisfatto solo quando questo accade. Per cui, una volta acquisito l’elemento di prova, il giudice deve valutare se esso è idoneo o meno a dimostrare l’esistenza del fatto oggetto di prova. N.B. Una volta terminata l’acquisizione delle prove in dibattimento, il giudice - se risulta assolutamente necessario - può disporre anche d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova (art. 507 c.p.p.) → il potere esercitabile dal giudice d’ufficio costituisce un’eccezione all’onere della prova in senso formale, fermo restando l’onere sostanziale di convincere il giudice dell’esistenza del fatto affermato da una parte. Ora occorre considerare una cosa → qual è il quantum della prova (c.d. standard probatorio) - e, cioè, la quantità di prova - che deve essere fornita per convincere il giudice? Nel processo penale chi accusa ha l’onere di provare la reità dell’imputato in modo da eliminare ogni ragionevole dubbio. Fino al 2006, questo standard probatorio è rimasto privo di espressa previsione nel codice di procedura penale → la giurisprudenza, nel frattempo, aveva accolto il canone secondo cui nel processo penale la reità dovesse essere provata oltre ogni ragionevole dubbio. Cosa è accaduto nel 2006? La legge 46/2006 ha modificato l’art. 533 co. 1 c.p.p. (relativo alla sentenza di condanna) il quala (ora) stabilisce che il giudice pronuncia tale sentenza se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio2. Nel processo penale il criterio del ragionevole dubbio costituisce: - una regola probatoria → il ragionevole dubbio disciplina nel quantum l’onere della prova che è a carico del PM → la prova d’accusa, che lascia residuare un ragionevole dubbio, è equiparata alla mancata prova. - una regola di giudizio → prescrive la regola che il giudice deve applicare in caso di dubbio: egli deve ritenere come non provata la reità e, di conseguenza, assolvere l’imputato. 2 L’aggettivo ragionevole significa comprensibile da persona razionale e, quindi, oggettivabile attraverso una motivazione che faccia riferimento ad argomentazioni logiche → non potrà, pertanto, trattarsi di un dubbio meramente psicologico percepito soggettivamente dal giudice.
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