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Il Terzo Reich e il Fascismo: Hitler e Mussolini, Appunti di Sociologia

Storia dell'Europa del XX secoloStoria del nazismoStoria della Germania del XX secoloStoria del Terzo Reich

La ascesa al potere di Adolf Hitler in Germania e Benito Mussolini in Italia, e la consuetudine dei loro regimi totalitari noti come il Terzo Reich e il Fascismo. Il testo tratta della politica estera, economica e sociale di entrambi i leader, e della loro influenza su Europa. Il documento illustra come la crisi economica e politica del periodo tra le due guerre mondiali contribuì alla affermazione di questi regimi, e come la mancanza di intervento da parte delle potenze occidentali accelerò la loro espansione.

Cosa imparerai

  • Come il Terzo Reich ha influenzato l'economia tedesca?
  • Come il Terzo Reich ha influenzato la politica estera europea?
  • Come Hitler ha manipolato la stampa e la propaganda?
  • Come il Terzo Reich ha influenzato l'Europa?
  • Come Hitler è riuscito a formare il governo nel gennaio 1933?

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 17/05/2018

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4.3

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Scarica Il Terzo Reich e il Fascismo: Hitler e Mussolini e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! CAPITOLO 19 L’ETA DEI TOTALITARISMI L’ECLISSI DELLA DEMOCRAZIA Nel corso degli anni ’30, la democrazia europea aveva subito una netta ricaduta: tra i problemi principali di questo periodo c’erano senza dubbio la grande crisi e i successi del nazismo in Germania, che portarono l’opinione pubblica a ritenere che la democrazia non rappresentava più una valida difesa per i cittadini. Ormai si temeva che le alternative possibili fossero o il comunismo sovietico o i regimi autoritari. Questi ultimi in questo periodo riscuotevano un buon successo: era una delle loro caratteristiche quella di proporsi come artefici di una rivoluzione in grado di dare un nuovo assetto politico e sociale. Sul piano dell’organizzazione politica, il fascismo prevedeva di riunire tutto il potere nelle mani di una sola persona, e di controllare sia l’informazione che la cultura. Sul piano economico e sociale, il fascismo si vantava di aver creato una terza alternativa, anche se di fatto non prese mai corpo perché significava soppressione della dialettica sindacale e un rafforzamento nell’intervento statale in economia. Questo progetto fu ben visto dagli strati sociali intermedi, mentre quelli popolari si trovarono costretti ad accettare i nuovi regimi e la classe borghese era più propensa ad accettare visto i benefici che ne ricavava. A tutti faceva poi piacere il fatto di appartenere a una comunità, anche se non erano ancora per chiare le successive conseguenze, questo perché non si rendevano ancora conto del processo di massificazione che in realtà era in atto. Se da un lato si cerva di evitare l’omologazione del sistema di massa, dall’altro era evidente come certi suoi aspetti venivano esaltati. Il fascismo seppe capire a fondo le realtà in cui viveva la società di massa e, riuscendo a controllare anche i suoi meccanismi, era in grado di inserirsi al suo interno senza che nemmeno si accorgessero di come stessero entrando nel regime totalitarista. LA CRISI DELLA REPUBBLICA DI WEIMAR E L’AVVENTO DEL NAZISMO Nel novembre 1923, dopo essere uscito di prigione, Hitler era un uomo politico di secondo piano, capo di una piccola organizzazione, chiamata Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, a metà tra uno paramilitare e uno nazionalista. Hitler, di origini austriache, ebbe il compito di formare il governo nel gennaio 1933, in seguito all’uscita dalla grande crisi. Il partito nazionalsocialista (= nazista) aveva, fino al ’29, pochi seguaci, perché usava sistematicamente la violenza contro gli avversari politici, e faceva ricorso alle SA (= reparti d’assalto). Anche se di fatto Hitler aveva rinunciato, dopo il fallito attacco a Monaco, ad alcune sue rivendicazioni, non era intenzionato a “sistemare” le dure condizioni che derivarono dal trattato di Versailles. I suoi progetti vennero chiaramente esposti in un libro, dove professava tra i suoi cardini il razzismo e il nazionalismo. Fin da giovane credeva nell’esistenza di una razza superiore, quella ariana, che si era “inquinata” con le razze inferiori”. Per lui gli unici ariani erano i popoli del nord, soprattutto i tedeschi che avrebbero dovuto conquistare e dominare il mondo. Per realizzare questo proposito era necessario schiacciare i nemici interni, in primis gli ebrei, che non avendo un posto loro occupavano quello dei tedeschi. Loro sarebbero il simbolo della disfatta del capitale finanziario e della decadenza della civiltà europea. L’unico modo per rimediare a questa situazione era ottenere il proprio spazio vitale, espandendosi verso oriente, e caccio i popoli slavi che erano considerati anch’essi popoli minori. I tedeschi ottennero nel giro di poco tempo la maggioranza, dato che i cattolici di destra non esitarono a rifiutare la repubblica visto lo stato in cui si stava riducendo, mentre la sinistra stava iniziando a rinnegare la classe dirigente della socialdemocrazia per poter finalmente realizzare la rivoluzione. Hitler offriva a tutte le classi sociali una scappatoia alla terribile condizione in cui stavano vivendo, proposte sicuramente molto allettanti vista la situazione. L’agonia della repubblica di Weimar iniziò nel 1930: i partiti favorevoli alla repubblica subirono grosse sconfitte, mentre i nazisti ebbero un grosso incremento. Due anni dopo si raggiunse l’apice, mentre la disoccupazione dilagava, i nazisti ingrossavano le loro fila e riempivano piazze con comizi e cortei. Gli scontri tra comunisti e nazisti sfociavano nel sangue, violenza e morti andavano di pari passo con il crollo politico. Nel marzo 1932 si iniziò a tentare di sbarrare la strada a Hitler, anche se si riuscì a batterlo nelle elezioni, in seguito a numerose pressioni militari, Hitler ottenne di essere convocato come presidente della repubblica e accettò di capeggiare il governo anche se la maggioranza spettava ancora alla destra conservatrice e tradizionale. IL CONSOLIDAMENTO DEL POTERE DI HITLER Per ottenere quello che Mussolini ottenne in 4 anni, a Hitler bastarono pochi mesi. L’occasione per poter abusare della violenza, gli fu offerta da un comunista olandese che appiccò il fuoco al parlamento, con questa scusa Hitler iniziò la sua campagna di persecuzioni contro i comunisti, grazie all’aiuto della polizia. Prese delle vere e proprie misure speciali che gli permisero di limitare sia il diritto di stampa che di riunione. Alle elezioni successive Hitler non ottenne la maggioranza ma riuscì a far passare, visti tutti i supporti che godeva in parlamento, una legge che prevedeva l’abolizione del parlamento, e il conseguente passaggio di tutti i poteri al governo, compreso quello di poter modificare la costituzione. Nel 1933. La Spd fu sciolta definitivamente, con l’accusa di alto tradimento, e questo significava che il partito operaio, che da sempre lottava con molta determinazione, era stato sconfitto. A breve furono resi illegali tutti i partiti: alcuni furono sciolti, altri diedero le dimissioni, come risultato il partito Polonia dove si instaurò un regime semidittatoriale. Non meno agitata era la situazione negli stati balcanici: In Grecia, dopo la sconfitta con la Turchia, venne abolito il regime repubblicano perché non era in grado di contrastare i continui attacchi militari avversari In Bulgaria l’esperimento democratico fu interrotto da un colpo di stato militare In Jugoslavia c’erano numerosi conflitti tra i diversi gruppi etnici: per domare la protesta dei croati, che si sentivano oppressi da serbi, fu messo in atto anche qui un colpo di stato Questi regimi non erano esattamente fascisti, bensì autoritari di tipo tradizionale, sostenuti dall’esercito e dai conservatori, e privi d una propri base di massa, molto simili a quelli che si svilupparono anche nella penisola iberica. Anche in Spagna fu attuato un attacco di stato, 1923, dal generale Primo de Rivera, con l’appoggio del sovrano Alfonso XIII. Ma il regime semidittatoriale di Rivera non durò molto a causa delle forti proteste, motivo per cui dovette dimettersi e l’anno seguente vinsero i repubblicani e i democratici, che formarono una Repubblica (di breve durata e molto travagliata). In Portogallo furono i militari a interrompere l’esperienza della fragile democrazia parlamentare, fu l’economista cattolico Salazar ad avviare un regime autoritario, cattolico e corporativo. Con la vittoria di Hitler, ci fu un crisi dei regimi autoritari, anche se molti gruppi che si ispiravano a lui divennero sempre più estremisti. In Austria, dove la democrazia sembrava avere radici più solide, i cristiano-sociali e i conservatori cercarono di modificare le istituzioni in senso autoritario, scontrandosi con l’opposizione della socialdemocrazia. Ben presto però, questi ultimi vennero messi fuori legge e a nuova costituzione era di ispirazione clericale e corporativa, molto vicina al modello fascista. L’UNIONE SOVIETICA E L’INDUSTRIALIZZAZIONE FORZATA Negli anni di affermazione del fascismo, non mancavano gli stati che preferivano guardare al modello russo, dove si affermava il socialismo a discapito del fascismo. Se i paesi, come gli USA, erano stati fortemente colpiti dalla crisi, l’Urss, essendo stata isolata, non era affatto stata colpita dalla crisi, anzi, stava attraversando un periodo di grande sforzo di industrializzazione. La decisione di porre fine alle Nep fu presa da Stalin, tra il ’27 e il ’28, subito dopo la sconfitta dell’opposizione di sinistra. Quasi tutti i comunisti avevano sempre considerato la Nep come un ripiego: aspiravano, non solo a una forte industrializzazione, ma a un deciso impulso all’industria pesante, che avrebbe fatto diventare una grande potenza militare l’Urss. Per fare questo, lo stato doveva prendere il controllo dell’aspetto economico, a discapito della Nep. Il primo ostacolo a questo progetto era rappresentato dai kulaki, i contadini benestanti, accusati di arricchirsi alle spalle del popolo. Stalin prese delle misure che si rivelarono inefficaci, per questo nel ’29, optò per un’imminente collettivizzazione del settore agricolo e addirittura per l’eliminazione dei kulaki come classe. Nonostante ci furono delle opposizioni, in quanto c’era chi ancora riteneva importante l’appoggio dei contadini, Stalin diede il via alla collettivizzazione forzata, alla quale non mancarono sanguinose repressioni. Non solo i contadini ricchi, ma tutti quelli che che si opponevano alle requisizioni e resistevano al trasferimento nelle fattorie collettive furono ritenuti “nemici del popolo”. In migliaia furono fucilati o deportati in Siberia, chiusi in campi di lavoro forzati. Dopo la cosiddetta “rivoluzione dall’alto”, i kulaki furono eliminati, non solo come classe sociale, ma anche come persone fisiche. La disorganizzazione, l’inefficienza e l’opposizione dei contadini, portarono a una vera e propria carestia. Il vero scopo della collettivizzazione era quello di favorire l’industrializzazione del paese, obiettivo che seppure non con i mezzi migliori fu raggiunto. Questo fu possibile grazie all’enorme prelievo di ricchezza a spese dell’intera popolazione, ma anche grazie al forte entusiasmo popolare. I cittadini erano motivati sia a livello materiale che morale: i lavoratori che contribuivano in misura maggiore alla crescita della produzione venivano promossi e insigniti di onorificenze. Si sviluppò così un movimento di massa basato su un rapporto competitivo, che prese il nome di stachanovismo. Questo modello fu molto ammirato anche all’estero, visto che il paese si era risollevato nel giro di un decennio. Tutti però, Urss compresa, sembravano ignorare i gravi danni umani e politici che erano stati generati, si sviluppò un clima di esaltazione collettiva e al tempo stesso di dura repressione. LO STALINISMO Stalin riscuoteva grande successo, di venne una guida infallibile per il suo popolo: era l’autorità politica per eccellenza. Tutto doveva ruotare attorno alla lui, ogni mezzo era buono per fare propaganda. Tutto doveva essere sotto il suo rigido controllo, come dimostravano le forti misure di censura. Diverse furono le interpretazioni dello stalinismo: Forma inedita di dispotismo industriale = scorciatoia autoritaria funzionale all’esigenza di un rapido sviluppo economico Deviazione di destra della rivoluzione Legame con la tradizione centralistica e autocratica del regime zarista Premesse presenti nel pensiero di Lenin Tutte queste teorie hanno delle verità al loro interno, è inevitabile comunque, che già nel primo piano quinquennale era evidente come la macchina del terrore avesse cominciato a funzionare. Anche se i primi ad essere colpiti furono i contadini, nessuno fu escluso, nel 1934 iniziò il periodo delle “grandi purghe”. L’assassinio di Kirov (avvenuto per mano dello stesso Stalin), esponente di punta del gruppo dirigente dei comunisti, fornì il pretesto per una serie di arresti. Da quel momento presero il via una serie innumerevole di purghe, accusando tutti di essere nemici o traditori dello stato: avvenne una vera e propria repressione poliziesca. Peggiore fu però la sorta di coloro che dovettero subire veri e propri processi pubblici, durante i quali gli furono estorte confessioni fatte solo perché sotto tortura. Molti dei vecchi nemici di Stalin, come Bucharin, furono così eliminati, perfino Trotzkij, esule dal ’29 in Messico, fu ucciso da un sicario di Stalin. Nessuno fu immune alla strage di Stalin, furono colpiti anche i membri della polizia che Stalin non riteneva adatti a tali ruoli: si conta che tra le purghe e la seconda guerra mondiale furono uccisi 10-11 milioni di persone (nell’Urss). Seppure tutto il mondo Occidentale si fosse fatto una certa idea delle purghe, delle deportazioni di massa e dei processi degli anni ’30, nessuno intervenne, principalmente per motivi politici, dato che in molti vedevano un solido alleato nell’Urss. LA CRISI DELLA SICUREZZA COLLETTIVA E I FRONTI POPOLARI Tra i primi interventi decisivi di Hitler, ce ne furono due, attuati in politica estera, che fecero molto scalpore: il primo venne attuato nel 1933, quando decise di ritirare la Germania dalla conferenza internazionale di Ginevra, dove le grandi potenze erano intente a studiare come ridurre gli armamenti, un secondo conseguente provvedimento fu quello di ritirare la Germania dalla Società delle nazioni. Entrambe le decisioni provocarono grande allarme in tutta Europa, persino nell’Italia fascista. Nel ’34, un gruppo di nazisti di Berlino attaccarono l’Austria, uccidendo il cancelliere e tentando l’unificazione con la Germania: Mussolini, preoccupato, istituì subito 4 divisioni al confine italo-austriaco, ma Hitler non era pronto per la guerra, motivo per cui fu costretto a fare marcia indietro. Meno di un anno dopo però, Italia, Francia e Gran Bretagna, si riunirono a Stresa per esprimere il loro disappunto sul governo tedesco, ma questo fu l’ultimo momento di alleanza delle tre grandi potenze, dato che da quando l’Italia attaccò l’Etiopia ruppe il fronte Stresa e trovò un alleato nella Germania. Nel settembre del ’34 si ebbe una svolta anche per l’Urss che finora era rimasta lontana anche dal trattato di Versailles, ma poiché Hitler era sempre stato molto chiaro con i suoi progetti inerenti lo stato russo, decise di entrare a fare parte della Società delle nazioni e di stringere un’alleanza militare con la Francia. Questa nuova più coerente opposizione inglese venne da una minoranza conservatrice, che faceva capo a Churcill, secondo i quali l’unico modo per fermare Hitler era quello di opporsi a tutte le sue pretese, anche rischiando di scatenare la guerra. La situazione della Francia era molto critica: il paese non voleva che si scatenasse una nuova guerra viste le gravi perdite della precedente. La paura era maggiore nei confronti della Germania che non della Gran Bretagna, così la Francia adottò una politica timida e oscillante, subalterna a quella della Gran Bretagna. Il primo successo, Hitler lo ottenne nel ’38 con l’adesione al Reich tedesco dell’Austria. A questa decisione non si opposero né la Gran Bretagna, né l’Italia. Dopo una prima vittoria, Hitler puntava a una nuova rivendicazione fondata su motivi etnici: quella riguardante i sudeti, ovvero i 3 milioni di tedeschi che vivevano entro i confini della Cecoslovacchia. Seppure inizialmente il governo ceco sembrava accettare alcune dure condizioni di Hitler, presto si rese conto che lo scopo era quello di distruggere lo stato: uno stato democratico, industrializzato, abbastanza forte militarmente e legato da trattati di alleanza con Francia e Urss. Ma quest’ultima sarebbe intervenuta solo a farlo sarebbe stata anche la Francia, legata alla Gran Bretagna, la quale sembrava disposta ad assecondare “l’ultima richiesta” di Hitler. Poco prima dello scoppio della guerra, Hitler decise di accettare l’incontro con le grandi potenze (Urss esclusa), tenuto a Monaco nel settembre del ’38, dove Inghilterra e Francia si dimostrarono favorevoli, come l’Italia, al progetto di Hitler. L’accordo, che prevedeva anche la definitiva annessione della Cecoslovacchia, era solo l’inizio del grande conflitto che a breve sarebbe scoppiato. CAPITOLO 20 L’ITALIA FASCISTA IL TOTALITARISMO IMPERFETTO A metà degli anni ’20, mentre in Germania si stava ancora affermando il nazismo, in Italia era già avviato uno stato totalitario: le adunate di cittadini in uniforme, le campagne propagandistiche orchestrate dell’autorità, la parola capo oggetto di un vero e proprio culto. Caratteristica del regime era la sovrapposizione di due strutture e di due gerarchie parallele: quella dello stato monarchico (vecchio stampo) e quella del partito con le sue numerose ramificazioni. Il punto di unione tra le due strutture è rappresentato dal Gran consiglio del fascismo, organo di partito dotato anche di importanti funzioni costituzionali. Al di sopra di tutti c’era la figura di Mussolini, capo del governo e duce del fascismo. In Italia il ruolo dello stato si mantenne sempre, soprattutto tramite l’intervento dei prefetti. A controllare l’ordine pubblico e a reprimere il dissenso era invece la polizia di stato, mentre la Milizia aveva un compito ausiliario. Il partito fascista continuò ad aumentare la sua presenza nella società civile. Mentre l’iscrizione non era più per l’elite, ma era quasi un obbligo, una funzione importante venne svolta dal alcune organizzazioni “collaterali” al partito: come l’Opera nazionale dopolavoro (che si occupava del tempo libero dei cittadini), o il Comitato olimpico nazionale, o ancora le organizzazioni giovanili come i Fasci giovanili o i Gruppi universali fascisti, nate per diffondere il fascismo anche tra i ragazzi. L’ostacolo maggiore era rappresentato dalla Chiesa: consapevole della situazione religiosa, Mussolini aveva cercato un accordo con la Chiesa che fu siglato nel febbraio del ’29, quando vennero stipulati i patti lateranensi, che si articolavano in tre parti distinte: Trattato internazionale con cui la Chiesa riconosceva l’autorità dello stato e quest’ultimo le riconosceva la sovranità sullo stato del Vaticano Una convenzione finanziaria, con cui lo stato si impegnava a pagare il papa di una forte indennità per la perdita dello stato della Chiesa Un concordato che regolava i rapporti interni tra la Chiesa e lo Stato: i preti erano esonerati dal servizio militare, l0insegnamento cattolico era alla base dell’istruzione, i preti spretati erano esclusi dagli uffici pubblici… Questi patti ebbero un grosso successo propagandistico, Mussolini riscuoteva sempre maggiore successo, infatti nelle prime elezioni plebiscitarie, nel marzo del ’29, si registrò un afflusso alle urne senza precedenti, la maggioranza era chiaramente favorevole al regime fascista. Mentre lo stato ottenne da questi accordi risultati immediati, la chiesa li ottenne più duraturi, riscuoteva inoltre grande successo nell’area di maggiore interessa per i nazisti, quella giovanile. Oltre alla chiesa, anche lo stato monarchico rappresentava un ulteriore ostacolo per il fascismo: il re restava comunque la più alta carica dello stato (non come in Germania, dove invece era Hitler). A lui spettava il controllo delle forze armate, la scelta dei senatori e il diritto di nomina e di revoca del capo del governo. IL REGIME E IL PAESE L’Italia ruotava ormai intorno al fascismo, e grazie alla propaganda questo aveva raggiunto ogni ambito. Diverse furono le conseguenze a questa nuova tendenza: maggiore urbanizzazione, aumentarono i lavoratori dell’industria a discapito dei contadini, si era sviluppato il commercio e i servizi della pubblica amministrazione, ma nonostante questi cambiamenti, alla vigilia della seconda guerra mondiale, l’Italia poteva considerarsi ancora un paese fortemente arretrato. L’arretratezza economica e civile della società era tuttavia in linea con la tendenza fascista orientata a una tradizione conservatrice, che spingeva i cittadini a fare ritorno alle campagne, anziché favorire l’urbanizzazione. Vennero esaltati, anche per volere della chiesa, il matrimonio e la famiglia, i quali vennero incoraggiati tramite assegni familiari e nuove assunzioni per i padre famiglia. Sempre per questi motivi, il regime ostacolò il lavoro delle donne e la loro emancipazione. Anche le donne avevano le loro organizzazioni, come i Fasci femminili o le piccole italiane, che però erano strettamente legate a virtù domestiche. Se da un lato c’erano tutte queste conservatrici, dall’altra c’era però la voglia di creare un “uomo nuovo”, un sistema totalitario moderno, affinché l’uomo fosse inserito nelle strutture del regime, anche se tutto ciò, vista l’arretratezza, non era facile. Mancavano parecchie risorse, e non bastava certo una Carta del lavoro in cui si parlava di uguaglianza giuridica tra imprenditori e prestatori d’opera a sistemare la situazione. I salari diminuirono, e i successi erano legati alla media e piccola borghesia, i quali sentivano più di tutti l’entusiasmo e la carica del fascismo (perché favoriti dalle scelte economiche del regime). Anche l’alta borghesia ne fu esclusa, motivo per cui le strutture sociali non furono del tutto stravolte. CULTURA, SCUOLA, COMUNICAZIONE DI MASSA Capendo fin dal principio quanto le motivazioni culturali e ideologiche fossero importanti, il fascismo si dedicò con grande interesse al mondo della cultura e della scuola. La riforma Gentile, nel 1923, aveva già rivoluzionato la scuola, ispirandosi ai principi della pedagogia idealistica, che cercava di accentuare la severità degli studi e sanciva il primato delle discipline umanistiche su quelle tecniche. Una volta consolidato il regime, ci si preoccupò di fascistizzare l’istruzione, attraverso un forte controllo su insegnanti e libri (introduzione dei libri unici per le elementari). Non ci furono grandi opposizioni a queste novità, forse perché, nonostante gli ordini, molti insegnanti proseguirono di fatto con il loro metodo. L’università aveva maggiori libertà, ciò nonostante non le usò per contestare il regime anzi, tutti i docenti erano sottoposti al giuramento di fedeltà al regime. Molti aderirono per reale interesse, altri semplicemente per fare il loro lavoro e ricevere gratifiche materiali, altri ancora si opposero. Per quanto riguarda i mezzi di comunicazione di massa la situazione era diversa: la stampa politica si intensificò, così come aumentarono le censure e la sorveglianza di stampa, gestita direttamente da Mussolini. Il controllo fu ampliato a tutti i campi, dalle trasmissioni radiofoniche, con conseguente diffusione della radio, persino nelle scuole, al cinema (che ricevette grosse sovvenzioni per mostrare i cinegiornali all’inizio di ogni spettacolo), il quale raggiungeva un numero di cittadini sempre maggiore e, visti i costi non eccessivi, raggiungeva un target molto ampio. IL FASCISMO E L’ECONOMIA. LA “BATTAGLIA DEL GRANO” E “QUOTA NOVANTA” L’ITALIA ANTIFASCISTA A partire dagli anni ’25-’26 quando il dissenso divenne punito con la legge, molti cittadini furono incarcerati, condannati all’esilio o alla clandestinità. Altri liberali invece, che trovarono una guida in Benedetto Croce, optarono per il silenzio, in modo da non dover subire le conseguenze di una eventuale opposizione. Quelli che più di tutti sfruttarono la clandestinità per compiere vere e proprie agitazioni furono i comunisti. Altri furono le associazioni segrete antifasciste, la più importante si sviluppò in Francia e prese il nome di Concentrazione antifascista: non solo mantenne contatti con gruppi antifascisti all’estero, ma riuscì anche a riunificare schieramenti separati. Un’altra associazione simile fu quella fondata da Rosselli e da Lussu, Giustizia e Libertà, che rappresentava un punto di accordo tra socialisti, repubblicani e liberali, e che voleva unire gli ideali di libertà politica e quelli di giustizia sociale, ricomponendo la frattura tra marxisti e liberisti. A queste due associazioni si opponevano però i comunisti, che avevano sede a Parigi, ma che erano capitanati da Mosca. Togliatti, che prese il posto di Gramsci (arrestato nel ’26), guidò il partito negli anni dell’esilio e della clandestinità. A metà degli anni ’30, la svolta dei fronti popolari avviò anche per l’antifascismo una nuova fase, che vide il Pci riannodare i legami con l’opposizione e stringere nel ’34 un patto di unità d’azione con i socialisti. Tuttavia tutto questo entusiasmo, sia in Francia, che in Spagna e in Italia durò appena due anni, perché fu sconvolto dall’avvento della guerra. L’antifascismo in Italia non ebbe grosse vittorie, se non a livello morale, dato che il paese preferiva perdere la guerra piuttosto che piegarsi ai fascisti. APOGEO E DECLINO DEL REGIME FASCISTA Nonostante un prima grande entusiasmo per la campagna coloniale in Etiopia, presto i forti costi militari che si facevano sentire, iniziavano a non convincere più la popolazione. Mussolini optò così per rilanciare la politica di autarchia degli anni ’20, consistente in una ricerca sempre maggiore di autosufficienza economica, soprattutto nel campo di prodotti e materie indispensabili per la guerra. I suoi risultati non furono brillanti, soprattutto perché c’era una forte perplessità nei confronti di una politica che implicava uno stretto controllo governativo sulla produzione. L’obiettivo, seppure ci furono dei minimi miglioramenti, non fu raggiunto, cosa che provocò sempre maggiore sconforto per la politica estera. L’amicizia con la Germania non favoriva certo l’immagine di Mussolini, senza contare che nella sua politica non c’erano risultati soddisfacenti immediati, per questo si iniziava ad auspicare per un’imminente pace. Ma il duce voleva tutto il contrario, ovvero uno stato guerriero, motivo per cui faceva di tutto per incitare i cittadini, anche con l’uso della forza. Il regime doveva diventare più autoritario, da qui la necessità di nuove misure istituzionali che culminarono nel ’38 con l’introduzione delle leggi discriminatorie nei confronti degli ebrei, leggi che ricalcavano quelle naziste del’ 35, che colpirono sia l’ambito lavorativo che quello sentimentale (matrimoni misti = proibiti). Il successo riscosso non era certo quello sperato, si parlava infatti di insuccesso, dato che la comunità ebrea era relativamente piccola e ben inserita nella società. Tutto ciò scandalizzò non solo l’opinione pubblica, ma la Chiesa che finora era un’alleata. L’unico settore dove queste idee trovarono una base solida era quello giovanile, poiché era cresciuto legato alla mentalità fascista. Solo con lo scoppio della guerra e con le relative conseguenze, prima tra tutte l’evidente insuccesso della politica fascista, fu chiaro anche ai giovani come il fascismo fosse una semplice illusione, e come fosse in realtà negativo, oltre che contraddittorio.
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