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opera Rousseau "Discorso sull'origine della disuguaglianza", Appunti di Storia Della Pedagogia

breve riassunto opera Rousseau

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 27/12/2018

monica7941
monica7941 🇮🇹

4.4

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Scarica opera Rousseau "Discorso sull'origine della disuguaglianza" e più Appunti in PDF di Storia Della Pedagogia solo su Docsity! Discorso sull'origine della disuguaglianza Rousseau opera in un ambiente illuministico ma in lui troviamo molti aspetti riconducibili sia all'Illuminismo che al Romanticismo. La sua dottrina ruota intorno ad una sua intuizione, ossia il fatto che, per lui, l'uomo in origine fosse felice e che siano stati la società e il progresso a renderlo infelice. Troviamo questo pensiero nel Contratto sociale, in cui della le regole della società che lui considera giusta, e nell'Emilio le cui vicende sono ambientate nella natura. Si tratta di opere molto distanti che, tuttavia, presentano delle caratteristiche comuni e infatti, ad esempio, il Contratto inizia con la frase "l'uomo è nato libero ma dovunque è in catene" mentre l'Emilio inizia con "tutto è bene nelle mani del Creatore e tutto degenera nelle mani dell'uomo". Rousseau, inizialmente, non si distingueva dagli illuministi ma, nel 1749, emerge la sua vera personalità perché l'Accademia di Digione aveva bandito un concorso in cui venne chiesto se le scienze e le arti avessero contribuito o meno allo sviluppo della società. Un illuminista avrebbe risposto di sì, ma Rousseau rispose che le scienze e le arti, essendo caratteristiche della società, sono anch'esse mezzi di corruzione. Perciò Rousseau ribalta lo schema dell'Illuminismo, sostenendo che la scienza abbia spento nell'uomo ogni sentimento di libertà e vede un collegamento tra la decadenza sociale e il perfezionamento delle arti. (questo è il primo discorso) Per quanto riguarda il secondo discorso, intitolato "Discorso sull'origine e i fondamenti della disuguaglianza", il tema è quello del contrasto tra la libertà naturale dell’uomo e la sua costrizione nell’ordinamento civile, quindi in pratica il rapporto tra natura e società. Rousseau concepisce due tipi di disuguaglianza: la prima è quella naturale (o fisica), chiamata così perché stabilita dalla natura e quindi si riferisce, ad esempio, alle differenze di età, di salute, di forze corporee e di genere; la seconda è la disuguaglianza morale e politica che non è naturale ma dipende dalla convivenza sociale e dal consenso degli uomini e, quindi, si riferisce ad esempio ai diversi privilegi di cui alcuni uomini godono a discapito degli altri. La disuguaglianza naturale è ineliminabile ma Rousseau pensa che sia appena sensibile, nel senso che non influisce sulle sorti degli uomini. Il problema si presenta quando ci si allontana dallo stato di natura e sorgono le istituzioni (come la proprietà) legate all'organizzazione sociale. Di conseguenza le disuguaglianze sociali diventano politiche perché la ragione allontana l'uomo dal bene, dal sentimento di pietà, e questo fa sì che chi è più ricco opprima chi è più povero, trasformando i privilegi in diritti e violenza. Nel "Discorso sull'origine della disuguaglianza", Rousseau esamina il percorso che ha provocato l'origine della disuguaglianza. La prima fase è data dalla proprietà; la seconda dall'istituzione della Magistratura, in cui vengono sancite le figure del forte e del debole; la terza è data dalla trasformazione del potere legittimo e di quello arbitrario, in cui nascono le figure del padrone e dello schiavo. Nella Prefazione dell'opera emerge il fatto che molti studiosi ritengano che i Discorsi siano solo una congettura mentale di cui Rousseau si avvale per affermare il suo pensiero: quello che riguarda la necessità che l'uomo ha di ritrovare se stesso e di rivendicare le sue origini rispetto all'astrazione dell'Illuminismo. Possiamo trovare anche un altro passaggio (in "Avvertenza alle note") che fa riflettere ulteriormente, in cui viene detto che l'uomo, se fosse stato lasciato libero da Dio, avrebbe avuto altre caratteristiche e, quindi, Rousseau sembra dire che lo stato di natura non sia mai esistito per via dell'intervento divino. E' come se stesse dicendo che si tratti di una congettura perché non può dire diversamente, dato che la religione gli dice delle cose diverse. Prosegue il discorso facendo riferimento a un errore ricorrente in vari pensatori e, in primo luogo, si riferisce a Hobbes, secondo cui gli uomini decidono di sottoporsi all'autorità del Leviatano per sopravvivere e che l'uomo, in natura, sia nemico dell'altro uomo. Rousseau non condivide questo pensiero e pensa che l'uomo diventi un nemico solo quando la società lo spegne, dato che allo stato di natura non esistono avidità e egoismo. Prima della società si può parlare solo di istinto e non bisogna identificare questo istinto nella malvagità, anche perché l'aggressività dell'uomo allo stato di natura non è dannosa, dal momento che possiede in sé caratteristiche che tendono a bloccarla e a mitigarla. Quindi sono le scienze e le tecniche della società ad alimentare quell'aggressitivà, che non sarà più naturale ma corrotta e, quindi, negativa. Hobbes crede di parlare dello stato di natura, ma di fatto parla d’altro perché Hobbes crede di parlare dell’uomo selvaggio, ma parla di quello civile. L’uomo naturale per Rousseau non è buono né cattivo, Hobbes invece dipingeva l’uomo naturale come predatore per gli altri uomini e invece non è così. Per molti Rousseau fa riferimento a coloro che parlano dei bambini come cattivi e dice che è un errore tremendo parlare di malvagità nei bambini perché il bambino non è né buono né cattivo, è bambino e basta perché non ha sviluppato il senso morale. L’idea di malvagità si collega al senso morale. Questo è un altro dei punti dove c’è la presa di distanza da posizioni cristiane come quella di Sant’ Agostino. Per quest’ultimo il bambino è portato un po’ verso la malvagità perché prima di tutto nel suo periodo faceva battezzare tutti a 30 anni e pensava che il peccato originale avesse lasciato nell’animo umano le tracce del peccato di Adamo e quindi che gli uomini fossero portati verso il male. Per Rousseau all’uomo originario, selvaggio, primitivo non si possono imputare queste caratteristiche di malvagità che vengono imputate da Hobbes. L’uomo naturale per Rousseau non agisce secondo le categorie del bene e del male che sono categorie legate alla società, ma segue il proprio istinto. Questa tendenza alla sopraffazione reciproca che Hobbes aveva posto nell’uomo naturale, è tipica di un uomo che è figlio della società, quindi questo stato conflittuale nasce nella società perché questa crea dei bisogni che nello stato naturale non esistono. Quindi questa caratteristica e aspetto aggressivo dell’uomo nasce con il nascere della società in quanto i bisogni naturali dell’uomo, cioè ad esempio il bisogno di coprirsi, nutrirsi e riprodursi non sono tali da giustificare uno stato di lotta permanente tra gli uomini. Hobbes parlava di uno stato di tutti contro tutti e Rousseau, nel suo discorso, dice: “Soprattutto non concludiamo con Hobbes che l’uomo, non avendo alcuna idea della bontà, sia per natura malvagio, che sia vizioso perché non conosce la virtù, che rifiuti sempre ai suoi simili servizi che non crede di dover loro, né che, in virtù di diritto che a ragione si attribuisce sulle cose di cui ha bisogno, immagini follemente di essere il solo proprietario di tutto l’universo. Hobbes ha visto molto bene il difetto di tutte le moderne definizioni del diritto naturale, ma le conseguenze che ricava dalle sue definizioni mostra che egli ad essa dà un senso che non è meno errato. In base ai principi che egli stabilisce, questo autore doveva dire che, essendo lo stato di natura quello in cui la sollecitudine per la nostra conservazione reca meno pregiudizio a quello degli altri, questo dato era di conseguenza più adatto alla pace e il più conveniente al genere umano. Egli dice proprio il contrario, perché nella sollecitudine per la conservazione dell’uomo selvaggio ha fatto entrare a sproposito il bisogno di soddisfare una quantità di passioni che sono effetto della società, e che hanno reso necessarie le leggi.” Hobbes quindi secondo Rousseau ha sbagliato perché avrebbe dovuto dire che l’uomo allo stato di natura non ha bisogno di tutte quelle cose che nello stato civile portano alla guerra e allo scontro, quindi Hobbes per dire la cosa esatta avrebbe dovuto sostenere che tutta una serie di passioni che nascono nella società hanno reso necessarie le leggi. Queste passioni nascono nella società, non nello stato naturale e quindi indica un errore da parte di Hobbes che confonde lo stato di natura con quello sociale. Quando Rousseau sostiene che l’uomo nello stato di natura non ha bisogno di scontrarsi con i propri simili intende dire che quello che possiede è sufficiente per i bisogni primari. Queste situazioni si creano per l’uomo civile. Aggiunge anche che nello stato naturale l’istinto della pietà è predominante, quindi ogni uomo è portato a identificarsi nell’altro uomo, quindi a non fare del male. Lo stato civile invece istituzionalizza la violenza. Una caratteristica dell’uomo è quella di agire liberamente, di allontanarsi da quelle regole che gli vengono imposte dalla natura, dagli istinti naturali. Per questa sua caratteristica l’uomo è stato capace di evolversi dal suo stadio originario e Rousseau dice che questo fatto l’ha trascinato verso la rovina perché, uscendo dallo stato di natura, è peggiorato. Quali sono le cause che hanno portato l’uomo ad uscire dallo stato di
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