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OPERAI SENZA CLASSE DI CRISTOFORI , Appunti di Metodologia Della Ricerca Sociale Quantitativa

Riassunto completo del libro "Operai senza classe"

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 18/05/2017

eriicabaaldo
eriicabaaldo 🇮🇹

4.6

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Scarica OPERAI SENZA CLASSE DI CRISTOFORI e più Appunti in PDF di Metodologia Della Ricerca Sociale Quantitativa solo su Docsity! Premessa Il volume presenta i primi risultati di un’indagine sugli operai ella ThyssenKrupp Acciai Speciali di Terni, che ha avuto luogo tra i primi mesi del 1996 e il giugno 2007. 1.Gli operai nell’epoca della fine degli operai. Mutamenti e persistenze nel passaggio di paradigma. Il tempo in cui ha avuto luogo questo lavoro di ricerca ha visto una sostanziale accelerazione degli stati di visibilità degli operai. A seguito del tragico evento di Torino si è passati da una condizione di non visibilità/ inesistenza sociale, a una sovra-rappresentazione. Ha dato luogo a forme di disordine della rappresentazione sociale operaia, fissandola alle immagini di una tragedia di cui gli operai erano gli attori-vittime. Sulla scena di un lavoro narrato tra la vita e la morte che ha luogo in un ambiente prioritariamente da bonificare. Le immagini attraverso le quali identifichiamo gli operai: a volte come attori, sulla scena dell’interazione sociale, a volte per come ci vengono rinviati da quella dei media. Rende visibile la rappresentazione social attraverso la quale cogliamo gli operai e il mono della fabbrica è l’obbiettivo di questo lavoro perdurante rimozione di tipo sociale e politico. Un’assenza che può essere fatta risalire agli anni ottanta a seguito delle grandi sconfitte politiche, sindacali e culturali di quegli anni. In parallelo alla progressiva eclisse del paradigma operaista, di origine marxiana, che aveva fornito una teoria sociale insieme ad un’utopia e ad un progetto, storico e sociale, che ruotava intorno agli operai riconosciuti attraverso la classe operaia. Né questo progetto né la vasta mole di studi sono riusciti nell’intento di cogliere gli operai così come si presentavano nei diversi periodi storici. Un’esigenza perseguita da Marx e da lui inaugurata, nel 1867, con la pratica delle 100 domande dell’Inchiesta operaia. Una pratica che si innestava sulla tradizione delle indagini sulle condizioni di vita e di lavoro delle Inchieste sociali in Francia, in Inghilterra. Ma che facevano riferimento a fonti secondarie. Avviando quella pratica di delega nell’individuazione delle questioni e dei problemi inerenti la condizione operaia e la loro rappresentazione ad esperti di particolari ambiti. La stessa funzione oggi ereditata dagli imprenditori cognitivi nel sistema dei media. Il volume presenta i risultati di un’indagine alla ThyssenKrupp Acciai Speciali di Terni. Si propone di mostrare i caratteri dell’identità operaia, gli orientamenti e i valori che ne guidano l’azione in un tempo di nuovo capitalismo e in una fabbrica globale, in cui gli operai e il loro lavoro sono connotati a una particolare invisibilità. Un’opacità che riguarda una parte del mondo del lavoro in declino in particolare nella città di Terni. Una città essa stessa coinvolta da profondi processi di trasformazione che hanno dato luogo ad un mutamento sociale particolarmente accelerato. Riconducibile al passaggio dalla società moderna a quella postmoderna. Trasformazioni estese visibili a macchia di leopardo, evidenziando processi di segno diverso, a volte compatibili, altre in aperta contraddizione, che riguardano le identità individuali e collettive, gli stili di vita, le relazioni e gli orientamenti di valore. I connotati di questo mutamento sono stati colti nell’ultima generazione di lavoratori della ThyssenKrupp Acciai Speciali di Terni. Si è tentata una comprensione delle differenze e delle omologie presenti tra gli operai, facendo riferimento sia alle relazioni che ruotano intorno al lavoro, sia a quelle proprie della vita quotidiana. Esistenza di grandi differenze, ma anche di uniformità, di mutamenti, di persistenze tra gli operai dell’indagine. Le categorie più utili per comprendere gli effetti di questa riproduzione sociale sono risultate l’appartenenza generazionale e il tipo di capitale culturale disponibile. È proprio il tipo e la quantità di capitale culturale disponibile a fare la differenza, tra i giovani come tra gli anziani. 2.Il lavoro di costruzione di un altro paradigma Il paradigma operaista ha avuto il grande merito di unificare, rendere visibile e sottoporre alla critica il mondo disordinato e poliforme della prima industrializzazione. Il mondo dei mille, lavori diventa con Marx il mondo di un unico grande lavoro. Quello industriale. E le mille, diverse posizioni venivano ridotte a due soltanto: il capitale e il lavoro, in eterna lotta. quale viene meno la condizione di una buona intervista in profondità. Questo ha permesso una riflessione in merito sulla quale non ho trovato trattazione o conforto neppure nella letteratura rivolta al lavoro degli assistenti sociali. Un contributo ho tratto da Sennett che segnala la difficoltà di relazionarsi. È opportuno rilevare come una particolare fecondità del punto di osservazione sugli operai contemporanei sia risultata dall’intersezione tra le categorie del postmoderno, del maschile e dei ceti popolari. Dal punto di vista dello stile e delle modalità di rilevazione ci si è mossi cercando di utilizzare una metodologia riconducibile alla pratica di ricerca qualitativa, attraverso l’adozione di quell’atteggiamento di apertura nei confronti di eventi inattesi, anomalie che Marton ci ha insegnato a riconoscere come Serendipity. Uno sguardo attraverso il quale è stato possibile dare forma a rappresentazioni che debbono poter essere ulteriormente messe alla prova. Ma che hanno fornito immagini di operai contemporanei e del mondo del lavoro di fabbrica ottenute con l e altre lenti. Riutilizzandola, aggiornandola, la lezione di metodologia di Marx: rendere visibili i diversi lavori presenti nella condizione postmoderna e procedere ad una loro semplificazione, riducendone le differenze, secondo criteri di uniformità ad hoc selezionati. Nella speranza che questo lavoro renda disponibili nuove forme di ricomposizione. Un nuovo spazio in sé, un’etichetta del lavoro operaio, indispensabile quanto urgente, per fornire una rappresentazione, per mettere a disposizione elementi di identità sociale utilizzabili nella costruzione della propria biografia, per ricostruire intorno agli operai e al loro lavoro quella considerazione in assenza della quale non è ipotizzabile nessuna forma di riconoscimento. 4. Operai ThyssenKrupp Acciai Speciali di Terni. Note dal diario di ricerca Disponevo di dati relativi ad un questionario somministrato nel 1996 ad un considerevole numero di dipendenti dell’azienda Acciai Speciali di Terni. I dati non erano mai stati utilizzati, il questionario era leggero e ingenuo nella struttura, ma comunque affidabile. Tale materiale poteva rappresentare il termine di riferimento per una comparazione con un presente rispetto al quale avrei potuto agevolmente organizzare un’analoga raccolta dati. Per mostrar di cosa fossero fatti e in ch cosa consistessero i processi di mutamento sociale in un tempo come quello presente di particolare accelerazione del cambiamento. Una condizione di particolare favore per la possibilità di allineare identità sociali, culture e contesti applicandosi a coglierne le differenze. Senza alcuna pretesa immediata di identificare con tali risultati i mutamenti, ma nella certezza di fornire un contributo scientificamente fondato. Le prime operazioni sono state un parziale adattamento del questionario utilizzati nel 1996 e l’inserimento di alcune domande sulle vicende del Magnetico e sulla città, oltre alla predisposizione di un campione rappresentativo e alle prime interviste a testimoni privilegiati. Fatti alcuni accordi con l’azienda e con qualche delegato sindacale per ottenere collaborazione e consenso. Entrambi hanno mostrato interesse e disponibilità. L’incontro con l’azienda mi metteva, da subito, a contatto con strategie e modalità di comportamento proprie di un gruppo. A mettere in difficoltà non erano tanto le domande riferite al lavoro, ma più che altro quelle riferite alla città, al suo governo, all’orientamento politico degli intervistati. Primo dato da acquisire: c’erano orientamenti/comportamenti non sottoponibili a nessuna contrattazione, che nascevano altrove e che, come tali, mostravano la sovranità limitata della stessa dirigenza. Che per la prima volta esplicitava la propria natura di unità locale, di una fabbrica globale, altrove e da altri regolata e governata. Il significato implicito dl termine multinazionale: unità di produzione in tutto il mondo, cultura e decisionalità concentrati in uno solo. 5. L’accesso al campo: l’orgoglio, la collaborazione, la fuga. La rilevazione è avvenuta all’entrata dei turni centrali della giornata o a ridosso della pausa pranzo, quando gli operai potevano disporre di un tempo da dedicare al questionario, operata da studenti universitari, in gran parte da studentesse. L’osservazione di alcune giornate di rivelazione di alcune giornate metteva subito di fronte a diversi comportamenti da parte dei lavoratori. Diversi nella stessa disponibilità all’indagine. Ciò che noi ricercatori sintetizziamo con accesso al campo. Guadagnarsi l’accesso e mantenerlo durante l’intero percorso ha rappresentato il grande problema che ha accompagnato l’intera indagine. L’approccio etnografico ha confermato la maggiore contiguità. Essere straniera ha mostrato una particolare forze euristica. Straniera perché donna, straniera perché proveniente dall’università, straniera alla lavorazione dell’acciaio, ho dovuto acquisire le fasi,i modi,i tempi. Straniera perché non ternana, straniera per le stesse modalità di indagine. Durante la rilevazione è risultata chiara la diversa accoglienza e disponibilità alla somministrazione dei questionari da parte degli operai. Da part dei cinquantenni una disponibilità estesa, accompagnata dalla soddisfazione e dall’orgoglio di contribuire in prima persona ad un’indagine che li riguardava. Da parte di molti della generazione intermedia, si è riscontrato un grado inferiore di disponibilità, di collaborazione. L’invito veniva spesso declinato con una particolare insistenza sulla scarsità di tempo o rinviato di giorno in giorno. Nella generazione più anziana la collaborazione evidenziava un razionale realismo. Il comportamento di molti, in prevalenza giovani, era schivo, tentavano di sottrarsi in ogni caso. Una fuga disordinata, di chi è messo alle strette. Alcuni di loro sono stati recuperati in altri ambiti, famigliare o amicali, da parte delle studentesse, o attraverso le interviste in profondità. Ottenute attraverso la mediazione di persone, di fiducia, da loro conosciute. La fabbrica si mostrava da subito luogo possibile di molte, diverse relazioni, ma non di libertà. 6. La fabbrica e la sua libertà Una città nella città, con una propria vita e vitalità, una propria umanità, propri tempi e ritmi, proprie regole, propri comportamenti. Ma ciò che si percepisce subito è che si è entrati in un altro mondo. Nulla sembra essere più come all’esterno. Qui tutto è lento, opaco, pesante. Dentro tutto sembra indistruttibile, eterno, insostituibile. Due mondi semplicemente estranei, non alternativi. 7. ThyssenKrupp Acciai Speciali di Terni. Una fabbrica moderna Gli stessi operai erano profondamente diversi a seconda dl luogo in cui avveniva l’incontro. Tutti uguali per l’uniformità delle divise, a rendere tutto uguale è la polvere,che tutti e tutto rende uguali. L’acciaieria è la fabbrica moderna per eccellenza. Mettere a lavoro le macchine al posto degli uomini, miracolo del produrre di più, meglio e con minore fatica. La fabbrica è la casa delle macchine. La fabbrica ti mostra da subito ciò che è la fabbrica nella modernità. Una grande immensa officina dove si trasformano i metalli. Se il lavoro di Vulcano lo fanno Una tristezza che sembra farsi strada quando viene meno la fiducia nella possibilità di poter cambiare lavoro, vita. Ma che, per chi l’ha vissuta, è qui direttamente correlata all’esperienza della sconfitta subita a seguito della chiusura del Magnetico. Avvenuta dopo una lunga stagione di mobilitazione. Che segna un prima e un dopo nella narrazione della vita della fabbrica. Una ferita ancora aperta che sembra aver reso indiscutibile la certezza che la ThyssenKrupp AST dispone. Una paura sempre presente. Paura di perdere il lavoro, sicurezza di essere soli e di non farcela. 11. Gli anziani Gli anziani, gli operai in uscita o appena usciti dal lavoro, risultano dall’indagine gli autentici custodi della memoria. Anche in queste generazione di lavoratori forti sono le differenze leggibili in gradi diversi di riflessività. La generazione degli anziani esprime, a prima vista, un preoccupato interrogativo sulle giovani generazioni di operai rispetto ai quali, come detto, prevale un senso di sostanziale estraneità. Alieni per loro. Per ciò che fanno e non fanno, ma soprattutto per quel mondo dei giovani da cui sbarcano in fabbrica. La maggiore preoccupazione sembra riferirsi proprio a loro. In fabbrica sembra accentuarsi il disagio di questa generazione, socializzata al lavoro della fatica e del bisogno. Un disagio espresso in un esplicito timore per il futuro. Qui lo spettro dell’inutilità futura assume le forme del tempo-che-stringe, che non c’è più per passare ai giovani i trucchi, i segreti del mestiere. Questa generazione in uscita dalla fabbrica sa di disporre di un gruzzolo più che rispettabile di competenze. Un’eredità che i più anziani sentono di dover lasciare a chi ci sarà dopo di loro. Con i più giovani si può creare quella particolare complicità resa possibile dal sentirsi vicini proprio quelli più lontani. Un tesoro che solo qui può essere speso. Destinato a farsi carta straccia fuori, dove non circola, né può essere scambiato. Un imperativo etico che impone la restituzione di un capitale di cui ci si è curati come fosse una proprietà personale. Esclusiva e inalienabile. Con l’orgoglio di averlo fatto fruttare e di riconsegnarlo, in ogni caso, più grande, incredibilmente più grande. Una sensazione che sembra appartenere alla parte più debole di questa generazione, a coloro che nella vita mai si sono fatti classe dirigente. L’esercito silenzioso e, per lo più, obbediente proveniente dalle campagne e, a volte, dal sud. Lungo l’intera vita lavorativa, il lavoro all’acciairia ha consegnato un’identità e un’appartenenza certi, insieme ad un salario. Che, riconosciuto, mai esser stato messo in discussione. La sicurezza di una generazione nata e cresciuta negli anni cinquanta, la più fortunata secondo gli studi sulla mobilità sociale italiana, di cui hanno vissuto la fase ascendente. Una generazione che ha sentito raccontare le gesta degli operai ternani anti-fascisti, appena in grado di camminare alla morte di Trastulli e due mitici giorni dei licenziamenti del ’53. Per poi prendere forza e vigore negli anni settanta. Saltando a pièpari il tempo della loro socializzazione al lavoro e al lavoro operaio. Di cui solo più tardi, una volta divenuta memoria storica, di tutti, hanno potuto appropriarsi, sentirsi coinvolti. Molti di famiglia immigrata dal sud, o provenienti dalle campagne del circondario. Operai di prima generazione, figli di contadini, accolti nella grande famiglia operaia ternana impegnati ad imparare la lingua della classe. Compreso l’alfabeto dei diritti. 12. Il sindacato Il sindacato esce con un’ineludibile necessità di ridisegnare un proprio spazio sociale. Una propria rappresentazione, ancora una volta. In grado di avere a che fare con quella cooperazione passiva a cui chiama Bonazzi per spiegare il clima di sostanziale riduzione del conflitto e l’aumento del consenso operaio nelle imprese. Alla ThyssenKrupp AST ci si continua ad iscrivere al sindacato, senza grandi capacità di distinguere tra le diverse sigle. Però partecipano poco più di un operaio su cinque, soprattutto adulti e anziani. Un sindacato amico, a cui ci si rivolge per il disbrigo di pratiche, per la soluzione di problemi della vita quotidiana i fabbrica, delle questioni di carriera interna. Un sindacato attaccato e aspramente criticato,ma che c’è, di cui si riconosce una sostanziale utilità e rispetto alla cui esistenza vige un comune è bene che ci sia, o, anche, il peggior sindacato è meglio di niente. A colpire è proprio la forza e la violenza di questa critica. Tipicamente maschile. Giovanile. Una delle poche occasioni in cui ci si trova di fronte a passioni forti per qualcosa di comune. Il sindacato è attaccato perché c’è. Linee aperte 24 ore su 24, disponibili per ogni concreto problema. Il delegato assume la dorma di chi è responsabile, una figura tipicamente moderna. Alle prese con un servizio just in time, per continuare a far girare la fabbrica e a far migliorare il come-ci-si-vive, ora in eterna rincorsa di relazioni sindacali più grandi. Tessute con l’Azienda, con le istituzioni locali, conosciute come condizioni di produttività, del lavoro e, oggi, della sua sicurezza. Il compito di far convivere nel recinto della fabbrica il sindacato dei servizi con il sindacato di governo e di lotta sta tutto sulle loro spalle. Nei dibattiti pubblici a cui non li vedi mai prendere parte si è da tempo alla ricerca del ruolo del nuovo sindacato, lui è già li, funziona con i suoi prototipi in prova. 13. Gli operai nelle scienze sociali. Una prima ricognizione Esiste un’inscindibile, forte correlazione tra rappresentazione sociale e produzione scientifica per cui si può ipotizzare corrisponda un progressivo slittamento di interesse della comunità scientifica degli scienziati sociali verso altre tematiche. Infatti è stato possibile rilevare come a partire dagli anni ottanta, sia in sede teorica che di ricerca empirica, si sia ridotto progressivamente il riferimento alla famiglia dei temi relativa agli operai, alla loro azione collettiva, alle modalità organizzative e ai loro contesti di vita e di lavoro. L’attenzione al mondo degli operai, alla fabbrica, alle lotte e alle forme organizzative di tipo di tipo formale e informale viene sostituita da un crescente interesse per temi di carattere generale. Fin dalle origini l’interesse per la ricerca micro-sociologica era maturato velocemente in Europa, orientandosi verso la produzione di un proprio paradigma macro. Guadagnando sicuramente nel percorso di fondazione di un proprio, alveo disciplinare, la sociologia industriale si trasforma in sociologia del lavoro industriale. Una sociologia più attenta alla considerazione dei fattori che fanno del lavoro il principale elemento strutturante delle società ad economia capitalista, che ne guadagna attraverso l’acquisizione di una prospettiva teorico-sistematica più complessa, dunque più in grado di fornire elementi di comprensione di tipo generale. Tale prospettiva promuove la distinzione tra esperienza di ricerca empirica e riflessione teorico sistematica , con un maggiore riconoscimento accademico del secondo orientamento. uno –n.5- dei Quaderni rossi- 5 in tutto- mentre gli altri sono prevalentemente dedicati all’aggiornamento delle analisi relative al rapporto tra movimento operaio e lotta di classe. La posizione di Panzieri verrà meno con la sua prematura scomparsa. La conclusione di tale esperienza avviene dopo gli aspri conflitti operai di Torino del 1962. Questa ripresa, in prima battuta, è interpretata come immediata conferma delle ipotesi a cui movevano i Quaderni rossi, dall’altra funge da detonatore delle grandi differenze presenti. In questa diaspora è già possibile riconoscere i diversi gruppi, gli attori e i relativi accenti, che caratterizzano la riflessione operaista della fine degli anni sessanta e di buona parte degli anni settanta. Alla metà degli anni settanta sono già disponibili i testi di culto di quella parte della generazione del ’68 che darà luogo alle formazioni di Potere operaio di Pisa, del Veneto e dell’Emilia. Nuovo interesse per la tradizione marxista rivoluzionaria e libertaria degli anni venti. Si avviano le prove di connessione tra il paradigma critico marxista e l’intera letteratura critica europea prodotta a cavallo tra i due secoli. Un perdurante vizio idealista ed economista che impedirà, ancora una volta, ai partiti e ai movimenti della sinistra italiana di dotarsi di una cassetta degli attrezzi adeguata a comprendere le grandi rivoluzioni in corso o in preparazione: primi anni sessanta, quella femminista degli anni settanta, del crollo del blocco sovietico della fine degli anni ottanta, quello dell’avvento della società della comunicazione e di un mondo globale a totale conduzione capitalistica, i cui effetti costituiscono il mondo contemporaneo. 15. Tre generazioni di ricercatori sociali del lavoro. Le fabbriche, il sindacato, i territori, lo sviluppo locale La sociologia del lavoro italiana nasce come sociologia industriale, sulla scia manageriale proveniente dagli studi statunitensi, dai quali trae lo specifico sguardo pragmatico accompagnato dalla ricerca empirica. Ma ben presto orienta la propria riflessione in modo marcato verso una prospettiva macro, facendo proprio un orientamento di tipo strutturale. La seconda generazione di sociologi del lavoro si è socializzata alla ricerca nei movimenti studenteschi e femministi e nelle lotte operaie della lunga fine degli anni ’60 italiani. Una seconda, grande stagione di studi e riflessioni, che contribuisce fortemente alla sua istituzionalizzazione e in cui la sociologia del lavoro proprio perché si andava costruendo un diverso sguardo sulla fabbrica. Un lavoro di ricerca che non poteva contare né su una propria tradizione di studi, né su una comunità scientifica consolidata e riconosciuta. Una riflessione condotta anche da un gruppo di sociologhe di diverse generazioni che in quegli anni hanno avviato in Italia una riflessione di genere. Anch’essa provata, a ridosso e a seguito, dell’esperienza del movimento femminista italiano. Chiara Saracento e Silvia Gherardi a Trento; Anna Anfossi, Adriana Luciano e Luisa Bianco a Torino; Bianca Beccalli e Laura Balbo a Milano. Tutte iscritte a scienze sociali del lavoro. Poi gli anno più recenti, in cui il cuore della produzione scientifica sul lavoro si allarga al territorio, includendo l’esperienza, tutta italiana, dei distretti industriali. E il riferimento al mondo delle imprese piccole e medie, alle loro reti, alla vocazione locale. Alla figura dell’operaio- dipendete si sostituisce quella dell’operaio-imprenditore-di-se-stesso. Si apre il tempo degli studi di caso, in cui per il lavoro, fattosi sinonimo di impresa, variabili decisive diventano il riferimento alla famiglia, al privato sociale, alle reti di imprese, alle loro forme organizzative autonome e al riferimento,ancora una volta locale, a modalità del politico e di produzione della scienza del tutto inedite. Proprio questa storia dello sviluppo locale ha rappresentato il secondo, grande elemento dell’eclissi degli operai e del loro lavoro. Insieme alle grandi sconfitte politiche degli anni ’80. Provocandone interesse dei ricercatori sociali. Un lavoro che vede impegnati molti ricercatori di diverse generazioni e sedi. Negli anni ’80 e ’90 anche in Italia comincia ad autonomizzarsi la figura del consulente. Progressivamente sempre più esterno ad una riflessione e ad una ricerca sociale empirica di tipo scientifico e più rispondente ad esigenze di mercato. Le mura delle fabbriche sembrano essersi fatte ancor più alte anche in sede scientifica. Fino a rendere desueto e invisibile lo stesso lavoro di revisione dei paradigmi di ricerca. 16. Il carattere dell’indagine, il metodo, le tecniche di rilevazione L’indagine può definirsi di tipo esplorativo, in sede metodologica, sia per il dichiarato contesto della scoperta, sia per i caratteri di elevata flessibilità delle procedure e delle tecniche utilizzate, in senso quantitativo e qualitativo. La raccolta dei dati ha preso il via dalla riproduzione di un questionario somministrato nel 1996 a 297 dipendenti, riproposto a 303 dipendenti della stessa Azienda. Nel 2006 i lavoratori della ThyssenKrupp Acciai Speciali di Terni sono stati selezionati attraverso un campione di soli uomini, rappresentativo sia della posizione lavorativa occupata all’interno dell’azienda, sia dell’età e del livello di inquadramento. In una seconda fase, novembre 2007 – febbraio 2008, sono state fatte 23 interviste in profondità, ad operai di diversa età, allo scopo di rilevare i percorsi generazionali attraverso i quali si è andata strutturando l’identità individuale, la partecipazione al lavoro di fabbrica e i modi di appropriazione, distanza o mutamento dell’identità sociale operaia. La ricostruzione del contesto della città e di fabbrica è avvenuta attraverso interviste a testimoni privilegiati, dotati di un’elevata conoscenza della fabbrica e della sua presenza nella città e il riferimento sia ad un’ampia letteratura in merito, sia a documenti di fonte istituzionale, aziendale e giornalistica . osservazioni sul campo all’interno e all’esterno della fabbrica e un’analisi relativa alla rappresentazione sociale degli operai veicolata dalla stampa italiana e tedesca a seguito dell’incidente avvenuto nella sede di Torino. L’indagine si è proposta di rilevare l’entità degli articoli e la rilevanza dei temi e delle questioni intorno ai quali si struttura la rappresentazione sociale degli operai veicolata dalla stampa nazionale. Riassunto da pagina 56 a 112 GLI OPERAI,LA FABBRICA,LA CITTà : L’ACCIAIERIA DI TERNI. IL PASSATO PROSSIMO,IL PRESENTE L’Acciaieria di Terni è parte della multinazionale ThyssenKrupp Ag un gruppo industriale che impiega circa 188 persone nel mondo. È divisa in tre principali aree tra cui quella di acciaio che presenta due tipi di produzione: acciaio al carbonio e acciaio inossidabile e a questa dell’acciaio inossidabile fanno riferimento molte società sparse nel mondo come la ThyssenKrupp acciai speciali di Terni in Italia. Questa società è specializzata nella produzione di acciai inossidabili laminati piani. Gli operai sono circa 2.000 senza richiedere condizioni migliori. Un generale senso di soddisfazione si può riscontrare in tema di scuola e ospedali ma no per la difesa ambientale. Inoltre ci sono una serie di domande relative all’orientamento politico e si è notato come nel tempo ci sia stato uno slittamento verso gli estremi ma anche verso il centro. I lavoratori della Thyssenkrupp si auto-collocano in una posizione di sinistra. Nella prima domanda aggiunta del 2006 veniva chiesto di presentarsi e alcuni si presentano solo con il nome, i giovani fanno riferimento all’onestà mentre gli anziani al lavoro. La seconda domanda chiedeva di indicare chi gli fosse stato vicino durante le mobilitazioni per il Magnetico e molti hanno risposto nessuno. La terza domanda era quali fossero le loro paure,e nessuno ha citato la possibilità di incidenti sul lavoro. Infine l’ultima domanda era se gli sarebbe piaciuto che anche i loro figli diventassero degli operai e hanno quasi dato tutti risposte negative. In conclusione il mestiere dell’operaio viene descritto come faticoso,stressante e mal retribuito. Nel 19esimo secolo la modernizzazione ha dissolto la struttura feudale ed ha prodotto le basi per la struttura feudale così come oggi la modernizzazione ha dissolto la società industriale e fa emergere una società globale. La modernizzazione è di tipo RIFLESSIVA e secondo Beck è basata su tre principi : Dissoluzione della tradizione e individualizzazione,globalizzazione e insicurezza costruita. Oggi giorno viviamo in un mondo in cui si assiste ad un aumento dell’incertezza di cui la scomparsa del lavoro è uno degli aspetti dalle conseguenze psicologiche maggiori. Attraverso delle interviste fatte sia a dei ragazzi di 24/25 anni e a uomini più maturi di 50 anni possiamo analizzare i vari mutamenti che ci sono stati all’interno della fabbrica. Una volta l’operaio conosceva il suo direttore,ora è tutto più gerarchizzato,la multinazionale sta in Germania e non è possibile avere un contatto diretto con il proprio datore di lavoro. Inoltre oggi giorno è diminuito il numero di sindacati,l’azienda riduce sempre di più il personale e il sindacato interviene poco e niente. I giovani non credono con convinzione nel sindacato ma lo fanno perché è una cosa tramandata ma oggi giorno purtroppo il sindacato non conta ma anzi spesso sembra essere un istituzione antagonista agli interessi operai. Una volta l’azienda era una certezza dove ogni operaio ha costruito anche il proprio carattere,oggi è presente la sensazione che la fabbrica può chiudere da un momento all’altro trasmettendo zero certezze. Oggi il rapporto con i compagni di lavoro è più freddo,non è più un rapporto familiare come una volta ma questo è dato anche dalla società esterna. Una volta dentro la fabbrica non esisteva gente che si drogava o ubriacava purtroppo oggi sì. Quindi i giovani si lamentano tutti,lo stipendio è basso,si ha sfiducia nei sindacati e anche nella politica,non hanno nessuna certezza di lavorare lì fino alla pensione e all’interno dello stabilimento non c’è più un punto di riferimento perché sembra come se la multinazionale prende decisioni senza interpellare nessuno. Oggi gli operai alla domanda “cosa ti senti?” rispondono : sono operaio ma non mi sento operaio. E alla domanda chi sono oggi gli operai? : Coloro che si mettono in gioco. (questo è il riassunto delle varie interviste che sono state fatte.) 3.3 Modernizzazione, individualizzazione e rischio. Nella nuova modernità l’attenzione si sposta sull’individuo, che ottiene maggiori risorse per agire e riconoscersi; aumentano i margini di autonomia ma crescono le pressioni sulla formazione di un’identità. Crescono nell’individuo ansia e preoccupazione viene meno la capacità di definire piani a lunga scadenza il mondo è percepito come rischioso. Società del rischio, in cui ognuno è solo e artefice del proprio destino. In particolare tali sensazioni sono provate dai più giovani. Altri problemi sono dati dalla mancanza di coesione tra giovani e anziani ma anche tra i giovani stessi. Manca la possibilità di un intervento autonomo nel caso in cui si fermi un macchinario prima potevano aggiustarlo da soli ora non si può fare piu niente Gli operai più giovani non vivono il lavoro come momento di riconoscimento sociale ma in modo strumentale e disincantato senza aspettative future. I ragazzi vogliono bruciare le tappe non si sentono parte del lavoro anche perché non hanno partecipato a tutti i movimenti di rivolta o di emancipazione. Il passato per i più giovani non conta, non lo conoscono, fondamentale è il presente dove però mancano ancora parecchie certezze. Ognuno non percepisce più l’altro come appartenente a una comunità ma solo come un altro individuo a lui estraneo e in cerca di una proprio autonomia. 3.4 Consumo e tempo libero Le merci di consumo sono associate al lusso all’estetismo, bellezza, avventura; scopo principale è la ricerca di un look, si vuole tutto e subito senza comprendere il significato del sacrificio. La formazione che si da a scuola non è sufficiente e nascono soggetti poco istruiti. Nascita di “giovani adulti” cioè giovani che prolungano la loro permanenza nella famiglia rimandando la scelta di indipendenza e autonomia. 4. Operai al lavoro. Rappresentazioni, relazioni, pratiche 4.1 Un delitto perfetto La vittima del delitto è l’operaio e la classe operaia, che è morta ma non si sa chi sia l’artefice. Si da la colpa agli individui stessi e alla loro frammentarietà all’interno della fabbrica, alla fabbrica stessa che non mette a proprio agio i lavoratori o anche al sistema politico che mal gestisce la classe operaia. La classe operaia non ha più la valenza di una volta ora i giovani al lavoro non si identificano con una classe, la classe a cui dicono di appartenere è formata dai rapporti esterni, sociali. Altra causa può essere il fatto che il luogo prima degli operai era solo la fabbrica ira è l’intera società, oppure la difficoltà di trasmettere un sapere, un mestiere ai nuovi arrivati. 4.2 “pensavo a tutto ma non di fare l’operaio” Prima il lavoro in fabbrica, all’acciaieria era garanzia di stabilità e una percezione di mobilità sociale verticale, oggi alla domanda se vorresti che tuo figlio facesse l’operaio molti rispondono di no. Ora lavorare in fabbrica significa instabilità e mancanza di prospettive stabili. avvenuta alle acciaierie ThyssenKrupp di Torino. Proprio per questo sono stati analizzati tutti gli articoli che, in un certo lasso di tempo, hanno avuto come oggetto l’incendio della fabbrica e le sue conseguenze giudiziarie, sociali e politiche. Si tratta di 333 articoli in totale, una mole imponente che segnala la grossa risonanza che avuto l’evento. Gli articoli sono stati tratti da quattro testate: La Repubblica, il Corriere della Sera, La Stampa e Il Manifesto. Questa analisi ha portato una nuova attenzione per il tema del lavoro in fabbrica insieme all’attuale rappresentazione dell’operaio. L’approccio di ciascun giornale al fatto ovviamente è diverso perché diversa è la prospettiva da cui viene analizzato. Negli articoli si parla soprattutto della scarsa sicurezza presente in fabbrica, dello sfruttamento dell’operaio, dell’incertezza relativa al suo posto di lavoro, dell’invisibilità dell’operaio, della sua umiltà, della sua dignità, del suo sacrificio e al tempo stesso anche della sua fierezza. Si parla dell’orgoglio dell’operaio e dell’attaccamento al suo lavoro, del fatto che il suo è un lavoro indispensabile per la società anche se spesso lo si da per scontato, ma anche del mutamento avvenuto: l’operaio in passato era tale sempre e con orgoglio, dentro e fuori la fabbrica; ora lo è solo nel microcosmo lavorativo. L’identità operaia non esiste più. Anche la figura del padrone non è più quella di un tempo contro cui si schieravano con ostilità tutti gli operai. Il padrone è spesso rappresentato come qualcuno che lavora fianco a fianco con l’operaio, di cui condivide le stesse paure. Questa potrebbe essere una delle motivazioni per cui è venuta meno l’appartenenza alla classe. Ad essere cambiato è anche l’orientamento politico dell’operaio che non è più sempre un comunista come un tempo, ma spesso un leghista. Da una parte l’operaio è rappresentato ancora legato a una posizione, a suo modo, ribellista e rivoluzionaria, trovando come unico possibile alleato la Lega. Dall’altra è relegato fuori dalla cosa politica perché non vede rappresentanza alcuna del proprio ruolo nei vari partiti. E’ di tutto questo che si parla nei vari articoli. 5.4. Reazioni conseguenti alla tragedia della ThyssenKrupp AST di Torino Interessante è anche analizzare come ha reagito all’incendio avvenuto nella fabbrica di Torino il mondo intorno agli operai: l’opinione pubblica, i familiari, gli amici e i colleghi. Tanta è la rabbia, la voglia di giustizia, il dolore e anche la voglia di vendetta, ma di fronte al fatto rimane solo impotenza. Pesante è l’accusa rivolta alla dirigenza dell’azienda tedesca, a volte a personalità politiche. 5.6 La stampa tedesca Altrettanto interessante è osservare il comportamento della stampa e dell’informazione telematica tedesca rispetto a questo fatto. Né giornali né siti tedeschi ne parlano e nei rari casi in cui si accenna a qualcosa si dipinge l’Italia come un paese esagerato e troppo lamentoso.
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