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Opere e vita Giovanni Verga, Sintesi del corso di Italiano

verismo e contesto storico Verga

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 14/11/2019

PaolaIngrassia_95
PaolaIngrassia_95 🇮🇹

4

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7 documenti

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Scarica Opere e vita Giovanni Verga e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! L’età postunitaria IL NUOVO ASSETTO POLITICO Con l’unificazione, l’Italia divenne una monarchia Costituzionale, regolata dallo Statuto Albertino del 1848. Il nuovo Stato era rigidamente accentratore, le autonomie locali erano praticamente inesistenti. A tutta l’Italia venne estesa la legislazione sabauda. Aveva il diritto di voto solo il 2% della popolazione, si trattava per lo più di grandi proprietari terrieri. Al suffragio universale maschile si arriverà solo nel 1913. LA POLTICA ECONOMICA DELLA DESTRA STORICA L’Italia dopo l’unificazione era un paese fortemente arretrato. La DESTRA STORICA era ostile ad uno sviluppo industriale, poiché l’Italia, essendo povera di materie prime, non avesse i requisiti adatti. Favori però il settore agrario, applicando tariffe doganali molto basse per le esportazioni agricole, ma ciò determino il fallimento delle industrie. La situazione generale resta fortemente arcaica soprattutto al centro-sud, venivano utilizzai metodi di coltura arcaici con rapporti di produzione ancora di origine feudale (mezzadria= il proprietario terriero affidava al lavoratore le terre in cambio di una spartizione dei guadagni. LA SINISTRA: INDUSTRIALIZZAZIONE E CRISI AGRARIA. Tutto cambio dall’avvento della Sinistra al potere. Inaspri le tariffe doganali. Si uni con Prussia e Austria nella TRIPLICE ALLENZA e ciò la spinse alla corsa agli armamenti, ciò potenzio l’industria siderurgica. Nel 1880 vi fu una crisi agraria dovuta all’arrivo dei grani americani a prezzi bassi. L’effetto di tutto ciò provoco un ulteriore Impoverimento del MEZZOGIORNO. La struttura sociale: aristocrazia e borghesia. L’aristocrazia gode ancora di grande peso e prestigio sociale, fornendo modelli di comportamento anche ai ceti altoborghesi che si vanno formando. Accanto alla componente tradizionale dei nobili si collocano i borghesi, magistrati, banchieri e finanzieri. Nel ceto medio fanno parte i commercianti, artigiani. E infine si collocano le masse contadine. Le ideologie. POSITIVISMO: l’Italia negli anni ’70 e 80 dell’800 si avvio verso l’industrializzazione ed esalta il progresso. Questo atteggiamento è proprio del positivismo, esso è una corrente filosofica che esalta le scienze positive come la matematica. La scienza è considerata l’unico strumento di conoscenza e il metodo scientifico è l’unico valido e va esteso a tutti i campi compreso l’uomo e la società. Il positivismo è dunque un movimento filosofico che si basa su una profonda fiducia nel graduale progresso dovuta alla scienza e alla tecnica. Alle origini del positivismo sta il pensiero del filosofo francese Auguste Compte. I cardini del pensiero sono: • L’unica conoscenza valida è quella scientifica, oggettiva e verificabile. • Il mondo reale è considerato scientificamente conoscibile. • Il metodo scientifico va esteso a tutti i campi del sapere. contribuisce al successo del positivismo la teoria dell’evoluzionismo (CHARLES DARWIN) IL NATURALISMO FRANCESE • Il naturalismo si afferma in Francia negli anni ’70 dell’800 ed ha alla base il positivismo. Fu un movimento culturale che rifiutò ogni visione religiosa, metafisica o idealistica, nella convinzione che tutta la realtà è un gioco di forze materiali, fisiche, chimiche spiegabili scientificamente. I maggiori esponenti del naturalismo francese furono: Flaubert, Balzac e Zola. Quest’ultimo sostiene che il metodo sperimentale delle scienze deve essere applicato all’uomo, quindi il romanzo diviene il resoconto di un’esperienza scientifica esposta al pubblico. Il presupposto di tali teorie è la convinzione che anche le qualità spirituali sono un dato di natura come quelle fisiche e che le leggi fisse reggono il funzionamento del corpo umano cosi come il pensiero e i sentimenti. La scienza, sostiene Zola, non ha ancora trovato con certezza tutte le leggi che regolano la vita dell’uomo, ma due principi si possono già affermare: l’eridarieta’ biologica e l’influsso dell’ambiente sociale. La conclusione a cui approda Zola è questa: bisogna conoscere il mondo per poterlo dominare, cosi anche il fine del romanzo sperimentale è impadronirsi dei meccanismi psicologici per poi poterli dirigere. Scrisse un vasto ciclo romanzesco: chiamato ROUGON MAQUARTE. Dal 1887 al 1888 nella casa di campagna di Zola a Medan si riuniscono GUY DE MONPASSANT e HUYSMANS, che riconoscono come maestro Gustavo Flaubert. Dalle conversazioni e dalle sperimentazioni della nuova poetica, il più possibile oggettiva e verosimile nasce una raccolta collettiva di 6 novelle intitolata LE SERATE DI MEDAN che costituisce una sorta di prefazione al MANIFESTO DELLA SCUOLA NATURALISTA. Il verismo narrativo Il verismo è un movimento letterario che nasce in Italia sotto l'influsso filosofico del positivismo. Esso si afferma alla fine dell’800 e rinnova i moduli realisti della Narrativa romantica, che hanno come principale punto di riferimento i promessi sposi di Alessandro Manzoni. Il maggior narratore verista è Giovanni Verga, ma i principi della poetica verista sono enunciati dal siciliano Luigi Capuana. Le concezioni veriste si avvicinano a quelle naturaliste francesi. I cardini della poetica verista sono: • la ricerca della scientificità • L'impersonalità del narratore (il narratore deve eclissarsi, non deve più intervenire nel testo con commenti o giudizi). L'impersonalità è il motivo centrale dalla poetica di Verga e di Capuana. In particolare, Verga, nel suo romanzo I MALAVOGLIA, sostituisce alla voce del narratore scienziato quella del narratore corale, che esprime i pensieri e i modi di intendere di coloro che vivono nell’ambiente in cui si colloca l'opera. • La ricerca di un linguaggio nuovo dei personaggi. Il verismo rispetto al naturalismo francese, presenta: un tono pessimistico che induce gli autori a sottolineare i drammi e la miseria che il progresso porta con sé. Il carattere regionalistico ossia meridionalistico, ma anche toscano e di altre regioni. LA SCAPIGLIATURA. Il termine scapigliato connota già nel 600, una persona con i capelli scomposti, arruffati, uno scapestrato dedito ad una vita disordinata e trasgressiva. Nel 1882, il milanese Cletto Arrighi, usa questo termine per la prima volta nella sua opera intitola “LA SCAPIGLIATURA e il 6 FEBBRAIO”. Di essa sono protagonisti alcuni giovani, accomunati dal desiderio di rivolta, dal accrescere i suoi averi con lo scopo di averne più del re. La novella si conclude con la sua disperazione, mentre lui è sul punto di morte, chiede alla sua roba di seguirlo nella tomba. IL CICLO DEI VINTI è un ciclo di romanzi in cui Verga intende delineare la fisionomia della vita italiana moderna. Tutta la società è dominata dai conflitti di interesse e il più forte trionfa sul più debole. Verga non intende però soffermarsi sui vincitori ma sui vinti, ricordiamo I MALAVOGLIA e MASTRO DON GESUALDO. Verga, nella prefazione ai Malavoglia, descrive il progresso come una fiumana inarrestabile che procede attraverso una dura lotta di selezione degli uomini, riprendendo la teoria darwiniana della lotta di selezione della specie. La corsa impetuosa di questo fiume appare imponente e priva di fratture, ma rivela tutti i risvolti negativi che porta con sé, con i soprusi che i deboli devono subire da parte dei più forti. Verga quindi afferma la positività del progresso, non può non soffermarsi sulle conseguenze che esso ha nella vita dei più deboli. ne osserva le vittime, rendendole protagoniste di tutte le sue opere. Possiamo così notare che, pur teorizzando una concezione positiva del progresso, Verga ne sottolinei soprattutto le conseguenze sulla vita di coloro che dal progresso vengono sconfitti. I MALAVOGLIA che narra le vicende della famiglia toscano, chiamati Malavoglia perché i soprannomi erano il contrario delle qualità di chi li porta, che abita in un paese di Acitrezza. La famiglia è composta dal nonno padron n'Toni, dal figlio Bastianazzo, dalla moglie Maruzza e dai nipoti Ntoni, Luca, Mena A lessi e Lia. Le loro uniche ricchezze sono la casa del nespolo da loro abitata, e la barca chiamata Provvidenza Le loro disgrazie iniziano con la partenza di Ntoni, per colmare le difficoltà economiche, il nonno acquista un carico di lupini che deve fare arrivare con la provvidenza a Riposto. Ma in seguito ad una terribile tempesta Ia barca naufraga e il carico va perduto, con esso muore anche Bastianazzo. La famiglia sconvolta, per far fronte ai debiti, decide di lavorare per Padron Cipolla. Al ritorno di Ntoni è Luca a partire ma non tornerà mai più, in quanto muore. La famiglia è di nuovo in ginocchio, inoltre per i debiti gli viene sottratta la casa del nespolo, e di conseguenza sono costretti a vendere anche la barca. Al dolore del nonno si aggiunge quello provocato da Ntoni che frequentando cattive compagnie finisce in galera, mentre la madre muore di colera. Le disgrazie non sono ancora finite, Lia diventa una prostituta, e Mena a causa delle vicende è costretta a rinunziare al suo matrimonio. L'agonia della famiglia termina con la morte del nonno. Sarà Alessi a riscattare la casa de nespolo, cosa che non servirà a nulla in quanto la famiglia Malavoglia è ormai distrutta. MASTRO DON-GESUALDO parla di un umile lavoratore che passa la vita ad accumulare terre, denari e ricchezze La sua fortuna è stata sudata e meritata, ma rimane sempre pronto ad aiutare tutti. Per diventare più ricce sposa una ra9azza di nobile famiglia. Il matrimonio si rivela però un cattivo affare. Tutti gli sono contro anche la moglie che aveva accettato il matrimonio per salvare l'onore dei suoi amori con il cugino, rimar,', meLLP1 fredda nei confronti del marito. Anche la figlia Isabella nata dal rapporto tra Bianca e il cugino rimarrà molto ostile al padre. Dopo la partenza di Isabella per Palermo, tutti gettano fango sulle ricchezze dell'uomo. La moglie muore consumata dalla tisi e Don Gesualdo rimane solo e sofferente. Il genero lo costringe a seguirlo c Palermo. Egli muore di cancro nell'indifferenza, solo e abbandonato. DECADENTISMO E SIMBOLISMO Il termine Decadentismo indica una tendenza che ha come precursori lo statunitense_ Edgar Allan Poe e il francese Charles_Baudelaire; come fondatori e principali poeti i francesi Paul Verlaine e Arthur Rimbaud. Il Decadentismo si afferma a Parigi nel ventennio 1870-1890 in un gruppo di poeti che fanno capo alla rivista “IL DECADENTE". Il nome prende spunto dal primo verso del sonetto Languore di Paul Verlaine. I caratteri fondamentali del Decadentismo sono: il pessimismo il disgusto per il mondo, la fuga verso il mistero e. l'ignoto. POETICA DEL DECADENTISMOI cardini dell’estetismo sono: concezione dell’arte come espressione di libertà assoluta, teoria dell’artista come esteta (che persegue la bellezza nell’arte e nella vita); visione della vita come opera d’arte. Il decadentismo presenta una visione opposta a quella del positivismo, perché ritiene che la ragione e la scienza non possono dare la vera conoscenza del reale. Quindi l’anima decadente è sempre protesa verso il mistero che è dietro la realtà visibile, verso l’inconoscibile. Gli strumenti della conoscenza sono quelli irrazionali cioè: malattia, follia che possono essere provocati dall’uso di alcool e droghe che ci permettono di vedere il mistero che è al di là delle cose. Per i decadenti uno strumento della conoscenza è l’arte. L’artista è veggente cioè capace di spingere lo sguardo la dove l’uomo comune non vede nulla. Questo culto dell’arte ha dato origine all’estetismo. BAUDELAIRE Charles Baudelaire è il precursore e maestro del Decadentismo europeo; influenzato da un viaggio in India, dalle opere di Poe e da alcol e droga, nel suo capolavoro poetico I fiori del male fa derivare la bellezza del male e anticipa il Simbolismo. IL SIMBOLISMO E MALLARMÈ Nel 1886, a Parigi viene pubblicata la rivista "Il Simbolista" che dà voce a un gruppo di poeti decadenti i quali si richiamano al simbolo come strumento della creazione poetica e della vera conoscenza, soffermandosi in particolare al suono delle parole che fonda la poesia pura, simile alla musica e alla pitturo impressionista. Principale esponente della tendenza è il parigino Stèphane Mallarmè che nel 1876 pubblica il poemetto “il pomeriggio di un fauno”, prima opera simbolista; insegnante di liceo, soffre di insonnia e scrive testi innovativi nei quali per i simbolisti i simboli diventano il mezzo per cercare di esprimere l'Assoluto, ossia l'ignoto mistero che solo la parola poetica può scandagliare. VERLAINE E RIMBAUD Arthur Rimabud, dopo l'incontro a Parigi con Verlaine, ancora giovanissimo in pochi anni scrive le prose “Una stagione all' infero” e i poemetti in prosa Illuminazioni. Abbandonata la scrittura, nel 1880 si trasferisce in Africa. come agente commerciale, nel tentativo di sfuggire agli stati allucinatori provocati dall'uso di stupefacenti. Rimbaud teorizza che il poeta è maledetto e veggente, perché attraverso un programmato stato di delirio perviene alla visione dell'Ignoto e la riporta agli uomini nella sua poesia. HUYSMANS E WILD Huysmans pubblica il romanzo A RITROSO, considerato dai critici il testo esemplare dell'estetismo, in cui il protagonista Jean Des Essentis, prototipo dell’eroe decadente, ricerca nella. sua vita la bellezza, e il piacere che ne deriva; nelle forme più raffinate e più dissolute; infine, però, cade in preda ad allucinazioni e incubi. Oscar Wilde, dopo essere stato esteta ed eccentrico protagonista dei salotti decadenti, viene condannato a due anni di carcere per omosessualità nel 1895. Autore di molte opere, nel 1821pubblica il rimando II RITRATTO DI DORIAN GRAY, classico del Decadentismo e dell'estetismo narrativi. GIOVANNI PASCOLI Giovanni Pascoli Giovanni Pascoli è il poeta che ha lasciato profonde tracce nella poesia del 900 italiano. Nasce nel 1855 a Sai Mauro di Romagna. All'età di 11 anni nel 1867 viene colpito da una grande tragedia. Il padre viene assassinate mentre ritornava a casa. Tale evento causa una violenta e traumatica frattura nell'esistenza del poeta. Ur anno dopo muoiono anche la madre e la sorella. Tutti questi lutti portano Giovanni Pascoli a pensare che la vite e l'universo siano un mistero incomprensibile, e che sulla terra predomini un destino maligno aggravato dalle crudeltà umane. Successivamente sarà recluso per aver partecipato ad una manifestazione. Provato dalle reclusioni dopo 3 mesi di carcere esce e si affianca ad idee umanitarie e pacifiste. Riesce a laurearsi e diventa professore di greco e latino. Nel 1902 riesce ad acquistare la casa di Castelvecchio dove fino a poco tempo prima viveva con la sorella. Egli vuole ricostruire il nido familiare perduto. Il poeta attraversa una fase in cui affronta temi legati al mito, ma poi manifesta di condividere le azioni coloniali del paese dando origine alla poesia civile. Egli si spegne a Bologna nel 1912. IL PENSIERO E LA POETICA I principi fondamentali dalla poetica Pascoliana si ritrovano nel saggio IL FANCIULLINO, l'idea culturale è che il poeta coincide col fanciullo che si trova in ognuno di noi. Un fanciullo che vede tutte le cose “come per la prima volta” con stupore e meraviglia e che deve usare un linguaggio diverso da quello della comunicazione abituale che sappia scoprire le cose nella loro freschezza originaria. Questo atteggiamento irrazionale e intuitiva consente una conoscenza dalla realtà e ci permette di cogliere l'essenza segreta delle cose. Il poeta appare come un veggente, dotato di una vista più acuta di quella degli uomini comuni. La poetica Pascoliana rientra in un ambito decadente e può essere considerata “poesia pura” cioè spontanea e disinteressata, una poesia che esprime un messaggio sociale, che invita tutti gli uomini alla fratellanza. I POEMI CONVIVIALI. i poemi conviviai sono dedicati a personaggi della storia antichi quali: ULISSE, ACHILLE, ELENA, SOCRATE. GABRIELE D'ANNUNZIO Gabriele D'Annunzio nasce nel 1863 a Pescara in una famiglia borghese e agiata, che lo ricoprì di attenzioni, anche per la sua precocità intellettuale. Compie ottimi studi. Dal 1881 si trasferisce a Roma, iscrivendosi alla facoltà di lettere. Ma la vita brillante della capitale distoglie l'ambizioso provinciale dagli studi regolari, D'Annunzio non prenderà mai la laurea. Nel 1883 sposa la principessa Maria Hardouin di Gallese, dalla quale avrà tre figli. È ormai affermatissimo come scrittore. Un nuovo legame con la contessa Maria Gravina, gli dà altri due figli, tra cui la prediletta Renata, che D'Annunzio soprannomina gentilmente "la Sirenetta". Nasce l'amore intenso e tumultuoso con la grande attrice teatrale Eleonora Duse. Nel 1897 è eletto deputato per l'estrema destra, ma nel marzo 1900 passa clamorosamente a sinistra. Dal 1898 si stabilisce con la Duse in Toscana. Chiuso l'amore con la Duse, altre burrascose relazioni si susseguono e si intrecciano senza intervallo. Soverchiato dai debiti e assediato dai creditori, nel 1910 ripara in Francia. Nel 1915 rientra in Italia ed è tra i più fervidi interventisti. Dopo l'entrata in guerra dell'Italia prende servizio al fronte, mosso dall'ambizione di svolgere in ogni circostanza il ruolo del superuomo. S'impegna poi in molte azioni di guerra rischiose: l'incursione aerea su Polo, il volo su Vienna, ma soprattutto, occupa Fiume. Conclusa l'avventura di Fiume si sposta in una villa di Gardone Riviera. Qui resta sino alla morte, nominato nel 1924 dal re, su proposta di Mussolini, principe di Montenevoso. Muore il 1° marzo 1938, stroncato da un'emorragia cerebrale. IL PENSIERO E LA POETICA I caratteri dominanti della produzione letteraria dannunziana sono: il panismo che intende l'uomo come parte inscindibile della natura e deriva da una rilettura del pensiero di Nietzsche; l'estetismo, si definisce la disciplina filosofica che si occupa del bello e dell'arte è un atteggiamento culturale e filosofico: attribuisce priorità alla bellezza e ai valori estetici. II superomismo deriva dal pensiero del filosofo tedesco Nietzsche. Il superuomo dello scrittore italiano si identifica nel disprezzo della vita grigia, e volgare della massa, nella volontà di potenza nella libertà dalle regole. Nell'interpretazione dannunziana, superuomo è chi incarna il valore militare e i principi nazionalisti e che lotta per affermare la propria volontà e il proprio genio artistico distinguendosi dalla massa, ritenuta inferiore. IL PIACERE. PRIMO ROMANZO DI D’ANNUNZIO. il protagonista dell'opera, il raffinato e coltissimo Andrea Sperelli, divenne ben presto emblema di un’ideale estetico-decadente destinato ad influenzare la Letteratura italiana per diversi anni. Il Piacere fece così da contraltare a tutta quella tendenza naturalistico-positivista che in quel decennio aveva preso piede in Italia e che portava alla luce, un altro capolavoro del calibro di Mastro Don Gesualdo di Giovanni Verga. Il Piacere è la storia di Andrea Sperelli, un ricco e aristocratico cultore dell'arte in tutte le sue sfaccettature, incline ai piaceri della vita quotidiana. Giunto a Roma nell'otto 1884, Andrea inizia a frequentare i luoghi e le feste più elitarie della capitale. E in una di queste che conosce Elena Muti, una giovane contessa rimasta vedova con la quale intraprende ben presto una focosa relazione. Quando però, nel marzo 1885, la donna annuncia ad Andrea di voler troncare la storia e di aver preso la decisione di andarsene da Roma, questi inizia una vita volta alla dissoluzione e alla depravazione. Dopo essere passato di donna in donna, fa la conoscenza di Maria Ferres, donna casta e religiosa di cui si invaghisce e che intende ad ogni costo conquistare. Tornata nel frattempo a Roma anche Elena, Andrea decide di fare sue entrambe le donne; ma se con Maria la strada sembra essere in discesa, la Muti gli resiste, accrescendo in lui il desiderio di possederla. Così, pur avendo instaurato una intensa relazione con Maria, il giovane Sperelli non fa che pensare ad Elena che per errore chiama la propria donna con il suo nome. Dopo aver perso Elena, Andrea perde così anche Maria restando solo. LE LAUDI Le Laudi del cielo, del mare, della terra, degli eroi sono una serie di cinque libri di Gabriele D Annunzio che costituiscono l'opera poetica fra le più note dell'autore, in cui viene sviluppato il concetto di superomismo. Il progetto delle Laudi, realizzato solo in parte, prevedeva la produzione di sette libri. Degli ultimi libri progettati, Taigete e Celeno, restano solo i titoli, dato che non furono nemmeno iniziati. LE OPERE. 5 libri intitolati con il nome di una costellazione. La vetta del capolavoro è il terzo libro: Alcyone, che trae spunto da un'estate in Versilia. CREPUSCOLARISMO Crepuscolari è un termine che definisce un gruppo di poeti che si contrappongono ai Futuri per. il tono malinconico e il linguaggio dimesso, modesto, ai contenuti sublimi dei futuristi, espressi con forme complesse ed elaborate, i crepuscolari contrappongono l’amore per le piccole cose. Sono accomunati nella denominazione per la prima volta da Giuseppe Antonio Borgese che, nel 1910 afferma che la poesia italiana si stava spegnendo in un mite e lunghissimo crepuscolo. I loro modelli sono Pascoli, per la poetica del fanciullino e delle piccole cose, il D'Annunzio del Poema paradisiaco, e i tardo- simbolisti francesi. L'iniziatore: Sergio Corazzini Il romano Sergio Corazzini, iniziatore della tendenza, viene stroncato poco più che ventenne dalla tubercolosi. Le sue brevi raccolte compaiono tra il 1904 e il 1906. La sua poesia esprime la sofferenza e affronta i grandi temi della vita e della morte; oltre che ai modelli italiani, si accosta W tardo-simbolisti francese Francis Jammes e Paul Verlaine. L'autore Principale: Guido Cozzano L'autore principale della tendenza crepuscolare è Guido Gozzano, destinato a morire precocemente di tubercolosi. Legato al gruppo di intellettuali torinesi che gravitano intorno ad Arturo Graf, studia Schopenhauer e Nietzsche e cominciò o pubblicare poesie con buon successo di pubblico. La raccolta I Colloqui e la sua opera più importante. Comprende 24 liriche e si articola in tre sezioni. La prima contiene episodi sentimentali e il tema dell'incapacità di vivere; nella seconda il tema è quello della morte; la terza tratta il rapporto con la malattia e il tema dell'isolamento esistenziale. Gli altri crepuscolari Arturo Graf, Marino Moretti, Fausto Maria Martini, Nino Oxilia, Giulio Gianelli e Carlo Chiaves. FUTURISMO II MANIFESTO DEL FUTURISMO viene pubblicato nel 1909 a Parigi da Filippo Tommaso Marinetti. Negli 11 punti del manifesto di delinea una nuova concezione della vita e della poesia influenzate dal pensiero di Nietzsche, Bergson e Sorel. Sono esaltate la ribellione e l'aggressività, è affermato il mito della macchina e della velocità, sono glorificati il nazionalismo e la guerra. La poetica futurista è caratterizzata da una decisa volontà di rottura rispetto alla tradizione: in ambito letterario Marinetti sostiene il verso libero creato da Gian Pietro Lucini, teorizza l'uso delle parole in libertà, ovvero l'accostamento delle parole senza alcuna connessione logica e sintattica, e l'abolizione della punteggiatura. Il Futurismo tende all'integrazione tra le arti: nell'arco di pochi anni sono pubblicati i manifesti elaborati da Marinetti in collaborazione con pittori, musicisti e architetti. Il Futurismo riveste un ruolo di primo piano nella campagna interventista e, dopo la Prima guerra mondiale, il legame con il fascismo diventa sempre più stretto, al punto che il movimento, pur continuando a sopravvivere, viene assorbito nella cultura ufficiale del regime. FILIPPO TOMMASO MARINETTI Nato nel 1876 ad Alessandria d'Egitto, dopo aver studiato a Parigi ed essersi laureato in legge in Italia, Marinetti si stabilisce a Milano nel 1905 e vi fonda la rivista "Poesia". Nel 1909 pubblica su "Le Figaro" a Parigi il Manifesto del Futurismo. Nel 1911 parte per la Libia come corrispondente di guerra e al ritorno, nel 1912, pubblica il Manifesto tecnico della letteratura futurista, nel quale chiarisce le nuove norme da adottare nella scrittura. Nel 1914 pubblica il suo capolavoro letterario, Zang Tumb Tumb. Dopo il viaggio in Russia egli si schiera a fianco dei nazionalisti e di Gabriele D'Annunzio, nella campagna interventista. Al termine della guerra, nel 1919 affianca Benito Mussolini. Nel 1929 è nominato Accademico d'Italia. Torna ammalato e muore a Bellagio nel 1944. BOMBARDAMENTO DI ADRIANOPOLI Il componimento offre una rappresentazione, in parte verbale e in parte visiva, del bombardamento subito nell'ottobre 1912 da Adrianopoli, una città turca, a opera dei bulgari. Il passo costituì il cavallo di battaglia di Marinetti declamatore. Il brano celebra il rito igienico della guerra, del quale vuole esprimere sulla pagina scritta tutta la forza dinamica. La violenza e la ferocia della guerra sono recepite da Marinetti attratti dalle novità letterarie si soffermano sugli aspetti più stranie provocatori. La seconda invece, è quella di chi, per cultura o sensibilità si avvicina alla letteratura per naturale disposizione d'animo e per il bisogno urgente di esprimere la propria esistenza. Anche 2 sono per Svevo i momenti costitutivi dell'arte letteraria. Il primo è quello dell'ispirazione, corrispondente all'intuizione, mentre il secondo, è quello della riflessione che impedisce ai dati di svanire e all'ispirazione di disperdersi. Per dare un'idea chiara della sua concezione e di questo processo, Svevo ricorre all'immagine del faro e della formica. La metafora del faro è riferita all'ispirazione dell'artista che come la luce intermittente di un faro, balena all'improvviso e poi scompare; la riflessione, è paragonata alla capacità della formica di approfittare di quella luce intermittente per ritrovare la strada da seguire. Nella letteratura per svevo si realizzano 3 obiettivi: • L'oggettivazione dei dati soggettivi dell'esperienza esterna e ancor più interiore • Il recupero e la salvaguardia dell'esistenza, in quanto la letteratura è vita • Il superamento e la valorizzazione dell'inettitudine. Da ciò subentra il tema del malato, ossia dell'uomo autentico capace di assumere le difese della vita. All'estremo opposto sta invece il malato distruttivo che potrebbe far esplodere ordigni in grado di cancellare la vita sul pianeta. Ma il malato per eccellenza è l'artista che solo la scrittura può salvare attraverso la sua funzione salvifica. Primo Romanzo: UNA VITA. Tale romanzo è composto tra il 1887 e il 1889, viene prima proposto con il titolo Un Inetto, ma dopo esser rimasto inosservato viene pubblicato nel 1892 a spese dell'autore con il titolo Una Vita. Il protagonista, Alfonso Nitti, è un giovane impiegato di banca, ma anche appassionato alla letteratura. Egli si è trasferito a Trieste dalla campagna e vive nel conflitto perché da un lato vorrebbe ottenere la promozione sociale, mentre dall'altro sogna la vita pacifica dei campi. La sua vita si trascina nel grigiore quotidiano, fin quando non gli si presenta un'occasione di promozione. Egli infatti conosce Annetta, figlia del proprietario della banca, anch'ella appassionata alla letteratura. La giovane prova attrazione per lui ma egli non ricambia, e con la scusa della malattia della madre si allontana da Trieste. Al suo ritorno Annetta si è fidanzata con il cugino avvocato Macario. Egli chiede un colloquio con Annetta, ma al suo posto si presenta il fratello. Secondo le regole del tempo, i due dovrebbero battersi al duello, ma Alfonso preferisce il suicidio anziché affrontare la sfida. Nelle sue ultime volontà evita di spiegare le motivazioni del suo gesto, non nomina Annetta per risparmiare sofferenze. Apparentemente il romanzo presenta una struttura da narrazione verista, nel tema per la sopravvivenza, con qualche elemento romantico (il suicidio). In realtà l'opera si colloca all'interno di una nuova linea narrativa di Svevo: elemento centrale, la coscienza, cioè il conflitto interno alla psiche del protagonista. Decisivo è il fatto che il protagonista è un antieroe, un inetto, cioè una persona incapace di battersi nella spietata lotta per la vita imposta dalla società moderna. Alfonso, dunque è inadatto alla vita perché sognatore perciò destinato alla sconfitta. Secondo Romanzo: SENILITÀ Questo romanzo viene scritto tra il 1892 e il 1897, viene prima pubblicato a puntate sul quotidiano "l'indipendente", poi pubblicato una prima volta nel 1898, e dopo una revisione viene ripubblicato nel 1927. Il titolo allude ad una debolezza paragonabile a quella senile e quindi alla cifra psicologica dei personaggi. Emilio Brentani, 35enne impiegato in una società assicurativa di Trieste, sognatore e scrittore dilettante, aspira al successo economico ma invia anche l'amico Stefano Balli che non è ricco, ma si consola con le numerose relazioni sentimentali. Emilio che vive accudito dalla sorella Amalia, si innamora di una ragazza Angiolina, con la quale inizia una relazione per passatempo, ma egli la ama nonostante i suoi numerosi tradimenti. Quando Angiolina e Amalia si innamorano di Balli, Emilio lo allontana credendo di salvaguardare la sorella che nel frattempo deperisce, si ammala ai polmoni e soccombe. Dopo l'ennesimo tradimento decide di lasciare Angiolina, rimanendo un sognatore sconfitto e passivo, sempre più triste ed inerte di fronte al passare degli anni, privo di amore, dolore e desiderio. Con senilità Svevo si avvicina a fare della coscienza il centro del racconto. Emilio, infatti è solo descritto sotto il piano psicologico. Rilevante è la capacità del romanziere di creare un sistema di 4 personaggi in relazione e opposizione fra loro. Amalia rappresenta la protezione materna, mentre Angiolina la vitalità sessuale. Sul piano stilistico è innovativa la narrazione condotta dal punto di vista del protagonista quando analizza se stesso. Terzo Romanzo: LA COSCIENZA DI ZENO. Dopo averlo composto tra il 1919 e il 1922, Svevo lo pubblica sempre a proprie spese nel 1923. Il titolo dell'opera è volutamente ambiguo, essa è fortemente innovativa perché non è possibile parlare di una trama lineare e tradizionale. La narrazione in prima persona segue il flusso dei ricordi del protagonista con interruzioni, flashback e anticipazioni temporali. Il romanzo si divide in 8 capitoli Nel 1° Prefazione, la voce narrante è il Dottor 5., uno psicanalista che afferma di pubblicare per vendetta il racconto autobiografico del suo paziente, Zeno Corsini, perché ha interrotto la cura Nel 2° Preambolo, l'io narrante diventa quindi Zeno, commerciante triestino di mezz'età, sposato e padre di due figli. Nei tentativi iniziali di assolvere il compito scritto affidatogli dal Dottor 5. egli rievoca, alcuni ricordi della propria infanzia ma nel frattempo si addormenta. Ritenta il giorno successivo e vede prima una locomotiva, poi un bambino nel quale riconosce il figlio della cognata, che mette in guardia contro i pericoli della vita. Il 3° Il fumo, racconta del rapporto dei Zeno con le sigarette a partire dall'infanzia, che lasciano intuire come egli abbia cominciato a fumare per mettersi in competizione con il padre. Si narrano anche gli inutili tentativi di uscire dal vizio, e i consigli della moglie Augusta di ricoverarsi in una clinica, secondo Zeno perché ella avrebbe potuto portar avanti la tresca con I medico. 5i giunge alla conclusione, non è Zeno ad essere malato: malata è la vita stessa. Nella fine del romanzo la conclusione di Zeno dice che: l'umanità finirà per autodistruggersi, perché l'evoluzione naturale è stata sostitutiva. L’ambiguità e la polisemia del romanzo costituiscono una caratteristica della crisi delle certezze che contraddistingue il secolo. Zeno Cosini è un inetto, come i protagonisti dei precedenti romanzi, ma non è un perdente. Il riferimento autobiografico è evidente. Assai dibattuto è il rapporto con la psicoanalisi e la medicina che emerge dal romanzo. Indubbiamente prevale la diffidenza. La difficoltà nello sciogliere le ambiguità dipende dal particolare e frequente uso dell'ironia nel romanzo. Notevole è la presenza nell'opera di un doppio io narrante. Il tema che fa da sfondo generale a tutta l'opera è la crisi delle certezze e della nozione di verità. Pur travolto da una vita assurda e inafferrabile, l'inetto di svevo è un antieroe che tenta, se non di salvarsi, almeno di capirsi, attraverso l'analisi della propria psiche. Zeno racconta seguendo il libero flusso di ricordi, che non tiene conto di alcuna cronologia. Questo modo di raccontare si avvicina alla tecnica del monologo interiore e del flusso di coscienza di James Joyce. Altra innovazione è il fatto che egli somatizza: cioè manifesta il suo disagio interiore con un dolore che si trasferisce da un punto all'altro del corpo. Il narratore interno si identifica con Zeno, ma al tempo stesso, prende le distanze, utilizzando l'ironia come comicità o umorismo. Svevo nella sua prosa utilizza diversi modi e tempi verbali, che lui stesso definisce tempo misto. Il linguaggio ha la sua originalità, e si presenta come una sorta di costruzione artificiale con apporti di lingue e materiali stilistici diversi. LUIGI PIRANDELLO Luigi Pirandello nasce nel 1867 a Girgenti (Agrigento), in Sicilia, da una famiglia di agiate condizioni economiche. Egli rimarrà sempre legato alla propria terra d'origine. Studiò al Liceo Classico di Palermo, Di qui passò poi alla facoltà di lettere a Roma, ma causa di un contrasto con un professore si trasferisce a Bonn in Germania dove conseguì la Laurea. Tornato in Italia si stabilisce a Roma ed entra in contatto con il teorico verista Luigi Capuana che lo incoraggia a dedicarsi alla prosa. Nel 1894 si sposa con Maria Antonietta Portulano dalla quale avrà 3 figli. Dal 1897 si dedica all'insegnamento in un istituto superiore, ed inizia a comporre opere teatrali. Da lì in poi si verificano una serie di eventi negativi che contribuiranno alla sua visione pessimistica della vita. Oltre ad un gravissimo dissesto finanziario, la moglie cade vittima di una paresi che la costringe per lungo tempo a stare a letto. Alla malattia seguirà poi uno squilibrio mentale della moglie e verrà rinchiusa in un manicomio a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni, Pirandello tentò il suicidio ma trova la forza di reagire per i figli ancora in giovane età. Si interessa al teatro incitato da Nino Martoglio, compone Lumie di Sicilia e La morsa che verranno da Martoglio stesso rappresentate. Nel 1917 viene rappresentato a Roma il suo capolavoro teatrale: la commedia "Così è (se vi pare)” e linguaggio. La narrazione è quasi sempre umoristica. Un primo gruppo di novelle ha caratteristiche realistiche, veriste e con tratti di regionalismo siciliano, dove prevale la denuncia delle ipocrisie morali e sociali che condizionano la vita delle persone, talora causandone la morte. I racconti narrano aspetti delle sofferenze che l'uomo è costretto a subire. In molti testi è il caso che schiaccia i personaggi. UN VITALIZIO, un vecchio agricoltore accetta un vitalizio appunto perché pensa di avere ormai solo poco da vivere: saranno invece i giovani sottoscrittori che gli devono corrispondere la rendita a morire prima di lui La tesi filosofica riguarda l'imprevedibilità dell'esistenza e la narrazione è sospesa fra comicità e amaro umorismo. In La patente il protagonista viene considerato uno iettatore da un intero paese, egli e la sua famiglia ne subiscono le conseguenze e si riducono in miseria. Dopo aver cercato invano di liberarsi dalla mala fama l'uomo si reca da un giudice per ottenere la patente legale di menagramo, e farne almeno una fonte di reddito. La tesi in tal caso riguarda il fatto che l'identità sociale di un individuo è determinata in modo irrimediabile e con crudeli conseguenze, dalle opinioni, spesso irrazionali. La tesi pirandelliana riguarda un cardine del suo pensiero: esistono tante verità quanti sono gli esseri umani e non se ne può venire a capo razionalmente. Le novelle pirandelliane degli ultimi anni toccano soprattutto il tema della morte. Tipico esempio è Di sera, un geranio, in cui lo scrittore rappresenta le ultime sensazioni di una persona che muore e ciò che potrebbe accadere oltre la morte. In questa novella colpiscono le innovazioni stilistiche destinate a fare scuola nella prosa del 900. Nella conclusione il lettore è posto di fronte ad un narratore multiplo, dapprima interno e poi esterno. Nelle novelle successive all’attribuzione al premio Nobel Pirandello si accosto al simbolismo e a tematiche religiose. Nell'ultimo periodo invece, l'autore scrive novelle stimolato dalla propria produzione teatrale sperimentando situazioni verosimili, fantastiche o surreali. LA GIARA La novella presenta la contrapposizione tra due mondi sociali che resteranno sempre distanti e non troveranno mai un punto d'incontro, rappresentati da don Lottò e Zi’ Dima, quello dei ricchi e dei proprietari terrieri e quello dei lavoratori e dei poveri, che non potranno migliorare la propria condizione co/proprio lavoro o con l'ingegno. La novella vede protagonista don Lolò Zirafa, un uomo ricco e ossessionato dalla brama del possesso, che vive nella perenne e logorante diffidenza nei confronti del prossimo. Spinto dalla convinzione che chiunque desideri derubarlo, sottraendogli la "roba" cui ha consacrato un'esistenza, trascorre il suo tempo denunciando malcapitati, e dissipando il suo denaro in processi persi in partenza. Anche il legale di don Lolò, che pur si arricchisce grazie alla nevrosi del suo cliente, arriva al punto di non sopportarlo più. Un giorno don Lolò acquista una giara molto grande per contenere l'olio della nuova raccolta, ma il contenitore si rompe inspiegabilmente a metà. Il ricco Zirafa si vede costretto a rivolgersi quindi all'artigiano Zi'Dima, di cui ovviamente però non si fida. A causa della sua sospettosità perenne, don Lolò non si accontenta del metodo che l'artigiano gli propone per riparare la giara (e cioè, utilizzare un portentoso collante), e lo costringe ad aggiungere una saldatura di ferro. Così Zi'Dima, dopo essersi lamentato della pochissima fiducia riposta nelle sue capacità di artigiano, deve entrare nella giara per portare a compimento il lavoro aggiuntivo voluto da don Lolò. Non calcola però il ristretto collo del contenitore; a lavoro terminato, si rende conto di essere rimasto goffamente intrappolato all'interno della giara stesso, e che l'unico modo per uscire dalla sua prigione di terracotta, è quello di romperla, rovinando così definitivamente il contenitore di don Lolò. Quest'ultimo, dal canto suo, afferma di voler essere risarcito per il danno che verrà fatto alla sua proprietà (o alla sua "roba", per esprimersi in termini verghiani). L'artigiano rifiuta categoricamente, dicendo che nella giara si trova benissimo e non ha nessuna fretta di uscire, e ribattendo che non si sarebbero trovati in questa situazione se don Lolò non avesse insistito per l'inutile saldatura aggiuntiva. Il ricco Zirafa va su tutte le furie, e preso da un impeto di rabbia, infrange la giara con un calcio: Zi'Dima si trova così libero senza aver compiuto alcun atto lesivo nei confronti della proprietà di don Lolò, che esce così sconfitto dalla contesa, senza giara e senza risarcimento. I ROMANZI Nel 1902 viene pubblicato II turno, il cui protagonista Marcantonio Rovi vuole dare in sposa la figlia Stellina al 70enne Diego Alcozer, con l'intenzione di farla risposare una volta diventata ricca con l'amato ma povero Pepè Alletto. Don Diego invece sopravvive anche ad una polmonite e Stellina è disperata. Entra in scena l'avvocato Ciro Coppa cognato di Pepè, che fa ottenere a Stellina l'annullamento del matrimonio ma poi se la sposa. IL FU MATTIA PASCAL il romanzo è diviso in 18 capitoli che si possono dividere in 4 parti narrative. • La prima parte contiene le premesse teoriche del narratore che precedono la narrazione vera e propria. Il protagonista racconta la trasformazione da Mattia Pascal al Fu Mattia. • La seconda parte narra della giovinezza di Mattia Pascal. • La terza parte racconta di come Mattia Pascal diventa Adriano Meis per vivere una nuova vita. • La quarta parte ci porta al punto di partenza e ci mostra come Mattia Pascal diventa il Fu Mattia Pascal. La vicenda è narrata in prima persona, rivissuta nella dimensione interiore del personaggio, ed è priva di riferimenti storici e temporali esterni. UNO NESSUNO E CENTOMILA Il romanzo si collega al Fu Mattia Pascal, riprendendo il tema centrale della visione pirandelliana, la crisi dell’identità individuale. Il protagonista, Vitangelo Moscarda, scopre casualmente che gli altri si fanno di lui un’immagine diversa da quella che egli si è creato di sé stesso, scopre cioè di non essere “uno”, ma di essere “centomila”, nel riflesso delle prospettive degli altri, e quindi “nessuno”. Trama. In seguito ad una casuale osservazione sul suo naso fattagli dalla moglie Dida, Vitangelo Moscarda, detto Gengè, scopre di essere completamente diverso, nella considerazione degli altri, da quanto aveva sempre creduto, di essere visto quindi in “centomila” forme e modi diversi tra loro inconciliabili. Egli cerca allora di evadere da questa situazione, compiendo azioni imprevedibili che inducono l’opinione pubblica a considerarlo pazzo. Gengè valuta positivamente questa situazione che “non concludere” e che lo porta ad inserirsi nel flusso della vera vita, rinascendo continuamente, “nuovo e senza ricordi: vivo e intero…in ogni cosa fuori”, completamente separato dalla società e dal comune modo di pensare della gente. La follia è dunque, paradossalmente, l’unica via d’uscita di Gengè, per la sola che possa in qualche modo liberarlo dagli schemi e dalle “maschere” imposte a tutti dalla società. IL TEATRO Le opere teatrali di Pirandello sono raccolte sotto il titolo di “maschere nude”. I testi drammaturgici sono divisi in COMMEDIE VERISTICHE, OPERE A TESI, CAPOLAVORI INNOVATIVI E I LAVORI DEGLI ULTIMI ANNI. Nel 1910 a Roma furono presentati due atti: LA MORSA e LUMIE DI SICILIA. IL TEATRO NEL TEATRO. “SEI PERSONAGGI IN CERCA DI AUTORE” • 1920-1921• il contrasto tra Arte e Vita, tra persona e personaggio. Fin dal 1917, come testimonia una lettera al figlio Stefano, Pirandello pensava di scrivere un romanzo con sei personaggi che gli chiedono inutilmente di prendere vita nelle sue pagine. Ben presto, però, il progettato romanzo si trasformerà in una commedia. Annunciata nell'ottobre del 1919, l'opera viene scritta nell'inverno del 1920-21 rappresentata il 9 maggio 1921 al Teatro Valle di Roma dalla compagnia di Dario Nicodemi, con un esito negativo. Pirandello rischia perfino l'aggressione fisica. Anche parere dei maggiori critici non è favorevole. Bisogna aspettare la rappresentazione milanese del 27 settembre perché l'opera abbia un'accoglienza migliore. Da allora sa viene rappresentata nelle maggiori capitali europee e negli Stati Uniti d'America. Nel 1921 il testo confluisce nella seconda raccolta delle Maschere nude. Risale al 19 la seconda edizione della stessa raccolta, in cui si trovano le prime modifiche al testo un ruolo più rilevante riservato al Capocomico e agli Attori; un ridimensionamento delle battute del Padre. Nell'edizione del 1920 si trovano importanti innovazioni che riguardano la scenografia e la modalità della messa in scena. Anzitutto le scalette che mettono in comunicazione platea e palcoscenico, permettendo ai personaggi, che si presentano con maschere particolari, di giungere dalla platea e alla Figliastra, alla Fi-ne, di andar via da essa; viene anche ampliata la parte iniziale. Il dramma, composto di tre atti, segna una definitiva rottura col teatro tradizionale e costituisce una delle opere fondamentali della drammaturgia del Novecento. Pirandello infatti nei Sei personaggi usa la strategia del "teatro nel teatro" (per cui durante la recita si mette in scena un'altra recita) per discutere e porre in questioni meccanismi stessi della rappresentazione. Nel dramma i meccanismi del teatro (una compagnia di attori che sta provando un dramma di Pirandello, il gioco delle parti) entrano in contrasto con un elemento este, no, che proviene direttamente dal mondo della fantasia (sei spettrali personaggi concepiti da uno scrittore, il quale però non ha voluto fissarli in un'opera). I sei personaggi chiedono di rappresentare il dramma che è in loro e a cui l'autore non ha voluto dar forma; qui però comincia il contrasto tra «persona» e «personaggio», tra gli attori_ persone mutevoli e legate a un tempo preciso, che devono rappresentare il dramma coni loro mezzi teatrali, e i personaggi, fissi, immutabili ed eterni, che vivono fuori del tempo, che oppongono la loro vita autentica, che non può essere rappresentata. Il dramma proposto dai personaggi ruota attorno a una famiglia, composta dal Padre. dalla Madre e dal Figlio, che si disgrega perché la Madre va a vivere con un altro uomo. un segretario dipendente del Padre, da cui ha altri figli, la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina. Alla morte del segretario, la seconda famiglia si viene a trovare in condizioni economiche disastrose. Il dramma esplode nel momento in cui il Padre incontra, senza riconoscerla, la GIUSEPPE UNGARETTI Giuseppe Ungaretti Massimo esponente dell'ermetismo, Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d'Egitto nel 1888. Nella sua vita fu fondamentale l'amicizia con l'anarchico Enrico Pea, e con lui egli entrò a contatto in ambienti anarchici e socialisti. L'esperienza in Africa è un altro punto fondamentale della sua vita, essa gli ispirò i temi del deserto e del "porto sepolto", con molta valenza simbolica. Si trasferì a Parigi dove venne a contatto col simbolismo francese, che lo influenzò. Convinto interventista, egli scrisse nel 1915 Lacerba, nel 1916 Porto sepolto e Allegria di naufragi. Finita la guerra, a Roma, scrisse L'allegria (1931) e Sentimento del tempo (1933). Si trasferì quindi in Brasile, dove gli morì il figlio: l'avvenimento fu di ispirazione dell'opera II dolore (1947). Giuseppe Ungaretti morì a Milano nel 1970. LA POETICA. La Poetica La poetica di Ungaretti può essere divisa in una prima fase rivoluzionaria (anni '20 e '30) e una seconda fase di ritorno all'ordine e di restaurazione su base classica, quando, a contatto con i simbolisti francesi, riscopre la tradizione italiana del Barocco, di Petrarca e Leopardi. La sua poesia può anche essere interpretata come un itinerario interiore del poeta stesso: si passa da un'iniziale angoscia esistenziale alla fede in Dio, dalla condizione di "uomo di pena" a quella di "uomo di fede". Infatti, la sua poesia è concentrata sul binomio deserto (fragilità, innocenza) - terra promessa (purezza, assoluto). Lo stesso Ungaretti, in un primo momento, ribadì più volte che la sua poesia fosse arida, facendo così del deserto l'emblema di una condizione di solitudine. Nonostante ciò successivamente egli si definì il "servitore della speranza" che non rinunciava cercare la "terra promessa": ciò spiega il titolo "Vita di un uomo", che egli diede alla raccolta definitiva delle sue opere. Ungaretti allo stesso modo della poesia decadente e simbolista, concepisce la poesia come lo strumento di conoscenza della realtà, che permette di scoprire le relazioni tra gli esseri e che porta l'uomo a essere in armonia con l'universo. Questa concezione della poesia richiedeva, però, un'espressione adeguata, che Ungaretti inizialmente trovò nelle parole scabre, nude ed essenziali. Fondamentale nella sua poesia diviene quindi la ricerca della parola. L’ALLEGRIA. •1915-1931 • cinque parti: Ultime, Il porto sepolto, Naufragi, Girovago, Prime • frantumazione del metro e della sintassi • abolizione di punteggiatura, rima e nessi sintattici • la caducità della vita • la solitudine • il dolore • il senso di fratellanza che unisce gli uomini. La raccolta L'allegria si articola in cinque sezioni (Ultime, il porto sepolto, Naufragi, Girovago, Prime), poesie nate in momenti diversi, comprese in un arco cronologico che va dal 1915, quando le prime apparvero sulla rivista «Lacerba», alla breve raccolta II porto sepolto, pubblicata a Udine nel 1916, alle successive poesie di guerra raccolte nel volume Allegria di naufragi, pubblicato a Firenze nel 1919. edita nel 1931, raggiunge la forma definitiva nell'edizione del1942. Nate nel clima della Prima guerra mondiale, le poesie dell'Allegria sono un «diario» di guerra (in ogni lirica vengono indicati luogo e data di composizione), brevi frammenti poetici fatti di intuizioni fulminee, impressioni colte nella loro essenzialità e caratterizzate da un linguaggio scarno, che mette in evidenza il valore della parola, caricandola di significato. «Mi apparve subito» dice Ungaretti «come la parola dovesse chiamarsi a nascere da una tensione espressiva che la colmasse della pienezza del suo significato». L'essenzialità di questa poesia nasce proprio dall'esperienza quotidiana della morte che il poeta aveva sperimentato al fronte (»Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita»), dal senso di precarietà e di fragilità dei soldati («Si sta come / d'autunno / sugli alberi / le foglie»), aggrappati ad un'esistenza fatta di bisogni e di sentimenti elementari. La guerra, paradossalmente, consente Ungaretti di individuare anche valori positivi: il senso di fraternità nella comun sofferenza (si pensi in particolare alla lirica Fratelli), la ricerca della purezza e dell'originaria innocenza (una sorta di regressione al grembo materno, al porto sepolto allude il titolo), l'armonia con la natura (si pensi ai fiumi), l'immedesimazione col tutto fino a sentirsi una «docile fibra / dell'universo». Per Ungaretti la poesia è una forma di conoscenza pura e immediata della realtà più profonda delle cose; in questa concezione si inseriscono le sue originali solo zioni tecniche e stilistiche, cui si aggiungono gli influssi del Simbolismo: abbandono del verso tradizionale per versi brevissimi, spesso di un solo vocabolo; abolizione dei nessi sintattici e della punteggiatura; frequenti pause e spazi bianchi caricano di significato, isolandole, le parole, che sembrano così emergere dal silenzio. Essenzialità della parola è tuttavia per Ungaretti il risultato di una faticosa ricerca e di un'assidua e sofferta meditazione, che concentra un intero mondo affetti: «Quando trovo/in questo mio silenzio/una parola/scavata è nella mia vita come un abisso». Dai simbolisti Ungaretti deriva anche l'uso dell'analogia e della sinestesia, che congiungono immediatamente oggetti e stati d'animo apparentemente lontani. I temi ricorrenti nella poesia di Ungaretti sono la caducità della vita, la solitudine, dolore, il senso di fratellanza che unisce gli uomini esposti al medesimo destino, consapevolezza di sentirsi parte dell'universo e lo sradicamento vissuto in modo doloroso. Ungaretti, nel cantare gli slanci vitali che si affermano in mezzo alla morte e distruzione, alla forza "allegra" della sopravvivenza nel vuoto e nel naufragio (dal titolo Allegria) avverte la sua specifica condizione di «uomo di pena» («Ungaretti uomo di pena/eppure ti basta un'illusione/per farti coraggio»). Ma la vita è an possibilità di illusioni, che danno la forza e il coraggio di vivere. È questo anche il messaggio di tutta l'opera; l'umanità deve ritrovare se stessa e i propri spazi vi anche e soprattutto nel nulla e nella distruzione. SENTIMENTO DEL TEMPO. L'opera viene pubblicata una prima volta nel 1933 e poi successivamente (con varianti e correzioni) rivista nel 1936 e nel 1942, quando diviene un volume della raccolta complessiva Vita d'un uomo. Dal punto di vista poetico e stilistico, Sentimento del tempo inaugura una nuova fase della poesia di Ungaretti che costituirà un modello di riferimento molto importante per la corrente dell'Ermetismo. La raccolta Sentimento del tempo è divisa in sette parti (Prime; La fine di Crono, sezione incentrata sul senso del trascorrere del tempo; Sogni e accordi; Leggende; Inni; La morte meditata; L'Amore). L'opera è caratterizzata da un'importante evoluzione stilistica della poesia ungarettiana, che va nella direzione della ripresa della lezione dei classici della tradizione lirica (quindi soprattutto Leopardi e Petrarca) e del recupero dei versi e delle misure metriche più convenzionali. La rilettura dei classici e il "ritorno all'ordine" - sostenuto nel corso degli anni Venti dall'importante rivista «La Ronda», di indirizzo classicistico - spinge Ungaretti a scegliere una sintassi più elaborata, ripristinare gli endecasillabi e i settenari, recuperare forme strofiche (come quella dell'inno) e reintrodurre la punteggiatura. Il tema principale è quello della percezione dello scorrere del tempo tra passato e presente e del rapporto tra la finitezza dell'uomo e il senso dell'assoluto, su cui si innesta la riflessione sulla condizione dell'essere umano e la malinconia per la per-dita di affetti e persone, con toni quasi esistenzialisti. A ciò si aggiunge, a livello biografico, la riscoperta della fede da parte del poeta nel 1928, che in alcuni testi (come La madre, del 1930) modifica la visione della realtà. Inoltre, rispetto ai versi scritti nelle trincee del primo conflitto mondiale e negli anni immediatamente successivi, si può notare che le vicende biografiche del poeta hanno minor peso (come si vede soprattutto nelle poesie della sezione Leggende). LE ALTRE OPERE. Pubblicata nel 1947 la raccolta esprime il tormento personale di Ungaretti per la morte del fratello e del figlio ma anche il tormento collettivo per la guerra. Si divide in 5 sezioni, Il DOLORE è il terzo capitolo dell’autobiografia interiore di Ungaretti. È costituito dalle liriche composte dopo la morte del fratello e del figlio e approda ad una dimensione metafisico- religiosa e a un dialogo con Dio, all’interno del recupero della metrica tradizionale. Le raccolte del periodo del secondo dopoguerra sono dedicate prevalentemente a temi religiosi (TERRA PROMESSA). NEGLI ULTIMI ANNI, il poeta si accosta nuovamente a modalità espressive ermetiche. VEGLIA. Il contrasto tra le immagini «violente di morte» offerte dalla realtà e il rinnovato attaccamento alla vita costituisce il nucleo centrale della lirica. Con un linguaggio essenziale e scarno, in cui la parola isolata nel verso si carica di significati e suggestioni, Ungaretti parla della dolorosa esperienza della guerra. Dal dolore scaturisce l'amore Per una notte intera il poeta è stato accanto a un compagno morto, con il volto deformato nell'atroce spasimo della morte, con le mani «congestionate» nell'ultimo gesto convulso, che è penetrato nel profondo dell'animo del poeta; eppure egli non grida invettive, non maledice, non odia, ma scrive «lettere piene d'amore»; accanto all'atrocità della morte si fa più profondo l'istintivo attaccamento alla vita. Con frasi brevi, dense di significato ed un linguaggio essenziale, in cui le parole isolate nel verso si caricano di verità; Ungaretti rappresenta la veglia accanto il corpo del compagno ucciso, la crudezza delle immagini aumenta il senso di angoscia rendendo la descrizione fortemente espressionistica. LA STRUTTURA E LE FORME IMMAGINI REALISTICHE ED ESPRESSIONISTICHE. La scansione della poesia in due parti diseguali separate da uno spazio bianco sottolinea due momenti temporali diversi. Il primo è il tempo del racconto realistico riferito al compagno morto, il secondo è quello della riflessione del poeta sulla disumanità della guerra. MATTINA. Si intitola “mattina” Ed è composta da 4 sole parole divise in 2 celebri versi: “M'ILLUMINO D'IMMENSO”. La lirica può essere considerata il manifesto della poetica ungarettiana per la sua brevità e il messaggio lampante che lancia. Per comprenderlo appieno bisogna necessariamente leggere anche il titolo, al quale si riferisce imprescindibilmente il contenuto. M'illumino d'immenso significa: lo splendore del sole che è sorto da poco regala al poeta una sensazione interiore che lo ricollega al senso di vastità. Egli si sente vivo e parte dell’infinito mistero della natura. SOLDATI. La lirica è oggetto di 2 stesure virgola che si distinguono solo per il titolo e lo spostamento della parola. Sul fronte francese dalla guerra, i soldati continuano a combattere e a morire: nei 4 versi di soldati, Ungaretti non presenta dettagli di tale guerra, ma esprime la realtà interiore di chi combatte. SAN MARTINO DEL CARSO. L’ immagine o' un paese distrutto dalla guerra, San Martino del Corso, e per il poeto I equivalente delle distruzioni che sono celate nel suo cuore, causate dalla dolorosa perdita di tanti amici cari. Ancora una volta il poeta trova nelle immagini esterne una corrispondenza con quanto egli prova nei confronti dell'uomo, annullato dalla guerra. La lirica, di un'estrema essenzialità è tutta costruita su un gioco di rispondenze e di contrapposizioni sentimentali, ma anche verbali: di San Martino resta qualche brandello di muro, dei morti cari allo scrittore non resta nulla; San Martino è un paese straziato, più straziato è il cuore del poeta. Così, eliminando ogni descrizione e ogni effusione sentimentale, l'Ungaretti riesce a rendere con il minimo di parole la sua pena e quella di tutto un paese, e dà vita a una lirica tutta nuova. EUGENIO MONTALE Nasce a Genova nel 1896 da un'agiata famiglia della media borghesia. Nel 1927 venne assunto come redattore presso una casa editrice fiorentina. Dovette quindi trasferirsi a Firenze, dove nel 1929 venne nominato direttore della Biblioteca del Gabinetto Vieusseux fino al 1938, quando fu allontanato dall'incarico perché si era sempre rifiutato di prendere la tessera del Partito fascista. Questi anni sono caratterizzati da una intensità di rapporti umani e culturali. In questo periodo si situa anche l'inizio del rapporto affettivo con Drusilla Tanzi, che sarebbe divenuta ben presto la compagna e poi la moglie di Montale. Esso vive uno dei periodi più travagliati della storia contemporanea. Partecipa alla prima Guerra mondiale e questa esperienza traumatica ne segna MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO. Attraverso un linguaggio scarno ed essenziale che aderisce al paesaggio arido dalla sua e terra (la Liguria), il poeta esprime il male di vivere, la sua desolata visione del mondo, il dolore, la condizione dell'uomo prigioniero di una realtà da cui non può evadere. È un caldo pomeriggio estivo: spossato dal caldo, il poeta assorto ascolta IL frusciare deI rettili, dei fischi dei merli, guarda il via vai sul terreno delle formiche, osserva il mare tra i canti delle cicale. Cammina nel sole che acceca, si accorge di procedere lungo una muraglia, In cui l'uomo si ritrova intrappolato e da cui non può evadere. È così anche la vita, Con le sue difficoltà e i suoi dolori, a quel solitario andare lungo un muro che ne impedisce ogni speranza di salvezza punto la poesia diviene per Montale quindi uno strumento conoscitivo attraverso cui prendere atto delle difficili condizioni dell’esistenza. SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO (1925). Montale in questa lirica utilizza il correlativo aggettivo che è un procedimento attraverso il quale il poeta esprime i propri stati d'animo attraverso immagini concrete. Contrapposizione tra bene e male. E la sintetica definizione del malessere esistenziale del 'uomo contemporaneo; il male, la sofferenza, il dolore costituiscono la costante della vita che tormenta tutti gli esseri, animati e inanimati, accomunati dalla pena esistenziale del vivere. L'unica possibilità è l'indifferenza; il distacco dagli eventi; il disinteresse per tutto ciò che provoca dolore. La seconda raccolta: Le Occasioni Risalgono al 1939. Rimane immutato il senso della solitudine dell'uomo, del male di vivere, dell'attesa di una felicità che non arriva mai. Cambia invece il paesaggio, divenuto quello toscano; Qui, ricordi, amori, incontri, occasioni della vita del poeta si compongono sul filo della rievocazione, rivelando significati nascosti, risultando cos'è una poesia oscura. In questa raccolta vi è la ricerca di ciò che potrebbe costituire un'eccezione alla negatività dell'esistenza. Compaiono figure femminili, tra cui Clizia, (pseudonimo di Irma Brandeis, donna che Montale aveva amato), che si presenta come misteriosa presenza salvifica. Fanno parte delle Occasioni: La Casa bei Doganieri; La poesia venne composta nel 1930. Lo sfondo è il paesaggio ligure e il tema principale è il ricordo di una donna amata, scomparsa insieme al passato: Annetta. Montale si rivolge in un incontro reale o immaginario, a una donna che amò in una casa a strapiombo sulla scogliera e la nostalgia di come lei era in passato lo assale insieme ai dettagli del ricordo e ai paesaggi marini che accompagnarono l'esperienza. Il poeta tenta di comunicare alla donna i suoi ricordi, ma ella non li condivide, ha dimenticato quelle emozioni; è lontana e assente. Il poeta indeciso rinuncia a trasmetterle il proprio ricordo pieno di nostalgia. Nell'ultima parte viene descritto lo stato d'animo del poeta: il varco è la via di salvezza. La figura di Annetta allude alla giovinezza passata e a esperienze emozionanti che hanno lasciato traccia solo nel poeta, in un luogo che sembrava aprirsi al miracolo, ma il cui ricordo è ormai possibile condividere con l'amata. Il tono della lirica è malinconico. LA BUFERA E ALTRO: LA TERZA RACCOLTA (1956). Pubblicata nel 1956, contiene poesie composte negli anni della 2° guerra mondiale e dell'immediato dopoguerra. In questa fase Montale si fa partecipe del dramma della società sconvolta dalla tragedia della guerra, ma gli eventi non sono che occasioni per un'analisi della propria condizione esistenziale. Nella BUFERA ricompare la figura di Clizia, che come una Beatrice dantesca, assume le forme della donna angelo dalla natura salvifica. A Clizia, si contrappone però la figura della Volpe, (Maria Luisa Spaziani) che rappresenta la forza dell’eros carnale. Si fa sempre più intensa la sua concezione pessimistica della vita. Il titolo della poesia rimanda alla guerra mondiale e al dramma personale del poeta: la separazione da Irma Brandeis. SATURA. E una delle ultime opere. Contiene la sezione "Xenia"(1966), (divisa a sua volta in XENIA I E XENIA II) dedicata alla moglie Drusilla scomparsa da poco, in cui egli recupera una dimensione intima, fatta di rimpianto, dolore e nostalgia; Compare una nuova figura femminile, col nome di Mosca, simbolo della capacità di adattarsi alla realtà quotidiana e di resistere alle tragedie della vita; e Satura I e Satura II, in cui emerge la critica alla società di massa, che rende difficile fare poesia. La lirica assume un carattere diari stico e prosastico; i temi sono spesso legati ad eventi quotidiani o a fatti di attualità, senza rinunciare alla critica del presente. Fa parte della sezione XENIA II. Ho Sceso, Dandoti Il Braccio, Almeno Un Milione Di Scale La lirica è dedicata alla moglie, affettuosamente soprannominata Mosca, poiché aveva gli occhiali spessi. Nella poesia il poeta rievoca il viaggio della vita percorso insieme a lei, che ha accompagnato scendendo milioni di scale, perché afflitta da una forte miopia e con la quale ha diviso un'infinita serie di vicende quotidiane. L'assenza della moglie ha lasciato un grande vuoto perché in realtà era lei a vedere quello che gli altri non vedono: La realtà non è quella che si vede; questo era l'insegnamento di Mosca che Montale ha fatto suo per continuare il cammino senza cadere in inganni e disillusioni. LA PROSA. Montale scrisse anche in prosa. L'opera più significativa è "FARFALLA DI DINARD", brevi racconti che sembrano ricostruire una biografia spirituale del poeta, sul tema dell'impossibilità di salvezza per l'uomo. IL PESSIMISMO DI MONTALE. In fondo della concezione di Montale vi è una visione pessimistica della vita, che si esplicita nella definizione del "male di vivere". Per il poeta, l'esistenza non riserva gioie, né il conforto della ragione o di un intervento divino. Questa idea è alla base delle prime 2 raccolte di Montale, Ossi di Seppia e Le Occasioni., ma subisce un'evoluzione successivamente; infatti dal pessimismo esistenziale, con la 3° raccolta, La Bufera e Altro, approda a un pessimismo storico e sociale. LA POLEMICA CONTRO LA SOCIETA’ DEI CONSUMI. Dopo aver composto la 3° raccolta, il poeta si rende conto che la poesia è qualcosa di diverso dalla vita e ad egli non rimane che tacere. Negli anni 60, si accentua in lui la visione negativa del mondo e gli eccessi della società dei consumi, che diventano il suo obiettivo polemico. Da qui gli accenti ironici delle sue ultime raccolte, in cui l'armonia della poesia di un tempo, subentra una musicalità dissonante. Egli percepisce una realtà priva di senso, caratterizzata da rumori, che rendo l'idea della totale confusione dei valori della società. Egli ha sempre una speranza nella sopravvivenza della poesia anche nel mondo del consumismo. La Ricerca bel "Varco", La Poetica begli Oggetti E Le Figure Femminili Nella sua poesia è sempre alla ricerca di un "varco" verso l'essenza delle cose e spero in un miracolo, per rivelare la nullità dell'esistenza. La parola così diventa per Montale, strumento per confrontarsi col mondo osservando oggetti e paesaggi. Due sono gli elementi attraverso cui Montale tenta un contatto con una dimensione più autentica: la poetica degli oggetti e le figure femminili. Egli sceglie elementi della realtà comune con la quale l'uomo è sempre a contatto, come il paesaggio della Liguria. Oggetti, immagini, voci della natura sono per Montale emblemi della condizione umana, soprattutto di quel male di vivere che nasce dalla mancanza di certezze e dalla negazione di ogni illusione. Si delinea così una poetica degli oggetti, un modo cioè di esprimere i sentimenti attraverso oggetti che li evocano (CORRELATIVO OGGETTIVO). La poesia di Montale è popolata da tante figure femminili che assumono significati diversi, quali speranza salvifica, occasione di ricordo, evocazione di un altro tempo, ossia quello della morte. Queste figure non sono mai descritte fisicamente, ma fissate in un gesto, un particolare che le caratterizza. Si tratta di trasfigurazioni poetiche di donne reali, donne assenti o lontane con cui il poeta non può avere un rapporto diretto, in quanto incarnazioni di un sogno. Legata alla sua adolescenza è Arletta, o Annetta (che troviamo in Ossi di Seppia; pseudonimo di Anna degli Uberti, una ragazza che Montale conobbe soggiornando a Monterosso, ma la sua presunta scomparsa gli consente di sviluppare una poetica basata sull'assenza. La donna si configura come un'improvvisa rivelazione in grado di portare un segnale di salvezza e come forza salvifica). IL RUOLO DELLE DONNE NELLA VITA DI MONTALE. Nella poesia di Montale la figura femminile occupa un ruolo di primo piano. Il poeta si rivolge spesso a un "tu" femminile con cui dialogare e riflette-re sui temi dell'esistenza quotidiana e della negatività del presente. Le figure femminili non hanno una particolare concretezza e di esse si coglie solo qualche aspetto particolare (lo sguardo, i gesti, la camminata, ecc.); sono trasfigurazioni poetiche di donne rea-li assenti o lontane, incarnazione di un sogno, creature inafferrabili collocate in dimensioni diverse da quelle reali e quotidiane. Montale recupera in questo il modello stilnovistico e dantesco della d ons18-angelo, portatrice di salvezza, e la salvezza è possibile solo co-me fuga dal mondo della storia. Legata alla fase giovanile di Montale e alle atmosfere—di Ossi di Seppia e delle Occasioni è Arletta (o Annetta), ovvero Anna degli Uberti, una ragazza conosciuta nei suoi soggiorni Monterosso a cui il poeta dedica parecchie composizioni. Arletta compare in Incontro_ (Ossi di seppia) come improvvisa rive-lazione della memoria del poeta torna ancora in un recupero della memoria nella Casa dei Doganieri (Le occasioni), con la funzione di rappresentare il "varco", in una zona dove è incerto il confine tra i vivi e i morti. -- La donna l’evocazione fantastica dell'autore, muore precocemente (nella realtà, la morte si verifica soltanto nel 1959). In questo modo si può sviluppare una singolare poetica dell'assenza e la donna diventa il simbolo del-la giovinezza perduta rapidamente o, in alternativa, una figura salvifica che rammenta la Beatrice di Dante. Un'altra figura femminile si affianca ad Arletta in una parte degli Ossi di seppia e delle Occasioni, è Crisalide, attrice peruviana di origine genovese da identificare con Paola Nicoli, conosciuta dal poeta nel 1924; a lei sono de-dicate alcune liriche di Ossi di Seppia e i primi tre "Mottetti" delle Occasioni. La donna è emblema della sensualità vitale ma anch'essa resta però in una lontananza irraggiungibile. In molte poesie delle Occasioni e poi nella Bufera è centrale la figura femminile di Clizia che corrisponde a lrma Brandeis, a cui ilpostssilsgstssill933 e il 1938. Proprio nel 1938 Irma, studiosa americana ma di religione ebraica, è costretta, in seguita alla promulgazione delle leggi razziali. a lasciare l'Italia. Si spezza così in modo traumatico un legame intenso, che il poeta trasferisce nella dimensione del mito attribuendo a Irma il nome (Clizia) dell'amante di Apollo, dio del sole e della poesia; per questo Clizia assume il simbolo del supremo valore della cultura e la sua funzione si risolve nel soccorso al poeta spaesato in un mondo di follia e violenza. Clizia torna nella sezione "Finisterre", la prima della Bufera e altro come una figura quasi divina, che può sostenere il poeta e soddisfare la sua ansia di salvezza. Ma la sua scomparsa segna il tramonto delle illusioni e l'amara coscienza che nel mondo a regnare è il caos della guerra. Una maggiore concretezza hanno invece le figure femminili che sono presenti nella fase poetica matura. La poetessa Maria Luisa Spaziani i, conosciuta nel 1949, è ribattezzata con il nome di Volpe. La sua caratteristica fondamentale è la sensualità: ella rap-presenta la forza dell'eros carnale, che travolge l'ormai maturo poeta. A Volpe è dedicata la sesta sezione della Bufera «Madrigali privati». Drusilla Tanzi, sposata ne11962, è celebrata con il nome di Mosca. A lei Montale dedica due sezioni di Satura, facendone l'emblema del sereno amore coniugale. La donna diventa così guida sicura, che con il suo equilibrio e buon senso accompagna il poeta nella vita di tutti i giorni. Montale le dedicherà alcuni dei suoi versi più struggenti, densi di malinconico rimpianto per l'esile donna capace di accompagnarlo nel viaggio della sua esistenza (tra cui la lirica «Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale»). A Mosca sono dedicate «Xenia I e Xenia II, se-zioni di Satura scritte per commemorare la sua morte, avvenuta nel 1963. GIOVANNI VERGA N: 1840 (CATANIA); M: 1922 (CATANIA).
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