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ORDINAMENTO FORENSE E DEONTOLOGIA / PREPARAZIONE ESAME ORALE AVVOCATO, Dispense di Ordinamento E Deontologia Forense

Dispensa di ordinamento forense e deontologia che analizza tutta la normativa sull'ordinamento forense, tenuto conto della nuova legge professionale (L. 247/2012 e ss.mm.) e del nuovo codice deontologico. In particolare: struttura e le funzioni degli organi professionali; soggetti; mandato e compenso professionale; responsabilità; direttive europee; sistema disciplinare ecc. Fonte: 'MANUALE BREVE ORDINAMENTO FORENSE E DEONTOLOGIA' a cura di REMO DANOVI, 2017.

Tipologia: Dispense

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Scarica ORDINAMENTO FORENSE E DEONTOLOGIA / PREPARAZIONE ESAME ORALE AVVOCATO e più Dispense in PDF di Ordinamento E Deontologia Forense solo su Docsity! ORDINAMENTO FORENSE E DEONTOLOGIA CAPITOLO I: L'ORDINAMENTO FORENSE IN GENERALE Libera professione intellettuale: attività organizzata personalmente, nel rispetto dei fini sociali ad essa ricollegati e disciplinata con l'iscrizione in un albo, nell'autonomia degli organi professionali. Ordinamento professionale: organizzazione comprendente la totalità delle norme che regolano una determinata attività (CARATTERE OGGETTIVO). Ordine professionale o collegio: struttura formale, ovvero la personalizzazione del gruppo che svolge l'attività (CARATTERE SOGGETTIVO). Le fonti normative dell'ordinamento forense sono: - prima legge sugli avvocati: 1874 - legge del 1933 (alla quale ha fatto seguito il regolamento di attuazione (22 gennaio 1934, n. 37). Questa legge è rimasta in vigore per ottant'anni, nonostante i vari tentativi di riforma (per es. sono stati eliminati i procuratori legali nel 1997). - LEGGE 31 DICEMBRE 2012, N. 247; NUOVA DISCIPLINA DELL'ORDINAMENTO DELLA PROFESSIONE FORENSE (O LEGGE PROFESSIONALE FORENSE - L.P.F.):  entrata in vigore il 2 febbraio 2013;  dispone che entro 2 anni dall'entrata in vigore devono essere adottati i regolamenti di attuazione con decreto del Ministro della giustizia;  dispone che entro 4 anni dall'entrata in vigore dell'ultimo dei regolamenti possano essere adottate le necessarie disposizioni integrative e correttive;  fino all'entrata in vigore dei regolamenti si applicano, se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate. 2 Deleghe al Governo: una con il potere di disciplinare la società tra avvocati e la difesa d'ufficio; l'altra con il potere di emanare un testo unico che desse organicità e riordino alle disposizioni vigenti, attraverso uno o più decreti legislativi.  la normativa rinvia per gran parte ai regolamenti che devono essere adottati dal Consiglio Nazionale Forense (CNF), dalla Cassa di - 2 - 2 previdenza e dai Consigli dell'ordine. PREGI DELLA NUOVA LEGGE PROFESSIONALE: A) riconoscimento del ruolo sociale e costituzionale dell'avvocatura; B) ridefinizione della partecipazione nelle società professionali; C) nuove modalità per la determinazione del compenso; D) riconoscimento specializzazioni; E) realizzazione della parità dei generi e della composizione degli organi forensi; F) riqualificazione dell'iscrizione all'albo; G) istituzione dell'Osservatorio permanente (avente lo scopo di rendere più efficace la giustizia) e dello Sportello per il cittadino; CRITICHE MOSSE ALLA NUOVA LEGGE: a) troppi rinvii ai regolamenti ancora da emanare, con conseguente allungamento nel tempo dell'attuazione delle riforme; b) complessità della procedura per l'adozione dei regolamenti; c) mancata regolamentazione di alcuni aspetti fondamentali (società tra avvocati o difesa d'ufficio); d) eccessivo dilungarsi sulle definizioni, quando la legge dovrebbe essere maggiormente prescrittiva (lex imperat, non docet). Ordine Forense: Funzioni della nuova legge: 1) assicurare l'idoneità professionale degli iscritti, nell'interesse pubblico; 2) garantire l'indipendenza e l'autonomia degli avvocati; 3) tutelare l'affidamento della collettività e della clientela; 4) favorire l'accesso con criteri di valorizzazione del merito. ORDINE FORENSE: costituito da coloro che sono iscritti negli albi degli avvocati. E' composto da: 1- ORDINI CIRCONDARIALI (ovvero Consigli degli ordini circondariali): hanno in via esclusiva la rappresentanza istituzionale dell'avvocatura a livello locale. 2- CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE (C.N.F.): a questo spetta la rappresentanza istituzionale dell'avvocatura a livello nazionale. Entrambi sono gli organi ai quali sono demandate le funzioni per il corretto esercizio dell'attività professionale. Sono enti pubblici non economici, a carattere associativo, dotati di autonomia finanziaria e patrimoniale (foraggiate dagli iscritti), disciplinati da appositi regolamenti - 5 - 5 Altri organi del C.N.F. sono: - il collegio dei revisori, che verifica la regolarità della gestione patrimoniale del Consiglio; - il comitato di pari opportunità, in conformità a quanto previsto dal regolamento; il C.N.F. ha predisposto una bozza di regolamento che è stata inviata a tutti i Consigli dell'Ordine che viene adattato secondo le esigenze di ciascuno. Il numero dei componenti di tale comitato è variabile, e cambia in relazione al numero degli iscritti; - lo Sportello per il cittadino; - l'Osservatorio locale, per l'esercizio della giurisdizione. Il Consiglio provvede anche a nominare il Consiglio distrettuale di disciplina, che gestisce ogni procedimento disciplinare. L'art. 29 l.p.f. stabilisce quali siano i compiti del Consiglio. Si distingue tra i mezzi con cui i Consiglio possono operare e i contenuti e gli obiettivi che si intendono raggiungere. Per quanto riguarda i mezzi, il Consiglio interviene: - attraverso i propri regolamenti; - prevedendo l'istituzione di scuole forensi per il tirocinio, di corsi per le specializzazioni e di eventi per la formazione continua; - promuove iniziative per la professionalità; - costituisce camere arbitrali e di conciliazione, nonché altri organi per la risoluzione delle controversie; - cura la costituzione di unioni regionali o interregionali tra ordini, anche per dialogare con le Regioni, gli enti locali e le Università; - cura la costituzione di associazioni e fondazioni per attività connesse alla professione. Possono anche essere costituite Commissioni di lavoro, composte da almeno 3 membri, di cui possono far parte avvocati non consiglieri dell'ordine (escluse le materie deontologiche e le attività riservate) (art. 32 l.p.f.). Per quanto riguarda i compiti, la legge prevede che spetti al Consiglio: - la custodia degli albi e dei registri, per consentire il controllo dell'esercizio dell'attività professionale; - il controllo della continuità, effettività, abitualità e prevalenza dell'esercizio professionale, nonché la vigilanza sulla condotta degli iscritti; - il controllo del tirocinio, della formazione continua e delle specializzazioni; - 6 - 6 - la tutela dell'indipendenza e del decoro professionale; - la liquidazione dei compensi; - l'adozione di provvedimenti più opportuni per la consegna di atti e documenti in caso di cessazione dell'esercizio professionale; - la risoluzione delle controversie tra iscritti, o tra iscritti e clienti, con apposito verbale che costituisce titolo esecutivo; - l'attuazione delle pari opportunità; - la vigilanza per la corretta applicazione delle norme dell'ordinamento giudiziario; - la gestione finanziaria e l'amministrazione dei beni, con redazione annuale del bilancio preventivo e consuntivo da sottoporre all'assemblea. Ulteriori compiti che spettano al Consiglio in relazione alle recenti leggi entrate in vigore sono: - istituzione dell'elenco degli avvocati quali difensori d'ufficio (legge 6/3/2001, n. 60); - decisione sulle istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato; - l'esercizio dei controlli previsti nell'ambito della normativa antiriciclaggio; - cura degli elenchi dei dati identificativi degli iscritti con l'indirizzo della posta elettronica certificata per consentire le notifiche da parte degli ufficiali giudiziari. Tutte le attività sopra indicate hanno carattere amministrativo e pubblicistico, non giurisdizionale (Cass., Sez. Un., 22/2/2007, n. 4114). Lo si evince da una sentenza della Suprema Corte, la quale ha stabilito che non è sufficiente a fondare un autonomo giudizio per responsabilità amministrativa del Consiglio dell'Ordine, ex art. 2043 c.c., il semplice dato obiettivo dell'illegittimità e dell'annullamento del provvedimento amministrativo adottato (vedi Cass., Sez. III, 15/07/2009, n. 16456). Legge 7 agosto 1990, n. 241: Diritto di accesso ai documenti amministrativi: ogni Consiglio dell'ordine ha adottato un proprio regolamento interno che indica quali atti devono essere considerati riservati e quali no. In generale, tutti gli atti dovrebbero essere accessibili agli avvocati e ai cittadini, ad esclusione di quelli relativi ai procedimenti disciplinari, che restano accessibili solo agli incolpati. Sportello per il cittadino: costituito secondo il regolamento del Consiglio nazionale forense del 19 aprile 2013, n. 2; questo prevede che il servizio sia reso nei locali del Consiglio dell'Ordine da professionisti iscritti in apposito - 7 - 7 elenco da aggiornare periodicamente. L'attività è gratuita. Obiettivo dello Sportello è di dare maggiori informazioni al pubblico per la fruizione delle prestazioni professionali degli avvocati e per l'accesso alla giustizia, indicando le modalità di svolgimento dell'azione giudiziaria. E' però vietata l'informazione sui giudizi pendenti. Importante è anche l'Osservatorio sull'esercizio della giurisdizione, ossia la prestazione a livello locale dell'Osservatorio permanente istituito dal C.N.F., per lo scopo di rendere più efficace la giustizia; questo pubblica periodicamente rapporti dedicati allo stato della giustizia italiana. Per le spese di gestione e per tutte le attività istituzionali (tutela del ruolo di avvocato, organizzazione dei servizi e miglior esercizio dell'attività professionale, servizio ai cittadini attraverso il c.d. sportello, etc..), il Consiglio è autorizzato a (art. 29 l.p.f.): - fissare e riscuotere un contributo annuale o contributi straordinari da tutti gli iscritti; - fissare e riscuotere i contributi per i servizi resi (iscrizione agli albi, rilascio dei certificati e pareri sui compensi - opinamento parcelle). L'entità dei contributi è fissata in misura tale da garantire il pareggio di bilancio del Consiglio (a differenza della normativa previgente, che consentiva l'imposizione dei tributi entro i limiti strettamente necessari a coprire le spese dell'ordine). La riscossione può avvenire mediante iscrizione a ruolo. Coloro che non provvedono a versare il contributo annuale sono sospesi; tale provvedimento non ha natura disciplinare e viene revocato quando sopravvenga il pagamento. Il Consiglio Nazionale Forense: a) la funzione giurisdizionale. Il Consiglio Nazionale Forense è un organo giurisdizionale speciale (in materia disciplinare, di tenuta degli albi e altro) ed esercita un potere dello Stato, in quanto pronuncia le proprie decisioni in nome del popolo italiano. La giurisdizione speciale del Consiglio è sopravvissuta nonostante la Costituzione italiana avesse imposto, entro 5 anni dalla sua entrata in vigore (1 gennaio 1948) la revisione di tutti gli organi di giurisdizione speciale. E' stata infatti più volte respinta l'eccezione di incostituzionalità sul presupposto della non perentorietà del termine previsto dalla Costituzione e della sussistenza delle garanzie per il corretto esercizio della funzione di giurisdizione con riguardo all'indipendenza del giudice e all'imparzialità dei - 10 - 10 4) parametri: proposta ogni 2 anni al Ministero della Giustizia per la determinazione dei compensi professionali; 5) tirocinio e corsi di formazione: accordi con l'Università; 6) pareri: espressione di pareri a richiesta del Ministero della giustizia su proposte e disegni di legge che interessino la professione forense e la giustizia; 7) pubblicazioni sull'attività svolta; 8) collaborazione con i consigli dell'ordine circondariali per l'esercizio della professione e l'accesso; 9) associazioni specialistiche: istituzione e disciplina dell'elenco delle associazioni più rappresentative; 10) rappresentanti di categoria: designazione presso commissioni e organismi nazionali o internazionali; 11) scioglimento dei consigli degli ordini circondariali; 12) Osservatorio permanente sull'esercizio della giurisdizione: istituzione di tale organo allo scopo di raccogliere dati ed elaborare studi e proposte per una più efficace amministrazione della funzione giurisdizionale; 13) Congresso nazionale: convocazione. Il C.N.F. approva poi il bilancio consuntivo e preventivo della gestione con il controllo del Collegio dei revisori, che viene nominato dal presidente della Corte di Cassazione (spiegato in seguito). Il C.N.F. è autorizzato a esigere contributi nei limiti necessari per coprire le spese della sua gestione e al fine di garantire quantomeno il pareggio di bilancio (art. 35, comma 2° l.p.f.). L'Osservatorio permanente sull'esercizio della giurisdizione è un organo del C.N.F.; è presieduto dal presidente del C.N.F., con un Consiglio direttivo e un Comitato consultivo. Gradualmente verranno costituiti Osservatori locali presso i consigli degli ordini distrettuali e presso i Consigli dell'ordine circondariali. Il Collegio dei revisori è uno degli organi dell'ordine circondariale e degli ordini del distretto, ed è composto da 3 membri effettivi e un supplente nominati dal presidente del Tribunale e scelti tra gli avvocati iscritti al registro dei revisori contabili. Per gli ordini con meno di 3.500 iscritti la funzione è svolta da un revisore unico. I revisori durano in carica 4 anni e non possono essere confermati per più di 2 volte consecutivamente. Il collegio è presieduto dal più anziano per iscrizione e ha il compito di gestire - 11 - 11 la regolarità della gestione patrimoniale. Per il C.N.F. l'art. 37, 3 comma, dispone che il controllo contabile e della gestione è svolto da un collegio di 3 revisori dei conti nominato dal primo presidente della Corte di Cassazione, che li sceglie tra gli iscritti al registro dei revisori, nominando anche 2 revisori supplenti. La Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense è stata istituita con legge 8 gennaio 1952, n. 6, ha sede in Roma ed è stata poi trasformata in Fondazione, ente di diritto privato. I suoi organi sono: - il presidente; - il Comitato dei delegati; - il consiglio di amministrazione; - la giunta esecutiva; - il collegio dei sindaci. L'iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli avvocati e avviene tanto d'ufficio, con provvedimento della giunta esecutiva comunicato all'interessato, quando su domanda, e ha effetto dalla data d'inizio dell'esercizio professionale. La l.p.f. all'art. 21, 8° comma, stabilisce che "l'iscrizione agli albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense" e l'iscrizione ha carattere esclusivo. La Cassa ha un proprio patrimonio costituito da beni mobili e immobili di cui dispone. Le entrate della Cassa sono costituite essenzialmente dalle contribuzioni degli iscritti (contributi minimi: soggettivo, integrativo e di maternità; contributi superiori ai minimi: soggettivo, solidarietà e integrativo) e sono destinate a finanziare le prestazioni, cioè l'erogazione delle varie pensioni (vecchiaia retributiva, vecchiaia contributiva, anzianità, etc..). Oltre alle pensioni la Cassa eroga prestazioni assistenziali (assistenza ordinaria e straordinaria per lo stato di bisogno, assistenza indennitaria per infortunio o malattia, assistenza indennitaria per calamità naturali, contributo spese funerarie, etc..) e offre una serie di servizi agli iscritti (mutui ipotecari a tassi agevolati e convenzioni di vario tipo). Il Congresso nazionale forense è convocato periodicamente (generalmente presso il Consiglio dell'ordine costituito nella sede di una delle Corti d'appello); all'interno del Congresso si dibattono i problemi che riguardano la professione forense, collegati all'attività professionale e all'amministrazione della giustizia. Il Congresso si tiene almeno ogni 3 anni - 12 - 12 ed è convocato dal C.N.F. (art. 29 l.p.f.). Il Congresso delibera autonomamente le proprie norme regolamentari e statutarie ed elegge l'organismo chiamato a dare attuazione ai suoi deliberati. Le Associazioni forensi sono sorte e sorgono a difesa dei principi e degli interessi della professione. L'art. 1, comma 3°, l.p.f. statuisce che il C.N.F., nel rendere il parere richiesto per l'approvazione dei regolamenti del Ministero della Giustizia, debba sentire le associazioni forensi che siano costituite da almeno 5 anni e siano state individuate come maggiormente rappresentative (per queste ultime il C.N.F. ha disciplinato un apposito regolamento - reg. 16/7/2014, n. 4- fissando i requisiti per l'istituzione e le modalità di tenuta del relativo elenco). Tali associazioni devono essere costituite da almeno 5 anni, devono avere un ordinamento interno su base democratica e un numero di iscritti pari almeno a 2.500, devono avere una sede nazionale e operare senza scopo di lucro. Le associazioni specialistiche devono concorrere a realizzare i percorsi formativi e le scuole per l'attribuzione del titolo di specialistica, d'intesa con il Consiglio dell'ordine. Per queste il C.N.F, ha provveduto con diverso regolamento (11/4/2013, n. 1), istituendo l'elenco di tali associazioni, pur indicate come maggiormente rappresentative e fissando i requisiti per ottenere l'iscrizione. Tali associazioni per essere tali devono promuovere un'attività specialistica di competenza, un numero significativo di iscritti e una pluralità di sedi operative, una sede nazionale, un organismo di coordinamento, un ordinamento interno a base democratica, mancanza di scopo di lucro e gratuità delle attività formative. L'elenco comprende varie associazioni, tra cui: Unione delle Camere Penali Italiane (U.C.P.I.), Associazione Italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (A.I.A.F.), etc... L'O.U.A. (Organismo Unitario dell'Avvocatura) è sorto in occasione di un congresso straordinario a Venezia, al fine di realizzare in continuità con il C.N.F., gli obiettivi dell'avvocatura. Sono da ricordare anche le associazioni sindacali a livello locale e nazionale (A.N.F.) e le associazioni giovanili raggruppate nell'A.I.G.A.; ancora l'A.STA.F. (Associazione Stampa Forense), che ha lo scopo di provvedere al coordinamento organizzativo delle varie riviste professionali edite dai Consigli dell'Ordine o dalle associazioni. Infine sono da menzionare le associazioni internazionali, tra le quali: - U.A.E. (unione degli avvocati europei); - 15 - 15 attitudinale, e se dispensato può iscriversi nell'albo degli avvocati ed esercitare la professione con il relativo titolo; durante il periodo dei 3 anni l'avvocato rientrerà nella categoria degli avvocati "stabiliti") e per le società tra avvocati. Ulteriore albo speciale è quello del patrocinio avanti le giurisdizioni superiori (art. 22 l.p.f.). Oltre all'albo viene tenuto il registro dei praticanti, e allegato a questo, l'elenco dei praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo. Sono altresì previsti numerosi elenchi (ad es. l'elenco speciale degli avvocati dipendenti da enti pubblici, l'elenco degli avvocati specialisti, l'elenco speciale dei docenti e ricercatori, universitari e di istituzioni ed enti di ricerca, l'elenco degli avvocati sospesi per qualsiasi causa, che hanno subito la radiazione, l'elenco delle associazioni e delle società comprendenti avvocati tra i soci, l'elenco degli avvocati domiciliati nel circondario che abbiano ufficio al di fuori, etc..). Il Consiglio dell'Ordine provvede a tenere e ad aggiornare tutti gli albi, che restano a disposizione del pubblico e che vengono pubblicati sul sito internet dell'ordine. Almeno ogni 2 anni questi vengono stampati e inviati al Ministero della Giustizia. Tutti i dati aggiornati al 31 dicembre sono trasmessi al C.N.F. entro il mese di marzo ogni anno, per consentirgli di redigere l'elenco nazionale degli avvocati. L'art. 21 l.p.f. prevede che il Consiglio dell'Ordine provveda con regolarità ogni 3 anni alle verifiche necessarie per l'espletamento dell'esercizio effettivo, continuativo e abituale della professione. Il Consiglio dell'Ordine provvede altresì ad effettuare la revisione degli albi, degli elenchi e dei registri per verificare se permangano i requisiti per l'iscrizione. All'esito di tali verifiche il Consiglio può disporre la cancellazione o provvedere di conseguenza. Il Consiglio dell'Ordine può altresì procedere alla revoca o all'annullamento della delibera di iscrizione, quando risultino fatti ostativi non prima conosciuti risalenti al momento dell'iscrizione stessa; qualora i fatti ostativi siano successivi all'iscrizione, non si può parlare di revoca della delibera, ma si procederà alla cancellazione. Della revisione è dato avviso al C.N.F. Qualora il Consiglio non proceda a tali verifiche, o commetta numerose e gravi omissioni, il C.N.F. nomina uno o più commissari affinché provvedano in sostituzione I requisiti necessari per l'iscrizione all'albo degli avvocati sono:  la cittadinanza italiana o di Stato appartenente all'Unione Europea (fatte salve le disposizioni per gli stranieri). Tale requisito è esteso a - 16 - 16 tutti i cittadini degli Stati membri dell'Unione Europea. Oggi possono essere iscritti all'albo anche cittadini stranieri che si siano laureati in un'università italiana e che abbiano superato l'esame di stato in uno Stato membro dell'U.E., ovvero anche gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di un titolo abilitante nei limiti delle quote definite dalla legge e previo riconoscimento del titolo abilitativo rilasciato dal Ministero della Giustizia e del certificato da parte del C.N.F. di superamento della prova attitudinale.  avere superato l'esame di abilitazione;  avere il domicilio professionale nel circondario del Tribunale dove ha sede il Consiglio dell'Ordine. E' stato definitivamente abbandonato il requisito della residenza. Il domicilio coincide con il luogo in cui l'avvocato svolge la professione in modo prevalente, e ciò deve essere attestato per iscritto dall'avvocato stesso. Tale attestazione va inserita nel fascicolo personale, e vanno indicati anche i vincoli di parentela con i magistrati laddove sussistano. Ogni variazione e modifica deve essere comunicata al Consiglio dell'Ordine e deve essere data comunicazione dell'eventuale ufficio secondario esterno al circondario. Se vi è inadempimento in questo senso ciò costituisce illecito disciplinare. Gli avvocati italiani che si trasferiscono all'estero devono mantenere l'iscrizione nell'albo del circondario del loro ultimo domicilio.  godere del pieno esercizio dei diritti civili;  non trovarsi in una delle condizioni di incompatibilità, al fine di garantire essenzialmente la professionalità. L'art. 18 l.p.f. prevede varie ipotesi di incompatibilità, riconducendole sostanzialmente in 4 gruppi: l'esercizio di altra attività di lavoro autonomo, l'attività commerciale, l'assunzione di cariche societarie e l'attività subordinata. 1) incompatibilità con l'esercizio di altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente e professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale. E' inoltre espressamente vietato il cumulo con l'attività di notaio. E' invece consentita l'iscrizione nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell'elenco dei giornalisti pubblicistici e nel registro dei revisori contabili o nell'albo dei consulenti del lavoro; secondo un'interpretazione dovrebbe essere consentita anche - 17 - 17 l'iscrizione negli elenchi degli amministratori di condominio e vietata l'iscrizione all'albo dei consulenti in proprietà industriale o l'esercizio dell'attività di imprenditore agricolo professionale. 2) Incompatibilità con qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio (es. gestione di un esercizio pubblico di ristorante e bar) o in nome o per conto altrui (ad es. nel caso di persona incaricata dell'esercizio dell'azienda di un terzo, ovvero preposta con mandato institorio o con procura generale). La legge consente tuttavia la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o altre relative a crisi di impresa. 3) Assunzione di cariche societarie: l'incompatibilità sussiste con la qualità di socio illimitatamente responsabile (in una società in nome collettivo o quale socio accomandatario di una s.a.s.) o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l'esercizio di attività di impresa commerciale, in quanto in questi casi l'attività è svolta da un altro soggetto, ma la responsabilità cade direttamente e illimitatamente sulla persona che la svolge, che quindi ne risponde. Occorre che l'attività svolta sia commerciale. L'incompatibilità sussiste anche con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri di gestione. L'incompatibilità sussiste solo quando un individuo abbia poteri di gestione e non solamente poteri rappresentativi. L'incompatibilità è in ogni caso esclusa quando l'oggetto dell'attività della società sia limitato esclusivamente all'amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e i consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico. 4) L'attività subordinata: incompatibile con la professione di avvocato, anche se con orario di lavoro limitato. In questo modo viene superato anche il problema dei dipendenti part-time, ai quali in passato era consentito iscriversi agli albi professionali, fino a una pronuncia della Corte Costituzionale (27 giugno 2012, n. 166) che ne ha legittimato l'esclusione. La legge tuttavia prevede 3 eccezioni per: - coloro che svolgono insegnamento o ricerca in materie giuridiche nell'università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici; - docenti e ricercatori universitari a tempo pieno; - 20 - 20 I requisiti necessari per l'iscrizione nel registro dei praticanti sono tutti quelli previsti per l'iscrizione all'albo degli avvocati (vedi sopra), escluso il punto relativo al superamento dell'esame. La legge professionale ha introdotto il requisito della effettività, continuatività, abitualità e prevalenza, necessari per rimanere iscritti all'albo. Le modalità di accertamento sono disciplinate dal regolamento. Deve essere escluso ogni riferimento al reddito professionale. Se si accerta la mancanza del requisito indicato, la sanzione è l'immediata cancellazione dall'albo. La prova dell'esercizio professionale non è richiesta quando l'avvocato sia parlamentare, o sia affetto da una malattia, o assista altri congiunti in stato di malattia o sia vedovo o separato affidatario della prole; non è richiesta nemmeno alle donne avvocato, in maternità, nei primi 2 anni dalla nascita, ovvero in casi di adozione. Procedimento per l'iscrizione: premesso che è ammessa l'iscrizione ad un solo ordine circondariale, la domanda di iscrizione è rivolta al Consiglio dell'Ordine nel luogo in cui il richiedente ha intenzione di stabilire il proprio domicilio professionale e deve essere corredata dei documenti che provino il possesso dei requisiti richiesti. Se il Consiglio rinviene la mancanza di uno solo dei requisiti invia al richiedente lettera raccomandata con avviso di ricevimento invitandolo a presentare osservazioni entro un termine non inferiore a 30 giorni. Qualora la documentazione inviata sia completa, il Consiglio deve deliberare entro 30 giorni. Si possono verificare 3 casi:  se entro in termine predetto il Consiglio accoglie la domanda, nulla quaestio;  se entro il termine richiesto il Consiglio non abbia provveduto alla domanda richiesta, l'interessato può ricorrere al C.N.F. entro 10 giorni;  nel caso in cui il Consiglio ritenga di non dover accogliere la domanda, deve essere convocato l'interessato per la sua audizione e deve essergli assegnato un termine non inferiore a 30 giorni per presentare deduzioni, al termine del quale verrà emessa delibera che accoglierà o rigetterà la domanda. La deliberazione di rigetto può essere impugnata avanti il C. N. F. entro 20 - 21 - 21 giorni dalla notifica, solo se assistito da un legale, non personalmente. Il provvedimento del C. N. F. è immediatamente esecutivo. Il termine si sospende nel periodo feriale. Le iscrizioni di diritto sono ridotte a pochi casi. Possono essere iscritti all'albo degli avvocati: a) i magistrati ordinari o togati (non quelli onorari), militari, amministrativi o contabili, o gli avvocati dello Stato che non abbiano avuto provvedimenti disciplinari della censura o più gravi. Questi nei successivi due anni dall'iscrizione non possono esercitare la professione forense nei circondari dove hanno svolto le funzioni negli ultimi 4 anni. NOTULA: chi ha fatto parte di commissioni tributarie non può essere paragonato a un magistrato, pertanto non può avvalersi di tali iscrizioni di diritto. b) I professori universitari di ruolo, dopo 5 anni di insegnamento delle materie giuridiche. L'art. 17 l.p.f. stabilisce che la cancellazione dall'albo può essere pronunciata dal Consiglio dell'Ordine: - su richiesta dell'interessato; - d'ufficio; - su richiesta del procuratore generale. La cancellazione viene disposta: a] quando sia venuto meno uno dei requisiti prescritti; b] quando l'iscritto non abbia prestato l'impegno solenne entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento di iscrizione; c] quando manchi il requisito dell'esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione. Per gli avvocati dipendenti di enti pubblici, la cancellazione viene disposta quando cessi l'appartenenza all'ufficio legale. Per i praticanti la cancellazione è disposta quando il tirocinio sia stato interrotto senza giustificato motivo per oltre 6 mesi, ovvero dopo il rilascio del certificato di compiuta pratica. Gli effetti decorrono dalla delibera. A) Qualora la mancanza dei requisiti preesista alla prima domanda di iscrizione all'albo la domanda deve essere respinta; B) qualora l'incompatibilità venga accertata successivamente e permanga al momento della decisione, deve essere pronunciata la cancellazione dall'albo. - 22 - 22 C) Se la causa di incompatibilità sia cessata prima della decisione il Consiglio non può più procedere alla cancellazione, ma può soltanto emettere un provvedimento disciplinare ed infliggere una sanzione; D) qualora infine la causa di incompatibilità cessi nelle more dell'impugnativa al C. N. F., secondo Remo Danovi (autore del libro di Giuffrè) ritiene che si debba deliberare sulla base della situazione di fatto esistente al momento della prima decisione (invece che annullare il provvedimento di cancellazione). Il Consiglio è tenuto a invitare l'iscritto a presentare osservazioni entro 30 giorni e deve procedere alla sua audizione qualora quest'ultimo ne faccia richiesta. Le deliberazioni del Consiglio devono essere notificate entro 15 giorni all'interessato. Non si può pronunciare la cancellazione quando sia in corso un procedimento disciplinare. Avverso la delibera di cancellazione l'interessato può proporre ricorso (che ha effetto sospensivo) davanti al C. N. F. entro 60 giorni dalla notifica. Se è stata disposta la cancellazione l'interessato può difendersi personalmente, o mediante l'assistenza di un legale di fiducia, munito di mandato speciale. Le modalità di impugnazione seguono l'art. 61 sul procedimento disciplinare. La cancellazione deve essere comunicata a tutti i Consigli dell'Ordine territoriali. Avverso la decisione del C. N. F. è ammesso ricorso per Cassazione entro 30 giorni dalla notifica della decisione. Tale ricorso deve essere notificato a pena di nullità a tutte le parti interessate, ovverosia al Consiglio dell'Ordine locale e al Procuratore generale presso la Cassazione, quale litisconsorte necessario. - 25 - 25 approfondimenti teorici, simulazioni di casi, predisposizione di atti, etc.. Al termine della frequentazione della scuola verrà conseguito un diploma di specializzazione quale titolo necessario per accedere al concorso di magistratura, ma che può essere anche titolo valutabile ai fini del compimento della pratica, poiché è equiparato a un anno di pratica. D) Il tirocinio presso gli uffici giudiziari. Con il d.l. 21 giugno 2013 n. 69 è stato previsto che i laureati in giurisprudenza possano accedere a un periodo di formazione teorico-pratica presso gli uffici giudiziari per 18 mesi, con affidamento a un magistrato formatore, solo qualora siano in possesso di determinati requisiti (devono aver riportato una media di 27/30 per alcuni esami fondamentali, ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110 e non devono aver compiuto i 30 anni di età. Il compiuto tirocinio è titolo per accedere al concorso di magistratura e vale il periodo di un anno ai fini del tirocinio professionale. Al termine di tutti questi adempimenti, il praticante ha diritto ad ottenere il certificato di compiuta pratica, che viene rilasciato dal Consiglio dell'Ordine presso il quale si è svolta la pratica e non può essere rilasciato dopo 6 anni dall'inizio, per la prima volta, dalla pratica. Una volta ottenuto il certificato, il praticante ha diritto a sostenere l'esame di stato presso la Corte d'Appello nel cui distretto si è svolto il maggior periodo di tirocinio. Se il tirocinio è stato svolto presso vari distretti, la sede è determinata in base al luogo di svolgimento del primo periodo di tirocinio. ESAME DI STATO: nel mese di dicembre di ogni anno il Ministro della Giustizia fissa, con decreto pubblicato nel Bollettino ufficiale del Ministero e nella Gazzetta Ufficiale (bando d'esame) almeno 90 giorni prima di quello fissato, i giorni in cui devono essere svolte le prove d'esame (presso le Corti d'Appello) e il termine entro il quale dovranno essere proposte le domande di ammissione. I documenti che devono essere presentati sono: il diploma originale di laurea, la ricevuta della tassa, il certificato relativo alla votazione riportata nell'esame di laurea, e il certificato di avvenuto tirocinio. Se un candidato ha iniziato a svolgere la pratica in un determinato distretto e poi abbia trasferito altrove la propria residenza ed ivi completato la pratica, l'esame potrà essere sostenuto nel distretto in cui ha svolto la maggior parte - 26 - 26 della pratica; in caso di parità, nel distretto in cui la pratica è iniziata. Una volta superato l'esame, l'avvocato potrà essere iscritto nell'albo presso il Tribunale nel cui circondario questo ha posto il proprio domicilio professionale. Il Ministro della Giustizia provvede con decreto a nominare una Commissione d'esame che ha sede presso il ministero, e una sottocommissione presso ogni sede della Corte d'Appello. Nell'ambito di ogni singola Corte d'Appello, il Ministro nomina ulteriori sottocommissioni per gruppi fino a 300 candidati; tali sottocommissioni sono formate da 5 membri effettivi e 5 supplenti dei quali 3 effettivi e 3 supplenti sono avvocati designati dal C.N.F. tra gli iscritti all'albo speciale per il patrocinio avanti le giurisdizioni superiori, 1 effettivo e 1 supplente sono magistrati in pensione; 1 effettivo e 1 supplente sono professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche. Un avvocato presiede la commissione, mentre come segretario vengono nominati dal Ministro uno o più funzionari dislocato dal Ministero. INCAPACITA': non possono essere designati avvocati che siano membri dei Consigli dell'Ordine o del Consiglio distrettuale di disciplina o rappresentanti della Cassa di previdenza e assistenza forense, e gli avvocati scelti per la commissione non possono essere eletti negli organi forensi nelle elezioni immediatamente successive alla data di cessazione dell'incarico coperto. Le modalità di svolgimento dell'esame e sulla valutazione delle prove scritte vengono determinate nel regolamento, ciò ispirandosi a criteri di chiarezza, logicità, rigore e metodo oltre alla dimostrazione di avere le capacità e le conoscenze dei fondamenti teorici degli istituti e di saper cogliere eventuali profili interdisciplinare con persuasione e argomentazione. Per controllare il corretto svolgimento degli esami scritti il Ministro della giustizia può nominare degli ispettori, che possono anche essere presenti durante la correzione di tutti atti ed esaminarli personalmente. L'art. 46 l.p.f. dispone che l'esame di abilitazione per l'esercizio della professione si articola in 3 prove scritte e in 1 prova orale. Le prove scritte consistono: nella redazione di un parere motivato da scegliere tra 2 questioni in materia regolata dal codice civile; nella redazione di un parere motivato da scegliere tra 2 questioni in materia regolata dal codice penale; nella redazione di un atto giudiziario che postuli conoscenze di diritto sostanziale - 27 - 27 e di diritto processuale, su un quesito proposto in materia scelta dal candidato tra il diritto civile, il diritto penale e il diritto amministrativo. L'art. 46, comma 7, l.p.f. fa venir meno espressamente la possibilità di consultare i codici commentati con la giurisprudenza e prevede che le prove scritte vengano affrontate con il solo ausilio dei codici privi di commenti e citazioni giurisprudenziali, per favorire di valutare pienamente le capacità di ciascun candidato ed evitare prove che presentano una molteplicità di precedenti giurisprudenziali (nella legge è previsto il codice senza commenti, ma nella realtà sappiamo che la riforma è stata prorogata di due anni). Le prove devono iniziare in tutte le sedi alla stessa ora, fissata dal Ministro della giustizia. I testi di legge vengono controllati e vidimati nei giorni precedenti l'inizio della prova e collocati sul banco del candidato che sostiene la prova. I candidati non devono portare con sé testi, scritti o appunti di qualunque genere (vale anche per il candidato che li riceve e non ne fa denuncia alla commissione, anche informatici, né qualsiasi strumento di telecomunicazione pena l'immediata esclusione dall'esame con provvedimento del presidente della commissione, sentiti almeno due commissari. Chiunque faccia pervenire ai candidati testi relativi al tema d'esame proposto è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione fino a 3 anni. Anche i candidati sono denunciati al Consiglio distrettuale di disciplina per i provvedimenti di competenza. Per la valutazione di ogni prova scritta ogni commissario dispone di 10 punti (150 punti in totale per le 3 prove). Alla prova orale sono ammessi i candidati che abbiano ottenuto almeno 90 punti nelle tre prove scritte e un punteggio non inferiore a 30 punti in ciascuna prova (art. 46, comma 4, l.p.f. - anche se abbiamo visto che non è vero!!!). Le annotazioni nei vari punti dell'elaborato costituiscono motivazione del voto, che viene espresso con un numero. La Corte Costituzionale tuttavia, ha dichiarato che anche solo l'indicazione numerica è stata ritenuta di per sé legittima, perché non pregiudica il diritto alla tutela giurisdizionale del candidato in caso di ricorso. La correzione dei compiti avviene mediante sorteggio, ovverosia le prove scritte vengono corrette dalle sottocommissioni costituite presso una diversa Corte d'Appello individuata dal Ministero mediante sorteggio. In sede cautelare il T.A.R. è intervenuto in diverse occasioni, annullando a volte il giudizio di inidoneità espresso dai commissari sulle prove scritte e CAPITOLO III: I SOGGETTI. Sono iscritti all'albo degli avvocati coloro che siano in possesso di un diploma di laurea a seguito di corsi di durata non inferiore a 4 anni e che abbiano superato l'esame di abilitazione prima della data di entrata in vigore della legge. Rimangono iscritti all'albo coloro che alla data di entrata in vigore della legge siano iscritti all'albo speciale delle giurisdizioni superiori; sussiste lo stesso diritto anche nei confronti di coloro che abbiano maturato i requisiti secondo la previgente normativa, ovvero in favore di coloro che abbiano maturato i requisiti secondo la previgente normativa entro tre anni. La Corte Costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità (nel 1985 e nel 1987) del c.d. patrocinio legale in pretura che consentiva l'assistenza e la rappresentanza da parte dei giurisperiti (laureati in legge) o dei non giurisperiti (in possesso di altri titoli di studio non universitari). Con la legge del 24 febbraio 1997, n. 127, è stato soppresso l'albo dei procuratori legali. Dal 1874 esistevano infatti sia la figura dell'avvocato che quella del procuratore legale; il primo svolgeva una funzione di assistenza, senza necessità di avere un mandato formale, mentre il secondo rappresentava la parte in giudizio con la procura alle liti (artt. 82 e 83 c.p.c.). Ora questa distinzione non esiste più. I praticanti. I laureati in giurisprudenza, se intendono svolgere il tirocinio o la pratica forense, possono iscriversi all'albo dei praticanti, che è tenuto presso il Consiglio dell'Ordine degli avvocati presso il Tribunale nel cui circondario l'interessato ha il proprio domicilio professionale. Il tirocinio ha durata di 18 mesi (per almeno 6 viene svolto presso un avvocato o presso l'Avvocatura dello Stato) e deve essere svolto in modo proficuo e dignitoso, al fine di acquisire le capacità necessarie per l'esercizio della professione e per la gestione di uno studio legale. I praticanti sono soggetti alle stesse norme deontologiche previste per gli avvocati e al potere disciplinare del Consiglio dell'Ordine. Al termine del periodo viene rilasciato il certificato di compiuto tirocinio. Per quanto riguarda il sistema retributivo, la l.p.f. stabilisce che il tirocinio non determina di diritto l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, anche occasionale. La legge prevede che al tirocinante sia dovuto il rimborso delle spese sostenute per conto dello studio e che decorsi sei mesi - 31 - 31 al praticante siano riconosciuti un compenso o un'indennità per l'attività svolta, che sono commisurati all'effettivo apporto professionale e tenuto conto dell'utilizzo dei servizi e delle strutture dello studio. Ciò non vale per gli enti pubblici e per l'Avvocatura dello Stato, che possono riconoscere un "rimborso" ove previsto e nei soli limiti delle risorse disponibili. Trascorsi 6 mesi di pratica (e a patto che il praticante sia in possesso della laurea), il praticante può chiedere di essere abilitato al patrocinio in sostituzione del suo dominus; può chiedere pertanto di essere iscritto in un apposito elenco allegato al registro. Il praticante deve assumere l'impegno solenne previsto per gli avvocati; tale impegno viene prestato avanti il Tribunale e avanti il Consiglio dell'Ordine. Il patrocinio sostitutivo del praticante si svolge di fatto sotto il controllo e la responsabilità dell'avvocato, anche se si tratta di affari non trattati direttamente dal medesimo, e può durare al massimo per 5 anni. In materia civile, il patrocinio consente di seguire i procedimenti di fronte al Tribunale e dinanzi al Giudice di Pace, mentre nell'ambito penale i procedimenti di competenza del Giudice di Pace, quelli per i reati contravvenzionali e quelli che rientravano nella competenza del pretore. Secondo una decisione della Corte costituzionale del 17 marzo 2010, n. 106, i praticanti abilitati non possono essere nominati difensori d'ufficio, in quanto non hanno ancora seguito l'intero iter abilitativo e pertanto risulterebbe compromessa la garanzia dell'effettività della difesa d'ufficio. Gli avvocati. L'iscrizione all'albo degli avvocati comporta il diritto di esercitare la professione senza alcuna limitazione, in tutto il territorio della Repubblica italiana, previa prestazione dell'impegno solenne, in pubblica seduta, dinanzi al Consiglio dell'Ordine. Impegno solenne: "Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini di giustizia ed a tutela dell'assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento". L'uso del titolo di avvocato spetta a tutti gli avvocati che sono o sono stati iscritti all'albo e agli avvocati dello Stato (spetta quindi anche a coloro che siano stati sospesi o cancellati dall'albo, purché non per indegnità). Coloro che invece sono stati radiati al termine di un procedimento disciplinare, non - 32 - 32 hanno diritto di conservare il titolo di avvocato. E' obbligatorio per l'avvocato anche stipulare per sé e per assicuratori una polizza assicurativa. L'avvocato è soggetto alla legge e alle regole deontologiche che prevedono anche le attività professionali che questo può svolgere in autonomia, libertà e indipendenza, lealtà, probità, decoro, diligenza e competenza, al fine di garantire al cittadino la piena tutela dei diritti (status morale e giuridico dell'avvocato). I difensori d'ufficio e il patrocinio a spese dello Stato. L'art. 3.1 l.p.f. stabilisce che tra le prescrizioni imposte dalla legge vi è quella dell'obbligo dell'avvocato di prestare la difesa d'ufficio (in quanto iscritto nell'apposito elenco posto a cura dei Consigli dell'Ordine) e di assicurarne il patrocinio a favore dei non abbienti. Per il riordino della disciplina della difesa d'ufficio viene data delega al Governo che emana un decreto legislativo, entro 24 mesi dalla entrata in vigore della legge, che ha come finalità l'abrogazione delle norme vigenti incompatibili e la previsione dei criteri e delle modalità di accesso a una lista unica, mediante indicazione dei requisiti che assicurino stabilità e competenza della difesa tecnica d'ufficio. Tale decreto legislativo è in corso di attuazione: tra le iniziative, l'elenco dei difensori dovrà essere unificato su base nazionale. I requisiti per essere iscritti sono: 1) partecipazione a un corso biennale di formazione organizzato dal C.o.f. o da una Camera penale per almeno 90 ore, con superamento di un esame finale; 2) iscrizione all'albo ed esperienza in materia penale per almeno 5 anni; 3) conseguimento del titolo di specialista in diritto penale. Quanto al patrocinio per i non abbienti è stata di recente introdotta la normativa del patrocinio a spese dello Stato, dapprima nelle controversie di lavoro, poi nella disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori e infine nel processo penale e nei giudizi civili e amministrativi. Secondo la Cass. Civ., SS.UU., 18 aprile 2013, n. 9529, l'attività professionale di natura stragiudiziale non è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi del d.P.R. 20 maggio 2002, n. 115, in quanto si esplica fuori dal processo. Se però tale attività viene espletata in vista di una successiva azione giudiziaria, essa è ricompresa nell'azione stessa ai fini della liquidazione a carico dello Stato e il professionista non può chiederne il compenso al cliente ammesso al patrocinio gratuito, incorrendo altrimenti in responsabilità disciplinare. - 35 - 35 vengono cancellati dall'elenco, salva la possibilità di iscrizione all'albo ordinario. Gli avvocati iscritti all'elenco speciale non possono svolgere un'altra attività; la ratio consiste nella necessità di assicurare agli enti che si avvalgono nelle prestazioni dei professionisti, l'esclusività della loro opera intellettuale e il pieno utilizzo della loro capacità lavorativa. - i professori universitari e di istituti secondari statali: non possono essere iscritti all'albo coloro che abbiano un impiego, ad eccezione di coloro che svolgono attività di insegnamento o ricerca in materie giuridiche in Università e nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici. Per essere iscritti all'albo degli avvocati i professori universitari di ruolo devono avere insegnato per almeno 5 anni materie giuridiche (c.d. iscrizioni di diritto). Per il conseguimento del titolo di specialista, i professori universitari di ruolo in materie giuridiche possono indicare il relativo titolo con le opportune specificazioni. Coloro che sono già iscritti nell'elenco speciale conservano l'iscrizione. I professori universitari che abbiano optato per il tempo pieno possono esercitare l'attività nei limiti consentiti dall'ordinamento universitario e devono essere iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo. Coloro che invece hanno optato per il tempo definito possono svolgere regolarmente la loro attività. I ricercatori sono da considerarsi docenti universitari a tempo pieno, quindi possono essere iscritti nell'elenco speciale ove ne sussistano i requisiti. Per quanto riguarda infine i professori a contratto, nessuna limitazione è prevista per la loro iscrizione all'albo speciale, poiché questi stipulano un contratto di diritto privato che comporta meri obblighi di ricerca tra professore e università. I giuristi d'impresa. Sono legali a tempo pieno, ma inseriti negli organici di un'azienda, con un contratto di subordinazione e che attribuisce specifiche mansioni. Il giurista d'impresa svolge attività di consulenza e assistenza giuridica per l'impresa. Poiché lavoratore subordinato non può essere iscritto in alcun albo, in quanto incompatibile. I giuristi d'impresa hanno costituito un'associazione autonoma (A.I.G.I., Associazione Italiana Giuristi Impresa), e si sono dotati anche di un codice deontologico. La legge professionale ha preso in considerazione questo tipo di attività nel momento in cui ha affermato che "l'attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all'attività giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e - 36 - 36 organizzato, è di competenza degli avvocati" (art. 2, comma 6, l.p.f.). L'instaurazione di tali rapporti di lavoro è consentita nell'esclusivo interesse del datore di lavoro, anche quando questo sia una società (con la conseguenza che la prestazione è consentita anche quando una società sia controllante, controllata o collegata, anche in favore degli associati o iscritti quando il datore sia un'associazione o un ente). Resta ferma in ogni caso la differenza tra giuristi d'impresa e avvocati, poiché la garanzia del segreto non vale ad esempio per i professionisti legati al cliente da un rapporto d'impiego. Le associazioni professionali e le società tra avvocati (la storia). - Con la legge 23 novembre 1939, n. 1815 è stata proibita la costituzione di società ed è stata permessa soltanto la costituzione di associazioni tra professionisti, con la dizione di studio legale (o tecnico, commerciale, contabile o altro) e l'indicazione del nome e cognome e titolo professionale dei singoli associati; - la legge è rimasta in vigore fino al 1997, quando è intervenuta la legge 7agosto 1997, n. 266 che ha reso possibile la costituzione di società demandando a un regolamento di determinare le specifiche modalità per la costituzione e organizzazione di tali società; tale regolamento tuttavia non è mai stato approvato; - con la legge del 21 dicembre 1999, n. 256 e con il d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96 sono state istituite le società tra professionisti (s.t.p.), rinviando per quanto non previsto alle norme sulle società in nome collettivo; - nel 2011 è intervenuta la c.d. legge di stabilità (12 novembre 2011, n. 183), la quale ha consentito di costituire società professionali, anche multidisciplinari, secondo i modelli societari vigenti, con soci anche non professionisti, per prestazioni tecniche o per finalità di investimento, abrogando la legge del 1939 (la prima) sulle associazioni professionali, ma lasciando in vigore i diversi modelli societari e associativi già vigenti; - ora è in vigore la legge professionale forense, che conferma la possibilità per gli avvocati di costituire associazioni professionali e associazioni multidisciplinari e la quale conferisce al Governo di adottare entro 6 mesi un decreto legislativo per disciplinare le società tra avvocati. Il termine di 6 mesi è scaduto e la delega non è stata tuttavia esercitata. All'avvocato è consentito: di utilizzare modelli societari e associativi già attuati, costituire associazioni professionali tra avvocati (a.t.a.), avvalersi - 37 - 37 della possibilità di costituire società tra avvocati (s.t.p.) secondo la normativa del d.lgs. del 2001, n. 96, attendere una nuova delega sulle società tra avvocati, ovvero una nuova normativa. Per tutte le altre professioni vale la legge 12 novembre 2011, n. 183. A) A.t.a. La legge professionale forense stabilisce che:  la partecipazione dell'avvocato all'associazione professionale tra avvocati non debba pregiudicare l'autonomia, la libertà, l'indipendenza intellettuale, anche perché l'incarico è conferito in via personale;  possono far parte delle associazioni solo gli avvocati iscritti all'albo;  la sede dell'associazione si trova nel circondario dove è il centro principale degli affari;  gli associati hanno il domicilio professionale nella sede dell'associazione;  le associazioni sono iscritte nell'elenco tenuto dal Consiglio dell'Ordine del circondario in cui hanno sede;  l'avvocato può essere iscritto ad una sola associazione;  i redditi delle associazioni sono determinati secondo criteri di cassa;  l'avvocato è escluso se cancellato o sospeso dall'albo per un periodo non inferiore a un anno, ovvero per gravi inadempienze contrattuali, con richiamo all'art. 2286 c.c.;  le associazioni non possono essere assoggettate alle procedure fallimentari e concorsuali. La giurisprudenza ha delineato la natura giuridica delle associazioni professionali, indicandole come autonomi centri d'imputazione di rapporti giuridici (in quanto rientrano a pieno titolo in quei fenomeni di aggregazione di interessi - quali le società personali, le associazioni non riconosciute, i condomini edilizi, i consorzi con attività esterna, etc..- cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri d'imputazione di rapporti giuridici e che sono perciò dotati di capacità di stare in giudizio come tali). B) La società tra avvocati (s.t.p. e s.t.a.). Il d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96 consente di costituire una società tra avvocati (s.t.p.), rinviando per quanto non previsto alle società in nome collettivo. - 40 - 40 l'avvocato si assume la responsabilità illimitata verso il cliente, anche se può essere sostituito o coadiuvato da altri avvocati (con delega verbale) o da un praticante abilitato con delega scritta (patrocinio sostitutivo). L'avvocato può anche nominare stabilmente uno o più sostituti presso ogni ufficio giudiziario, depositando la nomina presso l'ordine di appartenenza. L'avvocato può esercitare l'incarico professionale anche gratuitamente e a proprio favore, ai sensi dell'art. 86 c.p.c., e può sempre recedere dal mandato, ma ciò con le cautele necessarie per evitare di arrecare pregiudizi nei confronti del cliente e per tutelare il suo diritto di difesa. Infine, l'avvocato deve rendere nota ai clienti la propria polizza assicurativa. Quando l'incarico si riferisce ad un giudizio, la parte deve rilasciare all'avvocato uno specifico mandato, nella forma di procura alle liti (art. 83 c.p.c.), che può essere generale o speciale e che deve essere conferita con atto pubblico o con scrittura privata autenticata. La procura speciale può anche essere apposta in calce o a margine dell'atto di citazione o di qualsiasi atto introduttivo, ma si considera anche apposta in calce all'atto se viene rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce. In tali casi la sottoscrizione della parte deve essere autenticata dal difensore; tuttavia la certezza dell'effettiva provenienza non è data soltanto dall'apposizione di tale firma alla presenza dal legale, ma si presume anche da altre circostanze, quali la conoscenza del cliente, l'invio della procura direttamente da parte dello stesso, la conoscenza della firma per rapporti precedenti, etc... La procura speciale si presume conferita solo per un determinato grado del giudizio, quando nell'atto non sia espressa una volontà diversa. Davanti ai giudici di pace (cause non eccedenti il valore di 1.100 euro), le parti possono stare in giudizio anche personalmente. Il difensore può compiere tutti gli atti del processo in nome della parte, salvo che questi comportino disposizione di un diritto controverso. La procura alle liti può essere sempre revocata, ma la revoca e la rinuncia non producono effetti nei confronti della parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore. Non occorre invece una procura alle liti quando la parte sia semplicemente assistita (e non rappresentata) da un avvocato (art. 87 c.p.c.) - QUESTO NON L'HO CAPITO - . - 41 - 41 Si distingue tra cliente e parte assistita. Il cliente è colui che conferisce il mandato sostanziale al difensore, ed è incaricato al pagamento del compenso, mentre la parte assistita è quella che rilascia la procura alle liti e viene assistita in giudizio (IN COLLISIONE CON QUELLO DETTO POCO FA!). Per es., se l'avvocato difende in giudizio l'amministratore di una società, parte assistita è l'amministratore, mentre cliente può essere anche la società che provvede al pagamento delle prestazioni. L'art. 12 l.p.f. prevede che l'avvocato sia obbligato a stipulare una polizza per la responsabilità civile, nonché contro gli infortuni derivanti a sé e ai propri collaboratori per l'attività svolta anche fuori dallo studio; gli estremi della polizza devono essere comunicati anche al Consiglio dell'Ordine. La mancata osservanza di queste disposizioni costituiscono illecito disciplinare. Le condizioni essenziali e i massimali minimi vengono stabiliti dal Ministero della Giustizia ogni cinque anni, sentito il C.N.F. L'obbligo per tutti i professionisti di stipulare una polizza di assicurazione è imposto dal 15 agosto 2013. COMPENSO E TARIFFE (STORIA):  fino al 2006 nella massima parte dei casi si faceva riferimento alle tariffe (oltre che il richiamo agli usi, la determinazione del giudice, l'inderogabilità dei limiti tariffari etc..), ovvero alle tabelle disposte con decreto del Ministro di giustizia; teoricamente queste tariffe avrebbero dovuto essere stabilite ogni due anni, ma nella prassi passavano molti più anni tra un decreto e l'altro; le tariffe erano divise in tre parti (per materia civile, penale e stragiudiziale), con elencazione specifica di ogni attività, e con corrispondente applicazione dei diritti per le singole prestazioni svolte e degli onorari. L'avvocato quindi predisponeva la parcella (o nota, o notula, o specifica), che comprendeva spese, diritti e onorari, in dipendenza dell'attività prestata, sulla base delle tariffe;  con il decreto sulle liberalizzazioni del 2006 è stata abrogata la norma che prevedeva l'inderogabilità dei minimi tariffari ed è stato abrogato il 3° comma dell'art. 2233 c.c., che proibiva il patto di quota lite;  è caduto anche il riferimento generale alle tariffe, abrogate con la legge 24 marzo 2012, n. 27; tale legge ha disposto che il - 42 - 42 giudice, in caso di mancata pattuizione o qualora si debba procedere a porre le spese a carico della parte soccombente, il giudice è tenuto a fare riferimento a dei parametri, stabiliti dal Ministro di giustizia, sulla base dei quali vengono formulate le relative tabelle;  i parametri sono stati definitivamente approvati con decreto del Ministro di giustizia del 20 luglio 2012, n. 140. Tali parametri sono: valore e natura della pratica; importanza, difficoltà, complessità della pratica; condizioni d'urgenza per l'espletamento dell'incarico; risultati e vantaggi, anche non economici, ottenuti dal cliente; tempo impiegato e pregio dell'opera prestata. Seguono poi le tabelle per le varie prestazioni e le professioni prese in esame, con possibilità di maggiorazione per prestazioni complesse o urgenti, o di riduzione per questioni normali o semplici; i parametri si applicano anche per l'attività precedente, quando le prestazioni non sono esaurite al 23 agosto 2012, poiché il compenso deve essere valutato unitariamente.  i parametri oggi di riferimento per gli avvocati sono quelli di cui al d.m. 10 marzo 2014, n. 55, e vengono stabiliti ogni due anni con decreto ministeriale su proposta del C.N.F. La nuova legge professionale forense ha stabilito che il compenso spettante al professionista è pattuito di regola per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico; questa pattuizione non è soggetta a limiti di tempo, viene determinata in misura forfetaria, può avere ad oggetto uno o più affari. Il compenso viene determinato in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per le singole fasi della prestazione, o anche per l'intera attività. E' inoltre vietato il patto di quota lite, ossia il patto con cui l'avvocato percepisce come compenso, in tutto o in parte, una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa. Oltre al compenso all'avvocato è dovuto il rimborso delle spese sostenute e degli oneri o contributi anticipati nell'interesse del cliente. L'avvocato ha ovviamente l'obbligo di rendere edotto il cliente, informandolo in particolare del livello di complessità dell'incarico, e, a richiesta, l'avvocato deve comunicare al cliente in forma scritta la prevedibile misura del costo delle prestazioni, distinguendo tra oneri, spese, e compenso professionale (c.d. preventivo). In mancanza di richiesta, può anche essere richiesto l'intervento del consiglio dell'ordine, che può esprimere - 45 - 45 d'ufficio, occorrendo invece la domanda del creditore e la ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 1224 c.c. Quanto all'I.V.A., tutte le decisioni più recenti intervenute sull'argomento pongono a carico del soccombente tra le spese processuali anche le somme dovute a titolo di I.V.A. al difensore. La sentenza di condanna quindi, costituisce titolo esecutivo per ottenere anche tale rimborso, poiché tale voce costituisce onere accessorio che consegue al pagamento degli onorari, anche nel caso in cui manchi una specifica domanda. Oltre all'I.V.A., è dovuto anche il contributo previdenziale integrativo (c.p.a.) che dal 1° gennaio 2014 è stato fissato nella misura del 4% degli importi (in precedenza era il 2%). I crediti dell'avvocato sono soggetti a prescrizione ordinaria (10 anni). E' tuttavia stabilita una prescrizione presuntiva di tre anni che decorre dalla conciliazione delle parti, dalla decisione della lite o dalla revoca del mandato; per gli affari non terminati la prescrizione decorre dall'ultima prestazione. Per vincere tale presunzione è possibile deferire giuramento (art. 2960 c.c.). Infine, l'art. 2751 bis c.c., n. 2, stabilisce che spetta il privilegio generale mobiliare per i crediti riguardanti "le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione". Per ottenere il pagamento per le prestazioni svolte l'avvocato può procedere attraverso il ricorso per ingiunzione (art. 633 c.p.c.), oppure può ricorrere attraverso un procedimento speciale, regolato dall'art. 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794 e dall'art. 14 del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150 (c.d. legge sulla semplificazione dei riti). Le modalità sono ora fissate dall'art. 14 della stessa legge:  il procedimento si svolge secondo il rito sommario di cognizione (art. 702 bis e ss. c.p.c.);  è competente l'ufficio giudiziario avanti il quale l'avvocato ha prestato la sua opera;  il Tribunale decide in composizione collegiale;  le parti possono stare in giudizi personalmente;  l'ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile. La giurisprudenza ha sempre condizionato l'esercizio di tale azione in base - 46 - 46 all'esistenza di determinati presupposti, senza i quali la procedura è inammissibile:  il compenso richiesto deve riferirsi alle sole prestazioni giudiziali civili;  il giudizio civile per cui si chiede il compenso deve essere stato posto in decisione o la procura alle liti deve essere estinta;  non devono sussistere contestazioni sull'esistenza del diritto al compenso, perché, in caso contrario, ove fosse ammissibile una delibazione sommaria, senza che le parti siano assistite da un difensore, le parti stesse sarebbero illegittimamente e ingiustificatamente private della possibilità di un accertamento ampio secondo le regola processuali e nel rispetto del doppio grado di giudizio. Il ricorso si propone al capo dell'ufficio giudiziario adito per il processo. Si tratta di una competenza funzionale e inderogabile. Con decreto in calce al ricorso il Presidente del Tribunale o della Corte ordina la comparizione delle parti in camera di consiglio. Il decreto è notificato a cura della parte istante. Le parti non sono obbligate a munirsi di difensore. Il collegio, sentite le parti, procura di conciliarle. Il processo verbale di conciliazione costituisce titolo esecutivo. Se una delle parti non compare o se la conciliazione non riesce, il collegio provvede alla liquidazione con ordinanza non impugnabile, la quale costituisce titolo esecutivo anche per le spese del procedimento. Il procedimento si conclude con un'ordinanza solo impugnabile innanzi alla Corte di Cassazione ex art. 111 c.p.c. CAPITOLO VI: LA DEONTOLOGIA. Il nuovo codice deontologico è stato emanato dal C.F.N. il 31 gennaio 2014 ed è stato pubblicato nella G.U. il 16 ottobre 2014. Per i procedimenti in corso al momento dell'entrata in vigore del nuovo codice deontologico continuano ad applicarsi le norme esistenti al momento della commissione del fatto, salvo che le nuove norme siano più favorevoli per l'incolpato. La deontologia è il complesso di delle regole di condotta che devono essere rispettate nell'attività professionale; queste regole, per quanto riguarda l'attività legale, si riferiscono al diritto, all'etica, e alla prassi forense. Bisogna tuttavia distinguere il contenuto dalla natura delle norme. E' nozione istituzionale che il contenuto non serve a qualificare le norme, e ciò è affermato dal diritto penale, dal diritto civile e dalla Costituzione. Ad esempio:  nella Costituzione, oltre alle affermazioni sulla dignità della persona umana, vi è un titolo specificamente dedicato ai rapporti "etico-sociali" (titolo II, artt. 29-34);  nel diritto penale è pacifico che molte norme giuridiche abbiano gli stessi contenuti delle norme morali (non ledere, non offendere, non uccidere), senza che queste debbano essere confuse con le altre;  anche nel diritto civile vi è una varietà di norme che sanciscono i principi di buona fede, correttezza e diligenza quale base di ogni rapporto;  nel giudizio civile, l'art. 88 c.p.c. prescrive che le parti e i difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità, nonché l'art. 89 c.p.c. che pure proibisce l'uso di espressioni sconvenienti ed offensive. Si giunge quindi alla conclusione che bisogna tenere distinti i contenuti dalla nature delle norme per arrivare a comprendere che la natura delle norme dipende dalla loro collocazione all'interno dell'ordinamento giuridico professionale, che oggi è delineato dalle leggi esistenti (la legge professionale forense e le altre norme in materia). All'interno dell'ordinamento professionale si distinguono poi le norme deontologiche, che sono da ritenersi norme giuridiche nell'ambito dell'ordinamento professionale. La violazione di queste norme comporta poi delle sanzioni giuridiche, espressamente previste dall'ordinamento a conclusione di un procedimento giurisdizionale, con il controllo finale delle Sezioni Unite - 50 - 50 configurare in modo unitario tutte le possibili violazioni. Il Codice è suddiviso in sette titoli: I - Principi generali II - Rapporti con il cliente e con la parte assistita III - Rapporti con i colleghi IV - Doveri dell'avvocato nel processo V - Rapporti con terzi e controparti VI - Rapporti con le istituzioni forensi VII - Disposizione finale L'art. 20 del codice stabilisce che "la violazione dei doveri di cui ai precedenti articoli costituisce illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste nei titoli II, III, IV, V e VI di questo codice". Per ogni singolo dovere e per ogni violazione, quindi, è indicata una specifica sanzione. La sanzione deve essere adeguata e proporzionata alla violazione deontologica commessa e deve essere commisurata alla gravità del fatto, al grado della colpa, all'eventuale sussistenza del dolo e all'intensità di quest'ultimo, al comportamento dell'incolpato precedente e successivo al fatto, nonché alle circostanze soggettive e oggettive nel cui contesto è avvenuta la violazione. La sanzione è unica, anche quando siano contestati più addebiti nell'ambito del medesimo procedimento. Per ogni articolo e per la corrispondente violazione è indicata una specifica sanzione, intesa come sanzione - base o sanzione edittale. Nell'art. 22, comma 2°, e 22, comma 3°, del codice deontologico, poi, si indicano le maggiori o minori sanzioni prevedibili, nell'ipotesi in cui debba riconoscersi ai comportamenti attuati un'attenuazione o un aggravamento della sanzione. Titolo I - artt. 1-22.  regola generale: l'avvocato deve esercitare la propria attività in piena libertà, autonomia e indipendenza per tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e l'attuazione dell'ordinamento per i fini della giustizia; nell'esercizio di tale attività l'avvocato vigila sulla conformità delle leggi ai principi costituzionali e alle norme dell'ordinamento dell'Unione Europea e opera per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali.  i fatti non professionali: anche i fatti riguardanti la vita privata, quando il comportamento privato divenga rilevante all'esterno, devono essere - 51 - 51 valutati disciplinarmente, in quanto il fatto pubblico incide sulla vita professionale e compromette al contempo anche la dignità dell'avvocato e l'immagine della classe forense.  fiducia e fedeltà: sulla fiducia si fonda il rapporto con il cliente e la parte assistita, oltre anche alla fedeltà (la violazione di quest'ultima comporta anche un reato penale - il patrocinio infedele -); si parla in questo caso di doppia fedeltà, intendendosi che l'avvocato dovrebbe essere fedele nei confronti della parte assistita e al contempo nei confronti delle norme dell'ordinamento; diverso è il concetto di doppia deontologia, che significa che l'avvocato, quando esercita all'estero, dovrebbe rispettare la deontologia del proprio paese d'origine e la deontologia del paese ospitante.  doveri di professionalità: vi sono molteplici doveri che assicurano la professionalità. Tra questi vi sono: - il dovere di competenza, che richiede che l'avvocato abbia la capacità specifica richiesta in relazione alla prestazione da svolgere; - il dovere di aggiornamento professionale; è fatto obbligo agli avvocati di curare la formazione continua (o permanente), obbligo che impone di seguire un programma formativo dettagliato; - il dovere di diligenza, che assicura un livello adeguato di professionalità.  dovere di riservatezza e segretezza: l'avvocato è tenuto alla rigorosa osservanza del segreto professionale e al massimo riserbo sulle circostanze apprese nell'attività di rappresentanza e assistenza in giudizio.  dovere di adempimenti fiscali, previdenziali, assicurativi e contributivi: l'avvocato deve corrispondere regolarmente i contributi dovuti alle Istituzioni forensi  informazione e pubblicità: è consentita all'avvocato l'informazione sulla propria attività professionale, sull'organizzazione e struttura dello studio, sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti. Le informazioni possono essere diffuse pubblicamente con qualsiasi mezzo e devono essere trasparenti, veritiere, corrette, non equivoche, non ingannevoli. Titolo II - i rapporti con il cliente e con la parte assistita. Tale rapporto si basa esclusivamente sulla fiducia e devono essere evitati i rapporti di carattere economico o commerciale, estranei al mandato professionale e che alterano l'equilibrio dell'attività dell'avvocato. E' altresì - 52 - 52 necessario che vi sia un rapporto di totale estraneità tra i due, che deve essere mantenuto per tutto il tempo dell'espletamento dell'incarico, in quanto solo l'estraneità garantisce una difesa tecnica più valida ed evita il coinvolgimento in responsabilità, assicurando la massima professionalità. Deve essere anche assicurata l'autonomia del rapporto; l'avvocato infatti non deve esercitare la propria attività assecondando delle iniziative giudiziarie, pretestuose, illecite o strumentali. L'avvocato non deve sottostare agli ordini del cliente, ma deve essere in grado di scegliere in piena autonomia e secondo la propria scienza e coscienza. Se vi è totale immedesimazione dell'avvocato nella posizione della parte difesa, si avrà favoreggiamento; se invece vengano compiuti atti o promosse iniziative contro gli interessi della parte assistita si può configurare un'ipotesi di patrocinio infedele. In breve, i principi che intercorrono tra l'avvocato e la parte assistita (sulla differenza tra cliente e parte assistita vedi supra) sono: rapporto di fiducia: l'avvocato deve accertare l'identità del cliente e della parte assistita, non deve consigliare azioni inutilmente gravose, né accettare incarichi finalizzati ad operazioni illecite; conflitto di interessi: l'avvocato deve astenersi dallo svolgere attività professionale quando questa determini conflitto di interessi tra i propri assistiti, in quanto questo comporterebbe una vera mancanza di assistenza; adempimento del mandato: l'avvocato deve adempiere diligentemente agli obblighi inerenti all'incarico, con la specifica competenza richiesta; informazioni alla parte assistita: quando viene conferito l'incarico, l'avvocato ha l'obbligo di informare il cliente e la parte assistita della caratteristica e dell'importanza della controversia, prevedendo le ipotesi di soluzione, il prevedibile costo, la possibilità di utilizzare il procedimento di mediazione o il patrocinio a spese dello Stato, gli estremi della polizza assicurativa e ogni altra informazione utile; segreto professionale: l'avvocato è tenuto alla rigorosa osservanza del segreto e del riserbo sui fatti e le circostanze apprese durante lo svolgimento dell'attività professionale (l'abbiamo già detto sopra); la legge inoltre garantisce all'avvocato e ai suoi collaboratori la facoltà di astenersi dal deporre sulle circostanze conosciute nell'ambito dell'attività svolta; la - 55 - 55 o prestazioni per ottenere difese o incarichi. E' vietato offrire prestazioni professionali presso il domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo e, in generale, nei luoghi pubblici o aperti al pubblico. Mentre la pubblicità ha un ambito generale e offende principalmente il dovere di riservatezza e ha un fine indiretto, quale l'acquisizione di clientela, l'accaparramento invece ha un ambito particolare e offende principalmente la dignità e il decoro e ha il fine immediato e diretto di acquisire la clientela. Per questo la sanzione che si applica in caso di accaparramento è più grave rispetto a quella legata all'attività pubblicitaria. Attività senza titolo. L'iscrizione all'albo costituisce presupposto per l'esercizio dell'attività giudiziale e stragiudiziale; l'uso di un titolo professionale non conseguito costituisce illecito disciplinare molto grave. Costituisce illecito anche il fatto che l'avvocato agevoli o renda possibile a soggetti non abilitati o sospesi l'esercizio abusivo della qualità di avvocato, o che consenta che tali soggetti ne traggano benefici economici. In tal senso vedi Cass., SS.UU., 16 dicembre 2013, n. 27996, che ha confermato la responsabilità disciplinare dell'avvocato che si dichiarava disponibile a sottoscrivere ricorso in Cassazione redatti da colleghi non abilitati. Titolo III - i rapporti con i colleghi. L'obbligo di colleganza è ricorrente nell'attività forense, anche se il dovere di difesa prevale su di esso, nel senso che l'avvocato non può e non deve mai subordinare gli interessi e i diritti del proprio assistito a una condiscendenza verso il collega. All'obbligo di colleganza si ispira anche il principio che impone all'avvocato di dare comunicazione per iscritto al collega della volontà di promuovere un'azione giudiziaria nei suoi confronti, salvo che tale preavviso possa pregiudicare il diritto da tutelare. In particolare, il titolo III del codice prevede: - che all'avvocato è fatto divieto di registrare una conversazione telefonica con il collega o di riferire in giudizio il contenuto di colloqui riservati; è fatto inoltre divieto di esprimere apprezzamenti denigratori dell'attività professionale del collega; - che l'avvocato non può mettersi direttamente in contatto con la controparte che sia assistita da un altro avvocato; ciò potrebbe apparire intimidatorio e - 56 - 56 vessatorio e rappresenterebbe una mancanza di riguardo nei confronti del collega. Solo in casi particolari (ad esempio per richiedere determinati comportamenti o per intimare messe in mora o evitare prescrizioni o decadenze) la corrispondenza può essere indirizzata direttamente alla controparte, inviandone copia per conoscenza al legale avversario; - che l'avvocato ha l'obbligo di soddisfare le prestazioni affidate al collega, ove non adempia il cliente (art. 43 codice deontologico); - che l'avvocato che abbia raggiunto un accordo transattivo con il collega deve astenersi dal proporne impugnazione, salvo che la stessa sia giustificata da fatti sopravvenuti o dei quali dimostri di non averne avuto conoscenza per ragioni di lealtà e correttezza; - che nell'ipotesi in cui operi una sostituzione tra colleghi nell'attività di difesa, il nuovo avvocato dovrà informare il precedente legale dell'avvenuta sostituzione e dovrà operarsi perché al collega vengano pagate le prestazioni svolte in precedenza (ma il pagamento delle spese non potrà essere posto come condizione per consentire l'attività del nuovo legale, perché prevale sempre il diritto di difesa); di contro il precedente avvocato dovrà attivarsi affinché la successione del mandato avvenga senza ledere i diritti dell'assistito; - sono dettate regole particolari per i rapporti con i collaboratori (ai quali non deve essere impedito di migliorare la loro preparazione professionale) e nei rapporti con i praticanti (artt. 39 e 40 codice deontologico), ai quali deve essere consentita un'adeguata formazione. L'avvocato è anche tenuto a corrispondere al praticante un compenso adeguato. Titolo IV - artt. 46-62 - i doveri dell'avvocato nel processo. A) I doveri dell'avvocato nel processo. L'avvocato deve rispettare tutte le norme processuali. In particolare deve rispettare: o dovere di difesa: esso deve essere attuato senza riserve, salvaguardando il rapporto di colleganza, per quanto possibile. L'avvocato deve quindi opporsi alle richieste processuali avversarie quando queste siano irrituali o ingiustificate o comportino un pregiudizio per la parte assistita; o dovere di istruzioni e informazioni al collega: l'avvocato deve dare tempestive istruzioni al collega corrispondente e quest'ultimo, del pari, è - 57 - 57 tenuto a dare al collega (dominus) informazioni sull'attività svolta e da svolgere, senza assumere autonome iniziative, in difetto di istruzioni; o divieto di produrre la corrispondenza: l'avvocato non deve produrre in giudizio, né riferire la corrispondenza scambiata con il collega che sia dichiarata riservata o contenga proposte transattive (art. 48 cod. deont.); la ratio sta nella riservatezza e nella più ampia libertà, senza possibilità di rinfacciare l'uno all'altro o di ufficializzare le ammissioni, etc.. La corrispondenza può essere prodotta quando con essa sia stato perfezionato un accordo di cui la stessa costituisca attuazione, e così pure la corrispondenza che assicuri l'adempimento delle prestazioni richieste; o dovere di verità: l'avvocato ha il dovere di dire la verità in determinate circostanze; il dovere di verità gli impone di non produrre in giudizio atti o documenti falsi e impone di menzionare i provvedimenti già ottenuti o il rigetto dei provvedimenti richiesti. Ha il dovere di dire la verità anche l'avvocato che chieda un provvedimento particolare all'autorità giudiziaria, sulla base di fatti specifici che siano presupposto di tale provvedimento e di cui l'avvocato abbia diretta conoscenza. L'inosservanza di tale obbligo costituisce illecito disciplinare (ad es. l'avvocato che chieda la convalida di uno sfratto per morosità e che dichiari, contrariamente al vero, che la morosità persiste); o doveri nel processo penale: l'avvocato che viene nominato difensore d'ufficio deve informare il cliente che ha la possibilità di nominare un difensore di fiducia, e deve informarlo che anche il difensore d'ufficio deve essere retribuito. L'avvocato non può assumere la difesa di più imputati che abbiano reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di un altro indagato nello stesso procedimento; e ancora l'avvocato che sia indagato o imputato non può assumere o mantenere la difesa di un altro imputato nello stesso procedimento; o doveri nell'ascolto dei minori e nel diritto di famiglia: l'avvocato che assiste i minori nei procedimenti civili, ne effettua l'ascolto, ma ciò deve avvenire con il consenso degli esercenti la patria potestà e solo qualora non vi siano interessi confliggenti e preferibilmente con l'ausilio di esperti. In particolare, l'avvocato del minore deve sapere interpretare il reale interesse del proprio assistito, instaurando rapporti con tutti i soggetti che a vario titolo costellano le vicende minorili, ma senza identificandosi al contempo con tali soggetti. Correlativamente è previsto che l'avvocato del genitore, nelle controversie - 60 - 60 presenza del legale avversario, né deve approfittare di eventuali rapporti di amicizia di familiarità o di confidenza con i magistrati per richiedere e ottenere favori e preferenze;  rapporti con arbitri, conciliatori, mediatori, periti e consulenti: l'avvocato deve intrattenere tutti questi rapporti nel reciproco rispetto, evitando comportamenti confidenziali;  rapporti con organi di informazione: nei rapporti con la stampa e in ogni attività di comunicazione, l'avvocato non deve fornire notizie coperte dal segreto di indagine, né spendere il nome dei propri clienti, né enfatizzare la propria capacità professionale, né sollecitare articoli o interviste o convocare conferenze stampa, fatte salve le esigenze di difesa. Titolo V (artt. 63-68) - i rapporti con i terzi e controparti. Nei terzi sono ricompresi i dipendenti, il personale ausiliario di giustizia e ogni persona in genere con cui l'avvocato venga a contatto. La controparte invece è un soggetto ben definito, nei cui confronti deve pure essere tenuto un comportamento corretto e rispettoso, per non compromettere la dignità della professione e l'affidamento dei terzi. A tal fine tutte le obbligazioni devono essere adempiute. Nei confronti della controparte invece le regole sono più dettagliate; in particolare: - l'avvocato può intimare alla controparte particolari adempimenti (il pagamento di una somma di denaro o il rilascio di un bene), con avvertenza che in difetto potranno essere avviate azioni giudiziarie, presentate istanze di fallimento, denunce, querele, etc.. Tale intimazione, che è considerata lecita al fine di tutelare le difese della parte assistita dal legale, non diviene più lecita se si trasforma in minaccia, o quando l'avvocato avanzi richieste o pretese esorbitanti, ovvero prospetti la possibilità di avviare azioni sproporzionate o vessatorie, ovvero utilizzi termini impropri, per creare l'apparenza di atti giudiziari coercitivi (art. 65 cod. deont.); - a prescindere da quanto detto sopra, le iniziative giudiziarie che si intendono proporre nei confronti della controparte devono corrispondere ad effettive ragioni di tutela della parte assistita e non devono essere a dismisura né devono essere inutilmente onerose o vessatorie. In particolare:  l'avvocato può invitare direttamente la controparte a un colloquio nel proprio studio, ma deve precisare che questa può essere - 61 - 61 accompagnata da un legale di fiducia;  l'avvocato può addebitare a controparte le spese per l'attività prestata in via stragiudiziale, purché la richiesta di pagamento sia fatta a favore del cliente;  l'avvocato non deve chiedere alla controparte il pagamento del proprio compenso professionale, salvo che vi sia una specifica pattuizione o l'accordo con il cliente, ovvero sia intervenuta la definizione della lite. Infine, è previsto che l'avvocato possa agire nei confronti di una parte già assistita in precedenza (ex cliente), quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale e l'oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza. In ogni caso, è fatto salvo il divieto dell'avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto professionale esauritosi. E' vietata l'assunzione dell'incarico nei confronti di un coniuge, quando l'avvocato abbia assistito in precedenza entrambi i coniugi in controversie familiari. Allo stesso modo, l'avvocato che abbia assistito un minore in qualsiasi controversia familiare non può assistere uno dei genitori in successive iniziative aventi la stessa natura, per evitare confusione di ruoli e conflitti di interesse. Titolo VI (artt. 69-72) - i rapporti con le Istituzioni forensi. Sono disciplinati in questo titolo tutti i comportamenti che riguardano sia i soggetti attivi (i consiglieri nominati nei vari Consigli e i candidati agli stessi), sia i soggetti passivi (i sostenitori dei candidati e gli avvocati che sono chiamati a determinati comportamenti nei confronti delle Istituzioni). E' imposto agli avvocati di adempiere alle funzioni con diligenza, indipendenza, imparzialità. In particolare:  le elezioni: l'avvocato che partecipi quale candidato, o quale sostenitore di candidati, alle elezioni per gli organismi rappresentativi dell'avvocatura deve comportarsi con correttezza, evitando forme di pubblicità e iniziative non consone alla dignità delle funzioni. Nella sede è consentita solo l'affissione delle liste elettorali e del regolamento che disciplina le operazioni di voto, evitando ogni forma di propaganda;  i rapporti con il Consiglio dell'ordine: al momento dell'iscrizione, - 62 - 62 ovvero in ogni momento successivo, l'avvocato deve: 1) dichiarare l'eventuale sussistenza di rapporti di parentela, coniugio, affinità e convivenza con magistrati; 2) comunicare ogni evento che riguardi l'esercizio di un'attività professionale (la costituzione di un'associazione o di una società; l'apertura di uno studio o di un recapito, il trasferimento della sede; 3) comunicare gli estremi della polizza di assicurazione per la responsabilità civile e della polizza contro gli infortuni derivanti a sé, ai propri collaboratori, dipendenti e praticanti, per l'attività svolta anche al di fuori dello studio; 4) rispettare i regolamenti (del C.N.F. e del Consiglio dell'ordine) riguardanti gli obblighi e i programmi formativi;  dovere di collaborazione con le istituzioni: l'avvocato ha il dovere di collaborare con le Istituzioni forensi, osservando scrupolosamente il dovere di verità. Qualora le Istituzioni chiedano all'avvocato chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione a situazioni segnalate da terzi, la mancata sollecita risposta dell'iscritto costituisce illecito disciplinare. Quando invece vi sia un illecito disciplinare in corso, la mancata risposta dell'iscritto agli addebiti comunicatigli e la mancata presentazione di osservazioni e difese non costituisce autonomo illecito disciplinare, ma possono essere valutati dagli organi giudicanti nella formazione del proprio convincimento. Nelle mancate risposte infatti, non vi è solo la lesione di un prestigio formale, ma anche la consapevole offesa verso le funzioni collettive e la mancanza anche di un qualsiasi senso di responsabilità che si ricolleghi all'attività difensiva svolta. Quando invece il procedimento disciplinare sia iniziato, o stia per iniziare, con eventuale formulazione dei capi di incolpazione (anche con l'eventuale addebito delle mancate risposte al Collegio in ordine ai chiarimenti richiesti), l'ulteriore eventuale silenzio dell'incolpato non può essere motivo di autonoma censura, trattandosi di scelte difensive nell'ambito del procedimento. Anche la mancata comparizione può essere infatti utilizzata dall'incolpato per non aggravare il proprio comportamento con manifestazioni di mendacio o arroganza. In tali casi, tuttavia, il Consiglio di disciplina potrà valutare tale comportamento complessivo tenuto dall'avvocato, ai fini della sanzione.  esame di abilitazione: è sanzionato gravemente l'avvocato che faccia - 65 - 65 Consiglio dell'ordine. I risultati delle operazioni elettorali sono trasmessi al presidente del Consiglio dell'ordine distrettuale e da questi proclamati. L'elettorato passivo spetta a tutti gli avvocati che non abbiano riportato sanzioni disciplinari o condanne. Il C.d.d. si divide in sezioni composte da 5 titolari e 3 supplenti, e in ogni sezione non può essere incluso un membro appartenente all'ordine a cui è iscritto l'incolpato. La competenza per territorio spetta al Consiglio di disciplina del distretto in cui l'incolpato è iscritto, ovvero in cui il fatto è avvenuto, ed è determinata di volta in volta dalla prevenzione (cioè dall'iscrizione nel registro riservato - vedi art. 58, comma 1°, l.p.f. e vedi in seguito) se sorgono conflitti di competenza, la decisione spetta al Consiglio nazionale forense. Il regolamento n. 2/2014 disciplina anche i casi di astensione e ricusazione dei membri giudicanti che compongono i Consigli distrettuali di disciplina, prevedendo che i giudicanti possono essere ricusati dalle parti e devono astenersi quando ricorrano particolari motivi, indicati nel regolamento (non è ammessa la ricusazione collegiale nei confronti dell'intero Collegio, perché la ricusazione ha carattere strettamente personale, e anche un'astensione collettiva è invalida, ma è consentita la ricusazione di tutte le persone fisiche del collegio, come è possibile un'astensione di tutti i consiglieri, quando l'evento sia comune - ad es. - una denuncia presentata dall'incolpato). Il procedimento: Nella fase preliminare si ha la notizia dell'illecito e un'istruttoria pre- procedimentale, e inizia con la presentazione di un esposto o una segnalazione qualsiasi, e anche l'autorità giudiziaria può venire a conoscenza dell'informazione; in tale caso deve informare immediatamente il Consiglio dell'ordine quando sia esercitata l'azione penale, quando sia disposta l'applicazione delle misure cautelari, o quando siano state effettuate perquisizioni o sequestri, ovvero emesse sentenze. A quel punto viene data informazione all'iscritto della conoscenza della notizia e lo si invita a presentare le sue deduzioni entro 20 giorni; dopodiché presenta gli atti al Consiglio distrettuale di disciplina. Con la comunicazione all'iscritto si interrompe il termine di prescrizione (fissato dalla l.p.f. in 6 anni); da tale data è anche fatto divieto di deliberare la cancellazione dall'albo fino alla conclusione del procedimento. Il termine è interrotto anche dalla notifica della decisione del C.d.d. e dalla sentenza - 66 - 66 del C.N.F.. Da ogni interruzione decorre un nuovo termine di 5 anni, ma in nessun caso il termine stabilito di 6 anni può essere prorogato di oltre 1/4; a questo si deve aggiungere il tempo delle eventuali sospensioni. Nulla è stabilito in merito alla rinuncia all'esposto, ma vale il principio secondo cui la rinuncia non comporta automaticamente l'estinzione del procedimento, stante la funzione pubblicistica dei Consigli di disciplina. Ricevuti gli atti, il presidente del C.d.d. iscrive il procedimento in un registro riservato (tale data è determinante ai fini della prevenzione, ossia la determinazione della competenza, e costituisce la data di inizio del termine di sei mesi per gli accertamenti pre-procedimentali), salvo che l'esposto non sia manifestamente infondato, e quindi ne chieda l'archiviazione. Dopo l'iscrizione, il presidente designa la commissione e nomina il consigliere istruttore che è il responsabile del procedimento, poiché procede all'istruttoria nel termine di sei mesi dall'iscrizione della notizia dell'illecito-disciplinare e comunica all'iscritto l'avvio del procedimento, invitandolo a fornire osservazioni scritte entro 30 giorni. Conclusa questa fase, il consigliere istruttore propone al C.d.d. (che delibera senza la sua presenza) la richiesta motivata di archiviazione (che nel caso viene comunicata all'iscritto, al Consiglio dell'ordine e al soggetto dal quale è pervenuta la notizia dell'illecito) o di approvazione del capo di incolpazione. Come già detto, per il resto la l.p.f. fissa solo i principi fondamentali del procedimento, lasciando al regolamento del C.N.F. ogni altra determinazione (n. 2/2014). La formulazione del capo di incolpazione rappresenta il momento dell'apertura del procedimento disciplinare (l'atto di apertura del procedimento non è autonomamente impugnabile - come avveniva in passato - trattandosi di atto amministrativo endoprocedimentale). Nel capo di incolpazione devono essere inseriti, oltre i principi generali violati, tutti i fatti specifici che vengono addebitati, con riferimento alle circostanze di tempo e luogo. E' sufficiente che l'incolpato sia posto in grado di preparare la propria difesa in modo efficace; di tutto deve essere data comunicazione all'incolpato, il quale deve anche essere avvisato che può prendere visione degli atti, depositare memorie e con l'invito a comparire avanti il consigliere istruttore con l'assistenza del difensore per rendere l'interrogatorio. - 67 - 67 Decorso il termine per il compimento degli atti difensivi, il consigliere istruttore chiede al C.d.d. di disporre la citazione a giudizio, la quale deve essere notificata almeno 30 giorni prima della data di comparizione dell'incolpato e al pubblico ministero. Essa deve contenere:  le generalità dell'incolpato;  l'enunciazione chiara e precisa degli addebiti contestatigli, con indicazione delle norme violate;  l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento che l'incolpato potrà essere assistito da un difensore e che, in caso di mancata comparizione, si procederà in sua assenza;  l'avviso che l'incolpato ha diritto a produrre documenti e di indicare testimoni, con l'enunciazione sommaria dei fatti sui quali dovranno essere sentiti, entro il termine di sette giorni prima della data fissata per il dibattimento;  l'elenco dei testimoni che il Consiglio intende ascoltare;  la data e la sottoscrizione del presidente e del segretario. Naturalmente, tutti i consiglieri devono essere avvertiti del giorno dell'udienza, e ciò con qualsiasi mezzo purché idoneo a raggiungere lo scopo (anche telefono, fax, etc..). Le adunanze del C.d.d. non sono pubbliche. In ogni seduta l'incolpato ha il diritto di produrre documenti, interrogare testimoni e rendere le dichiarazioni che ritiene opportune; ha comunque diritto ad avere l'ultima parola. Tutti gli esposti, le dichiarazioni e le testimonianze rese che non vengono confermate nel dibattimento "possono essere utilizzate ai fini della decisione, ove la persona dalla quale provengono sia stata citata per il dibattimento" (art. 59, comma 1°, lett. g, l.p.f.). Il p.m. può assistere al dibattimento e assumere conclusioni. I testimoni che vengono sentiti non hanno l'obbligo di giurare, né di sottoscrivere il verbale. Al termine della discussione, il Consiglio delibera a porte chiuse ed emette la decisione. Le deliberazioni sono prese a maggioranza di voti: in caso di parità prevale il voto del presidente. Una volta emessa la decisione, viete data lettura del dispositivo; la decisione può concludersi:  con il proscioglimento, con la formula "non esservi luogo a provvedimento disciplinare";  con il richiamo verbale, che non ha carattere di sanzione - 70 - 70 dell'impugnazione, per le decisioni del C.d.d. o dal giorno successivo alla notifica della sentenza del C.N.F. all'incolpato. Il presidente del Consiglio dell'ordine comunica all'incolpato la data di esecuzione della sanzione. In caso di sospensione, radiazione e sospensione cautelare viene data notizia anche a tutti gli uffici giudiziari e ai Consigli dell'ordine del distretto, nonché a tutti gli iscritti agli albi e registri tenuti dal Consiglio dell'ordine. Il provvedimento sanzionatorio non è coperto da segreto, ma è conoscibile. Qualora vi sia stata una precedente sospensione cautelare, il tempo già scontato viene detratto dalla sospensione definitiva; così, quando per esempio la pena sia stata inflitta durante il periodo del praticantato, la pena possa essere scontata una volta avvenuta l'iscrizione all'albo degli avvocati. Malgrado la definitività della sanzione della radiazione, la reiscrizione è possibile; il professionista radiato può essere nuovamente iscritto purché siano trascorso almeno 5 anni dal provvedimento di radiazione, ma non oltre un anno successivamente alla scadenza di tale termine (art. 62, comma 10°, lp.f.). Il procedimento disciplinare è autonomo rispetto al procedimento penale sui medesimi fatti. Può accadere che vi sia un possibile contrasto di giudicati. Ciò avviene in due casi speculari e in tali casi la legge prevede che il procedimento disciplinare possa essere riaperto: o quando sia stata inflitta una sanzione disciplinare e l'autorità giudiziaria abbia pronunciato sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o non l'incolpato non lo ha commesso (in tal caso l'incolpato deve essere prosciolto anche in sede disciplinare); o quando sia stato disposto il proscioglimento in sede disciplinare e, per contro, l'autorità giudiziaria abbia emesso sentenza di condanna per reato non colposo, su fatti rilevanti non valutati disciplinarmente (in tal caso i fatti sono riproposti, ma valutati liberamente). La riapertura del procedimento disciplinare avviene a richiesta dell'interessato o dell'ufficio, nelle forme del procedimento ordinario. E' competente il Consiglio distrettuale di disciplina che ha emesso la decisione, anche se sono state emesse sentenze sul ricorso. Il giudizio è affidato a una sezione diversa da quella che ha deciso. Il termine per la riapertura, in caso di condanna penale, è di due anni. Le decisioni del C.d.d. possono essere impugnate entro 30 giorni dal deposito sentenza (ma dovrebbe essere dalla notificazione) avanti il C.N.F., - 71 - 71 avanti un'apposita sezione. Legittimati ad impugnare sono:  l'incolpato, se viene affermata la sua responsabilità;  il Consiglio dell'ordine, il procuratore della Repubblica e il procuratore generale, contro ogni decisione. Il ricorso dell'incolpato è notificato al p.m. e al procuratore generale presso la Corte d'Appello, che possono proporre impugnazione incidentale entro 20 giorni dalla notifica. Ove necessario, si applicano le norme del codice di procedura civile, e le norme sulla sospensione e ricusazione. I provvedimenti hanno natura di sentenza. Le udienze sono pubbliche e ad esse partecipa con funzioni di p.m. un magistrato delegato dal procuratore generale, con grado non inferiore a consigliere di cassazione. Le decisioni sono notificate entro 30 giorni all'interessato e al p.m., e sono comunicate al Consiglio dell'ordine ai fini dell'esecuzione. Oggetto dell'impugnativa sono esclusivamente i provvedimenti disciplinari (non sono impugnabili i pareri o gli altri provvedimenti in ordine all'apertura del procedimento, al rinvio a giudizio, all'interpretazione delle norme, etc..). Parte necessaria del procedimento (oltre al procuratore della Repubblica e al procuratore generale) è anche il Consiglio dell'ordine a cui spetta il diritto di impugnativa, quale istituzione interessata alla tutela della dignità e al decoro della categoria professionale. Gli atti vengono trasmessi alla segreteria del C.N.F., che li comunica al procuratore generale presso la Corte di Cassazione, il quale deve curarne la restituzione entro 15 giorni dalla ricezione. Il presidente del C.N.F. nomina il relatore tra i componenti del Consiglio e fissa la data della seduta per la discussione del ricorso, che ha luogo con l'intervento di un delegato del procuratore generale presso la Corte di Cassazione. All'udienza, il consigliere redige la relazione, l'incolpato può esporre le proprie deduzioni personalmente o a mezzo del proprio difensore, mentre il p.m. svolge le sue conclusioni.; l'udienza è pubblica (salvo rinuncia dell'incolpato, solo se fondata su ragioni oggettive). Le decisioni del C.N.F. sono pronunciate "in nome del popolo italiano", redatte dal relatore e contengono: l'indicazione dell'oggetto del ricorso, le deduzioni del ricorrente, le conclusioni del p.m., i motivi su cui si fondano, il dispositivo, l'indicazione del giorno, mese, anno in cui sono pronunciate e - 72 - 72 la sottoscrizione del presidente e del segretario. Sussiste il divieto della reformatio in pejus, salvo che vi sia ricorso principale o incidentale del p.m. Le decisioni sono pubblicate mediante deposito dell'originale nella segreteria del Consiglio, senza che sia necessaria la redazione di un dispositivo a parte, di cui non viene data lettura dopo la deliberazione in Camera di Consiglio. Le decisioni sono notificate in copia autentica entro 30 giorni all'interessato, al Consiglio dell'ordine e al p.m. presso la Corte d'Appello e il Tribunale della circoscrizione nella quale l'interessato appartiene. La notifica avviene a cura della segreteria. Le decisioni del C.N.F. sono esecutive dal giorno successivo a quello della notifica dell'incolpato; l'esecuzione può essere sospesa solo dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in camera di consiglio, su istanza del ricorrente. Le decisioni possono essere impugnate innanzi alla Corte di Cassazione solo per incompetenza, eccesso di potere (è solo quello giurisdizionale, che si concreta nell'esplicazione di una potestà riservata dalla legge ad altra autorità, sia essa legislativa o amministrativa, o nell'arrogazione di un potere non attribuito ad alcuna autorità) e violazione di legge (vizi relativi all'applicazione delle norme di diritto, che è consentita nei limiti di una valutazione di ragionevolezza che attiene alla individuazione del precetto, ovvero quando manchi del tutto la motivazione). Legittimati all'impugnativa sono gli interessati, il p.m. e quindi l'incolpato e il procuratore generale presso la Corte di Cassazione. L'incolpato può firmare il ricorso anche se non sia iscritto all'apposito albo dei patrocinatori dinanzi alle giurisdizioni superiori, ma non quando sia stato sospeso o radiato, poiché in tal caso è venuta meno la capacità processuale. Legittimato all'impugnativa è anche il Consiglio dell'ordine. E' invece inammissibile l'impugnazione del denunciante, anche se avvocato. Il ricorso deve contenere l'esposizione dei fatti e dei motivi sui quali si fonda la domanda con richiamo alla normativa vigente, e ciò a pena di inammissibilità, nonché l'elezione di domicilio in Roma, con indicazione della persona o dell'ufficio presso cui l'elezione è fatta e deve essere notificato a cura del ricorrente alle altre parti interessare entro 30 giorni dalla notifica della decisione, a pena di inammissibilità. Nei 15 giorni successivi alla notifica il ricorso deve essere presentato alla - 75 - 75 dimostrazione del verificarsi di un danno certo, consistente nella perdita della possibilità di conseguire un risultato utile, è sufficiente che il danneggiato provi che la possibilità sia superiore al 50%" (Cass. Civ., 19 dicembre 1985, n. 6506); sono stati introdotti anche criteri matematici per dare maggiore certezza alle conclusioni raggiunte. Per quanto riguarda la responsabilità penale, vi sono varie ipotesi meritevoli di tutela, poiché costituiscono offesa all'attività giudiziaria, e spesso la sanzione conseguente alla condanna riportata è la radiazione:  il reato di patrocinio o consulenza infedele (art. 380 c.p.) viene commesso dal patrocinatore o consulente tecnico che nuoce agli interessi della parte da lui difesa venendo meno ai suoi doveri professionali; la pena è aumentata se il colpevole commette il fatto colludendo con la parte avversaria, ovvero se il fatto è stato commesso a danno di un imputato;  il reato di cui all'art. 381 c.p. (altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico), che si verifica quando il patrocinatore o il consulente tecnico presta contemporaneamente, anche per interposta persona, il suo patrocinio a favore di parti contrarie. Il reato sussiste anche quando il patrocinatore assume, senza il consenso della parte, nello stesso procedimento, il patrocinio o la consulenza della parte avversaria;  il reato di millantato credito del patrocinatore (art. 382 c.p.) che si ha qualora il patrocinatore, millantando un credito presso il giudice o il pubblico ministero, ovvero presso il testimone, il perito o l'interprete, riceve o fa dare o promettere dal suo cliente, a sé o a un terzo, denaro o altra utilità, con il pretesto di doversi procurare il favore del giudice, o del pubblico ministero, o del testimone, perito o interprete, ovvero di doverli remunerare;  il reato di frode processuale (art. 374 c.p.), che può essere commesso da chiunque, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice in un atto di ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito nell'esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi, o delle cose, o delle persone; la stessa disposizione si applica se il fatto è commesso in un procedimento penale o anteriormente ad esso;  il reato di intralcio alla giustizia (art. 377 c.p.), in precedenza chiamato subornazione, che può essere commesso da chiunque offre o promette denaro o altra utilità alla persona chiamata a rendere dichiarazioni all'autorità giudiziaria ovvero alla persona richiesta di rilasciare dichiarazioni dal difensore nel corso dell'attività investigativa per indurre a - 76 - 76 commettere reati. Il reato sussiste anche qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, e anche nel caso in cui l'offerta o la promessa sia accettata, ma la falsità non sia commessa;  il reato di favoreggiamento personale (art. 378 c.p.) o reale (art. 379 c.p.), che ricorre qualora chiunque, dopo che fu commesso un delitto e fuori dei casi di concorso del medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa; ovvero quando chiunque aiuta taluno ad assicurare il prodotto, o il profitto, o il prezzo di un reato. Vi sono poi altri reati che possono anche indirettamente riguardare l'attività professionale, quali ad esempio la falsa testimonianza (art. 372 c.p.), la falsa perizia o interpretazione (art. 373 c.p.), le false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria (art. 374 bis c.p.), l'induzione a non rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art. 377 bis c.p.), la rivelazione del segreto professionale (art. 622 c.p.), la falsità ideologica (art. 481 c.p.), e altri ancora. Vi sono alcune particolari ipotesi di reati comuni che possono essere addebitati agli avvocati, quali ad esempio: - la truffa processuale, quando il provvedimento del giudice (determinato dalla condotta dell'avvocato) abbia conseguenza giudiziarie patrimoniali a carico di altri soggetti (ad es. autorizzazione a vendere sulla base di una falsa perizia); - il falso ideologico del pubblico ufficiale determinato da altrui inganno (una falsa dichiarazione o una falsa rappresentazione della realtà), che induce a un'attestazione non rispondente al vero; del falso dovrebbe rispondere chi ha posto in essere i presupposti per l'attestazione non vera; - la consulenza illecita, quando il reato sia stato commesso dal cliente nella attuazione dei consigli dati dall'avvocato (ad es. atti distrattivi di bancarotta); in questo caso l'avvocato potrebbe essere ritenuto responsabile perché svolge attività diretta a garantire l'impunità (la mera illustrazione tecnica dei problemi giuridici non può creare ipotesi di responsabilità). La violazioni che importano responsabilità penale costituiscono grave lesione del decoro e della dignità professionale. Per quanto riguarda la responsabilità disciplinare, la legge professionale forense (l.p.f.) statuisce che la responsabilità disciplinare nasce dalla - 77 - 77 violazione delle regole di condotta enunciate nel codice deontologico e nella legge. Per quanto concerne l'elemento intenzionale, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha statuito graniticamente che la responsabilità disciplinare prescinde dall'elemento intenzionale del dolo o della colpa, essendo sufficiente la semplice volontarietà dell'azione, anche se l'effetto della condotta non sia stato previsto e voluto dall'agente. Per quanto riguarda l'individuazione del fatto o dell'azione, la giurisprudenza ricomprende qualsiasi estrinsecazione di volontà cosciente dell'iscritto all'albo che sia diretta a ledere la dignità e il prestigio della classe tutelata, ovvero comunque vi incida negativamente in dipendenza degli effetti riflessi del comportamento riprovevole dell'agente (sicché è sufficiente un singolo episodio o un atto, purché idoneo a denotare un atteggiamento morale del professionista contrario alla sua reputazione e alla dignità della classe forense). Rapporti tra le varie azioni: La responsabilità disciplinare è autonoma rispetto alla responsabilità civile e a quella penale, nel senso che il giudice disciplinare può procedere in autonomia alla valutazione dei comportamenti posti in essere, salve le conseguenze discendenti dagli accertamenti intervenuti con effetto di giudicato. Per quanto riguarda i rapporti tra azione disciplinare e azione penale, il codice previgente disponeva all'art. 3 del codice penale una pregiudiziale (l'accertamento dei fatti in sede penale doveva sempre precedere una valutazione degli stessi fatti da parte di altro giudice, civile o amministrativo), e imponeva la sospensione del procedimento disciplinare dal processo penale. Oggi invece tale pregiudizialità è stata soppressa, pertanto il procedimento disciplinare è stato ritenuto del tutto autonomo da quello penale. Successivamente, la giurisprudenza delle Sezioni Unite si è orientata nel senso che il procedimento disciplinare dovesse essere sospeso, quando fosse contestualmente pendente un giudizio penale, in attesa della definizione dell'azione penale. E' stato anche precisato che la sentenza di patteggiamento esplica efficacia di giudicato in sede disciplinare quanto all'accertamento del fatto, alla sua illiceità e alla sua commissione da parte CAPITOLO IX: GLI AVVOCATI IN EUROPA (LE DIRETTIVE EUROPEE). La stessa legge professionale (art. 1, comma 1°) richiama al rispetto della normativa comunitaria e dei trattati internazionali. Un regolamento (CEE) del Consiglio (n. 2137/85 del 25 luglio 1985) ha previsto la possibilità per i professionisti di costituire un Gruppo europeo di interesse economico (G.E.I.E.), allo scopo di facilitare e sviluppare l'attività economica dei membri in tutta la Comunità. Il G.E.I.E. ha carattere consortile e non ha personalità giuridica, e gli è stata data attuazione con il d.lgs. 23 luglio 1991, n. 240. La direttiva sulla libera prestazione dei servizi (22 marzo 1977, n. 249), consente la libera prestazione dei servizi professionali in ogni Stato europeo, senza alcuna preclusione dipendente dalla cittadinanza o dalla residenza. Ogni avvocato è ammesso a prestare liberamente i propri servizi professionali in altro Stato europeo (c.d. Stato ospitante), ma deve farlo con il proprio titolo, cioè con il diritto dello Stato d'origine, e può farlo solamente in via occasionale e saltuaria, in quanto non è previsto da questa direttiva il diritto di stabilirsi definitivamente nel paese ospitante. E' inoltre consentito al prestatore di servizi di dotarsi dell'infrastruttura necessaria per il compimento della sua prestazione, nel Paese ospitante. E' stato inoltre stabilito che lo Stato membro non può subordinare l'esecuzione della prestazione di servizi sul proprio territorio all'osservanza di tutte le condizioni prescritte per lo stabilimento, perché altrimenti si perderebbe l'effetto utile di ogni disposizione destinata a garantire la libera prestazione dei servizi. L'attività giudiziale dell'avvocato deve essere svolta "di concerto" con un avvocato del Paese ospitante e devono essere rispettate le norme legislative, professionali e deontologiche del paese ospitante. Prima di iniziare l'attività, inoltre, gli avvocati devono inviare al presidente del Consiglio dell'ordine degli avvocati nella cui circoscrizione l'attività deve essere svolta, un'apposita comunicazione, nonché durante l'esercizio dell'attività professionale vera e propria gli avvocati sono sottoposti al controllo del Consiglio dell'ordine competente per territorio. Per l'istruttoria, l'organo disciplinare può chiedere direttamente le informazioni necessarie all'organizzazione professionale di appartenenza dell'interessato, ovvero all'autorità giudiziaria presso cui è ammesso a esercitare la professione. - 81 - 81 La direttiva sul diritto di stabilimento (16 febbraio 1998, n. 98/5/CE), consente agli avvocati di esercitare stabilmente l'attività professionale in tutti gli altri Stati membri con il proprio titolo professionale d'origine, iscrivendosi presso l'autorità competente di detto Stato. L'avvocato viene iscritto in un'apposita sezione all'albo (avvocato c.d. stabilito) e dopo tre anni di attività effettiva e regolare nello Stato ospitante, diventa avvocato integrato a tutti gli effetti, ovvero totalmente assimilato ad un avvocato del Paese ospitante, ben potendo utilizzare anche il titolo professionale d'origine indicato nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro d'origine. Quando l'avvocato stabilito svolge attività giudiziale, deve agire d'intesa con un professionista abilitato a esercitare la professione con il titolo di avvocato; per l'attività stragiudiziale, invece, non vi sono limitazioni. L'avvocato stabilito inoltre ha il diritto di esercitare davanti alla Corte di Cassazione e alle altre giurisdizioni superiori, sempre d'intesa con un avvocato italiano, ma dimostrando di aver esercitato la professione di avvocato per almeno dieci anni in uno Stato europeo. (Gli specifici doveri dell'avvocato stabilito sono: - rispettare le norme legislative, professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato; - rispettare le norme sulle incompatibilità; - assicurarsi contro la responsabilità professionale e frequentare i corsi di formazione previsti, ove tali obblighi siano stabiliti a carico degli avvocati italiani; - presentare annualmente al Consiglio dell'ordine un attestato di iscrizione all'organizzazione professionale di appartenenza, rilasciato in data non antecedente a tre mesi dalla data di presentazione, ovvero una dichiarazione sostitutiva; - non utilizzare il titolo di avvocato italiano; - sottostare al potere disciplinare degli organi competenti). Questa direttiva consente all'avvocato di svolgere stabilmente l'attività forense in ogni Stato europeo, senza alcun esame attitudinale e permettendo all'avvocato di conseguire il titolo corrispondente dopo tre anni. La l.p.f. dispone che gli avvocati italiani che esercitano la professione all'estero mantengano l'iscrizione nell'albo italiano dell'ultimo domicilio, fermo restando l'obbligo del pagamento del contributo annuale. La direttiva stabilimento è stata nella prassi invocata dai laureati in alcuni Paesi (Spagna), nei quali il diploma di laurea è stato sufficiente per conseguire l'immediata iscrizione all'albo degli avvocati (abogado), senza esami. Alcuni Consigli dell'ordine tuttavia, hanno rifiutato di riconoscere il - 82 - 82 titolo di abogado. La Corte di Giustizia ha pronunciato sentenza il 17 luglio 2014 e ha dichiarato che l'art. 3 della direttiva deve essere interpretato nel senso che non può costituire pratica abusiva il fatto che il cittadino di uno Stato membro si rechi in un altro Stato al fine di acquisirvi la qualifica di avvocato a seguito del superamento degli esami universitari e faccia ritorno nel proprio Stato membro per esercitarvi la professione. La Spagna di fatto ha comunque introdotto un tirocinio formativo obbligatorio e un esame di stato per l'accesso alla professione forense. La Cassazione Civile ha stabilito a Sezioni Unite che, in base alla direttiva comunitaria, l'avvocato che rientra dalla Spagna può chiedere il riconoscimento immediato del titolo, previo superamento di un'apposita prova attitudinale, ovvero l'utilizzazione della direttiva stabilimento (dopo 3 anni). Ulteriori problemi si sono posti con gli avvocati provenienti dalla Romania, con il titolo di avocat ottenuto da strutture non ufficiali e non autorizzati a rilasciarlo. La direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali (2005/36/CE del 7 settembre 2005) ha abrogato una serie di direttive precedenti. Tra le direttive abrogate vi è anche quella sul riconoscimento dei diplomi, che consentiva a tutti i professionisti di ottenere il riconoscimento del proprio diploma (intendendosi per diploma non solo un attestato universitario, ma un complesso di attività che accertava il compimento di una formazione professionale - laurea, tirocinio, attività pratica, esame i stato -) nel Paese ospitante, e quindi di esercitare a pieno titolo l'attività professionale, previo superamento di una prova attitudinale. Oggi è ammessa senza limiti la prestazione occasionale e temporanea nello Stato ospitante (ma ciò non interessa agli avvocati, ai quali si applica la direttiva sulla libera prestazione dei servizi) e la libertà di circolazione e la possibilità di accedere alla professione corrispondente e di ottenere il riconoscimento del titolo nel Paese ospitante. La domanda viene presentata all'autorità competente, che può indire una conferenza di servizi per valutare la qualifica professionale e l'effettivo esercizio della professione nello Stato di origine. Per gli avvocati il riconoscimento è subordinato a una prova attitudinale (una prova scritta e una prova orale su determinate materie). CAPITOLO X: LE FORME DELLA DIFESA. I modi della difesa e le scelte dell'avvocato sono del tutto discrezionali, nell'unico rispetto dei principi deontologici e del requisito della professionalità. Tuttavia i contenuti giuridici hanno molti maestri, insostituibili nella loro competenza, mentre l'applicazione formale delle conoscenze nel sistema giuridico è manchevole e lasciata alla qualità e all'iniziativa dei singoli. Le parole. L'uso della parola scritta è la costante nelle difese civili e nessuna regola esiste, salvo la necessità di evitare "espressioni sconvenienti ed offensive" (art. 89 c.p.c.). Lo stesso accade in diritto penale, ove la suggestione delle parole supera talvolta i contenuti. Il diritto accetta e non fa obiezioni all'utilizzo di difese inutili, ai richiami letterari e sociologici, alle ripetizioni, quindi non vi sono regole, ma a volte la sanzione è irrimediabile: la disapprovazione delle tesi se non l'insuccesso della lite. Un approccio all'utilizzo delle parole diventa quindi importante per adeguarsi alle necessità della difesa. In questo ambito operano molte variabili, tra un minimo e un massimo. Il minimo è toccato in una teorizzazione di G. Orwell (Neolingua, in cui si usano poche parole e il loro contrario), ove il linguaggio è ridotto a pochissime espressioni, operazione utile per limitare la tentazione di lasciar spaziare il proprio pensiero. Il limite più elevato lo si trova invece nell'utilizzazione delle forme di espressioni idonee a rendere le idee nel modo più comprensibile possibile, nel ricorso all'ironia e all'eufemismo e nella ricerca di parole diverse per evitare espressioni interdette. Vi è inoltre chi sostiene la sacralità delle forme (i brocardi e le espressioni latine) per mantenere la supremazia sulle parti e chi invece vorrebbe rimuovere completamente ogni oscurità nella forma di comunicazione. La logica. E' la parte più rilevante della difesa, ed insegna ad esprimersi correttamente in forma rigorosa e conseguente. Se la nostra ricostruzione dei fatti, nella domanda giudiziale, e le deduzioni sono logicamente inattaccabili, la decisione sarà probabilmente favorevole alla tesi. Per esprimere più - 86 - 86 adeguatamente la consecuzione logica dei pensieri si può leggere il Tractatus logico-philosophicus di L. Wittgenstein, che evidenzia la logica numerica (vedi sul libro a pag. 199 alcuni passi). Se ciascuno riuscisse ad articolare i propri pensieri nella difesa giudiziaria, richiamando ad esempio una sequenza di numeri, avvertirà immediatamente i salti logici, le incongruenze, le ripetizioni dei pensieri, e li eviterà. La sintesi. E' molto importante inoltre percepire la funzione dei fatti, per distinguere ciò che è essenziale da ciò che è puramente variabile. Il testo più eloquente al riguardo è di V. Propp., Morfologia della fiaba; il materiale favolistico può essere ridotto a unità fondamentali, non tanto guardando ai personaggi, quanto alle funzioni che essi svolgono: il numero di queste funzioni è limitato e la loro successione è sempre identica. All'interno di queste funzioni, le situazioni variabili sono infinite, secondo la fantasia di ciascuno. Il richiamo è imperativo: troppo spesso nelle difese giudiziarie manca la sintesi, lo stile degli atti è sovrabbondante, la quantità sembra necessaria per conseguire il risultato. La fantasia. Il testo di riferimento è di L. Lionni, La botanica parallela. In questo testo l'autore presenta un sistema di botanica, con tanto di rappresentazione grafica, di piante che non esistono: sono le forme ipotetiche della natura immaginate e dettagliate in ogni elemento. Eppure, "se di due scienze una è parallela, lo è per definizione anche l'altra". La fantasia insegna che si può parlare impunemente di tutto e che comunque vi possono essere realtà non captate o non espresse, con uguale possibile dignità. Il pensiero di una possibile diversa rappresentazione dei fatti nella verità giudiziaria evita litigi esaltanti e favorisce la composizione della lite, nell'equità e nella giustizia. La prima affidata alle parti e la seconda al giudice, anche se è la prima che risponde sempre e maggiormente agli scopi.
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