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Organizzazione burocratica dello Stato e Ministeri, Sintesi del corso di Diritto

L'organizzazione burocratica dello Stato italiano, con particolare attenzione ai Ministeri. Vengono descritte le funzioni del Governo, del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri, nonché la struttura dei Ministeri stessi. Inoltre, viene introdotta la figura delle Agenzie, strutture pubbliche con compiti tecnico-operativi. Il testo è utile per chi vuole approfondire la conoscenza dell'organizzazione dello Stato italiano e dei suoi meccanismi burocratici.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 07/10/2023

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Scarica Organizzazione burocratica dello Stato e Ministeri e più Sintesi del corso in PDF di Diritto solo su Docsity! Concorsi per Assistente sociale In questo manuale per concorsi analizzeremo vari aspetti, un esempio ne sono inoltre: 1) atti di indirizzo che additano degli obiettivi, lasciando all'ente la scelta dei mezzi con cui realizzarli; 2) l'avvilimento, che si configura quando un ente si serve degli uffici di un altro ente; 3) la sostituzione, figura generale che si realizza quando un ente esercita diritti o attribuzioni spettanti ad altro soggetto pubblico, ma in nome proprio e sotto la propria responsabilità; 4) la delega di funzioni, da distinguere dalla delega nei rapporti interorganici; 5) le federazioni, forme associative con funzioni di coordinamento e indirizzo dell'attività degli enti federati e di rappresentanza degli stessi (es. l'ACI è una federazione degli Automobili Club Provinciali); 6) i consorzi, quali strutture stabili che svolgono attività diretta alla realizzazione di obiettivi comuni a più enti. Gli enti locali possono istituirne di 2 tipi: per la gestione dei servizi pubblici locali e per l'esercizio di funzioni. Abbiamo poi, consorzi facoltativi e obbligatori e questi ultimi ricorrono quando sono coinvolti rilevanti interessi pubblici che ne impongono la costituzione. 3.5 L'articolazione burocratica dello Stato 3.5.1 Concetti generali Governo: è il vertice e la matrice dell'organizzazione burocratica dello Stato che gestisce e orienta l'apparato amministrativo-pubblico mediante il suo potere di determinazione dell'indirizzo politico statale. Esso esercita poteri normativi, nonché poteri di nomina rispetto a quei soggetti che rivestono incarichi di massimo rilievo nell'Amministrazione dello Stato e negli enti pubblici (es. la nomina dei Segretari generali dei Ministeri). IL Governo è un organo complesso, composto da altri organi dotati di autonomia e di specifiche funzioni, che ne rappresentano gli elementi essenziali e indispensabili. 3.5.2 La funzione del Presidente del Consiglio dei Ministri Presidente del Consiglio: è capo dell'esecutivo e la Costituzione repubblicana conferisce un'autonoma rilevanza, facendone il centro propulsore dell'intera attività del Governo, egli, infatti, ne dirige la politica generale e ne è il responsabile, mantiene l'unità di indirizzo politico e amministrativo, promuove e coordina l'attività dei Ministri. Va detto dunque che il Presidente del Consiglio è titolare di un potere di direzione dell'intera compagine governativa. 3.5.3 I Ministeri  Art. 2 D.Lgs. 300/1999: i Ministeri svolgono, per mezzo della propria organizzazione, nonché per mezzo di particolari strutture amministrative denominate agenzie, le funzioni di spettanza statale nelle materie e secondo le aree funzionali indicate per ciascuna Amministrazione, nel rispetto degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. Ministero: costituito dai seguenti organi e uffici  il Ministro;  il Sottosegretario;  il Gabinetto del Ministro e altri uffici di diretta collaborazione;  il Segretario generale (eventuale);  i Dipartimenti;  le Direzioni generali;  le Divisioni (o Servizi). Di questi elencati, va detto che i Ministeri (o Dicasteri) sono tipiche organizzazioni burocratiche, che possono avere una macrostruttura di tipo polifunzionale (come i Ministeri che hanno come articolazione di primo livello la Direzione generale) o di tipo multidivisionale (come i Ministeri che hanno come articolazione di primo livello il Dipartimento). D.Lgs. 900/1999, in attuazione della delega conferita dalla L. 59/1997, ha proceduto ad un primo riordino della disciplina dei Ministeri, suddividendoli in Dipartimenti e Direzioni generali. 1) Dipartimento è la struttura di primo livello costituita per l'esercizio organico e integrato delle funzioni del Ministero, dalla quale dipende la Direzione generale. 2) Divisioni sono la struttura di base, ma possono essere ripartite a loro volta in Sezioni. Spesso, oltre agli uffici centrali, i Ministeri hanno uffici periferici e tali uffici possono avere compiti preparatori ed esecutivi rispetto all'attività degli uffici centrali, oppure funzioni proprie che esercitano sotto la direzione e il controllo degli uffici centrali. 3.5.4 II Ministro Al vertice del Ministero è posto il Ministro. Ministro: è affidata la responsabilità di amministrazione, nell'ambito del quale dirige l'azione amministrativa, adotta le decisioni di maggiore importanza e propone al Consiglio dei Ministri la nomina dei dirigenti con funzioni generali. Alcuni Ministri, avendo funzioni di minima complessità operativa, non sono posti a capo di un Ministero e perciò vengono detti Ministri senza portafoglio (es. il Ministro per i Rapporti con il Parlamento). Ministro: coadiuvato da figure diverse, fra cui il Sottosegretario, che è organo ausiliario, mai vicario, difatti supporta il Ministro, ma non ha il potere di agire in sua vece. I Sottosegretari possono essere anche più di uno per ciascun Ministero, in quanto a ciascuno viene affidato un sottoinsieme di materie. Ai Sottosegretari non spettano competenze proprie, ma solo quelle che vengono loro delegate dal Ministro. Se ad un Sottosegretario sono conferite deleghe relative all'intera area di competenza di una o più strutture dipartimentali, può essergli attribuito il titolo di Viceministro. In alcuni Ministeri (es. Ministero degli Affari esteri) esiste una figura con compiti di coordinamento delle strutture ministeriali apicali, esempio, il Segretario generale. Compiti di coordinamento, oltre che funzioni di ausilio, sono attribuiti anche al Gabinetto del Ministro, composto dal Capo di Gabinetto, dall'Ufficio legislativo, dall'Ufficio stampa e dalla Segreteria particolare. 3.5.5 Le Agenzie Agenzie: sono strutture pubbliche con compiti di carattere tecnico-operativo di rilievo nazionale che operano in generale al servizio delle Amministrazioni Pubbliche e possono essere dotate di autonomia organizzativa e contabile. Va detto che il Ministro (o l'organo politico territoriale) di riferimento esercita poteri di indirizzo e di vigilanza sulle Agenzie. Tra le più note Agenzie si ricordano:  le cd. Agenzie fiscali (entrate, dogane, demanio);  l'Agenzia Industrie Dijesa;  l'Agenzia spaziale italiana (ASI);  l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV);  l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS);  l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR);  l'Agenzia per la rappresentanza negoziale (ARAN);  l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE);  l'Agenzia nazionale per il turismo all'estero (ENIT);  l'Agenzia nazionale per le politiche altre del lavoro (ANPAL);  l'Agenzia per l'Italia digitale (AgID). In ogni Regione è presente un'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA). 4.1.4 Il principio di ragionevolezza Principio di ragionevolezza: in esso confluiscono il principio di imparzialità, di eguaglianza e di buon andamento. Il rispetto del principio di ragionevolezza presuppone una concordanza fra le fonti (che per definizione sono generali e astratte) e la realtà e inoltre, la violazione di questo principio si concreta in un eccesso di potere. 4.1.5 Il principio di sussidiarietà  Art.118, co. 1, Cost. Principio di sussidiarietà: stabilisce che le attività amministrative dovrebbero essere svolte dall'entità territoriale amministrativa più vicina ai cittadini, ossia i Comuni, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, sia preferibile conferirle ad enti di livello superiore (Province, Città metropolitane, Regioni e Stato). L'applicazione di tale principio implica che:  l'intervento pubblico debba essere attuato quanto più vicino possibile al cittadino, con una preferenza per la massima prossimità possibile del livello decisionale a quello di attuazione;  le diverse istituzioni debbano creare le condizioni che permettono alla persona e alle aggregazioni sociali, di agire liberamente senza sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attività (principio di sussidiarietà orizzontale) e poi una entità di livello superiore non deve agire in situazioni nelle quali l'entità di livello inferiore è in grado di agire per proprio conto (principio di sussidiarietà verticale);  l'intervento dell'entità di livello superiore debba essere temporaneo e teso a restituire l'autonomia d'azione all'entità di livello inferiore. 4.1.6 Il principio di proporzionalità Principio di proporzionalità: trae origine dal diritto tedesco e si ritiene che in base alla limitazioni delle libertà individuali non bisogna superare la misura necessaria al raggiungimento dell'interesse pubblico. Principio sezionato in tre elementi:  idoneità: il mezzo è idoneo quando attraverso il suo utilizzo si può sensibilmente a favorire il risultato desiderato;  necessarietà: il mezzo è necessario quando non è disponibile altro mezzo ugualmente efficace per raggiungere il risultato;  proporzionalità in senso stretto: mezzo e fine non devono essere sproporzionati l'uno rispetto all'altro. Il principio di proporzionalità impone alla Pubblica Amministrazione, nel perseguimento dell'interesse pubblico, di impiegare mezzi commisurati e tempi idonei allo scopo da perseguire, in maniera proporzionatamente efficace. Il termine proporzionalità consiste, dunque, nell'esercitare la giusta misura del potere in modo da assicurare un'azione idonea e adeguata alle circostanze di fatto. 4.1.7 Il principio di pubblicità e trasparenza  Art. 1, co. 1, L. 241/1990, modificata dalla L. 15/2005, ha «codificato» il principio di trasparenza quale regola di condotta della P.A. Tale principio impone all'Amministrazione il dovere di rendere visibile, controllabile e accessibile dall'esterno il proprio operato e si concretizza nell'attribuzione ai cittadini del potere di esercitare un controllo democratico sullo svolgimento dell'attività amministrativa e sulla sua conformità agli interessi sociali e ai principi costituzionali.  L. 190/2012 per il contrasto alla corruzione nelle Pubbliche Amministrazioni, sulla base della cui delega è stato emanato il D.Lgs. 33/2013, ha notevolmente esteso la nozione di trasparenza amministrativa. Secondo l'art. 1, co. 15, L. 190/2012, la trasparenza dell'attività amministrativa è assicurata mediante la pubblicazione, nei siti web istituzionali delle Pubbliche Amministrazioni, di tutte le informazioni relative ai procedimenti amministrativi, con criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione. Nei siti web istituzionali va detto poi che devono essere pubblicati anche i bilanci e conti consuntivi, nonché i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. 4.1.8 Il principio di azionabilità delle situazioni giuridiche dei cittadini contro la Pubblica Amministrazione  Art. 24 Cost.: afferma l'azionabilità delle situazioni giuridiche soggettive (diritti e interessi) nei confronti della Pubblica Amministrazione.  Art. 113 Cost.: è definito clausola generale di impugnabilità degli atti amministrativi, afferma che contro gli atti della P.A. è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. 4.1.9 Il principio di responsabilità  Art. 28 Cost.: i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. La responsabilità diretta dei funzionari e dei dipendenti è affiancata dalla responsabilità dell'ente: ne risulta un rafforzamento del dovere di diligenza e della garanzia dei cittadini. 4.2 Discrezionalità amministrativa, discrezionalità tecnica e merito Discrezionalità amministrativa: è l'ambito decisionale entro il quale la P.A. può liberamente operare nei limiti tracciati dalla legge. L'attività amministrativa, in particolare, è discrezionale quando il potere di scelta in capo all'organo agente è esercitabile sulla scorta di due o più soluzioni tutte astrattamente applicabili e idonee a realizzare l'obiettivo d'imparzialità enunciato nella Costituzione. Va detto che, un uso eccessivo o distorto della discrezionalità amministrativa conduce alla possibile illegittimità delle decisioni assunte dagli organi amministrativi. Dalla discrezionalità amministrativa va distinta la discrezionalità tecnica, espressione che qualifica le scelte che si compiono attraverso un complesso giudizio valutativo classificatorio e mediante il ricorso a conoscenze tecnico specialistiche. Discrezionalità tecnica: consiste in una valutazione dei fatti supportata da regole tecniche tratte dalle scienze sulle quali quella valutazione è fondata. Diciamo inoltre che la sussistenza di una certa libertà valutativa riservata alla Pubblica Amministrazione viene talvolta sintetizzata con la nozione di merito amministrativo, concetto quest'ultimo che può essere inteso secondo 2 accezioni:  lo si fa coincidere con l'opportunità (intesa quale obbligo di rendere il provvedimento il più conforme possibile alle regole di equità, imparzialità e buona amministrazione);  lo si riconduce al contenuto sostanziale del provvedimento, il quale comprende l'opportunità, le valutazioni tecniche e le qualificazioni giuridiche applicate. 4.3 L'attività vincolata Attività vincolata: è colei che trova tutti gli elementi da acquisire e valutare, ai fini di una decisione amministrativa, già prefigurati rigidamente dalla legge, di modo che l'autorità amministrativa è chiamata a svolgere solo una verifica fra quanto disposto dalla legge e quanto presente nella realtà. Diversamente però, quando l'autorità amministrativa dispone di un relativo margine di valutazione in ordine a taluni aspetti della decisione da assumere, si parla di discrezionalità amministrativa; ciò avviene quando la legge non riesce a regolare ogni particolare ipotesi, ma si limita a prefigurare gli aspetti essenziali della fattispecie e i presupposti o le condizioni di esercizio della potestà pubblica, rimettendo poi all'autorità amministrativa le ulteriori valutazioni correlate ai profili o agli interessi particolari del caso. 4.4 Atti e provvedimenti amministrativi 4.4.1. Concetti generali Attività amministrativa: può essere svolta da operatori pubblici (persone giuridiche pubbliche) e da operatori privati (persone fisiche e giuridiche). Atto amministrativo: è una manifestazione di volontà, di conoscenza o di giudizio (o di natura mista), posta in essere dalla P.A. nell'esercizio delle sue funzioni. Una particolare categoria di atto amministrativo è il provvedimento amministrativo, quale atto conclusivo di un procedimento amministrativo e dotato di autoritarietà, ovvero della capacità di imporre modificazioni nella sfera giuridica del destinatario. Va detto poi che il provvedimento amministrativo è efficace ed esecutorio e come tale può essere condotto coattivamente ad esecuzione. L'atto costitutivo di obblighi deve indicare termine e modalità di esecuzione da parte del privato obbligato. Qualora quest'ultimo non ottemperi, le Pubbliche Amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all'esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge (art. 21-ter L. 241/1990, inserito dalla L. 15/2005). 4.4.2 Atti di amministrazione attiva, consultiva e di controllo Amministrazione attiva: è quell’attività con cui la Pubblica Amministrazione porta ad esecuzione quanto già statuito, in vista della realizzazione dei fini istituzionali verso cui è diretta l'azione amministrativa, va detto che in questa categoria rientrano i provvedimenti. Gli atti di amministrazione consultiva sono finalizzati a fornire una serie di valutazioni ed elementi di giudizio necessari per la formazione della volontà da parte dell’amministrazione procedente. Dunque, l’amministrazione attiva è una vera e propria attività strumentale rispetto all'azione amministrativa, rivolta a esaminare la corrispondenza dell'attività principale a determinati parametri che possono essere non solo di tipo giuridico. 4.5 Struttura, contenuto ed efficacia del provvedimento amministrativo 4.5.1 Caratteri generali Provvedimento amministrativo presenta caratteristiche:  è un atto tipico, in quanto deve essere espressamente previsto dall'ordinamento;  è un atto nominativo, che per ogni interesse pubblico, è previsto il corrispondente provvedimento amministrativo;  è un atto autoritativo, è posto in essere anche contro la volontà dei destinatari;  è un atto unilaterale, perché si basa sulla sola volontà della P.A;  è un atto esecutorio, perché può essere portato a immediata e diretta esecuzione dalla stessa autorità amministrativa, senza che sia necessaria una preventiva pronuncia giurisdizionale. Si distinguono poi:  provvedimenti che producono effetti ampliativi nella sfera giuridica dei destinatari, in quanto conferiscono ad essi nuove posizioni giuridiche attive o di vantaggio (es. concessioni, autorizzazioni);  provvedimenti restrittivi, rivolti a estinguere delle posizioni di vantaggio ovvero a creare situazioni di obbligo (quindi posizioni passive) in capo al destinatario. 4.5.2 Gli elementi essenziali  la dispensa, che è un provvedimento mediante il quale la P.A., sulla base di una valutazione discrezionale, consente ad un soggetto di esercitare una data attività o compiere un determinato atto in deroga ad un divieto di legge, ovvero esonera il soggetto dall'adempimento di un obbligo di legge;  il nulla osta, che è un atto con cui la Pubblica Amministrazione dichiara di non avere osservazioni da fare in ordine all'adozione di un provvedimento da parte di un'altra autorità. 4.6.2 La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA)  Art.49, co.4 bis, L. 122/2010 (di conv. del D.L. 78/2010), che ha integralmente riformulato l'art. 19 L. 241/1990. SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività): Con la SCIA, un soggetto comunica all’autorità competente la volontà di intraprendere una specifica attività; suo effetto è quello di consentire l'immediato avvio della stessa senza dover attendere i tempi dell’esecuzione di verifiche e controlli preliminari. La SCIA ha dunque la funzione di sostituire ogni autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti fissati dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, nei casi in cui non sia previsto alcun limite o contingente complessivo. La segnalazione deve essere corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà (ai sensi degli artt. 46 e 47 D.P.R. 445/2000), nonché dalle attestazioni di tecnici abilitati o dalle dichiarazioni di conformità rese dalle agenzie per le imprese (istituite dall'art. 38, co. 4, D.L. 112/2008, conv. dalla L. 183/2008), relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti per l'avvio dell'attività.  Art. 3, D.Lgs. 30-6-2016, n. 126 sono state approvate disposizioni per la concentrazione dei regimi amministrativi, introducendo la cosiddetta SCIA unica. La norma, infatti, stabilisce che nelle ipotesi in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a segnalazione certificata di inizio attività siano necessarie altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche, l'interessato possa presentare un'unica SCIA. L'efficacia della segnalazione è immediata, in quanto, può essere iniziata dalla data di presentazione della segnalazione; tale disposizione, però, riguarda esclusivamente le attività «liberalizzate», vale a dire quelle per le quali all'Amministrazione spetta solo verificare la sussistenza di requisiti o presupposti fissati dalle norme (cosiddetta SCIA pura). Va evidenziato che, l’amministrazione che riceve la SCIA la trasmette alle altre Amministrazioni interessate al fine di consentire il controllo sulla sussistenza dei requisiti e dei presupposti; anche in questo caso si applicano le disposizioni riguardanti i controlli da effettuare. Per le attività che richiedono più autorizzazioni, invece, l'Amministrazione a cui ci si rivolge convocherà la conferenza di servizi e, in questo caso, l'inizio dell'attività sarà subordinato all'esito della riunione. La ricevuta rilasciata a seguito della presentazione di istanza, segnalazioni o comunicazioni costituisce comunicazione di avvio del procedimento e deve indicare i termini entro i quali l'Amministrazione è tenuta a rispondere o entro i quali il silenzio dell'Amministrazione equivale ad accoglimento dell'istanza. 4-7 La concessione Concessione: è un atto ampliativo mediante il quale la Pubblica Amministrazione conferisce ex novo posizioni giuridiche attive. Essa attribuisce o trasferisce posizioni o facoltà nuove al privato. Si distinguono:  le concessioni traslative, con cui viene trasferito al destinatario del provvedimento un diritto soggettivo o un potere di cui la P.A. è titolare, ma che non intende esercitare direttamente, pur conservandone la titolarità (es. concessione su beni demaniali o patrimoniali indisponibili);  le concessioni costitutive, con cui vengono conferiti al privato diritti o facoltà che non trovano corrispondenza in precedenti diritti o facoltà dell'Amministrazione (concessione di cittadinanza, di onorificenze ecc.). 4.8 I provvedimenti ablatori Provvedimenti ablatori: sono provvedimenti con il quale la P.A. incide sfavorevolmente nella sfera giuridica di un privato, al quale impone un sacrificio per la realizzazione di uno scopo generale. Distinguiamo:  provvedimenti ablatori personali, che sacrificano un diritto di natura personale comprimendone talune facoltà (es. divieto di accesso ad una strada pubblica);  provvedimenti ablatori obbligatori, che impongono prestazioni di natura personale o patrimoniale (es. imposizione tributaria, servizio militare);  provvedimenti ablatori reali, che impongono appunto il sacrificio di un diritto reale (es. espropriazione per pubblica utilità). Gli atti inquadrabili nelle tre categorie considerate hanno in comune il fatto di produrre in ogni caso un effetto privativo: indipendentemente dal tipo di sacrificio imposto, cioè, tali atti tolgono sempre qualcosa, producendo conseguenze sfavorevoli. CAPITOLO 5: I DOCUMENTI AMMINISTRATIVI: DAL CARTACEO AL DIGITALE 5.1 Il Testo unico sulla documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000): finalità e ambito applicativo  Art. 1, co. 1, lett. a) D.P.R. 445/2000 (Testo unico sulla documentazione amministrativa): definisce documento amministrativo ogni rappresentazione del contenuto di atti.  I soggetti destinatari delle disposizioni del Testo unico sono elencati dallo stesso provvedimento normativo che, all'art. 2, indica nell'ordine: > la Pubblica Amministrazione; > i gestori o esercenti di pubblici servizi, nei rapporti fra loro e in quelli con l'utenza; > i privati che vi consentono. Pubblica Amministrazione: sono inclusi gli organi statali, ma anche quelli degli enti pubblici territoriali ed in genere degli enti locali, comprese le Camere di commercio.  Art. 1, lett. o) e p), D.P.R. 445/2000: si fa riferimento ai gestori di pubblici servizi (quali soggetti certificanti e/o procedenti) nei loro rapporti con l'utenza.  Art. 2 D.P.R. 445/2000 ha esteso l'utilizzabilità degli strumenti di semplificazione amministrativa anche nei rapporti coi privati che vi consentano.  Art. 3 T.U., le disposizioni possono essere utilizzate da enti delle pubbliche Amministrazioni o utilizzati da: > cittadini italiani e dell'Unione europea; > persone giuridiche, società di persone, Pubbliche Amministrazioni, enti, comitati e associazioni aventi sede legale in Italia o in uno dei paesi dell'Unione europea; > cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia limitatamente ai dati verificabili o certificabili in Italia da soggetti pubblici; > cittadini extracomunitari che ne hanno necessità in procedimenti relativi a materie per cui esiste una convenzione fra il loro Paese di origine e l'Italia. 5.2 Il certificato quale atto amministrativo: nozione, tipologie e validità Art. 1, co. 1, lett. f), D.P.R. 445/2000 parla del Certificato: è un documento con funzione di ricognizione, riproduzione e informazione relativamente a stati, qualità personali e fatti risultanti da albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche. I certificati rientrano nella categoria degli atti amministrativi non aventi carattere e forza di provvedimenti e anche nella categoria degli atti non aventi contenuto di volizione ma natura e contenuto ricognitivo di situazioni di fatto preesistenti, di cui essi dichiarano e certificano l'esistenza. L'attività di certazione può svolgersi in due modi diversi: 1) si svolge in momenti precedenti ed autonomi rispetto all'attività di certificazione. Qui si parla di certificati propri e ciò in quanto riproducono certezze legali tratte da registri, albi o elenchi pubblici; 2) viene svolta appositamente in funzione servente di una specifica attività di certificazione. Qui si parla di certificati impropri, in quanto l'attività di certazione non è antecedente, autonoma e distinta rispetto al momento della certificazione ma è quasi coincidente con essa (è il caso dei certificati medici, sanitari e veterinari). Sul piano della validità, abbiamo poi certificati che hanno ad oggetto:  stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazioni. Tali certificati hanno validità illimitata, in quanto attestanti la nascita, la morte, il titolo di studio, la maternità e la paternità;  stati, qualità personali e fatti soggetti a modificazioni. Tali certificati hanno validità di 6 mesi dalla data del rilascio, tranne che una disposizione di legge o regolamentare speciale non preveda una durata superiore ei certificati riguardino la cittadinanza, la residenza, lo stato di famiglia, lo stato di invalidità, l'iscrizione in albi o in liste elettorali, matrimonio ecc. 5.3 Le autocertificazioni 5.3.1 Funzione, tipologie e validità Autocertificazioni, sono poste in essere da soggetti privati e non da pubblici dipendenti, hanno duplice funzione: 1) pongono in circolazione informazioni dotate della qualità giuridica della certezza, 2) semplificano i rapporti fra le Amministrazioni e i cittadini facilitando gli adempimenti relativi alla documentazione amministrativa. Abbiamo autocertificazioni:  proprie  improprie differendo fra loro non tanto in rapporto alla forma o alla funzione, quanto piuttosto in rapporto al contenuto. Si distingue, infatti: > la dichiarazione sostitutiva di certificazione, che è il documento sottoscritto dall'interessato, prodotto in sostituzione dei certificati, ai sensi dell'art. 1, co. 1, lett. g) D.P.R. 445/2000; > la dichiarazione sostitutiva di atti di notorietà, che è il documento, sottoscritto dall'interessato, concernente stati, qualità personali e fatti di cui l'interessato abbia diretta conoscenza, ai sensi dell'art. 1, co. 1, lett. h) D.P.R. 445/2000. Va detto inoltre che:  Art. 48 D.P.R. 445/2000: precisa che le dichiarazioni sostitutive hanno la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono. Pertanto: > hanno validità illimitata i certificati rilasciati dalle Pubbliche Amministrazioni attestanti stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazioni (es. la nascita); > hanno validità di 6 mesi dalla data del rilascio tutte le altre certificazioni, a meno che disposizioni particolari non prevedano una durata superiore. 5.3.2 La dichiarazione sostitutiva di certificazioni  per le firme sugli atti e sui documenti formati nello Stato e da valere all'estero davanti ad autorità estere, ove da queste richiesto;  per le firme sugli atti e sui documenti formati da autorità estere e da valere nello Stato.  La legalizzazione è essenziale al cittadino straniero che abbia necessità di far valere in Italia un documento proveniente dal suo Paese di origine o di stabile residenza. 5.8 La dematerializzazione dei documenti amministrativi Art. 42. Dematerializzazione: è il progressivo incremento della gestione documentale informatizzata all'interno della Pubblica Amministrazione e la sostituzione dei supporti tradizionali della documentazione amministrativa in favore del documento informatico. La dematerializzazione si può considerare come l'estensione all'Amministrazione della generale tendenza all'uso degli strumenti ICT per il trattamento automatizzato dell'informazione. Gli obiettivi della dematerializzazione sono due:  da una parte si adottano criteri per evitare o ridurre in maniera significativa la creazione di nuovi documenti cartacei;  dall'altra si punta ad eliminare i documenti cartacei attualmente esistenti negłi archivi, sostituendoli con opportune registrazioni informatiche e scartando la documentazione non soggetta a tutela per il suo interesse storico-culturale. 5.9 L'informatizzazione e la digitalizzazione dell'attività amministrativa 5.9.1. Il quadro normativo di riferimento (D.Lg3. 82/2005) modificato dal D.Lgs. 179/2016 e dal D.Lgs. 217/2017: si evidenziano le disposizioni in materia di attività digitale delle Pubbliche Amministrazioni e tra gli aspetti di maggior rilevanza si segnalano > l'introduzione di norme volte a rendere più cogenti le previsioni in tema di trasmissione di documenti per via telematica fra P.A. e fra queste e i privati;  l'introduzione del cosiddetto domicilio digitale, un indirizzo elettronico valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale;  l'istituzione dell'Indice nazionale dei domicili digitali (INI-PEC).  la previsione di un utilizzo esclusivo dei canali e dei servizi telematici per l'invio di determinate tipologie di atti da parte dell' Amministrazioni e delle società partecipate da enti pubblici. D.L. 83/2012 (convertito in L. 134/2012) si è provveduto a razionalizzare il complesso delle funzioni in materia di innovazione tecnologica e di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, creando un organismo unico, denominato Agenzia per Italia digitale (AGID). L’attuazione dell'Agenda digitale italiana è un progetto di derivazione europea volto ad incrementare l'uso dei servizi di e-government da parte dei cittadini e delle imprese dell'Unione Europea. 5.9.2 La Carta della cittadinanza digitale Il Codice delinea una nuova impostazione dei rapporti fra la P.A. e i cittadini che vede a favore di questi ultimi il riconoscimento dei diritti di seguito indicati:  diritto all'uso delle tecnologie (artt. 3 e 4);  diritto all'identità e al domicilio digitale del cittadino (art. 3-bis);  diritto di effettuare pagamenti con modalità informatiche (art. 5);  diritto a servizi on-line semplici e integrati (art. 7);  diritto alla partecipazione democratica elettronica (art. 9). Strumento essenziale per garantire, in chiave digitale, l'accesso a dati, documenti e servizi della Pubblica Amministrazione e la semplificazione dei servizi con la diffusione del sistema pubblico d'identità digitale (SPID). Si tratta di un sistema di login che permette a cittadini e imprese di accedere con un'unica identità digitale, da molteplici dispositivi, a tutti i servizi online di Pubbliche Amministrazioni e imprese aderenti, eliminando le tante password, chiavi e codici attualmente necessari. L'interconnessione fra le diverse Amministrazioni interessate, poi, spetta al Sistema pubblico di connettività (SPC), un insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche che ha il compito di far dialogare le varie Amministrazioni e incentivare la cooperazione, favorendo l'adesione anche da parte dei privati e garantendo la sicurezza e la resistenza (ossia la capacità di adattamento e di resistenza all'usura) dei sistemi informatici. 5.9.3 La firma digitale Il Codice prevede che le sottoscrizioni informatiche siano effettuate tramite firma digitale. Art. 2708 c.c. (sottoscrizione autenticata). Firma digitale: è una firma qualificata fondata sull'utilizzo di 2 chiavi elettroniche correlate fra loro, che consentono di verificare in modo sicuro la provenienza e l’integrità di un documento o un insieme di documenti informatici e la validità legale, che non può essere ripudiata dal sottoscrittore. Il sistema utilizza una coppia di chiavi elettroniche che funzionano solo quando l'una è collegata con l'altra. Le 2 chiavi vengono dette: 1) privata in quanto può essere usata soltanto dal suo titolare; 2) pubblica perché può essere usata da chiunque. Con l'uso della crittografia, qualsiasi documento informatico (testo, immagini, musica ecc.) creato da una delle 2 chiavi è reso incomprensibile e può essere decifrato solo con il possesso dell'altra. Va detto poi che la firma digitale è collegata ad un certificato qualificato che, al momento della sottoscrizione, non deve risultare scaduto, sospeso o revocato e che sia conforme alle regole tecniche stabilite dal Codice. 5.9.4 Il documento informatico Il CAD e il D.P.R. 445/2000 definiscono il documento informatico come la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. Art. 20. Il CAD distingue fra:  documento informatico al quale è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o che, comunque, è formato previa identificazione informatica del suo autore e perciò soddisfa pienamente il requisito della forma scritta e ha un valore probatorio equivalente a quello del documento cartaceo;  documento informatico che non rispetta i suddetti criteri, per cui l'idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità' . Gli atti, i dati ei documenti delle Pubbliche Amministrazioni formati con documenti informatici costituiscono a tutti gli effetti documenti originali e come tali possono essere utilizzati su diversi tipi di supporto per riproduzioni e copie nel rispetto degli usi consentiti dalle norme vigenti. CAPITOLO 6: IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO. IL DIRITTO DI ACCESSO E L'ACCESSO CIVICO 6.1 Il procedimento amministrativo L. 7-8-1990, n. 241 ha dettato una disciplina organica valevole per tutti i procedimenti, ispirandosi ai principi di ragionevolezza e trasparenza dell'azione amministrativa. 6.2 I principi del procedimento Principi del procedimento amministrativo :  il principio del giusto procedimento che garantisce il diritto di partecipazione degli interessati ( artt. 7e 10-bis della legge);  il principio della trasparenza, che rende obbligatorio motivare il provvedimento amministrativo, identificare preventivamente l'ufficio e il responsabile del procedimento e consentire al cittadino l'accesso alla documentazione amministrativa;  il principio di semplificazione, che ispira alcuni istituti mirati, in conformità all'art. 97 Cost., a snellire e rendere più celere l'azione amministrativa;  il principio di correttezza e buona fede;  il principio di informatizzazione amministrativa;  il principio dell'economicità, riguardante il rapporto fra i risultati e le risorse e, segnatamente, l'obbligo per le Pubbliche Amministrazioni di realizzare il miglior risultato possibile in rapporto alla quantità di risorse a disposizione;  il principio dell'efficacia, che impone una congruenza fra i risultati programmati e quelli raggiunti, all'insegna di criteri efficientistici, aziendalistici e manageriali, tipici delle imprese private. A tali criteri la L. 69/2009, all'art. 7, co. 1, lett. a), ha aggiunto quello dell'imparzialità. 6.3 Le fasi del procedimento Il procedimento si articola in 4 fasi:  la fase dell'iniziativa, che può essere innescata da un'apposita istanza (ossia una domanda) presentata da chi sia interessato ad ottenere un provvedimento (es. un permesso di costruire), oppure da un atto d'impulso della stessa Amministrazione (cosiddetta apertura d'ufficio);  la fase dell'istruttoria, nella quale, una volta aperta la sequenza procedimentale, si acquisiscono attraverso sopralluoghi, ispezioni, perizie, pareri, documenti, informazioni, tutti gli elementi necessari a valutare gli interessi pubblici e privati coinvolti nel procedimento per stabilire se si deve provvedere e in che modo;  la fase decisoria (o costitutiva), nella quale si determina il contenuto del provvedimento vero e proprio, che viene formato ed emanato;  la fase d'integrazione dell'efficacia, nella quale si compiono tutte gli adempimenti (es. il controllo di legittimità) e le formalità (es. comunicazioni, notificazioni) che sono necessari affinché il provvedimento, già perfetto (ossia completo in tutti i suoi elementi), inizi a produrre i suoi effetti. L. 241/1990 ha previsto l'obbligo per tutte le Amministrazioni di determinare un'unità organizzativa responsabile dell'istruttoria o di ogni altro adempimento relativo a ciascun procedimento. 6.4 Il responsabile del procedimento 6.4.1 Il ruolo del responsabile Artt. 4 e 5 la L. 241/1990: parlano del responsabile del procedimento, cui è assegnato il ruolo di autorità guida del procedimento stesso. Il responsabile funge da collettore dell'azione amministrativa, assicurando la connessione fra i soggetti che intervengono nelle fasi del procedimento ed evitando fenomeni di inerzia e possibili ritardi. L. 241/1990 prevede:  l'individuazione dell'unità organizzativa responsabile dell'istruttoria e dell'adozione del provvedimento finale;  opera esclusivamente nei rapporti tra diverse amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici (e non nei rapporti tra amministrazione e privati);  il silenzio corrisponde ad un atto interno ad un procedimento (invece che a un provvedimento definitivo). In questi casi, può essere stabilito anche un termine, ossia esso può essere interrotto qualora l'amministrazione che deve rendere il proprio assenso faccia presenti esigenze istruttorie oppure presenti richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale entro il termine stesso. In tal caso, l'assenso è reso nei successivi 30 giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento. 6.8.3 Il silenzio procedimentale Il silenzio procedimentale fa leva su:  > cd. silenzio devolutivo (art. 17 L. 241/1990), qui se per l'adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi o enti appositi e se tali organi ed enti non provvedono né rappresentano esigenze istruttorie, nei termini prefissati dalla disposizione stessa o, in mancanza, entro 90 giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento deve chiedere le suddette valutazioni tecniche ad altri organi della Pubblica Amministrazione o ad enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari.  cd. silenzio facoltativo (art. 16 L. 241/1990), qui si afferma che nel corso del procedimento amministrativo, debba essere obbligatoriamente sentito un organo consultivo e il parere deve essere reso, entro 20 giorni dal ricevimento della richiesta. Se il termine decorre senza che sia stato comunicato il parere o senza che l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, è in facoltà dell'Amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall'acquisizione del parere. 6.8.4 Il silenzio diniego La legge, decorso un certo tempo dalla presentazione della domanda del privato, qualifica automaticamente come relazione della domanda stessa il comportamento omissivo tenuto dalla Pubblica Amministrazione obbligata a provvedere. Qui riscontriamo:  l'art. 25 L. 241/1990, in tema di silenzio sull'istanza di accesso ai documenti amministrativi, nel qual caso, decorsi inutilmente 30 giorni dalla richiesta, l'istanza s'intende respinta;  l'art. 36 D.P.R. 380/2001, ai sensi del quale sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente si pronuncia entro 60 giorni, trascorsi i quali la richiesta si intende respinta. 6.8.5 Il silenzio inadempimento (o rifiuto).  Art. 2, co. 1, L. 241/1990: dice che dove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un'istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le Pubbliche Amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso. Per evitare che l'inerzia degli organi amministrativi possa incidere negativamente sulle aspettative degli istanti, il legislatore ha introdotto un termine ordinario di 30 giorni entro il quale, se non diversamente previsto da disposizioni di legge o regolamentari, le Pubbliche Amministrazioni devono concludere il procedimento ed emanare un provvedimento amministrativo. Le Pubbliche Amministrazioni e i soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine.  Art. 2 co. 9-bis, L. 241/1990: L’organo di governo dell'Amministrazione competente può individuare il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo. Nell'ipotesi di omessa individuazione, il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o in mancanza, al dirigente preposto all'ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell'Amministrazione. 6.8.6 I rimedi avverso il silenzio amministrativo  Art. 31 e 117 D.Lgs. 104/2010 (Codice del processo amministrativo): regola la tutela del ricorso e tale azione può essere proposta fino a quando perdura l'inadempimento o non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata. In caso di accoglimento, il giudice ordina all'Amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a 30 giorni. 6.9 La conferenza di servizi 6.9.1 Le tipologie di conferenze di servizi Conferenza di servizi: si ricorre a essa quando è opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento. Art. 14 della L. 241/1990 troviamo 4 tipologie di conferenze:  la conferenza di servizi istruttoria, che può essere indetta dall'Amministrazione precedente quando lo ritenga opportuno per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici che emergono da in procedimento amministrativo, ovvero in più procedimenti connessi;  la conferenza di servizi decisoria, che conduce all'adozione di un unico provvedimento finale sostitutivo delle decisioni assunte dalle diverse Amministrazioni partecipanti;  la conferenza di servizi preliminare (o pre-decisoria o preventiva) che può essere indetta dall'Amministrazione competente per progetti di particolare complessità e per insediamenti produttivi di beni e servizi;  la conferenza di servizi su progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale (VIA), che può essere attivata qualora un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale. 6.9.2 le modalità di svolgimento della conferenza di servizi L. 241/1990, nel testo modificato dal D.Lgs. 127/2016, prevede diverse modalità di svolgimento della conferenza di servizi. L'art. 14-bis disciplina la conferenza in forma semplificata e in modalità asincrona. La conferenza è indetta dall'Amministrazione procedente, entro 5 giorni dall'inizio del procedimento d'ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte. L'Amministrazione procedente deve comunicare alle altre Amministrazioni interessate il termine perentorio, comunque non superiore a 45 giorni, entro il quale devono rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della conferenza. Se vi sono Amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini il termine è fissato in 90 giorni, se altre disposizioni non prevedano un termine diverso. La mancata comunicazione entro il termine o la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti indicati equivalgono ad assenso senza condizioni. Scaduto il termine l'Amministrazione procedente:  adotta la determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza entro 5 giorni;  adotta la determinazione di conclusione negativa della conferenza, che produce l'effetto del rigetto della domanda, sempre entro il termine di 5 giorni.  Art. 14-ter L. 241/1990 disciplina lo svolgimento della conferenza in forma simultanea e modalità sincrona. La riunione si svolge nella data indicata dall'Amministrazione procedente e i lavori devono concludersi non oltre 45 giorni decorrenti dalla data di convocazione. All'esito dell'ultima riunione l'Amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza sulla base delle posizioni prevalenti espresse dai rappresentanti delle Amministrazioni.  Art. 14-quater disciplina gli effetti della determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi, affermando che essa sostituisce tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle Amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati.  Art. 14-quinquies disciplina che l'efficacia di una domanda è sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati e per il periodo utile all'esperimento. 6.10Gli accordi procedimentali (o integrativi) e gli accordi sostitutivi Quando parliamo di accordi facciamo riferimento a una modalità operativa che assicura il consenso degli interessati sull'esercizio dell'azione amministrativa, manifestandosi come uno strumento di organizzazione e di contemperamento dei potenziali conflitti che possono insorgere fra i soggetti. Art. 11 L. 241/1990 parla di accordi procedimentali e sostitutivi:  gli accordi procedimentali o integrativi, anche detti preliminari, preparatori o endoprocedimentali, sono strettamente e funzionalmente collegati al procedimento;  gli accordi sostitutivi hanno invece una vera e propria autonomia funzionale intervenendo a definire e produrre gli effetti della fattispecie procedimentale, sostituendo integralmente il provvedimento. L’art.11 prevede inoltre che:  sia gli accordi sostitutivi che quelli procedimentali devono essere stipulati per atto scritto a pena di nullità, salvo che la legge non preveda altrimenti e devono essere motivati (co. 2);  gli stessi vengano conclusi nel perseguimento del pubblico interesse e senza pregiudizio dei diritti dei terzi (co. 1);  al fine di favorire la conclusione degli accordi di cui al comma 1, il responsabile del procedimento può predisporre un calendario di incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati (co. 1-bis);  per entrambe le tipologie di accordi devono applicarsi, ove non diversamente disposto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili (co. 2);  per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, l'Amministrazione può recedere unilateralmente dall'accordo, salvo l'obbligo di indennizzo dei pregiudizi subiti dal privato (co. 4);  la stipulazione dell'accordo, per entrambe le tipologie (integrativo o sostitutivo), è preceduta da una determinazione dell'organo competente per l'adozione del provvedimento (co. 4-bis). 6.11 Gli accordi fra Pubbliche Amministrazioni Art. 15 L. 241/1990 rinvia, nei limiti della compatibilità, a quella dettata dai commi 2 e 3 dell'art. 11 della stessa legge in tema di accordi integrativi o sostitutivi ove, viene evidenziata una forma scritta di accordi (co. 2) e una forma di controlli previsti per lo strumento provvedimentale degli stesso (co. 9). 6.12 Gli accordi di programma Art. 34 D.Lgs. 267/2000 (TUEL). Accordi di programma: sono uno strumento di auto coordinamento e consistono nel raggiungimento di un consenso unanime delle amministrazioni o enti interessati circa un'opera, progetto o intervento da realizzare. Scopo dell'accordo è quello di assicurare il coordinamento delle azioni e determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento. 6.13 L'accesso ai documenti amministrativi 6.13.1 La trasparenza come strumento di prevenzione, controllo e partecipazione  Art. 54-bis, co. 4, D.Lgs. 165/2001: sottrae all'accesso la denuncia fatta dal dipendente pubblico di condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, il cosiddetto whistleblower (la disposizione è stata introdotta dalla L. 190/2012 e integralmente sostituita dalla L. 179/2017):  co. 6 dell'art. 24 enuncia la regola di principio secondo cui il diritto di accesso può essere escluso per l'esigenza di salvaguardare: > la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali; > la politica monetaria e valutaria, > l'ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità; > la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, giuridiche, gruppi, imprese e associazioni con particolare riferimento agli interessi di natura epistolare, sanitaria, finanziaria, industriale e commerciale; > l'attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all'espletamento del relativo mandato. La legge attribuisce però alla Pubblica Amministrazione anche uno specifico potere discrezionale: il potere di differire l'accesso ai documenti richiesti, ossia di negare l'accesso solo per un periodo di tempo determinato. 6.13.6 Il procedimento per l'accesso Il procedimento per l'accesso si attiva a istanza dell'interessato. Distinguiamo fra:  accesso informale, esercitabile personalmente tramite richiesta, anche verbale, se non sussistono dubbi sulla legittimazione del richiedente e sul suo interesse alla conoscenza dei documenti richiesti o sull'accessibilità dei documenti stessi. In caso di accoglimento della richiesta l'ufficio provvede immediatamente e senza altre formalità all'esibizione del documento e all'eventuale rilascio di copie, salvo il rimborso dei costi;  accesso formale, nel qual caso il richiedente è invitato a presentare una richiesta scritta con cui indicare gli estremi del documento o delle informazioni oggetto dell'istanza, ovvero gli elementi che ne consentano l'individuazione, specificare e comprovare l'interesse personale e concreto, far risultare la propria identità e/o la sussistenza dei propri poteri rappresentativi. La richiesta deve essere presentata all'ufficio dell'Amministrazione, centrale o periferico, statale o dell'Amministrazione locale, competente a formare l'atto conclusivo del procedimento o a detenere stabilmente il relativo documento. Entro 30 giorni dalla richiesta, la P.A. deve esprimere le determinazioni:  se accoglie la richiesta, indica le modalità e fissa il termine (non inferiore a 15 giorni) entro cui l'interessato può prendere visione dei documenti o ottenerne copia (l'accoglimento si estende di regola anche agli altri documenti richiamati e appartenenti allo stesso procedimento);  se rifiuta l'accesso, totalmente o parzialmente, o lo differisce, il responsabile del procedimento deve motivare il provvedimento con riferimento specifico alla normativa vigente, alle categorie di atti per i quali è stato escluso l'accesso dai regolamenti delle singole Amministrazioni e alle circostanze di fatto che rendono non accoglibile la richiesta così come proposta (art. 25, co. 3).  Trascorsi 30 giorni dalla richiesta senza che l'Amministrazione si sia pronunciata, «questa si intende RESPINTA (ipotesi di silenzio rigetto), con la conseguenza che l'interessato può attivare uno dei rimedi previsti (ricorso al TAR, alla Commissione per l'accesso, al Difensore civico). 6.13.7 La tutela del diritto di accesso Art. 25 L. 241/1990 disciplina la possibilità per il richiedente di promuovere, nel caso di diniego o di differimento dell'accesso:  l'intervento del giudice amministrativo (TAR);  l’intervento della Commissione statale per l'accesso ai documenti amministrativi, nel caso di atti delle Amministrazioni dello Stato;  I'intervento del Difensore civico competente per territorio, nel caso di atti delle Amministrazioni locali. Art. 116 C.p.a. (D.Lgs. 104/2010): parla del ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, affermando che esso è ammesso contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all'inadempimento degli obblighi di trasparenza. Il ricorso deve essere proposto entro 30 giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all'Amministrazione e ad almeno un controinteressato. In caso di accoglimento totale o parziale del ricorso, il giudice amministrativo ordina l'esibizione dei documenti richiesti c, ove previsto, anche la pubblicazione. A questo punto, possiamo dire che interviene la commissione, essa può avere varie funzioni:  vigilare sulla piena attuazione del principio di piena conoscibilità degli atti amministrativi, intervenendo nel caso di diniego o di ingiustificato differimento dell'accesso;  redigere una relazione annuale sulla trasparenza nell'attività della P.A.;  proporre al Governo modifiche delle leggi e dei regolamenti per realizzare la più piena tutela del diritto di accesso. Quindi, in caso di accoglimento dell'istanza, la Commissione ordina all'Amministrazione l'esibizione del documento richiesto, fissando, ove necessario, un termine perentorio. Contro il provvedimento di rigetto, si può ricorrere entro 30 giorni al Tribunale Amministrativo Regionale. Va detto poi che, al fine di salvaguardare l'istanza di accesso ai documenti può anche essere richiesto l’intervento del Difensore civico, organo chiamato a svolgere il ruolo di garante dell'imparzialità e del buon andamento dell'Amministrazione, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ei ritardi dell'Amministrazione nei confronti dei cittadini. Art. 25, co. 4, L. 241/1990 prevede che l'interessato, a fronte del diniego di accesso della Pubblica Amministrazione, ha la possibilità, entro il termine di 30 giorni, di chiedere al Difensore civico competente il riesame della determinazione amministrativa. Se il Difensore civico reputa illegittimo il diniego lo comunica all'Amministrazione procedente, che ha il dovere di rispondere entro il termine di 30 giorni confermando motivatamente il precedente diniego, non confermando e concedendo espressamente l'accesso, non rispondendo e allora dopo 30 giorni l'accesso s'intende consentito (cd., silenzio assenso legittimante). Il ricorso al Difensore civico:  è alternativo al ricorso giurisdizionale, per il quale l'interessato può comunque in ogni momento optare;  è possibile solo da parte dell'interessato all'accesso e non da parte dei controinteressati. Il Difensore civico è privo di poteri decisori definitivi, ma può solo stimolare l'Amministrazione a rivedere il proprio operato. 6.14 L'accesso civico 6.14.1 Profili generali, limiti e differenze con il diritto di accesso Art. 5 D.Lgs. 33/2013. Accesso: è un istituto introdotto dall'arte riguarda la richiesta di consultazione, da parte di chiunque  di documenti, informazioni o dati per i quali vi era un obbligo di pubblicazione e sia stato omesso da parte dell'amministrazione competente (accesso civico);  di dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, diversi da quelli che devono essere obbligatoriamente pubblicati (accesso civico generalizzato).  L'istituto è finalizzato a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico da parte dei cittadini. L'accesso civico può essere rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di:  interessi pubblici: sicurezza pubblica e ordine pubblico, sicurezza nazionale, difesa e questioni militari, relazioni internazionali, politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato, conduzione di indagini sui reati e loro perseguimento e regolare svolgimento di attività ispettive;  interessi privati: protezione dei dati personali, libertà e segretezza della corrispondenza, interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, diritto d'autore e segreti commerciali. Analizziamo ora nel dettaglio distinzione tra: 1) Accesso generalizzato e accesso civico. L’accesso generalizzato non sostituisce l'accesso civico, che rimane circoscritto ai soli atti, documenti e informazioni oggetto di obblighi di pubblicazione e costituisce un rimedio alla mancata osservanza degli obblighi di pubblicazione imposti dalla legge, sovrapponendo al dovere di pubblicazione il diritto di «chiunque» di accedere ai documenti, dati e informazioni interessati dall'inadempienza. L'accesso generalizzato è autonomo ed indipendente da presupposti obblighi di pubblicazione ed è espressione di libertà. 2) Accesso generalizzato e accesso ai documenti amministrativi ai sensi degli artt. 22 ss. L. 241/1990: la finalità di quest'ultimo è quella di porre i soggetti interessati in grado di esercitare le facoltà, partecipative c/o oppositive e difensive, che l'ordinamento attribuisce loro a tutela delle posizioni giuridiche qualificate di cui sono titolari. Più precisamente, dal punto di vista soggettivo, ai fini dell'istanza di accesso documentale il richiedente deve dimostrare di essere titolare di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso».  L. 241/1990 esclude l'utilizzo del diritto di accesso ivi disciplinato al fine di sottoporre l'amministrazione ad un controllo generalizzato, il diritto di accesso generalizzato è riconosciuto proprio allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico. 6.14.2 Modalità di esercizio dell'accesso civico Istanza di accesso civico: è colei che deve identificare i dati, le informazioni o i documenti che si intendono visionare. Può essere trasmessa per via telematica ed è presentata:  all'ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti;  all'Ufficio relazioni con il pubblico;  ad altro ufficio indicato dall'amministrazione nella sezione «Amministrazione trasparente» del sito istituzionale;  al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, ove l'istanza abbia a oggetto dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria. Il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall'amministrazione per la riproduzione su supporti materiali. Il procedimento deve concludersi con provvedimento espresso motivato nel termine di 30 giorni dalla presentazione dell'istanza con una comunicazione al richiedente e agli eventuali controinteressati. In caso • partecipano al processo di gestione del rischio; • considerano i rischi e le azioni inerenti la prevenzione della corruzione nello svolgimento dei compiti ad essi attribuiti; • svolgono compiti propri connessi all'attività anticorruzione nel settore della trasparenza amministrativa (artt. 43 e 44 D.Lgs. 33/2013); •esprimono parere obbligatorio sul Codice di comportamento adottato da ciascuna amministrazione (art. 54, co. 5, D.Lgs. 165/2001); > l'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD): • svolge i procedimenti disciplinari nell'ambito della propria competenza (art. 55-bis D.Lgs. 165/2001); • provvede alle comunicazioni obbligatorie nei confronti dell'autorità giudiziaria (art. 331 c.p.p.); • propone l'aggiornamento del Codice di comportamento. 7.3 L'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC): composizione e attribuzioni Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC): è un organo collegiale composto dal Presidente e da 4 componenti scelti tra esperti di elevata professionalità, anche estranei all'amministrazione, sia nel settore pubblico che in quello privato, con esperienza in materia di contrasto alla corruzione, di management e misurazione della performance, nonché di gestione e valutazione del personale. La missione istituzionale dell'ANAG può essere individuata nella prevenzione della corruzione nell'ambito delle amministrazioni pubbliche, delle società partecipate e di quelle controllate e comunque in ogni settore della Pubblica Amministrazione che possa sviluppare fenomeni corruttivi. Hanno poi vigilanza nell'ambito dell'assegnazione dei contratti pubblici e degli incarichi professionali e un'azione di orientamento dei comportamenti e delle attività degli impiegati pubblici, con interventi in sede consultiva e di regolazione. Tutte le Pubbliche Amministrazioni devono elaborare e trasmettere all'ANAC:  un Piano di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza che fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e indica gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio;  procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la SNA, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari. 7.4 Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT): è una persona fisica, individuata dagli organi di governo delle amministrazioni pubbliche, a cui viene affidato il compito di gestire, coordinare e vigilare sulle «misure» di prevenzione del rischio corruttivo, con capacità proprie di intervento, allo scopo di garantire un modello di tutela anticipata in grado di ridurre i fenomeni di cattiva amministrazione. RPCT ai sensi dell'art. 1, co. 7, L. 190/2012 assolve anche le funzioni di Responsabile per la Trasparenza di cui all'art. 43 D.Lgs. 33/2013 e in particolare svolge stabilmente un'attività di monitoraggio sull’adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente. Il Responsabile può esercitare la funzione solo in presenza di un elevato grado di autonomia e indipendenza, garantito da un periodo minimo di durata dell'incarico e dall'attivazione di una tutela rafforzata in caso di revoca. A tale scopo, il provvedimento di revoca dell'incarico va motivato e comunicato all'ANAC che, entro 30 giorni, può formularci una richiesta di riesame, qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione, stabilendo che decorso il termine la revoca diventi efficace (art. 15, co. 3, D.Lgs. 39/2018). 7-5 Gli strumenti operativi per la lotta alla corruzione 7.5.1 Il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) Il sistema di prevenzione della corruzione si caratterizza per l’attuazione delle strategie di prevenzione della corruzione su 2 livelli:  nazionale, attraverso il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA), che ha la finalità di garantire la coerenza complessiva del sistema di prevenzione della corruzione;  decentrato, attraverso il PTPCT, con la finalità di garantire l'autonomia delle singole amministrazioni e l'efficacia di soluzioni personalizzate. Tra i compiti che la L. 190/2012 assegna all'ANAC è essenziale quello di approvazione del Piano Nazionale Anticorruzione (PNA), predisposto dal DFP presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Piano, elaborato sulla base delle direttive contenute nelle Linee dị indirizzo del Comitato interministeriale, contiene degli obiettivi strategici governativi per lo sviluppo della strategia di prevenzione e fornisce indirizzi e supporto alle amministrazioni pubbliche per l'attuazione della prevenzione della corruzione e per la stesura del PTPCT. Va detto poi che il PNA ha durata triennale ed è aggiornato annualmente, fornisce poi, indirizzi e supporto alle amministrazioni pubbliche per l'attuazione della prevenzione della corruzione e per la stesura del Piano triennale. 7.5.2 Il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (PTPCT) Art. 1, co. 8, L. 190/2012: ritiene che su proposta del RPCT, ogni amministrazione pubblica deve adottare un Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (PTPCT) e ne curi la trasmissione all'ANAC. Negli enti locali il Piano è approvato dalla Giunta e la sua elaborazione non può essere affidata a soggetti estranei all'amministrazione. Il Piano deve essere approvato, e successivamente aggiornato, entro il 31 Gennaio di ogni anno. Il PTPCT deve identificare le caratteristiche, le azioni e gli strumenti per prevenire il rischio, stabilendo le priorità di trattazione. Le aree di rischio sono aree che variano a seconda del contesto esterno ed interno e della tipo- logia di attività istituzionale svolta dalla specifica amministrazione. Art. 1, co. 16, L. 190/2012, vengono individuate 4 aree di rischio:  provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatario (autorizzazione e concessione);  procedure connesse alla scelta del contraente nei contratti pubblici;  provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatario;  acquisizione e gestione del personale. Nell'ambito del PTPCT per ciascuna area di rischio debbono essere indicate le misure di prevenzione da implementare per ridurre la probabilità che il rischio si verifichi. Le misure possono essere obbligatorie (la loro applicazione discende obbligatoriamente dalla legge o da altre fonti normative) oppure ulteriori (pur non essendo obbligatorie per legge, sono rese obbligatorie dal loro inserimento nel PTPCT). 7.6 La trasparenza dell'attività amministrativa 7.6.1 La trasparenza in funzione di prevenzione della corruzione  Art. 1, co. 15, L. 190/2012. Trasparenza: è uno strumento per la prevenzione della corruzione e per l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa. Va detto che per adempiere agli obblighi di trasparenza, le amministrazioni devono predisporre sulla home page del proprio sito istituzionale la sezione «Amministrazione Trasparente» (art. 9 D.Lgs. 33/2013) per l'organizzazione e la gestione delle pubblicazioni per tutto il periodo previsto dalla normativa, nonché l'archiviazione elettronica dei documenti versati, con possibilità, per il personale autorizzato, di poter consultare gli stessi in ogni momento e la consultazione, da parte dei cittadini, dei dati c dci relativi allegati.  Art. 1 D.Lgs. 33/2013. La trasparenza è intesa come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche. 7.6.2 Ambito soggettivo  Art. 2-bis D.Lgs. 33/2013, introdotto dal D.Lgs. 97/2016, ridisegna l'ambito sulla trasparenza. I destinatari degli obblighi di trasparenza sono ricondotti a 3 categorie di soggetti:  Pubbliche Amministrazioni di cui all'art. 1, co. 2, D.Lgs. 165/2000, ivi comprese le autorità portuali nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, destinatarie dirette della disciplina contenuta nel decreto (art. 2-bis, co. 1);  enti pubblici economici, ordini professionali, società in controllo pubblico, associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato (art. 2-bis, co. 2);  società a partecipazione pubblica, associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato soggetti alla medesima disciplina in materia di trasparenza prevista per le Pubbliche Amministrazioni in quanto compatibile e limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea (art. 2-bis, co. 3). 7.6.3 Ambito oggettivo: gli obblighi di pubblicazione per finalità di trasparenza Obblighi di pubblicazione previsti dal D.Lgš, 33/2013 riguardano: > gli atti di carattere normativo e amministrativo generale (art. 12); > gli atti riguardanti l'organizzazione e l'attività; > l'uso delle risorse pubbliche; > il bilancio, preventivo e consuntivo; > i beni immobili posseduti, detenuti, canoni di locazione e gestione; > le prestazioni offerte e i servizi erogati. L'obbligo di pubblicazione sussiste, poi, nei confronti di atti, dati e documenti relativi a settori speciali, quali contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dati su processi di pianificazione, realizzazione e valutazione delle opere pubbliche, attività di pianificazione e governo del territorio e, infine, attività e servizi del SSN. 7.6.4 Gli obblighi di pubblicazione: vigilanza e procedimento sanzionatorio Articoli 43, 44 e 45 D.Lgs. 33/2013, individuano i soggetti deputati all'attività di vigilanza sugli obblighi di pubblicazione ed i relativi compiti, abbiamo di fatti:  il RPCT, svolge un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate;  agli OIV è richiesto di attestare l'assolvimento di alcuni obblighi di pubblicazioпе;  l'ANAC che deve controllare l'esatto adempimento degli obblighi di pubblicazione, esercitando poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle Pubbliche Amministrazioni e ordinando di procedere, entro un termine non superiore a 30 giorni, alla pubblicazione di dati, documenti e informazioni, all'adozione di atti o provvedimenti richiesti dalla normativa. Il mancato rispetto degli obblighi di pubblicazione costituisce illecito disciplinare: l'ANAC, in tali casi, segnala l'illecito all'UPD dell'amministrazione interessata (art. 55-bis, co. 4, D.Lgs. 165/2001), ai fini dell'attivazione del procedimento disciplinare. L'ANAC segnala, altresì, gli inadempimenti ai vertici politici delle Sottolineiamo poi che: 1) Per il personale dirigenziale addetto alle aree a più elevato rischio di corruzione, la durata dell'incarico deve essere fissata al limite minimo legale. 2) Per il personale non dirigenziale, la durata di permanenza nel settore deve essere prefissata da ciascuna amministrazione secondo criteri di ragionevolezza, preferibilmente non superiore a 5 anni, tenuto conto delle esigenze organizzative. 7.8.4 L'astensione in caso di conflitto di interesse L. 190/2012 ha posto particolare attenzione sui responsabili del procedimento in situazioni di conflitto di interesse; a tal fine l'art. 6-bis, L. 241/1990 prevede:  l'obbligo di astensione per il responsabile del procedimento, il titolare dell'ufficio competente ad adottare il provvedimento finale ed i titolari degli uffici competenti ad adottare atti endoprocedimentali nel caso di conflitto di interesse anche solo potenziale;  la previsione del dovere di segnalazione a carico dei medesimi soggetti. 7.8.5 Il dovere di esclusività del dipendente: disciplina in tema di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi (art. 53 D.Lgs. 165/2001) Analizziamo le varie forme di collaborazione: 1) Pubblico dipendente ha dovere di esclusività nell'esercizio della prestazione lavorativa nei confronti dell'amministrazione di appartenenza, stabilito direttamente dalla Costituzione che, esempio, nell’art.98 della Carta costituzionale i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione e così, il dovere di esclusività del pubblico funzionario, ossia il dovere di eseguire la propria prestazione lavorativa retribuita solo in favore dell'amministrazione, risponde ai principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 della Costituzione. 2) Il pubblico impiegato non può svolgere attività commerciali, imprenditoriali, industriali, artigiane e professionali in costanza di rapporto di lavoro. Tale dovere viene meno solo in caso di impiego part time non superiore al 50% dell'orario ordinario. 3) Dipendente può svolgere solo gli incarichi previamente conferiti o approvati dall'amministrazione di appartenenza o che siano comunque previsti o disciplinati dalla legge o da altre fonti normative. L. 190/2012 prevede poi gli incarichi assegnati ad ogni collaboratore:  gli incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche devono essere individuati da appositi regolamenti;  le amministrazioni devono adottare criteri generali per disciplinare i criteri di conferimento e di autorizzazione degli incarichi extra-istituzionali;  in sede di autorizzazione allo svolgimento di incarichi extra-istituzionali, la P.A. deve valutare tutti i profili di conflitto di interesse, anche quelli potenziali;  il dipendente deve comunicare anche l'attribuzione di incarichi gratuiti, sui quali l'amministrazione deve valutare tempestivamente (entro 5 giorni dalla comunicazione, salvo motivate esigenze istruttorie) l'eventuale sussistenza di situazioni di conflitto di interesse anche potenziale e, nel caso, comunicare al dipendente il diniego allo svolgimento dell'incarico. Notiamo poi che: 1) Gli incarichi a titolo gratuito da comunicare all'amministrazione, sono solo quelli che il dipendente svolge in considerazione della professionalità che lo caratterizza all'intero dell'amministrazione di appartenenza. 2)Gli incarichi retribuiti, ex art. 53, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e nei doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. 7.8.6 Le disposizioni sulla inconferibilità degli incarichi e sulle incompatibilità (D.Lgs. 39/2013) Art. 1, lett. g) D.Lgs. 39/2013 definisce l'inconferibilità come la situazione soggettiva, permanente o temporanea, che impedisce il conferimento dell'incarico ad un soggetto che abbia assunto condotte penalmente sanzionate o abbia ricoperto determinati incarichi gestionali e/o politici. Va detto che l'incarico non può essere conferito:  a coloro che abbiano riportato condanne penali (anche non definitive) per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale (reati contro la P.A.);  a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi;  a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico. Diversamente abbiamo l'incompatibilità che, impedisce di ricoprire contemporaneamente due ruoli potenzialmente in conflitto di interesse. L'incompatibilità fa sorgere, nel soggetto nominato, l'obbligo di optare, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di 15 giorni, tra la permanenza nell'incarico ricoperto e l'assunzione del nuovo incarico. In merito alle conseguenze giuridiche derivanti dalla violazione di tali disposizioni:  casi di inconferibilità: posto che la situazione non può essere sanata, gli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione delle disposizioni del decreto e i relativi contratti sono nulli (art. 17) e a carico dei componenti di organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli sono applicate le specifiche sanzioni previste dall'art. 18;  casi di incompatibilità, l'art. 19 prevede la decadenza dall'incarico e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, decorso il termine perentorio di 15 giorni dalla contestazione all'interessato, da parte del RPCT, dell'insorgere della causa di incompatibilità. La vigilanza sull'osservanza delle norme in materia di inconferibilità e incompatibilità è demandata al RPCT e all'ANAC. 7.8.7 La cessazione del rapporto di lavoro e il divieto di pantouflage (cosiddette revolving doors) L. 190/2012 ha introdotto il comma 16-ternell'ambito dell'art. 53 D.Lgs. 165/2001, volto a contenere il rischio di situazioni di corruzione, ossia, pariamo della cessazione del rapporto di lavoro e divieto di pantouflage. La norma prevede una limitazione della libertà negoziale del dipendente per un determinato periodo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro con l'amministrazione, per eliminare la «convenienza» di accordi fraudolenti. L'ambito della norma è riferito a quei dipendenti che, nel corso degli ultimi 3 anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell'amministrazione. CAPITOLO 8: LA TUTELA DELLA PROVACY 8.1 La protezione dei dati personali: dal Codice della privacy al regolamento europeo Diritto alla privacy: è un diritto soggettivo, al fine di costruire liberamente e difendere la propria sfera privata attraverso il riconoscimento del potere di controllare l'uso che gli altri fanno delle informazioni che riguardano il singolo individuo. Riservatezza: è un diritto che va bilanciato con il perseguimento della trasparenza amministrativa e della lotta alla corruzione mediante la diffusione dei documenti in possesso della P.A.  D.Lgs. 30-6-2003, n. 196: Codice in materia di protezione dei dati personali (Codice della privacy).  Regolamento europeo (UE) 2016/679, in materia di protezione dei dati personali (noto anche come regolamento GDPR- General Data Protection Regulation), ha reso inevitabile una profonda revisione del Codice, alla quale si è provveduto con il D.Lgs. 10-8-2018, n. 101. Qui il regolamento mira a realizzare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia e a rafforzare la protezione dei dati personali, soggetti a nuove sfide a causa della rapidità dell'evoluzione tecnologica e della globalizzazione. Allo stesso tempo, da questa norma, sono esclusi: > i trattamenti effettuati dagli Stati membri nell'esercizio di attività relative alla politica estera e alla sicurezza comune; > i trattamenti effettuati dalle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali; > i trattamenti effettuati da una persona fisica per l'esercizio di attività a carattere personale o domestico. Analizziamo ora. Trattamento: è inteso come «qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l'ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l'adattamento o la modifica, l'estrazione, la consultazione, l'uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l'interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione». Profilazione: è «qualsiasi forma di trattamento automatizzato di dati personali consistente nell'utilizzo di tali dati personali per valutare determinati aspetti personali relativi a una persona fisica, in particolare per analizzare o prevedere aspetti riguardanti il rendimento professionale, la situazione economica, la salute, le preferenze personali, gli interessi, l'affidabilità, il comportamento, l'ubicazione o gli spostamenti di detta persona fisica». Pseudonimizzazione: è il «trattamento dei dati personali in modo tale che i dati personali non possano più essere attribuiti a un interessato specifico senza l'utilizzo di informazioni aggiuntive, a condizione che tali informazioni aggiuntive siano conservate separatamente e soggette a misure tecniche e organizzative intese a garantire che tali dati personali non siano attribuiti a una persona fisica identificata o identificabile». Archivio: è «qualsiasi insieme strutturato di dati personali accessibili secondo criteri determinati». Titolare del trattamento: è «la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali». Responsabile del trattamento: è «la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che tratta dati personali per conto del titolare del trattamento». Destinatario: è «la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che riceve comunicazioni di dati personali, che si tratti o meno di terzi», Terzo: è «la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che non sia l'interessato, il titolare del trattamento, il responsabile del trattamento e le persone autorizzate al trattamento dei dati personali sotto un autorità direțta del titolare o del responsabile». 8.2 I principi generali del trattamento dei dati D.Lgs. 101/2018 introduce nel Codice gli articoli da 2-ter a 2-decies, dedicati ai principi generali che, il legislatore europeo, compila una sorta di decalogo dei principi cui deve attenersi ogni attività. Abbiamo: > principio di liceità e correttezza, per il quale il trattamento è lecito quando • l'interessato ha espresso il proprio consenso (un consenso informato); • il trattamento è necessario all'esecuzione di un contratto di cui l'interessato è parte; • il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale a cui è soggetto il titolare del trattamento; • il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell'interessato o di un'altra persona fisica; • il trattamento è necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento;  Art. 59 (Accesso a documenti amministrativi e accesso civico) prevede quanto previsto dall'art. 60 (con particolare riferimento ai dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale), ossia che i presupposti, le modalità, i limiti per l'esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali e la relativa tutela giurisdizionale, restano disciplinati dalla L. 241/1990. 8.5. Le informazioni all'interessato Principi di correttezza e trasparenza: si afferma che l’interessato sia informato dell'esistenza del trattamento e delle sue finalità. I contenuti di tali informazioni sono elencati negli artt. 13 e 14 del regolamento (UE) 2016/679. 8.6 I diritti dell'interessato titolare dei dati 8.6.1 Le modalità per l'esercizio dei diritti dell'interessato Art. 12 del regolamento (UE) 2016/679 introduce ed attribuisce specifici diritti all'interessato, il quale può rivolgersi direttamente al titolare del trattamento per ottenere informazioni, comunicazioni e modalità trasparenti per l'esercizio dei suoi diritti. Il titolare del trattamento deve adottare le misure appropriate per fornire all'interessato tali informazioni, che devono essere fornite entro 1 mese dalla richiesta (salvo proroga nei casi più complessi) e avere forma scritta, anche attraverso strumenti elettronici che ne favoriscano l'accessibilità. 8.6.2 I diritti dell'interessato Disciplina dei diritti dell'interessato: contenuta nel regolamento (UE) 2016/679 che gli dedica, agli articoli da 15 a 22, un'ampia sezione. In particolare:  diritto di accesso dell'interessato (art. 15);  diritto di rettifica (art. 16);  diritto alla cancellazione o diritto all'oblio (art. 17);  diritto di limitazione del trattamento (art. 18);  diritto alla portabilità dei dati (art. 20);  diritto di opposizione (art. 21). 8.6.3 Le limitazioni ai diritti dell'interessato  Art. 23 del regolamento: attribuisce agli Stati membri cui è soggetto il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento, la facoltà di limitare la portata degli obblighi e dei diritti.  D.Lgs. 101/2018 introduce nel Codice della 'privacy specifiche disposizioni che integrano quelle riportate nel regolamento europeo. Tale legge disciplina le limitazioni dei diritti dell'interessato, per esigenze di tutela di interessi giuridici meritevoli di particolare protezione.  I diritti che vanno dall’art.15 al 22 non possono essere esercitati con richiesta al titolare o al responsabile del trattamento ovvero con reclamo, qualora ne possa derivare un pregiudizio effettivo e concreto: > agli interessi tutelati in base alle disposizioni vigenti in materia di riciclaggio o di sostegno alle vittime di richieste estorsive; > all'attività di Commissioni parlamentari d'inchiesta; > alle attività svolte da un soggetto pubblico, diverso dagli enti pubblici economici, in base ad espressa disposizione di legge, per esclusive finalità inerenti alla politica monetaria e valutaria, al sistema dei pagamenti, al controllo degli intermediari e dei mercati creditizi e finanziari, nonché alla tutela della loro stabilità; > allo svolgimento delle investigazioni difensive o all'esercizio di un diritto in sede giudiziaria. Altre limitazioni ai diritti degli interessati sono previste:  per ragioni di giustizia (art. 2-dundecies del Codice della privacy);  per persone decedute (art. 2-terdecies del Codice della privacy). 8.7 I soggetti interessati al trattamento 8.7.1 Il titolare e i contitolari del trattamento Soggetti interessati al trattamento dei dati personali sono: 1) il titolare (e i contitolari) del trattamento, 2) il responsabile del trattamento, 3) il responsabile della protezione dei dati personali. Analizziamo Titolare del trattamento: è la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali. È dunque il soggetto che ha il compito di mettere in atto, sin dalla fase della progettazione, misure tecniche e organizzative adeguate per garantire ed essere in grado di dimostrare che il trattamento è effettuato conformemente al regolamento. Il titolare è sempre vincolato al dovere di riservatezza dei dati, inteso come dovere di non usare, comunicare o diffondere i dati al di fuori del trattamento. Egli deve garantire che i dati non siano persi, alterati, distrutti o comunque trattati illecitamente. Il titolare del trattamento non è, quindi, chi gestisce i dati, ma chi decide il motivo e le modalità del trattamento ed è responsabile giuridicamente degli obblighi previsti dalla normativa, sia nazionale che internazionale. I contitolari del trattamento non sono definiti dal regolamento, ma sono trattati all'art. 26, il quale stabilisce che «allorché 2 o più titolari del trattamento determinano congiuntamente le finalità e i mezzi del trattamento, essi sono contitolari del trattamento». 8.7.2 Il responsabile del trattamento ed il suo rapporto con il titolare Responsabile del trattamento: è la persona fisica, giuridica, pubblica amministrazione o ente che elabora i dati personali per conto del titolare del trattamento. Si tratta di un soggetto, distinto dal titolare, che deve essere in grado di fornire garanzie al fine di assicurare il pieno rispetto delle disposizioni in materia di trattamento dei dati personali, nonché di garantire la tutela dei diritti dell'interessato. Poi va detto che in merito al rapporto tra il titolare e il responsabile del trattamento dovrà essere disciplinato tramite un contratto scritto o altro atto giuridico. 8.7.3 Il Responsabile della protezione dei dati personali (RPD) Responsabile della protezione dei dati personali (RPD) o Data protection officer (DPO) nella sigla inglese: è una figura professionale, obbligatoria per le Pubbliche Amministrazioni e disciplinata dall'art. 37 del regolamento europeo. Il privacy officer (agente della privacy) deve possedere competenze giuridiche, informatiche e gestionali; il suo principale compito è quello di osservare, valutare e organizzare la gestione del trattamento di dati personali. Tale responsabilità sono eseguite per:  i trattamenti svolti da autorità e organismi pubblici (fatta eccezione per le autorità giurisdizionali nell'esercizio delle loro funzioni tipiche);  i trattamenti che richiedono monitoraggi regolari e sistematici degli interessati su larga scala;  i trattamenti dei dati personali particolari di cui l'art. 9 del regolamento europeo o dei dati attinenti a condanne penali e reati. 8.8 Le Autorità di controllo  Artt. 51 ss. del regolamento disciplinano le Autorità di controllo cui spetta la sorveglianza sull'applicazione delle disposizioni al fine di tutelare i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei loro dati personali. Ogni Stato dell'Unione europea deve prevedere una o più di tali autorità, con competenze nel proprio stato di appartenenza, cui viene riconosciuta piena autonomia e disponibilità di risorse umane, tecniche e finanziarie.  Art. 153 del Codice della privacy, introdotto dalla riforma (D.Lgs. 101/2018), individua nella figura del Garante, l'autorità di controllo italiana.  Art. 154-bis prevede che il Garante, in aggiunta ai poteri previsti dall'art. 58 del regolamento, possa adottare linee guida non vincolanti con riferimento alle misure organizzative e tecniche di attuazione dei principi del regolamento e approvare le regole deontologiche ai sensi dell'art. 2- quater del Codice della privacy. 8.9 La tutela amministrativa e giurisdizionale D.Lgs. 101/2018: In base al regolamento europeo, gli strumenti a disposizione dell'interessato a sua tutela sono  il reclamo all'autorità di controllo;  >il ricorso giurisdizionale effettivo nei confronti dell'autorità di controllo;  il ricorso giurisdizionale effettivo nei confronti del titolare e/o del responsabile del trattamento. CAPITOLO 9: LA PATOLOGIA DELL'ATTO AMMINISTRATIVO 9.1 Gli stati patologici e l'invalidità dell'atto Gli stati patologici dell'atto amministrativo possono ricondursi alle seguenti figure:  l'imperfezione, che si configura nel caso di mancata conclusione della procedura di formazione dell'atto;  l'irregolarità, con cui s'intende lo stato patologico di un provvedimento caratterizzato dal difetto di elementi formali marginali, tali da non comportarne l'annullabilità;  l'inefficacia, che si configura quando l'atto non può produrre i suoi effetti;  l'invalidità, nella configurazione della nullità o dell'annullabilità. L. 15/2005 ha inserito gli artt. 21-septies e 21-octies nella L. 241/1990, per i quali la categoria dell'invalidità è stata «positivizzata» e di fatti abbiamo:  nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato;  annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. Analizziamo ora differenza fra:  Nullità: fa su che il provvedimento debba considerarsi come mai adottato e dunque, non produttivo di effetti giuridici.  Annullabilità: il provvedimento è affetto da un difetto giuridico che può comportare la rimozione del provvedimento che, fino a quel momento, dispiega i suoi effetti giuridici. 9.2 La nullità dell'atto 9.2.1 Il regime giuridico della nullità 9.4 L'istituto dell'autotutela Autotutela amministrativa: complesso di attività con cui ogni Pubblica Amministrazione risolve i conflitti potenziali e attuali, relativi ai suoi provvedimenti o alle sue pretese. Il fondamento dell'autotutela amministrativa risiede nella potestà generale che l'ordinamento riconosce a ogni P.A. di intervenire su ogni questione di propria competenza. Abbiamo: > l'autotutela esecutiva: complesso di attività attuative di una decisione amministrativa (es. operazioni materiali di sgombero a seguito di un ordine della Pubblica Amministrazione di liberare un edificio abusivo); > l'autotutela decisoria: rileva la suddivisione fra autotutela diretta (o non contenziosa) e autotutela indiretta (o contenziosa). Cui 1) Nell’autotutela diretta, l'Amministrazione esercita i suoi poteri spontaneamente, attraverso l'annullamento d'ufficio. Rientrano in essa: gli atti di ritiro (annullamento d'ufficio, revoca, abrogazione, decadenza, ritiro) e la convalescenza dell'atto (convalida, ratifica, sanatoria). 2) L’autotutela indiretta, si fonda sull'azione o ricorso, dell'interessato. 9.5 L'autotutela decisoria 9.5.1 Gli atti di ritiro Principali atti di ritiro: 1) Annullamento d'ufficio: disciplinato dall'art. 21-nonies L. 241/1990, costituisce un provvedimento amministrativo di secondo grado, con il quale viene ritirato dall'ordinamento, con efficacia retroattiva, un atto amministrativo inficiato da vizi di legittimità originari. L'annullamento è un provvedimento discrezionale e non è mai un atto dovuto, può essere adottato dallo stesso organo che ha emanato il provvedimento invalido o da altro organo previsto dalla legge ed è assoggettato a regole rigorose: > l'obbligo della motivazione; > la presenza di concrete ragioni di pubblico interesse, non riducibili alla mera esigenza di ripristino della legalità; > la valutazione dell'affidamento delle parti private destinatarie del provvedimento oggetto di riesame; > il rispetto delle regole del contraddittorio procedimentale, > l'adeguata istruttoria. 2) Revoca: disciplinata dall'art. 21-quinquies L. 241/1990, opera con riferimento ad atti inopportuni prescindendo da valutazioni di legittimità. La revoca è un provvedimento di secondo grado, con il quale la P.A. ritira con efficacia un atto inficiato da vizi di merito. La revoca è disposta dalla stessa autorità amministrativa che ha emesso l'atto da revocare (e con un procedimento analogo) o da un'autorità gerarchicamente superiore, a meno che l'autorità che ha emesso l'atto abbia competenza esclusiva rispetto a esso. Non avendo la revoca efficacia retroattiva, gli effetti dell'atto revocato sono mantenuti e hanno validità fino al momento in cui è intervenuta la revoca. 9.5.2 Gli atti di convalescenza Autotutela: costituisce gli atti di convalescenza con cui la P.A. opera una sanatoria dei vizi contenuti nell'atto. Atti di convalescenza, sono:  la convalida, un provvedimento nuovo, autonomo, costitutivo, che elimina i vizi di legittimità di un atto invalidato precedentemente emanato dalla stessa autorità (es. integrazione della motivazione insufficiente);  la ratifica, che si caratterizza anch'essa quale provvedimento nuovo, autonomo, costitutivo, con cui viene eliminato il vizio di incompetenza relativa da parte dell'autorità astrattamente competente, la quale si appropria di un atto adottato da autorità incompetente dello stesso ramo;  la sanatoria, che opera quando un atto o un presupposto-di legittimità del procedimento, mancante al momento dell'emanazione dall’atto amministrativo, viene emesso successivamente in nodo da perfezionare ex post l'atto illegittimo. 9.5.3 Gli atti di conservazione Atti di conservazione: sono atti volti al raggiungimento dello scopo di un atto ove l'atto, pur viziato, sia egualmente in grado di soddisfare l'interesse pubblico. Atti di conservazione:  la conversione, atto in virtù del quale un provvedimento invalido - annullabile o nullo – viene considerato come appartenente ad altra tipologia di cui presenta gli stessi requisiti di forma e sostanza;  la conferma, con cui l'autorità ribadisce una sua precedente determinazione. CAPITOLO 10: I CONTROLLI 10.1 I Controlli pubblici Controllo: è la verifica della regolarità di un atto o dell'operato di un determinato soggetto. Secondo l'oggetto dell'attività di controllo, si distinguono controlli sull'attività, sugli atti e sugli organi. I controlli sull'attività possono essere:  interni, se esercitati da organi interni allo stesso ente che v'è soggetto;  esterni, se effettuati un ente diverso da quello controllato;  di vigilanza, qualora abbiano a oggetto la verifica di conformità dell'operato amministrativo a norme di legge o tecniche;  di tutela, qualora concerna il merito, cioè l'opportunità dell'operato;  di efficienza, se presuppongono la comparazione fra mezzi adoperati e fini da conseguire;  di efficacia, quando guardano alla realizzazione dei fini divisati. I controlli sugli atti sono essenzialmente:  preventivi, nel qual caso l'eventuale esito negativo dell'attività di controllo impedisce all'atto controllato di produrre gli effetti programmati;  successivi, se intervengono quando gli effetti si sono già prodotti;  mediante riesame, quando l'autorità che ha già deliberato è chiamata ad una nuova deliberazione condizionante l'efficacia dell'atto. I controlli sugli organi hanno a oggetto il comportamento delle persone fisiche preposte agli uffici o la condotta degli organi come tali e mirano ad assicurarne il buon funzionamento. Esistono anche i controlli di ragioneria, il controllo della Corte dei Conti e il controllo di ragioneria che è un controllo contabile, cioè diretto a verificare che l'atto soggetto a controllo abbia una copertura di spesa e di legittimità, ovvero della relativa conformità ai parametri normativi. Va detto che il controllo può produrre esiti:  l'annullamento dell'atto, misura repressiva che consiste nell'esercizio di un potere vincolato;  l'adozione di misure impeditive, che precludono l'efficacia dell'atto (dinieghi di approvazioni);  l'avvio di azioni sostitutive, con la conseguenza che al controllato è inibito di agire e interviene il controllante o un soggetto da lui designato;  lo scioglimento dell'organo,  l'irrogazione di sanzioni, applicate ai componenti l'organo. 10.2 Il passaggio dalla cultura dell'adempimento alla cultura della valutazione L. 14-1-1994, n. 20 e il D.Lgs. 30-7-1999, n. 286; quest'ultimo ha permesso di:  operare una distinzione tra le varie attività di controllo interno, così da rispettare la linea di demarcazione tra attività di indirizzo politico, da un lato, e attività gestionale, dall'altro;  creare i presupposti per una forte interrelazione tra valutazione dell'azione amministrativa e responsabilità dirigenziale per i risultati;  impedire la commistione paralizzante tra controlli tradizionali, di tipo repressivo, finalizzati a garantire la regolarità e legittimità dell'agire amministrativo, e controlli di tipo valutativo, finalizzati ad ottimizzare la funzione amministrativa. 10.3 Le tipologie di controllo nel D.Lgs. 286/1999 D.Lgs. 286/1999: evidenzia 4 tipologie di controllo interno  i controlli di regolarità amministrativa e contabile (art. 2, come modificato dal D.Lgs. 123/2011), comprendenti le tradizionali verifiche di legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa;  i controlli di gestione (art. 4), volti alla verifica dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità dell'azione amministrativa, per ottimizzare il rapporto costi/risultati;  le valutazioni della dirigenza (art. 1), tese a verificare il miglioramento delle prestazioni del personale collocato in posizione di responsabilità;  le valutazioni e i controlli strategici (artt. 6 e 8) consistenti nell’anali: 1)della congruenza tra le missioni dell'Amministrazione (stabilite dalla legge), 2) degli obiettivi (stabiliti dall'organo di direzione politica), 3) delle scelte operative e allocative delle risorse umane e finanziarie (assunte dal dirigente). 10.4 Il controllo di regolarità amministrativa e contabile Controllo di regolarità amministrativa e contabile: si svolge rispetto al momento in cui l'atto di spesa spiega i suoi effetti (cfr. art. 2 D.Lgs. 123/2011). L'obiettivo è la realizzazione di un sistema di monitoraggio interno, in grado di fornire certezza ai processi di produzione dei dati contabili e delle procedure amministrative. I principi che informano l'attività di svolgimento del controllo in oggetto prevedono:  che le funzioni di controllo di gestione, di valutazione della dirigenza e di valutazione strategica siano esercitate in modo distinto ma integrato (art. 1, co. 2, lett. d);  che vi sia esclusività dei soggetti cui compete il controllo di regolarità amministrativa e contabile (art. 1, co. 2, lett. e). 10.5 Il controllo di gestione Controllo di gestone: è un attività connessa a quella di pianificazione. La pianificazione riceve gli elementi di indirizzo dal governo, determina il programma dell'Amministrazione e ne ricava informazioni sulla gestione che consentono di monitorare gli obiettivi. Ai fini del controllo di gestione, l'Amministrazione deve definire:  l'unità o le unità responsabili della progettazione e della gestione del controllo di gestione;  le unità organizzative a livello delle quali si intende misurare l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa;  le procedure di determinazione degli obiettivi gestionali e dei soggetti responsabili;  l'insieme dei prodotti e delle finalità dell'azione amministrativa, con riferimento all'intera Amministrazione o a singole unità organizzative; ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. 11.4.3 Il danno da disturbo Danno da disturbo: è l’illegittima compromissione, da parte della Pubblica Amministrazione, dell'esercizio da parte del privato delle facoltà inerenti all'esercizio di diritti di cui è titolare. Il danno da disturbo è caratterizzato dalla lesione di un interesse legittimo di tipo oppositivo e consiste nel ristoro del pregiudizio asseritamene subito in conseguenza dell'illegittima compressione delle facoltà di cui il privato cittadino era già titolare. 11.5 Le tecniche risarcitorie Nel caso di lesione di un diritto soggettivo, il danneggiato può ottenere un risarcimento corrispondente al valore del bene della vita perduto o leso; oppure un risarcimento in forma specifica, grazie al quale viene rimesso nella medesima situazione in cui si trovava prima della commissione dell'illecito, riacquistando l'utilità in precedenza perduta (es. riottiene il bene del quale era stato illegittimamente espropriato). Abbiamo delle tecniche risarcitorie Il risarcimento in forma specifica: consistente nella riproduzione di una situazione materiale corrispondente a quella che sarebbe sussistita se non fosse intervenuto il fatto lesivo. Proprio il limite della possibilità assume rilevanza nel caso in cui il danno di cui si chiede il ristoro sia stato provocato da un'attività amministrativa di tipo autoritativo. Giova al riguardo distinguere a seconda che si tratti di danno da lesione di interesse legittimo oppositivo ovvero pretensivo:  l'interesse legittimo oppositivo è di regola tutelato attraverso l'annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo;  l'interesse legittimo pretensivo, riceve dall’annullamento del provvedimento una tutela solo parziale. CAPITOLO 12: IL SISTEMA DELLE TUTELE Il sistema delle tutele 12.1 La tutela dei diritti e degli interessi Doppia giurisdizione: sono previsti 2 ordini di giurisdizione: 1) ordinaria 2) amministrativa. Art. 113 Cost.: contro gli atti della Pubblica Amministrazione «è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. 12.2 I ricorsi amministrativi 12.2.1 Nozione e tipologie Ricorsi amministrativi: sono istanze che i soggetti interessati possono presentare ad un'autorità amministrativa perché questa risolva una controversia insorta nell'ambito del sistema della Pubblica Amministrazione, ovvero sono istanze rivolte alla Pubblica Amministrazione per ottenere la tutela di una situazione giuridica. Tali ricorsi si differenziano da quelli giurisdizionali perché sono rivolti ad autorità appartenenti all'Amministrazione, le quali si pronunciano con un provvedimento al termine di un procedimento amministrativo di secondo grado. D.P.R. 21-11-1971, n. 1199, sono contemplate tre tipologie di ricorsi amministrativi: > il ricorso gerarchico, a sua volta distinto in ricorso gerarchico proprio (rimedio a carattere generale, proponibile contro atti non definitivi indipendentemente da un'esplicita previsione di legge, indirizzato all'autorità gerarchicamente superiore a quella che ha adottato l'atto ritenuto lesivo dal suo destinatario a tutela di un interesse legittimo o di un diritto soggettivo) e in ricorso gerarchico improprio (rimedio di carattere eccezionale, esperibile nei soli casi previsti dalla legge, che si caratterizza per la mancanza di un rapporto gerarchico fra l'autorità che ha adottato l'atto impugnato e quella decidente);  il ricorso in opposizione, basato su motivi di legittimità e di merito ed esperibile nei soli casi previsti dalla legge;  il ricorso straordinario al Capo dello Stato, un rimedio di carattere generale, esperibile cioè in tutti i casi in cui non sia escluso dalla legge ovvero incompatibile con il sistema, proponibile contro atti nei cui confronti, in ragione del loro carattere definitivo, non sono esperibili rimedi amministrativi, e caratterizzato dall'alternatività rispetto al ricorso al giudice amministrativo. Inoltre va detto che il ricorso amministrativo si definisce ordinario quando ha per oggetto provvedimenti non definitivi della P.A. Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, invece, realizza una tutela del tutto differente, e ha per oggetto atti amministrativi definitivi. I ricorsi si suddividono poi in impugnatori o non impugnatori a seconda che abbiano ad oggetto atti amministrativi ritenuti lesivi (ricorso amministrativo impugnatori) ovvero meri comportamenti o rapporti giuridici (ricorso amministrativo non impugnatori). 12.2.2 La definitività dell'atto Definitività dell’atto: gli atti amministrativi diventano definitivi a seguito del rigetto del ricorso gerarchico o a seguito dell'inutile decorso del termine di 90 giorni dalla proposizione del medesimo. Abbiamo poi direttamente: atti 1) Definitivi: sono gli atti adottati dagli organi di vertice della Pubblica Amministrazione o dagli organi collegiali o quelli che, per legge, sono dichiarati definitivi (es. i provvedimenti prefettizi in materia di requisizione, occupazione d'urgenza, decreti espropriativi e dichiarazioni di pubblica utilità). 2) Non definitivi, è esperibile il ricorso gerarchico o il ricorso in opposizione, nonché il ricorso giurisdizionale al Tribunale Amministrativo Regioņale. 12.2.3 Profili procedurali Legittimati a proporre il ricorso amministrativo sono le persone fisiche (cittadini italiani e stranieri nei casi espressamente previsti) e le persone giuridiche (a seguito di deliberazione sul ricorso) che abbiano interesse. L'interesse a ricorrere può essere costituito da un diritto soggettivo, da un interesse legittimo o da un interesse diffuso e deve essere personale, diretto e attuale. Il diritto a proporre il ricorso amministrativo si estingue per il decorso dei termini (decadenza) oppure in caso di acquiescenza, allorché l'interessato compia atti positivi o negativi incompatibili con la volontà di proporre il ricorso medesimo. Comunque la decisione deve essere comunicata sia al ricorrente che ai controinteressati e all'autorità che ha emanato l'atto impugnato. Il procedimento introdotto con il ricorso amministrativo può poi estinguersi per:  rinuncia al ricorso;  cessazione della materia del contendere (allorché viene meno l'atto impugnato);  sopravvenuta carenza di interesse. 12.3 La tutela in sede giurisdizionale amministrativa 12.3.1 Il sistema di giurisdizione amministrativa Il sistema di giurisdizione amministrativa si caratterizza per essere bipartito. Abbiamo:  Art. 24 Cost. prevede l'azionabilità delle situazioni giuridiche soggettive dei privati nei confronti della Pubblica Amministrazione, senza alcuna esenzione («Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi»).  Art. 103 Cost. conferma l'avvenuta costituzionalizzazione del sistema della doppia giurisdizione, assegnando al giudice amministrativo la generale giurisdizione di Legittimità.  Art. 113 Cost. consacra la generale ammissibilità della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della P.A.. 12.3.2 Il Codice del processo amministrativo e gli organi di giustizia amministrativa D.Lgs. 2-7-2010, n. 104, in attuazione dell'art. 44 L. 69/2009, è stato approvato il Codice del processo amministrativo (CPA): Capo II (artt. 4-6) individua gli organi della giurisdizione amministrativa e cioè i Tribunali amministrativi regionali (TAR) ed il Consiglio di Stato, precisando che i primi sono organi di giurisdizione amministrativa di primo grado, come pure il Tribunale di giustizia amministrativa per la regione autonoma del Trentino Alto Adige (TRGA). 12.3.3 La giurisdizione del giudice amministrativo Art. 7 D.Lgs. 104/2010, possono radicarsi in capo al giudice amministrativo 3 diverse tipologie di giurisdizione:  la giurisdizione generale di legittimità, incluse quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma;  la giurisdizione esclusiva, assegnata al giudice amministrativo nelle particolari materie di legge e nell'ambito della quale è consentito, a questo stesso giudice, di conoscere in tale sede anche di diritti soggettivi, ai sensi dell'art. 103 Cost.;  la giurisdizione di merito, si traduce nell'attribuzione al giudice di un potere istruttorio e decisorio che va oltre il limite del mero riscontro della legittimità dell'atto e ne consente un pieno sindacato di merito. L'ipotesi più importante di giurisdizione di merito è quella del cosiddetto giudizio di ottemperanza (promosso con ricorso), volto a ottenere che l'Autorità amministrativa si conformi al giudicato dei tribunali (ordinari o amministrativi) che abbiano riconosciuto la lesione di un interesse giuridicamente protetto. Il ricorso al giudice amministrativo deve contenere:  gli elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e delle parti nei cui confronti il ricorso è proposto;  l'indicazione dell'oggetto della domanda, ivi compreso l'atto o il provvedimento impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua conoscenza;  l'esposizione sommaria dei fatti, i motivi specifici su cui si fonda il ricorso, l'indicazione dei mezzi di prova e dei provvedimenti chiesti al giudice;  la sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, della procura speciale. Qualora sia proposta azione di annullamento, il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il termine previsto dalla legge. Qualora sia proposta azione di condanna, anche in via autonoma, il ricorso è notificato altresì agli eventuali beneficiari dell'atto illegittimo, ai sensi dell'art. 102 c.p.c. Va detto inoltre che il termine per la notificazione del ricorso è aumentato di 30 giorni, se le parti o alcune di esse risiedono in altro Stato europeo, o di 90 giorni se risiedono fuori dal territorio europeo. La decisione definitiva sul ricorso è adottata con sentenza e le sentenze dei TAR sono appellabili al Consiglio di Stato; contro di esse sono peraltro esperibili i rimedi impugnatori previsti dal codice di procedura civile (revocazione, opposizione di terzo, ricorso per Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione). 12.3.4 La class action nei confronti delle Amministrazioni pubbliche indicare una formula organizzativa a valenza politica, in base alla quale il potere è costituzionalmente diviso fra un'autorità governativa centrale e delle unità politiche di sottogoverno, il cui insieme viene chiamato appunto «federazione». Va detto che i due distinti livelli di governo sono indipendenti fra di loro. CAPITOLO 2: LE FONTI NORMATIVE 2.1 I Precetti della Costituzione repubblicana La Costituzione dedica alle autonomie territoriali l'intero Titolo V della Parte II (artt. 114-133), modificato dalla L. cost. 18-10-2001, n. 3, alla quale la L. 5-6-2003, n. 131 (cosiddetta legge La Loggia) ha adeguato l'ordinamento della Repubblica. Analizziamo:  L. cost. 3/2001 ha dato attuazione all'art. 5 della Carta costituzionale, che riconosce e promuove mie locali quali enti esponenziali preesistenti alla formazione della Repubblica. In particolare:  è affermata la pari dignità istituzionale degli enti che costituiscono la Repubblica (art. 114 Cost.) Qui l'art. 114 indica che la Repubblica è costituita da un complesso di strutture paritetiche, senza distinzione fra livelli gerarchici, ossia Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato (Stato- persona). Esso, inoltre, prevede il riconoscimento costituzionale della funzione di capitale della Repubblica per la città di Roma;  gli enti locali sono dotati di autonomia costituzionalmente riconosciuta (artt. 114 e 119 Cost.);  le funzioni amministrative sono distribuite ai diversi livelli di governo secondo in principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione;  l'ordinamento degli enti locali è disciplinato dalla legge dello Stato soltanto per gli aspetti relativi agli organi di governo, alle funzioni fondamentali e alla legislazione elettorale (art. 117, co. 2, lett. p);  è istituito il Consiglio delle autonomie locali (CAL) come organo regionale necessario (art. 123 Cost.);  sono aboliti i controlli sugli atti degli enti locali;  sono costituzionalizzate le Città metropolitane.  Art. 119, co. 1: evidenzia un'estensione del riconoscimento dell'autonomia finanziaria dall'ambito regionale a quello di Comuni, Province e Città metropolitane.  Art.119 co. 2: gli enti dispongono di risorse autonome, stabiliscano e applichino tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e «secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», vale a dire in base a materie che l'art. 117, co. 3, inserisce fra quelle demandate alla legislazione regionale concorrente. Pertanto, mentre allo Stato resta la fissazione dei principi fondamentali di indirizzo, attraverso leggi «quadro», per le Regioni l'iniziativa legislativa sembra riferibile ai rapporti fra finanza regionale e finanza locale. 2.2. La normativa ordinaria dello Stato  L. 8-8-1990, n. 142 è stata la prima a dettare una disciplina organica ed è stata innovativa dell'ordinamento degli enti locali, il D.Lgs. 18-8-2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) e ha operato una risistemazione compiuta della legislazione sugli enti locali.  L. 7-4-2014, n. 56, recante Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni (cosiddetta legge Delrio), modificando il D.Lgs. 267/2000, ha riformato l'ordinamento di Città metropolitane e Province, trasformandoli in enti a rappresentanza indiretta. 2.3 Gli statuti 2.3.1 La potestà statutaria degli enti subregionali L'autonomia statutaria degli enti locali trova consacrazione normativa: > nell'art. 114, co. 2, Cost., ai sensi del quale Comuni, Province e Città metropolitane sono riconosciuti quali enti autonomi dotati di propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione; > nell'art. 6 del D.Lgs. 267/2000, il quale prevede che i Comuni e le Province adottino il proprio statuto e che questo stabilisca, nell'ambito dei principi fissati dalla legge, le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente (co. 2).  Art. 1, co. 3, D.Lgs. 267/2000 demanda alla legislazione il compito di enunciare «i principi che costituiscono limite inderogabile per la loro autonomia normativa».  Art. 4 L. 131/2003: la potestà statutaria degli enti locali è sottoposta a tre limiti: > rispetto della Costituzione; > rispetto dei principi generali in materia di organizzazione pubblica; > rispetto di quanto stabilito in attuazione dell'art. 117, co. 2, lett. p), che prevede una competenza esclusiva del legislatore statale in materia di legislazione elettorale, di organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.  Art. 6, co. 2, D.Lgs. 267/2000, lo statuto deve: > specificare le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio; > stabilire i criteri generali in materia di organizzazione dell'ente, le forme di collaborazione fra Comuni e Province, della partecipazione popolare, del decentramento, dell'accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone e quanto ulteriormente previsto dalla legge.  Art. 4, co. 2, L. 131/2003: affida allo statuto degli enti territoriali minori la determinazione dei principi di organizzazione e funzionamento, delle forme di controllo, anche sostitutivo, delle garanzie delle minoranze e delle forme di partecipazione popolare. Va detto che in base a quanto detto, vengono classificati anche gli statuti subregionali come atti formalmente amministrativi, ma sostanzialmente normativi, sia pure con specifiche caratteristiche di atipicità, di rango paraprimario o subprimario. Gli statuti degli enti locali si pongono in posizione sovraordinata rispetto alle fonti secondarie e in posizione subordinata alle leggi ordinarie. 2.3.2 Il contenuto obbligatorio e facoltativo dello statuto Nello statuto di ciascun ente locale va distinto un contenuto obbligatorio (generale o speciale) e uno facoltativo (generale o speciale). Analizziamo: 1) Contenuto obbligatorio è quello che non deve mancare nel programma di disciplina dello statuto, pena la sua illegittimità. Trattasi in particolare delle seguenti materie: > affari istituzionali (definizione e gestione di stemma e gonfalone); > competenze e funzionamento degli organi; > controlli interni; > forme di collaborazione fra Comuni e Province; > forme di decentramento (circoscrizioni); > organizzazione degli uffici di dirigenza; > partecipazione; > servizi pubblici locali; > tributi. Con specifico riferimento alle Città metropolitane, l'art. 1, co. 10, L. 56/2014 afferma che il loro statuto deve riportare le norme fondamentali dell’organizzabile dell'ente, qui il contenuto obbligatorio si definisce speciale quando deve essere rispettato, pena la nullità dello statuto, soltanto da alcune tipologie di enti locali. Si pensi poi ai Comuni con popolazione superiore o inferiore ad una data soglia, superiore a 100.000 abitanti, dovranno disciplinare l'organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni ed il sistema di elezione dei relativi organi. 2) Contenuto facoltativo Nel contenuto facoltativo le materie che la legge consente soltanto agli enti locali rientranti in una certa tipologia di disciplinare costituiscono il contenuto facoltativo speciale. Un esempio ne sono i Comuni con popolazione fra i 100 mila e i 250 mila abitanti che possono articolare il territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, rispettando il vincolo di una popolazione media non inferiore a 30 mila abitanti. 2.3.3 L'approvazione dello statuto e la sua pubblicazione Analizziamo:  Art. 6, co. 4, TUEL, riservato ai comuni, l'approvazione al Consiglio comunale, che deve seguire un particolare procedimento aggravato. Lo statuto, infatti, deve essere deliberato dal Consiglio con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati all'ente. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro 30 giorni e lo statuto è approvato se ottiene per 2 volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati.  Art. 1, co. 55, L. 56/2014, riservato alle province, stabilisce che è compito dell'Assemblea dei Sindaci adottare e respingere lo statuto proposto dal Consiglio provinciale e le sue successive modificazioni, con i voti che rappresentino almeno un terzo dei Comuni compresi nella Provincia e la maggioranza della popolazione complessivamente residente.  Art. 32 L. 69/2009, ha di sposto che, dal 1° gennaio 2011, le Pubbliche Amministrazioni hanno l'obbligo di pubblicare i propri atti con effetti di pubblicità legale sui rispettivi siti informatici (albo pretorio online). 2.4 I regolamenti degli enti locali 2.4.1 Il fondamento e i limiti della potestà regolamentare Accanto all'autonomia legislativa la Costituzione riconosce agli enti locali quella regolamentare ( definita potestà regolamentare dall'art. 117, co. 6, Cost e tale potestà è conferita anche agli enti territoriali minori in materia di organizzazione e di svolgimento delle funzioni). Qui il principio di sussidiarietà se da un lato ha segnato il superamento del principio gerarchico, dall'altro lato ha dato luogo al principio della cedevolezza, che determina un rafforzamento del potere normativo locale. 2.4.2 I regolamenti degli enti locali nella gerarchia delle fonti Regolamenti degli enti locali: sono considerati fonti secondarie, in quanto esplicazione concreta del potere normativo conferito dal legislatore a tali Amministrazioni periferiche. Se prima della riforma costituzionale del 2001 gli enti locali esprimevano, le loro scelte entro i margini delineati dalla legislazione statale e regionale, nel sistema successivo alla revisione costituzionale si è configurata una nuova e più accresciuta autonomia regolamentare locale, che ha segnato il passaggio dal principio di gerarchia delle fonti a quello di competenza (art. 5 della L. 142/1990, poi recepita dal D.Lgs. 267/2000).  quelle proprie dello Stato e da questo attribuite ai Comuni (nello specifico ai Sindaci nella loro veste di ufficiali di governo), concernenti i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica (funzioni conferite: art. 14 TUEL).  Art. 117, co. 2, lett. p, Cost., la legislazione elettorale, la disciplina degli organi di governo e delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane sono materie di legislazione esclusiva dello Stato. 3.2.2 Le funzioni fondamentali  Art. 21, co. 3, L. 42/2009 riporta un elenco di funzioni che i Comuni dovevano esercitare. Nel 2010 è stato approvato un nuovo provvedimento (il D.L. 78/2010, conv. in L. 122/2010) che in seguito alle modifiche introdotte con il D.L. 95/2012, conv. in L. 135/2012, indica in modo dettagliato le funzioni fondamentali che devono essere esercitate da tali enti.  Art. 14, co. 27, D.L. 78/2010 (come modificato nel 2012) sono da considerare funzioni fondamentali dei Comuni le seguenti attività: a) l'organizzazione generale dell'amministrazione, la gestione finanziaria e contabile e il controllo; b) l'organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale; c) il catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente; d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale, la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale; e) l'attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi; f) l'organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi; g) la progettazione e la gestione del sistema locale dei servizi sociali e l'erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall'articolo 118, co. 4, Cost.; h) l'edilizia scolastica per la parte non attribuita alla competenza delle Province, l'organizzazione e la gestione dei servizi scolastici; i) la polizia municipale e la polizia amministrativa locale; 1) la tenuta dei registri di stato civile e di popolazione ei compiti in materia di servizi anagrafici, materia di servizi elettorali, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale; L-bis) i servizi in materia statistica. 3.3 Gli organi di governo del Comune L'assetto istituzionale del Comune si struttura sulla base di 2 organi collegiali (il Consiglio e la Giunta) e di un organo monocratico (il Sindaco). 3-4 II Consiglio comunale 3.4.1 Le competenze Consiglio comunale: esprime l'indirizzo e il controllo politico-amministrativo sull'attività dell'ente (art. 42, co. 1, TUEL) e può verificare lo stato di attuazione degli interventi (art. 43, co. 1 e 2, TUEL). Esso è eletto direttamente dai cittadini in concomitanza con l'elezione del Sindaco ed è l'organo rappresentativo della volontà politica popolare. Le competenze attribuite al Consiglio sono indicate nel dettaglio dall'art. 42, co. 2, TUEL. Va detto poi che le competenze del Consiglio sono inderogabili ed esclusive. Non possono essere svolte da altri organi, tranne quelle attinenti alle variazioni di bilancio, che possono essere adottate dalla Giunta a condizione che siano ratificate entro 60 giorni dal Consiglio, a pena di decadenza (art. 42, co. 4, TUEL). 3.4.2 La composizione Quando parliamo di numero di consiglieri comunali per ogni comune, facciamo riferimento a dati ben stabiliti, vi è dunque l'obbligo di tenere sedute pubbliche, salvi i casi previsti dal regolamento. Abbiamo: • Comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti = 10 consiglieri • Comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 10.000 abitanti = 12 consiglieri • Comuni con popolazione superiore a 10.000 e fino a 30.000 abitanti = 16 consiglieri • Comuni con popolazione superiore a 30.000 e fino a 100.000 abitanti = 24 consiglieri • Comuni con popolazione superiore a 100.000 e fino a 250.000 abitanti (o che, pur avendo popolazione inferiore, sono capoluoghi di Provincia) = 32 consiglieri • Comuni con popolazione superiore a 250.000 e fino a 500.000 abitanti = 36 consiglieri • Comuni con popolazione superiore a 500.000 e fino a 1.000.000 di abitanti = 40 consiglieri • Comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti = 48 consiglieri Va detto però che nella Regione Sardegna è prevista una diversa suddivisione di numero di consiglieri in base agli abitanti per comune. Inoltre sempre il Sindaco non rientra nel numero dei consiglieri ma si aggiunge ai componenti dell’ organo. 3.4-3 Il regolamento consiliare Art. 38 TUEL: il funzionamento del Consiglio, è disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta. Contenuti dell'atto regolamentare sono indicati dal Testo unico, che impone di disciplinare:  le modalità per la convocazione e quelle per la presentazione e la discussione delle proposte;  il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno 1/3 dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il Sindaco;  le modalità di gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti (art. 38, co. 3);  i poteri delle commissioni e la disciplina dell'organizzazione e delle forme di pubblicità dei lavori. 3.4.4 Il funzionamento Quando parliamo di funzionamento dell'organo consiliare, facciamo riferimento alle disposizioni che sono quelle riferite:  alla durata in carica, fissata in 5 anni (art. 51) e che cessa con l'elezione dei nuovi Consigli. Qui il Sindaco, o gli assessori delegati, rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri, il tutto secondo modalità disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare;  all'obbligo di tenere sedute pubbliche, salvi i casi previsti dal regolamento (l'obbligo vale anche per le commissioni). Nei Comuni con popolazioni fino a 15.000 abitanti le sedute si tengono preferibilmente in un arco temporale non coincidente con l'orario di lavoro dei partecipanti (art. 38, co. 7);  all'obbligo di esporre all'esterno la bandiera italiana ed europea (art. 38, co. 9);  all'obbligo di convocare la prima seduta entro il termine perentorio di 10 giorni dalla proclamazione, da tenersi entro il termine perentorio di 10 giorni dalla convocazione (art. 40). 3.4.5 IL Presidente Art. 39 TUEL: I Consigli dei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono presieduti da un Presidente eletto fra i consiglieri nella prima seduta; a costui sono attribuiti, fra gli altri, i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività del Consiglio. Quando lo statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di Presidente del Consiglio sono esercitate dal consigliere anziano. Nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, lo statuto può anche non prevedere la figura del Presidente del Consiglio e in tal caso l'organo è presieduto dal Sindaco. Va detto che qualora lo si richieda da 1/5 dei consiglieri o il Sindaco, sì è tenuti a riunire il Consiglio, in un termine non superiore a 20 giorni, inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste (art. 39, co. 2). 3.4.6 I consiglieri Può essere eletto alla carica di consigliere comunale qualunque cittadino italiano o di Stati appartenenti all'Unione europea (D.Lgs. 197/1996) che abbia compiuto il diciottesimo anno di età nel primo giorno fissato per la votazione (art. 55 TUEL); non è necessaria la residenza nel Comune nel quale ci si candida. I consiglieri entrano in carica all'atto della proclamazione ovvero, non appena adottata dal Consiglio la relativa deliberazione e hanno, ai sensi dell'art. 43 TUEL, diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del Consiglio e hanno diritto di ottenere dagli uffici del Comune, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato, in più, essi sono tenuti al segreto nei casi determinati dalla legge. Va esplicato che il Sindaco o gli assessori delegati, rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri. I consiglieri possono avere cessazione del mandato per:  dimissioni (art. 38, co. 8, TUEL);  decadenza (art. 43, co. 4, TUEL). E inoltre ai consiglieri si applicano gli istituti della rimozione (cessazione definitiva dalla carica) e della sospensione (cessazione temporanea dalla carica). In entrambe le ipotesi occorre procedere alla sostituzione del consigliere assente, applicando gli istituti:  della surrogazione, quando è necessario procedere alla definitiva sostituzione del consigliere (art. 45, co. 1, TUEL);  della supplenza, quando è necessario procedere alla' temporanea sostituzione del consigliere (art. 45, co. 2). 3.4.7 Commissioni e gruppi consiliari  Art. 38, co. 6, TUEL: Quando lo statuto lo preveda, il Consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Spetta al regolamento determinare i poteri delle commissioni e disciplinarne l'organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori.  Art. 44 TUEL: Lo statuto prevede le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze attribuendo alle opposizioni la presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite. Qui si afferma inoltre che il Consiglio, a maggioranza assoluta dei propri membri, ha facoltà di istituire al proprio interno commissioni di indagine sull'attività dell'amministrazione; i relativi poteri, composizione e funzionamento sono disciplinati dallo statuto e nel suo ambito dal regolamento consiliare.  Art. 38, co. 2, TUEL: I Consigli disciplinino la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti.  Art. 125 TUEL: Le deliberazioni adottate dalla Giunta siano trasmesse in elenco ai capigruppo consiliari e i relativi testi sono messi a disposizione dei consiglieri nelle forme stabilite dallo statuto o dal regolamento. 3.4.8 Scioglimento e sospensione del Consiglio > all'emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica; > allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza di polizia giudiziaria; > alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone preventivamente il Prefetto. Il Sindaco, inoltre: > nell'esercizio delle funzioni sopra citate, concorre ad assicurare la cooperazione della polizia locale con le forze di polizia statali; > sovrintende alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica, anche con delega al presidente del Consiglio circoscrizionale o in sua mancanza, ad un consigliere comunale; > adotta con atto motivato provvedimenti, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana.  Art. 54, Se i provvedimenti adottati dai Sindaci comportano conseguenze sull'ordinata convivenza delle popolazioni dei Comuni contigui o limitrofi, il Prefetto indice un'apposita conferenza alla quale prendono parte i Sindaci interessati, il Presidente della Provincia e qualora ritenuto opportuno, soggetti pubblici e privati dell'ambito territoriale interessato dall'intervento. Va detto inoltre che il Sindaco deve segnalare alle competenti autorità, giudiziaria o di pubblica sicurezza, la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, per l'eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato. 3.5.5 Il potere di ordinanza del Sindaco  Artt. 50 e 54 TUEL attribuiscono al Sindaco (o al Vicesindaco, in caso di sostituzione) un ampio potere di emanare ordinanze per la gestione di emergenze locali. Le due disposizioni differiscono sotto i seguenti aspetti: > art. 50 si fa riferimento alla sanità e l'igiene pubblica e le attribuzioni del Sindaco derivano dall'esercizio delle sue funzioni come vertice dell'Amministrazione comunale; > art. 54 si fa riferimento a tutte quelle situazioni in cui sia necessario tutelare l'incolumità e garantire la sicurezza dei cittadini.  Ordinanze ex art. 50, co. 5, D.Lgs. 267/2000 il Sindaco può adottare ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie o di igiene anche per superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità.  Ordinanza non contingibile e urgente il Sindaco può intervenire (art. 50, co. 7-bis, D.Lgs. 267/2000) al fine di assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti nonché dell'ambiente e del patrimonio culturale. L'inosservanza delle ordinanze è sanzionata con pene pecuniarie e ancor più gravemente (sospensione dell'attività per un massimo di 15 giorni) in caso di recidiva. Con riguardo, invece, alle ordinanze ex art. 54 D.Lgs. 267/2000, si specifica che:  quelle concernenti l'incolumità pubblica sono dirette a tutelare l'integrità fisica della popolazione;  quelle concernenti la sicurezza urbana sono dirette a prevenire e contrastare l'insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti.  Co., 9 dell'art. 54: spetta all'autorità prefettizia disporre le misure adeguate per assicurare il concorso delle forze di polizia per eseguire le ordinanze. Se l'ordinanza è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il Sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui siano incorsi. 3.5.6 Vicende della carica  Art. 46 TUEL: il Sindaco è eletto dai cittadini a suffragio universale e diretto secondo le disposizioni dettate dalla legge ed è membro del Consiglio comunale. Il Sindaco nomina i componenti della Giunta, fra cui un Vicesindaco, dandone comunicazione al Consiglio nella prima seduta successiva all'elezione. Il Sindaco, così come il Consiglio, dura in carica per un periodo di 5 anni.  Art. 1, co. 188, L. 56/2014: le disposizioni riguardante il limite del doppio mandato non si applicano ai Comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti. Il Sindaco cessa dalla carica in tutte le ipotesi di scioglimento del Consiglio comunale. Esistono, tuttavia delle cause di decadenza dalla carica legate direttamente alla figura del Sindaco:  impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso (art. 53, co. 2);  dimissioni;  approvazione di una mozione di sfiducia da parte del Consiglio. 3.6 La Giunta 3.6.1 Le competenze Giunta: è un organo collegiale e ha una competenza di carattere residuale. L'art. 48 TUEL, infatti, le attribuisce il compito di adottare tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo. La Giunta:  collabora con il Sindaco nel governo del Comune e nell'attuazione degli indirizzi generali del Consiglio;  riferisce annualmente al Consiglio sulla propria attività e svolge azioni propositive e di impulso nei confronti dello stesso;  adotta i regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal Consiglio. 3.6.2 La composizione Art. 46 TUEL: La nomina dei componenti della Giunta, fra cui un Vicepresidente, spetta al Sindaco, il quale deve darne comunicazione al Consiglio nella prima seduta successiva all'elezione. Giunta: formata dal Sindaco e da un numero di assessori. L'attuale composizione della Giunta comunale è quella riportata da:  Comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti= 2 assessori  Comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 10.000 abitanti= 4 assessori  Comuni con popolazione superiore a 10.000 e fino a 30.000 abitanti = 5 assessori  Comuni con popolazione superiore a 30.000 e fino a 100.000 abitanti = 7 assessori  Comuni con popolazione superiore a 100.000 e fino a 250.000 abitanti (o che, pur avendo popolazione inferiore, sono capoluoghi di Provincia) = 9 assessori  Comuni con popolazione superiore a 250.000 e fino a 500.000 abitanti = 10 assessori  Comuni con popolazione superiore a 500.000 e fino a 1.000.000 di abitanti= 11 assessori  Comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti = 12 assessori Va detto poi che non possono far parte della Giunta, né essere nominati rappresentanti del Comune, il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e gli affini entro il terzo grado del Sindaco (art. 64, co. 4). 3.6.3 La rappresentanza di genere  Art.6, co3: Il TUEL prevede che gli statuti comunali stabiliscano norme per assicurare pari opportunità fra uomo e donna nelle Giunte.  Art.46, co2: Nel rispetto del principio di pari opportunità, il Sindaco nomina i componenti della Giunta garantendo l’uguaglianza. Va detto inoltre che:  nelle Giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico (art. 1, co. 137, L. 56/2014);  per le Giunte dei Comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti non sono fissati limiti precisi, ma solo disposizioni di principio. 3.6.4 Il Vicesindaco Vicesindaco: figura introdotta dall'art. 16, co. 2, L. 81/1993, che è un delegato che sostituisce il Sindaco in caso di bisogno (ex art. 67, co. 1, R.D. 297/1911). Il Vicesindaco è chiamato dalla legge (art. 53, co. 1 e 2, TUEL) a svolgere le funzioni vicarie in una serie di ipotesi che sia la dottrina che lo stesso Consiglio di Stato tiene distinte fra loro. Abbiamo del vicesindaco 2 tipi di sostituzione:  la supplenza temporanea, in tutte le ipotesi in cui il Sindaco può rientrare in carica al cessare dei motivi che hanno determinato la sospensione o il momentaneo impedimento. Essa si verifica quando il titolare della carica si ritrova in una delle seguenti condizioni: • seppure presente è occupato nell'esercizio di altre funzioni d’istituto (impedimento temporaneo materiale) o versi in una situazione di astensione obbligatoria nei confronti di un atto (impedimento temporaneo giuridico); • è materialmente assente per una qualsiasi ragione (es. ammalato, in ferie ecc.); • è sospeso dalle funzioni ai sensi dell'art. 59;  la reggenza continuativa, che comporta la sostituzione non temporanea nello svolgimento delle funzioni del Sindaco. 3.6.5 Status degli assessori  Art. 47 TUEL stabilisce i compiti della Giunta. La Giunta è un organo collegiale e la responsabilità delle decisioni adottate è, di fatto, anch'essa collegiale, indipendentemente dalle competenze di ciascun assessore. Quando parliamo di assessori possiamo dire che la nomina e la revoca, sono atti propri del Sindaco e sono altamente discrezionali, sottoposti all'unica formalità della mera comunicazione al Consiglio.  Art. 46, co. 4, TUEL: il Sindaco può revocare uno o più assessori dandone motivata comunicazione al Consiglio; a differenza della nomina, che va semplicemente comunicata, la revoca deve essere motivata. 3.7 La legge sui piccoli Comuni  L. 6-11-2017, n. 158: misure economiche per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli Comuni, nonché per la riqualificazione, il recupero dei relativi centri storici. Scopo della normativa è: > favorire lo sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei piccoli Comuni; > promuovere l'equilibrio demografico del Paese, favorendo la residenza in tali Comuni, > tutelare e valorizzare il loro patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico. Dunque, tutto viene fatto per la non crisi, ad esempio: 4.3 Gli organi di governo 4.3.1 L'assetto istituzionale della Provincia dopo la riforma Delrio Con la riforma Delrio del 2014 l'assetto istituzionale della Provincia, è mutato radicalmente, sia per quanto riguarda la composizione (con la scomparsa della Giunta provinciale) sia sotto il profilo delle modalità di elezione, ora tutte di secondo grado. Gli attuali organi di governo della Provincia sono:  il Consiglio provinciale;  il Presidente della Provincia,  l'Assemblea dei Sindaci. 4.3.2 Il Consiglio provinciale Consiglio provinciale: è l'organo collegiale rappresentativo con funzioni di indirizzo e controllo politico- amministrativo nella Provincia. Qui il Consiglio propone all'Assemblea dei Sindaci lo statuto, approva i regolamenti, i piani, i programmi, approva o adotta ogni altro atto sottopostogli dal Presidente della Provincia ed esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Il Consiglio provinciale (art. 1, commi 67 e 68, L. 56/2014) dura in carica 2 anni ed è composto dal Presidente della Provincia e: > da 16 componenti nelle Province con popolazione superiore a 700.000 abitanti; > da 12 componenti nelle Province con popolazione da 300.000 a 700.000 abitanti; > da 10 componenti nelle Province con popolazione fino a 300.000 abitanti. 4.3.3 Il Presidente della Provincia Presidente della Provincia: rappresenta l'ente, convoca e presiede il Consiglio provinciale e l'Assemblea dei Sindaci, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti ed esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Il presidente della provincia è eletto dai Sindaci e dai consiglieri dei Comuni della Provincia e dura in carica 4 anni (art. 1, co. 58 e 59, L. 56/2014). II Presidente della Provincia può nominare un Vicepresidente, scelto fra i consiglieri provinciali, stabilendo le eventuali funzioni a lui delegate e dandone immediata comunicazione al Consiglio. Il Vicepresidente esercita le funzioni del Presidente in ogni caso in cui questi ne sia impedito. Va detto inoltre che la carica di Presidente della Provincia può essere ricoperta solo da un soggetto che esercita già le funzioni di Sindaco, le ipotesi previste per la cessazione della carica di Sindaco (dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso) sono valide anche per le vicende relative alla carica di Presidente provinciale. 4.3.4 L'Assemblea dei Sindaci Assemblea dei sindaci: è un organo istituito con la legge Delrio e che sostituisce la Giunta provinciale, seppur con minori poteri operativi.  Art. 1, co. 55 e 56, L. 56/2014: l'Assemblea è costituita dai Sindaci dei Comuni appartenenti all'ente provinciale, convocata dal Presidente della Provincia che svolge le funzioni di Presidente dell'organo. L’assemblea dei sindaci ha poteri propositivi, consultivi e di controllo secondo quanto disposto dallo statuto. L'Assemblea, inoltre, adotta o respinge lo statuto proposto dal Consiglio e le sue successive modificazioni con i voti che rappresentino almeno un terzo dei Comuni compresi nella Provincia e la maggioranza della popolazione complessivamente residente. 4.4 Il decentramento provinciale: circoscrizioni e circondari Parlando del decentramento provinciale, facciamo riferimento che con legge finanziaria 2010 (art. 2, co. 185-bis, L. 191/2009, nel testo modificato dal D.L. 2/2010), sono state soppresse le articolazioni del territorio provinciale (che assumevano la denominazione di circondari o circoscrizioni provinciali), previste dall'art. 21, co. 1e 2, TUEL. CAPITOLO 5: LA CITTA' METROPOLITANA E ROMA CAPITALE 5.1 La nozione di Città metropolitana  Art. 1, co. 2, L. 56/2014: Mette le Città metropolitane, al pari delle Province, come enti territoriali di area vasta. Funzioni città metropolitane:  cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano,  promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della Città metropolitana,  cura delle relazioni istituzionali.  L. 56/2014: disciplina le Città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria e in più anche Roma ha delle regole ben stabilite. Alle 10 città metropolitane individuate con legge nazionale si affiancano quelle indicate dalle Regioni a statuto speciale (per il momento Cagliari, Catania, Messina, Palermo). Va evidenziato che dal 1° gennaio 2015 le Città metropolitane sono subentrate alle omonime Province, succedendo in tutti i loro rapporti attivi e passivi ed esercitandone le funzioni. 5.2 Le funzioni fondamentali, ereditate e conferite Funzioni delle città metropolitane (art. 1, co. 14-46, L. 56/2014) distinguiamo fra:  funzioni fondamentali afferenti alla pianificazione strategica e alla pianificazione territoriale generale, alla regolazione dei servizi pubblici, alla mobilità e viabilità, alla promozione dello sviluppo economico e sociale e alla promozione dei sistemi di informatizzazione in ambito metropolitano (art. 1, co. 44, L. 56/2014);  funzioni ereditate dalle Province. Sono attribuite alle Città metropolitane le funzioni fondamentali già spettanti all'ente provinciale;  funzioni conferite dallo Stato e dalle Regioni, in attuazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (art. 118, co. 1, Cost.). 5.3 Gli organi di governo 5.3.1 L'assetto istituzionale della Città metropolitana  Art. 1, co. 7, L. 56/2014 individua organi di governo, quali: > il Consiglio metropolitano; > il Sindaco metropolitano, > la Conferenza metropolitana. Le funzioni degli organi sono svolte a titolo gratuito, in quanto gli stessi sono composti da persone che già ricoprono un ruolo istituzionale nelle amministrazioni comunali (consiglieri e Sindaci). 5.3.2 Il Consiglio metropolitano Art. 1, co. 20, 1.. 56/2014 parla della composizione del Consiglio metropolitano (organo di indirizzo e controllo della Città metropolitana), abbiamo: • Città metropolitane con popolazione residente superiore a 3 milioni di abitanti = 24 consiglieri (+ Sindaco metropolitano) • Città metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 e inferiore o pari a 3 milioni = 18 consiglieri (+Sindaco metropolitano) di abitanti • Città metropolitane con popolazione residente inferiore a 800.000 abitanti= 14 consiglieri (+Sindaco metropolitano) Il Consiglio metropolitano esercita poi delle attribuzioni (art. 1, co. 8, L. 56/2014):  propone alla Conferenza metropolitana lo statuto e le sue modifiche;  approva regolamenti, piani e programmi,  approva o adotta ogni altro atto sottopostogli dal Sindaco metropolitano;  esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto;  adotta, su proposta del Sindaco metropolitano, gli schemi di bilancio da sottoporre al parere della Conferenza Metropolitana, sulla cui base approva in via definitiva i bilanci dell'ente. Va detto che il Consiglio metropolitano dura in carica 5 anni, è eletto dai sindaci, dai consiglieri comunali dei Comuni della Città metropolitana, secondo un sistema elettorale basato sulla ponderazione dei voti. In caso di rinnovo del Consiglio del Comune capoluogo, si procede a nuove elezioni del Consiglio metropolitano centro 60 giorni dalla proclamazione del Sindaco del Comune capoluogo. Lo statuto può prevedere l'elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano, con il sistema elettorale che sarà determinato con legge statale. 5.3-3 Il Sindaco metropolitano Sindaco metropolitano: rappresenta la Città metropolitana, convoca e presiede il Consiglio metropolitano e la Conferenza metropolitana, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Il Sindaco metropolitano: > può nominare un Vice Sindaco, fra i consiglieri metropolitani, stabilendo le funzioni e dandone immediata comunicazione al Consiglio; > può assegnare deleghe a consiglieri metropolitani, secondo le modalità e nei limiti stabiliti dallo statuto. Il Sindaco ha, inoltre, il potere di proporre lo schema di bilancio, che viene approvato dal Consiglio. Art. 1, co. 40, L. 56/2014: «qualora il Sindaco metropolitano cessi dalla carica per cessazione dalla titolarità dell'incarico di Sindaco del proprio Comune, il Vice Sindaco rimane in carica fino all'insediamento del nuovo Sindaco metropolitano». 5-3-4 La Conferenza metropolitana Conferenza metropolitana: è un organo collegiale con poteri propositivi e consultivi, essa adotta o respinge lo statuto e le sue modifiche proposti dal Consiglio metropolitano con i voti che rappresentino almeno un terzo dei Comuni compresi nella Città metropolitana e la maggioranza della popolazione complessivamente residente. Conferenza metropolitana composta da: 1) Sindaco metropolitano, che la convoca e la presiede; 2) dai Sindaci dei Comuni appartenenti alla Città metropolitana. 5.4 Lo status di Roma capitale 5.4.1 Individuazione e fondamento costituzionale  Riformulazione Art. 114 Cost. (Giugno 2001) vi è il riconoscimento costituzionale dello status specifico di Roma come capitale della Repubblica. Qui parliamo di una riserva di legge assoluta. 5.4.2 La disciplina legislativa ordinaria  Art.24 L.42/2009 riporta la disciplina legislativa ordinaria che ha dettato le disposizioni per l'ordinamento transitorio, anche finanziario, di Roma capitale. La norma specifica che Roma la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati; b) condanne definitive per i delitti distrettuali (consumati o tentati); c) condanna definitiva per alcuni delitti, sia dei pubblici ufficiali che dei privati, contro la Pubblica Amministrazione; d) condanna con sentenza definitiva alla pena della reclusione superiore a 6 mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera c); e) condanna con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a 2 anni di reclusione per delitto non colposo; f) applicazione da parte del Tribunale, con provvedimento definitivo, di una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni similari. 6.4 L'ineleggibilità e l'incompatibilità 6.4.1 Ineleggibilità Ineleggibilità: è la condizione di chi, a causa della posizione occupata o dell'incari- co ricoperto incorre in un impedimento giuridico che non gli consente di essere eletto. TUEL all'art. 60 individua i soggetti in condizione di ineleggibilità alle cariche di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale e circoscrizionale: 1. il Capo della polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero dell'Interno, i dipendenti civili dello Stato che svolgono le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori; 2. nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i Prefetti della Repubblica, i vice Prefetti ei funzionari di pubblica sicurezza; 3. nel territorio nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle forze armate dello Stato (art. 1487 D.Lgs. 66/2010); 4. nel territorio nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici e i ministri di culto, che hanno giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci; 5. i titolari di organi individuali e i componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo istituzionale sull'amministrazione del Comune o della Provincia nonché i dipendenti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici; 6. nel territorio nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle Corti di Appello, ai Tribunali, ai Tribunali amministrativi regionali, nonché i Giudici di pace; 7. i dipendenti del Comune per il Consiglio; 8. il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, 9. i legali rappresentanti e i dirigenti delle strutture convenzionate (ai sensi degli artt. 43- 44 L. 833/1978) per i Consigli del Comune il cui territorio coincide con il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero dei Comuni che concorrono a costituire l'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate; 10.i legali rappresentanti e i dirigenti delle società per azioni con capitale superiore al 50% rispettivamente del Comune o della Provincia; 11.gli amministratori e i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal Comune o dalla Provincia; 12.i Sindaci, i Presidenti di Provincia, i consiglieri metropolitani, i consiglieri comunali, provinciali o circoscrizionali in carica, rispettivamente, in altro Comune, Città metropolitana, Provincia o Circoscrizione. Art. 248 TUEL, modificato dal D.L. 174/2012: gli amministratori riconosciuti dalla Corte dei conti quali responsabili di aver contribuito con condotte dolose o gravemente colposo, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di 10 anni, incarichi di assessore, di revisore dci conti di enti locali e di rappresentanti di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici o privati. 6.4.2 Incompatibilità Incompatibilità: è la condizione di chi, pur essendo stato regolarmente eletto, risulta già titolare di altra carica non cumulabile e ciò viene fatto evita-re il rischio che gli eletti si trovino in condizioni di conflitto di interessi. Art. 63 TUEL co. 1, non può ricoprire cariche: 1. l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20 % di partecipazione rispettivamente da parte del Comune o della Provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi, nell'anno, il 10 per cento del totale delle entrate dell'ente; 2. colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di co- ordinamento ha parte in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell'interesse del Comune o della Provincia; 3. il consulente legale, amministrativo e tecnico che presta opera in modo continuativo in favore delle imprese di cui sopra; 4. colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il Comune o la Provincia; 5. colui che, per fatti compiuti allorché era amministratore o impiegato, rispettivamente, del Comune o della Provincia ovvero è stato dichiarato responsabile dell’ente d' istituto o azienda e non ha ancora estinto il debito; 6. colui che, avendo un debito verso il Comune o Provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell'avviso di cui all'art. 46 D.P.R. 602/1973; 7. colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità. Analizziamo ora Art. 63: altre cause di incompatibilità:  le cariche di Presidente provinciale, nonché di Sindaco e di assessore dei Comuni compresi nel territorio della Regione, sono incompatibili con la carica di consigliere regionale (art. 65, co. 1);  le cariche di consigliere comunale e circoscrizionale sono incompatibili, rispettivamente, con quelle di consigliere comunale di altro Comune e di consigliere circoscrizionale di altra circoscrizione, anche di altro Comune (art. 65, co. 2);  la carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di consigliere di una circoscrizione dello stesso o di altro Comune (art. 65, co. 1);  la carica di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende sanitarie locali e ospedaliere è incompatibile con quella di consigliere provinciale, di Sindaco, di assessore comunale, di presidente o assessore di Comunità montana (art. 66);  nei Comuni con più di 15.000 abitanti esiste incompatibilità fra la carica di assessore e quella di consigliere (art. 64, commi 1, 2 e 3);  è incompatibile con la carica di Sindaco di Comune con più di 15.000 abitanti o di Presidente della Provincia quella di parlamentare europeo (art. 6 L. 18/1979). Art. 62: per i Sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i Presidenti delle Province, l'accettazione della candidatura alla carica di deputato o di senatore comporta la decadenza dalla carica clettiva ricoperta. Art 13, co. 3, del D.L. 138/2011 (conv. dalla L. 148/2011): la carica di deputato o senatore è incompatibile «con qualsiasi altra carica pubblica» aventi questi popolazione superiore a 15.000 abitanti». Le cause di incompatibilità comportano la decadenza dalla carica ricoperta (art. 68, co. 2, TUEL), ma possono essere rimosse (art. 68, co. 3, TUEL). 6.4.3 Esimente e decadenza di diritto  Art. 67 TUEL: non costituiscono cause di ineleggibilità o di incompatibilità gli incarichi e le funzioni conferite ad amministratori locali previsti da norme di legge, statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo.  Art. 68, commi le 2, TUEL: le cause di ineleggibilità e incompatibilità comportano la decadenza dalla carica elettiva ricoperta.  Ai fini della rimozione delle cause di ineleggibilità (cui si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 5, 6 e 7 dell'art. 60), la cessazione dalle funzioni deve avere luogo entro 10 giorni dalla data in cui è venuta a concretizzarsi la causa di ineleggibili compatibilità. 6.5 Le procedure elettorali nei comuni Il TUEL disciplina i meccanismi di voto in funzione della dimensione demografica dell’ente.  L’articolo 71 regola le procedure elettorali per il sindaco e consiglio dei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti.  L’articolo 72 quelle per il sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.  L’articolo 73 quelle per il consiglio comunale Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti. 6.5.1 L'elezione dei consigli comunali L’articolo 71 suddivide il procedimento elettorale in diverse fasi.  Presentazione delle candidature e rappresentanza di genere: con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere presentato anche il candidato alla carica di consiglio di sindaco e il programma amministrativo. La candidatura di sindaco deve essere collegato ad una lista di candidati alla carica di consiglio comunale non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti.  Votazione è doppia preferenza di genere. Può essere espresso anche un voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale compreso nella lista collegata al singolo al sindaco prescelto. Nei comuni con popolazione tra 5.000 e 15.000 abitanti, è stata introdotta la doppia preferenza di genere che consente all’elettore di esprimere due preferenze anziché uno. Non è L’ufficio elettorale, al termine dello scrutinio, provvede a determinare la cifra elettorale ponderata di ciascuna lista; successivamente determina la cifra elettorale dei candidati in base ai voti di preferenza; infine ripartisce i seggi fra le liste e provvede alle proclamazioni a consigliere metropolitano. 6.7.3 La possibile elezione a suffragio universale e diretto del Sindaco e del Consiglio metropolitano La legge ammette un modello alternativo (art. 1, co. 22, L. 56/2014). È possibile l’elezione a suffragio universale e diretto del Consiglio e del Sindaco della Città metropolitana. Principale condizione affinché possa essere esercitata questa opzione è la presenza di una legge elettorale approvata con legge dello Stato. Affinché si possa far luogo ad elezione del Sindaco e del Consiglio metropolitano a suffragio universale, è necessaria un’ulteriore condizione, diversa a seconda del numero di abitanti residenti nel territorio della Città metropolitana:  se la popolazione residente è inferiore ai 3 milioni di abitanti, l’elezione diretta sarà possibile soltanto a seguito di una procedura molto complessa che prevede: l’articolazione del territorio del Comune capoluogo in più Comuni, proposta con deliberazione del Consiglio comunale che deve essere sottoposta a referendum fra tutti i cittadini della Città metropolitana; la Regione abbia provveduto con propria legge all’istituzione dei nuovi Comuni;  se la popolazione residente è superiore a 3 milioni di abitanti è necessario che lo statuto preveda la costituzione di zone omogenee all’interno dell’area e che il Comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa. CAPITOLO 7: STATUS DEGLI AMMINISTRATORI LOCALI 7.1 Definizione di amministratore locale L’art. 77 TUEL definisce amministratori locali i Sindaci, anche metropolitani, i Presidenti delle Province, i consiglieri dei Comuni anche metropolitani e delle Province, i componenti delle Giunte, i Presidenti dei Consigli comunali, metropolitani e provinciali, i Presidenti, i consiglieri e gli assessori delle Comunità montane, i componenti degli organi delle Unioni di Comuni e dei consorzi fra enti locali. La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo (aspettative, permessi), dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge. Agli amministratori locali si applicano le norme in materia di ineleggibilità, incompatibilità e incandidabilità (come previsto dal TUEL). 7.2 I doveri 7.2.1 Principi generali L’art. 78, co. 1, TUEL sancisce che il comportamento degli amministratori deve essere improntato all’imparzialità e al principio di buona amministrazione, ponendo attenzione agli interessi generali della popolazione. Il dover operare rispettando il principio di buona amministrazione obbliga gli amministratori locali alla massima efficacia, trasparenza ed efficienza. 7.2.2 Il dovere di astensione Gli amministratori, (art. 78, commi 2 e 4 TUEL) devono astenersi dal prender parte alla discussione e alla votazione di deliberazioni riguardanti interessi propri o dei loro parenti o affini. L’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici. L’obbligo di astensione assume 2 modalità:  quando il provvedimento da adottare riguarda un interesse proprio, ovvero un interesse di un parente o affine entro il quarto grado, l’amministratore in conflitto deve astenersi dalla discussione e dalla votazione;  quando in discussione vi è un provvedimento normativo o di carattere generale (es. il piano regolatore) ed esiste un interesse immediato, diretto e specifico (correlazione immediata e diretta) del consigliere, quest’ultimo deve astenersi dalla discussione e dalla votazione. 7.2.3 Il divieto di incarichi e di consulenze L’art. 78, co. 5, TUEL stabilisce che al Sindaco, al Presidente della Provincia, agli assessori e ai consiglieri comunali e provinciali è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi Comuni e Province. Il divieto ncide negativamente sull’incarico o sulla consulenza, ma non sulla titolarità dell’ufficio pubblico. 7.2.4 Il divieto di acquisto di beni dell’ente Gli amministratori dei beni dello Stato, dei Comuni, delle Province e degli altri enti pubblici non possono essere compratori, nemmeno all’asta pubblica, né direttamente né per interposta persona, dei beni affidati alla loro cura. In tal caso l’acquisto deve considerarsi nullo. 7.2.5 Il divieto di trasferimento degli amministratori lavoratori dipendenti Gli amministratori locali lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti a trasferimento durante l’esercizio del mandato elettivo se non con il loro espresso consenso. Il termine «trasferimento» deve intendersi come mutamento non transitorio del luogo della prestazione lavorativa che comporta la stabile dislocazione del lavoratore dipendente presso altra sede di lavoro. Il divieto di trasferimento cessa con la conclusione del mandato elettivo. 7.3 I diritti 7.3.1 Il diritto ad esercitare il proprio mandato I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei Consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle Comunità montane e delle Unioni di Comuni, nonché dei Consigli circoscrizionali dei Comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario per la partecipazione a ciascuna seduta dei rispettivi Consigli e per il raggiungimento del luogo di suo svolgimento. Hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo, qualora le riunioni si svolgano in orario serale; nel caso in cui si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata successiva (art. 79, co. 1, TUEL). I componenti degli organi esecutivi dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Unioni di Comuni, delle Comunità montane e dei Consorzi fra enti locali, e i Presidente dei Consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché il Presidente dei gruppi consiliari delle Province e dei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i Sindaci, Presidente delle Province, Sindaci metropolitani, Presidenti delle Comunità montane, Presidenti dei Consigli provinciali e dei Comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti (art. 79, co. 4). I lavoratori dipendenti hanno diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora questi risultino necessari per l’espletamento del mandato. 7.3.2 L’aspettativa non retribuita L’art. 81 TUEL prevede che i Sindaci, i Presidenti delle Province, i Presidenti dei Consigli comunali e provinciali, i Presidenti dei Consigli circoscrizionali dei Comuni, i Presidenti delle Comunità montane e delle Unioni di Comuni, nonché i membri delle Giunte di Comuni e Province, che siano lavoratori dipendenti, possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato. Il collocamento in aspettativa per l’esercizio del mandato elettivo comporta per gli amministratori:  la cessazione della retribuzione da parte del datore di lavoro;  l’interruzione del versamento a carico del datore di lavoro degli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi;  la corresponsione dell’indennità di funzione nella misura intera stabilita dalle disposizioni vigenti per la carica elettiva ricoperta. Per gli amministratori lavoratori dipendenti non in aspettativa l’indennità di funzione è dimezzata. 7.3.3 L’indennità di funzione e i gettoni di presenza Le altre disposizioni dell’art. 82 TUEL, prevedono che:  l’indennità di funzione è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non hanno richiesto l’aspettativa non retribuita (co. 1);  le diverse indennità di funzione non sono fra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna (co. 5);  le indennità di funzione ed i gettoni di presenza non sono assimilabili a redditi da lavoro di qualsiasi natura (co. 3);  agli amministratori che percepiscono l’indennità di funzione non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne (co. 7). In merito ai gettoni di presenza, l’art. 82 prevede che i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto ad un gettone di presenza per la partecipazione alle riunioni di Consigli e di commissioni. L’art. 83 TUEL stabilisce i divieti di cumulo dell’indennità e dei gettoni di presenza spettanti agli amministratori locali con quelli previsti per cariche esterne all’ente. 7.3.4 I rimborsi per viaggi e missioni Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del Comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, è dovuto al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute; la misura è fissata con decreto del Ministro dell’Interno e del Ministro dell’Economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali (art. 84 TUEL). 7.3.5 L’assicurazione per i rischi di esercizio del mandato Gli enti locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del loro mandato (art. 86, co. 5, TUEL). Il rimborso delle spese legali è ammissibile nel limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di disciplina dell’ordinamento della professione forense (art. 13, co. 6 L. 247/2012), in presenza dei seguenti requisiti:  assenza di conflitto di interessi con l’ente amministrato;  presenza di un nesso causale fra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti;  assenza di dolo o colpa grave. Restano fuori dalla copertura assicurativa:  i rappresentanti nominati dall’ente locale negli organi di amministrazione di altri enti o organismi esterni, per i quali la legge o lo statuto prevedono la partecipazione di tali rappresentanti;  i componenti esterni nominati nelle commissioni che operano all’interno dell’ente.  elezione dei nuovi organi comunali, approvazione del nuovo statuto e trasferimento delle risorse umane e materiali da parte dei Comuni preesistenti. Nei Comuni istituiti mediante fusione di due o più Comuni contigui, lo statuto comunale può prevedere l’istituzione di Municipi nei territori delle comunità di origine o di alcune di esse. L’art. 15, co. 3, TUEL stabilisce che, oltre ai contributi della Regione, lo Stato può erogare, per i 10 anni decorrenti dalla fusione, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli Comuni che si fondono. Ulteriori misure di incentivazione sono state introdotte da altre disposizioni legislative. 8.4.3 La fusione per incorporazione L’art. 1, co. 130, L. 56/2014 afferma che i Comuni possono promuovere il procedimento di incorporazione in un Comune contiguo. Il Comune incorporante conserva la propria personalità, succede in tutti i rapporti giuridici al Comune incorporato e gli organi di quest’ultimo decadono alla data di entrata in vigore della legge regionale di incorporazione. Resta fermo il procedimento già esaminato per la fusione per aggregazione (art. 15 TUEL) e, quindi, l’obbligo della consultazione delle popolazioni interessate. Con legge regionale sono definite le ulteriori modalità della procedura di fusione per incorporazione. Lo statuto del Comune incorporante deve necessariamente prevedere che alle comunità del Comune cessato siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi. A tale scopo si deve procedere, entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge regionale di incorporazione, alle opportune modifiche statutarie. CAPITOLO 9: LE FORME DI AGGREGAZIONE E DI COLLABORAZIONE 9.1 Le Unioni di Comuni 9.1.1 La disciplina del TUEL con le modifiche della legge Delrio L’art. 32 TUEL disciplina che le Unioni di Comuni sono enti locali costituiti da due o più Comuni finalizzate all’esercizio associato di funzioni e servizi di loro competenza. L’Unione, ove costituita in prevalenza da Comuni montani, assume la denominazione di Unione di Comuni montani e può esercitare anche le specifiche competenze di tutela e di promozione della montagna. Ogni Comune può far parte di una sola Unione di Comuni. Le Unioni possono stipulare apposite convenzioni fra loro o con singoli Comuni. Il loro limite demografico minimo è di 10.000 abitanti, ovvero 3.000 abitanti se i Comuni appartengono o sono appartenuti a Comunità montane, fermo restando che le Unioni devono essere formate da almeno tre Comuni (art. 14, co. 31). L’Unione ha potestà statutaria e regolamentare e ad essa si applicano i principi previsti per l’ordinamento dei Comuni, con particolare riguardo allo status degli amministratori, all’ordinamento finanziario e contabile, al personale e all’organizzazione. 9.1.2 L’assetto istituzionale Uno dei compiti esplicitamente attribuiti dal TUEL allo statuto dell’Unione è quello di individuare gli organi dell’ente e le modalità per la loro costituzione. Spetta allo statuto stabilire le modalità di funzionamento degli organi e disciplinarne i rapporti. L’art. 32, co. 3, TUEL fornisce le seguenti indicazioni:  il Consiglio è composto da un numero di consiglieri definito nello statuto, eletti dai singoli consigli dei Comuni associati fra i propri componenti, garantendo la rappresentanza delle minoranze e assicurando la rappresentanza di ogni Comune;  il Presidente è scelto fra i Sindaci dei Comuni associati. Deve necessariamente avvalersi del Segretario di un Comune facente parte dell’Unione;  la Giunta è individuata fra i componenti dell’esecutivo dei Comuni associati. 9.2 La Comunità montana e la Comunità isolana o di arcipelago 9.2.1 I compiti e l’organizzazione L’art. 27 TUEL afferma che le Comunità montane sono Unioni di Comuni, ovvero enti locali costituiti fra Comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a Province diverse (ma in zone omogenee), per la valorizzazione delle zone montane, per l’esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l’esercizio associato delle funzioni comunali. La legge regionale può escludere dalla Comunità montana i Comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di Provincia e i Comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. La legge regionale può prevedere per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l’inclusione dei Comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della Comunità. La Comunità montana è dotata di un organo rappresentativo e di un organo esecutivo, composti da Sindaci, assessori o consiglieri dei Comuni partecipanti. I rappresentanti dei Comuni nell’ente sono eletti dai Consigli dei Comuni partecipanti con il sistema del voto limitato, garantendo la rappresentanza delle minoranze. L’art. 29 TUEL prevede che in ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, ove esistono più Comuni, può essere istituita, dai Comuni interessati, la Comunità isolana o dell’arcipelago, cui si applicano le norme sulle Comunità montane. 9.2.2 Le funzioni L’art. 28 TUEL disciplina le funzioni attribuite a questi enti e specifica che laddove sia previsto l’obbligo di esercizio associato di funzioni proprie o di funzioni conferite dalle Regioni ai Comuni spetta a quest’ultima l’esercizio di tali funzioni. La Comunità esercita funzioni proprie, funzioni conferite da vari enti e funzioni comunali da svolgere in forma associata. Strumenti di particolare rilevanza sono i piani pluriennali: sono documenti nei quali sono indicate le opere e gli interventi da avviare e si individuano gli strumenti idonei a perseguire gli obiettivi dello sviluppo socio- economico. 9.2.3 Fusione e scissione dei Comuni della Comunità montana L'art. 27 comma 6 e 8 TUEL disciplinano:  la fusione dei Comuni il cui territorio coincide con quello di una Comunità montana, che comporta che al nuovo Comune siano assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla preesistente Comunità montana;  la scissione di una preesistente Comunità montana in più Comunità montane, nel qual caso ai nuovi enti spettano i trasferimenti erariali attribuiti all’ente originario. 9.3 Le convenzioni L’art. 30 TUEL prevede, il ricorso a convenzioni fra enti locali, al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati. L’elemento di differenza fra l’Unione di Comuni e la convenzione risiede nella titolarità della funzione o del servizio trasferito. Nel primo caso i singoli Comuni la «cedono» per trasferirla in via definitiva all’Unione, nel secondo la titolarità permane in capo al Comune che ha stipulato la convenzione, delegando semplicemente la temporanea gestione ad un soggetto specificamente individuato.  La convenzione deve essere stipulata dal Consiglio comunale e deve riportare i seguenti contenuti minimi: le finalità;  la durata temporale;  le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari e i reciproci obblighi e garanzie. Nelle materie di rispettiva competenza, infatti, lo Stato e le Regioni possono prevedere un obbligo a carico degli enti locali di stipulare convenzioni per la gestione a tempo determinato di specifici servizi o per la realizzazione di opere determinate; in questo caso, l’ente deve procedere in via preliminare all’approvazione di un disciplinare tipo. In alcuni casi, la convenzione può prevedere la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti. Ad essi è affidato l’esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all’accordo che opera in luogo e per conto degli enti deleganti. Anche alle convenzioni si applicano i limiti demografici minimi già esaminati per le Unioni di Comuni (10.000 abitanti o 3.000 se i Comuni appartengono o sono appartenuti a Comunità montane) con riferimento all’esercizio associato obbligatorio delle funzioni fondamentali. 9.4 I consorzi fra enti locali 9.4.1 La finalità dei consorzi L’art. 31 TUEL disciplina i consorzi e stabilisce che: gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi possano costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all’art. 114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici. 9.4.2 La costituzione del consorzio L’art. 31, co. 6, TUEL sottolinea che fra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio. Finalità della norma è evitare una duplicazione di enti con conseguente aggravio di costi. Per la costituzione del consorzio, i Consigli degli enti che vi partecipano devono approvare (a maggioranza assoluta dei componenti) due distinti atti:  la convenzione, che disciplina le nomine e le competenze degli organi consortili, i fini, la durata, le quote di partecipazione finanziaria degli enti associati, lo scioglimento e il recesso; nella convenzione;  lo statuto, che disciplina l’organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili, sulla base di quanto stabilito dalla convenzione. L’art. 31, co. 7, TUEL prevede la costituzione di consorzi obbligatori, istituiti con legge dello Stato ed attuati con legge regionale, per l’esercizio sia di funzioni che di servizi, laddove vi sia un rilevante interesse pubblico. In questo caso è solo lo Stato (e non anche le Regioni) a poter imporre la creazione del consorzio e solo mediante approvazione di uno specifico atto legislativo. 9.4.3 Gli organi consortili L’art. 31, co. 5, TUEL individua quali organi del consorzio:  l’assemblea, composta dal Sindaco o dai Presidenti degli enti partecipanti. Spetta a tale organo: l’elezione del consiglio di amministrazione e del Presidente, se previsto;  l’adozione degli atti fondamentali (es. regolamenti e bilanci); l’approvazione degli atti fondamentali del consiglio di amministrazione; il consiglio di amministrazione, con il compito di dare esecuzione alle deliberazioni dell’assemblea. 9.5 Gli accordi di programma L’art. 34 TUEL afferma che, per la definizione e l’attuazione di opere, interventi o programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di Comuni, di Province e Regioni, di Amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più fra i soggetti predetti, il Presidente della Regione o il Presidente della Provincia o il Sindaco promuove la conclusione di un accordo di programma per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento e ogni altro connesso adempimento. Il soggetto promotore (Presidente regionale o provinciale, Sindaco) convoca una conferenza fra i rappresentanti di tutte le Amministrazioni interessate. L’accordo è approvato con atto formale ed è 10.6 L’Ufficio relazioni con il pubblico (URP) Con l’istituzione degli uffici per le relazioni con il pubblico (URP), quali interfacce fra cittadini e Pubblica Amministrazione, il legislatore impone di rendere accessibili agli interessati notizie e documenti concernenti l’operato della pubblica autorità. Con la L. 150/2000, che disciplina le attività di comunicazione e informazione della Pubblica Amministrazione, e l’emanazione del D.P.R. 21-9-2001, n. 422, l’ufficio per le relazioni con il pubblico vede riconosciuta la propria funzione di comunicazione attiva. L’art. 8 della legge attribuisce all’URP le seguenti funzioni:  garantire l’esercizio dei diritti di informazione, di accesso e di partecipazione;  agevolare l’utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini;  promuovere l’adozione di sistemi di interconnessione telematica e coordinare le reti civiche;  attuare, mediante l’ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento degli stessi da parte degli utenti;  garantire, all’interno di ciascuna Amministrazione, la reciproca informazione fra l’ufficio per le relazioni con il pubblico e le altre strutture e, all’esterno, quella con gli uffici per le relazioni con il pubblico delle altre Amministrazioni. CAPITOLO 11: I SERVIZI PUBBLICI 11.1 Le forme di gestione dei servizi pubblici locali 11.1.1 Servizio pubblico e servizio pubblico locale (SPL) Il servizio pubblico è un’attività economica esercitata per erogare prestazioni volte a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale. Il servizio pubblico locale è qualsiasi attività che si concreta nella produzione di beni e servizi in funzione di un’utilità per la comunità locale, non solo in termini economici ma anche ai fini di promozione sociale. Per quanto riguarda i profili economici connessi all’erogazione si può distinguere tra:  servizi a rilevanza economica, quando l’attività svolta consiste nell’offrire beni e servizi e potrebbe essere esercitata da un privato a scopo di lucro;  servizi privi di rilevanza economica quando si ritiene non remunerativa l’attività e possa essere svolta solo grazie all’intervento finanziario del settore pubblico o di un sistema di finanziamento solidaristico. Per quanto riguarda le modalità di gestione, è possibile scegliere tra:  una gestione in house (o in house providing), quando l’amministrazione realizza l’attività attraverso organismi o aziende direttamente controllati;  gestione con affidamento a soggetti terzi, nelle ipotesi in cui ricorre al mercato per procurarsi i lavori, i servizi e le forniture ad esse occorrenti o per erogare il servizio alla collettività; Per quanto riguarda le modalità di svolgimento, questo può essere esercitato:  in regime di privativa, con affidamento ad un unico operatore (raccolta dei rifiuti urbani);  oppure in regime di concorrenza fra vari operatori (si pensi alla raccolta dei rifiuti speciali); Secondo quanto specificato dall’art. 11 D.Lgs. 286/1999 (modificato dal D.Lgs. 150/2009), i servizi pubblici nazionali e locali devono essere erogati con modalità che promuovono il miglioramento della qualità e devono assicurare la tutela dei cittadini e degli utenti e la loro partecipazione, nelle forme riconosciute dalla legge, alle inerenti procedure di valutazione e definizione degli standard qualitativi. 11.1.2 Il servizio pubblico locale nel decreto legislativo 267/2000 L’art. 112 D.Lgs. 267/2000 dispone che gli enti locali provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto la produzione di beni e di attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali. L’art. 113 disciplina i servizi di rilevanza economica. 11.1.3 I servizi a rilevanza economica L’art. 113 D.Lgs. 267/2000 fa divieto agli enti locali di cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all’esercizio dei servizi pubblici a rilevanza economica. Si distinguono due piani:  quello dell’erogazione dei servizi  quello delle reti e degli impianti ad essi destinati o serventi. Possono essere regolate solo alcune specifiche materie, tra cui il trasporto pubblico locale, gli impianti di trasporti a fune per la mobilità turistico - sportiva in aree montane. L’erogazione del servizio avviene, conferendo la titolarità del servizio:  a società di capitali, individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure a evidenza pubblica;  a società a capitale misto pubblico privato;  a società a capitale interamente pubblico. L’art. 5, co. 2, D.Lgs. 50/2016 afferma che un’amministrazione esercita su una persona giuridica un controllo analogo qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa. I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di servizio. 11.1.4 I servizi privi di rilevanza economica L’art. 113-bis D.Lgs. 267/2000 stabiliva che i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica fossero gestiti mediante affidamento diretto a istituzioni, aziende speciali, anche consortili e a società a capitale interamente pubblico. L'articolo è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 272/2004, in quanto limitativo dell’autonomia riconosciuta a Regioni ed enti locali. 11.2 Le singole forme di gestione dei servizi locali: aziende speciali, istituzioni e società miste L’art. 114 D.Lgs. 267/2000 afferma che:  l’azienda speciale è un ente strumentale dell’ente locale, dotato di personalità giuridica, autonomia imprenditoriale e di un proprio statuto, approvato dal Consiglio;  l’istituzione è un organismo strumentale dell’ente locale per l’esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale. L’azienda e l’istituzione adeguano la loro attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità. Secondo le disposizioni di legge, l’ordinamento e il funzionamento delle aziende speciali sono disciplinati dal proprio statuto e dai regolamenti. L’art. 115 D.Lgs. 267/2000, come modificato dalla L. 448/2001, stabilisce che i Comuni, le Province e gli altri enti locali possono trasformare le aziende speciali in società di capitali, di cui possono restare azionisti unici per un periodo comunque non superiore a 2 anni dalla trasformazione. CAPITOLO 12: I CONTROLLI 12.1 I controlli sugli atti: la loro implicita abrogazione Deve considerarsi abrogato l’art. 126 TUEL che sottoponeva a controllo preventivo di legittimità gli statuti degli enti i regolamenti di competenza del Consiglio, esclusi quelli attinenti l’autonomia organizzativa e contabile, e i bilanci annuali e pluriennali e loro relative variazioni e rendiconto di gestione. Il precetto costituzionale cancellato prevedeva l’istituzione dei Comitati regionali di controllo (CO.RE.CO.). 12.2 I controlli sugli organi 12.2.1 Disciplina generale Il controllo sugli organi degli enti locali ha ad oggetto la condotta di un organo: ciò comporta che ogni provvedimento incide sull’organo nella sua funzionalità o nella permanenza in carica di chi lo ricopre. Nell’ambito di tali controlli, vengono in rilievo i controlli ispettivi e sostitutivi. I controlli ispettivi consistono in un’attività di vigilanza e di accertamento sull’operato delle amministrazioni assoggettate a controllo in vista del raggiungimento degli scopi di pubblico interesse. I controlli sostitutivi possono essere di due tipi:  sostitutivi-semplici, che si attuano attraverso la sostituzione dell’organo assoggettato a controllo con un altro organo, in caso di sua inerzia o ritardo nel compimento di atti obbligatori per legge, senza che il titolare dell’organo inerte o inadempiente sia sanzionato con misure disciplinari;  sostitutivi repressivi, che si attuano attraverso la sostituzione dell’organo assoggettato a controllo e la contemporanea applicazione di sanzioni disciplinari al titolare di esso. 12.2.2 I controlli ispettivi I controlli ispettivi, sono di norma affidati a organi dello Stato, in particolare al Prefetto: costui può disporre ispezioni al fine di accertare il regolare funzionamento dei servizi esercitati dal Comune per conto dello Stato, quali quelli di anagrafe, stato civile, leva, elettorale e statistica. 12.2.3 I controlli sostitutivi semplici Il controllo sostitutivo semplice è attribuito, in via ordinaria, al Difensore civico regionale. L’art. 136 TUEL sancisce che qualora gli enti locali ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per legge, il Difensore procede alla nomina di un commissario ad acta, che provvede all’adozione entro 60 giorni dal conferimento dell’incarico. Una forma di controllo sostitutivo è anche il potere che attribuisce al Governo della Repubblica di sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni al ricorrere di uno dei seguenti presupposti:  mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa dell’Unione europea;  grave pericolo per l’incolumità e la sicurezza pubblica;  necessità di tutelare l’unità giuridica o l’unità economica. 12.2.4 I controlli sostitutivi repressivi Il controllo sostitutivo si dice repressivo o sanzionatorio quando l’effetto è costituito dall’adozione di provvedimenti a carattere repressivo o sanzionatorio nei riguardi del medesimo organo. Il TUEL, in merito agli organi dell’ente locale, prevede le ipotesi precedentemente esaminate di scioglimento e sospensione dell’organo consiliare, nonché di rimozione dei singoli amministratori. 12.2.5 Il potere governativo di annullamento straordinario L’art. 138 TUEL attribuisce al Governo il potere di annullare, d’ufficio o su denunzia, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità al fine di tutelare l’unità dell’ordinamento. Tale potere è esercitato con l’emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica; è richiesto il parere del Consiglio di Stato. 12.3 I controlli interni 12.3.1 Disciplina generale I controlli interni (artt. 147 ss. TUEL) si sviluppano all’interno dello stesso ente. Essi sono ordinati secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, quale risultante dalla disciplina del D.Lgs. 165/2001. Per la loro effettuazione è data facoltà agli enti locali di istituire uffici unici mediante convenzioni che ne regolino le modalità di costituzione e di funzionamento. Sicché gli enti locali individuano strumenti e metodologie per garantire, attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la 1.2.2 La privatizzazione In passato il rapporto di lavoro presso le Pubbliche Amministrazioni era disciplinato in modo diverso rispetto agli altri lavoratori. Con il D.Lgs. 3-2-1993, n. 29, poi confluito nel vigente D.Lgs. 30-3-2001, n. 165 (Testo unico sul pubblico impiego), questo regime speciale è stato superato, con la cosiddetta privatizzazione dell’impiego pubblico. La disciplina dei pubblici impiegati è ora sostanzialmente equiparata a quella dei lavoratori del settore privato; è prevista l’assunzione mediante un contratto individuale di lavoro. Rimangono al di fuori della detta privatizzazione, alcune categorie (magistrati, avvocati dello Stato, personale militare e forze della polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e prefettizia), per le quali il rapporto di impiego permane di stampo pubblicistico e la giurisdizione sulle controversie resta esclusiva in capo al giudice amministrativo. Dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 165/2001, il rapporto di lavoro presso la Pubblica Amministrazione è caratterizzato da:  separazione fra indirizzo politico, riservato agli organi di vertice politico delle Pubbliche Amministrazioni, e attività gestionale, interamente attribuita alla dirigenza;  attuazione della piena disciplina del rapporto lavorativo sulla base del contratto collettivo nazionale di lavoro e costituzione dei singoli rapporti mediante contratto individuale;  per le Amministrazioni statali, eliminazione dell’appartenenza ei dirigenti ai ruoli delle varie Amministrazioni ministeriali e costituzione del ruolo unico della dirigenza;  definizione del trattamento economico agganciato all’efficienza e al raggiungimento degli obiettivi prefissati;  attribuzione delle controversie relative al rapporto di lavoro (con esclusione delle procedure concorsuali) alla giurisdizione del giudice ordinario. 1.3 Il sistema delle fonti 1.3.1 Le fonti pubblicistiche L’art. 2, co. 2, D.Lgs. 165/2001 afferma che «i rapporti di lavoro dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel D.Lgs. 165/2001, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo». 1.3.2 La disciplina costituzionale A livello costituzionale troviamo le seguenti norme:  l’art. 28: «i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici»;  l’art. 51: tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici;  l’art. 54: ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche il dovere di adempierle con disciplina ed onore;  l’art. 97: i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione.«Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari» e che «agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge». 1.3.3 La disciplina legislativa D.Lgs. 30-3-2001, n. 165: Testo unico sul pubblico impiego. Si tratta di un corposo documento composto da 73 articoli in cui disciplina gran parte degli aspetti del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici. Il provvedimento è diviso in:  Titolo I - Principi generali (artt. 1-9);  Titolo II - Organizzazione (artt. 10-39-quater), a sua volta ripartito nel Capo I (relazioni con il pubblico), nel Capo II (Dirigenza) e nel Capo III (Uffici, piante organiche, mobilità e accessi);  Titolo III - Contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale (artt. 40-50-bis);  Titolo IV - Rapporto di lavoro (artt. 51-57);  Titolo V - Controllo della spesa (artt. 58-62); Titolo VI - Giurisdizione (artt. 63-66); Titolo VII - Disposizioni diverse e norme transitorie finali (artt. 67-73). La nozione di Pubbliche Amministrazioni è disciplinata dall’art. 1, co. 2, che vi fa rientrare tutte le Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le Amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (ARAN) e le altre Agenzie pubbliche. L’art. 1, co. 48, della L. 56/2014 (legge Delrio) stabilisce che al personale delle Città metropolitane si applicano le disposizioni vigenti per il personale delle Province. 1.3.4 La disciplina applicabile agli enti locali Con specifico riferimento al settore degli enti locali, fra le fonti legislative occorre tener presente quanto disposto dal Titolo IV del TUEL (organizzazione e personale, articoli dal 88 a 111). L’art. 88, afferma che all’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, compresi i dirigenti e i Segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del D.Lgs. 165/2001 e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni. L’art. 89, co. 1 afferma che gli enti locali disciplinano, con propri regolamenti, l’ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e secondo principi di professionalità e responsabilità. 1.3.5 I livelli di contrattazione Nel pubblico impiego sono previsti diversi livelli di contrattazione. È possibile distinguere fra:  I contratti quadro (CCNQ), conclusi fra l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (ARAN) e le varie confederazioni sindacali, regolamentano aspetti trasversali rispetto ai singoli contratti collettivi come la rappresentanza sindacale, le procedure di conciliazione e arbitrato, la definizione dei comparti di contrattazione ecc.  I contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) dei comparti sono accordi che disciplinano l’attività lavorativa di raggruppamenti di pubblici dipendenti riuniti per settori omogenei ed affini. Nel pubblico impiego non esiste un unico contratto collettivo ma sono stipulati tanti accordi quanti sono i comparti individuati da un apposito accordo quadro. Fino al 2016 erano contemplati 12 comparti di contrattazione, invece adesso sono 4. Essi sono: delle Funzioni centrali, delle Funzioni locali, dell’Istruzione e ricerca e della Sanità.  I contratti collettivi integrativi (CCI) sono stipulati dalle singole Amministrazioni (un ministero, una Regione, un Comune ecc.) e i sindacati di comparto (o dalle rappresentanze sindacali unitarie). 1.3.6 Il contratto del comparto Funzioni locali Il contratto che attualmente disciplina l’attività dei dipendenti non dirigenti degli enti locali è stato firmato il 21 maggio 2018. Lo stesso testo del 2018 specifica che continuano a trovare applicazione le disposizioni dei precedenti CCNL. Il contratto ha una validità per il periodo 2016-2018 sia per la parte giuridica che per quella economica e si rinnova tacitamente di anno in anno se non viene data disdetta. Il campo di applicazione del contratto è indicato nell’art. 4 del CCNQ sui comparti di contrattazione del 2016. L'articolo afferma che il comparto delle Funzioni locali comprende il personale non dirigente dipendente da Regioni a statuto ordinario e dagli enti pubblici non economici dalle stesse dipendenti, Province, Città metropolitane, enti di area vasta, liberi consorzi comunali, Comuni, Comunità montane, ex Istituti autonomi per le case popolari comunque denominati, Consorzi e associazioni (incluse le Unioni di Comuni), Aziende pubbliche di servizi alla persona (ex IPAB) che svolgono prevalentemente funzioni assistenziali, Università agrarie ed associazioni agrarie dipendenti dagli enti locali, Camere di commercio e Autorità di bacino. 1.3.7 Il riparto fra i vari livelli di contrattazione Nell’art. 40, co. 1, D.Lgs. 165/2001 si afferma che sono escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali e concernenti il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali. Spetta alla contrattazione collettiva il compito di disciplinare il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali. Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge. Il contratto integrativo può disciplinare solo ed esclusivamente le materie rimesse dal contratto nazionale e incontra dei limiti nel fatto che non può contrastare con i vincoli di cui al contratto collettivo nazionale né comportare oneri non previsti da quest’ultimo atto. Le clausole del contratto decentrato eventualmente stipulate in violazione di tali limiti sono nulle. 1.4 L’instaurazione del rapporto di lavoro e le modalità di reclutamento 1.4.1 Il Piano dei fabbisogni Il Piano triennale dei fabbisogni di personale (PTFP) è un documento con il quale, tenendo conto anche delle risorse finanziarie a disposizione, si individuano le attività che l’ente deve svolgere nel successivo triennio e, sulla base di questo atto, si individuano le risorse umane di cui necessita. Le Pubbliche Amministrazioni sono obbligate ad adottare il PTFP in coerenza con la pianificazione pluriennale delle attività e della performance. Lo scopo è quello di ottimizzare l’impiego delle risorse pubbliche disponibili e perseguire obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini. Ciascuna Amministrazione ha l’obbligo di indicare la consistenza della dotazione organica e la sua eventuale rimodulazione in base ai fabbisogni programmati, sempre nell’ambito del limite finanziario stabilito. Il D.Lgs. 75/2017 pone il divieto di assumere personale per le Pubbliche Amministrazioni che non adempiano alle disposizioni relative al Piano dei fabbisogni; tale limitazione non opera nei confronti del personale delle categorie protette. 1.4.2 Le procedure di assunzione Art. 97, co. 4, Cost: «agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge». Il concorso pubblico per esami e titoli – finalizzato alla formazione di una graduatoria di merito con l’indicazione del punteggio per ciascun candidato – è quello che garantisce al massimo grado pari opportunità a tutti i concorrenti, nel rispetto del principio di imparzialità ed efficienza dall’azione amministrativa. Il procedimento si conclude con un contratto di assunzione individuale. Costituiscono modalità ulteriori:  la procedura di avviamento degli iscritti negli elenchi anagrafici (che hanno sostituito le liste di collocamento)  le assunzioni obbligatorie (di cui all’art. 1 L. 68/1999) dei soggetti appartenenti a categorie protette (es. invalidi). L’assunzione in servizio comporta, per il pubblico dipendente, diritti e doveri stabiliti da norme di legge e dai contratti collettivi. 1.5 Il lavoro dipendente e l’utilizzo del lavoro flessibile Nelle Pubbliche Amministrazioni si possono individuare diverse tipologie di rapporti di lavoro.  Il lavoro dipendente ordinario, a tempo indeterminato, è la tipologia principale (art. 36 D.Lgs. 165/2001) ed è accessibile mediante selezione pubblica con successiva stipula di un contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato. L’assunzione può avvenire:  con rapporto di lavoro a tempo pieno
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