Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Orientamenti: Teorie e pratiche per la formazione permanente., Dispense di Pedagogia Sperimentale

L'apprendimento permanente per orientarsi nella società della conoscenza.

Tipologia: Dispense

2018/2019

In vendita dal 09/02/2022

foveamillenovecento-venti
foveamillenovecento-venti 🇮🇹

7 documenti

1 / 16

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Orientamenti: Teorie e pratiche per la formazione permanente. e più Dispense in PDF di Pedagogia Sperimentale solo su Docsity! ORIENTAMENTI TEORIE E PRATICHE PER LA FORMAZIONE PERMANENTE. L’APPRENDIMENTO PERMANENTE PER ORIENTARSI NELLA SOCIETA’ DELLA CONOSCENZA Isabella Loiodice. Paragrafo 1: Orientamento come “lifelong guidance”. L’orientamento è una delle parole più utilizzate nell’ambito dei processi formativi. Deve contribuire a mettere in grado i cittadini di ogni età identificando le proprie capacità, competenze ed interessi oltre a far prendere decisioni in materia di istruzione, formazione e occupazione gestendo percorsi personali nel mondo professionale. Significa che riconoscere la natura sistemica del processo orientativo deve tradursi in una integrazione nelle istituzioni scolastiche e universitarie. Bisogna ripensare a delle teorie e pratiche di orientamento che portino a dialogare tra loro sfruttando la funzione come mediazione formativa tra saperi, linguaggi, conoscenze e competenze. Grazie alla mediazione dei luoghi, delle esperienze, dei soggetti e delle professionalità che si incrociano, si confrontano e dialogano tra loro. Rappresenta quindi la strada da percorrere per diventare soggetti competenti e consapevoli delle proprie possibilità acquisite sfruttando la dimensione tra soggetto e contesto. La persona competente è colei che mette le proprie capacità all’interno del setting nel quale si trova ad operare utilizzando le proprie capacità per apportare cambiamenti e progressi che facciano crescere insieme individuo, gruppo e setting di riferimento. Paragrafo 2: La natura sistemica e relazionale dei processi di orientamento. Apprendere e progettare il futuro comporta avere consapevolezza delle proprie capacità e possibilità investendo e assumendosene pienamente la responsabilità. La relazione educativa è determinata dall’incrocio tra soggetti, saperi, contesti e artefatti perciò l’orientamento deve muoversi tra queste variabili per sfruttarle al meglio investendo sulla qualità delle relazioni che si instaurano tra educatori e educanti. Il termine transizione può essere gestito responsabilmente da ogni individuo nel momento in cui si riconosce la valenza etica che significa avere la capacità di pensare e riprogettare il proprio futuro. Si tratta di “vivere bene con l’altro”, occorre partire dalla consapevolezza che le trasformazioni continue hanno modificato i processi produttivi e gli ambienti di lavoro, introducendo nuove forme di lavoro e nuove tipologie di lavoratori. L’apprendimento permanente appare il collante rispetto alle varie situazioni e ai tempi della vita e si realizza nelle sedi formali come la scuola, l’università ed il sistema della formazione professionale ma anche in quelle non formali ed informali come la famiglia, il luogo di lavoro, le istituzioni territoriali che promuovono aggregazione sociale e il dialogo interculturale. Paragrafo 3: Costruire competenze a scuola, a partire dalle conoscenze. Nel linguaggio educativo è presente il termine “competenza”. Nelle istituzioni scolastiche, l’introduzione del concetto di competenza ha permesso di superare la dominanza di contenuti disciplinari per ricomprenderli all’interno di un insieme di saperi, di saper fare, di attitudini e disposizioni fino a comporre competenze chiave fondamentali per raggiungere gli obiettivi e per permettere la realizzazione personale. Insegnare ad apprendere è collegabile alle discipline scolastiche che vengono definite come gli occhiali che consentono agli studenti di leggere ed interpretare il mondo per giungere alla comprensione ed interpretare la realtà. Si effettua il passaggio dalle conoscenze alle competenze in particolare quelle strategiche e trasversali che lo studente può acquisire e le competenze si riferiscono alla capacità di progettare e di agire, al prendere decisioni, all’elaborare le ipotesi per condividerle con altri. Bisogna lavorare sul controllo delle emozioni, valorizzando quelle positive e imparando a riconoscere quelle negative come il bullismo, che coinvolge molti giovani. Un ruolo importante deve essere svolto dalla competenza testuale che può essere esercitata sui testi e che si realizza quando si manifesta la capacità di interrogarsi e provare curiosità, altrettanto importante è la competenza relativa all’esposizione orale di un contenuto letterario che richiede la capacità di analisi. Paragrafo 4: Dagli studenti competenti ai professionisti competenti. Il concetto di competenza va definito nei percorsi scolastici. Le competenze che possiede l’individuo permettono un saper agire e un voler agire e ciò implica una intenzionalità che si esplica in un contesto. Fa riferimento a una interpretazione dinamica perché chiama in causa le emozioni, il ruolo che viene dato ad esse e che giocano in contesti differenti oltre all’insieme dei comportamenti, dei modi personali di pensare, di agire e sentire. Usando le conoscenze nasce il concetto di competenza, dal latino competentia, cum-petere, che evidenzia la dimensione orientativa ovvero la capacità di sapersi orientare in certi campi. Non è un semplice saper fare ma di un insieme di saperi e strategie, la sua complessità inoltre è legata al comportamento del soggetto che mette in atto in una situazione lavorativa. Il concetto di competenza è strettamente collegato con quello di apprendimento permanente e con la capacità di apprendere ad apprendere continuamente, come forma mentis fondamentale per fronteggiare le condizioni della società in quanto sono difficili e complesse. Si tratta di una società che richiede una continua revisione delle conoscenze e dei processi di conoscenza ponendo il soggetto al centro dei processi di apprendimento attivando le forme dell’apprendimento lifelong. Paragrafo 5: Chi orienta chi: i professionisti dell’orientamento. La eterogeneità delle funzioni dell’orientamento ha permesso alle figure professionali che si moltiplicassero. Le professioni educative se da un lato appaiono indispensabili per la gestione di alcune emergenze educative dall’altro non hanno un riconoscimento sociale e la definizione di status giuridico. Il bisogno di formazione oggi è fondamentale ma se da una parte assistiamo a una presenza diffusa della formazione dall’altra questa diffusione rappresenta una diluizione del sapere pedagogico. La pedagogia ha avviato al suo interno un percorso di riflessione e ripensamento del proprio paradigma teorico e delle procedure che deve utilizzare, questo si ripercuote sulle professionalità educative permettendo l’acquisizione di una specifica identità della figura dell’orientatore. La mediazione, non nega la natura dell’apprendimento del soggetto adulto ma la realizza in un sistema di interazione con altri inoltre rappresenta una pratica di lifelong learning. Una pratica ha bisogno di competenze metodologiche-didattiche riconducibili alle funzioni di counseling e di guidance ovvero di interventi di relazione d’aiuto connotati in chiave pedagogica. L’esperto in mediazione orientativa deve conoscere pratiche metodologico-didattiche da aggiornare costantemente e riadattare in base alle situazioni, alle persone e ai contesti. Una pratica importante è quella del bilancio delle competenze, che è una strategia adatta ad avviare un percorso di riflessione di sé. di creare un mondo nuovo in cui uomini e donne ma anche i bambini potessero diventare responsabili. Paragrafo 3: Educare all’empowerment. Autonomia e libertà nel pensiero pedagogico montessoriano. Nel modello educativo di Maria Montessori, sono evidenziati i principi alla base del concetto di empowerment. Essere capaci di controllare le esperienze di vita, costituisce il nucleo centrale dell’empowerment che porta ad imparare e dominare le situazioni per padroneggiarle e affrontarle contribuendo ad accrescere il livello di autostima che apprende il reale valore educativo. Le esperienze che si vivono contribuiscono a rendere l’individuo autonomo perché vengono attivate il senso di efficacia personale e accrescono la sua volontà di agire liberamente e consapevolmente. La battaglia di Maria Montessori è strettamente collegata all’impegno medico e pedagogico e infatti quest’ultimo termine nella pedagogia, viene utilizzato per evidenziare la volontà del soggetto di prendere decisioni autonomamente essendo consapevole del fatto che solo la libertà di scegliere rende il soggetto responsabile delle sue azioni. Rendere quindi la donna ed il bambino empowered vuol dire sviluppare la capacità di influenzare il contesto di appartenenza per ridurre le conseguenze negative. Paragrafo 4: Donne empowered e nuovi bisogni formativi. La pianificazione delle azioni positive per promuovere le pari opportunità è espressa nella Legge n.125 del 1991 e ribadita in vari documenti nazionali e internazionali che evidenziano una diffusa presenza e discriminazione nel rapporto che intercorre fra l’uomo e la donna. Le azioni positive hanno lo scopo di decondizionare i processi formativi di genere al fine di garantire il pieno inserimento delle donne in tutti i contesti di vita. La legge inoltre evidenzia la necessità di eliminare le differenze fra uomo e donna che ancora oggi sono oggetto della formazione scolastica e professionale, si tratta di un percorso di formazione che punta a costruire personalità equilibrate e ben strutturate che possiedono un’autonomia decisionale. Ora la donna che lavora è costretta ad affrontare e a gestire numerosi ostacoli che riguardano anche la fatica di dover scegliere tra più ruoli cercando di fare attenzione al fatto che il ruolo non deve interferire o danneggiare gli altri. Nei processi di orientamento si dedica spazio all’analisi dei sistemi sociali e allo studio delle modalità che puntano a promuovere empowerment, diventa strumento di autoanalisi che consente di fare il punto sulle potenzialità per imparare a gestire difficoltà emotive. Lo scopo è quello di facilitare l’acquisizione di un potere personale, cioè il self-empowerment. Paragrafo 5: Il metodo Retravailler. Tra le prime esperienze di orientamento riconosciamo il metodo Retravailler, sperimentato in Francia e pensato per favorire il reinserimento delle donne nel mondo del lavoro con lo scopo di aiutarle a superare le difficoltà che comporta un’interruzione di carriera. Il metodo richiede un coinvolgimento diretto che attraverso un’attività di riflessione personale e di gruppo porta a rivedere la propria identità personale e professionale. È un dispositivo di reinserimento e riorientamento professionale che ha lo scopo di potenziare l’occupabilità delle donne valorizzando i saperi e le capacità acquisite precedentemente. Vi sono inoltre problemi connessi al doppio ruolo della donna in quanto si ritiene che sia incapace di gestire poiché ha un conflitto interiore che rappresenta un senso di inadeguatezza, il metodo Retravailler quindi si concentra sull’autopercezione femminile, sul sentimento che ogni donna manifesta. Gestire il doppio ruolo vuol dire intervenire autonomamente nella propria vita contribuendo a rendere la donna capace di creare nuove condizioni per lo sviluppo. L’obiettivo è ricostruire l’identità professionale dell’utente promuovendo una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie capacità oltre a supportarla nel progettare un piano di sviluppo professionale e personale. Il metodo focalizza l’attenzione sulla famiglia come fonte di apprendimento. DIVENIRE IN FELICITA’. COMPETENZE EMOTIVE PER ORIENTARSI AL BEN- ESSERE. Daniela Dato. Paragrafo 1: Una questione di felicità. La felicità è strettamente legata all’educazione in quanto la felicità dovrebbe essere vista come una buona pratica educativa e l’educazione deve contribuire a promuovere la felicità a livello collettivo ed individuale. La felicità è un processo complesso che evidenzia la possibilità del soggetto di autorealizzarsi, di giungere ad uno stato di ben-essere e di sviluppare il potenziale cognitivo, emotivo e creativo. La ricerca pedagogica della felicità è un processo che spinge il soggetto a superare la condizione di routine per spingerlo ad agire usando le sue risorse interne ed esterne, si configura come un processo orientativo di costruzione e decostruzione di progetti di sviluppo personali. L’obiettivo del sistema formativo è quello di offrire degli strumenti per potersi orientare in diversi contesti per sviluppare la capacità di autoregolazione e relazione che puntano al raggiungimento del ben-essere fisico, sociale e pedagogico. Si tratta di promuovere forma mentis che appartengono agli apprendimenti di tipo due. La formazione ha un ruolo importante, conduce il soggetto verso uno stato di ben-essere, uno star bene con sé e gli altri. Paragrafo 2: Tre sfide irrinunciabili. La felicità è un cammino verso l’autorealizzazione e su ciò risulta fondamentale porsi delle domande come ad esempio chi sono, dove vado e con chi. Orientarsi vuol dire distinguersi, dare forma e definire i limiti e l’orizzonte nel quale si dà la nostra esperienza, l’orientamento dunque deve avere come obiettivo la felicità vista come esistenza piena e completa e ci rifacciamo a tre variabili che giustificano il richiamo all’idea di felicità quale quello cognitivo, emotivo-affettivo e relazionale, riconoscendo queste tre dimensioni è possibile tradurre le sfide perché si tratta di una maturità che si realizza generando progetti e che richiede la capacità di autodefinizione e autoposizionamento rispetto alla realtà che ci circonda in quanto nella società odierna l’orientamento assume una connotazione affettiva e cognitiva di fronte alle difficoltà del soggetto. Paragrafo 3: Chi sono? Il riconoscimento delle trame. L’integrazione tra cuore e mente mette in luce il processo di costruzione e orientamento dell’uomo. L’orientamento deve essere pensato come a un processo che porta a conoscere sé stessi, a comprendersi, ad avere una buona autostima e un buon senso di autoefficacia perché un soggetto consapevole di sé ha più possibilità di operare scelte efficaci, di gestire situazioni problematiche e di migliorare il suo potenziale. È un processo di cura di sé perché consente al soggetto di produrre significati ma punta ad una buona competenza autorientativa oltre ad essere aperto al cambiamento in grado di costruire trame e di entrare in armonia. Possiamo affermare quindi che il cambiamento e la trasformazione sono considerati itinerari che costruiscono e si percorrono insieme ad altri. Paragrafo 4: Dove vado? Il coraggio dell’incertezza. Il termine Orientamento deriva dal participio presente del verbo orior che indica l’azione di ricerca della posizione del Nord in modo da stabilire la giusta direzione verso cui muoversi. Ogni processo di orientamento e cambiamento presenta delle emozioni contrastanti, ogni oggetto di apprendimento è spinto dalla motivazione a superare il dubbio, il disagio e l’inadeguatezza. Si tratta di emozioni che spingono l’individuo a sperimentare l’errore e ad aprire le porte al cambiamento e all’assimilazione di nuove informazioni. Il senso di angoscia e spaesamento nasce se ci creano nuove situazioni e in base alla capacità di confrontarsi con l’ignoto, si tratta di operare la scelta di non rimanere immobili, sempre uguali a sé stessi e di evidenziare il coraggio come risorsa emotiva che è utile a orientarsi nella complessità. Paragrafo 5: Con chi? L’occasione relazionale. Gardner quando propone la teoria delle intelligenze multiple, sottolinea come l’intelligenza interpersonale influenzi e condizioni l’esistenza di un soggetto poiché può indurre il soggetto a fare scelte sbagliate. Distingueva l’intelligenza intrapersonale da quella interpersonale in quanto sono intelligenze che mettono in gioco le competenze emotive che consentono al soggetto di conoscere sé stesso e gli altri. Martha Nussbaum affermava come le emozioni implicano giudizi su cose importanti, le emozioni sono forme di giudizio valutativo e sono legate a valutazioni che rappresentano stime cognitive, inoltre nelle emozioni vi è una prospettiva eudaimonistica in quanto il soggetto progetta e realizza percorsi di trasformazione e cambiamento. Bruner invece nel La cultura dell’educazione evidenzia una pedagogia della reciprocità, di processo di apprendimento visto come un processo di cambiamento al possibile se è fondato sulla comprensione, collaborazione e discussione. Il processo di orientamento è un esercizio di apprendimento comunicativo, alla base c’è la dimensione emotiva e la finalità è la comunicazione. Paragrafo 6: Educare al sentire per orientare. La dimensione affettiva ed emotiva dell’individuo rappresenta un tema molto delicato di studio e analisi da chi compie indagini pedagogiche. La gestione delle emozioni può condizionare la felicità del soggetto e quindi orientarsi e orientare vuol dire sperare, immaginare e prefigurare nuove strade. È la speranza una delle più importanti emozioni perché c’è solo se si presentano nuove occasioni, sfide e progetti e sono proprio le emozioni ad attivare i timori, meccanismi di reazione e situazioni di crisi oltre a resistenze di cambiamento. La pedagogia punta a promuovere l’interrelazione tra logos ed eros ed è proprio per questo che la formazione di competenze emotive può essere capace di dare un aiuto per superare il disagio esistenziale. ORIENTAMENTO COME PARADIGMA DELL’AZIONE. HOPE THEORY E PROMOZIONE DELLE COMPETENZE TRASVERSALI. Antonia Chiara Scardicchio. Paragrafo 1: Orientare, orientarsi: paradigmi dell’azione. Orientare è una pratica per la vita, rappresenta un’evoluzione intesa come scambio e passaggio da una generazione alla successiva. Nei processi di orientamento vi è la metaincompetenza che precede ma innesca anche gli abbandoni degli studi universitari, la difficoltà risiede nelle competenze personali di fronteggiamento cioè l’insieme dei pensieri, sentimenti ed azioni che sono utilizzate dall’individuo per risolvere le varie problematiche, tutto dipende però dalle life skills e cioè Il colloquio è lo strumento per eccellenza perché si tratta di due azioni ovvero di sostegno e counseling. Il colloquio può essere utilizzato in diverse modalità ed è sempre diverso in base a quando viene utilizzato e in base agli obiettivi specifici che si devono raggiungere. L’approccio metodologico usato è quello di Rogers che vede la relazione incentrata sul cliente che si deve orientare, si è liberi di esporre i problemi propri e di parlare senza l’interferenza del consulente in quanto il suo compito è quello di ascoltare ma deve comunque incoraggiare l’utente e promuovere la maturazione personale. È stato sviluppato un modello pluralistico centrato sulla persona ed è uno strumento complesso per costruire percorsi di cambiamento individuali, il compito del counselor sarà quello di costruire il dialogo del cambiamento accompagnando il cliente nelle singole fasi di sviluppo della relazione attraverso l’empatia ovvero la capacità di sentire le emozioni di un’altra persona senza diventare un fare proprio ma un temporaneo ingresso nelle emozioni dell’altro. Paragrafo 4: L’accoglienza e l’analisi della domanda. Il colloquio conoscitivo è fondamentale per raccogliere informazioni. L’obiettivo è quello di creare una relazione attraverso un clima accogliente, un ascolto attivo, delle domande aperte e l’empatia. Le domande poste sono fatte per conoscere e non investigare e si crea una comunicazione circolare che va ad agevolare l’utente, inoltre importante è la tecnica della riformulazione perché costituisce una modalità comunicativa di ascolto e relazione e consiste nel ridire e rioffrire la comunicazione attraverso l’uso dello stesso linguaggio. Il colloquio dell’accoglienza è finalizzato a facilitare l’accesso presso una struttura e a presentare l’offerta dei servizi erogati ma è importante anche il colloquio di analisi della domanda. Il colloquio è un dialogo e non un monologo ed implica l’ascolto attivo per capire l’altro. L’ORIENTAMENTO NARRATIVO. LE NARRAZIONI PER RISPONDERE AL BISOGNO ORIENTATIVO ODIERNO. Federico Batini. Paragrafo 1: Premessa. L’orientamento narrativo è un metodo di orientamento formativo che ha lo scopo di portare l’individuo a raggiungere l’autonomia ma anche ad avere un ruolo attivo nella costruzione della propria vita in una prospettiva lifelong e lifewide learning. L’orientamento narrativo sarà situato all’interno dell’orientamento formativo attraverso riflessioni circa la presenza delle narrazioni nella vita quotidiana. Paragrafo 2: Nascita e motivazioni. L’orientamento narrativo nasce nel 1997 grazie ad un gruppo di ricerca. Nasce in relazioni ad un’insoddisfazione delle pratiche di orientamento e si propone di contribuire al dibattito ed all’operatività dell’orientamento, propone un dialogo tra pratica e teoria attraverso il metodo della ricerca-azione con l’obiettivo di aumentare le occasioni di incontro tra mondo della ricerca e della teoria e mondo degli operatori ma propone anche un metodo flessibile che incrocia vari problemi legati all’istruzione e alla formazione. Paragrafo 2.1: Un metodo di orientamento formativo. L’orientamento può distinguersi in: orientamento informativo, caratterizzato da tutti i metodi e le pratiche che forniscono ai soggetti conoscenze utili per fare delle scelta; in orientamento formativo dove l’obiettivo è quello di sviluppare o rinforzare le competenze di orientamento nel soggetto e in orientamento alle transizioni cioè quelle pratiche che accompagnano, dirigono o facilitano i processi di scelta di un soggetto. L’orientamento narrativo inoltre può essere scolastico o attitudinale, in base a se si parla di collocazione del soggetto o metodo di riferimento. Si situa nei modelli di orientamento di tipo formativo ma si adatta ai diversi contesti ed alle varie necessità senza trovare il proprio scopo in nessuna di esse. Paragrafo 2.2: perché usare le narrazioni? I metodi narrativi che si sono sviluppati garantiscono un approccio centrato sulle competenze orientative degli utenti di ogni fascia d’età. Con le narrazioni è possibile sviluppare la capacità di dare un ordine, un rilievo e un senso ai fatti della vita ed è possibile diventare capaci di affrontare le situazioni nuove, inaspettate, imprevedibili ed eccezionali oltre ad immaginare un futuro e progettare soluzioni per costruirlo inoltre le persone sviluppano la capacità di comunicazione e di interazione. L’orientamento narrativo mette a disposizione degli insegnanti e degli altri professionisti gli strumenti per lavorare sulle competenze che sono necessarie alle persone. Paragrafo 2.3: Narrazioni e vita quotidiana. Le narrazioni, le storie e i racconti invadono la vita quotidiana in quanto ognuno racconta ciò che accade a sé stesso ed agli altri, prefigura il futuro attraverso alcune storie, rammenta il passato e lo modifica attraverso le storie. La storia è utilizzata da tutti, dai politici, dalla televisione, dalla pubblicità in quanto non spiega i prodotti ed il loro costo ma ci raccontano delle storie che suscitino associazione. Anche le grandi religioni hanno una storia da raccontare che si presenta come l’unica possibile, l’unica vera e capace di salvarci. Tutti narriamo ciò che succede, ciò che pensiamo, le nostre riflessioni e la nostra visione del mondo. Mentre narriamo ci accorgiamo chi siamo, cosa desideriamo, cosa ci addolora e ci rende felici in quanto mentre raccontiamo diamo un senso ad un’intera classe di eventi. Paragrafo 2.4: Il pensiero narrativo. Il pensiero narrativo è quel pensiero che si occupa delle intenzioni e delle azioni dell’uomo, l’obiettivo è quello di situare l’esperienza nel tempo e nello spazio. Il pensiero logico-scientifico è un sistema descrittivo e matematico teso a conseguire un certo grado di astrazione. La narrazione è un processo cognitivo che si ripete quando ascoltiamo qualcuno che narra attraverso l’immaginazione che agisce in qualsiasi situazione personale, formativa e professionale. Si collega alle vicende e azioni dei protagonisti, alle loro intenzioni, ai loro desideri e credenze. Varie ricerche condotte hanno evidenziato come il bambino sia capace di comprendere l’origine dei comportamenti propri ed altrui attraverso la rappresentazione della mente, il bambino raggiunge il linguaggio verbale verso i 2 o 3 anni di vita e conquista la capacità di interpretare i rapporti interpersonali tentando di agire sugli stati mentali altrui per modificare i comportamenti, acquisendo una strategia comportamentale che implica un dialogo tra sé e gli altri interpretando la realtà ed esercitando la previsione sulle conseguenze di comportamento o discorsi. Paragrafo 2.5: Costruzione di senso e significato. Le epistemologie rappresentano le scienze come delle narrazioni. Un aspetto del nostro cammino consiste nel trovare e attribuire un significato a come impostiamo la vita che scegliamo, il metodo narrativo agisce sulle dimensioni di senso e di significato delle persone e sull’identità delle stesse, di contribuire alla riduzione del disagio esistenziale. Ogni persona nella sua vita ha bisogno di orientamento, importante è la concentrazione sulle capacità di scegliere piuttosto che sull’accompagnare una scelta ed è per questo che le competenze di tipo interpretativo diventano fondamentali. Rappresenta un cambiamento forte, quello di aiutare i soggetti a costruire strumenti interpretativi e progettuali per comprendere ciò che ci accade e ciò che vogliamo nella nostra vita. Bruner afferma che l’individuo impone un significato ogni volta che vive un’esperienza, questo significato costituirà il modo in cui ricorderemo quella particolare esperienza evidenziando alcuni particolari, dimenticando altre contribuendo quindi a creare un ricordo. Nessuno ha un accesso vero all’esperienza, ma la stessa esperienza può essere vissuta, descritta e raccontata in modo diverso da più persone. Paragrafo 3: Obiettivi e competenze. Se l’obiettivo dell’orientamento narrativo è l’autonomia dei soggetti, possiamo collocarla nell’ambito dei metodi qualitativi centrati sull’utente. L’orientamento narrativo vuole fare dei soggetti gli autori della propria esistenza capaci di dialogare e di costruire progetti di vita consapevoli, maturi e portatori di benessere individuale e collettivo. I sistemi dell’istruzione, formazione e del lavoro devono rispondere al bisogno di competenze orientative, usare la narrazione comporta molteplici funzioni che corrispondono a competenze fondamentali come l’essere capaci di dare una struttura alla realtà in cui vive il soggetto, l’essere capaci di interpretare ciò che ci accade, l’essere capaci di esercitare previsioni sul futuro e di progettare o l’attribuire un senso e un significato a ciò che accade. È fondamentale considerare che vi è una interrelazione di queste competenze tra di loro ma sono utili in quanto sono poste all’interno dei curricoli di studio ed è opportuno ricordare che nei percorsi di apprendimento formali, non formali e informali queste permettono di esercitare il ruolo di cittadini e di soddisfare le life skill, le competenze chiave o le competenze trasversali. Paragrafo 4: Come si usa l’orientamento narrativo. Il professionista dell’orientamento narrativo è un facilitatore dell’apprendimento che gestisce situazioni in cui i soggetti sono messi in condizione di testualizzare le proprie costruzioni di significato. Le modalità narrative appaiono le forme più adeguate per stimolare processi nei quali il soggetto può esplorare se stesso, il proprio ambiente, le proprie aspirazioni. Un esempio può essere il curriculum vitae, che rappresenta una narrazione su sé. Di fronte a queste molteplici vedute, la persona può reagire con ansia e smarrimento generando tensione. Narrare consente di mettere insieme i fatti per poi prendere decisioni, riproduce la realtà e la adegua al vissuto personale garantendone il controllo da un punto di vista emotivo contribuendo all’empowerment del soggetto ed alla sua autopercezione di efficacia. È fondamentale ricordare che vi sono delle regole da seguire, come la contaminazione, il rispetto del pudore, l’ascolto, l’avalutatività e la copresenza, quindi l’orientamento narrativo permette di attuare un processo durante il quale le persone hanno la possibilità di intervenire sulla propria identità, sull’autoefficacia, sull’immagine di sé nei vari contesti e possono acquisire competenze progettuali a partire dall’utilizzo dei propri materiali. Anche nel contesto scolastico è fondamentale, facilita l’attivazione di risorse cognitive e comportamentali di governo contribuendo allo sviluppo delle competenze chiave e delle life skill, assume anche un ruolo importante nel contesto di gruppo, aiuta ad instaurare un rapporto positivo, empowerment della persona capace di indurre all’azione e di mantenere fermo il principio di realtà allo scopo di aiutare a prendere decisioni, anche la figura dello psicologo è importante in quanto l’indagine psicometrica deve essere integrata con altri tipi di analisi. Bisogna prevedere un piano di formazione e aggiornamento basato sui bisogni educativi del personale in cui i soggetti impegnati presso questi centri devono aggiornarsi confrontandosi con la ricerca. I prodotti di ciascun bilancio devono essere conservati, archiviati e trattati nel rispetto della normativa nazionale sulla privacy. RIFLESSIONI SULL’IDENTITA’ ORIENTATIVA DEL CONSULENTE DEL BILANCIO. Manuela Ladogana. Paragrafo 1: Educare alla scelta nella società della conoscenza. Nelle società odierne, un tratto fondamentale è il cambiamento. Dalla old economy alla new economy, dalla learning economy alla net economy, dalla labour society fino alla learning society è stato attraversato da grandi trasformazioni. L’espandersi dei saperi, delle conoscenze e delle competenze portano un senso di relatività e insicurezza negli stili di vita ed è importante consentire all’individuo di riorganizzare la propria vita di fronte a punti di crisi, riadattarsi alle situazioni che si devono affrontare ma che mutano. Fondamentale è l’orientamento cioè l’avvio di un discorso con lo scopo di ridefinire la categoria premettendo un’educazione alla scelta che non è mai un fatto legato al solo momento ma è un processo. L’educazione alla scelta si impone come emergenza educativa, come una nuova frontiera pedagogica chiamata a rispondere ai bisogni e alle richieste del nuovo contesto, a promuovere la capacità e il potere di assumere il controllo sulla propria esistenza e sulle scelte. È necessario che l’orientamento conquisti una identità formativa, assumendo come obiettivo quello di educare alla scelta e alla progettualità. La capacità di saper orientarsi nel futuro e di saper orientare le scelte future non può prescindere dalla padronanza di competenze cognitive ma deve orientare al di là delle necessità. La pratica narrativa si configura come dispositivo privilegiato per la costruzione di senso del soggetto. Paragrafo 2: il Bilancio di competenze: una pratica orientativa di tipo narrativo. Il bilancio delle competenze mira a promuovere l’autonomia della persona e mira a favorire nel soggetto l’attivazione di un processo di empowerment che dia significato alle incertezze esistenziali. La narrativa è il racconto di progetti che sono falliti, facilita nel soggetto la costruzione del sé e l’elaborazione dei propri progetti esistenziali. Se l’individuo dimostra di avere abilità, capacità e competenze, il progetto sarà efficace. Lo scopo del bilancio delle competenze è di rendere la persona capace di utilizzare le proprie risorse per operare un cambiamento esistenziale sviluppando forme di adattamento rispetto alla mutabilità dei soggetti. Paragrafo 3: Le competenze orientative del consulente di bilancio di competenze. L’identità del consulente di bilancio di competenze si caratterizza per una professionalità dotata di empiricità e teleologia indispensabile per orientare l’individuo nel processo di riconoscimento delle proprie competenze e della loro trasferibilità nei differenti contesti di vita e lavoro. La funzione del consulente è quella di accompagnare il soggetto a prendere consapevolezza di sé, riconoscendogli il ruolo di protagonista attivo nella realizzazione del bilancio. Non deve prendere il posto dell’interessato, non deve decidere per lui e non deve imporgli delle scelte ma deve essere da supporto e fornire dei mezzi per analizzare la propria situazione, per costruire il proprio progetto e prendere in carico la propria situazione. Il consulente sostiene e accompagna la persona nel percorso di identificazione delle proprie conoscenze, capacità e competenze, si realizza da una ricostruzione della propria storia di vita, lavoro e formazione focalizzando l’attenzione sulle scelte compiute nei momenti di svolta. È fondamentale pensare a strategie orientative e formative che interroghino le persone coinvolte, il ruolo del consulente è quello di aiutare il soggetto a costruire una rappresentazione di sé all’interno di uno spazio di comunicazione in cui favorire il dialogo e lo scambio ma deve anche sostenerlo poggiando sulla cura, comprensione e accompagnamento quindi sul prendersi cura del soggetto.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved