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Origini delle lingue e letterature romanze, Sbobinature di Filologia romanza

Sbobine origini delle lingue e letterature romanze A.A. 2021/2022, università degli studi di Palermo.

Tipologia: Sbobinature

2020/2021
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Caricato il 27/08/2022

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Scarica Origini delle lingue e letterature romanze e più Sbobinature in PDF di Filologia romanza solo su Docsity! ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE 1 FILOLOGIA INTRODUZIONE La linguistica è la disciplina che studia il linguaggio umano. - Lingua: oralità e scrittura > l’oggetto primo della linguistica è proprio la lingua parlata. Nel contesto delle lingue non è scontato che esista una lingua scritta, per cui la scrittura è un qualcosa che viene dopo. - Nel caso degli studi romanzi, la linguistica può essere intesa come disciplina ausiliaria . Non perché la linguistica non abbia una sua autonomia, ma per i filologi romanzi la linguistica aiuta ad approcciarsi e leggere nel modo più corretto possibile il testo. - Nello specifico, l’oggetto di studio della Linguistica romanza è il complesso degli idiomi romanzi. È una linguistica che si occupa delle lingue romanze, compresi i dialetti. Termine dal significato non univoco Etimologicamente: “amore della parola” Esistono diversi modi di interpretare la filologia come disciplina accademica: 1) Senso ampio e generale : somma di linguistica + glottologia e letteratura > filologia. Approccio anglosassone (romance studies) 2) Zona di sovrapposizione tra linguistica/glottologia e letteratura ; Concetto comune italiano – filologia intesa come disciplina che ha la sua specificità, che riguarda il testo, però è vista come una zona di sovrapposizione fra la letteratura e la linguistica, cioè è quella parte di studi che si approccia ai testi letterari attraverso un’indagine che è più di tipo linguistico. A questo concetto di filologia corrisponde in qualche modo il terzo modo  3) Senso stretto : studia la storia e i processi di trasmissione dei testi antichi, per fornire edizioni moderne (critica del testo, ecdotica). Se noi uniamo tutte queste prospettive ci daranno la definizione  : s’intende la filologia come lo studio dei testi, non solo letterari, e non necessariamente solo scritti, condotto con particolare riguardo agli aspetti linguistici, all’interpretazione puntuale (interpretazione, in particolare, del ‘significato letterale’), al contesto culturale e all’interpretazione storica, alla storia della tradizione e ai problemi dell’edizione critica” Beltrami, pp. 19-20. (L’edizione critica è un’edizione moderna di un testo medievale a cui si arriva attraverso la critica, il metodo filologico, quando vogliamo fornire un testo che sia quanto più vicino possibile all’originale). ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE 2 ROMANZO Il termine romanzo indica tutto ciò che è continuazione del latino, la lingua antica di Roma e dell’impero romano. Area in cui si parlano le lingue romanze: Dominio Romanzo o Romània. It. romanzo < fr. Romanz < avv. Lat. ROMANCE (da ROMANICE LOQUI – parlare a mo’ dei romani vs LATINE LOQUI – parlare a mo’ dei latini, la lingua latina) Questa differenza fa capire come ‘romanice’ si contrapponeva a ‘latine’ (latine parlare latino). Nella tarda antichità comincia ad essere utilizzata l’altra espressione ‘romanice loqui’, parlare a mo’ dei romani che erano gli abitanti dell’impero romano ma che non parlavano il latino. Questi romani erano consapevoli che il latino fosse la loro lingua, ma ormai erano abitanti dell’impero romano che parlavano una lingua che derivava dal latino, ma che era il preludio di quelle che poi sarebbero diventate le lingue romanze. Per questo dall’espressione “romanice” è derivato il termine francese “romanz” che indica ciò che è continuazione del latino. Quando parliamo di dominio romanzo dal punto di vista linguistico ci riferiamo anche ai dialetti > continuum romanzo. La dialettologia romanza sta anche alla base della formazione della linguistica romanza come disciplina. La maggior parte degli studi del tardo 800 e poi del 900, di ambito linguistico romanzo, sono studi dialettologici; per non parlare del fatto che se pensiamo a queste aree in cui si parlano le lingue romanze, indipendentemente dal fatto che oggi distinguiamo lingue nazionali che hanno dei loro confini, in realtà poi le lingue dal portogallo all’adriatico non hanno discontinuità, infatti il passaggio da una zona dialettale a un’altra non è netto, ma sfumato. Se andiamo nello specifico tra una zona tra la Francia e l’Italia troviamo un continuum dialettale (le lingue sono ben definite invece). In sintesi: La filologia romanza è la filologia delle lingue e delle letterature romanze > riguarda i testi prodotti in queste lingue, da un punto di vista unitario. Balcanoromanzo: romeno (e dalmatico*) Romania antiqua (continua + isolata) ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE 5 FAMIGLIE delle LINGUE ROMANZE (da ovest a est):  Iberoromanzo: portoghese, spagnolo, catalano1;  Galloromanzo: francese, francoprovenzale, occitano;  Retoromanzo: romancio, ladino, friulano;  Italoromanzo: italiano, sardo; Romània continua – continuum dialettale. Il caso della Romania, a seguito delle invasioni degli slavi, è rimasto isolato. Sulla base di alcuni tratti linguistici possiamo distinguere una Romània occidentale (isoglossa La Spezia – Rimini, che separa la zona dell’Emilia dai dialetti toscani) dalla Romània orientale – costituiti dai dialetti meridionali e centrali e il romeno (a sud-est La spezia-Rimini). 1 Catalano: lingua ponte, benché si collochi nella varietà delle lingue iberoromanze, per una questione non solo geografica, ma anche storica, viene definita, appunto, lingua ponte per delle caratteristiche che la associano anche alle varietà galloromanze, in particolare l’occitano. Invece il *Dalmatico è una lingua estinta, abbiamo testimonianze sia scritte sia orale (risalenti all’800), anch’essa lingua fonte poiché simile all’italiano. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE 6 Quali sono i tratti linguistici che le contraddistinguono?  Lenizione (indebolimento) delle intervocaliche latine  Conservazioni di -s finale Esiste anche una Romània NUOVA: - Fuori dall’Europa; - Le lingue romanze sono state importate più tardi, in età moderna Romània nuova: insieme di aree extraeuropee in cui si parlano lingue romanze e dove le lingue romanze sono state importare in età moderna, per esempio con la scoperta dell’America, con i processi di colonizzazione. All’interno di queste aree si riconoscono delle lingue particolari definite Lingue creole a base soprattutto portoghese e francese. Le lingue creole sono delle lingue che si evolvono a partire dai pidgins (delle lingue molto semplici che nascevano negli empori commerciali, lingue di base romanza, con una grammatica molto ridotta e un lessico settoriale. Nasceva quasi come lingua franca per poter permettere una comunicazione immediata e comprensibile). Dal momento in cui i pidgins cominciano ad essere utilizzati come lingue per la comunicazione quotidiana e diventano lingue madri di parlanti di nuove generazioni, queste diventano lingue creole e di conseguenza si sviluppa una grammatica, un lessico più ampio. Le grammatiche delle lingue creole seguono la base delle lingue europee. Lingue creole a base portoghese: Ceylon, Capo Verde ecc. Lingue creole a base francese: Haiti, Piccole Antille, Guyana ecc. Lingue creole a base spagnola: Isola di Curacao, Filippine. Centro e sud America – spagnolo. Brasile – portoghese Canada – zona in cui si parla il francese con alcune particolarità Africa – colonie e varie lingue romanze Zona della Cambogia del Vietnam – francese. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE 7 PANORAMA DELLE LINGUE ROMANZE PANORAMA STORICO-GEOGRAFICO DELLE LINGUE ROMANZE Ad oggi la situazione linguistica-dialettale della penisola iberica è divisa in una zona centrale maggiore in cui si parla il castigliano (quello che chiamiamo spagnolo a partire dalla formazione del Regno di Spagna), accanto al castigliano abbiamo una zona portoghese che condivide con il galego che invece è una lingua autonoma della comunità della Galizia e poi altra lingua romanza che è il catalano che si colloca nell’area mediterranea, lingua ufficiale della comunità autonoma della catalogna. Accanto a queste lingue c’è una fascia in cui si colloca l’aragonese e un’area basca – lingua non indoeuropea – e ancora il lionese. Perché troviamo questa divisione a fasce verticali nella penisola iberica? Tornando indietro, introno al X – XI secolo, dopo la conquista araba del sud della penisola iberica, si parlava l’arabo e i dialetti mozarabici – dei dialetti romanzi, risultati dell’evoluzione del latino parlati nel sud e nel centro della penisola iberica – ma che poi sono stati perduti. Abbiamo delle tracce di natura letteraria in alcuni testi poetici medievali in cui le code, chiamate “Jarchas” ritrovate in testi ebraici o arabi medievali di area spagnola, sono scritte in Mozarabico. Perché questi dialetti romanzi sono stati perduti? Se nel sud si parlava l’arabo, la fascia settentrionale della penisola iberica era in mano ai regni cristiani dove si parlavano delle lingue romanze e dei dialetti romanzi: il Galego portoghese, il Leonese, in Castigliano, il Basco, l’Aragonese e il Catalano. Qual è la causa storica, politica che determina l’assetto odierno delle lingue romanze nella penisola iberica? La fase de la reconquista: ad un certo punto i regni cristiani del nord promuovono la conquista verso il sud per scacciare via gli arabi, con i conquistatori cristiani marciano anche le loro lingue. In particolare in questo processo di reconquista, un ruolo centrale sarà svolto proprio dalla Castiglia, ed è il motivo per cui il castigliano penetra, si sviluppa e si diffonde in maniera molto più capillare in tutta la penisola iberica. Quindi succede che: il Galego portoghese procede verso sud, il portoghese di distacca dal galego definendo ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 9 Il castigliano inizialmente era geograficamente limitato, ma successivamente ha avuto una forte e repentina espansione. Questo processo spiega la base dei fenomeni di semplificazione a livello fonetico che il castigliano ha subito, molto più marcato rispetto alle varietà romanze limitrofe (portoghese o catalano). Per cui ritroviamo tanti fenomeni isolati peculiari del castigliano, alcuni che sono proprio in una fase antica, tanto che li rintracciamo anche nelle testimonianze medievali del castigliano; poi ci sono invece dei fenomeni più moderni  nessi k-, p-, f- + l > liquida palatale (llamar, llover, llama)  processi di semplificazione: /ts/ e /dz/ > /θ/; /ʒ/ > /ʃ/ > /χ/ (es. Quijote [ki’χote] ~ Chisciotte, Quichotte [ʃ]); defonologizzazione dell’opposizione [s] – [z]. CATALANO Anche il catalano, come il galego, ha subito la pressione del castigliano durante l’età moderna; è stata una lingua politica, letteraria e di cultura molto importante fino al 1400 – XV secolo, diffusa tra la contea di Barcellona e il regno d’Aragona, però poi a seguito dell’unificazione delle due corone, il centro politico era quello castigliano e il catalano è stato sopraffatto. Nell’800, in questo clima di rinascita nazionale, anche il catalano va incontro ad un processo di riscoperta: torna ad essere utilizzato nelle attività pratiche ma anche intellettuali, torna ad essere prodotta una certa letteratura soprattutto nella seconda metà dell’800, però anche il catalano subirà, come il galego, una repressione da parte del franchismo e solo alla fine della dittatura di Franco, quindi fine degli anni ’70, il catalano sarà riconosciuto come uno delle lingue nazionali accanto allo spagnolo nelle tre comunità autonome – in cui esistono tre varietà di catalano: català, valencià e balear o mallorqui. Durante la fase medievale esistevano già due gruppi dialettali principali catalani: quella occidentale – valenciano – e quello orientale legato essenzialmente a Barcellona. Il catalano funziona come lingua fonte, lingua di mediazione tra le varietà ibero-romanze e quelle galloromanze, in particolare l’occitano, proprio perché il catalano condivide con l’occitano alcuni tratti specifici. Uno di questi è la caduta delle vocali atone finali diverse da -a, con conseguenze morfologiche, oppure un altro tratto è la conservazione dei nessi CL e PL iniziali. Accanto a questi tratti ci sono dei tratti caratteristici a livello fonetico del catalano, come ad esempio la palatalizzazione della liquida iniziale (L- > ʎ, es. lluna [ʎuna] < LŪNA, llop [ʎop] < LǓPU). La forma moderna del catalano è influenzata sicuramente dallo spagnolo. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 10 LINGUE GALLO-ROMANZE All’interno del dominio galloromanzo rintracciamo il francese che si parla in tutta la Francia, ma dal punto di vista dialettale è la lingua della fascia centro-settentrionale, perché in realtà al sud si parla l’occitano a livello dialettale. Esiste una terza varietà galloromanza, particolare ma meno importante perché ha una storia molto più circoscritta e limitata, che è il franco-provenzale, che viene parlato nella zona di Grenoble, Lyon, Valle d’Aosta, Svizzera Normanda etc. E’ una distinzione moderna ma ricalca una dimensione di definizione tipicamente medievale perché c’era una certa consapevolezza già allora (ne parla Dante nel De Vulgari Eloquentia) della distinzione tra la lingua d’oil (significa sì in normanno) e la lingua d’oc (significa sì in occitano). E’ un quadro medievale che dal punto di vista linguistico era molto ricco, in cui i dialetti del francese erano significativi e non c’erano differenze eclatanti grammaticali o morfologiche, ma per lo più di tipo fonetico o grafico. C’erano dei dialetti importanti che hanno prodotto una letteratura altrettanto importante, come lo champenois (dialetto di Champagne) o il vallone (di Wallon), il piccardo, il normanno, il pittavino, e tra questi quello più importante sarà il franciano, ossia il dialetto parlando nell’Ile-de-France, a Parigi, che si imporrà su tutti gli altri dialetti, un po’ come succederà in Italia con il fiorentino, ma mentre in Italia è più che altro una questione letteraria con la questione della lingua di Pietro Bembo, nel francese invece, sebbene il franciano avesse prodotto una importante letteratura, la sua imposizione sugli altri dialetti sarà una scelta politica, legata alla centralità che assume Parigi all’interno della politica francese. E quindi anche in Francia un po’ come avveniva in Castiglia, il dialetto franciano si imporrà da un punto di vista politico e culturale in tutta la Francia, quindi anche in Occitana, relegando gli altri dialetti a essere dei patois, un termine che indica un dialetto che non gode alcun prestigio e che non viene utilizzato, ma che in alcuni contesti rurali sopravvive venendo utilizzato solo in contesti familiari. FRANCESE Il francese è parlato i tutto il mondo, e diventa una lingua di cultura a partire dal secolo dei Lumi fino al XX secolo. I patois, a differenza del galego e del catalano che sono tornate in auge, non hanno una norma linguistica comune, il che non li rende sufficienti per poter essere utilizzati per ambiti comunicativi al di fuori di quelli colloquiali o familiari. Nel medioevo ci sono tanti dialetti gallo-romanzi importanti e significativi, che Dante definisce langue d’oil, come normanno (che poi verrà importato dai Normanni in Inghilterra, il quale avrà una centralità molto significativa nel Medioevo perché molti manoscritti medievali vengono proprio trascritti in Inghilterra e hanno una patina linguistica anglo-normanna), piccardo, borgognone etc. La scelta politica di fare del francese la lingua del re e poi la lingua amministrativa è anche il motivo che sta alla base della sua profonda evoluzione a livello letterario, perché è la lingua più evoluta a partire dal latino, molto più marcato rispetto ad altre lingue, anche rispetto al castigliano che è comunque una lingua molto evoluta. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 11 Il francese ha subito talmente tanti cambiamenti che noi distinguiamo un francese antico (che caratterizza i testi tra il XII e il XIV secolo), un francese medio (XIV-XVI secolo) e un francese moderno. I cambiamenti più profondi a livello fonetico e sintattico sono quelli che segnano il passaggio dall’antico a moderno, mentre gli altri cambiamenti sono più che altro di tipo grafico, perché fra il Cinque e il Seicento in Francia si assiste alla nascita di una nuova norma grafica che rende meno comprensibile il legame che in realtà dovrebbe esistere tra la forma di una parola odierna francese rispetto al suo etimo francese. D’altronde nel francese si nota come rispetto alle altre lingue romanze l’aspetto grafico è molto distante dalla fonetica: una parola ha una forma grafica che rispetta la pronuncia del Cinque o Seicento, ma che oggi viene pronunciata in modo totalmente diverso. Il francese comunque ha una centralità a livello culturale molto importante, infatti si inizia a diffondere già dal Sei e Settecento, e proprio nell’Ottocento il francese ha contribuito, in virtù dei rapporti con la Romania, a occidentalizzare il romeno soprattutto nell’area lessicale, una lingua che proprio per il suo isolamento ha avuto una storia linguistica diversa dalle altre aree della Romània, e che pur avendo avuto un forte influsso del russo, è poi tornato alla sua occidentalizzazione grazie a una serie di termini francesi ma anche italiani. OCCITANO L’occitano è una lingua relegata un po’ ai margini perché non è molto parlata, infatti da quando i territori del sud cominciano a orbitare sotto la corona francese sarà un po’ surclassata. Così come il catalano e il galego, l’occitano cerca di tornare in auge e produrre una propria letteratura, ma è qualcosa che stenta a esistere anche nell’Ottocento stesso perché non esiste una norma grammaticale unitaria; solo di recente sono stati fatti degli ulteriori tentativi per tornare a scrivere l’occitano, ma c’è una forte frammentazione al suo interno. La lingua però nel Medioevo aveva una centralità assoluta insieme all’antico francese ed è una delle prime lingue che si è costituita in koinè letteraria cominciando a produrre opere già dall’XII secolo, per non parlare del fatto che la lingua d’oc ha alle spalle una vasta produzione nel Medioevo con i poeti trobadorici, che sarà fondamentale per l’esperienza letteraria occitana. Geograficamente l’occitano occupa un terzo della Francia, il sud, e viene parlato anche in Italia nelle colonie valdesi (in Calabria e in provincia di Cuneo). Ma anche per l’occitano ormai i dialetti sono ridotti a patois locali: nonostante siano fatti dei tentativi di normalizzazione, non si è arrivati alla stabilità di una norma unica infatti ancora oggi questa lingua si parla in contesti circoscritti o familiari o in comunità rurali e davvero pochi centri di studio cercano di puntare sulla vitalità di questa lingua importante. Tra le sue varietà dialettali ricordiamo il guascone, il linguadociano e il provenzale alpino. La decadenza politica dell’area del sud tra il XIII e il XIV secolo, più la centralizzazione parigina del 1539 con cui, con l’editto di Villers-Cotterets, il francese diventa la langue du roi, sono i motivi principali per cui di fatto entra in crisi l’occitano e anche nell’Ottocento i tentativi di proporre una nuova koinè sono fallimentari. Foneticamente, l’occitano è meno evoluto del francese, e come le varietà gallo-romanze mantiene la ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 14 La particolarità del sardo è che abbiamo già delle manifestazioni di sardo scritto già dal IX secolo e sono dei documenti giuridici. Se vogliamo distinguere il sardo al suo interno, al nord abbiamo influenze toscane e pisane proprio per la storia della Sardegna che ha gravitato a lungo attorno all’area pisana e genovese per gli scambi commerciali; poi abbiamo nella fascia centro-meridionale una serie di varietà come il logudorese, il nuorese, e il gallurese e il sassarese che sono quelle che più delle altre risentono dell’influenza toscana. All’interno della Sardegna abbiamo delle enclaves linguistiche: il catalano ad Alghero ed il genovese nelle isole di San Pietro e Sant’Antioco, detto anche tabarchino CORSO Il corso è la varietà parlata in Corsica ed è stata riconosciuta lingua regionale nel 1974. Il corso aveva molte affinità col sardo in origine, ma poi ha acquisito le influenze pisane quindi caratterizzato da un lessico toscano. Si distinguono le varietà ultramontane (sud) che sono più conservative e più vicine al sardo, e le varietà cismontane (nord) che sono invece più indipendenti. LINGUE RETO-ROMANZE Le lingue reto-romanze si collocano a cavallo tra l’area alpino-italiana e la Svizzera. Tra queste ritroviamo il romancio, il ladino centrale o retoromanzo, e il friulano. Sono tutte varietà protette dalla legge sulle minoranze linguistiche del 1999. ROMANCIO Il romancio è parlato in diverse località e in diverse varietà, infatti ce ne sono cinque tipi, ma nonostante ciò nel 1982 è stata creata una lingua scrittura unitaria e normata che sarebbe il Romancio Grigionese, insegnato anche nelle scuole. Il romancio ha somiglianze con i dialetti settentrionali ma soprattutto con le varietà affini ossia il ladino e il friulano (sarà Ascoli a parlare di ladino per la prima volta). LADINO CENTRALE O RETOROMANZO Il ladino è parlato nella regione dolomitica, tra il Trentino-Alto Adige e il Veneto. Nella comunità dell’Alto Adige è la terza lingua dopo l’italiano e il tedesco. A livello fonetico l’elemento più tipico è il passaggio dalla /a/ tonica ad /e/. FRIULANO Il friulano è parlato in Friuli Venezia Giulia. E’ stato classificato nelle varietà ladine e dunque gode dei benefici della legge sulle minoranze linguistiche del 1999. Una particolarità strutturale è il plurale sintattico e i plurali in –i. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 15 LINGUE BALCANO-ROMANZE Sono le lingue che si trovano essenzialmente nella penisola balcanica. Tra queste troviamo il dalmatico e il romeno DALMATICO E’ una varietà romanza estinta che si era formata lungo le coste della Dalmazia e nelle isole dell’Adriatico (zona che oggi fa parte sia della Slovenia che della Croazia). Il dalmatico era una lingua importante fino al 1400 inoltrato, reso noto attraverso documenti pratici a partire dal 1300, documenti che si trovano anche nella sua varietà più antica che è il raguseo. E’ importante perché dialogherà molto con il veneziano proprio per l’influenza che Venezia ha avuto con i venditori della Dalmazia, quindi subirà sulla costa la pressione veneziana, mentre nell’entroterra la pressione del croato. Il dalmatico resiste solo all’isola di Veglia in cui troviamo delle trascrizioni risalenti al 1897 dell’ultimo parlante di Veglia, Antonio Udina. Il dalmatico ha delle caratteristiche simili all’italiano e al toscano, e come il sardo presenta tratti arcaici, come la conservazione delle occlusive velari davanti alle vocali palatali /e/ ed /i/. ROMENO Il romeno oggi si parla in Romania e in Moldavia e in alcune regioni dell’area Balcanica. Il romeno è la lingua che si evolve a partire dal latino parlato nella Dacia (ultima regione conquistata da Traiano), ma in quest’area poi si diffonde per poi essere collocato nell’Istria, Ungheria e Macedonia. Il rumeno ha subito a lungo e profondamente l’influenza del russo, tanto che nel rumeno della Moldavia il romeno veniva scritto in caratteri cirillici, per non parlare dell’egemonia del russo che ha fatto sì che in Romania e in Moldavia ci sia stata una profonda influenza della lingua, il che si nota soprattutto nel lessico legato all’uso quotidiano e familiare. Il romeno ha due varietà fondamentali: il tipo munteno (parlato al sud e a Bucarest) e il tipo moldavo (parlato a est e in cui c’è una situazione di grande omogeneità). Per le varie diaspore dell’area balcanica ci sono state delle varietà che si sono separate dal dialetto centrale, tanto che noi abbiamo delle varietà di romeno: l’aromeno o macedoromeno (Macedonia), il meglenoromeno (Grecia e Ungheria), e istroromeno (Istria). Ricordiamo che la Romania si separa dal blocco della Romània continua per cui si presenta diversamente dalle altre lingue, soprattutto per quel che riguarda il livello lessicale e ma anche sintattico, ad esempio il rumeno si presenta bicasuale (non a cinque casi come il latino), ma mantiene comunque un carattere più conservativo rispetto ad altre varietà romanze che hanno annullato la declinazione; inoltre in rumeno ritroviamo il neutro, perso nelle altre varietà romanze. Nel lessico c’è stata una profonda dipendenza slava, soprattutto per l’influenza stretta con la chiesa ortodossa di tipo slavo. A partire dall’Ottocento comunque il romeno è andato incontro a un processo di ri-romanizzazione grazie all’influenza del francese, visto come la lingua della cultura intellettuale del periodo, e quindi iniziano a penetrare nel romeno termini dal francese ma anche dall’italiano e dal francese. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 16 STORIA DELLA FILOLOGIA ROMANZA L’Ottocento, in pieno clima romantico e di riflessione sulle origini delle lingue e delle letterature nazionali, costituisce un momento di svolta fondamentale degli studi perché è da questo momento che comincia a essere effettuato uno studio approfondito delle lingue romanze e viene anche applicato un metodo più scientifico, l’ecdotica, quindi le edizioni critiche. L’Ottocento è un momento importante per la lingua dal punto di vista diacronico perché nasce la linguistica storica, ma è anche il momento in cui si cominciano ad analizzare i testi medievali e ci giungono delle edizioni affidabili rispetto al passato. La filologia romanza in questo periodo comincia a essere definita come disciplina accademica. Prima di questo momento però non c’è il vuoto ed è importante ricordarlo. DANTE Questa riflessione sulle lingue romanze comincia a partire da Dante nel Medioevo, il quale nel De Vulgari Eloquentia inizia a definire i volgari e parla di questa distinzione tra quella che lui definisce Gramatica (ossia la lingua latina, che aveva alle spalle una codificazione grammaticale lunga secoli) e i volgari italiani che a differenza del latino non possedevano una propria norma; la volontà di Dante era proprio quella di elevare questi volgari e dargli una importanza di tipo linguistico: nella sua opera egli afferma infatti che anche chi scrive in volgare ha diritto a definirsi “poeta” come i poeti latini. Dopo di ciò Dante sceglie il fiorentino toscano come lingua veicolare e aulica rispetto agli altri volgari di cui fornisce una serie di elementi di indagine linguistica. Dunque Dante segna un punto di inizio di riflessione delle lingue romanze, e coglie il fatto che le lingue siano il risultato di una evoluzione interna, tanto è vero che parla di lingue d’oc, d’oil e di sì (ossia il toscano) e ne coglie gli elementi e le origini comuni in relazione al latino. Tuttavia in Dante questa relazione non è qualcosa di molto chiaro, perché coglie la similarità con il latino e capisce che i volgari cambiano nel tempo, ma non capisce che tutte queste lingue che analizza provengono effettivamente dal latino e non gli somigliano soltanto. LE PRIME GRAMMATICHE DELLE LINGUE VOLGARI In realtà anche prima di Dante esistevano dei trattati di tipo normativo/prescrittivo sulle lingue romanze che erano incentrate sulla poesia dei trovatori in lingua d’oc, i quali avranno poi una ripercussione incredibile in tutti i secoli successivi, infatti la lirica contemporanea può essere definita “figlia” della lirica dei trovatori. Questi trattati grammaticali nascevano soprattutto a uso e consumo di coloro che non erano madrelingua occitani, proprio perché questa lirica si diffonde fuori dai confini dell’Occitana e approda ad esempio in Catalogna o in Italia; per questo vi sono una serie di testimonianze grammaticali, come il Razòs de trobar di Raimon Vidal, che spiegavano a coloro che volevano fare poesia, il modo di scrivere, o il Donato provenzale che era una grammatica corredata di un ampio rimario con la traduzione in latino delle parole citate. Erano più che altro trattati di retorica, che insegnavano quali erano i precetti adeguati per scrivere correttamente le liriche in lingua occitana. Bisognerà aspettare un po’ di più per le prime grammatiche di francese, di area anglonormanna, che sono la Ortographia gallica (XIII-XIV sec) e Donat François (1400-1410): sono trattati che ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 19 sia un processo di corruzione. Nel nuovo pensiero linguistico, le lingue diventano espressione dello spirito dei popoli e conoscere una lingua significa conoscerne la storia, non più vista come una semplice dimensione del tempo, ma come un divenire dello spirito umano. A questo punto le lingue e letterature vengono dunque studiate sì dal punto di vista storico, ma con dei rapporti tra loro che non erano stati colti completamente prima di quel momento. Alla fine del Settecento, gli studi sul sanscrito (che è la lingua della letteratura classica indiana) e sulle sue affinità con il greco, il latino e le altre lingue europee e asiatiche (scoperte dal giudice del tribunale di Calcutta ser Williams Jones nel 1786) conducono all’idea che tutte queste lingue possano risalire ad un’unica lingua, l’indoeuropeo. Passando dalla ricostruzione dell’indoeuropeo, prima attraverso Schlegel che applica un’analisi tipologica alle lingue comparando sanscrito, latino, greco, persiano e tedesco, e poi con Bopp con una comparazione semantica su base morfologica, nasce un metodo storico-comparativo di tipo ricostruttivo. La linguistica romanza è dunque un banco di prova privilegiato perché possediamo sia la lingua madre che le lingue figlie, quindi possiamo capire se il nostro metodo ricostruttivo è affidabile, e possiamo capire dove abbiamo sbagliato: ad esempio non è detto che delle leggi fonetiche agiscano sempre e allora quando ci rendiamo conto che non c’è una evoluzione regolare la spieghiamo, tramite il rapporto con la lingua madre o con le lingue figlie, per cultismo o per analogia, cioè si comportano in maniera analoga ad altre parole perché sono simili o fanno parte dello stesso campo semantico. FRANÇOIS RAYNOUARD E FRIEDRICH DIEZ In questo clima romantico si sviluppa la volontà di guardare al Medioevo e in questo studio, un ruolo fondamentale è svolto da François Raynouard e Friedrich Diez che rappresentano i padri della filologia romanza perché con loro la filologia romanza si sviluppa come disciplina accademica, infatti sono loro ad applicare il metodo storico-comparativo anche alle lingue romanze. Diez sviluppa una raccolta di romances spagnoli e si dedica inoltre ai trovatori dedicandogli diverse opere come La poesia dei trovatori, nonché all’antica lirica galego-portoghese; Raynouard invece crea lo Choix, anche se ancora per Raynouard la questione non era molto chiara in quanto pensava che la lingua de trovatori provenisse dal latino, e poi tutte le altre dall’occitano. Sarà Diez a fare un passo avanti rispetto alle idee di Raynouard perché è con Diez e le sue opere che nasce la filologia romanza come disciplina accademica, chiamata all’epoca storia comparata delle lingue neo latine, tanto che poi da lì altri personaggi illustri importanti prenderanno le sue orme. L’EDIZIONE DEI TESTI Un’altra svolta importante che si ha nell’800, sempre alimentata dallo spirito del romanticismo e dalla riflessione sulle lingue e conseguentemente dalla volontà di trovarvi delle somiglianze e formare famiglie linguistiche, è che si ha la volontà di approcciarsi ai testi del medioevo che fino ad allora, a parte qualche eccezione nel Settecento ma non con un metodo rigoroso, si approccia ai testi in modo scientifico e si iniziano a produrre edizioni critiche, che è uno dei principali scopi della filologia in senso stretto, producendo qualcosa in grado di essere accessibile e compreso a tutti, dato che fino ad allora i testi medievali erano conservati negli archivi dei filologi. Polycarpe Chabaille nel 1863 utilizza il metodo dell’umanesimo, ossia quello tradizionale, per ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 20 copiare il Tresor di Brunetto Latini: 1)per applicare questo metodo generalmente si cercano dapprima i manoscritti che conservano l’opera, anche se vista la disponibilità dell’epoca, sono pochi a poter essere davvero utilizzati; 2)dopo di che solitamente questi testi si trascrivono e si creano delle edizioni diplomatiche, ossia una traslitterazione di caratteri medievali in caratteri moderni, senza interpretare il testo ma facendo una sorta di copia del manoscritto; 3) in seguito viene scelto il manoscritto di base, che tiene conto della sua antichità nonché della bontà del tuo testo, ossia quello che sembrava meno bisognoso di correzioni, e dunque la copia che conservava l’opera in uno stato migliore senza lacune; 4)partendo da questo manoscritto lo si confronta con altri, comparando eventualmente le lezioni più difficili con quelle degli altri manoscritti, che dovrebbero conservare delle lezioni più genuine. E’ chiaramente un criterio soggettivo, ma la lezione del manoscritto di base viene spesso citata in un apparato di varianti, in modo che il suo testo sia interamente noto al lettore; mentre degli altri manoscritti si cita una scelta più o meno ampia di lezioni che dà un’idea della tradizione e permette di conoscere varianti che potrebbero essere state lette dagli autori di altre opere antiche. Ciò che si cercherà di fare nell’Ottocento è utilizzare un metodo più oggettivo possibile ed è per questo che la svolta a livello ecdotico sarà l’applicazione del metodo ricostruttivo di Karl Lachmann (filologo tedesco che si occupava di letteratura neotestamentaria o letteratura classica, il che non è un caso perché per storia queste letterature sono state sempre più conservative e c’è sempre stato un maggiore rispetto, rispetto alle letterature volgari) applicato per la prima volta da Gaston Paris nel 1872 alla sua edizione dell’opera Saint Alexis. Paris applica questo metodo che si propone come più oggettivo: 1)parte da un censimento di tutti i manoscritti di un’opera (in questo caso una dozzina) e si mettono a confronto questi testi, ossia una collazione (una comparazione di testi), attraverso la quale si mettono in evidenza eventuali errori dei codici: non si tratta di errori poligenetici, ossia quelli che possono essere fatti da due copisti indipendentemente l’uno dal latro, ma di errori congiuntivi, ossia quelli per cui un manoscritto è collegato con un altro,; 2)sulla base di questi errori viene disegnato uno stemma o un albero genealogico rovesciato dei codici, che poi sale verso l’altro fino all’originale, ossia il testo uscito dalla mano dell’autore; 3) in condizioni favorevoli, una volta che si crea questo albero, questo crea delle edizioni concorrenti diverse tra loro nei manoscritti ma che di per sé non si possono escludere in quanto nessuna è un errore certo. La variante che viene scelta allora è quella che le cui lezioni si ritrovano in maggioranza nei codici e che dunque risale all’origine, mentre le altre sono solo innovazioni successive. La critica del testo, secondo Paris, ha dunque l’obiettivo di ritrovare la forma del testo uscita dalle mani dell’autore, e dunque l’editore ha l’impegno di ricostruire l’opera originale, sebbene non riesca mai completamente, ma ci si avvicina a seconda di quanto le condizioni in cui esercita siano o meno favorevoli. Il problema della ricostruzione secondo il metodo di Lachmann era la forma: è vero che il metodo, qualora ci fossero condizioni ottimali ci permette di ricostruire la sostanza del testo, ma non riesce a ricostruire facilmente la forma del testo in quel periodo cronologico, perché è possibile che i copisti abbiano man mano introdotto delle abitudini linguistiche che erano proprie del loro uso e del loro tempo; ciò è dovuto al fatto che le lingue romanze nel Medioevo non sono standardizzate e le ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 21 scritture romanze non hanno l’autorità che invece si riconosce ai testi latini. Secondo Paris anche la forma comunque poteva essere ricostruita utilizzando la conoscenza della lingua in cui è stato scritto il testo, che si può ottenere con lo studio della documentazione antica e con l’esame della metrica. In seguito tuttavia la ricostruzione della forma è stata abbandonata con l’idea che la lingua che ne risulta non possa corrispondere a nessuno stato reale della storia del testo. Si parlava quindi di un oggetto di discussione non solo per la ricostruzione della forma (per cui si giunge alla conclusione di inserire un manoscritto unico più vicino alla forma dell’autore), ma anche perché un altro personaggio filologo dell’epoca, Joseph Bédier, contesta il metodo, attraverso l’opera Lai de l’Ombre di Renart, rendendosi conto che non può essere del tutto applicabile: 1)nel 1890 crea un’edizione dell’opera utilizzando il metodo ricostruttivo di Lachmann, in base ad uno stemma a due alberi dovendo ricorrere quindi alla soggettività; 2)Paris risponde affermando che lo stemma doveva però essere a tre rami e che dunque è applicabile, ma anche quindi la ricostruzione di uno stemma, secondo Bédier è dato dalla soggettività dello scrittore, in quanto di ogni tradizione si potrebbero disegnare numerosi stemmi senza poter decidere quale sia quello vero; inoltre egli afferma che quasi tutti gli stemmi disegnati dagli editori dei testi romanzi siano a due rami; 3)dopo questa prima edizione, Bédier torna a editare le Lai de l’Ombre, ma con un metodo tutto suo: dato che non bisognava ricostruire il testo secondo il metodo di Lachmann perché si finiva per riproporre un testo critico che in realtà non era mai esistito, per ovviare a ciò, Bédier torna indietro proponendo una prassi filologica basata sul concetto di un solo bon manuscrit, tanto che nel 1913 propone una nuova edizione dell’opera fondata su un unico manoscritto che stabilisce essere il manoscritto che conserva il testo in modo migliore non perché più vicino all’originale, ma perché richiedeva il minor numero di correzioni per dare un testo plausibile; Bédier apporta infatti solo pochi accorgimenti. Il passo in avanti di Bédier è che lo studio della tradizione del testo è comunque imprescindibile per scegliere il codice, e anche nel momento in cui si produce una edizione critica, bisogna sì fare una edizione su un unico bon manuscrit, ma guardare anche gli altri. Il testo bederiano dunque non è un’approssimazione all’originale, che non può essere conosciuto in modo certo, ma è il limite entro il quale non si può risalire senza produrre un testo artificioso. Da questa impostazione deriva l’edizione di Bédier del 1937 della Chanson de Roland è basata su un unico manoscritto che è quello di Oxford, considerato il bon manuscrit, mantenendone la lezione anche quando ad esempio un verso manchi di una sillaba. Da questo momento si può dunque parlare di un metodo di Bédier, che si contrappone al metodo ricostruttivo di Lachmann. IL TEMA DELLE ORIGINI E’ importante ricordare che il Medioevo viene preso come punto di riferimento perché è il momento in cui, da una grande frattura, hanno origine le nazioni, e quindi il tema delle origini diventa centrale nell’Ottocento diventando uno dei temi chiave della filologia romanza. Studiare la cultura, la letteratura e le lingue del Medioevo, significa studiare le proprie origini; nasce infatti durante la sensibilità romantica un forse spirito nazionale, che nei paesi di lingua romanza ha nell’Ottocento un notevole rilievo negli studi sulla letteratura medievale, sia dagli studiosi di nazioni già saldamente costruite da secoli come Francia, sia dagli studiosi di nazioni, come l’Italia, per le quali ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 24 di quelli che sono definiti i migliori intellettuali dell’epoca fa sì che il regno di Carlo diventi un centro culturale vivacissimo, producendo una vera e propria rinascita delle lettere: è quella che viene definita la rinascenza carolingia. Il latino riformato dall’iniziativa carolingia non ha nulla a che vedere con la lingua parlata latina, nè tanto meno con quella che si parla in Francia; è da qui che, involontariamente, le lingue romanze cominciano ad avere coscienza di sé. Solamente nel IX secolo si prende coscienza di questa differenza, cioè si capisce che in realtà non si parlava più latino, e nasce allora la necessità di far comparire il romanzo allo scritto. CONCILIO DI TOURS Il Concilio di Tours, avvenuto nell’ 813, segna in qualche modo questa presa di consapevolezza della differenza tra lo scritto e il parlato, infatti è il primo documento scritto in cui risulta una distinzione tra il latino delle persone istruite e la lingua del popolo. Questa distinzione è tale che nella disposizione 17 i vescovi stabiliscono che i parrocchiani dovevano essere in grado di tradurre le omelie in rusticam romanam linguam, quindi non era solo la lingua dei Romani, ma era la lingua romanza, “rustica”, o in lingua tedesca, proprio perché gli analfabeti non comprendevano più il latino. GIURAMENTI DI STRASBURGO I Giuramenti di Straburgo, avvenuti il 14 febbario 842, segnano il testo più antico redatto in una lingua romanza. Si tratta delle cronache di Nitardo, nipote di Carlo Magno, il quale registra la sua cronaca delle contese che opposero i nipoti di Carlo, in latino, avendo però una cura nel riportare i giuramenti effettuati dall’esercito di Ludovico il Germanico e dall’esercito di Carlo il Calvo contro il fratello Lotario, l’uno in antico tedesco, l’altro in romana lingua. I giuramenti di Strasburgo segnano la nascita delle lingue romanze perché costituiscono il primo documento scritto in lingua romanza, che non è altro che un’antica koiné in antico francese, in quanto quella che Nitardo scrive è una lingua probabilmente inventata sulla base dei dialetti antico francesi allora esistenti, dato c’era l’esigenza di farsi capire da un gruppo ampio di sudditi che non parlavano tutti la stessa lingua; e non è un caso che ciò avvenga nella zona francese perché è lì che si attua la riforma carolingia SEQUENZA DI SANT’EULALIA La Sequenza di Sant’Eulalia, risalente all’anno 878-882, costituisce il più antico monumento letterario del francese, benché si tratti di sperimentazioni letterarie: si parla ad esempio dei copisti che conoscendo delle canzoncine in lingua romanza, iniziano a trascriverle in dei fogli bianchi che erano destinati però alla lingua latina; dunque non si sceglie consapevolmente, ma all’interno di opere latine iniziano a distanza di un po’ di tempo a essere trascritti testi anche in lingua romanza. La stessa cosa avviene in questa Sequenza, composta da 29 versi, che narra il martirio di questa santa catalana, il cui culto è molto sviluppato in quell’area. E’ un testo di uso liturgico che veniva probabilmente cantato durante la Messa, infatti la sequentia latina era un canto che veniva cantato a messa nel giorno in cui veniva festeggiato quel santo. Il testo è conservato in un manoscritto latino nei fogli finali rimasti bianchi. Questa sequenza viene giustapposta alla vita di Sant’Eulalia scritta in latino, quindi nella stessa sequenza abbiamo la sequenza latina, e la sequenza antico francese. Questo perché le lingue romanze cominciano ad apparire partendo da contesti religiosi che agisce ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 25 come catalizzatore per le lingue romanze, e nascono sulla scorta di una prassi di tipo traduttivo, così come le letterature: quando iniziano a nascere le letterature romanze, il modello che hanno a disposizione è un modello latino, quindi è proprio la letteratura latina e medio latina a essere presa come punto di partenza. Il passaggio scritto dal latino al romanzo avviene dunque a partire dal IX secolo, perché già con il Concilio di Tours si ha la consapevolezza che ormai si parlava una lingua diversa dal latino, e lo possiamo notare dal fatto che in Italia abbiamo i Placiti campani, ossia testi in cui le parti in volgare sono nettamente distinte da quelle latine sia dal punto di vista grafico-fonetico che morfo- sintattico; diverso è l’indovinello veronese perché si tratta di un latino circa romançum. In area italo romanza comunque uno dei primissimi testi è il Graffito presente nella Catacomba di Commodilla a Roma, dove è scritto “non pronunciare le secrete a voce alta”, una frase di prescrizione interessante perché segna già nel caso italiano il primo momento in cui abbiamo a che fare con un documento di una lingua romana, ormai volgare e non più latina. Qui il Graffito presenta numerose particolarità del volgare antico di Roma come la negazione all’inizio (non + infinito), ille usato come articolo, il plurale in –a di secrita assimilato al femminile che deriva dal plurale neutro (come braccia), il passaggio da /v/ a /b/ (beticismo) e il raddoppiamento in bboce. I PRIMI TESTI ROMANZI Dal X secolo in poi il numero di testimonianze in romanzo aumenta sempre di più, anche se in realtà sono ancora poche, in quanto si dovrà aspettare l’XI o il XII secolo per avere più testimonianze, soprattutto letterarie. Si tratta di documenti eterogenei per forma e contenuto, difficili da classificare in un quadro sintetico, ma per praticità utilizziamo la tassonomia sviluppata da Petrucci che distingue quattro tipologie testuali e le individua nelle aree romanze di pertinenza. 1)testi giuridici postille, frasi, formule di giuramento incorporate all’interno di documenti in latino, ad esempio i Placiti Campani. Se questi primi documenti sono all’inizio incorporati in un contesto latino, col tempo si passa a una tradizione documentaria tutta in volgare; 2)testi pratici scritture redatte per la vita pratica e non destinate a usi ufficiali (minuti, appunti, note); 3)testi religiosi si fa un passo ulteriore perché spesso alcuni testi religiosi saranno la base per lo sviluppo delle letterature romanze del Medioevo. Si tratta per lo più di traduzioni di prediche in romanzo (anche se erano quasi sempre orali), testi paraliturgici (sequenze o tropi cantati all’interno della liturgia dedicata a quel santo specifico, come la Sequenza di Sant’Eulalia, la Vie Saint Lethgier, e la Passion di Clermont-Ferrand); i drammi liturgici, che sono drammatizzazioni di vite dei santi scritte a scopo pedagogico nate dall’esigenza di educare il popolo a un corretto comportamento cristiano, e ritroviamo ancora la Chiesa come veicolo di queste prime forme letterarie. Dalla seconda metà dell’XI secolo appaiono poi i primi poemetti religiosi destinati a essere cantati dai giullari anche al di fuori del contesto liturgico, anche se sempre in occasioni religiose (processioni, pellegrinaggi, feste); 4)testi poetici profani si tratta dei primi esempi laici di tipo letterario, che compaiono in Francia e in Provenza alla fine dell’XI secolo e sono legati all’esperienza epica antico francese o a quella lirica dei trovatori dell’Occitana. Un secolo dopo queste esperienze si svilupperanno, con una fisionomia propria anche in Italia e in penisola Iberica. Il rapporto tra i testi religiosi e profani, in un clima di sperimentazione, è un rapporto di contemporaneità perché si sviluppano quasi allo stesso ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 26 tempo, tanto che ci si interroga se sia stata la poesia religiosa ad aver ispirato quella profana o viceversa; si tratta comunque di ipotesi e di una tradizione che in quella fase si sta ancora definendo, oltre che non abbiamo tanti testi di riferimento perché sono andati perduti. Con la comparsa della poesia epica in Francia e della lirica amorosa nel contesto Occitano possiamo dire che si afferma la tradizione scritta del Volgare. PRIME TESTIMONIANZE D’AREA FRANCESE ▪Giuramenti di Strasburgo, 842  è un testo giuridico; in ambito francese questi testi si svilupperanno solo alla fine del XII ▪Sermone di Valenciennes, X secolo  è untesto religioso, tipi di testo che troviamo già tra il X e il XI secolo ▪Sequenza di Sant’Eulalia, IX secolo, o Vie de Saint Letghier, Passion de Clermont-Ferrand, X secolo ▪Vie de Saint Alexis, XI secolo, Normandia  se quelli precedenti sono dei tentativi, questo costituisce il primo monumento letterario di area francese; era un testo anche cantato, la Chanson de Saint-Alexis, anche se ora non abbiamo più questa testimonianza; si tratta di un poemetto di 625 versi che è svincolato dalla liturgia; *i testi passavano da nord a sud e questo passaggio si nota nel fatto che opere di origine settentronale, si trovano ad esempio trascritti in opere meridionali* ▪Chanson de Roland, XII secolo  è il testo rappresentativo della canzone epica antico francese che parte all’inizio del XII secolo con il codice O di Oxford, che rappresenta una redazione anglonormanna più rappresentativa della Chanson de Roland. Con questa opera inizia la poesia profana francese, che è espressione di una nuova cultura svincolata dall’orizzonte della chiesa, che vede nella poesia in volgare l’espressione della propria egemonia culturale. PRIME TESTIMONIANZE D’AREA OCCITANA ▪Benedizioni di Clermont-Ferrand, metà del X secolo : sono formule di scongiuro per la guarigione da alcuni mali, sono dunque una sorta di testo pratico legato però al mondo pagano; siamo in un periodo in cui il mondo pagano e cristiano sono strettamente collegati perché il mondo cristiano voleva incamerare queste formule pagane; ▪testi giuridici: contrariamente all’area francese, l’area occitana è ricca di testi giuridici, che dai Giuramenti di Luatrec e dal Testamento di Ademar Odo (1102) sono interamente in volgare; ▪testi religiosi e paraliturgici: Passione di Augsburg, X secolo; Alba bilingue di Fleury, canto pasquale in latino in cui è inserito un ritornello in volgare; ▪Alternanza latino-volgare nello Sponsus, un dramma liturgico, e In hoc anni circulo, un inno natalizio contenuto in un manoscritto latino del 1139 nella Bibliothèque de France; ▪Interamente in volgare sempre in questo manoscritto nel 1139 troviamo il tropo (canto liturgico) Tu autem Deus, e il Versus Sancte Marie; ▪Canzone di sancta Fides e il Boeci, XI secolo : poemi religiosi non più di uso liturgico ma che cominciano a far parte della traduzione letteraria; ▪Prime liriche volgare di argomento profano, XI secolo : sono due strofette di una poesia di amore conservata nel manoscritto Harley 2750, che costituiscono il primo esempio di una lirica ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 29 perché la chiesa diventa tramite culturale dell’indottrinamento del romeno: per raggiungere le masse popolari che parlavano una lingua romanza, nasce l’esigenza di tradurre i testi religiosi. Solamente a partire dal Seicento si comincerà a diffondere il romeno in ambito giuridico, e sempre al Seicento risale la prima opera storica in rumeno, la Cronaca della Moldavia, un testo di natura storiografica. La letteratura romena comunque si sviluppa e avrà il suo corso a partire dal XVIII secolo, come nei paesi ortodossi in cui si iniziano a diffondere i testi letterari, i cosiddetti Libri popolari che erano delle raccolte romanzesche tradotte o rielaborate dal neogreco, dal serbo o da altre lingue slave; in quel clima di rinascita di cultura romena, alla luce dell’influenza che subirà da parte della Francia, ci sarà una ri-latinizzazione del lessico romeno, nonché la volontà di creare una letteratura in lingua romena. LINGUISTICA ROMANZA Parlando di origini romanze, sappiamo che intorno al IX secolo abbiamo i primi testi romanzi nonché le prime testimonianze di lingue romanze, le quali costituiscono uno stadio evolutivo e odierno del latino. L’evoluzione del latino ha due punti di vista da considerare: ▪storia linguistica esterna si tratta di un approccio esterno in quanto studia la storia dell’incontro con altre lingue (lingue di superstrato), e ne fanno parte i mutamenti storici, geografici e culturali. Ad esempio quando ci chiediamo come mai il toscano si sia il posto sulle altre varietà, ci poniamo su un’ottica esterna. ▪storia linguistica interna si tratta di un approccio interno in quanto ci riferiamo all’evoluzione del sistema linguistico a partire dall’interno. Ci si chiede come evolvono i subsistemi linguistici che compongono una lingua. Ad esempio se ci chiediamo come si sviluppa la flessione nominale nel passaggio dal latino al romanzo, ci poniamo su un’ottica interna. Il punto di partenza da cui nascono i sistemi linguistici romanzi è il latino parlato, quello che è stato definito latino volgare: non bisogna confonderlo con il latino parlato dal volgo, infatti è il latino parlato, alla fine dell’Impero, da tutti (anche dalla gente più colta), ma in un contesto molto più colloquiale e meno sorvegliato di quanto non avvenga nello scritto. In effetti i vari aspetti linguistici delle lingue romanze sono degli aspetti che facevano già parte del latino, ma che non sono testimoniati dal latino classico, legato alla forma scritta, ma che venivano utilizzati nell’ambito del parlato e che quindi fanno capolino nello scritto nei contesti meno sorvegliati o durante la fase tarda dell’Impero, in quelle opere non proprio letterarie o in documenti pratici. Quando parliamo di lingue romanze facciamo allusione alla parentela genetica che esiste fra queste lingue, che derivano tutte dal latino; ci poniamo dunque nell’ottica di una classificazione genealogica che è figlia del metodo storico-comparativo. Questo metodo si sviluppa a partire dalla riflessione sull’indoeuropeo, e con il metodo si fa strada l’idea che le lingue siano in qualche modo raggruppabili in famiglie linguistiche e che quindi vengano da un antenato comune. In una prospettiva più moderna, legata ad un approccio linguistico interno, vediamo che le lingue possono essere classificate anche per tipi con una classificazione tipologica: è un metodo che nasce a partire dalla riflessione di Saussure, e in cui le lingue sono studiate dal punto di vista sincronico, cioè si studia lo stadio di una lingua per coglierne tutti gli aspetti interni. Il paradigma moderno tiene conto degli atteggiamenti della lingua in ambito fonologico, morfologico e sintattico, infatti le ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 30 lingue moderne sono tipologicamente diverse dal latino. Allo stesso modo anche le lingue romanze si differenziano per alcuni tratti, infatti all’interno di esse possiamo trovare delle tipologie differenti. Se pensiamo alle lingue romanze sono lingue flessive, come l’italiano in cui utilizziamo le desinenze che ci danno informazioni morfologiche; l’inglese è invece una lingua isolante, ossia una lingua che essenzialmente marca elementi di tipo morfologico utilizzando dei lessemi che allo stesso tempo sono anche morfemi. Il latino era una lingua flessiva come le lingue romanze, ma nel passaggio dal latino al romanzo assistiamo a una modifica interna in cui elementi flessivi del latino vengono meno, e le lingue romanze li sostituiscono utilizzando elementi analogici. Non esistono dunque tipi puri e il passaggio dal latino al romanzo è un passaggio tipologico. Dal punto di vista tipologico possiamo distinguere una Romània generale abbiamo al suo interno l’italiano, più evoluto rispetto al latino, ma più avanti è il francese in quanto ha perso molti elementi flessivi e li ha sostituiti con elementi isolanti. Il romeno invece è una lingua molto più conservativa, infatti conserva molti elementi flessivi tipici latini, ma per il suo isolamento e per contatto con le lingue slave ha elementi peculiari. E’ possibile poi circoscrivere un’area tipologica gallo-romanza, le cui caratteristiche sono ad esempio la caduta delle vocali finali a eccezione della –a. Ponendoci in questa prospettiva di storia linguistica interna, si noterà che l’evoluzione dal latino al romanzo è un fenomeno complesso, in quanto abbiamo tanti fattori sia interni che esterni, per cui la frammentazione a cui va incontro il latino è un processo lungo che determina lo sviluppo di un altro tipo di lingua. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 31 FONETICA DAL LATINO AL ROMANZO VOCALISMO LATINO Le vocali latine subiscono un processo di cambiamento, nel passaggio al romanzo, molto importante, infatti prima di tutto bisogna ricordare che viene meno l’opposizione fonologica quantitativa: le vocali latine sono brevi o lunghe, che davano una opposizione fonologica cioè creavano delle coppie minime, ossia due parole che si distinguevano solo per quella quantità vocalica:↓ PŎPULUS > popolo / PŌPULUS > pioppo Il sistema vocalico latino classico, sia tonico che atono aveva delle caratteristiche precise: -tre gradi di apertura (alto, medio e basso) -due serie (anteriore e posteriore) -un elemento centrale basso : /a/ - cinque timbri in due versioni quantitative (breve e lunga) -tre dittonghi (metricamente lunghi): AE, OE, AU VOCALISMO ROMANZO Le vocali romanze sono il risultato del collasso della quantità vocalica, che fa sì che si imponga un nuovo sistema vocalico non più basato sulla quantità ma sulle opposizioni di timbro:↓ pèsca > /pƐska/ e pésca > /peska/ Nasceranno comunque dei timbri nuovi che nel latino non esistevano. Il trapezio vocalico dell’italiano, questo ci dà un’idea della posizione che la lingua assume quando pronunciamo le vocali attraverso il nostro apparato fonatorio. All’atto pratico, mentre in latino si distinguevano dieci vocali, in italiano abbiamo sette vocali in sede tonica, perché nell’ambito delle vocali atone ne abbiamo solo cinque. ACCENTO L’accento è un elemento prosodico che segna un contrasto tra le varie sillabe di una parola. L’accento si contraddistingue dal punto di vista linguistico per alcuni tratti: intensità, lunghezza e altezza tonale. In particolare distinguiamo un accento di tipo intensivo o dinamico, dove è fondamentale l’intensità, che troviamo nelle lingue romanze (laddove cade l’accento pronunciamo la sillaba in modo più intenso); e un accento tonale o musicale, come avviene nel cinese, dove l’elemento pregnante è dato dal tono che gli viene dato rispetto agli altri elementi. SILLABA Il concetto di accento è legato a quello di sillaba, perché la struttura della sillaba determina la posizione dell’accento, che nel latino classico era musicale. Essenzialmente se la sillaba era pesante e dunque aveva un volume maggiore rispetto alle altre sillabe, questa sillaba richiamava su di sé Dalla Ĕ (E breve latina) deriva la ε aperta; invece dalla Ē (E lunga) che è un elemento più alto e chiuso tende in qualche modo ad avvicinarsi come pronuncia alla Ĭ (i breve), che era l’elemento alto ma che essendo breve tendeva a coincidere come pronuncia alla Ē. Quindi dalla Ĕ deriva la ε e dalla Ē/Ĭ la e chiusa. Per le vocali velari vale lo stesso principio: dalla Ŏ deriva la ↄ e dalla Ō e dalla Ŭ la o. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 34 Nel caso delle lingue romanze nel sistema tonico non abbiamo a che fare solo con cinque vocali, ma con sette, perché si crea un’opposizione le vocali medio basse e le vocali medio alte, possiamo notare che le lingue romanze possiedono quattro gradi di apertura delle vocali, ovvero le medie che si ricollocano tra medio alte e medio basse, creando nuovi timbri. Si viene a creare un nuovo sistema vocalico composto da 7 vocali con quattro gradi di apertura. FONETICA: VOCALISMO ROMANZO TONICO E ATONO Il vocalismo romanzo è il cosiddetto vocalismo comune, lo rintracciamo in sede tonica nelle principali lingue romanze di ambito iberico, galloromanzo e italico. In sede tonica, come abbiamo già detto vi sono sette vocali, due serie (anteriore e posteriore), quattro gradi di apertura (alto – medio-alto – medio-basso – basso) e l’elemento centrale basso /a/. Quando parliamo di vocalismo romanzo è importante, per una questione di completezza, ricordare l’esistenza di altri sistemi vocalici, che però sono dei sistemi vocalici che rintracciamo in aree più ristrette della Romània. Accanto al sistema romanzo comune abbiamo:  Sistema di compromesso, asimmetrico (romeno, ma che si trova anche in una zona lucana tra Potenza e Matera): ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 35 È un sistema in cui se la serie palatale insegue l’andamento del sistema romanzo comune (Ĕ – ε), nel caso delle velari segue il sistema sardo, per cui annullano essenzialmente il peso della quantità vocalica risolvendosi semplicemente nel proprio timbro dove però, come avviene per il sardo, le Ŏ/Ō danno vita alla o (chiusa), per cui non esiste, nel caso del romeno, la ↄ.  Sistema Sardo: Il sistema sardo è un sistema in cui si annullano le quantità vocaliche con il risultato di un sistema a cinque vocali, tre gradi di apertura e in particolare questo sistema non conosce le vocali aperte.  Sistema Siciliano: Nel sistema siciliano c’è una concentrazione sugli estremi, una tendenza verso le vocali alte. Possiamo notarlo perché, per esempio, anche la Ē e la Ĭ, che nel sistema romanzo danno vita alla e, in realtà convergono verso la i, stessa cosa la Ō e la Ŭ che danno vita alla u. Precisiamo che parliamo di sistema vocalico romanzo comune pensando all’italiano, al francese, allo spagnolo però questo è un discorso che fila se pensiamo soprattutto allo stadio medievale delle lingue, perché poi, dal medioevo ad oggi, ogni lingua si è evoluta in maniera specifica, anche capovolgendo determinate situazioni e creando delle specificità che sono tipiche di quelle lingue in cui a volte è difficile ravvisare questo sistema romanzo comune, che comunque esisteva e in parte continua ad esistere tutt’oggi. Tra le lingue romanze, l’italiano è la più conservativa e ancora non ha subito marcatamente quell’evoluzione che hanno subito il francese o il castigliano ed è quella lingue che più di tutte, nel contesto romanzo comune, conserva abbastanza inalterato questo sistema vocalico. C’è da dire che anche l’italiano è andato incontro a dei cambiamenti, il vocalismo si è evoluto secondo delle direttrici che sono tipiche dell’italiano ma che non sono dell’italiano. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 36 Esempi dell’area italoromanza it. sardo sic. FĪLUM > filo filu filu NĬVEM > neve nie nivi MĒNSEM > mese mese misi BĔNE > ben e bene ben i PŎRTUM > port o port u port u SŌLEM > sole sole sul i NŬCEM > noc e nug he nu ci MŪRUM > mur o muru muru Esempi dello spagnolo  Ī FĪLIUM > hijo  Ĭ PĬLUM > pelo  Ē PLĒNUM > lleno […]  Ŭ CŬPPAM > copa  Ū ACŪTUM > agudo Esempi dal francese  Á[ > e [e] LAVA-RE > laver** - poi anche [ε] MA-RE > mer** PA-TREM > père  Á] > a AR-BOREM > arbre* CAR-RUM > char*  Ĕ] FĔR-RUM > fer  Ĭ/Ē] LĬT-TERA > lettre DĒB(I)-TA > dette  Ī VENĪRE > venir Nel caso del francese è diverso perché in questo sistema linguistico romanzo il francese è la lingua che ha subito un processo più marcato di evoluzione e questo è possibile notarlo nella fonetica storica; per esempio quando si ha a che fare con la vocale centrale /a/, a differenza delle altre lingue che conservano e tendono a conservare la vocale bassa, nel francese questa vocale si evolve. Viene mantenuta quando la si trova in sillaba chiusa (sillaba implicata)* , nel caso di A in sillaba aperta questa tende a palatalizzarsi e a diventare una e chiusa e poi anche una e aperta**. Questo lo notiamo anche a livello grafico. La Ī lunga si mantiene, mentre il caso della Ū è più particolare: dà vita ad una u uvulare, dove la u resta tale in sede grafica, ma cambia la pronuncia. Questo meccanismo che è intervenuto nel francese è un esempio di Nel caso dello spagnolo ci sono degli elementi di continuità: dalla Ī abbiamo hijo dove la i si conserva, mentre Ĭ PĬLUM abbiamo – pelo e Ē PLĒNUM – lleno che danno vita ad una e chiusa. Qui possiamo vedere come nelle tre varietà linguistiche romanze, l’evoluzione delle vocali toniche segue delle linee in parte diverse: è vero che dalla Ī abbiamo la stessa i, però dalla Ĭ il sistema romanzo comune crea una e chiusa, ma nel caso del sardo e del siciliano troviamo una i. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 39 flessiva (il latino) ad una più analitica, il francese si è evoluto in maniera più marcata tanto da ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 40 andare più avanti in questo meccanismo evolutivo rispetto alle altre lingue e questo lo notiamo a livello fonetico nel passaggio storico dei fonemi. Aldilà dei cambiamenti intercorsi tra latino e romanzo, alcune lingue presentano sviluppi nuovi, così la situazione di partenza presentata dai proto sistemi romanzi viene oscurata da evoluzioni successive. L’italiano è molto interessante in questo panorama perché, proprio per la sua conservatività, ci fornisce ancora un quadro degno di quello che doveva essere il proto sistema romanzo. Il caso più eclatante e diffuso di cambiamento dei sistemi vocalici è sicuramente quello della dittongazione spontanea delle vocali accentate medie (/ɛ/ /ɔ/ /e/ /o/). Queste vocali sono andate incontro a dei processi evolutivi ulteriori. La dittongazione dà vita ad un meccanismo di differenziazione vocalica perché possiamo notare che soprattutto le vocali toniche (quelle forti) tendono a differenziarsi maggiormente e sono soggette a evoluzioni rispetto a quelle atone. Quindi, la differenziazione vocalica interviene a differenziare le vocali più forti da quelle più deboli, ovvero toniche da atone. I risultati della dittongazione spontanea sono i seguenti:  La formazione di un dittongo ascendente a partire dalle vocali medio basse (/ɛ/ /ɔ/). Riportiamo l’esempio di CĔLU: notiamo che, in italiano e spagnolo, la Ĕ dà esito in /ɛ/, che in sillaba aperta (= terminante con vocale) dà vita ad un dittongo ascendente di tipo /jɛ/. Quindi: CĔ-LU > /ɛ/ > /jɛ/ = it. cielo, sp. ciel; PĔ-DEM > /ɛ/ > /jɛ/ = it. piède, sp. pié. Per il caso della /ɔ/ possiamo vedere che da una Ŏ si evolve una /ɔ/ che in sillaba aperta dà esito ad un dittongo ascendente in italiano e spagnolo di tipo /wɔ/ e /wɛ/: NŎ-VU > /ɔ/ > /wɔ/ - /wɛ/ = it. nuovo, sp. nuevo. Nel caso specifico dello spagnolo la Ŏ in sillaba chiusa (= terminante con consonante) dittonga ugualmente: PŎR-TA > sp. puerta – ma in italiano NO > porta. Il romeno si comporta alla stessa maniera dello spagnolo nel caso del dittongo ascendente di tipo /jɛ/ (cioè entrambi dittongano anche in sillaba chiusa): FĔR-RU > sp. hierro, rom. fier Ma non può fare lo stesso nel caso della Ŏ, poiché nel romeno il sistema vocalico era di compromesso, per cui non è prevista la formazione della vocale medio bassa /ɔ/.  La formazione di un dittongo discendente interessa poche aree, ovvero quella francese e quella retoromanza. Si forma un dittongo a partire dalle vocali medio-alte (/e/ /o/). In parte si monottongano, ma rimane l’impronta a livello grafico poiché la dimensione grafica tende ad essere più conservativa: ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 41 Quindi: da Ĭ e da Ē abbiamo /e/ che dà vita ad un dittongo di tipo -èi- in antico francese e successivamente si evolve in -òi- in francese: PĬLUM > a.fr. peil > fr. poil; rr. peil  il retoromanzo conserva il dittongo TĒLAM > a.fr. teile > fr. toile; rr. teila; da Ŭ e da Ō abbiamo /o/ che dà vita ad un dittongo di tipo -ou- in antico francese e -éu- in francese: GŬLAM > a.fr goule, > fr. gueule. Notiamo che la dittongazione spontanea interessa l’italiano, lo spagnolo e il francese, mentre l’occitano e il portoghese no. Il catalano presenta una situazione più complessa poiché questo processo di dittongazione si è poi risolta in un’unica vocale. Oggi nel catalano possiamo notare una situazione capovolta per la sede tonica (uniche vocali che si sentono nel catalano) rispetto alle altre lingue romanze: La Ĕ che di solito dà vita ad una /ɛ/, nel catalano si evolve in una /e/, la Ĭ e la Ē che solitamente si evolvono in /e/, nel catalano danno vita ad una /ɛ/. Probabilmente c’è stato un processo di cambio vocalico perché la Ĕ avrà dato vita verosimilmente ad una /ɛ/ e quindi ad un dittongo di tipo /je/ (con -e- chiusa), per cui, infine, si è risolto in una /e/. Possiamo quindi dire che, nel caso del catalano ha agito il processo di mutazione vocalica perché parallelamente alla formazione di una /e/ da una Ĕ latina, quella /e/ che si era originariamente formata dalla Ĭ e la Ē viene sostituita e si modifica in una /ɛ/. Quindi l’ipotesi è: Ĕ > /ɛ/ > /ie/ > /e/ Ĭ/Ē > /e/ > /ɛ/ Come abbiamo già detto, in italiano e francese il dittongo si crea solo in sillabe aperte, nel caso dello spagnolo e del romeno interessa anche le sillabe chiuse, ma nel romeno agisce soltanto nella /ɛ/ e non nella /ɔ/. Come e quando è avvenuta la dittongazione?  Quello che possiamo notare è che i dittonghi ascendenti interessano una buona parte delle lingue romanze e proprio per la sua diffusione è sicuramente un tipo di dittongazione più antica.  I dittonghi discendenti riguardano semplicemente il francese, il retoromanzo e i dialetti dell’Italia settentrionale, proprio perché è un fenomeno che riscontriamo in aree più circoscritte, sicuramente risale ad una fase più tarda. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 44 (l’italiano, per la sua storia, è una lingua che non subisce molto questi meccanismi, ricca di latinismi e cultismi.) Le vocali finali, sono le vocali più deboli all’interno di una parola, tanto che le varietà galloromanze sono caratterizzate da un atteggiamento delle vocali finali, cioè tendono ad ammutolirsi o a cadere ad eccezione della -A, che tende a preservarsi. RŎTA > port., occ., cat. roda, sp. rueda, it. ruota, rom. roată, a.fr. roue – dove la -A si è mantenuta, ma nel francese si è palatalizzata e poi dileguata (e > ə > ø), perché anche se nell’antico francese è presente quella “e” un po’ evanescente, nel francese di oggi ha raggiunto il grado 0 per cui non viene più pronunciata. Nelle altre varietà le altre vocali si conservano: -O e -U tendono a diventare una -o, che viene conservata in italiano, spagnolo e portoghese, ma si perde in galloromanzo. Es. CABALLU > it. cavallo, sp. caballo, cat. cavall , occ. caval, fr. Cheval La -E/-I si mantengono in sardo, italiano e romeno dove marcano il plurale, ma si dileguano in altre varietà, dove però la /e/ si conserva nelle forme ridotte per sincope (=il dileguo di una vocale atona interna alla parola), in quanto le lingue preferiscono delle parole che abbiano un corpo vocalico stabile. Es. LĚP(O)RE > port., occ. lebre, cat. llebre, sp. liebre, afr. lièvre; HŎM(I)NE > port. homem, sp. hombre, occ. ome, afr. homme; /e/, a volte, si aggiunge in epentesi per caduta di una -o – questo serve per garantire una migliore pronuncia della parola, per ristabilire un corpo fonico che magari si è perso a livello di evoluzione fonetica. CONSONANTISMO ROMANZO Nel cambio linguistico è importante il contesto fonetico anche per le consonanti. Le consonanti tendono ad essere più forti in posizione iniziale, più deboli in posizione finale. Quando si trovano all’interno di parola circondate da particolari suoni, nella maggior parte dei casi tendono a modificarsi, soprattutto per caduta di vocali (es: sincope). Rispetto alle vocali, vi sono meno cambiamenti delle consonanti che riguardano l’intera area romanza, cioè ci sono stati meno cambiamenti durante il periodo latino comune – se nell’ambito romanzo, tutto sommato, le vocali vanno incontro ad un’evoluzione omogenea, nel caso delle consonanti c’è una situazione più frammentata. Vediamo il quadro generale delle consonanti nel latino classico: intanto notiamo che il numero dei fonemi consonantici latini è più ridotto rispetto al romanzo – vi sono due serie di occlusive, sorde e sonore: /p, t, k, kw/ e /b, d, g, gw/ ; due nasali: /m, n/; tre ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 45 fricative: /f, s/ + glottidale (o laringale) /h/; due liquide: laterale /l/, vibrante /r/; due approssimanti (o semivocali) /j, w/. Il latino non conosce : - fricative sonore /v/ e /z/ - fricative palatali /ʃ/ e /ʒ/ - affricate dentali (/ts/, /dz/) e palatali (/ʧ/, /ʤ/) - nasale palatale /ɲ/ e laterale palatale /ʎ/ La lingua dell’uso è soggetta ad una serie di innovazioni, queste avvengono anche a livello fonetico, in ambito vocalico e consonantico. Queste innovazioni nel sistema consonantico sono di tipo:  fortitivo (rafforzamento delle approssimanti e dei gruppi con /j/)  lenitivo (indebolimento dei fonemi intervocalici o interconsonantici). Vi sono delle consonanti che scompaiono:  Labiovelari [kw] e [gw] dove quel suono –UA- in QUATTUOR non esiste in realtà come semiconsonante (wao), per cui abbiamo poi i nessi [kw], [k], [p]: lat. QUATTUOR > it. quattro, sp. cuatro, port. quatro [kw] = [kw] > si evolve in [kw] fr. quatre [k] rom. patru [p]  Laringale [h] IC per HIC, ABERE per HABERE Il fenomeno di lenizione consonantica è molto antico (già nel latino arcaico) per cui si assiste ad un processo per cui le occlusive sorde /p, t, k, kw/ sonorizzano ([b, d, g, gw]); anche il suono /s/ (fricativa alveolare sorda) tende, nella latinità, a creare il suono [z] (fricativa alveolare sonora) che è un suono nuovo per il latino; c’è un’oscillazione tra il suono sordo /s/e il suono sonoro /z/ in posizione intervocalica (chiese perf. – chiese sost.). Tali tendenze evolutive rimangono nella lingua d’uso (ed emergono a volte nello scritto): es. dal I secolo d.C. confusione tra B e V nelle epigrafi (=spirantizzazione): La V nelle epigrafi indica il suono /u/ che originariamente in latino non esisteva, poi si evolve verso questo suono. u [w] > tende a spirantizzare e a realizzarsi come la -b- di haber /β/ (b) > che poi viene trascritto con la  /v/ ↓ HABERE > it. avere; fr. avoir; sp. haber [β] VINUM [winum] > /v/ it. vino, fr. occ. rom. vin /b/-[β] sp. vino ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 46 Già in epoca imperiale si trova una certa confusione tra: cantavit (cantawit) [indicativo perfetto: ho cantato, cantai, ebbi cantato] e cantabit [futuro semplice: canterò] dovuta alla confluenza in [β]. Questo processo di lenizione è qualcosa che interessa le lingue romanze, soprattutto nelle varietà occidentali e settentrionali. Quello che emerge nel parlato a livello di ristrutturazione consonantica è :  cambiamenti dei nessi iniziali;  trattamento delle finali;  lenizione;  palatalizzazione Nesso –NS- Il nesso –NS- tende a ridursi a –S- già in latino, come testimoniano le fonti epigrafiche del II secolo a.C. -CONSUL > cosul > console -APPENDIX PROBI: mensa non mesa  la forma corretta dovrebbe essere mensa, ma tramite la forma errata di mesa vediamo dove va a finire questo nesso. Questa tendenza confluisce anche nelle lingue romanze : PENSU > it./sp. peso; ME(N)SE > it. mese, fr. mois, sp. mes, port. Mês; SPONSUM > it. sposo, fr. époux, sp. port. esposo, cat. espòs, occ. Espos [in posizione iniziale S + cons. > E-S + cons.: e protetica] E’ un fenomeno che non esce fuori dal nulla, ma che trova una giustificazione perché si tratta di elementi già presenti nel latino dell’uso. Consonanti iniziali Tendono a preservarsi come il nesso cons. + R, infatti sono le più stabili, ma ci sono dei cambiamenti circoscritti: ▪ la F iniziale in spagnolo spirantizza: F- > /h/ in asp. (grafia h o f ) > Ø Fabulare > fablar/hablar > [aβlar] No con F- + /r/, /ue/ (fraxinum > fresno, fŏntem > fuente) ▪ Cambiamento delle consonanti velari seguite dalle vocali /e, i, a/, i quali, nelle lingue romanze, tendono a palatalizzare. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 49 linguistico; la fonologizzazione (sonorizzazione, fricantizzazione e dileguo) sono tipiche del romanzo occidentale↓ Rom. It. Sp. Port. Cat. Occ. Fr. ripă ripa/riva riba riba riba Riba rive fată fata hada fada fada Fada fée amică amica amiga amiga amiga amiga amie 2)il processo di indebolimento si completa in fase romanza con la degeminazione delle consonanti tese o geminate (eccetto –RR-) per cui ci sono una serie di nessi implicati: -PP-, -TT-, - CC-. –NN-, -LL-, -SS-, che tendono a dileguarsi. Restano fuori il sardo e l’italiano, che contrariamente alle altre lingue romanze in cui la degeminazione è molto presente, ci sono delle serie nuove di geminate che nascono dal latino, come da FACIAM > faccia; così come da AQUA > acqua. Palatalizzazione questo fenomeno segna il cambiamento a livello consonantico che consiste in un cambiamento dell’articolazione del suono, per cui ci si avvicina di più al palato. È ovviamente un processo importante che determina grandi cambiamenti nella lingua latina in cui entrano suoni nuovi che non esistevano. E’ un fenomeno panromanzo seppur a suo modo, e già interessa dalla lingua latina dell’uso, sviluppandosi in maniera più forte nelle lingue romanze↓ Suono che palatalizza Suoni coinvolti Lingue interessate Esito j tutti tutte vari i, e k g tutte eccetto sardo ts/s; dz/z; tʃ/ʃ; dʒ/ʒ a k g gallo- e retoromanzo tʃ/ʃ; dʒ/ʒ 1) Palatalizzazione con /j/ /kj/, /tj/ subiscono affricazione [/tʃ/, /ts/-/dz/], già dal II-III sec. d.C., poi assibilazione [/ʃ/, /s/-/z/]: - ampizatru per amphitheatru, tersio per tertio; romanzo: ratiōne > fr. raison (> it. ragione), occ. razo, asp. razón [dz > z > θ]; ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 50 L’italiano distingue gli esiti di /tj/ (piazza, vezzo) da quelli di /kj/ (faccia). Ci sono poi altri nessi come: /nj/ > /ɲ/: vīnea → *vīnja > it. vigna, fr. vigne, sp. viña, port. occ. vinha, cat. vinya /lj/ > /ʎ/: fŏlia > it. foglia, afr. feuille (> /j/), asp. hoja (> /χ/) /sj/ >/ʃ/: sīmia > it. scimmia, asp. jimia;  ma simium > fr. singe basiare > basjare > it. baciare, fr. baiser [sj > js > jz] 2) Palatalizzazione e assibilazione di /k/ e /g/ cui seguono le palatali /e/, /i/ fenomeno già documentato dal V secolo. Nelle varietà romanze questi processi vedono nel caso di /ki, ke/ la nascita di un’affricata palatale  /tʃ , ʃ/ in it., rom., retorom: CĚRVUM > it. cervo, rom. cerb /ts/ > /s/ in galloromanzo e iberoromanzo (sp. /θ/): > fr. cerf, sp. ciervo (/θ/); e gi, ge/ → /dʒ, ʒ/ in romanzo (sp. > /χ/, /j/): GĒNTEM > it. gente, fr. gens, sp. gente /dz, z/ dial. it. sett GENERUM > sp. yerno /j/ in romanzo (sp. > /χ/, /j/): GĒNTEM > it. gente, fr. gens, sp. gente /dz, z/ dial. it. sett GENERUM > sp. yerno /j/ 2bis)palatalizzazione di /ka/ e /ga/  interessano l’area galloromanza (francese) e i dialetti retoromanzi nonché quelli occitani settentrionali. In questo processo si dà vita a un’affricata palatale o una fricativa palatale: ↓ / tʃ , ʃ/, /dʒ, ʒ/ [affricata palatale > fricativa palatale] ↓ cantare > fr. chanter, occ. cantar/chantar, it. cantare, sp. port. cat. Cantar gallīna > afr. geline, occ. galina/jalino, it. sp. cat. Gallina MORFOLOGIA La grammatica di una lingua si costruisce per lo più sulla base di una morfologia e di una sintassi, ma è soprattutto sul piano morfologico che possiamo rintracciare cambiamenti che ci permettono di parlare di tipi linguistici diversi. La morfologia è una delle basi cui si è proceduto a classificare le lingue, permettendoci di avere un quadro più specifico del comportamento di una lingua, e sebbene sia un fenomeno che cambia più lentamente è sicuramente più significativo. E’ proprio su base morfologica che distinguiamo le lingue prendendo i considerazione le loro caratteristiche tipologiche, arrivando a diversi tipi linguistici: il tipo sintetico (o flessivo), il tipo analitico (o isolante) e il tipo agglutinante. Prendendo ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 51 in considerazione questi tipi, si pensa tradizionalmente che l’evoluzione dal latino alle lingue romanze rappresenti il passaggio da una lingua sintetica a una lingua più analitica. Si parte dunque da una lingua sintetica in latino e si arriva a una lingua analitica in romanzo. Si tratta comunque di lingue flessive, infatti utilizziamo delle desinenze sia in morfologia verbale che nominale. Già il latino comunque era diventato più analitico rispetto all’indo europeo, per poi passare al romanzo che ha al suo interno ancora più elementi analitici. Nel panorama romanzo, il francese è la lingua a maggiore analicità: è più evoluta rispetto alle altre lingue, ed è una lingua in cui si ha un ricordo minore delle desinenze, dunque alla flessione, e si fa più riferimento a elementi di tipo isolante. Se pensiamo alle desinenze verbali, vediamo che si tratta di una lingua a soggetto obbligatorio proprio perché l’usura degli elementi finali della lingua francese ha fatto sì che ci fosse bisogno di una distinzione che ci viene data dai pronomi: le persone singolari e la terza plurale si pronunciano esattamente allo stesso modo. In effetti nel romanzo ci sono diversi cambiamenti a livello di morfologia nominale e verbale, allo stesso modo ci sono molti cambiamenti sintattici. Sistema morfologico latino presentava una classe di elementi nominali, elementi verbali, e poi una classe di parole invariabili (avverbi, preposizioni, congiunzioni). ↓ Sistema nominale Il sistema nominale è costituito dai nomi, agli aggettivi, dai pronomi e dai numerali. Si tratta di classi declinate, cioè si usano delle desinenze per esprimere quelle che sono le categorie del nome, ossia il numero, il genere e il caso; tre categorie che riempivano la flessione nominale e dunque la declinazione. Quello che notiamo dal passaggio dal latino al romanzo è che il genere subisce qualche riassestamento importante, il numero resta invariato, e il caso scompare: si assiste a una riduzione dei casi che in latino erano sei e che in generale si riducono drasticamente (ci sono ancora lingue a due casi) e poi vengono ridotti sia i generi che le declinazioni. IL CASO In latino ci sono cinque classi flessionali, ossia cinque declinazioni, strutturate sulla base di sei casi grammaticali, singolari e plurali:  nominativo > soggetto  genitivo > complemento di specificazione  dativo > complemento di termine  accusativo > complemento oggetto  vocativo > persona o cosa a cui ci si rivolge  ablativo > diversi complementi Questo sistema di declinazione in realtà era però precario, asimmetrico e imperfetto: intanto era un sistema sovraccarico perché si ritrovavano più declinazioni simili a marcare casi diversi, oppure c’erano delle terminazioni desinenziali uguali dentro declinazioni diverse, e questo determina un ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 54 I plurali del neutro, che terminavano in –A vengono ricollocati tra i nomi femminili singolari, solo che in origine rimane in qualche modo l’idea del plurale neutro perché all’inizio sono nomi dal significato collettivo. E’ comunque un significato che resta come relitto ma che poi va perdendosi. ↓ Es. lĭgna > it. legna, sp. leña ‘legna da ardere’ // legno/leño ‘legno’ < lĭgnum folĭa > occ. fuelha ‘foglia, fogliame’, dial. it. ~ it. foglia, sp. hoja, fr. feuille ‘foglia’ Relitti del neutro in italiano li rintracciamo in quelle parole la cui forma al singolare è maschile e femminile al plurale: braccio/braccia, osso/ossa, dito/dita, corno/corna. Altre forme di relitto sono i plurali in -ora, tipici dei volgari antichi (Dante corpora, Boccaccio latora), ma in regressione negli stessi dialetti (es. sic. lócura, fócura, iócura). In romeno il neutro è ancora una categoria produttiva: sing. -us [M] / pl. -a [F] o -uri (es. timp < tempus / tímpuri < tempora o temporis/tempori Gen/Dat.) Maschile e femminile: la categoria del genere continua la partizione latina ma con alcuni metaplasmi, ad esempio nomi che vengono collocati all’interno di generi diversi, ad esempio i nomi di albero che sono femminili nel latino e che vengono collocati in maschile nelle lingue romanze (il pino, il pero), e anche lo stesso iperonimo > arbŏre [F]> it. albero, fr. occ. cat. arbre, sp. arbol [M]. Ma anche nomi astratti in –OR che erano maschili in latino ma femminili in francese, occitano, retoromanzo e talvolta in rumeno↓ dolōrem [M] > occ. dolor, fr. douleur, rom. durere [F]; it. dolore, sp. dolor [M]; colōrem [M] > occ. color, fr. couleur, rom. culoare [F]; it. colore, sp. color [M]; ma anche sapōre, sudōre, flōre [è F anche in sp. port. cat.] IL NUMERO Il numero resta indenne nel passaggio al romanzo, solo che il plurale viene espresso nelle lingue romanze in due modi diversi: 1)-s finale che caratterizza l’ibero romanzo, il galloromanzo il retoromanzo e il sardo, una –s finale tipica della Romània occidentale, ed è etimologica perché continuazione dell’accusativo plurale latino (e questo ci fa ancora vedere come le parole romanze derivino dall’accusativo); 2) in italiano e romeno il plurale è marcato sì da una desinenza (lingue flessive) che è però in questo caso di tipo vocalico. La linguistica romanza tradizionale vedeva in questi plurali vocalici la continuazione del nominativo plurale in –AE ed in –I Nominativo latino in -AE (CAPRAE > it. rom. capre) e in -I (CABALLI > it. cavalli, rom. cai) [tesi superata]. La linguistica attuale invece, ad esempio con gli studi di Aebischer 1960, vede nel plurale vocalico sempre la continuazione dell’accusativo, che è però andato incontro a una trasformazione diversa: è una tesi più logica nonché più economica in quanto in questo modo plurale e singolare verrebbero tutti dall’accusativo  [F] Acc in -AS (*-aj > -e), [M] Acc in -ES (*-ej > -i, esteso analogicamente ai nomi con tema in o [< -OS]). ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 55 GLI AGGETTIVI L’evoluzione degli aggettivi segue quella dei sostantivi, anche perché l’aggettivo in latino comprendeva due classi, una di tipo maschile/femminile di tipo BONUS - BONA - (BONUM) e una di tipo neutro di tipo GRANDIS - (GRANDE), (anche se poi il neutro si perde quindi poi le classi sono di tipo maschile/femminile). Il romanzo mantiene essenzialmente questo sistema, per cui noi abbiamo una classe che deriva dalla prima classe di aggettivi latina di tipo: it. buono/buona, fr. bon/bonne, sp. bueno/buena, e un’altra classe di aggettivi che deriva dalla seconda classe latina la cui distinzione non è presente a livello fonetico: it. sp. port. grande, afr. grant, cat. occ. gran. Tuttavia anche per questi aggettivi il francese ha introdotto degli aggettivi in cui si marca il genere: grand/grande, doux/douce. IL COMPARATIVO Nel latino per il comparativo (-IOR) e il superlativo (-ISSUMUS) si utilizzava una forma sintetica (pienamente in linea con l’atteggiamento flessivo della lingua latina), per cui bonus/bona abbiamo bonus – melior – optimus, che sono delle forma abbastanza stabili e vitali fino all’VIII secolo. Nelle lingue romanze si mantengono queste serie più diffuse in continuità con l’andamento sintetico del latino, introducendo però delle novità: 1)per il comparativo, continuano le serie più diffuse che fanno sistema: ‘maggiore-minore’, ‘migliore-peggiore’; anche con significato nuovo (es. seniorem > sp. señor, occ. senhor, cat. senyor, it. signore, fr. seigneur); e aggiungono qualche innovazione (es. afr., occ. bellaire/bellazor < *bellatior/*bellatiore < bella) * in questo quadro fa eccezione il romeno: non abbiamo la forma melior MELIOR → MAGIS BONUM (forma analogica) > mai bun* 2) per il superlativo, si possiedono relitti (prossimo < PROXIMUM, pessimo < PESSIMUM, massimo < MAXIMUM), e cultismi in -issimo introdotti più tardi in italiano e nelle varietà iberoromanze (es. it. fortissimo, sp. fortísimo), che risultano molto diffusi Accanto alle forme sintetiche del comparativo, quelle che restano nelle lingue romanze sono forme analitiche: gli esiti romanzi si trovano già in luce all’interno della lingua latina magari in forma colloquiale, ma che a volte trovano espressione già nell’età arcaica, ossia MAGIS/PLUS + agg:↓ Es. Plauto, magis argutus; Ennio, plus miser La stessa cosa avviene per il superlativo perché se è vero che la forma –ISSIMUS marcava il superlativo, nella lingua dell’uso si utilizzavano altre forme analitiche a cui veniva contrapposto l’aggettivo come MULTUM/SANE/VALDE + agg. Sono in effetti proprio le forme analitiche quelle che prevarranno, in tendenza con le lingue romanze che rispetto al latino tendono ad essere più analitiche. In particolare: Per il comparativo: ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 56 ▪nel Romanzo centrale (area galloromanza e italiana) si impone il tipo con plus (it. più alto, fr. plus haut) ▪nel Romanzo periferico (Iberoromania e Romania) si impone il tipo con magis (sp. más alto, rom. mai înalt) Per il superlativo: ▪nella fase antica si diffonde multum ovunque ▪più di recente in francese si impone il tipo trans > très (très bon), in romeno si impone il tipo forte > foarte (foarte bun) Per quel che riguarda il secondo termine di paragone, si assiste a dei cambiamenti per cui le lingue romanze prendono l’elemento del latino parlato tardo e non quello classico: lat. Classico quam + Abl (> ca ait.) → lat. Tardo ab, de, que [continuati nelle lingue romanze] L’ARTICOLO Il latino non aveva l’articolo, ma esistevano tre pronomi/aggettivi deittici o dimostrativi che distinguevano il grado di lontananza dal soggetto: 1) HIC (questo); 2) ISTE (codesto); 3) ILLE (quello). Accanto a questi tre pronomi/aggettivi ce n’erano anche altri di tipo anaforico o determinativi che servivano ad anticipare o a richiamare qualcosa: 1) IS (esso); 2) IDEM (medesimo); 3) IPSE (stesso, proprio lui). Questi sono stati a lungo più vitali e più utilizzati anche perché quelli dimostrativi tenderanno a scomparire in quanto verranno rimpiazzati da altre forme che prenderanno come base le forme IPSE e ILLE che erano più strutturate foneticamente. Il sistema romanzo ha subito un forte rimaneggiamento, infatti sopravvivono tre forme che sono generalmente rafforzate per composizione, e con un restauro dei gradi di vicinanza dall’agente:↓ 1) Per cui dalla forma ISTE (2a) si viene a creare la forma di 1a, (viene rimpiazzato HIC) per cui da: ECCE o*ACCU + ISTU > cat. occ. aquest, afr. cist, it. questo; ISTE > viene continuato da sp. port. este, a.it. esto, afr. ist; 2) Oppure dalla forma IPSE, da *ACCU+ĬPSE (accuipse) per individuare il pronome di 2a> cat. aqueix; ĬPSE > per lo spagnolo ese; nel caso dell’italiano, anche se è una forma caduta in disuso abbiamo *ACCU + TIBI + ĬSTU > codesto, è una forma rafforzata di ACCUISTU, con l’elemento TIBI che indica il grado di vicinanza rispetto alla seconda persona; ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 59 I PRONOMI L’evoluzione dei pronomi si è rivelata per alcuni versi più conservatrice di quella dei sostantivi e ha mantenuto l’accusativo e talvolta il genitivo/dativo, anche se non sempre con le stesse funzioni che in latino. Inoltre, si è avuto uno sdoppiamento di alcune forme, dovuto al fatto che i pronomi hanno conosciuto due tipi di evoluzione a seconda della posizione nella frase. Il sistema dei pronomi romanzi comunque riproduce abbastanza bene quello latino per quanto riguarda i diversi tipi di pronomi, ma non succede lo stesso per le forme, alcune delle quali sono scomparse o hanno cambiato funzione, o sono state addirittura sostituite da creazioni nuove e da forme analogiche. Nel latino esistevano 3 pronomi/aggettivi deittici o dimostrativi che distinguono il grado di lontananza dal soggetto 1) HIC ‘questo’ (1a); 2) ĬSTE ‘codesto’ (2a); 3) ĬLLE ‘quello’ (3a) Inoltre, esistono 3 pronomi/aggettivi anaforici o determinativi per richiamare o anticipare qualcosa: 1) ĬS ‘esso’; 2) ĪDEM ‘medesimo’; 3) ĬPSE ‘stesso, proprio lui’ Tra questi ISTE, ILLE E IPSE sono quelli che hanno un’evoluzione nel romanzo benché vi sia una ristrutturazione in quanto si creano elementi fonici più forti con prefissi che vanno a rafforzare il corpo fonico ridotto dei pronomi latini. Il sistema dei pronomi subisce dunque questo rimaneggiamento e le forme che sopravvivono lo fanno grazie ad elementi rafforzativi per composizione, con l’aggiunta di prefissi come ECCE e come ACCU che vanno ad accrescere il corpo fonico del dimostrativo latino (vedi paragrafo – L’articolo). HIC non sopravvive se non nella forma del neutro HOC che ritroviamo: ↓ ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 60  galloromanzo, l’avverbio olofrastico ‘sì’ (occ. oc; afr. oil < HOC ĬLLU)  gallorom., it., il pronome neutro: ECCE HOC > it. ciò, occ. afr. ço, fr. Ce  it. e sp., però/pero < derivano dall’unione di PER + HOC. I pronomi personali i pronomi di prima e seconda persona latini sono declinati e nel passaggio al romanzo si mantiene la distinzione tra pronome soggetto e oggetto e dunque abbiamo in romanzo una sorta di relitto di declinazione dove alla forma che compone il nominativo si contrappone l’accusativo o il dativo:↓ persona 1a 2a 4a 5a Nom ego > io tu nos vos Acc mē > me tē nos vos Dat mihi > mi tibi nobis vobis Questo quadro si mantiene nelle lingue romanze pur con delle specificità. Alcuni elementi tendono a conservarsi maggiormente, altri meno:↓  I pronomi personali di prima e seconda persona (elementi chiave in una frase) sono quelli che sopravvivono in modo stabile, per cui : Pronomi personali soggetto : da EGO > EO ( > it. io, port. occ. rom. eu; con spostamento d’accento, afr. jo/jé, sp. yo); da TU rimane inalterato in tutte le lingue romanze > it. sp. fr. port. occ. cat. rom. tu Pronomi personali oggetto : oscillazione tra gli esiti dell’accusativo latino MĒ > me e gli esiti del dativo latino MIHI > mi; TĒ > te e TIBI > ti (in it. distinguiamo tra me, te tonici e mi, ti atoni – continuità evidente)  pronomi personali di terza persona derivano dalla base ILLE, pronome vitale anche come personale di 3a: sp. él, occ. El; In italiano la base è sempre ILLE ma nella forma ILLI probabilmente per influenza del relativo QUI: it. egli, afr. Li. Ci sono anche continuità dei pronomi di terza persona che si basano sulla forma del genitivo e del dativo latini:  ILLUI (si va a strutturare su influenza analogica da CUI) > it. fr. occ. rom lui; ILLAEI > ricostruidit. lei, occ. liei; al pl. (con Gen neutralizzato), ILLŌRUM > it. loro, afr. occ. rom. lor, fr. leur. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 61 I pronomi relativi e interrogativi: il latino aveva a disposizione tutta una serie di pronomi di questo tipo, i quali erano declinati e anche in questo caso la maggior parte dei pronomi che poi continuano nel romanzo sono quelli che hanno come base la forma dell’accusativo (anche se ci sono eccezioni). Gli unici resistenti nel tempo sono: ↓ - QUI, QUEM/QUID > sp. quien, que provengono da QUEM; cat. occ. qui/que continuano sia la forma QUI latina sia la forma QUEM; il francese continua tutte le forme - qui, que, quei (quoi); l’italiano continua sia la forma QUI sia la forma QUEM in chi, che Accanto a queste forme principali, sopravvivono anche: ↓ - CUIUS > sp. cuyo, port. cujo ‘di cui’ derivano dalla forma del genitivo. - CUI > it., occ., afr., rom., cui ‘di cui/a cui’ (in italiano, a volte con funzione di sogg.) fr. > qui (pron. ton. per persone: avec qui ‘con chi’) In realtà se queste sono le forme principali poi ci sono una serie di pronomi di questo genere che si perdono, e proprio in virtù di ciò, sopraggiungono altri elementi per riempire queste mancanze: ↓ - agg. int. QUALIS > da cui il pron./agg. relativo-interrogativo in rom. care > interrogativo it. quale, fr. quel, sp. cuál + art. > funzione relativa it. il quale, fr. lequel, sp. el cual Altro elemento introdotto: - DE UNDE ‘da dove’ > fr. dont ‘di cui’(gen. del relativo) I pronomi indefiniti: si riducono di molto, infatti in latino ne esistevano diversi che sono scomparsi e solo pochi continuano nel romanzo in modo circoscritto: ↓ - TALEM > solo in it. tale, fr. tel, sp. port. cat. occ. Tal Mentre alcuni scompaiono come: - ALIUS che era un pronome importante verrà sostituito da → ALTER, in particolare da → ALTERUM > it. altro, occ. fr. autre, sp. otro, rom. Alt - A TOT, QUOT si sostituiscono con TANTI/TANTOS, QUANTI/QUANTOS continuate negli esiti romanzi. Si ha dunque una semplificazione, per esempio il pronome indefinito tutto/tutti veniva esplicitato attraverso diverse forme: ↓ - OMNIS, TOTUS, CUNCTI ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 64 LE PREPOSIZIONI alla luce della riduzione dei casi, le preposizioni saranno più utilizzate nel contesto del latino della parola e che dunque poi rintracciamo anche nel romanzo, questo perché le preposizioni vanno a sostituire le desinenze che si perdono: ↓ ▪PAULI MATER “la madre di Paolo” in latino non c’era la preposizione perché il genitivo ci forniva questa informazione in automatico; nelle lingue romanze la funzione del genitivo sarà marcata non più da un elemento desinenziale ma da un elemento analogico “di” che viene da DE latino; dunque DE + Acc de Paulum : di Paolo AD, IN sostituiscono alcune funzioni dell’Ablativo Tra le preposizioni più comuni:↓ ▪CONTRA > it. contro, fr. contre, sp. occ. rom. contra ▪INTER > fr. sp. entre / INTRA > it. tra, rom. între ▪SUPER > fr. sur, sp. sobre / SUPRA > it. sopra ▪CUM > it. sp. con, port. com, rom. cu, ma APUD > afr. o(d), occ. cat. ab, am, amb ▪PER > fr. par, it. occ. per ▪PRO > fr. pour, sp. por / PRO AD > sp. port. Para Si aveva la tendenza ad accumulare preposizioni, per cui si hanno preposizioni doppie o triple: ▪AB ANTE > it. avanti, fr. avant, occ. avan ▪DE IN ANTE > asp. denante > delante, occ. denan ▪DE AB ANTE > fr. devant, cat. davant ▪IN AB ANTE > rom. înainte ▪DE POST > it. dopo, rom. După ▪APUD HOC > fr. avec LE CONGIUNZIONI Le congiunzioni sono elementi indeclinabili ma che risultano meno resistenti delle preposizioni, perché la preposizione del latino parlato comincerà ad assolvere funzioni importanti ed è dunque normale che sopravvivano. Continuano sicuramente: •cong. copulativa ET > sp. y, cat. i / SIC > rom. şi (anche nella particella affermativa it. sp. cat. sí/si/sì, port. sim)  Cong. negativa NEC > it. né, sp. occ. ni ; NEQUE > rom. Nici  Disgiunzione AUT > it. sp. o, fr. port. ou ; SEU > rom. Sau  Cong. avversativa MAGIS > it. ma, fr. mais, asp. mas ; PER HOC > it. cat. però, sp. Pero  Cong. subordinante *QUE (< fusione di QUO QUOD QUID, in particolare continua la forma QUE da QUEM che è la congiunzione subordinante che sta alla base del che polivalente). ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 65 SISTEMA VERBALE Rispetto al sistema nominale, il sistema verbale si conserva meglio nel passaggio al romanzo, e ci sono una serie di differenze e cambiamenti che bisogna notare. Basta pensare al fatto che se nella morfologia nominale i casi e le declinazioni si perdono, nel sistema verbale delle lingue romanze continuiamo ad avere le coniugazioni. Il francese fa un po’ eccezione perché gli elementi desinenziali grammaticali sono identici a livello fonetico, e l’elemento che ci permette di distinguere queste persone è l’utilizzo del pronome soggetto che in francese è obbligatorio proprio perché assolve una funzione morfologica importante, indicandoci la persona e il numero del verbo. Questo dimostra come il francese non ricorre più a marche desinenziali di natura flessiva, ma va a creare un verbo su base analogica, perché è l’elemento pronominale che ci fornisce informazioni morfologiche sulla persona del verbo. Il francese è ancora una volta in questo quadro la lingua più evoluta. Se è vero che c’è una maggiore continuità nel sistema verbale, è vero anche che vengono create spesso forme nuove su base analogica e altre vengono soppresse. Il verbo latino è coniugato, così come avviene nel verbo romanzo, cioè abbiamo un’alternanza di temi verbali e desinenze che ci forniscono informazioni su tempo e persona di quel verbo: amo: am + o (desinenza 1° persona singolare presente indicativo) In effetti il verbo è marcato da:  Persona (1°, 2°, 3°)  Numero (sing, plu)  Tempo (presente, passato, futuro)  Aspetto (perfettivo, o imperfettivo) elemento proprio del latino ma che non sussiste nel romanzo, se non come elemento residuale, ma il verbo romanzo è un verbo in cui l’elemento aspettuale non è rilevante, in quanto in romanzo si punta più sulla dimensione del tempo.  Modo  Diatesi (attiva, passiva, deponente) non esistono verbi deponenti nelle lingue romanze. L’ASPETTO È un elemento modale nel verbo latino. L’aspetto di un verbo indica un modo di concepire lo svolgimento dell’azione espressa dal verbo: ci dà per esempio informazioni sulla durata, sulla compiutezza, ripetitività etc. E’ un elemento che per la latinità era particolarmente importante, soprattutto nella distinzione tra azioni compiute nel tempo e quelle che perduravano e dunque erano ancora incompiute. Non bisogna confondere l’aspetto con il tempo, che indica invece il momento in cui si svolge l’azione e il momento in cui se ne parla. L’aspetto in latino era così significativo che esisteva a livello verbale un’opposizione tra infectum e perfectum, cioè rispettivamente tempi verbali che facevano capo ad azioni imperfette perché non ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 66 concluse, e tempi verbali di azione compiuta. Il fatto che nel verbo latino esisteva questa differenza lo dimostra il fatto che nella diatesi attiva i temi dell’infectum e del perfectum erano distinti da alcuni meccanismi di natura fonetica: •infisso nasale, vinco ~ vīci  apofonia, vĭdeo ~ vīdi, ago ~ ēgi  raddoppiamento, cado ~ ce-cĭ-di  formazioni deboli in /w/, amō ~ amāvi (questo era uno dei modi principali nella distinzione tra infectum e perfectum)  formazioni sigmatiche, dico ~ dic+sī > dixī. Nel romanzo la categoria aspettuale è presente (Giovanni cantava > Giovanni cantò), ma non è comunque sentita come primaria, infatti la categoria fondamentale è più che altro il tempo, nel senso che distinguiamo ad esempio l’imperfetto dal passato remoto non da un punto di vista aspettuale ma temporale, pensando ad uno come un passato più vicino dell’altro. *> l’infisso /w/ era molto più frequente in latino, ma ad un certo punto scompare perché tende a indebolirsi (es. cantāvi > *cantāi > it. cantai, fr. chantai, sp. canté, ecc); si mantengono comunque altre distinzioni, soprattutto di timbro, ad esempio la vocale tematica (v. it. faccio ~ feci, vedo ~ vidi e dico ~ dissi).* DIATESI Accanto a una voce attiva e passiva, abbiamo in latino una voce deponente, che si usa quando l’azione espressa dal verbo coinvolge il suo soggetto, il quale genera l’azione e ne riceve gli effetti: Es. hortor-ari (“esorto”), vereor - eri (“temere”) Sono dunque voci che in qualche modo corrispondono a un altro modo che il latino aveva per rappresentare la voce deponente, ed è l’uso riflessivo del verbo: mi faccio la doccia. Sono degli elementi che non abbiamo nelle lingue romanze in quanto vengono introdotte nella dimensione dell’attivo; al massimo permane nell’uso riflessivo di alcuni verbi. LE CONIUGAZIONI In latino esistevano 4 coniugazioni che si distinguevamo per temi che avevano una particolare vocale tematica: /ā, ē, ĕ, ī/ (CANTĀRE, HABĒRE, VENDĔRE, DORMĪRE). Per quel che riguarda la seconda e la terza coniugazione che avevano stesso timbro vocalico, quando si perde il valore della quantità vocalica, si perde anche la percezione della distinzione tra queste due coniugazioni, anche se nella dimensione romanza in alcuni casi può essere ancora evidente se si pensa a quei verbi in cui il verbo cade sulla vocale tematica, o quando invece la vocale retrocede perché era già così in latino con la ĕ secondo la legge della penultima. Ogni verbo ha tre temi principali, che sono quelli dell’imperfettivo, perfettivo (spesso infisso /u/ ovvero –U,-V) e il supino (quelli fondamentali sono i primi due). ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 69 INDICATIVO IMPERFETTO L’indicativo imperfetto subisce qualche modifica, in latino era caratterizzato dall’infisso –B- tra vocale tematica e desinenze: CANTABAM, VENDEBAM, DORMIBAM. In effetti l’italiano conserva le tre forme anche perché questa /b/ si evolve in /v/: cantavo, vendevo, dormivo; nelle altre lingue invece c’è una riduzione a due tipi:↓ -I coniug continua la forma: -ABAM > conservazione dell’infisso -B-, che spirantizza in spagnolo e fricantizza in portoghese e occitano; coniug. questo infisso si perde: da -EBAM, -IBAM > *-EA, *-IA > -ia Esempio:↓ sp. cantaba, había, dormía port. cat. cantava, havia, dormia occ. cantava, avia, dormia Il francese è più radicale perché tutte le forme delle quattro coniugazioni dell’imperfetto si riducono al primo tipo: ↓ coniug: -EBAM > afr. eie > fr. –ais  chantais, avais, dormais In tutte le lingue romanze sopravvive la forma irregolare dell’imperfetto di essere (SUM, ES, FUI, ESSE):↓ ERAM > it. ero, afr. iere, sp. port. cat. occ. era, rom. eram INDICATIVO PERFETTO (PASSATO REMOTO) In latino il tema del perfetto si sviluppava attraverso dei meccanismi:  infisso /w/, amō ~ amāvi→ contraddistingueva verbi deboli poiché accentati sulla desinenza;  raddoppiamento, do ~ dedi;  desinenza -I + apofonia, facio ~ fēci;  formazioni sigmatiche (desin. -SI), mitto ~ misi  desinenza -UI, habeo ~ habui → contraddistingueva verbi forti poiché accentati nella radice Il perfetto va in contro a una riorganizzazione: si conservano i tipi deboli in –AVI, -IVI (I-IV) proprio in virtù della maggiore presenza di questi verbi, ma si perdono quelli in –EVI (II, III): ↓ -Ā(V)I, Ī(V)I > -AI, II↓ CANTAVI > CANTAI > it. cantai, fr. chantai, sp. Canté DORMIVI > DORMII > it. dormii, fr. dormi, sp. Dormí Per ovviare alla perdita del tipo in –EVI si ricorre a una serie di cambiamenti: le varietà occidentali creano un nuovo perfetto debole per i composti di DARE con raddoppiamento (di tipo CREDĬDI, VENDĬDI), con sostituzione della parte finale mutuata dal perfetto del semplice DARE (DĒDI), e con conseguente spostamento dell’accento:↓ ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 70 Es. VENDĬDI → *VENDĒDI > it. vendei/vendetti, occ. vendei, fr. vendi, sp. Vendí PERDĬDI → *PERDĒDI > it. perdei/perdetti, occ. perdiei, fr. perdi, sp. Perdí Un altro modo per supplire a questa mancanza è il fatto che si estendono anche le forme forti dei tipi–UI, -SI:↓ (il tipo in -I continua in FECI, FUI, VENI, VIDI) Perfetti forti in –I VIDĒRE – VĪDI > it. vidi, occ. fr. vi, sp. vide/vi. Ci sono poi delle distinzioni tra II e III coniugazione (italiano e galloromanzo). Nelle varietà che mantengono questa distinzione si nota un atteggiamento del tipo: II) perfetto forte in -ŬI : *SAPĒRE – SAPŬI > it. seppi, sp. supe, occ. saup, afr. sus HABĒRE – HABŬI > it. ebbi, asp. ove (ovo), occ. ac, fr. Eus // participio debole, modellato su -ŪTU: *SAPĒRE – *SAPŪTU > it. saputo, sp. savudo, occ. sabut, fr. Savu HABĒRE – *HABŪTU > it. avuto, sp. havudo, occ. agut, fr. Eu III) perfetto forte sigmatico, etimologico : MITTĔRE – MĪSIT > it. mise, occ. mes, afr. mist (> mit), asp. miso (mod. metió) DICERE – DIXIT > it. disse, afr. dist > fr. dit, sp. dijo, occ. Dis // participio forte: MITTĔRE – MĬSSUM > it. messo, occ. mes, fr. mis, asp. messo (poi metudo, metido). CAMBIO DI FUNZIONE DAL LATINO AL ROMANZO A) congiuntivo piuccheperfetto (trapassato) diventa congiuntivo imperfetto nelle lingue occidentali e indicativo piuccheperfetto nel romeno:↓ CANTAVISSEM (strutturato sul tema del perfectum + infisso –SS-)↓ CANTA(VI)SSEM > it. cantassi, fr. chantasse, sp. cantase / arom. cîntase > cîntasem B) Indicativo piuccheperfetto CANTA(VE)RAM↓ -si conserva in portoghese: cantara “ avevo cantato” -in spagnolo si conserva nella seconda forma del congiuntivo imperfetto: cantara “cantassi” -in occitano e in alcuni dialetti italiani meridionali, forma il futuro anteriore o condizionale: occ. Cantera “canterei” C) Indicativo futuro anteriore CANTA(VE)RO che era molto simile al congiuntivo imperfetto (cantaverim, cantaveris), e dunque tenderà a ridursi o cambiare funzione:↓ -congiuntivo futuro portoghese: cantar “che io sia per cantare” Scomparsa di forme: sono scomparsi del tutto il participio futuro, l’infinito perfetto e l’infinito passivo in quanto non erano funzionali. La scomparsa di queste forme si lega al fatto che vengono meno una serie di elementi propri delle forme passive, come i verbi deponenti che erano di forma ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 71 passiva e desinenza attiva, per cui da MORIOR – MORI > MORIO – MORIRE > morire, mourir, morir. I verbi deponenti sono ricollocati nell’attivo perché c’è un profondo cambiamento che interessa le forme passive, cioè scompaiono le forme sintetiche del passivo perché i temi dell’infectum passivo erano caratterizzate da desinenze specifiche: laudor > sono lodato; ma il latino non ricorreva a una perifrasi. Si va dunque andando a strutturare una nuova forma del passivo completamente basato su forme perifrastiche. Scompare anche il futuro latino: in romanzo abbiamo il futuro, che in latino era di tipo sintetico, cioè un tempo debole soggetto all’usura fonetica delle desinenze; le forme latine sono recessive già nella lingua dell’uso, per cui ci sono delle alternative al futuro sintetico già nella latinità nella sua fase tarda, ad esempio può essere sostituito da presente + avverbio di tempo (come avviene in italiano). Nasce dunque il futuro romanzo a partire da una nuova struttura. ↓ FUTURO ROMANZO Strutturato con la perifrasi necessitativa con habere, del tipo habeo cantare > cantare habeo > forme romanze : canterò, cantaré, chanterai etc. Dunque si sviluppa una forma perifrastica di tipo analogico che poi si grammaticalizza formando la marca del futuro; due forme sintetiche alle cui origini c’era una forma perifrastica di tipo analogico. Esempi di catacresi (pres. + Avv di tempo) esistono anche in latino: es. modo venio ‘vengo subito’. Nell’uso: l’idea di futuro può essere ricavata dal contesto:↓ -perifrasi volitiva o con VENIO (properare volent ‘s’affretteranno’, VI sec.; facere venit ‘farà’); -perifrasi necessitativa; -ESSE + part. futuro: negli scrittori tardi, già da Petronio (II sec.), poi negli autori cristiani (daturus est, missurus sum). Presto si impone la perifrasi con HABEO: che diviene ausiliare dell’infinito, quindi semplice supporto morfologico → base del futuro sintetico romanzo. Le lingue romanze continuano in gran parte la perifrasi infinito + HABEO – evidente nel futuro emetico (‘tagliato’ da un clitico): es. occ. lauzar vos han ‘vi loderanno’ – e originano una nuova forma sintetica, con le stesse terminazioni per tutte le coniugazioni↓ Es. CANTARE HABEO > *cantar(e) a(i)o > sp. cat. cantaré, port. cantarei, occ. cantarai, fr. chanterai, it. canterò↓ •HABEO AD + inf. (sd., tosc. ho a cantare, it. mer. es. nap. Aggi’a cantà); •HABEO + cong. (arom. am sa cînt 'ho che io canti'); •HABEO DE + inf (port. hei-de cantar); •*VOLEO + inf (rom. voi cînta); •DEBEO + inf. (in alcuni dialetti sardi: deppo cantare ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 74 ORDINE DELLA FRASE A) Verbo e complemento:↓ PUELLA PUERUM AMATA > la ragazza ama il ragazzo (è un ordine comunque non marcato) B) Verbo e avverbio: HUMILITER SERVIRE > servire umilmente C) Ausiliari: -le lingue romanze hanno più ausiliari del latino, che ha come unico ausiliare il verbo essere, infatti HABERE inizialmente non era ausiliare -da una struttura verbo + ausiliare > ausiliare + verbo; a eccezione del futuro e del condizionale (ordine a sinistra): CANTARE HABEO > canterò Ma rom. voi cînta fr. je vais chanter, sp. voy a cantar, port. vou cantar D) Sostantivo e aggettivo: -Latino aggettivo + sostantivo : DOCTUS VIR “uomo dotto “ genitivo + sostantivo PAULI MATER “la madre di Paolo” -Lingue romanze  ordine non marcato: sostantivo (determinato) + aggettivo (determinante) / sostantivo + genitivo Possono comunque esserci eccezioni ossia ordini marcati, cioè consapevolmente ricreati E) Frasi relative: c’è una certa continuità tra latino e romanzo perché già in latino la relativa veniva posposta al determinato, cosa che succede oggi nelle lingue romanze SUNT ALIA QUAE MAGIS TIMEAM “sono altre le cose che temo di più” F) Congiunzioni: in latino arcaico si usava in maniera più diffusa la congiunzione enclitica –QUE : SENATUS POPULUSQUE ROMANUS; ma già molto presto si inizia a diffondere una forma di tipo proclitico ET che ritroviamo nelle lingue romanze. G) Articolo: in latino l’articolo non esisteva, ma la categoria dell’articolo deriva dal dimostrativo latino, il quale poteva precedere o seguire il sostantivo ILLE LUPUS / LUPUS ILLE Il romanzo invece preferisce che l’articolo venga preposto al nome: il lupo; mentre il romeno preferisce continuare una forma per cui l’articolo segue il nome. In questo caso, a differenza del romeno che in qualche modo continua la forma più latina, le altre lingue preferiscono continuare una forma più in linea con la dimensione romanza, l’articolo diventa il nuovo marcatore del sostantivo, occupando la posizione di prefisso↓ Romanzo: il lupo [articolo + sostantivo] vs. rom. lupu-l ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 75 POSIZIONE DEL SOGGETTO Nelle lingue romanze l’ordine è di tipo SVO (non marcato), ma questa acquisizione romanza parte da una base latina che è tipologicamente diversa in quanto è SOV, con un passaggio graduale; in qualche modo le lingue medievali ci danno questa idea di passaggio progressivo. E’ graduale perché prima di approdare alla sintassi romanza, abbiamo una fase intermedia per cui le lingue romanze medievali sono lingue V2 (verb second), ossia in cui il verbo indica la seconda posizione. Essenzialmente l’ordine che caratterizza le lingue medievali romanze è: (X)VSOAvv, dove X indica una funzione sintattica ricoperta o dal soggetto, o dall’oggetto o dall’avverbio, e il verbo era in seconda posizione. Nel medioevo stesso, per motivi pratici poi il soggetto tende a essere tematizzato e dunque essere messo in evidenza benché le posizioni potevano essere diverse, quella che ricorreva con maggiore presenza era la forma SVO, che progressivamente si generalizza e diventa l’ordine basico delle fasi romanze. In particolare il francese nello sviluppo che ha avuto presenta il soggetto obbligatorio perché a livello morfosintattico da informazioni importanti, andando a strutturare una forma di tipo più analogico. ↓ - il francese ha il soggetto obbligatorio j’arrive ‘arrivo’, il est venu ‘è venuto’ = ha l’ordine più rigido (ma anche in occ., fr.pr., dial. it. sett., tosc.) Accanto a un ordine SVO non marcato, le lingue possono anche ricorrere a ordini marcati, come “Luisa ho chiamato” OV; “Viene Giovanni” VS; il francese ricorre a una frase scissa  “il y a Jean qui vient”, che sono espressioni relittuarie della fase antica. ↑* “vient Jean” solo in forma poetica. Un altro contesto in cui si ricorre a un’inversione e troviamo una forma VS è l’interrogativa: “è venuto Pietro?”. L’inversione è obbligatoria in francese con il soggetto pronominale: “Pierre, vient- il?”. PRONOMI PERSONALI ATONI In latino il pronome era posto all’inizio della frase e serviva a richiamare qualcosa che era stato detto, per poi approfondire attraverso un’informazione ulteriore: FILIOLA EGO UNAM HABUL, EAM UNAM PERDIDI “avevo una figlia sola e quella sola ho perso”. Nelle lingue romanze questo atteggiamento in parte rimane e in parte viene modificato perché si ricorre a due pronomi, atoni (clitici, che possono essere enclitici o proclitici) e tonici. Pronomi proclitici > lo vedo [OV]; pronomi enclitici > vederlo, cercalo [VO] Nella fase medievale del romanzo la posizione del clitico era regolata dalla legge Tobler-Mussafia, per cui la posizione dei clitici era determinata da quella del verbo, indipendentemente dalle forme finite o infinite di questo: la legge affermava che quando il verbo era in posizione iniziale il clitico generalmente lo seguiva, perché vi era la tendenza a non fare cominciare una frase con un elemento debole come un clitico. In latino la posizione del clitico dipendeva dal fatto che ci si trovasse a inizio frase o nel corpo: ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 76 -in posizione iniziale: V + clitico (l’elemento atono non poteva iniziare una frase); ↓successivamente -ordine clitico + V (contraddice l’atteggiamento romanzo VO): questo atteggiamento è giustificato probabilmente dal fatto che il clitico sia stato percepito come una sorta di prefisso al verbo: ↓ Es. fr. le trouver ‘trovarlo’, le voyant ‘ vedendolo’ MA port. procura-me ‘mi cerca’ INTTERROGAZIONE Nel latino esistevano una serie di morfemi interrogativi e l’ordine sintattico rimaneva inalterato: QUIS, QUID, UBI, o particelle introduttive –NE, -NUM-NONNE-AN: TUNE ATTULISTI? “sei tu che lo portasti?”. Nel romanzo queste particelle enclitiche non esistono (di fatto anche in latino erano già relitti dell’indo europeo) e si usano solo morfemi interrogativi: “che cosa ha visto Pietro?” “Quando è partito paolo?”. Si può però ricorrere a inversioni per mettere in evidenza un certo elemento, e nel parlato per evitare di alterare l’ordine sintattico, solitamente si cambia intonazione. In francese in cui il soggetto è obbligatorio, l’interrogativa “Pierre vient-il?” è una falsa inversione. NEGAZIONE In latino essenzialmente si utilizzava una sola negazione, e l’elemento negativo era NON, e tendeva, per quanto la lingua dell’uso utilizzasse la doppia negazione, soprattutto nel linguaggio sorvegliato a censurare la doppia negazione, che compare però spesso e appartiene anche alla lingua degli autori (Plauto, iura te non nociturum... nemini; ma anche in Catullo, Virgilio, Petronio).↓ NON CANTAT > it. non canta, sp. cat. occ. no canta, rom. nu cîntă. Negazione + verbo era già presente in latino, tanto che nel romanzo si mantiene il no/non, ma ci sono alcune lingue che conservano questo uso già latino di sviluppare una doppia negazione: francese sviluppa la forma proclitica atona ne + rafforzamento con una seconda negazione↓ il ne chante pas ‘non canta’ [< PASSUM ‘passo’] → il chante pas; ma anche, in parte, in tosc. e nei dialetti sett. (non) canta mica [< MICA]; cat. Maria sap res ‘Maria non sa niente’ Così, alcune parole usate inizialmente per rafforzare la negazione, hanno assunto significato negativo: -PERSONAM ‘persona’ > fr. personne ‘nessuno’ -REM ‘cosa’ > fr. rien ‘niente’, cat. res ‘niente’ -CAPUM ‘capo’ > cat. cap ‘niente, nessuno’ ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 79  Lessico domestico e del lavoro: -CASA ‘capanna’ → non marcato // MANSIO, -ŌNEM (> fr. maison > it. magione), e sostituisce DŎMUS (solo in sd. domu) > ‘duomo’  -CASA ‘capanna’, poi diventa non marcato indicando la casa in generale e sostituendo DOMUS ‘casa di Dio’, il cui significato rimane in italiano solo in ‘duomo’. Accanto al termine CASA si sviluppa MANSIO, MANSIONEM > fr maison > it magione, solo il sardo domu continua il significato originale di casa. Questo cambio semantico può essere giustificato dalla modifica delle istituzioni religiose: la nascita del cristianesimo rese necessario un termine per esprimere la dimora del Dio cristiano rispetto a quella delle divinità pagane. -LABOR ‘fatica, travaglio’ / LABORARE > indicava il lavoro dei campi (aratura, campo seminato, arare, in molte varietà romanze); ma it. lavoro, lavorare. Nel resto della Romània si diffondono FATIGĀRE e *TRIPALIĀRE (sp. trabajar, fr. travailler) ELEMENTI GRECI E CRISTIANI I grecismi, veicolati anche dalla cultura cristiana, furono importanti per il rinnovamento del lessico latino. In età antica abbiamo grecismi come: machina ‘mola, apotheca ‘bottega’, brachium, camera, charta, lampas ‘lampada’, petra//saxum. Molti penetrano progressivamente e vengono assimilati come: colpus per ictus, plaga; orphanus per orbus; encaustrum per atramentum, tumba. Col cristianesimo si diffondono termini nuovi, tecnicismi come: amen, papa, episcopus, presbyter ecc. Anche PARABOLA ‘similitudine, esempio evangelico’ > ‘parola’, rimpiazza VERBUM > occ paraula, fr parole, it parola, sp palabra // si diffonde il derivato PARABOLARE al posto di LOQUI > cat/occ parlar, fr parler, it parlare; mentre per spagnolo e portoghese abbiamo da FABULA ‘storia’ > *FABULARE/*FABELLARE > port falar, sp hablar ma anche it favellare. Risemantizzazione nella latinità cristiana: termini che in origine avevano un loro significato.↓ -CAPTIVUS ‘prigioniero’ > captivus diaboli ‘disgraziato, infelice, misero’ in linguaggio cristiano, che rimane in fr chétif, it mer cattiva ‘vedova’ > da qui abbiamo cattivo, malvagio in it e caitiu in occ. -PAGANUS ‘abitante del pagus, colui che abitava in un luogo più rural’e > assume il significato di ‘non cristiano’ o per metafora militare, o per antonomasia ‘idolatra’ o per cittadino comune, dunque appartenente alla gente non convertita. PAROLE COMPOSTE Le lingue romanze spesso creano parole composte, le quali possono essere formate da: - 2 sostantivi: acquedotto, crocevia - Agg + sost: mezzogiorno - Sost + agg: pettirosso, faccia tosta - V + sost: portafoglio, fruttivendolo ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 80 Nel caso dei nomi dei giorni si ha una continuità dal latino alle lingue romanze: - 2 sostantivi o perifrasi: DIEM ‘giorno’ + il nome della divinità/pianeti al caso genitivo, a partire da Saturni diem ‘sabato, poi solis, lunae, martis, mercurii, iovis, veneris diem. Le lingue scelgono due ordini diversi: -a sx, più latino:↓ LUNAE DIEM > it lunedì fr lundi MARTIS DIEM > martediì fr mardi MARTIS > sp martes rom marti -a dx, con ordine inverso:↓ DIEM *LUNIS > cat dilluns, occ diluns DIEM MARTIS > cat/occ dimarts Le parole composte in latino rispettano l’ordine OV, quelle romanze l’ordine VO↓ CARNEM LEVARE > it carnevale > fr sp cat rom carnaval *Eccezioni con ordine OV: parabrezza, fr parebrise, sp cat parabrisa. Anche quando si tratta di calchi: grattacielo > skyscraper Per le lingue romanze il tipo di parola composta più frequente è quella formata da verbo e complemento, oppure da sostantivo e aggettivo. Tuttavia, per influenza dell’angloamericano si sta diffondendo il tipo con un sostantivo più sostantivo, che rispetta l’ordine delle composizioni inglesi: cartamoneta. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 81 LETTERATURA ROMANZA MEDIEVALE Quando parliamo di letteratura romanza medievale (XII secolo) si parte dall’area galloromanza e dall’area francese in quanto queste aree hanno un primato, in primis cronologico, perché l’approdo allo scritto (ad esempio con i Giuramenti di Strasburgo) è abbastanza precoce; un primato che si riversa anche sul versante letterario, in effetti abbiamo la Sequenza di Sant’Eulalia che costituisce il primo esempio di tradizione letteraria antico francese, sebbene ci troviamo ancora in una fase di sperimentazione. L’area italiana e l’area iberica approderanno con un certo ritardo alla scrittura letteraria, mentre l’area germanica ne faceva uso già da tempo e non conoscendo il latino, c’era la necessità di tradurre in lingua germanica persino i testi religiosi. L’approccio da utilizzare per analizzare le varie letterature può variare: 1. si può procedere per dominio linguistico-letterario, cioè analizzando le varie letterature distinguendole per area linguistica; 2. si può procedere con una prospettiva storicistica; 3. infine si può procedere, ed è tipico della letteratura romanza, per genere, ossia per tipologia testuale, che riunisce al suo interno una famiglia di testi che hanno punti in comune tra loro, che siano elementi strutturali o ideologie a cui rimandano. Questo approccio, come già detto, è sempre stato tipico della filologia romanza perché quando pensiamo a questa disciplina bisogna pensarvi come una disciplina che si occupa di un contesto in cui le aree culturali non sono isolate ma dialogano molto tra di loro, infatti quando la disciplina nasce questi temi si affrontano da un punto di vista comparativistico, trovando dunque profonde similitudini tra una letteratura e l’altra, e spesso la differenza la faceva solo il genere a cui il testo apparteneva. C’è dunque un incrocio di prospettive che ci offre una visione di insieme. Si parla di tre generi principali nel Medioevo romanzo: - epica; - lirica; - romanzo, al cui interno rientra tutta la narrativa, dunque narrativa lunga e narrativa breve (racconti ad esempio). Il romanzo tra l’altro è un genere a cui si approda dopo i primi due generi, che sono i generi fondanti, ed è qualcosa che caratterizza il mondo letterario in generale, non solo quello romanzo (ad esempio nella classicità). Epica e lirica sono accumunati anche da una stessa dimensione performativa, che è quella dell’oralità e nonché generi accompagnati dalla musica, anche se nell’epica questo elemento ci sfugge in quanto ci è rimasto pochissimo. Con il romanzo medievale nasce poi il romanzo moderno, con delle caratteristiche sicuramente diverse, ma i teorici della letteratura più legati allo statuto del romanzo medievale si rendono conto che non ci sia in realtà tutta questa differenza, in quanto il romanzo medievale aveva già delle caratteristiche di genere ben definite, pur rispettando ovviamente una realtà che non era quella borghese del romanzo moderno. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 84 C’è sempre il riferimento alla struttura per cui queste sante si dedicano a Dio per poi essere martirizzate iniziando una lotta verso coloro che processavano la religione cristiana. Questo testo presenta rime diverse da verso a verso ma è organizzato in distici assonanzati, e le assonanze in effetti sono proprio le prime forme metrico-ritmiche delle lingue romanze. Vie de Saint Léger e Passion di Clermont-Ferrand (fine X secolo ) Questi esempi ci offrono un quadro più dettagliato. Sono testi ascrivibili al mondo religioso, in quanto uno è un testo agiografico e l’altro è una passione, e vediamo che sono entrambi contenuti in un manoscritto di Clermont-Ferrand, dunque siamo in area occitana, ma di provenienza dal Poitou (francese, XI secolo). Sono testi dotati di notazione musicale (anche la sequenza romanza era cantata ma non c’è la testimonianza), infatti ne abbiamo la testimonianza e troviamo anche un legame con la produzione mediolatina di tipo clericale (es. di “tropi narrativi”). *Tropo è un testo nuovo che si sviluppa parallelamente e sulla scia della sequentia latina, destinato all’esecuzione musicale e inserito spesso nei canti della liturgia, di cui era dunque un’aggiunta e ne seguiva l’andamento musicale ritmico.* In questo caso rispetto alla Sequenza di Sant’Eulalia la versificazione subisce un rafforzamento perché sono testi strutturati in versi regolari di octosyllabes assonanzati: si sviluppa questo metro che sarà il verso tipico della narrativa breve e si nota che siamo ancora in una fase di sperimentazione per cui accanto agli octosyllabes si svilupperà l’uso del décasyllabes, che sarà invece il metro dell’epica, e si regolarizzerà in questi testi religiosi, a dimostrazione del fatto che i collegamenti con l’esperienza epica sono saldi. Sono dei testi che presentano un certo ibridismo linguistico, a dimostrazione del fatto che questi testi che avevano funzione paraliturgica avevano una circolazione interregionale, viaggiando da una zona all’altra dell’area galloromanza, soprattutto tra quei centri liturgici importanti. Vie de Saint Alexis Le esperienze precedenti sono casi isolati non di piena autonomia che caratterizzano le esperienze letterarie francesi tra il IX e il X secolo. Nell’XI secolo la situazione cambia, in quanto è un secolo in cui si iniziano a sviluppare le tradizioni letterarie e la letteratura antico francese inizia a raggiungere un certo grado di autonomia. Da questo punto di vista il primo grande monumento letterario dal respiro più ampio e strutturato con tutta una serie di accorgimenti, anche formali, è la Vie de Saint Alexis (o Chanson), un poemetto in lingua d’oïl che racconta la vita di Sant’Alessio, legata ad una leggenda siriaca e poi greca del V secolo; questo poemetto fa nascere una tradizione letteraria l’opera è conservata in sette manoscritti, i quali non presentano un testo del tutto simile tra loro infatti questi testi di natura religiosa erano testi che poi subivano dei rimaneggiamenti in funzione degli ambienti in cui si producevano, per non parlare del fatto che esistono poi diverse versioni e rielaborazioni di questo testo. In particolare uno dei codici più antichi e completi che ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 85 conservano e trasmettono la Vie de Saint Alexis è il manoscritto L dell’XII secolo, conservato in un manoscritto anglonormanno in 625 versi. E’ importante considerare che si tratta di un manoscritto anglonormanno perché il mondo anglonormanno è il luogo in cui i codici continentali giungono e vengono trascritti, per cui a volte di una storia continentale che nasce in Francia abbiamo una trascrizione anglonormanna, in quanto questa area è molto ricca e feconda culturalmente. *Anglonormanno dialetto normanno d’oil che si parlava però in zone inglesi* L’opera si trova accanto al Salterio di St. Albans, che è un manoscritto plurilingue, ma qui c’è stata una consapevole intenzione di trascrivere un testo in antico francese, non è solo un foglio bianco. Spesso questi codici vengono assemblati successivamente, dunque accanto al salterio viene giustapposta questa parte in cui troviamo la Chanson de Saint Alexis, nel foglio 57 retto. ll testo presenta un prologo in prosa, in quanto la Vie de Saint Alexis è un testo narrativo, accompagnato presumibilmente da una realtà musicale, ed è un testo in versi assonanzati di décasyllabes. Si ha poi una volontà di rappresentare il testo che viene enucleato e di fatto viene mostrata una scena composita in cui sono mostrati i fatti salienti della vita di Sant’Alessio: egli è un nobile romano che è costretto a sposarsi con una donna, solo che nella sua vita sentiva di doversi dedicare interamente a Dio, tanto che subito dopo le nozze lascia la moglie e decide di lasciare la casa paterna per dirigersi verso la Terra Santa dove vive da pellegrino per sette anni; torna poi a Roma dove vive da vagabondo nel sottoscala della casa paterna senza che venga riconosciuto, fino a che muore e lascia una lettera in cui rivela chi è. E’ una sorta di san Francesco ante litteram, poiché rifiuta i beni materiali per dedicarsi a Cristo; dunque c’è una dimensione pedagogica perché le vite dei santi con i loro exempla rappresentano già di per sé dei modelli di comportamento. Il genere è agiografico-religioso, per spirito ascetico e struttura metrica, la quale presenta cinque strofe décasyllabes assonanzati, che sarà il verso della poesia epica e in particolare della Chanson de Roland, coeva della Chanson de Saint Alexis; ci sono diversi parallelismi formali e tematici tra questi due testi, ad esempio se paragoniamo il compianto del corpo di Sant’Alessio al il compianto del corpo di Orlando si trovano dei punti in comune, come l’allusione al fatto che, la moglie da un lato e Carlo Magno dall’altro, si aspettavano buone nuove e invece arrivano cattive notizie. Compianto di Alessio (st. xcvi): Compianto di Orlando (lassa ccviii) O kiers amis, de ta juvente bela! Ço peiset mei que puritat en terre. E, gentils hom, cum dolente puis estra! Jo atendeie de tei bones noveles, Ami Rollant, prozdoem, juvente bele, cum jo serai a Eis, em ma chapele, vendrunt li hume, demanderunt noveles. Je·s lur dirrai merveilluses e pesmes [...]. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 86 mais or les vei si dures e si pesmes. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 89 Terra Santa. E’ dunque un testo eroicomico ma non in décasyllabes, bensì in alessandrini (verso di 12 sillabe solitamente strutturati in due emistichi di tipo 6+6) che prende il nome dal Roman d’Alexandre in cui viene utilizzato per la prima volta, e dunque questa fa già notare che siamoin una fase più tarda in cui ache i testi epici risentiranno della dimensione romanzesca. 2) Ciclo di Guglielmo d’Orange o ciclo dei Narbonesi è incentrato sulla figura di Guglielmo d’Orange, il quale ricalcava probabilmente la figura storica del conte Guglielmo di Tolosa, cugino di Carlo Magno, e al suo interno troviamo infatti la sua genealogia. Qui Carlo Magno è già anziano e addirittura poi muore e viene infatti sostituito dal figlio Ludovico il Pio, e all’interno di questo ciclo troviamo la famosa Chanson de Guillaume, che è importantissima, ma lo è anche trittico iniziale in cui Guglielmo fa capolino nella scena epica e comincia a dimostrare il suo valore: il trittico è composto da Couronnement Louis, Charroi de Nîmes (qui Guglielmo è un cavaliere senza feudo e infatti Ludovico il Pio non riconosce il suo valore di cavaliere, non ricompensandolo con un feudo); Prise D’Orange (viene conquistata Orange, territorio saraceno, come feudo di Guglielmo). 3)Ciclo dei Vassalli ribelli ne fanno parte soprattutto canzoni più tarde. Si incentra sui conflitti tra la monarchia e la feudalità, e sono canzoni della seconda metà del XII secolo e poi del XIII secolo, dunque scritti in un contesto in cui la monarchia era molto salda (Luigi VII, Filippo II Augusto), ma si racconta di un feudalismo che era ancora in grado di contrastare la monarchia. All’interno di questo ciclo sono sono chansons come Chevalerie Ogier, Raoul de Cambrai, Girart de Roussillon (koiné franco-occitana), Renaut de Montauban, Gormont et Isembart (in questo panorama di opere tarde, è in realtà coevo alla Chanson de Roland dunque metà dell’XI secolo, proprio per caratteri arcaici che dimostrano una cronologia alta) etc. CHANSON DE ROLAND SECONDA METÀ DELL’XI SECOLO Quest’opera è interessante non solo perché è considerata la chanson de geste più antica ma anche perché al suo interno ritroviamo tutte le caratteristiche del genere epico. Probabilmente fu composta a ridosso della I Crociata (1906), di fatto questi testi narrano episodi relativi al periodo carolingio, il che dimostra lo spirito di crociata anti saraceno e anti musulmano che aleggia, in difesa della cristianità, ma le redazioni che noi possediamo si collocano secoli dopo. La Chanson de Roland è importante perché è tramandata da varie redazioni e vari manoscritti, alcune redazioni diverse dalle altre, a dimostrazione del fatto che siamo di fronte a un testo che viene dalla tradizione viva e attiva. Il più antico codice della Chanson de Roland, rimandata in una versione molto completa è la versione O, conservata nel manoscritto Digby 23 della Bodleain Library di Oxford; è un codice anglonormanno che risale alla metà del XII secolo. Nell’ultimo verso della versione O si fa riferimento a un certo Turoldus a cui si attribuisce la paternità di questa redaizone, anche se molto verosimilmente non è detto che sia il redattore effettivo, bensì probabilmente il copista, che poi ci consegna in questa redazione anglonormanna. Effettivamente nel verso 4002 leggiamo “ci falt la geste que Turoldus declinet”: questo declinet è un verbo che nell’antico francese è un po’ ambuguo, ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 90 per cui può indicare tanto chi scrive, quanto chi narra, e dunque tale Turoldus potrebbe essere allo stesso modo il copista o l’autore. E’ una redazione abbastanza estesa in quanto conta 290 lasse e oltre 4000 versi: da questo punto di vista è emblematico il riferimento alla nota emilianense in quanto è una sorta di breve lacerto di nomi e di estratti narrativi (piccola sintesi) degli episodi legati a Orlando, contenuti in un manoscritto di San Millán (castigliano), nota in latino che presenta elementi che non ritroviamo nella edizione O, e risale al IX-X secolo (databile tra il 1065 e il 1075), dimostrando come già in Castiglia a quei tempi la storia di Orlando era nota. Trama - Il poema si apre così con l’introduzione dell’argomento bellico e con la descrizione di Carlo Magno, proseguendo con i consigli di guerra dei Franchi e dei Saraceni. I Franchi decidono di inviare un’ambasceria a Marsilio, re dei Saraceni, e, su proposta di Orlando, scelgono per questo compito Gano di Maganza. Quest’ultimo il quale, consapevole del rischio mortale che sta correndo ed invidioso delle virtù di Orlando (nonché estraneo alla mentalità eroica del protagonista, che vorrebbe continuare a guerreggiare), fa il doppio gioco con Marsilio organizzando con lui un’imboscata alla retroguardia franca, capeggiata - questa volta proprio su consiglio di Gano - da Orlando. La ritirata dei cristiani si avvia sotto presagi funesti e le retroguardia di Orlando viene colta di sorpresa a Roncisvalle in uno scontro impari dalle forze saracene. Orlando, pur essendo consapevole della sconfitta, decide di combattere eroicamente, senza ascoltare i consigli del più mite Oliviero e senza richiamare con il suo corno (chiamato olifante) il resto dell’esercito, dato che ciò avrebbe gettato disonore sul suo nome. Rimasto l’ultimo in vita dei suoi cavalieri e dopo aver ferito a morte Marsilio, Orlando prova a distruggere la sua spada magica Durendala perché non cada in mano degli infedeli. Il paladino suona poi l’olifante fino allo sfinimento per richiamare Carlo Magno e domanda perdono a Dio dei propri peccati, offrendogli come segno di sottomissione il proprio guanto. La sua anima sarà condotta in Paradiso dagli arcangeli Gabriele e Michele. Carlo Magno muove quindi verso Roncisvalle, sconfigge i Saraceni a Saragozza per vendicare Orlando e condanna Gano a morte per tradimento. All’interno della Chanson de Roland è possibile individuare quattro nuclei narrativi fondamentali: 1. Tradimento di Gano è il padrino di Orlando che viene mandato come ambasciatore dal re Marsilio su indicazione di Orlando (forte antagonismo), e allora Gano tradisce la monarchia francese e si accorda con re Marsilio che sarà la causa della sconfitta della retoguardia di Carlo Magno a Roncisvalle; 2. Battaglia di Roncisvalle; 3. Rivincita franco-cristiana ritorna indietro in soccordo della retroguardia; 4. La punizione di Gano viene ucciso e fatto a pezzi. Nella Chanson de Roland troviamo una certa dimensione storica perchè ci sono delle tesimonianze come le Annales Einhardi che ci raccontano di un episodio del 778 in cui i franchi subiscono un ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 91 attacco da parte dei baschi, e dunque la dimensione storica di questo episodio c’è, ma viene trasposto e rivisitato in sede letteraria. In un contesto dell’XI secolo di chiamata alle armi contro i Saraceni, questo episodio prende i connotati dell’episodio di Roncisvalle secondo la vulgata della redazione O. La Chanson de Roland esprime il principio dell’assoluzione a chi muore per difendere o estendere il cristianesimo, per cui l’esercito di Carlo magno diventa al tempo stesso l’esercito di Cristo. Dunque ci sono dei parallelismi tra la narrazione epica e dei poemetti agiografici, per non parlare del fatto che vi siano riferimenti alle sacre Scritture (es. prodigi per la morte di Roland > morte di Cristo). Lassa CX (poco prima della morte di Orlando) In Francia ci sono molti tormenti meravigliosi. *menut e suvent ritornerà poi*. Sono tutti elementi che sono riferimenti lampanti a Cristo, e dunque si faceva un’associazione mentale immediata. Vediamo che la morte di Orlando è già esplicitata, il che è un elemento distintivo degli autori (o comunque i vari redattori) dell’epica: non si intende creare una suspense dell’evento, bensì viene anticipato tutto, perché quello che fanno i testi epici è raccontare una storia che è già nota, e dunque c’è un tipo di comunicazione di tipo mitico, quasi religiosa, quindi non è strano che vengano anticipati gli episodi o si dica esplicitamente ciò che sta per succedere. Lo stile è certamente più alto e superiore rispetto agli eventuali modelli agiografici precedenti: si ha un parallelismo tra scene affini o speculari che mostrano una certa pura attenzione a livello stilistico, infatti c’è una coesione narrativa molto forte grazie all’uso di riprese o di formule, soprattutto negli snodi fondamentali della storia. A proposito di riprese o di scene parallele, è emblematico il paragone della nomina da un lato di Gano come ambasciatore, e la nomina dall’altro di Orlando a capo della retroguardia: nel primo caso Carlo Magno chiede ai baroni chi deve essere mandato da Marsilio come ambasciatore e Orlando non esita a dire che deve essere Gano, e quest’ultimo si indispettisce in quanto il ruolo dell’ambasciatore è delicato perché rischiava di essere catturato o ucciso; quando invece Carlo Magno chiede chi deve essere messo a cpo della retroguardia, Gano non esita a dire che deve essere Orlando. C’è anche un andamento sintattico molto simile. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 94 E’ una canzone in qualche modo composita, infatti la critica ha potuto dividere la canzone in due parti, che caratterizzerebbero la Chanson de Guillaume: Chanson de Vivien e Chanson de Reinouart, e non è strano pensare che forse questi due testi erano indipendenti e poi sono stati fusi nella Chanson de Guillaume. Spesso queste chansons si ritrovano in manoscritti ciclici ossia grandi codici che ci trasmettono le une accanto alle altre le varie canzoni di gesta di cui Guillaume è protagonista. Nel manoscritto della Chanson de Guillaume è presente una cura formale non solo nella mise en page, dunque il ricorso a una scrittura molto chiara, ma anche elementi decorativi raffinati rispetto a opere precedenti, come la Chanson de Roland il cui manoscritto era privo di qualsiasi elemento decorativo. Prima parte, composta dalla prima lassa riassume la storia in cui Deramé, re saraceno, invade i territori francesi e dà vita a una serie di lotte e battaglie in cui alcuni paladini muoiono, tra cui Viviano, ma Guglielmo riesce a invastire un grande esercito seppur sforzandosi in quanto il suo re Luigi non voleva inizialmente aiutarlo, ma poi riesce soprattutto grazie all’intercessione di sua moglie Guiborc (novità) riesce a creare un nuovo esercito e la vittoria finale sarà sua. E’ interessante il legame zio-nipote, che emerge anche nella Chanson de Roland. Qui c’è un rapporto sinergico tra un Guglielmo maturo e suo nipote Viviano; accanto a lui, nella Chanson de Guillaume agiranno altri nipote di Guglielmo, tra cui Gui che è giovanissimo ma mostra un’attitudine da cavaliere e decide di seguire lo zio in battaglia, mostrando (oltre la sua comicità, come suo zio) le sue capacità. Questo rapporto preferenziale zio-nipote (zio materno) è una relazione che l’epica probabilmente eredita dalle culture matriarcali tedesche. Seconda parte) Guglielmo, alla corte di re Ludovico. Chiede aiuto contro i Saraceni che attaccano Orange: il re, dopo alcune titubanze, gli concede un’armata dove spicca la figura di Rainouart, che è un gigante eroicomico: è un musulmano che si è convertito al cristianesimo ed è un cuoco, ma poi dimostra un’abilità nelle battaglie proprio in virtù della sua imponenza, e la cosa originale è che inizialmente non combatte con spada e armatura, ma spesso a mani nude o con un bastone, elementi che non restituiscono dunque la giusta immagine del cavaliere; alla fine comunque per la sua abilità verrà fatto cavaliere, e ci sarà una grande evoluzione del personaggio. La novità di questa Chanson è dunque la presenza di questi personaggi particolari che esulano dalla tradizione epica. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 95 Nella lassa CLXX si racconta di come, con la sola forza del tinello, Rainouart riesce a uccidere tantissimi nemici. E’ dunque un personaggio molto enfatizzato, e già l’epica iniziava a muoversi verso la parodia, perché già i personaggi mostrano un gusto verso il comico e il parodico. La particolarità è anche nel quotidiano, e bisogna mettere in evidenza il ruolo di Guiborc, anch’essa convertita al cristianesimo, la quale è una fedele moglie e punto di riferimento per Guglielmno, perché incarna l’immagine di una donna che sorregge il marito e gli dà il suo sostegno quando è triste, come quando muore Viviano, ma in maniera anche qui comica e lagata al quotidiano: lo aiuta e gli da sostegno dandogli da mangiare, e anche Guglielmo qui mostra una certa ironia, passando dal pianto al riso e all’appetito vorace quando si trova di fronte al cibo. Guiborc è dunque la figura femminile che gestisce la casa e non si preoccupa solo del marito, bensì di tutti i nipoti di Guglielmo e i suoi vassalli. Dunque è un punto di riferimento e svolgerà un ruolo importante anche quando deve convincere, un po’ con la tipica astuzia femminile, i pari di Guglielmo a soccorrerlo e ad aiutarlo in questa battaglia contro Deramé. Una delle peculiarità maggiori è che sono quasi assenti le descrizioni dettagliate di battaglie, le quali sono appena abbozzate (a differenza della Chanson de Roland in cui le battaglie durano a lungo), ad esempio quando Deramé muore, ucciso da Gui. Anche qui c’è un po’ un gusto per l’elemento comico e paradossale, benché si stia parlando di una scena di battaglia: Gui dà il colpo di grazia a Deramé che è di spalle e si sta trascinando, e Guglielmo lo rimprovera perché non è così che bisogna comportarsi anche nei confronti di un nemico, il quale combatte in modo valoroso, e anche qui con una certa arguzia, Gui gli risponde che non potevano lasciarlo andare perché se si fosse riprodotto i figli si sarebbero potuti vendicare di lui, una spiegazione che risulta convincente agli occhi di Guglielmo, il quale cambia prospettiva e gli dice che parla in maniera molto saggia, pur avendo un cuore da bambino, e dunque decide di dargli la sua eredità quando morirà. ORIGINI DELLE LINGUE E LETTERATURE ROMANZE GIULIA BELLOMO 96 IL CICLO DEI “VASSALLI RIBELLI” Nel ciclo dei vassalli ribelli, il terzo ciclo contempla canzoni di gesta più tarde (fine XII sec. – primi XIII sec), mette in scena conflitti interni tra monarchia e feudalità, queste canzoni mettono in scena in un passato del IX secolo, in cui c’era ancora una certa possibilità d’azione da parte dei feudatari o dei vassalli di contrastare o la monarchia, qualora appartenessero a delle frazioni avverse oppure tra di loro stessi (conflitti interni). All’interno di questo quadro il Gormont et Isembart è abbastanza particolare perché rientra nel ciclo dei vassalli ribelli e la sua particolarità sta nel fatto che è una canzone molto antica (a differenza del gruppo principale di canzoni legate al terzo ciclo, che sono più tarde), lo stile arcaico ha invitato la critica a datarla alla fine dell’XI sec. quindi in un periodo tutto sommato coevo alla Chanson de Roland; è in testimonianza unica come avviene nelle chansons de geste, frammento di 661 versi octosyllabes – anche qui un elemento particolare, poiché l’epica si struttura sulla base del decasyllabes, quindi l’uso dell’octosyllabes è qualcosa di particolare perché ci suggerisce una dimensione arcaica del testo. Il Gormont et Isembart affronta la lotta tra cristiani e saraceni: questa lotta non è in pertinenza del terzo ciclo però è davvero particolare perché Isembart (che è francese) si converte al paganesimo e si mette al sevizio di Gormont (saraceno) e inizia questa ostilità nei confronti del proprio vecchio sovrano, ovvero Luigi III. Questa lotta quindi, viene rappresentata da un punto di vista diversa. Come nella Chanson de Roland c’è un appiglio storico a questo conflitto contro i cristiani e alla battaglia di Cayeux che vede opposti i cristiani ad un’invasione scandinava del IX secolo, probabilmente è quello in nucleo storico da cui nasce la base tematica del Gormont et Isembrat, però poi comunque viene rieletta in chiave diversa che è appunto quella tipica della fine dell’XI secolo. I valori sono quelli epici classici - opposizione Cristiani-Saraceni, la dimensione originale, che abbiamo già evidenziato, è proprio la conversione al paganesimo di Isembart, tanto che viene definito nella canzone “il rinnegato” - Margaris, e d'altronde questo suo essere dopo aver rinnegato la religione cristiana lo ritroviamo nella parte finale di questo frammento, quando muore e la morte a cui va incontro il paladino/l’eroe ne svilisce le qualità in virtù del fatto che è un personaggio che ha deciso di rinnegare la fede cristiana. La cosa interessante è che lui muore dopo aver inciso suo padre che non aveva riconosciuto e successivamente verrà incalzato da suoi compagni che non lo riconoscono e lo uccidono – questa morte è particolarmente esemplare perché anche se lui si era convertito al paganesimo, in fin di vita chiede perdono a Dio, invoca la Vergine si pente e capisce che non avrebbe dovuto rinnegare la fede cristiana.
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