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Orologi e ritmi biologici, Tesine universitarie di Biologia

Tesina inerente a orologi e ritmi biologici

Tipologia: Tesine universitarie

2017/2018

Caricato il 31/10/2018

marty_zamp
marty_zamp 🇮🇹

4.6

(43)

33 documenti

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Scarica Orologi e ritmi biologici e più Tesine universitarie in PDF di Biologia solo su Docsity! 1 Orologi biologici 2 Introduzione 2 I ritmi sincronizzati con le periodicità naturali: quale valore adattivo? 4 Ritmi circatidali 5 Ritmi circadiani 5 Ritmi circalunari 5 Ritmi circannuali 6 I ritmi biologici non correlati ai cicli geofisici 6 Ritmi infradiani 6 Ritmi ultradiani 6 Gli oscillatori circadiani 8 Localizzazione anatomica degli orologi biologici 10 Organizzazione nervosa dei sistemi circadiani 13 Ritmicità circadiana 15 Stima degli intervalli temporali negli animali 17 Bibliografia e sitografia 19 Martina Zampedri 2 Orologi biologici Introduzione Lo studio della correlazione tra periodicità dei singoli fenomeni astronomici, meteorologici ed i fenomeni biologici umani è chiamato cronobiologia (dal greco crònos = tempo). Alberto Oliverio, uno dei maggiori studiosi in campo mondiale di cronobiologia, così puntualizza, nella prefazione a "Orologi biologici" in Quaderni delle Scienze, a proposito delle ricerche e scoperte in questo campo: “Numerosi fenomeni biologici hanno un andamento ritmico: queste fluttuazioni cicliche possono essere sincronizzate da fattori ambientali come il ciclo giorno – notte, il ciclo lunare o l'alternarsi delle stagioni oppure possono essere regolate autonomamente da quelli che sono stati definiti orologi biologici, complessi meccanismi che influenzano in maniera ciclica numerose attività dell'organismo, secondo un ritmo interno, indipendente dai fattori esterni.” Per molto tempo gli orologi biologici dei vegetali o degli animali sono stati descritti dai botanici o dagli zoologi in termini di meccanismi insondabili. Negli ultimi decenni, invece, lo studio degli orologi biologici ha costituito un importante capitolo delle scienze biologiche; si tratta di ricerche che spaziano dalla genetica alla neurofisiologia, dall'etologia alla biochimica. L'analisi dei ritmi biologici costituisce, infatti, un campo multidisciplinare della biologia in cui ricerche analitiche hanno permesso di chiarire i meccanismi di regolazione genica, la sede cerebrale di alcuni orologi biologici negli uccelli e nei mammiferi e le caratteristiche neurobiologiche dei centri nervosi responsabili di queste attività. La ciclicità è una caratteristica costante della materia vivente: esistono ritmi delle cellule, degli organi e sistemi, della biologia e del comportamento degli organismi e della specie. Così, ad esempio, è presente una ritmicità nel ciclo riproduttivo delle cellule del nostro organismo ed è ritmica l'attività elettroencefalografica cerebrale. Ma anche tutta la nostra vita psicosociale segue dei ritmi più o meno evidenti, come dimostrano il comportamento alimentare o sessuale ed il ciclo sonno-veglia. Un ritmo viene definito come un evento che si ripete regolarmente dopo un certo intervallo di tempo, ed è caratterizzato da tre parametri: il periodo, l'ampiezza e la fase (fig.1). Martina Zampedri 5 Nello studio del comportamento animale, è importante riuscire a comprendere in che modo i ritmi biologici generati dagli orologi interni e sincronizzati con i cicli geofisici possano consentire l’adattamento degli organismi all’ambiente esterno. Ritmi circatidali La caratteristica principale dell’ambiente costiero è la variazione delle condizioni fisiche dovuta alle maree, risultato dell’attrazione che la forza gravitazionale della Luna e del Sole esercita sulla Terra ogni 12,4 ore. Il valore adattivo di questi ritmi consiste nella necessità di prevenire l’arrivo della bassa marea giornaliera; esempi animali riguardano le ostriche, che aprono le loro valve per nutrirsi durante l’alta marea, quando si trovano immerse nell’acqua, e le chiudono quando l’acqua si ritira durante la bassa marea, oppure i granchi violino, che emergono dalle loro tane con la bassa marea, per farvi ritorno solo all’arrivo dell’alta marea. Ritmi circadiani I ritmi circadiani, di durata di circa 24 ore, corrispondenti al periodo di rotazione della Terra attorno al suo asse, sono stati descritti in quasi tutti i gruppi di organismi, da quelli unicellulari (persino qualche batterio) ai mammiferi. Il valore adattivo di questi ritmi è quello di prepararsi in anticipo a eventi esterni periodici prevedibili, come l’alba o il tramonto, per fare in modo che una certa funzione fisiologica o una certa sequenza comportamentale sia messa in atto nel momento giusto della giornata. Esempi riguardanti questa categoria di ritmi biologici riguardano sia molti processi biochimici e fisiologici del corpo, come il flusso sanguigno, la produzione di urine, il rilascio di ormoni, la temperatura corporea, che seguono fluttuazioni legate ai ritmi giornalieri, sia evidenze animali, come nel caso del canto degli uccelli all’alba per i quali la puntualità quotidiana risulta essere molto importante, data la necessità di confermare il possesso del territorio prima possibile. Ritmi circalunari L’intensità dell’illuminazione notturna varia con le fasi lunari, seguendo un ciclo di circa 29 giorni che è determinato dalla rivoluzione della Luna intorno alla Terra, e che è in relazione con la ritmicità tidale. Un esempio in cui il ciclo lunare ha valore adattivo riguarda il caso del moscerino marino Clunio marinus, che riesce a predire con estrema precisione quando si verificherà la marea primaverile più alta e quando quella più bassa per coordinare con il ciclo lunare la schiusa delle uova, l’accoppiamento e la deposizione. Un altro esempio è dato dal pesce marino Leuresthes tenuis, che depone le uova sulle spiagge della California durante le maree primaverili, usando le fasi della Luna come parametro temporale. Martina Zampedri 6 Ritmi circannuali I ritmi annuali sono determinati dal moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole, hanno un periodo di un anno e sono tanto più pronunciati quanto maggiore è la distanza dall’equatore. Anche in questo caso è stato dimostrato che in molte specie di uccelli e di mammiferi i ritmi stagionali dipendono da un orologio biologico endogeno circannuale. Il valore adattivo di questi ritmi consiste nella necessità di concentrare comportamenti come la riproduzione, la diapausa (fase di inattività di un organismo), le migrazioni, nei periodi dell’anno in cui possono avere maggior probabilità di successo sulla base delle variazioni stagionali di temperatura, fotoperiodo (quantità di luce di cui si gode durante il giorno), piovosità e disponibilità di cibo. Nei mesi invernali alcuni mammiferi entrano in uno stato di sonno profondo, durante il quale l’attività metabolica è ridotta (ibernazione). Tale stratagemma adattativo permette a questi animali di superare le avverse condizioni ambientali del periodo invernale. Nello stesso modo, molte specie di uccelli sfuggono al gelido inverno migrando verso le regioni più meridionali in cui il clima è più mite. I ritmi biologici non correlati ai cicli geofisici Solo una minima parte dei processi biologici di un organismo è sotto il controllo di un orologio biologico. I cronobiologi hanno deciso di raggruppare i ritmi in due categorie: i ritmi con periodicità più corta di un giorno (cioè di durata inferiore alle 24 ore) e quelli con periodicità più lunga di un giorno (cioè di durata maggiore alle 24 ore). Ritmi infradiani I ritmi che mostrano una ritmicità superiore alle 24 ore e che non mostrano alcuna relazione con i cicli geofisici sono chiamati ritmi infradiani. I più comuni e i più studiati sono i ritmi infradiani associati con il ciclo estrale delle femmine dei mammiferi; per esempio, le femmine dei criceti hanno un ciclo estrale di 4 giorni, mentre nelle femmine dei ratti la durata è di circa 4/5 giorni. Sono emersi dubbi circa l’appartenenza del ciclo mestruale delle donne a questa categoria, poiché molto probabilmente esso è sincronizzato al ciclo lunare. Ritmi ultradiani I ritmi che esibiscono una ritmicità inferiore alle 24 ore, e che quindi si verificano più volte in un giorno, e che non correlano con i cicli ambientali a noi noti sono detti ritmi ultradiani. Esempi specifici di tale ritmicità, oltre al ritmo del battito cardiaco, della produzione di ormoni e urina, sono di tipo comportamentale: il verme Arenicola marina, che vive nella zona sabbiosa intertidale, emerge dalla propria tana ad intervalli regolari della durata di 6/8 minuti, mentre, in maniera simile, il topo campagnolo, attivo di giorno, ha uno spiccato ritmo ultradiano caratterizzato da periodi di Martina Zampedri 7 attività e riposo che si susseguono con un periodo di circa 2 ore. Un esempio ulteriore più vicino alla nostra quotidianità è rappresentato dalla suddivisione del sonno nei mammiferi in fasi REM (Rapid Eye Movements, caratterizzate da movimenti oculari rapidi in presenza di atonia muscolare e di un tracciato elettroencefalografico simile alla veglia attenta) e NREM (composta da quattro sottofasi che vanno dal dormiveglia al riposo profondo) che si verificano ogni circa 90 minuti (fig.2). Durante la notte avvengono dai 4 ai 6 cicli di questo tipo a seconda delle ore di sonno. Nella specie umana anche durante la giornata si alternano fasi di attività a fasi di riposo (ciclo basale di attività e inattività): 90-120 minuti di fase attiva con un picco massimo di rendimento, a cui segue una fase di riposo di circa 20 minuti, sostenuta da ridotta attività cerebrale. Il significato adattativo dei ritmi ultradiani è ben evidente nel caso degli animali polari, che sono esposti a condizioni naturali di luce e buio costanti durante la stagione estiva e invernale. Per esempio, in uno studio condotto sulle renne da Van Oort e colleghi (2005), è emerso che, durante queste stagioni, il tipico pattern di attività-inattività dei ruminati assume una ciclicità ultradiana; ciò potrebbe essere dovuto al fatto che i cambiamenti nell’intensità luminosa non sono sufficienti, a queste latitudini, a sincronizzare il pattern di attività delle renne. La presenza di ritmicità ultradiana è anche cruciale per il funzionamento dell’attività di singole cellule; infatti, è presente nella motilità, nel metabolismo e nell’attività enzimatica di cellule microbiche, nonché nel ciclo di respirazione e divisione cellulare con un periodo di 30 minuti nel protista ciliato Tetrahymena sp. e con un periodo di 40 minuti nel lievito Saccharomyces cerevisiae. Martina Zampedri fig.2 10 Localizzazione anatomica degli orologi biologici Negli organismi pluricellulari gli orologi biologici responsabili del controllo dei ritmi circadiani sono localizzati in particolari strutture che, salvo rare eccezioni, fanno parte del sistema nervoso. Sono stati adottati tre approcci, sia diretti che indiretti, per identificare le strutture contenenti un oscillatore circadiano: la lesione, la coltura in vitro e il trapianto. Osservando gli effetti di una lesione in un’area del cervello o della rimozione di una determinata struttura su un particolare tipo di ritmo, è possibile determinare se tale struttura è coinvolta o meno nella sua regolazione. Questa tecnica indiretta, nonostante presenti alcuni svantaggi, è stata utilizzata per una localizzazione preliminare degli orologi biologici in molte specie. Per esempio, l’orologio biologico che controlla la maggior parte dei ritmi circadiani dei mammiferi, costituito dai nuclei soprachiasmatici dell’ipotalamo (fig.4) (SNC, due gruppi simmetrici di neuroni nel cervello, alla base del III ventricolo, al di sopra del chiasma ottico), che nei mammiferi e negli uccelli risponde all’illuminazione della retina e alla stimolazione del nervo ottico, è stato localizzato per la prima volta utilizzando questa tecnica (Stephan e Zucker, 1972). Prove a favore del fatto che i nuclei soprachiasmatici dell’ipotalamo sono la sede dell’orologio endogeno, derivate dall’utilizzo di questa tecnica, riguardano il fatto che lesioni elettrolitiche di almeno il 90% dei SNC dei mammiferi roditori e dei rettili Dipsosaurus dorsalis e Podarcis sicula aboliscono il ritmo circadiano di attività locomotoria; in termini comportamentali, si osserva aritmia locomotoria e incremento dell’ammontare di attività che, in alcuni casi, diviene quasi continua (Janik, Pickard e Menaker, 1990; Foà et al., 1994). Nei mammiferi roditori, inoltre, vi sono altri ritmi che vengono distrutti dalle lesioni ai SNC, quali l’abbeveraggio, l’assunzione di cibo, il sonno, la temperatura, il corticosterone adrenale, l’N-acetyltransferasi e la melatonina della pineale, l’ovulazione, la ciclicità dell’estro, la secrezione di GH (cfr. Moore e Eichler, 1972; Stephan e Zucker, 1972; Ibuka, Inouye e Kawamura, 1977; Turek, 1995). Tuttavia, i risultati che si ottengono con le lesioni sono difficili da interpretare, e in ogni caso non dimostrano che la struttura lesionata è davvero un orologio biologico. L’interpretazione dei risultati è meno ambigua quando si analizzano contemporaneamente i dati ottenuti dalle lesioni e quelli provenienti da colture e trapianti, prove dirette che confermano la localizzazione nei SNC dell’orologio biologico dei mammiferi. Con l’avvento di alcune nuove tecniche è divenuto possibile, in alcuni casi, rimuovere parti anatomiche, mantenerle in vitro in condizioni costanti per molti giorni, e contemporaneamente misurare qualche parametro potenzialmente ritmico. Se in queste condizioni il parametro misurato mantiene una propria ritmicità, la struttura contiene un orologio biologico. Per esempio, colture di neuroni isolati di SNC di Martina Zampedri 11 ratto mostrano variazioni circadiane delle frequenze di scarica dei potenziali d’azione, del rilascio di arginina-vasopressina (AVP) e di peptide vasoattivo intestinale (VIP), della sintesi proteica e del consumo di glucosio. Queste cellule in coltura, prive di efferenze retiniche, non possono più sincronizzare i loro ritmi a cicli luce-buio, ma esprimono la loro ritmicità esattamente come accade a un animale tenuto in condizioni costanti di laboratorio, in assenza di Zeitgeber naturali (cfr. Ralph e Hurd, 1995; Moore, 1995; Turek, 1995). Con questo tipo di approccio è stato possibile dimostrare la presenza di un orologio biologico nella retina e nella ghiandola pineale (epifisi) dei vertebrati non mammiferi, come pure nella retina e nei SNC dei mammiferi. L’epifisi (fig.4) è una piccola ghiandola situata nel sistema nervoso centrale, di forma conica che sporge all’estremità posteriore della volta del III ventricolo, al di sotto dello splenio del corpo calloso. Alcuni studi, hanno dimostrato che l’epifisi è una struttura funzionale nell’uomo; nei pesci e negli anfibi ha funzioni fotorecettive. La principale sostanza prodotta da tale ghiandola è la melatonina, ormone isolato per la prima volta nel 1958 da Lerner. Il nome le è stato attribuito per la sua proprietà di indurre la mutazione dei cromatofori, cioè delle cellule melanociti che trasportano il pigmento responsabile della colorazione della pelle (melas = nero; tonos = energia). Martina Zampedri fig.4 12 Nonostante questi esperimenti confermino la presenza di un orologio circadiano nel tessuto mantenuto in coltura, essi non stabiliscono la sua funzione di orologio nell’organismo intatto. I trapianti, invece, possono fornire informazioni utilissime per stabilire il ruolo di un organo nell’ambito dell’organizzazione temporale dell’organismo studiato. Per esempio, nei roditori la lesione dei SNC determina la scomparsa della maggior parte dei ritmi circadiani, mentre il trapianto di questa struttura nervosa ripristina il ritmo circadiano dell’attività locomotoria, ma non altri ritmi. Inoltre, è stato dimostrato che se si trapiantano i SNC di un animale affetto da una mutazione genetica, che altera il periodo del ritmo dell’attività locomotoria, in un animale non affetto dalla mutazione, quest’ultimo presenterà un ritmo di attività locomotoria con un periodo simile a quello dell’animale donatore. Altri esperimenti con i trapianti hanno permesso di dimostrare che la ghiandola pineale del passero domestico è un orologio biologico, così come il lobo ottico degli scarafaggi e il cervello del moscerino della frutta (Drosophilia melanogaster) e del baco da seta. Come già accennato ad inizio paragrafo, di solito negli animali gli orologi biologici sono localizzati nel sistema nervoso, ma studi recenti hanno evidenziato alcune eccezioni, mostrando che essi possono essere localizzati anche al di fuori di questo. Per esempio, in Drosophilia è stato visto che i tubi malpighiani, equivalenti ai reni negli insetti, contengono oscillatori circadiani (Giebultowicz e Hege, 1997). Inoltre, sembra che in questo insetto gli oscillatori circadiani siano localizzati anche nella proboscide e sui bordi delle ali (Plautz et al., 1997). Fra i vertebrati, la lucertola Iguana iguana possiede almeno cinque parti anatomiche contenenti un orologio biologico: la ghiandola pineale, l'occhio parietale, le retine e un altro sito, non ancora identificato, nel cervello (Tosini e Menaker, 1998). In generale, nei vertebrati non mammiferi vi sono molte strutture capaci di oscillare con un periodo circadiano. Nei mammiferi, invece, sono stati identificati due orologi biologici, i quali possono anche interagire tra loro: il più importante è localizzato, come già detto, nei nuclei soprachiasmatici dell’ipotalamo (fig.5), mentre un secondo, la cui funzione è per lo più sconosciuta, è stato localizzato nella retina (Tosini e Menaker, 1996). In particolare, il segnale luminoso viene trasmesso ai SNC da speciali fotorecettori situati nella retina tramite una specifica via neuronale (il tratto retinico-ipotalamico). I SNC controllano la maggior parte dei ritmi circadiani a livello comportamentale, fisiologico e ormonale, mentre l’orologio situato nella retina, probabilmente, controlla la ritmicità di molti processi propri della retina. Martina Zampedri 15 non intraindividuale). Oltre al ruolo nella sincronizzazione del ciclo sonno-veglia con l’ambiente circostante, la melatonina regola la secrezione di diversi ormoni; infatti, ha un effetto inibitorio sulla secrezione del CRH ipotalamico, contribuendo a mantenere i livelli di ACTH e cortisolo ridotti nelle ore notturne. I tantissimi studi realizzati hanno apportato dei risultanti impressionanti e promettenti che hanno determinato l’utilizzo di questa molecola tra le indicazioni terapeutiche di disturbi come l’insonnia e il jet lag (“sindrome da fuso orario”, cioè la difficoltà a ri-sincronizzare l’orologio endogeno all’ora locale, dopo uno spostamento di fase legato alla variazione dei fusi orari; cfr. Brzezinski et al., 2005). Ritmicità circadiana I meccanismi che generano l'oscillazione circadiana sono stati studiati a livello genetico e molecolare in Neurospora e in Drosophila melanogaster; i risultati di queste ricerche hanno fornito importanti indicazioni sui meccanismi subcellulari che generano questa oscillazione (Dunlap, 1996). Gli studi di Konopka e Benzer (1971) consentirono di identificare tre alleli mutanti di un singolo gene che fu chiamato period (PER). l moscerini che possedevano l'allele PER1 avevano un periodo di freerunning molto più lungo del normale, quelli con l'allele PERS avevano un periodo molto più corto, mentre i moscerini con l’allele PER0 erano completamente aritmici. Il gene PER è stato localizzato successivamente sul cromosoma X, in seguito clonato e, attualmente, oggetto di studio da parte di molti gruppi di ricerca che si occupano della genetica e della biologia molecolare dei ritmi circadiani. l livelli di mRNA di questo gene e della proteina da esso codificata, PER, hanno Martina Zampedri fig.7 16 entrambi un ritmo circadiano, ma c'è un ritardo di 6/8 ore fra la sintesi di RNA e la produzione della proteina stessa. Recentemente in Drosophila è stato scoperto un altro gene mutante che è stato chiamato timeless (TIM, “senza tempo”) perché i moscerini mutanti sono aritmici (Sehgal et al., 1994). Questo gene produce la proteina TIM. l moscerini omozigoti per questa mutazione perdono non solo la ritmicità nel comportamento, ma anche la ritmicità circadiana nell'espressione del mRNA del gene PER; l’espressione ritmica della proteina PER è quindi importante per il mantenimento dell'oscillazione circadiana. In questi moscerini la proteina PER è incapace di rientrare nel nucleo della cellula (Vosshall et al., 1994), e quindi non può regolare la propria trascrizione come si ritiene che avvenga in condizioni normali. Queste osservazioni hanno consentito di ipotizzare che l'interazione fra le proteine PER e TIM produca un dimero che permette loro di rientrare nel nucleo della cellula e quindi di regolare la propria trascrizione, diminuendo l’espressione genica e di conseguenza la sintesi di nuove proteine. In seguito al calo di proteine, l’espressione genica aumenta di nuovo, dando avvio ad un nuovo ciclo, portato a compimento in 24 ore (Lowrey e Takahashi, 2004). Tale processo è considerato un elemento importante nel meccanismo che genera l'oscillazione circadiana (fig.8). Più nello specifico, quello che accade nel moscerino della frutta è che le proteine PER e TIM sono presenti in piccole quantità al mattino e questo è causa di uno stato di veglia. Esse però aumentano nel corso della giornata, fino a raggiungere un livello elevato, che da un lato agisce come meccanismo di regolazione a feedback negativo, inibendo la sintesi di nuove proteine, Martina Zampedri fig.8 17 dall’altro permette l’interazione dei geni PER e TIM con la proteina OROLOGIO, inducendo il sonno (cfr. Kalat, 2004). Quest’ultima proteina viene codificata in altri organismi, compreso l’uomo (Tei et al., 1997), dal gene detto appunto OROLOGIO, ortologo a PER di Drosophila (codificano la stessa proteina in specie diverse), suggerendo che il meccanismo molecolare capace di generare l'oscillazione circadiana si è conservato durante l'evoluzione fino ai mammiferi. Stima degli intervalli temporali negli animali Killeen (1997) ha dato la seguente definizione operativa di stima del tempo: "Un organismo sta utilizzando una stima del tempo se il nostro orologio ci permette di prevedere il suo comportamento meglio di quanto non farebbe qualunque altro stimolo identificabile". Non è facile evidenziare l'utilizzo della stima degli intervalli temporali negli animali che si trovano nel loro ambiente naturale, poiché per dimostrare che il loro comportamento è basato su questo tipo di stima è necessario escludere la possibilità che essi si stiano invece servendo di qualche stimolo esterno. Per questo motivo, le prove del fatto che gli animali possiedono un orologio che permette loro di misurare gli intervalli di tempo derivano per la maggior parte dalla letteratura psicologica sul condizionamento operante, nel quale i soggetti, come ratti (Rattus rattus) e piccioni (Columba livia), vengono studiati in condizioni di laboratorio strettamente controllate. Le procedure maggiormente utilizzate dagli psicologi sperimentali per chiarire una serie di caratteristiche dell'orologio deputato alla stima degli intervalli temporali, che di fatto può essere paragonato a un cronometro (Church, 1978; Roberts e Church, 1978; Roberts, 1983), sono il metodo della bisezione (compito di discriminazione temporale) e il metodo del picco (compito di riproduzione temporale). Nonostante i numerosi studi condotti dagli psicologi sulla stima degli intervalli temporali, questo campo di ricerca è stato quasi completamente ignorato dagli ecologi del comportamento. Sappiamo dunque molto poco delle pressioni selettive che hanno condotto allo sviluppo di questa capacità e dell'uso che attualmente gli animali ne fanno. Il fatto che l'ottenimento di cibo azzeri facilmente il cronometro e gli intervalli delimitati da stimoli connessi al cibo siano prontamente stimati indica che la stima degli intervalli temporali è probabilmente importante per prendere decisioni riguardanti la ricerca di cibo. Ma questa capacità potrebbe essere coinvolta anche in molti altri tipi di comportamento decisionale, come la scelta del partner sessuale, varie situazioni di comportamento sociale e la navigazione. In termini generali, l'orologio per intervalli fornisce agli animali due tipi di informazioni; da un lato, offre la possibilità di prevedere quando un determinato evento si verificherà, dall’altro, permette di valutare la durata di un intervallo temporale trascorso. Martina Zampedri
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