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Lezione del 20/11/22: Pittura del Primo Cinquecento a Capodimonte - Prof. Leone De Castris, Appunti di Storia dell'Arte Moderna

Questa lezione esplora la pittura del primo cinquecento, osservando le opere poste nelle sale del 1^ piano del museo di capodimonte a napoli. Il focus è sulle opere di raffaello e giulio romano, come la madonna del divino amore e la madonna della gatta. Viene analizzata la formazione di raffaello, la sua influenza di perugino, leonardo e michelangelo, e il suo soggiorno a roma. Un'analisi approfondita delle opere e del contesto storico e artistico del periodo.

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 07/03/2024

martinarachele
martinarachele 🇮🇹

4.8

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Scarica Lezione del 20/11/22: Pittura del Primo Cinquecento a Capodimonte - Prof. Leone De Castris e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! Sopralluogo presso Capodimonte, Lezione del 20/11/22 Parleremo della Pittura del Primo Cinquecento, osservando le opere poste nelle Sale Del 1^ Piano: -Sale dei Toscani -Sale degli Emiliani in Sale dei Toscani : Madonna Del Divino Amore, di Raffaello e Madonna della Gatta, di Giulio Romano. (La volta scorsa abbiamo parlato del Raffaello giovane e del suo rapporto con Perugino, intravisto nella pala d’altare, la pala di San Nicola da Tolentino , l’Eterno e La Vergine,esposta nell’altra sala,in due frammenti,all’epoca dipinta per la chiesa di Sant’Agostino, in Città di Castello.(1500-1501) LA FORMAZIONE (di Raffaello) Va posta ai confini tra l’ Umbria, le Marche e la Toscana. Nasce ad Urbino nel 1483 e già a 17 anni si affaccia sul mercato come artista autonomo,saturo di opere del suo maestro Perugino; tra l’altro vi è proprio una lettera che attesta il fatto che Perugino fosse considerato il Meglio Mastro d'Italia. Emerge sin dagli inizi la sua pittura, una pittura spiccatamente devozionale con la ripresa di alcune caratteristiche ,che portano questa lezione geometrica, prospettica che gli viene da Piero Della Francesca, e quindi dalla cultura urbinata e perugina, verso una direzione legata alla devozionalità. Una pittura che diventa più esplicita,sentimentale, lacrimosa, che purtroppo non sempre è piaciuta. Dicemmo che il padre di Raffaello, Giovanni Santi, da cui Raffaello Sanzio,era stato pittore e poeta,influenzò molto la vita del giovane, era cresciuto in questo ambiente, in cui tra l’altro il padre era stato uno dei primi, ad Urbino, a far riconoscere la propria maestria,in parte derivata dal fiammingo, in parte unita alla cultura venetopadovana e arricchita poi sui modelli di Piero Della Francesca. Non appena entra nella bottega di Perugino,negli anni 90 del 400, circa, è proprio questo aspetto della geometria, ma anche gli elementi che portava da Firenze, del disegno, dello sfumato,della cultura del paesaggio ad incanalare la pittura di Raffaello verso una direzione più moderna rispetto alla cultura del padre, a valle della cultura di Piero della Francesca. È un artista prodigio. Uno di quei giovani che crescono nel corso di pochi anni, in maniera impressionante, anche se le prime pitture del suo periodo, e sarebbero quelle realizzate quando lavora ai confini dell’Umbria e della Toscana, per esempio le opere destinate a Città Di Castello, come lo Sposalizio Della Vergine, per la Chiesa di San Francesco, non è molto lontana, datata al 1503-1504, a differenza della famosa pala al 1500-1501. La Crocifissione Mond o anche conosciuta come Crocifissione Gavari, 02-03 e lo Sposalizio Della Vergine, 03-04,sono improntate a Perugino, all’ombra dell’Umbria,il quale,del resto, aveva dipinto nella Cappella Sistina e di recente realizzato una pala centinata, dipinta ad oggi conservata in Francia a Caen.(Can). Certamente il giovane Raffaello nella realizzazione della Pala Ansidei , chiamata così dalla famiglia che l’aveva commissionata, ha la capacità di replicare questo senso profondo di ordine, geometria, spazialità, simmetria che deriva dalla lezione di Perugino, anche proprio nella resa e nella composizione della Madonna in sé, che si vede un po’ in tutte le sue pale.Si osservi un’altra pala centinata, che al di sotto della centina propone nuovamente un arco, una volta, un’ architettura che replica, che integra la composizione della pala al di sopra.Questa capacità di addolcimento sentimentale delle figure e anche di movimento e parliamo di movimento perché per Raffaello spazialità significa una simmetria ragionata,sviluppare delle figure con un proprio movimento,che è più garbato e delicato,le stesse aree delle teste,per esempio, sono rese in maniera più ampia rispetto Perugino. Raffaello è da definire una sorta di Super Perugino. Ciò significa che estrae le caratteristiche principali, ma le rende più fuse e variate di lui : anche nel paesaggio,per esempio, si vedono le sponde laterali dell’acqua che creano un effetto curvo dello spazio, già elaborato in Perugino. L’elemento della funzionalità del paesaggio e della semplicità trasmette un senso di armonia, deve essere un paesaggio lieto ed elementare,che non ha a che fare con il paesaggio leonardesco.Si accenna una lieve collinearità, interpretata con l’ idea di creare uno spazio armonico alla configurazione, che è al centro, ma anche ai lati e che quindi da un punto di vista geometrico mostra un effetto circolare dello spazio. Per l’esattezza vediamo due colline simmetriche, come se fossero due edifici , colline perni o edifici perni, che sono al centro dello spazio. LA PRODUZIONE La produzione che stiamo considerando è quella che risale 1500-1504. Nel 1504 ,lascia un contesto, fa la scelta, in cui per altro stava diventando uno dei primi pittori , e quindi aveva creato “ un mercato ricco”, dicevamo fa la scelta di crescere e confrontarsi con quella che in quel momento è certamente una delle culle dell’arte italiana, Firenze. Perché lo fa di nuovo? Poiché Firenze aveva avuto una fase ottocentesca espansiva , era stato il centro più pulsante dell'Italia nella prima metà del ‘400. Negli anni 70-80 vede nascere delle scuole locali e il conseguente diffondersi dei centri del Rinascimento, non solo l’ Umbria, ma anche Ferrara Venezia Mantova Milano ecc… Tra l’altro è un momento di diaspora delle scuole.Siamo nel momento in cui si instaura il potere di Lorenzo il Magnifico, la sua politica e non appena sale al potere,nel 1469, decide di non tenere gli artisti fiorentini a lavorare a Firenze, ma di consentirne la propagazione nei vari centri d’Italia. Interessante è il Cantiere della Cappella Sistina, 1481-1482 , divenuto banco di prova delle capacità delle scuole fiorentine di distribuirsi ampiamente nella zona dell’Italia centro-settentrionale. Ovviamente tutto ciò fa sì che Firenze perdesse quella concentrazione di talenti che c’era stata fino ad allora. Gli anni di cui stiamo parlando, non sono quelli della Firenze Medicea, bensì quelli caratterizzati da una successione di momenti drammatici: - la perdita della situazione di committenza aurea che si era instaurata; - a seguito della cacciata dei Medici e della Repubblica di Savonarola. Savonarola, frate domenicano,di cui parleremo, che si appella ad una parola basata sulla necessità di bandire ornamenti e opere superflue, come da lui riferito, e proprio tra queste c’erano opere d’arte, libri, manoscritti che andarono distrutti. Di questi faló e roghi delle opere d’arte se n’è sentito parlare un po’ in tutta la storia. Prediligeva opere che andassero contro un’idea di religiosità puntuale,nel senso che erano divenute le uniche giustificazioni a realizzare atti di questo tipo. Sono stati definiti Criteri Neomedievali , quelli che erano improntati al ritorno alle origini e alla purezza cristiana. Successivamente, Savonarola finì anche lui sul rogo,insieme a tutto quello che aveva comportato. È soltanto agli inizi del ‘500 che si giungerà al rinnovato splendore repubblicano. Splendore che matura sotto la guida del gonfaloniere Soderini, nel momento in cui vengono richiamati a Firenze i maggiori talenti ,che nel corso del ‘400 erano fuggiti,alla sperduta ricerca di un lavoro,di un mercato, Leonardo e Michelangelo . (Fa vedere dal suo libro) Siamo nel 1500-1505, gli anni in cui vengono chiamati in Palazzo Vecchio, a realizzare un programma unitario che si basa su due artisti molto diversi . Sono due pitture che hanno come oggetto il tema della gloria di Firenze e sull'eroicità. Trattasi di opere ancora sopravvissute, sono delle pitture murali, due battaglie: - Battaglia di Anghiari, Leonardo - Battaglia di Cascina, Michelangelo La prima, ebbe una versione murale provvisoria, con l’utilizzo di una tecnica infelice, e non sopravvisse a lungo. La seconda,quella di Michelangelo, non fu conclusa,rimase allo stato di cartone.Battezzato alla scuola per poi esserne distrutto.Ci restano,dunque, soltanto dei disegni o cartoni di ambedue le opere.La presenza congiunta di Leonardo e Michelangelo è visibile anche nella Gioconda e nel cartone della Sant'Anna , e quindi opere che hanno un soggetto religioso, o nel caso del ritratto, o in Michelangelo nelle opere scultoree, il David, realizzato in marmo, per Piazza Della Signoria e posto ad oggi nella Galleria dell’Accademia. Sono questi i punti di riferimento della pittura fiorentina. Pur avendo diverse idee di cultura e scultura, rappresentano un modello formidabile, preso in considerazione da tutti gli artisti, non solo quelli di origine fiorentina.È perfino lo stesso Raffaello a compiere la scelta di ricominciare daccapo, lasciando Perugino per attingere a nuovi fonti che gli diano la possibilità di riscoprire e rileggere l’antico.Ciò non significa che la cultura di Perugino non avesse questi elementi, c’erano sicuramente grandi velleità, era una pittura antiquaria la sua. Tuttavia per Raffaello, era fondamentale all’epoca l’antico, l’eredità classica, il classicismo, un classicismo che appare come etichetta, con cui egli vuole misurarsi. E principalmente questo gusto lo si riconosceva nella scultura; certamente i medici con le grandi raccolte ,che possedevano, in parte saccheggiate, e poi ampliate presso Firenze, passano ad indicare che la città era diventata seconda,oltre Roma, ad essere incentrata sul culto dell’antico e della classicità.E quindi, Raffaello arriva a Firenze fra la fine del 04 e l’inizio del 05, tramite una lettera di raccomandazione del gonfaloniere Soderini. (Fa vedere dal suo libro) La Dama col Liocorno e la Madonna dei Doni , oggi agli Uffizi tra 05-06 in una prima battuta, il cui punto di riferimento è Leonardo. Diciamo che crea un po’ delle copie della Gioconda, in alcuni ritratti, che non si fermano mai alla mera copia, c’è di base una rielaborazione continua a proprio piacimento. La figura è inquadrata in una dimensione architettonica ben precisa, crea l’effetto di rotondità,che allude, che arieggia a delle geometrie ben precise.Tutti elementi che a Leonardo non interessavano. Anche la 
dimensione del paesaggio appare diversa da quella leonardesca: c’è quel paesaggio armonico,sereno che aveva sperimentato da Perugino e che in Leonardo manca. Si vede nella Stanza dell’Incendio di Borgo ( 14-17) ancora meglio.All’epoca si stava realizzando la volta della Sistina e una volta scoperte queste pitture, nei Palazzi Vaticani, con il tempo vanno a rappresentare un momento di confronto ineludibile con un Michelangelo pittore, proprio perché basate sul tema del rapporto con la classicità e l’antico. Raffaello in questa stanza deve fare i conti con tutto ciò e il messaggio è molto più banale. Nel senso che c’è di nuovo la storia che precipita in alcuni eventi. Siamo sotto il pontificato di Leone X, il quale vuole indicare e dimostrare che è stato un papa, con il suo nome, a fermare il grande Attila. (Tutta la storia è articolata in vicende, che fanno capo a papi di nome Leone.) Sala di Costantino e Logge Vaticane. Le logge sono articolate in uno spazio aperto, che fa capo alla cultura classica e dell’antico, miscelando temi della mitologia, e quindi pagani a quelli per esempio delle grottesche.Il termine, infatti, deriva proprio dalle Grotte ed erano delle pitture che furono scoperte all’interno di alcune grotte,caratterizzate da un elemento ironico e mostruoso,appreso dalla cultura della pittura classica. Le Grotte erano palazzi imperiali, come quello di Nerone, in cui gli artisti si calano, scavano (e per questo vengono chiamate grotte) e scoprono la pittura classica su fondo giallo, rosso, nero e bianco, abbianata ad elementi di mitologia pagana. Dicevamo che tutto ciò viene copiato da Raffaello in un momento in cui ancora c’era questa sintesi del mondo pagano e cristiano, che appunto era propriamente consentita.Siamo tra il 17-19 quando le opere vengono realizzate, anni che Raffaello fa propri. È la Sala di Costantino che non viene realizzata in tempo, ne esistono soltanto dei disegni preparatori, con un più grande tema, quello basato sulla storia e sul rapporto tra Impero e Chiesa, o meglio storia, che ha convertito il mondo pagano e cristiano. Fu decorata, tuttavia, dai suoi allievi Giulio Romano e Giovan Francesco Penni. RAFFAELLO FRESCANTE: Parlarne come tale, non significa non comprendere i ritratti o le opere di devozione privata, è attivo anche a Roma, con meno tempo a disposizione e con un sistema di lavoro diverso. È lui il menage, il progettista, il disegnatore che ha con sé una bottega di artisti diversa rispetto a Firenze. Parleremo proprio di questo, a Capodimonte, di cui si conservano 4 quadri.Innanzitutto c’era da dire che sono degli Originali, che provengono dalla Collezione Farnese. Prima immagine sita in Capodimonte: Il Ritratto di Alessandro Farnese, cardinale che diventerà futuro papa cambiando nome con quello di Paolo III, che è il protagonista di collezione; ha iniziato questa Collezione Farnese, dai Farnesi, una piccola famiglia laziale. È ritratto non ancora da papa, ma da cardinale con delle vesti in rosso.È un ritratto importante, non è a mezza figura, ma quasi intero, una figura a 3/4 e di conseguenza ha delle pretese ben precise, che vengono proprio dalla realizzazione di Raffaello. Conosciamo la storia di questo dipinto e quindi non c’è difficoltà di attribuzione. Tra il 700-800 prima di perdere il nome del cardinale, diciamo si fa commissionare questo ritratto da Raffaello. Era stato in varie sedi delle Gallerie Farnesiane, a Parma e Roma. Questo è un elemento ancestrale, utile nel ricordare la fortuna della famiglia Farnese, Alessandro non ne era stato solo l’ iniziatore della collezione, ma colui che dona ai suoi figli il ducato di Parma e Piacenza. Analisi in atto - Oggetto: Olio su tavola - Soggetto: è visibile sullo sfondo un paesaggio,per lo più sereno con architetture. È sicuramente un centro italiano, non è Firenze. Si osservi come Raffaello tratti il tema dell'acqua, che scorre limpida, in maniera tranquilla, sebbene sia un paesaggio visto da una finestra probabilmente, all'interno di un’architettura. - Soggetto centrale: Figura posta al centro, non di faccia sempre vista di scorcio. - Caratteristiche: si vede il modo con cui realizza i ritratti, i lineamenti e attitudine mostrano uno scavo, un interesse psicologico per il personaggio, con un carattere molto forte che si vede nel ritratto giovanile. Le vesti del cardinale sono quelle per cui è reso tale, nei suoi panni, sotto il profilo del ruolo, con in mano una lettera che porge, come indizio del ruolo nella Curia. Questo elemento è molto simile alle caratteristiche presenti nella Stanza della Segnatura e ci conferma che non solo è il ritratto di Alessandro, è la prima opera realizzata a Roma , intorno al 1509-1510. Si intravede l’elemento fiorentino molto forte nel paesaggio. - Attribuzione: Con il tempo aveva perso l’attribuzione a Raffaello ed era passato a Giuliano(?) . Soltanto dopo un restauro,poiché il dipinto risulta molto rovinato, che diventa restauro mimetico, molto forte e sapiente, ritornò a Raffaello. Vi sono delle parti sciupate, come il braccio sinistro e la cappa; e altre parti che si conservano meglio, come la mano che tiene la lettera, il paesaggio e il volto. Negli anni successivi, si occuperà del Ritratto di Leone X , di cui non si conserva l’originale, che è a Pitti. nelle Gallerie Fiorentine a confine tra Pitti e Firenze. Questa copia fu fatta fare dai Medici ad Andrea del Sarto, pittore fiorentino, per essere destinata al duca di Mantova, il quale aveva chiesto il ritratto in dono ai Medici. Questo poiché se ne era innamorato e furono proprio i Medici a fare delle copie dalla Collezione Fanzago, per esempio. Abbiamo detto che alcune di queste opere furone spacciate e attribuite a Raffaello a Napoli; ma quando alla fine del 700, Tommaso Puccini , direttore degli Uffizi, viene a Napoli, dice che non è l’originale quella conservata nel napoletano, e Vasari nelle Vite racconta tutto questo della bottega che si era creata con Andrea del Sarto. È un Ritratto con il papa,della famiglia Medici, con tradizione umanistica. È grande umanista che ha tra le mani una Bibbia, che oggi esiste ancora. Di tipologia medievale fu miniata nel ‘300, ed oggi si è conservata a Berlino. Non è un manoscritto a caso, si vede l’elemento che tornerà nella ritrattistica papale successiva, in Tiziano, in Paolo III con i nipoti. È recuperata questa formula di ritratto sociale con le figure dei cardinali. Il papa non è posto da solo sulla tavola, condivide le sue passioni, le sue idee, le sue ricchezze, tipiche anche dei cardinali. È un ritratto di Stato, lo state portrait , non si va a rappresentare solo il volto, ma anche i propri caratteri, la psicologia, con un proprio ruolo, che governa con gli elementi della sua cultura . Altri due dipinti : Olio su tavola entrambi. Madonna del Divino Amore, con Cristo bambino benedicente che poggia sulla Madonna, al lato San Giovanni Battista e dietro Elisabetta , la Madre di Giovanni,con la figura di Giuseppe più in fondo che accompagna Maria. È una Sacra Famiglia articolata. Opera che già abbiamo visto in precedenza, nella sale anteriore.Si vede l’architettura sul fondo e nell’angolo un lontano paesaggio collinare. C’è l’elemento del serpentinato nel gruppo, tipico di Raffaello con l’aiuto della sua bottega.( Facciamo la differenza tra le botteghe e i cantieri. Quando ci si riferisce a dipinti su tavola, nella maggior parte dei casi, vi ha lavorato una bottega; viceversa, per le opere ad affresco, i cantieri) . E quindi si intravede questo gruppo Sacro che mantiene una sua centralità, organizzato secondo un sistema rotatorio, si presenta come un cerchio di figure. Vi è anche l’elemento di movimento e degli spazi prospettici ,cosa già vista nelle opere fiorentine. Raffaello, soltanto a Roma, ha visto nella copertura della Sistina,l’elemento di classicismo, di complessità e dinamismo, trasmesso da Michelangelo,che in tal caso è tradotto in termini di dolcezza e sensibilità. La figura di San Giovanni è emblematica: colto nel mentre mostra il destino a Cristo, che è un destino della passione. Reso con un’anatomia più chiaroscurata, da cui si intravedono le membra, elemento più generico che nelle altre figure, a partire da Elisabetta. Anche i sorrisi sono ben evidenti, li avevamo notati in Perugino.L’opera è datata al 1516, nel mezzo della maturità di Raffaello.Sullo sfondo si vede il profilo della rocca di Meldola, castello donato alla famiglia per cui l’opera era stata realizzata, e cioè la famiglia di Leonello Pio da Carpi, 1515 circa.È un’ opera, che tra l’altro abbiamo detto essere molto discussa, dal momento che si pensava non fosse della mano di Raffaello, in quanto egli l’aveva soltanto concepita,e realizzata in toto dai suoi attenti allievi. Di recente, dopo un restauro e delle indagini diagnostiche, è stato apprezzato nuovamente in sua presenza.Sicuramente hanno lavorato mani diverse,nella figura di Elisabetta , emerge una luminosità più lampeggiante, tipicamente usata da Giulio Romano, suo allievo. In toto viene realizzata dopo la morte di Raffaello e successiva a questa opera ne esiste un’altra, con una Sacra Famiglia, e quindi dallo stesso soggetto, ma con l’aggiunta di una Gatta che dà il nome all’opera: la Madonna della Gatta. Opera ritenuta della Quadreria Farnesiana, sequestrata anche questa da alcuni notai, con il passare degli anni, e proprio dietro si vedono i timbri di questi passaggi. Inizialmente si conservava nella Galleria Farnesiana di Parma, dedicata a Raffaello. L’elemento caratteristico è la presenza del gatto, in primo piano, reso tanto vivo e bello. L’autore è un artista romano, Giulio Romano, da Giulio Pippi, che ha molto a che vedere con Raffaello. Ne era stato suo scolaro, allievo diretto. Nasce a Roma e negli ultimi mesi del 1508 e primi del 1509 inizia la sua carriera, spostandosi e muovendosi tra Firenze,l’ Umbria e Roma. Si ispira all’antico pavimento in marmo, la culla, i fregi ,il candeliere, l'architettura, tutti elementi di classicità. Classicità che è l’elemento guida per il giovane Romano. Nato nel 1499, forse qualche anno prima, intorno al 95 per alcuni. Sappiamo che esordisce nel 17, come colui che Raffaello mette a capo del cantiere delle Logge, dipinte parallelamente alle Ultime Stanze. Sicuramente, confrontando le due opere, c’era qualcosa di analogo, ossia l’eredità del volto della Madonna.È un’opera, questa, della sua prima maturità o giovinezza, quando morto Raffaello, rimane erede, molto giovane, insieme ad altri artisti che avevano Pontormo Pontormo è l’artista, proveniente dall'omonimo luogo nei pressi di Firenze. Si chiamava Jacopo Caruccio, viveva soltanto nella sua dimora in isolamento e qualora avesse bisogno di aiuto chiamava il suo allievo. Non dipinge quasi nulla, aveva forti problemi di sé, rende conto ogni giorno di quello che mangiava, molto poco, in un diario talmente dettagliato che si conosceva perfino cosa avesse espulso. Questo è un elemento che ci permette di comprendere come fosse messo continuamente in crisi il ruolo dell’ artista, divenuto ormai un problema comune. Negli anni 10 della riforma si attua un processo di discussione della Chiesa che coinvolge anche l’Italia. Da qui il tema religioso diventa molto importante, tradotto in una incertezza del ruolo dell’artista. Cos’è il filone manierista? Il manierismo si basava non nell'imitare la natura, ma imitare la maniera degli altri. È una pittura più artificiosa, in realtà, gli artisti guardano alla natura , ma negli anni 40 e 70, molti muoiono, sono tutti piuttosto giovani rispetto Raffaello. Quando se ne parla di questi artisti si dice che siano eccentrici, cercavano nelle modifiche delle proporzioni, il senso di inquietudine che volevano trasmettere, nel caso dell’artista di nome Bronzino.Maniera che arriva anche a Venezia con cui Tiziano deve fare i conti, tutti conti che gli appartengono. In comune vi si hanno dei tratti da seguire: l’essenzialità del tema del disegno, che è l’elemento fondamentale e generativo e che per Tiziano non esiste. Tiziano era uno di quelli che non dipingeva con l’ idea dei toscani, con la costruzione della forma. Si parlava, con lui, di pittura di tocco,dipingeva con le mani creando un effetto della composizione cromatica, un manierismo veneto tutto diverso, anche da Tintoretto con più luce e colore. Invece, la maniera, di cui stiamo parlando, nasce dalla forma, dal disegno, da come si avvolge la fiamma del foco, sotto appare più larga , più piccola, che gira, attorno a tutte forme già disegnate. La Sala che stiamo guardando è molto grande e lunga. Vi sono esposti due dei tre dipinti di questo pittore : con il tema del rapporto fra veneziani , la maniera e la lezione di Michelangelo. Sono tutti artisti veneziani. - Sebastiano Luciani ,detto Sebastiano del Piombo, dal fatto che ottenne dal papa l’Ufficio del Piombo. Nasce intorno al 1485, e poi si trasferisce a Roma.È un caso particolare, diverso da Tiziano, inizia come scolaro di Giorgione. È un parallelo di Tiziano. Si confondono le sue opere giovanili a Venezia, del 1508-1510,gli anni in cui finisce l’avventura terrena di Giorgione e dei suoi allievi. Sebastiano è improntato sul calco di Giorgione, fedele alla pittura tonale, quella delicata, di immersione delle luci della natura.Intorno al 1511, siccome esordì nel 1508-1509, si reca a Roma, in un clima diverso, a contatto con Michelangelo e Raffaello parte l’avventura di Sebastiano del Piombo. Ci sono degli affreschi in una lunetta della villa farnesiana, di Agostino Chigi, poi entrata in possesso dei farnesini.Sono dipinti Raffaello, Baldassarre Peruzzi, all’interno di una stanza. Costui realizza anche il celebre affresco della Galatea,con una ripresa dell’antico e delle sculture romane.In questa Lunetta ad affresco, si vede l’utilizzo di una tecnica, poco usata a Venezia. Porta con sé un cromatismo sospinto, da questi colori preziosi che venivano da Giorgione. Lavorando a Roma, vivendo a Roma, e divenendo amico o rivale di Sebastiano del Piombo cambia la sua pittura, e lo vediamo tramite una Pala del 1517. Dipinge a gara con Raffaello, nella scena della Trasfigurazione (di Raffaello) e in quella della Resurrezione di Lazzaro (di Sebastiano), tra l’altro scelta per andare in Francia e oggi conservata a Londra nella National Gallery. Poiché non abbiamo conservata qui questa opera, adesso vediamo la Pietà, a Viterbo, con questo elemento di naturalismo veneziano, reso con lo studio della luce, che appare molto forte sul corpo del Cristo; in basso c’è la figura della Vergine e il modo con cui è strutturata ci fa capire che lui era talmente amico di Michelangelo che lavorava sulla base dei suoi disegni. La Pietà, quindi, era basata sul disegno preparatorio di Michelangelo.(Fa vedere dal suo libro). La torsione delle figure era tipicamente michelangiolesca, anche quell’ effetto monumentale. Entrambi facevano parte del Ciclo evangelico di Viterbo, studiavano sui testi della Riforma Protestante, per conciliare alcuni aspetti: quelli mistici e quelli legati al tema della salvezza, derivata mettendo soltanto il singolo in connessione con Cristo. Viene meno il lavoro di intermediazione della chiesa come viene meno anche nella Riforma Luterana. Tutto ciò avveniva nei circoli evangelici come a Roma. E quindi emerge questo tipo di religiosità cupa e angosciosa, resa dal colore brillante delle opere giorgiesche. Elemento, che, per esempio, in Michelangelo viene meno, tipico della conversione romana alla cultura michelangiolesca. Tutte le opere che arrivano tramite la Collezione Farnese sono romane. Vediamo qui un dipinto su tela, oggi al Louvre in mostra, che è il più antico a confronto con un ritratto, caratterizzato da una sproporzione nella parte bassa e in quella alta la resa di un effetto monumentale, preso da Michelangelo, nella Volta della Sistina tra il 1525-1527 su ordine di papa Sisto VII. Viene confrontato anche con Raffaello. C’è un elemento di sfida che va sottolineato. Papa Clemente VII, dopo la morte del papa dei Medici, Leone X, che è anche lui un Medici, sale al potere a seguito del papa Alessandro VI, un olandese, straniero che chiude tutti i cantieri e gli artisti saranno costretti a spostarsi, finché non morirà avvelenato.Sarà,infatti, proprio Clemente VII a far ripartire i cantieri chiusi da Alessandro e far sì che gli artisti ritornino a dipingere.Si gioca su questi verdi preziosi della tenda e sui rossi preziosi. Siamo ancora negli anni 20, ci sono ricordi dell’esperienza veneziana, non è un’invenzione di Tiziano perché lui ha conquistato questo telaio disegnato da Michelangelo. Nel confronto di cui parlavamo precedentemente distinguiamo un soggetto differente, con un'analoga tecnica. NEL RITRATTO: a. ritratto in lavagna b. ritratto che mostra il prof È un Olio su lavagna. La lavagna è una pietra grigia che non viene coperta, in questo caso, poiché il ritratto in realtà è un abbozzo, è una testa di Clemente VII, raffigurato in una differenza clamorosa con altri ritratti.(tra cui quello che mostra il prof). Mostra la Barba nel ritratto, che si fa crescere per voto, durante un evento clamoroso nel 27 e cioè il sacco di Roma. Il papa venne quasi ammazzato, fugge e si fa crescere la barba. Per questo motivo si diffondono diversi ritratti di Clemente VII con la barba negli anni 30 del 500. È un problema legato alla devozione, ecco il motivo per cui indossa la barba. I Colori nel ritratto presente a Capodimonte risultano più scuri, anche perché bisogna tenere conto del grigio della lavagna usato come fondo che emerge, quasi come se fosse la preparazione. Anche la gamma dei colori è diversa. Non sono più squillanti, di derivazione veneta, giorgionesca, e tizianesca. È una cultura più scarna. Sacra Famiglia È un dipinto a olio su lavagna, in pietra, una tecnica di cui l’artista si fa portavoce. Nei suoi anni, sappiamo che ritornò a Venezia, poiché nel 27 deve scappare da Roma. Quando rientra a Roma, dopo il sacco, a seguito del soggiorno a Venezia, comincia a dipingere su pietra. È stato il primo a introdurre la pittura su lavagna, materiale pesantissimo.(nell’antichità era molto diffusa, la pietra si lasciava ferma e si cercava una pittura eterna che rimanesse incisa e l’idea di dipingere su pietra era l’unica ad andare bene). Tramite la Gamma cromatica, risaliamo alla datazione: sono gli anni 30-40 anni del 500. Provenienza interessante: La Madonna del Velo (di Sebastiano Del Piombo) rappresenta un tema molto diffuso, trattato anche da Raffaello. L’idea del sonno e del bambino è reduce da un simbolismo forte e religioso: il sonno, la morte e la Madonna che cura, copre e scopre il bimbo, dormiente. Ella è intenta a pensare al sacrificio di Cristo, compiuto per la salvezza del genere umano. La figura del bambino si nota particolarmente, è osservato da tutti i personaggi. Giuseppe, canuto; la Madonna erculea con una tornitura del volto e del corpo tipicamente maschile che deriva da Michelangelo, insieme anche a quell’ Effetto di torsione nelle braccia, del collo e nella testa. È proprio questo l’effetto come fiamma del foco, un effetto serpentino. L’opera è collezionata dai Farnesi, dal nipote di Paolo III che la acquista a peso d’oro nel Palazzo Farnese di Roma. La Madonna del Velo è un acquisto privato del cardinale Alessandro. Ci sono poi altri due dipinti di Clemente VII che si datano intorno alla metà del 600, circa nel 44-43.Si tratta di due ritratti su tela, che hanno una storia molto strana con le modalità della collezione Farnese, anche se in maniera differente. I ritratti sono stati trovati in un inventario della bottega del pittore nel 1547 , accanto a tutto quello che non era stato venduto. Questo spiega anche perché uno era un abbozzo.Cosa succede dopo la morte del pittore? Sappiamo chi li possiede: Fulvio Orsini, appartenente al ramo minore della famiglia nobile romana. Un grande umanista, cultore sia della cultura classica, del greco e latino, sia dei libri in quanto aveva ottenuto un posto da bibliotecario a Palazzo Farnese, dove aveva iniziato le sue collezioni. Diciamo che non era niente male per l’arte di quegli anni. Muore nell’anno 1600. Fra le antichità classiche, libri e busti romani o greci, possedeva una serie di dipinti, a loro volta collezionati da un amatore che aveva comprato i cartoni di Raffaello e Michelangelo.I cartoni poiché erano materiale di bottega, non erano tanto apprezzati e quindi di scarsa importanza. Il ritratto di Rosso Fiorentino era stato dipinto a Roma, non finito, come anche questo che stiamo considerando, da ciò deriva la ragione di abbattimento dei costi. Alla propria morte, non avendo figli ed eredi, lascia la collezione ai Farnesi, praticamente a quelli che erano stati suoi padroni, nel 1600, che fluisce nel Palazzo Farnese a Roma. L’ultima sala: Troviamo un personaggio poco noto. Sono rinvenute delle piccole tavolette, di devozione privata, che non hanno nulla a che fare con le pale d'altare. In parte vengono dalla Collezione Farnese, come la Sacra Conservazione al centro che portava attribuzioni strane solo nel 900 ne fu individuato un nome sicuro. È Giovanni Luteri, Dosso Dossi nella scena della Sacra Famiglia. Tecnica : olio su tavola, Datazione: 1511-1512. Tramite questa Spaccatura al centro si possono individuare due figure: - San Giuseppe, a sinistra; - e a destra, un nobile che si raccomanda a Giuseppe; - la data è presente, in caratteri romani; - ci sono delle portelle, non si sa per cosa siano state individuate ,dovrebbe essere un armadio, ma in questo caso vuoto e quindi non è plausibile, per niente. Sono degli organi, che racchiudono delle tele, usati per proteggere dalla polvere; - sono di Correggio, realizzate tra il 28-29, rappresentano le ultime opere. Non si vede molto bene, l’opera è andata a sbiadirsi, molto deteriorata, non è stata verniciata. Fu ritrovato negli anni 50 in un deposito del Museo Nazionale. Bologna lo attribuisce a Correggio , pubblicando sul Paragone, le sue opinioni, e, in particolare, come opera tarda fra tutte quelle realizzate, facendo un ipotesi molto importante, che spiega anche la formazione delle macchie. C’è un racconto che a Capodimonte non c’era.È detto che Carlo di Borbone porta l’opera di Correggio al Palazzo Reale, e lì, insieme alle altre,vengono esposte nelle Sale del palazzo. Le restanti furono poste nei magazzini, in alcuni casi buttate nelle scale, nei corridoi, negli androni del palazzo . E c’era un viaggiatore francese che rimane sconvolto non appena arriva a Napoli. Dice che gli Spagnoli siano dei Barbari, e ricordiamo la frase: “Ho visto urinare su Guido e Correggio.” Quale Correggio? Quello di San Giuseppe. Nonostante ciò la tempera è sopravvissuta, con una natura aerea, trasparente quasi di stampo di Raffaello.A suo modo è classico e a suo modo è manierista. Le figure e le cupole sono create con una certa torsione che non ha niente a che fare con il manierismo centro italiano. Un Correggio che fa parte di una scuola a parte, la scuola di Parma. Parmigianino Vediamo un’opera con una situazione precaria: una Sacra Famiglia. Nella sala ci sono Francesco Mazzola e Parmigiano. Del secondo si tratta di un soprannome che viene dal fatto che era nativo di Parma, per cui chiamato o parmense o parmigianino. È una tempera su tela. San giovannino e San Giuseppe sul fondo. Parliamo di una tempera magra,nel senso che il dipinto è molto leggero, delicato. È l’Unico dipinto dei 4 che oggi non è fuori la mostra. Per quanto riguarda la Cultura di questo pittore c’è da dire che ha un linguaggio che appartiene alla scuola di Parma, il cui maestro è Correggio. Parmigianino infatti comincia a dipingere proprio nelle fabbriche dove lavora Correggio negli anni 20. Il paesaggio si presenta con delle rovine sul fondo classico che ci aiuta a capire che periodo stiamo considerando. La differenza in cosa si coglie tra Correggio e Parmigianino? C’era una composizione con il bambino che ricorda Michelangelo, la cultura della maniera, si vede anche per Tommaso Puccini il quale diceva a proposito dell’opera che la figura della Madonna era femminile, dalle forme sproporzionate. Se osserviamo passando dalla testa alla parte inferiore, ci sono più forme e questa deformità colpiva la figura classica, la figura manierista. Parmigianino opera nella prima parte del 500, muore negli anni 40, Correggio negli anni 30. C’è anche qui la Ricerca della pietra filosofale,anche lui era un artista saturnino. È un pittore in evoluzione che parte da una cultura molto lieta, un Letus allegro, una pittura colorata, un po’ volante, un po’ atmosferica, un po’ cresciuta; che però la indirizza verso una ricerca diversa, ha una giovinezza correggesca che si conclude nel 1524 in un ritratto importante di un aristocratico farnese e conte: Galeazzo Sanvitale. (Dipinge una stanza di delizie, una stufa, di Fontanellato con storie mitologiche con una pergola che ricorda Correggio, 23-24.).Ha la propensione interessante per il manierismo: l’elmo con punto di luce che riflette vesti elegantissime, una figura centrale e si vede la sedie è seduto dispiego. Nel 24 se ne va a Roma, dove studia Raffaello Michelangelo e i pittori della Maniera come Rosso Fiorentino e dipinge opere come questa del ritratto. O come in un altro ritratto: l'Antea,(a.) l’ultima opera prima di morire e la più celebre di Parmigianino. a. b. Ambientato in una stanza semplice con una donna di fronte a tre quarti, su tela . È un ritratto dipinto, ci si accorge della regolarità del volto, molto ovale. È tutto falsato,la spalla è resa più grande dal fatto che ha la pelliccia ed è spostata in avanti per cui appare in torsione. e Tutto questo ci fa capire che è stato realizzato dopo Roma a contatto con Michelangelo e Raffaello. Parmigianino giocava a riflettere le figure con gli specchi deformanti, concavi e convessi e ha realizzato un ritratto in specchio e quindi un autoritratto dove si dipinge in specchio come si riflette in un specchio deformato. C’è questa mano abnorme e il fondo è piccolo, sino a creare una reale sproporzione. (Carattere sacro nella Madonna dal collo lungo, oggi agli Uffizi, effetto quasi anguilliforme, serpentino: cercare una cultura sofisticata alterata rispetto alla realtà che non mostri bellezza ma grazia) La Lucrezia (b.) è l’ultima opera vista come retrogusto all’antico, ma tipico della cultura manieristica. Indossa sulla spalla una gemma antica. Parmigianino utilizza in maniera deformata quelle forme classiche, non è incline a dare un senso di rapporto tra presente e passato, piuttosto vuole dare un senso di conflitto e angoscia che passa da Firenze fino a Parma.
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