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Ovidio, Dispense di Latino

Analisi sulla vita e le opere di Ovidio

Tipologia: Dispense

2015/2016
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Caricato il 27/04/2016

Dennis.Coccione
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Scarica Ovidio e più Dispense in PDF di Latino solo su Docsity! OVIDIO 1) La vita Nato a Sulmona nel 43 a.C. da una famiglia di rango equestre, dopo aver frequentato le scuole dei retori più famosi a Roma e in Grecia, Ovidio intraprese la carriera politica ma l’abbandonò presto per dedicarsi alla poesia. Entrato nel circolo di Messalla Corvino, incominciò giovanissimo a leggere pubblicamente i suoi versi, riscuotendo subito grande successo. Egli raccolse le sue elegie in una raccolta intitolata “Amores”, curandone una prima edizione in cinque libri, che successivamente ridusse e rielaborò nella redazione in tre libri che ci è pervenuta. Agli “Amores” seguirono altre opere appartenenti allo stesso genere: le “Heroides” (dopo il 15 a.C.) e l’”Ars amatoria” (scritta tra l’1 a.C. e l’1 d.C.). Nel periodo successivo, dall’1 all’8 d.C., Ovidio passò a una poesia più impegnativa,coltivando l’elegia eziologica di argomento romano nei Fati e l’epica mitologica nelle “Metamorfosi”. La prima di queste due opere rimase incompita e la seconda non potè ricevere alcuna revisione, poichè nell’8 a.C. fu condannato alla “relegatio” a Tomi (ora Costanza), sul Mar Nero. Non si conosce con esattezza la causa della condanna: Ovidio vi accenna più volte nelle opere scritte a Tomi, ma sempre in termini vaghi, affermando in un passo di essere stato rovinato da due colpe: una poesia e un errore: si suppone che Ovidio sia stato in qualche modo coinvolto in uno scandalo in seguito al quale fu relegata nelle isole Tremiti Giulia Minore, nipote di Augusto. A Tomi il poeta rimase per quasi dieci anni, fino alla morte, avvenuta nel 18 d.C., senza mai ottenere la remissione della pena, implorata in continuazione per mezzo delle elegie raccolte nei “Tristia” e nei quattro delle “Epistule ex Ponto”. 2) Gli Amores La prima opera ovidiana appartiene al genere dell’elegia soggettiva, sulla linea di Cornelio Gallo, Tibullo, Properzio; il suo titolo, Amores (amori), riprende quello della raccolta di Gallo, considerato da Ovidio l’iniziatore dell’elegia amorosa romana. La storia d’amore con una donna chiamata con lo pseudonimo di Corinna viene narrata secondo gli schemi e le convenzioni propri del genere: la soggezione del poeta alla domina, le sofferenze per la sua infedeltà, il tema della “militia amoris”, la contrapposizione tra amore e ricchezze, la condanna moralistica dell’avidità e dell’infedeltà delle donne, l’abbondante ricorso a exempla mitologici. Pur riprendendo situazioni, atteggiamenti e motivi tradizionali, il poeta li sviluppa e li varia in modo ingegnoso: egli accentua in particolare alcuni aspetti raramente presenti in Properzio (il distacco intellettualistico dalla materia amorosa, la ricerca di effetti scherzosi, l’ironia e l’autoironia). Non vi è in Ovidio una vera partecipazione passionale, ma una concezione dell’amore come esercizio galante. Questa concezione ludica dell’amore si traduce in un vero e proprio ribaltamento degli atteggiamenti e dei temi tradizionali, come quando egli afferma di amare due donne nello stesso tempo, o confessa di essere attratto da tutte e offre una divertente lista di donne di ogni tipo. Non mancano componimenti in cui il poeta sa dare espressione con efficacia al sentimento amoroso, dimostrando pregevoli capacità di approfondimento psicologico. Ovidio, però, anche quando non guarda all’amore, mantiene pur sempre un controllato distacco intellettuale; non è presentato la sofferta drammaticità del modello catulliano. 3) Le “Heroides” Una nuova variante dell’elegia amorosa è rappresentata dagli “Heroides”, che appartengono al filone erotico – mitologico: sono infatti lettere d’amore in distici che s’immaginano scritte da eroine del mito ai loro amanti o mariti. Le lettere sono ventuno e divise in due gruppi: le prime quindici sono di figure femminili: Penelope scrive ad Ulisse, Briseide ad Achille, Fedra a Ippolito, Didone a Enea, Saffo a Faone ecc. Nelle altre sei lettere un personaggio maschile scrive alla donna amata, che a sua volta gli risponde: le coppie sono Paride ed Enea, Leandro ed Ero, Aconzio e Cidippe. Le “Heroides” rappresentano un “unicum”, in quanto è stata un idea non “copiata” da nessuno, e non ha fatto da modello a nessuno. Gli studiosi, però, hanno rilevato analogie tra le “Heroides” e le “suasoriae” (opere che riguardano l’esercizio per diventare oratori), discorsi fittizi rivolti a personaggi del mito o della storia. Non sono orazioni, ma opere di poesia, piene di richiami e allusioni, oltre che all’elegia, all’epica greca e latina, notevolmente influenzate anche dalla tragedia di Euripide. I componimenti più interessanti sono quelli in cui il poeta dimostra l’intenzione di cambiare un genere molto utilizzato, reinterpretando le vicende tipiche secondo prospettive diverse. Ne risulta una “desubliminazione” dei personaggi mitici, ridotti a una dimensione quotidiana (non eroica; esempio: lettera di Fedra a Ippolito). 4) L’”Ars amatoria e le altre opere eroico – didascaliche” Con “Ars amatoria” (Arte di amare), composta tra l’1 a.C. e l’1 d.C., Ovidio scrive il suo capolavoro nel campo dell’elegia amorosa, sviluppando in modo originale e personalissimo un tipico atteggiamento del poeta elegiaco: quello didascalico. Nell’”Ars amatoria”, un poemetto in distici che si sviluppa in tre libri, Ovidio si fa “praeceptor amoris” in modo sistematico; inoltre, adotta dell’epica didascalica gli schemi e le convenzioni (le solenni informazioni dell’importanza e dell’utilità del compito che il poeta si assume, i proemi e le chiuse dei libri, le invocazioni agli dei, le formule di passaggio da un argomento all’altro, digressioni). Ovidio punta alla mescolanza di generi diversi (elegia, epica didascalica, precettistica tecnica) e sulla ricchezza dei riferimenti letterari. Dal poemetto emerge una visione realistica della società galante del tempo. Ovidio dà voce a quella parte dei Romani che apprezzava lo stile di vita moderno, agiato e raffinato, rifiutando i modelli etici arcaici che la propaganda augustea tentava vanamente di riproporre e di restaurare. Sembra che però l’”Ars amatoria” non sia piaciuta ad Augusto, anche se il poeta non assume alcun atteggiamento apertamente polemico o provocatorio nei confronti del regime (inserisce anche nel libro I un ampio elogio del principe) e si preoccupa di escludere dal suo discordo le fanciulle non sposate e le matrone; inoltre ribadisce che la donna sposata deve rispettare e temere il marito. Risulta evidente il carattere anticonformista dell’opera, che si contrappone ai modelli severi etici tradizionali e riflette una visione spregiudicata dell’amore. Appartengono allo stesso filone i “Remedia amoris”, che insegnano come liberarsi dalle sofferenze amorose, e l0operetta incompiuta “Medicamina faciei feminae”, che offre consigli di cosmesi. 5) I Fasti I Fasti intendono spiegare l’origine di riti, culti, festività del calendario cesariano, rifacendosi alla struttura degli Áitia («Origini») di Callimaco, cui già si era ispirato Properzio nelle elegie romane. L’opera è composta in 12 libri in distici elegiaci; ma s’interruppe al VI, quando Ovidio fu esiliato a Tomi. Qui l’autore riprese alcune parti e, morto Augusto, sostituì la dedica al princeps con una diretta a Giulio Cesare Germanico, da cui sperava aiuto. Ovidio raccolse fonti storiche (Annales Maximi, Ennio), astronomiche (Eratostene: per l’origine di corpi celesti e costellazioni), mitico-religiose (per le festività romane, Varrone). L’impianto didascalico e la struttura del calendario appesantiscono l’esposizione, che solo raramente si anima, in aneddoti pseudo-storici, in intervalli eroici o patetici. Si tratta di un’opera di carattere evidentemente erudito, secondo il gusto alessandrino. Il poeta, prendendo spunto dai giorni, dalle feste, dai riti, impartisce nozioni di astronomia: spiega usanze, tradizioni e credenze popolari; narra aneddoti, favole, episodi della storia di Roma, raccogliendo varie forme storiografiche. La trattazione è ravvivata da numerose apostrofi ad Augusto o al lettore e dai dialoghi con varie divinità, che forniscono spiegazioni rispondendo alle domande del poeta. Nel complesso i Fasti non sono certo tra le prove migliori di Ovidio: infatti, questi risultano un’opera frammentaria, in cui l’intento celebrativo non è sostenuto né da un vero e profondo interesse storico o religioso né dal senso eroico e patriottico della grandezza di Roma. 6) Le Metamorfosi Negli intenti di Ovidio, i 15 Metamorphoseon libri (12.000 esametri) dovevano essere il suo capolavoro. L’opera, terminata prima della partenza da Roma, fu controllata a Tomi. Non è possibile determinare le fonti dirette di questa vastissima opera, in cui
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